XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Martedì 19 novembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 1203  DANIELE FARINA E C. 971  GOZI, RECANTI MODIFICHE AL TESTO UNICO DELLE LEGGI IN MATERIA DI DISCIPLINA DEGLI STUPEFACENTI E SOSTANZE PSICOTROPE, PREVENZIONE, CURA E RIABILITAZIONE DEI RELATIVI STATI DI TOSSICODIPENDENZA, DI CUI AL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 9 OTTOBRE 1990, N. 309, IN MATERIA DI COLTIVAZIONE E CESSIONE DELLA CANNABIS INDICA E DEI SUOI DERIVATI

Audizione del vicedirettore dell'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, Giorgio Fidelbo, del direttore del Dipartimento per le dipendenze patologiche Asl Napoli 2-Nord, Giorgio Di Lauro e di rappresentanti dell'Unione delle Camere penali italiane.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Fidelbo Giorgio , Vicedirettore dell'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Fidelbo Giorgio , Vicedirettore dell'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione ... 7 
Di Lauro Giorgio , Direttore del Dipartimento per le dipendenze patologiche Asl Napoli 2-Nord ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Di Lauro Giorgio , Direttore del Dipartimento per le dipendenze patologiche Asl Napoli 2-Nord ... 11 
Spigarelli Valerio , Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 11.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Audizione del vicedirettore dell'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, Giorgio Fidelbo, del direttore del Dipartimento per le dipendenze patologiche Asl Napoli 2-Nord, Giorgio Di Lauro e di rappresentanti dell'Unione delle Camere penali italiane.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 1203 Daniele Farina e C. 971 Gozi, recanti Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione e cessione della cannabis indica e dei suoi derivati, del vicedirettore dell'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, Giorgio Fidelbo, del direttore del Dipartimento per le dipendenze patologiche Asl Napoli 2-Nord, Giorgio Di Lauro e di rappresentanti dell'Unione delle Camere penali italiane.
  Do la parola al consigliere Giorgio Fidelbo.

  GIORGIO FIDELBO, Vicedirettore dell'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione. Grazie, presidente. Ringrazio la Commissione per questa convocazione. Io ovviamente parlo a titolo personale, come consigliere della Corte di Cassazione. Lavoro alla sesta sezione penale, che si occupa, tra l'altro, anche della materia degli stupefacenti.
  Credo di interpretare la mia convocazione in questa Commissione e di dare un contributo ai vostri lavori su questo tema così delicato e a forte impatto, anche ideologico, cercando di fare una brevissima rassegna, nei tempi che abbiamo convenuto, sui principali problemi che, dal punto di osservazione della Corte di Cassazione, presenta questa normativa in tema di stupefacenti.
  Metterò in evidenza quelli che, secondo la giurisprudenza e secondo il mio punto di vista, sono alcuni degli aspetti più critici della legge in materia di stupefacenti. Nello stesso tempo, metterò in evidenza gli aspetti che potrebbero essere oggetto di intervento, per un tentativo di modifica e di riforma di questa normativa, tenendo conto che i due disegni di legge che sono al vostro esame, da quello che ho capito, fungono quasi da spunto per eventuali interventi più incisivi sulla materia degli stupefacenti.
  Io dico subito che la novella del 2006, che ha in parte modificato la legge del 1990, ha determinato una serie di problemi applicativi e interpretativi, moltiplicando le criticità che già esistevano in materia di stupefacenti. Voglio mettere in evidenza che questa novella nasce con presupposti piuttosto fragili, perché l'intervento massiccio e radicale sulla riforma Pag. 4della legge sugli stupefacenti avviene in sede di conversione di un decreto-legge che aveva tutt'altro oggetto, in quanto disciplinava le Olimpiadi invernali di Torino del 2005-2006.
  Recentemente la Corte di Cassazione ha rimesso gli atti alla Corte costituzionale per una questione di costituzionalità dell'intera legge del 2006, mettendo in evidenza due aspetti: l'estraneità dell'intervento in sede di conversione rispetto al decreto-legge, che si occupava di un'altra materia, e la mancanza di presupposti d'urgenza per intervenire in quella sede su una materia del tutto disomogenea rispetto al decreto-legge.
