XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Giovedì 21 novembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 1203 DANIELE FARINA E C. 971 GOZI, RECANTI MODIFICHE AL TESTO UNICO DELLE LEGGI IN MATERIA DI DISCIPLINA DEGLI STUPEFACENTI E SOSTANZE PSICOTROPE, PREVENZIONE, CURA E RIABILITAZIONE DEI RELATIVI STATI DI TOSSICODIPENDENZA, DI CUI AL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 9 OTTOBRE 1990, N. 309, IN MATERIA DI COLTIVAZIONE E CESSIONE DELLA CANNABIS INDICA E DEI SUOI DERIVATI

Audizione del Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia, Mauro Palma.
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 
Palma Mauro , Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia ... 2 
Ferranti Donatella , Presidente ... 5 
Palma Mauro , Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia ... 5 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Marotta Antonio (FI-PdL)  ... 6 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Palma Mauro , Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia ... 7 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 9 
Palma Mauro , Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Palma Mauro , Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Palma Mauro , Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia ... 10 
Morani Alessia (PD)  ... 11 
Farina Daniele (SEL)  ... 11 
Palma Mauro , Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Palma Mauro , Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito)

Audizione del Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia, Mauro Palma.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 1203 Daniele Farina e C. 971 Gozi, recanti Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione e cessione della cannabis indica e dei suoi derivati, del presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia, Mauro Palma.