  La Corte Costituzionale non si è ancora pronunciata su questa questione. La deciderà entro febbraio dell'anno prossimo. Io faccio presente questa circostanza, perché per i vostri lavori è fondamentale. Nell'ipotesi in cui la Corte Costituzionale dovesse accogliere l'ordinanza che ha rimesso gli atti e quindi ritenere incostituzionale l'intera legge del 2006, l'effetto sarebbe la reviviscenza della vecchia legge del 1990, con tutti gli effetti che il referendum del 1993 aveva in qualche modo prodotto.
  Questo avrebbe una conseguenza importante: sostanzialmente ritornerebbe la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti, e quindi tutta l'impalcatura del 2006 crollerebbe. A mio avviso questo non sarebbe un gran danno.
  Passo a evidenziare quelli che, secondo me e secondo la giurisprudenza che si occupa di questa materia, possono essere i punti critici di questa legge. Innanzitutto la legge del 2006, come ho anticipato poco fa, ha superato la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti. Questa scelta è stata fatta sulla base di due osservazioni che venivano avanzate nella stessa relazione di accompagnamento: il fatto che negli ultimi anni la cannabis avesse un principio attivo molto più potente e il fatto che queste droghe leggere, in base ad alcune elaborazioni scientifiche, in realtà altro non sono se non droghe di passaggio che portano ad usare droghe ben più pesanti e ben più impegnative.
  È stato messo in evidenza da parecchi autori che si sono occupati di questa materia che questa è solamente una tesi, che non ha delle basi scientifiche effettivamente valide. Ci sono altrettante tesi che dicono esattamente il contrario, cioè che queste droghe leggere non determinano certi effetti, e neanche certi passaggi. Comunque, non è questo il punto.
  La legge che ha uniformato e reso indistinta la differenza tra droghe leggere e droghe pesanti contiene in sé una contraddizione abbastanza forte: da un lato elimina la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti, dall'altro invece la reintroduce, nel momento in cui, quando va a formare le famose tabelle per l'uso massimo detenibile e a individuare i moltiplicatori delle diverse sostanze psicotrope e stupefacenti, differenzia questo moltiplicatore a seconda delle sostanze stupefacenti, prevedendone uno più basso per quelle pesanti e uno più alto per quelle leggere. Nella stessa legge è presente questa che io considero una fortissima contraddizione.
  L'effetto di questa omogeneizzazione tra droghe pesanti e droghe leggere è un'irrazionale omogeneizzazione del trattamento sanzionatorio. Condotte che porterebbero avere offensività, caratteristiche e disvalore sociale diversi vengono equiparate sulla base di un medesimo trattamento sanzionatorio. Questo ha comportato l'innalzamento delle pene con riferimento a quei comportamenti legati alle droghe leggere, che prima erano puniti con pene molto più basse.
  L'altro effetto è che c’è stata una valorizzazione di uno dei beni tutelati da questa normativa. Sapete che la normativa sugli stupefacenti tutela una serie di beni, tra cui il bene della salute. Con questa legge si valorizza principalmente il bene dell'ordine pubblico. Il bene della salute in qualche modo perde centralità rispetto alla normativa precedente.
  Inoltre, questa indistinzione tra droghe leggere e droghe pesanti appare in controtendenza rispetto all'evoluzione che si registra su questa materia in campo europeo. Una decisione quadro del 2004, che è ancora attuale e non è stata del tutto Pag. 5attuata da parte di qualche Stato, mette in evidenza che le sanzioni devono essere previste in relazione non solamente ai quantitativi, ma soprattutto alle qualità delle sostanze stupefacenti. È dunque una scelta che appare, a mio avviso, criticabile, e sulla quale bisognerebbe porre attenzione.
  L'altro aspetto che la legge del 2006 intendeva risolvere era la discrezionalità del giudice nell'applicazione delle sanzioni penali e nella distinzione tra illecito penale e illecito amministrativo. Qual è la soluzione che la legge del 2006 aveva escogitato ? Ancora una volta si tornava a fare riferimento a un quantitativo massimo detenibile. Si pensava, come emerge dai lavori parlamentari, che il semplice superamento di questo quantitativo che le tabelle indicavano come il quantitativo massimo detenibile portasse alla considerazione della condotta come condotta penalmente rilevante, e quindi come reato da perseguire penalmente.