  MAURO PALMA, Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia. Grazie, presidente, dell'opportunità di questo scambio e di questa informazione sui lavori che la Commissione ministeriale sta portando avanti.
  Voi tutti sapete che l'ambito del nostro discorso è dettato dalla sentenza Torreggiani rispetto all'Italia, sentenza di gennaio divenuta definitiva a maggio e cosiddetta «pilota», nel senso che ha considerato i primi casi giunti alla Corte europea dei diritti dell'uomo e poi, riscontrando molti casi identici a quelli già esaminati, ha proposto all'Italia di sospendere tali casi e concedere un anno di tempo, al termine del quale riprenderà l'esame.
  Si pone un problema di rimedio cosiddetto «preventivo», cioè di fare in modo che non si ripropongano ulteriori casi successivamente, e di rimedio compensativo, cioè di fare in modo che coloro che hanno sofferto una detenzione in violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per i diritti umani abbiano compensazione della situazione subìta.
  Come sapete, la Corte, che è organismo giurisdizionale, lavora per quanto riguarda l'articolo 3 anche sulla base dei rapporti del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti e delle pene inumane e degradanti. Il Comitato si occupa essenzialmente dell'articolo 3, mentre la Corte si occupa di tutti gli altri articoli della Convenzione.
  Il Comitato è un Comitato ispettivo e le risultanze di queste visite non annunciate nei vari istituti di privazione della libertà dei 47 Paesi europei sono elemento di valutazione della Corte per le questioni dell'eventuale violazione dell'articolo 3. Per anni ho presieduto in Europa questo Comitato, quindi alcuni dei rapporti relativi all'Italia mi hanno visto protagonista, anche se ognuno di noi non interviene quando la questione riguarda il proprio Paese. È chiaro però che alcune delle Pag. 3ispezioni da fare sono decise dal bureau del Comitato stesso e quindi ho conoscenza della materia su cui la Corte ha sanzionato l'Italia.
  La Commissione attuale, che il Ministro mi ha chiamato a presiedere (non c’è interferenza, perché ho terminato l'ultimo mandato a Strasburgo), deve quindi elaborare il piano per l'Italia, che deve essere presentato entro sei mesi, il 28 novembre, cioè la prossima settimana. La sentenza è infatti divenuta definitiva il 28 maggio, per cui entro il 28 maggio 2014 deve essere fatta una serie di azioni, ma le linee su quali azioni si faranno devono essere definite entro il 28 novembre. Siamo quindi in fase di conclusione delle linee programmatiche ed eventualmente, se la presidente ritiene, vi illustrerò come ci stiamo muovendo nella Commissione.
  Venendo al tema specifico delle proposte di legge in discussione, vorrei partire da una fotografia che non so se sia ben chiara, perché voi avrete sentito citare tante cifre, ma c’è una fotografia chiara da tener presente dell'attuale situazione detentiva in Italia.
  Se io considero oggi le persone che sono in esecuzione penale (nel complesso 38-39.000) con una pena residua superiore ai 5 anni, queste attualmente in Italia sono 7.600, a cui si aggiungono 1.500 ergastolani, quindi complessivamente la detenzione attuale superiore ai 5 anni riguarda 9.000-9.200 persone.
  Questo porta a evidenziare che altre 29.488 sono attualmente in carcere con un residuo di pena inferiore ai 5 anni, quindi sono persone rispetto alle quali c’è una possibilità di intervento con altre misure di controllo e accompagnamento nel sociale, che potrebbero ridurre fortemente l'incidenza dell'affollamento carcerario.
  Non abbiamo quindi una tipologia compositiva della popolazione detenuta con alte pene, ma, lasciando da parte la custodia cautelare e tenendo presente l'esecuzione penale, circa 17.400 devono ancora scontare una pena inferiore a 2 anni, se aggiungo quelli del terzo anno, quindi inferiore a 3 anni 23.200, se mi sposto a cinque anni circa 29.500.
  Si tratta quindi di una composizione su cui è possibile intervenire, riservando scrupolosamente le misure sanzionatorie più drastiche e incisive a quei 7.600 più 1.500 a cui facevo riferimento prima, che sono le pene sopra i 5 anni.
  Dico questo perché a volte i numeri aiutano ad avere una fisionomia complessiva del sistema. Venendo alla tipologia di reati relativi alla detenzione, al consumo, allo spaccio di sostanze psicotrope, e quindi al problema non della tossicodipendenza, ma di coloro il cui reato principale è riferibile alla legislazione sulle droghe.
  In previsione di questa audizione ho messo a confronto i dati relativi a 5 o 6 Paesi. Lasciando da parte i Paesi dell'est dell'Europa, ho considerato Italia, Germania, Francia, Regno Unito, Spagna, Olanda, e alcuni dati balzano agli occhi. In Italia, ad esempio, considerando le persone in esecuzione di sentenza, le persone che hanno come reato principale (non unico) reati connessi alla droga sono 14.868.
  Le persone che sono in esecuzione di pena per furto (non rapina) sono 1.979, il che non significa che nessuno di quei 14.000 non abbia anche fatto furti, ma significa che la nostra penalità dà prevalenza alla questione della droga rispetto al furto.
  Se mi sposto in Germania, per i reati connessi alla droga ho 8.840 soggetti contro i nostri 14.868, e tenete presente che da noi ragiono su 38.000 persone in esecuzione penale, in Germania su 60.000. La Germania ha una popolazione maggiore, quindi ha più detenuti e minore custodia cautelare, quindi la platea complessiva delle persone in esecuzione penale è ben più alta della nostra. Per il furto sono 12.628, il che significa che è un sistema che dà prevalenza al reato del furto e non all'elemento droga.
  La Francia ha una situazione molto più simile a quella della Germania che non alla nostra: ha una platea di 55.000 persone in esecuzione penale, 7.878 hanno come reato principale la droga, mentre, tenendo presente che la Francia non distingue la rapina dal furto, 10.429 per furto e rapina.Pag. 4
  Questo tipo di bilanciamenti diventano paradossali se li proporzioniamo ai reati economico-finanziari, perché la Germania ha 8.601 persone in esecuzione penale per reati economico-finanziari come reato principale, mentre l'Italia 156, il che rende incomparabile il dato.