  Se questo è l'obiettivo della legge del 2006, questo è stato clamorosamente mancato, perché la giurisprudenza, e in particolare quella della Cassazione, ha detto reiteratamente che il dato quantitativo è solo uno degli indici per valutare la condotta di colui che ha effettuato la detenzione a fini di spaccio o meno, insieme ad una serie di altri indici indicativi che la stessa legge fa presente (le circostanze dell'azione, il frazionamento della sostanza, il peso ponderale).
  Certamente il quantitativo è un elemento importante, ma non è l'elemento unico per poter individuare un comportamento penalmente rilevante. Ci può essere il caso di un soggetto che detiene quantitativi in eccesso rispetto al quantitativo indicato in tabella, la cui condotta non è ritenuta penalmente rilevante dal giudice, così come ci può essere il caso di un soggetto che detiene un quantitativo inferiore al limite massimo previsto in tabella, ma che, secondo il giudice, ha commesso un reato di detenzione illegale di stupefacenti, punito dal punto di vista penale.
  Il riferimento che la giurisprudenza adotta per distinguere le azioni rilevanti penalmente da quelle rilevanti amministrativamente è il riferimento all'uso non esclusivamente personale dello stupefacente detenuto. Questo è il parametro che la giurisprudenza utilizza, sulla base di una serie di indizi che deve valutare e sulla base delle prove che il Pubblico Ministero fornisce in sede di processo.
  Un altro punto fondamentale è l'attenuante del fatto lieve. Se noi leggiamo la normativa del 2006, così come è stata modificata, l'attenuante del fatto lieve appare una norma in estrema controtendenza rispetto all'impianto complessivo della legislazione, che è eccessivamente rigorosa. Finalmente vediamo una norma scritta in maniera moderna, con una pena equilibrata che parte da un anno. Soprattutto si prevede una possibilità, all'epoca piuttosto nuova: nel caso di comportamenti che rientrano nei fatti di lieve entità il giudice può applicare una pena non detentiva, ossia il lavoro di pubblica utilità.
  Questa norma, che sarebbe fondamentale, anche con riferimento agli effetti che potrebbe avere per abbassare il livello sanzionatorio eccessivamente alto, nella pratica rischia di perdere qualunque efficacia, perché, secondo la legge Cirielli (articolo 99, quarto comma, e articolo 69 del Codice penale), la circostanza attenuante non può essere portata in bilanciamento e in termini di prevalenza rispetto alla recidiva reiterata del 99, quarto comma.
  Questo significa che un soggetto che abbia già avuto una condanna per fatti di questo tipo, e che è considerato un recidivo reiterato e specifico, anche se commette un fatto di lieve entità, non potrà mai avere la pena bassa dell'attenuante a cui stiamo facendo riferimento (quinto comma dell'articolo 73), che parte da un minimo di un anno. Costui dovrà giocarsi la sua pena, partendo da una pena minima di sei anni, il che, francamente, allontana il dato della realtà dal dato della legge.
  Lo stesso discorso vale anche per l'aggravante dell'articolo 80, secondo comma: l'aggravante dell'ingente quantità. Infatti, la norma che è stata introdotta è piuttosto Pag. 6generica e non si fa apprezzare per essere una norma determinata. Ciò significa che il giudice penale può valutare l'ingente quantitativo della droga detenuta sulla base di valutazioni molto discrezionali.
  A questo proposito è intervenuta una sentenza delle Sezioni unite della Cassazione (sentenza Bioni del 2012) che ha dato delle regole, seppure abbastanza apodittiche. Questa sentenza indica che per quantità ingente debba farsi riferimento al quantitativo moltiplicato per 2.000 rispetto alla dose media giornaliera prevista in tabella. Per fare un esempio, sono considerati ingenti quantità un chilogrammo di marijuana, un chilogrammo di hashish, 1,5 chili di cocaina e mezzo chilo di eroina.
  L'effetto di questa giurisprudenza è che si applicano delle sanzioni pazzesche, in base all'articolo 80, secondo comma.
  Un altro aspetto rilevante è la coltivazione, che tra l'altro è uno dei temi che i progetti di legge affrontano. In Cassazione c’è stata una sentenza a Sezioni unite (la sentenza Di Salvia del 2008), che ha sostanzialmente sconfessato una giurisprudenza che, a mio avviso, era sicuramente apprezzabile, che aveva individuato una forma di coltivazione penalmente non rilevante: la cosiddetta «coltivazione domestica», ritenuta una detenzione a fini di uso personale (la classica piantina coltivata sul terrazzo di casa).
  Questa sentenza, molto rigorosa, ci dice invece che la coltivazione in quanto tale deve essere sempre punita e considerata di livello penale, perché è posta nel primo comma dell'articolo 73, che fa riferimento a quelle condotte che il legislatore ha identificato come rivolte non al consumo personale ma a fatti di cessione, cioè ad allargare il mercato della compravendita di sostanze stupefacenti.
  Allo stato, la giurisprudenza che noi applichiamo, rispettando tendenzialmente questa sentenza della Cassazione, consiste nel ritenere tutti i tipi di coltivazione (anche quelli che una giurisprudenza pretoria e la stessa Corte di Cassazione qualche anno fa consideravano rilevanti non penalmente ma amministrativamente) reato ex articoli 26 e 73 del Testo unico sugli stupefacenti.
  C’è un punto in cui la sentenza sembra dare uno spiraglio, e fa riferimento alla concreta offensività della condotta di coltivazione, che la sentenza stessa riferisce al fatto che la pianta non deve avere capacità drogante. Questo però è un aspetto che pone difficoltà, anche di carattere probatorio. Da questo punto di vista, un intervento sulla coltivazione, nei termini o qualcosa del genere, così come hanno fatto le proposte di legge che state esaminando, mi troverebbe particolarmente favorevole.
  Un altro aspetto che vorrei sottolineare è l'uso di gruppo. Per fortuna una sentenza della Corte di Cassazione, sempre a Sezioni unite (la sentenza Galluccio del 2013), ha risolto un contrasto che esisteva all'interno della stessa Corte di Cassazione, tra alcune sezioni che ritenevano che il consumo di gruppo fosse sempre di rilievo penale, e altre sezioni che sostenevano che il consumo di gruppo potesse in determinate circostanze avere un rilievo soltanto amministrativo.
  Per uso di gruppo si intende il fatto di comprare insieme uno spinello o un certo quantitativo di spinelli per consumarli insieme. L'interpretazione più rigorista insisteva su una parola che era contenuta nell'articolo 73 della legge sugli stupefacenti, che stabiliva che l'uso personale dovesse essere esclusivamente di tipo personale. Sulla base del termine «esclusivamente», alcune sentenze negavano che l'uso di gruppo potesse avere rilievo sul piano amministrativo e lo confinavano come fatto di rilevanza penale.
  La sentenza Galluccio invece, per fortuna, ritiene, con una motivazione assolutamente condivisibile, che, in presenza di determinate condizioni, il consumo di gruppo non ha rilievo penale. Quali sono queste condizioni ? L'acquirente deve essere tra coloro che consumano in gruppo lo stupefacente acquistato e deve aver acquistato per conto dei consumatori di gruppo. Inoltre, deve essere certa l'identità di coloro che hanno mandato l'acquirente Pag. 7ad acquistare uno stupefacente. Sulla base di queste condizioni, l'uso di gruppo non è penalmente rilevante.
  Un altro problema che in qualche modo rappresenta il minimo comune denominatore di tutte le questioni che ho rapidamente passato in rassegna è quello dei livelli sanzionatori, che sono eccessivi e non trovano riscontro in altre ipotesi di reato. Se paragonati ai reati contro la pubblica amministrazione o ai reati in materia di giustizia, i reati in materia di stupefacenti prevedono delle sanzioni veramente esagerate, che andrebbero ritoccate.