  La Spagna ha un sistema più simile al nostro perché, pur avendo una platea più ampia di quelle in esecuzione penale (59.000 persone), ha comunque 15.552 persone il cui reato principale è la droga, quindi il valore assoluto è più alto del nostro, il valore relativo no perché è riferito a una platea più ampia, ed ha ugualmente 3.739 per furto, dunque un sistema simile al nostro, diverso da quello tedesco.
  Se considero i dati percentuali, l'Italia ha la percentuale più alta nei reati connessi alla droga rispetto all'insieme dei reati, perché il 39,5 delle persone in esecuzione penale ha come reato principale un reato relativo al Testo Unico sulla droga. La più bassa di tutti è quella della Polonia, dove soltanto il 3,2 per cento ha come reato principale un reato relativo alla droga.
  Attualmente sono vicepresidente del Consiglio europeo per la cooperazione nell'esecuzione penale, e abbiamo problemi di comparare uno Stato con l'altro, di individuare cosa s'intenda per un tipo di reato, per cui vi segnalo i nodi, non le soluzioni, su cui ci troviamo rispetto alla legge italiana sulla droga.
  Un nodo è quello della coltivazione per uso personale e coltivazione per spaccio. Alcune sentenze della Cassazione dicono che la coltivazione va considerata comunque come un elemento potenzialmente tendente alla distribuzione e quindi alla cessione a terzi, però questo è un nodo.
  Sono nodi che riguardano da un lato l'estensione della penalità, dall'altro la riduzione della tassatività delle figure di reato, quindi aggrediscono il sistema da questi due aspetti, a volte molto penale e contemporaneamente a volte figure un pochino fluttuanti.
  La seconda questione è il nodo tra consumo e dipendenza. È molto difficile nelle statistiche detentive del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria distinguere questa questione, perché ovviamente la persona che risponde di un reato relativo alla droga non può essere catalogata come tossicodipendente e viceversa, perché può esserci il commercio tout court, e non sempre il consumatore può essere posto in un'idea di dipendenza.
  Non sempre, quindi, analisi che indicano un consumo possono determinare programmi dell'amministrazione penitenziaria che riguardano la dipendenza.
  Il terzo nodo è la definizione tra individuo e gruppo, nodo in cui la normativa italiana fluttua. Il quarto nodo è l'uso usuale e l'uso terapeutico, in quanto consideriamo l'uso terapeutico dentro un indistinto mondo.
  L'altra difficoltà che abbiamo è che, pur prevedendo giustamente l'affidamento terapeutico all'interno del nostro ordinamento penitenziario, spesso, oltre ad essere limitato a numeri esigui, va a detrimento dell'affidamento tout court, cioè dell'affidamento normale. Le persone con problemi di dipendenza sono prese in esame per l'ipotesi dell'affidamento terapeutico, ma non dell'affidamento normale, mentre invece i due canali dovrebbero procedere insieme.
  C’è anche il problema che spesso le regioni hanno difficoltà a prevedere convenzioni e rette per soggetti non residenti nella regione, ma vi illustrerò come ci stiamo muovendo in merito come Commissione. L'ultima questione è una distinzione tra reato specifico e reato quadro, cosa che nella nostra normativa si riscontra anche in altri ambiti. Molti degli aspetti dell'articolo 73 riconducono a una sorta di reato quadro, un frame, un contenitore entro cui si collocano i reati. E sfugge la tipologia del reato quadro e diventa una sorta di aurea al cui interno vengono collocate altre cose.
  È chiaro (e qui vengo alle proposte) che noi, mi metto adesso nei panni della Commissione ministeriale, vediamo favorevolmente un intervento con provvedimenti normativi che, pur garantendo criteri di sicurezza e di esercizio della funzione Pag. 5penale da parte dello Stato, diminuiscano la possibilità di ingressi in carcere di tipo routinario, magari per situazioni molto brevi e ricorrenti, che non permettano alcuna progettazione.
  Del resto, la tipologia di detenuti citata all'inizio permette poca progettazione di lungo termine perché, se ho persone di breve termine ma ricorrenti più volte, non progetto un granché. È quindi auspicabile un intervento che diminuisca il flusso in ingresso e preveda forme di accompagnamento come possibilità di accesso alle misure alternative in maniera più corrispondente alle possibilità che tali misure esprimono.
  Tengo a ribadire un punto che mi preme molto: le misure alternative vanno viste non come attenuazione dell'afflizione da concedere in corrispondenza di un comportamento regolare (forse l'unica che ha queste caratteristiche è la liberazione anticipata), ma come costruzione di un percorso di riaccompagnamento nella società, quindi con un elemento progressivo e con un elemento di presa in carico dei servizi sociali, perché altrimenti vengono snaturate.
  Sul piano normativo abbiamo auspicato l'adozione di provvedimenti che dessero più vitalità alla possibilità sanzionatoria di tipo diverso, alla possibilità di controllo e regolazione di tipo diverso, e maggiore presenza a quanto il territorio può esprimere sia nell'accompagnare, sia nel controllare.
  In questo contesto auspichiamo che il comma 5 dell'articolo 73 possa costituire una figura autonoma, perché, essendo già definito di lieve entità, al di là del fatto che, per il gioco di attenuanti e aggravanti, se è figura autonoma si ha già un certo vantaggio, anche la pena dovrà essere commisurata. Non spetta a noi entrare nel quantum, perché è compito del legislatore, però possiamo riferirci al criterio in quanto tale.
  Auspichiamo un'estensione di misure alternative (sulla messa alla prova siamo assolutamente d'accordo) e una diffusione delle misure alternative già esistenti. C’è da tener presente che bisogna misurarsi con i numeri concreti, perché è giusto misurarsi con il rigore logico e di coerenza del sistema giuridico, però bisogna anche misurarsi con l'effettività delle misure.
  Quando la passata legislatura si chiuse con il provvedimento di messa alla prova rinviato in Commissione, personalmente lo valutai come un brutto segnale.