  Le sanzioni andrebbero ritoccate non solamente nel quantum, ma anche nella tipologia. Una cosa che non è stata mai fatta nelle numerose leggi che si sono succedute in questo campo è una distinzione seria tra i soggetti di cui si occupa questa materia degli stupefacenti: il tossicodipendente, il consumatore abituale e il consumatore occasionale. Questi tre soggetti necessitano probabilmente di una risposta sanzionatoria diversa.
  È verosimile pensare che il tossicodipendente non debba andare in carcere, ma debba essere sottoposto ad una terapia di recupero. Allo stesso modo non è detto che il consumatore occasionale debba curarsi. Il consumatore occasionale è la persona che il fine settimana si sballa. Che tipo di cura può essere prevista per un consumatore occasionale ? Non c’è cura. Si tratta di informare, specialmente i minorenni, dei rischi che corrono con l'uso di sostanze stupefacenti. Per quanto riguarda il consumatore abituale, bisogna vedere che tipo di abitualità si ricava dalla condotta di questo soggetto.
  Secondo me, quindi, è importante un ripensamento sanzionatorio, con riferimento non solamente al quantum di pena, ma anche alla tipologia di pena. Ricordo che nel 1998 c’è stata una Commissione ministeriale che si occupò di questo tema, presieduta dal presidente La Greca, di cui facevo parte anch'io quando stavo al Ministero. Questa Commissione propose una serie di riforme su questa materia, tra cui anche riforme in cui si ipotizzava una forma di patteggiamento con sospensione della pena, a condizione che il soggetto si sottoponesse ad un programma di recupero.
  Il vantaggio di utilizzare il patteggiamento, collegandolo ad una forma di messa alla prova, era che quest'ultima non avveniva alla fine del processo, cioè dopo i tre gradi di procedimento, ma nell'immediatezza in cui le parti si accordavano sulla pena patteggiata. Il piano di recupero, laddove fosse effettivamente utile, iniziava immediatamente dopo che il comportamento era stato sanzionato.
  Infatti, il rischio dei meccanismi di messa alla prova è quello di ritardare l'inizio della messa alla prova di anni. Magari colui che dovrebbe sottoporsi a quel trattamento è una persona diversa da quando ha aderito al patto terapeutico tanto tempo prima.
  L'ultimo aspetto che vorrei trattare è la disciplina di carattere amministrativo del consumo di droga, di cui mi sembra che non si occupino i progetti di legge in discussione.

  PRESIDENTE. C’è un piccolo accenno.

  GIORGIO FIDELBO, Vicedirettore dell'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione. Forse c’è qualcosa. Il problema è che la nostra legislazione punisce il semplice consumo, a livello amministrativo.
  Scelte di liberalizzazione o di legalizzazione delle droghe, magari limitate alle droghe leggere, possono incontrare un ostacolo convenzionale. Ci sono una serie di convenzioni, dalla convenzione di New York alla convenzione di Vienna del 1988, che impongono agli Stati aderenti, e dunque anche all'Italia, la necessità di colpire con sanzioni anche il semplice consumo di stupefacenti.
  Questo significa che se noi volessimo fare una scelta radicale verso forme di liberalizzazione o di legalizzazione totalizzante, dovremmo denunciare la Convenzione di Vienna del 1988. Questo rappresenta un ostacolo, anche di carattere politico.
  Il discorso che andrebbe fatto, semmai, è quello di continuare a ragionare su un Pag. 8livello amministrativo sanzionatorio, come è stato fatto finora, senonché il livello amministrativo sanzionatorio che viene fuori dalla legge attualmente in vigore, con le modifiche del 2006, è estremamente aggressivo per il semplice consumatore, il quale è costretto a subire una serie di sanzioni amministrative, irrogate dal prefetto, con garanzie scarsissime.
  Inoltre, l'articolo 75 bis prevede che, sulla base di presupposti assolutamente generici come la pericolosità della condotta e cose di questo tipo, il questore possa irrogare a soggetti che hanno commesso reati di questo tipo, e soprattutto a soggetti che sono considerati meri consumatori di stupefacenti, una serie di sanzioni abbastanza incisive, che vanno dal divieto di frequentare determinati luoghi al dovere di presentarsi periodicamente al posto di polizia o dei carabinieri.