  PRESIDENTE. Al Senato, perché noi l'abbiamo approvato due volte !

  MAURO PALMA, Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia. Sì, al Senato, non alla Camera. Valutai come un brutto segnale il fatto di non approvarlo, ma contemporaneamente la statistica mi diceva che quei numeri erano molto limitati.
  Auspichiamo che la questione possa procedere in questa legislatura, così come auspichiamo che si intervenga sulla riduzione del ricorso e della lunghezza della custodia cautelare. Noi auspicavamo anche che le decisioni sulla privazione della libertà fossero di natura collegiale e non individuale.
  Va detto però che, seppur limitatamente (e non sono certo uno che tace le critiche), alcuni provvedimenti e alcune impostazioni stanno dando risultati. Mentre rimane fermo l'elemento di critica, provoca fastidio il fatto che la critica riproponga sempre se stessa. Se avevamo 69.100 detenuti alla fine del 2009, oggi ne abbiamo 64.300, cifra ancora inadeguata rispetto a quanto dovremmo ridurre, però sarebbe sbagliato non registrare una lenta (molto o troppo lenta, ma c’è) progressiva riduzione.
  Lo stesso vale per la custodia cautelare: i numeri che ci avevano portato a superare il 40 per cento nel 2009 o 2010, ci portano adesso sempre molto alti, però sotto il 30 per cento, quindi va riconosciuto che alcuni provvedimenti hanno avuto effetto.
  Si è parlato di come intervenire ora. Presso il Ministero sono state istituite tre Commissioni presso l'Ufficio legislativo, che riguardano rispettivamente il penale sostanziale, la procedura e le misure alternative, Pag. 6l'esecuzione. A queste si aggiunge la Commissione da me presieduta presso il Gabinetto, che invece riguarda gli aspetti amministrativi, gestionali e di coordinamento in funzione di Strasburgo e di quella scadenza, per rispondere alla quale occorre agire su tre gambe.
  La prima gamba è sicuramente di tipo normativo: come dicevamo prima, quindi, misure che voi state discutendo, misure che avete già discusso, misure che il Governo potrà proporre, cioè un pacchetto di misure che riducano l'ingresso e facilitino un controllato accesso alle uscite.
  Il secondo tipo di misure riguardano l'organizzazione della vita detentiva, perché la Corte di Strasburgo ha condannato l'Italia perché è andata sotto i 3 metri quadri ma secondo un criterio che non è ben chiaro sulla stampa. Da tempo, infatti, la Corte considera lo spazio in relazione ad altri fattori, perché stare stretto in una cella per venti ore è diverso da starci per un numero minore di ore. Se però un Paese va sotto i 3 metri quadri, non considera per niente quei fattori, ma lo considera tout court violazione.
  Questo però non significa che, se l'Italia arriverà a maggio ad avere 3,1 metri quadri, il problema sarà risolto, perché a quel punto gli altri fattori verranno considerati. Il sistema detentivo italiano è un sistema di eccessiva chiusura e di eccessivo non far niente. La critica che spesso da Strasburgo facevamo all'Italia è che il carcere è un luogo di contenimento, una warehouse, dove mettere i detenuti senza un'effettiva progettualità.
  L'Italia deve quindi ritrovare una capacità di progettare un modello di detenzione probabilmente meno infantilizzante, meno dosato su una cosa in cui al detenuto non viene chiesto niente, ma viene dato il cibo purché stia buono lì, chiedendo invece una sorta di patto di responsabilità, offrendo alcune opportunità ma considerandolo adulto, anche perché, tenendolo per vari anni infantilizzato, è facile che possa recidivare una volta uscito.
  La prima gamba è quindi normativa, la seconda è organizzativa, mentre la terza è strutturale: il patrimonio edilizio è vecchio, c’è da ristrutturare. Abbiamo chiesto e ottenuto di spostare un po’ di fondi dal piano edilizio nuovo al piano di ristrutturazione e di riorganizzazione degli spazi, per avere un regime detentivo più aperto e più responsabilizzante.
  Questo ci porterà probabilmente ad avere 4.500 posti in più da qui a maggio.
  Queste sono le tre gambe, normativa, organizzativa e strutturale, alle quali va aggiunto – il legislatore dovrà pensare come – un rimedio compensativo per quelli che hanno subìto quel tipo di detenzione in violazione dell'articolo 3. La Corte stabilisce infatti che dobbiamo compensare in qualche modo.
  La Corte compensa soltanto economicamente, ma sarebbe paradossale mettere le persone in condizioni disagiate per poi dar loro un risarcimento. Devono essere individuate altre forme di compensazione, come ad esempio valutando che un giorno di detenzione in accertate condizioni di violazione valga 1,1 invece che 1, in forma risarcitoria.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  ANTONIO MAROTTA. Desidero innanzitutto ringraziare il presidente Palma, che in poco tempo ci ha delineato un quadro preciso della situazione, con particolare riferimento all'argomento che ci occupa.
  Approfittando della sua vasta esperienza a livello europeo, vorrei sapere se la Commissione istituita presso il Ministero abbia valutato l'eventualità di escludere per una serie di ipotesi di reato connesse con la droga la possibilità del carcere.
  Ferme restando infatti alcune ipotesi che riguardano il grande traffico internazionale, per cui bisogna guardare non la qualità soggettiva, ma solamente la qualità oggettiva del soggetto che dimostra una capacità delinquenziale tale da meritare la misura estrema del carcere, vorrei sapere se si sia valutata l'opportunità di evitare la detenzione in carcere in tutte le ipotesi gradate, che vanno dall'uso personale al piccolo spaccio.Pag. 7
  In base ai numeri che lei citava, infatti, oggi questi riempiono le carceri, aspetto che è necessario valutare con riferimento alla comparazione con Germania e Francia, nonché alle malattie inevitabilmente diffuse in carcere da questi soggetti e alla necessaria salvaguardia della collettività penitenziaria. Si potrebbero utilizzare altri strumenti, quali la detenzione domiciliare, suffragata però dal supporto di un adeguato sistema sanitario, o la detenzione presso collettività pubbliche o private.
  Dobbiamo andare verso un sistema che eviti la detenzione, per quello che riusciamo ad offrire sul piano della qualità della vita del detenuto, e si sviluppi fuori dal carcere. È chiaro che questo può comportare un allarme sociale, nella convinzione diffusa che soltanto il carcere possa salvaguardare, ma è compito anche nostro dare un'informazione completa ed esaustiva, in grado di far comprendere come il carcere non rappresenti una panacea di tutto il sistema delinquenziale in Italia, ma sia solamente una fetta, da riservare solamente ad alcuni.
  Vorrei chiederle quindi se abbiamo la possibilità di indirizzare il sistema verso l'esclusione del carcere per questi soggetti.

  ALFONSO BONAFEDE. Mi scuso per non aver potuto assistere alla prima parte dell'intervento. Nello scorso fine settimana mi sono recato presso il carcere di Sollicciano, a Firenze, dove mi è stato detto che, in relazione agli ultimi provvedimenti della Corte europea dei diritti dell'uomo, il carcere ha avviato un programma con cui limita la permanenza dei detenuti all'interno delle celle e prolunga il tempo di permanenza negli ambienti esterni, cercando anche di migliorarne la qualità.
  Vorrei sapere se in base alla sua esperienza questo programma, che evidentemente è un modo per cercare di tamponare a costo zero un problema drammatico che non si risolve così, possa avere un'efficacia.

  PRESIDENTE. Do quindi la parola al presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia, Mauro Palma, per la replica.

  MAURO PALMA, Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia. Parto dalla questione carcere come prima indicazione o carcere limitato a situazioni di particolare gravità. Devo dire che non c’è espressione più infelice di extrema ratio, per cui da quando in tutti i convegni si dice che il carcere deve essere l’extrema ratio è diventata la prima soluzione a qualunque contraddizione, quindi sono sempre cauto quando sento parlare di vaste riduzioni.
  Su alcuni punti però concordo. Partiamo dalla custodia cautelare come primo elemento.
  La custodia cautelare in carcere di un soggetto che ha in corso un programma di tipo riabilitativo secondo me dovrebbe essere riservata a casi di estrema gravità, perché andiamo a interrompere una situazione in essere.
  Cito questo per dire che ci sono le esigenze di giustizia, le esigenze di indagine, però c’è anche l'esigenza di tener presente come recuperare un soggetto a una vita normale all'interno della collettività, che è da bilanciare con le altre esigenze. Arrivo quindi alla questione dell'esecuzione penale.
  Credo che molta parte della questione relativa alla tossicodipendenza e ai piccoli reati connessi a questo, tutto quel numero di verbi che c’è nell'articolo 73, dovrebbe essere ampiamente diversificata, e per gran parte l'intervento dovrebbe essere non di tipo carcerario, ma di altro tipo.
  Con «altro tipo» non intendo intervento medico: non vorrei sostituire il paradigma della punizione con il paradigma della cura coatta, ma intendo un intervento di altra natura, usiamo spesso l'espressione «di presa in carico», che quindi è anche un intervento sociale, è anche un intervento medico, è anche un intervento di controllo e contenimento, è un mix di tutti questi aspetti e anche un intervento che deve inibire rispetto alla possibilità di commettere reati.Pag. 8
  Questo dovrebbe essere l'asse dell'intervento, però preciso che qui sto esprimendo un'opinione personale relativamente alla mia esperienza europea, e la Commissione su questo tema non interviene, perché non ha compiti di indicazione normativa, ma dice solo che lì occorre intervenire, nel pieno rispetto della distinzione dei poteri e dei compiti.
  Rispetto alla questione del carcere di Sollicciano è responsabile proprio la Commissione ministeriale, nel senso che si tratta di un'indicazione che noi abbiamo dato. Abbiamo un modello di detenzione estremamente chiuso, in cui usiamo il termine «aperto» quando apriamo il blindato della cella o teniamo o i detenuti nel corridoio, anche se non so come Sollicciano lo stia realizzando.
  Nel linguaggio europeo, però, aperto significa che la persona non è più nella sezione, ma si reca altrove, dove ha delle attività, a volte anche il refettorio, e questo si salda a un'idea di gruppi di un'ottantina di persone, di cui gli operatori hanno conoscenza diretta.
  La conoscenza diretta del detenuto è a volte motivo di garanzia di sicurezza molto maggiori che non l'accompagnamento a marcatura d'uomo della singola persona da parte di un agente. Agenti che lavorano con un gruppo di ottanta in un determinato posto ne conoscono le dinamiche e la situazione, garantiscono una sicurezza dinamica molto più dell'intervento puntuale sulla singola persona.
  Se mi permettete un esempio rilassante, cito sempre l'esempio del carcere di Torino in cui un folto numero di detenuti fa parte di una squadra di rugby, sport che potrebbe determinare anche aggressioni, ma la sicurezza è garantita dal mister che ha la possibilità di farti giocare o non farti giocare, ed è il gruppo più tranquillo all'interno della situazione detentiva.
  Purtroppo con l'amministrazione penitenziaria bisogna fissare rigidamente le cose, per cui dovremmo dire che entro maggio tutti i detenuti della media sicurezza (52.000 persone) dovranno trascorrere otto ore fuori, impegnati in situazioni e attività. Compito nostro è stato quello di aver stornato dei fondi che erano soltanto di tipo edilizio per allestire – a partire dai passeggi, provvedimento tampone – zone in cui svolgere queste attività.
  Parallelamente, stiamo cercando di intervenire sui legami familiari, che sono un problema molto forte, tanto più che in Italia sono talvolta molto difficili da mantenere, perché l'amministrazione penitenziaria italiana del passato ha costruito in Sardegna un numero di posti di detenzione di gran lunga superiore alla necessità, il che fa sì che molte persone saranno distanti dal proprio ambiente di riferimento.
  La questione dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, quella del mantenimento dei legami affettivi familiari si gestisce quindi, innanzitutto, prevedendo che le visite dei familiari non debbano dar luogo a quelle oscene code che abbiamo visto in alcune città durante la notte, per cui, come c’è il CUP per le visite mediche, stiamo stabilendo il sistema di prenotazione delle visite dei familiari.
  In secondo luogo, le visite devono essere su 6 giorni e almeno 2 pomeriggi, perché così chi ha figli non è costretto a fargli saltare la scuola per vedere il genitore. In terzo luogo, devono essere attrezzati luoghi per i bambini che hanno un genitore in carcere e lo vanno a trovare, così da facilitare questo rapporto con un'istituzione totale, che altrimenti può segnare, garantendo quindi luoghi più decenti e più umani.
  Si deve poi dotare il detenuto di tessera telefonica, tanto il controllo si può fare lo stesso, e dare la possibilità di contatti via Skype, che stiamo cercando di allestire per chi è molto distante, tanto le strutture sono controllatissime, come avviene per le strutture delle videoconferenze. Provvedimenti di questo tipo vanno a incidere su una serie di aspetti di vivibilità del carcere, per cui, mentre normativamente si riducono i numeri, parallelamente si cambia anche il modello. Il Ministro ha ribadito più volte l'esigenza di considerare la sentenza Torreggiani, che è stata una mazzata per la Pag. 9potenziale rilevanza finanziaria, come un'occasione per introdurre cambiamenti anche in termini di organizzazione.
  L'Italia solo per i primi sette casi è stata condannata a 100.000 euro e i casi sono complessivamente 2.800. Molti di questi saranno mal formulati, quindi dichiarati inammissibili dalla Corte quando verranno esaminati, però statisticamente il rischio finanziario è notevole, al di là del fatto che si pone un problema non giuridico, ma etico-giuridico nel dover risarcire finanziariamente.
  Spesso, anche per scarsa comunicazione, se una persona malata in un carcere chiede la sospensione della detenzione ex articolo 147, il magistrato di sorveglianza decide di non sospenderla, ma di trasferirla in una regione in cui ci sia un centro attrezzato, ma questo viene deciso senza verificare l'effettiva ricettività di quel centro, quindi diventa semplicemente un modo di togliersi la responsabilità.
  Riteniamo che si debba intervenire anche in queste situazioni, ricontrollando l'effettiva possibilità della persona di essere curata e stabilendo due aspetti: che la cartella clinica sia digitalizzata e che il sistema di digitalizzazione sia in grado di comunicare con il sistema di digitalizzazione del Ministero della giustizia e il magistrato possa avere accesso, in modo che queste procedure si sveltiscano e si veda l'effettiva disponibilità.
  Questo per dirvi come stiamo intervenendo sui settori non strettamente normativi.

  ALFONSO BONAFEDE. Vorrei sapere se questo programma temporaneo che possiamo definire «tampone» possa salvare l'Italia da gravi sanzioni, se sani la posizione dell'Italia o no, cosa che comunque non mi rasserenerebbe affatto, perché in Italia la possibilità di rinviare la soluzione di un problema significa non risolverlo mai, quindi vorrei che fosse una situazione solo provvisoria.
  Il mio timore è che provvedimenti tampone, che effettivamente potrebbero essere migliorativi delle condizioni dei detenuti, si risolvano in Italia in un provvedimento solo formale. Nel carcere di Sollicciano, ad esempio, hanno fatto una cosa stupenda: hanno sostituito un muro di cemento armato con una sorta di inferriata, che permette di guardare Firenze. Si tratta di un intervento migliorativo molto semplice e di facile esecuzione.
  Dall'altra, parte, c'era un'area molto interessante con la TV, che per i detenuti è una fondamentale finestra sul mondo, ma questa era spenta da circa tre mesi. Mi chiedo quindi se, in vista della scadenza, l'Italia possa trovare, attraverso provvedimenti tampone di facile realizzazione, una scappatoia che rischi di essere solo formale.
  Lei accennava alla scheda telefonica, ma i detenuti mi spiegavano che l'inserimento della scheda telefonica da un mese a questa parte ha comportato un aumento del costo della telefonata pari a circa il triplo. Immagino che per un detenuto la telefonata sia essenziale, ma mi hanno detto che, se costa tre volte di più, avrebbero restituito la scheda.

  MAURO PALMA, Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia. Concordo sulla necessità di stare molto attenti alle soluzioni tampone, che rischiano di diventare permanenti. Qui però la logica è diversa: partiamo dal fatto che la capienza degli istituti deve essere ridefinita e rispettata.
  C’è però l'ipotesi che, anche a capienza rispettata, l'Italia non sia immune da condanne, perché si apre l'altro discorso. Bisogna quindi agire in due modi. Rispetto alla scadenza del 28 maggio (lo dico con cautela perché altrimenti tutti si adagiano), se c’è un procedimento in atto e un Paese sta realizzando una serie di cose, ha preso determinate strade, nessuno gli nega il semestre successivo. Tengo sempre questo elemento di basso profilo, però è così nella pratica del Comitato per l'esecuzione delle sentenze di Strasburgo, ma deve essere evidente.
  Riguardo alla tessera telefonica ci sono degli elementi di rodaggio da parte dell'amministrazione, costi su cui vogliamo Pag. 10intervenire anche pesantemente. Pensate alla questione dei prezzi in un sistema come quello italiano, in cui c’è un solo luogo di vendita all'interno del carcere, che quindi può fare il prezzo che vuole. Lì però si può intervenire con provvedimenti molto chiari, che speriamo di poter realizzare.

  PRESIDENTE. Vorrei porre un'ultima domanda per riagganciarmi alle nostre proposte di legge e alla domanda posta dall'onorevole Marotta in merito a eventuali pene alternative già di prima applicazione soprattutto per i reati di piccolo spaccio.
  Noi ci preoccupiamo anche della fattibilità, perché questo è un problema che ci hanno posto in via generale e che alcuni hanno utilizzato per sostenere che sono provvedimenti legislativi che non saranno concretamente attuati quando abbiamo approvato per la seconda volta la questione sulla messa alla prova, ed ora aspettiamo il Senato.
  Anche lì, se poi non funziona il sistema dei servizi sociali e quindi del rapporto di recupero e progetto per il reinserimento nella società, l'istituto muore. Vorrei sapere se, nel caso in cui prevedessimo per una fascia di reato riguardante il piccolo spaccio non la pena detentiva, ma la pena principale dell'affidamento in prova o dell'affidamento al servizio terapeutico (cambiamo regime anche rispetto alla detenzione domiciliare), sarebbe realizzabile, perché francamente noi potremmo anche farlo.
  Non ne abbiamo ancora parlato perché stiamo chiudendo le audizioni, però si sta diffondendo una sensibilità e il Parlamento per certi aspetti è lento nel metabolizzare certe idee, ma poi ci si arriva.
  Quando ci si arriva, però, c’è spesso il problema dell'effettiva realizzazione. Ci è parso di cogliere, anche dalle lettere che ci sono pervenute, la soddisfazione per la valorizzazione dei servizi territoriali degli Uffici per l'esecuzione penale esterna (UEPE) ma al tempo stesso il loro grave disagio per non essere in grado di garantirlo in queste condizioni.
  D'altro canto, la relazione del Ministro ci dice che non viene attualmente applicato, se non in minima percentuale, l'affidamento in prova al servizio terapeutico, anche anche in questo caso per questioni di finanziamento. Anche i magistrati di sorveglianza interpellati per rapporti o conoscenze dirette dichiarano di riuscire a dare gli affidamenti in prova ai servizi terapeutici nei primi sei mesi dell'anno, ma non nei mesi seguenti per mancanza di soldi. Talvolta, quindi, ci viene rimproverato di fare norme che non hanno attuazione. Vorrei quindi comprendere la fattibilità.

  MAURO PALMA, Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia. Su questo secondo aspetto, l'affidamento terapeutico e la questione economica, come Commissione ministeriale ci stiamo muovendo con incontri bilaterali e protocolli con le regioni, che si devono far carico di una serie di cose.
  Il primo che vorremmo utilizzare come modello è con la regione Toscana e stiamo valutando la possibilità di un protocollo di intesa, però ci interessa l'esportabilità anche in altre realtà. C’è già un discorso in piedi con la regione Lombardia, però le regioni sono molte.

  PRESIDENTE. Bisogna evitare quanto è accaduto anche con le sperimentazioni delle buone prassi negli uffici giudiziari (lo dico perché l'abbiamo vissuto). Le buone prassi sembrano infatti inizialmente sperimentazioni positive di possibile traino, ma, se non diventano poi protocollo comune, l'Italia si presenta sempre più a macchia di leopardo.

  MAURO PALMA, Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia. Certo, questo no, perché poi le buone prassi diventano la copertina che nasconde le brutte prassi. Noi però stiamo cercando di generalizzare per questo aspetto specifico.Pag. 11
  Circa l'altra questione c’è un problema su cui dobbiamo riassestare l'architettura ordinamentale del sistema penitenziario. Rispetto agli UEPE, pieni di generosità, pieni di persone di buona volontà, non sarà però un caso se il nostro sistema con 64.000 detenuti ha 206 istituti penitenziari, 380 dirigenti penitenziari e 38 dirigenti dell'esecuzione penale esterna. Si capisce subito l'impostazione.
  La Commissione ritiene che gli UEPE non possano essere visti unicamente come una sottosezione di un sistema penitenziario: attualmente sono una Direzione Generale del Dipartimento dall'amministrazione penitenziaria.
  In molti Paesi europei c’è il sistema di probation, che è un'istituzione parallela, che prende in carico la persona magari a un anno dalla fine della pena e l'accompagna fino a un anno dopo, e ha un rapporto con il territorio.
  Dobbiamo quindi costituire un'autonomia culturale e contrastare questa idea di diminutio che ha l'esecuzione penale esterna rispetto alla centralità carceraria (è anche il posto meno ambito di Direttore Generale). Credo che i tempi siano maturi per realizzare questo salto e ci si possa aiutare a vicenda, nel senso che è vero che il legislatore teme di legiferare senza la necessaria struttura a valle, però è anche vero che è di stimolo.
  Il sistema delle pene alternative (non delle misure, che sono sempre carcerocentriche) può portare a ripensare il concetto di sanzione, e quasi sempre queste si rivelano anche più efficaci. Una pena interdittiva, una pena che ti obbliga al ripristino, a un lavoro socialmente utile per riparare il danno sociale che hai fatto ha una visibilità sociale e un'effettività superiore alla detenzione, quindi concordo ma sono dell'idea di stimolo.

  ALESSIA MORANI. La ringrazio per questa audizione. A proposito di stimolo, parlando di UEPE, domani incontrerò la direttrice regionale delle Marche, perché una decina di giorni fa abbiamo realizzato un convegno sul lavoro e, proprio in virtù di una volontà di stimolo e soprattutto delle possibilità che abbiamo inserito nel decreto-legge carceri sul lavoro di pubblica utilità che adesso è possibile praticare, abbiamo in animo di realizzare un progetto nelle Marche, che tra l'altro è anche una regione con un tasso di criminalità tra i più bassi d'Italia.
  Attraverso esperienze di collaborazione forte tra enti locali, amministrazione penitenziaria e imprese, viene quindi dispiegata una sensibilità che ci consente di intraprendere questo tipo di lavoro. Abbiamo in animo di creare una rete virtuosa delle istituzioni in collaborazione con le carceri, per mettere in atto quelle nuove possibilità di lavoro di pubblica utilità per i carcerati, perché purtroppo nelle Marche solo 28 detenuti praticano il lavoro esterno, ed è veramente una cosa incredibile.
  Anche ricollegandomi alle considerazioni dell'onorevole Bonafede rispetto ad alcune cose che possono alleviare la tremenda condizione carceraria che purtroppo conosciamo bene e all'esigenza di provare prassi nuove, che però non devono essere sperimentazioni, ma devono diventare di sistema, vogliamo realizzare una rete virtuosa delle istituzioni locali.

  DANIELE FARINA. Essendo il relatore di questa specifica proposta di legge, pongo una domanda molto tecnica. Lei ha parlato di intervenire sul comma 5 dell'articolo 73, i fatti di lieve entità, e su questo abbiamo riscontrato un parere pressoché unanime di tutti coloro che abbiamo audito (Associazione nazionale magistrati, Unione Camere penali e altri). Lo stesso Ministro Cancellieri nella sua relazione di alcune settimane fa evidenziava questa necessità di intervento e provava anche a quantificarla, seppur con delle difficoltà.
  Lì, però, le sfumature sono abbastanza diverse, in quanto vengono evidenziati dei nodi problematici soprattutto sui massimi di penalità abbastanza differenziati.
  Ho letto che a livello ministeriale sarebbe in gestazione un intervento governativo sul comma 5, che dovrebbe conservare quella stessa tecnicalità, che ormai Pag. 12mi sembra il linguaggio universale, della fattispecie autonoma e non dell'attenuante dell'articolo 73.
  Vorrei sapere se abbia qualche ulteriore informazione, perché mi è chiaro che il testo attuale è un invito al suo sviluppo, però, siccome quella è una parte importante, vorremmo capire in quale direzione sia utile ragionare.

  MAURO PALMA, Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia. Posso rispondere con quanto il Ministro ha detto recentemente in occasione della sua venuta a Strasburgo.
  Poiché la scadenza è il 28, a Strasburgo il 4 e 5 c’è stato un incontro del Ministro con il Segretario generale del Consiglio d'Europa, Thorbjørn Jagland, e il Presidente della Corte, Dean Spielmann. Il Ministro ha evidenziato il passato decreto-legge, poi convertito in legge ai primi di agosto, e ha detto che il Governo intende ancora intervenire con una serie di misure. Ha elencato un aumento della liberazione anticipata, in termini generali la custodia cautelare, la questione della droga.
  Ovviamente è stata un'occasione di definizione non di entità, ma di argomenti, e credo che questa intenzione verrà sicuramente rispettata e che il Governo interverrà su questi temi. La modalità dovrà essere duplice, perché c’è la modalità di rendere autonomo il reato, però c’è anche la modalità – a mio parere necessaria – di ridurre visibilmente i massimi edittali.

  PRESIDENTE. L'eventuale strumento verrà concordato in Consiglio dei Ministri, ma comunque il Parlamento sta andando avanti, poi vedremo quali saranno le iniziative del Governo. È importante questo raccordo, e abbiamo audito i presidenti Canzio e Giostra sull'altro aspetto che riguarda la custodia cautelare e ci manca solo un'interlocuzione con il presidente Palazzo sulla depenalizzazione e le misure alternative.
  La ringrazio a nome di tutti per la disponibilità e l'importanza delle informazioni che ci ha dato. Al termine delle nostre audizioni, faremo il punto anche su questa materia, come stiamo già facendo sulla custodia cautelare.

  MAURO PALMA, Presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia. Grazie a voi. Ci sarebbe utile avere in futuro informazioni sul progetto nelle Marche.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il presidente della Commissione per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria presso il Ministero della giustizia, Mauro Palma, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.