  Si tratta di sanzioni che incidono sulla libertà personale del soggetto, con garanzie, anche in questo caso, assolutamente scarsissime, sulla base di un provvedimento che viene emesso su presupposti vaghi e generici. C’è un questore che ha la competenza di emettere questi provvedimenti, che sono poi convalidati non da un giudice togato, ma da un giudice di pace, un giudice tecnicamente inadatto a compiere funzioni di garanzia della tutela della libertà. Il giudice di pace è un giudice debole, specialmente quando ha di fronte un soggetto ingombrante come il Ministero degli interni, tramite i questori.
  Anche in questo campo, è importante che le sanzioni applicate in via amministrativa distinguano i soggetti cui devono essere destinate, ossia il tossicodipendente, che dovrà essere curato, il consumatore abituale e il consumatore occasionale. C’è bisogno di diversi tipi di sanzione, in relazione alle diverse tipologie di soggetti che fanno uso di stupefacenti.
  Io vi ho fatto una rassegna abbastanza confusa, senza potermi soffermare, per ragioni di tempo, su una serie di problemi che ogni questione pone. Voglio solamente mettere in evidenza che i due progetti di legge in parte danno una risposta a questi problemi.
  Danno una risposta con riferimento alla coltivazione, che mi sembra venga riferita in alcuni casi ad una sanzione di carattere amministrativo, e quindi venga estrapolata dal contesto penale, con riferimento a quella che viene definita «coltivazione domestica». Si potrà magari discutere sulla definizione che viene data della coltivazione, perché in un progetto di legge si fa riferimento alla «coltivazione non attuata con tecniche agrarie o imprenditoriali». Questo potrebbe dare luogo a qualche problema, perché ci potrebbe essere un punto vuoto tra la coltivazione domestica e la coltivazione gestita con tecniche agrarie e imprenditoriali. È un problema che potreste in qualche modo affrontare.
  Inoltre, ci sono dei problemi di formulazione delle norme, ma non mi sembra il caso di parlarne in questa sede, che è una sede di carattere informativo.
  Mi sembra di aver colto in una delle due proposte di legge (la C.1203 Farina ed altri) una clausola di non punibilità di alcune condotte. Io non ho capito bene come questa clausola di non punibilità si sposi con la previsione successiva inserita nell'articolo 75, che fa riferimento a una coltivazione sottoposta a sanzioni di carattere amministrativo. Occorrerebbe scegliere. Se si opta per una soluzione di liberalizzazione della coltivazione, ci sono quei problemi che ho poc'anzi sottolineato, che riguardano la convenzione di Vienna del 1988. Se invece ci si limita a individuare una forma di coltivazione che abbia un livello di punibilità con sanzioni amministrative il discorso è più semplice, e mi sembra che potrebbe avere anche più chance di successo.
  Per quanto riguarda la scelta, avanzata da una delle due proposte di legge, di trasformare l'attenuante speciale del fatto lieve in reato autonomo, io credo che si tratti di una scelta particolarmente importante. Effettivamente in questo modo si evita quel rischio terribile di impedire il bilanciamento tra un'aggravante (in questo caso è la recidiva) e un'attenuante ad effetto speciale. Se invece si trasforma effettivamente l'attenuante a effetto speciale Pag. 9del quinto comma dell'articolo 73 in un reato autonomo, questo problema viene superato.
  Un avvertimento che vi faccio è che non è sufficiente a creare una fattispecie autonoma di reato l'estrapolazione del contenuto del comma 5 dell'articolo 73. Bisogna stare attenti a formulare la norma della nuova fattispecie autonoma, in modo che sia effettivamente un reato autonomo e non una fattispecie autonoma travestita da reato autonomo.
  Io vi consiglio di rileggere l'articolo 72 della vecchia legge sugli stupefacenti, la n.685 del 1975, che prevedeva un'ipotesi di reato autonomo per fattispecie di piccolo spaccio. Secondo me la fattispecie autonoma dovrebbe essere formulata sulla base di quello schema di norma cui ho fatto riferimento.
  Mi fermo qui. Forse ho abusato della vostra pazienza. Sono a disposizione per eventuali richieste di chiarimento. Grazie.

  GIORGIO DI LAURO, Direttore del Dipartimento per le dipendenze patologiche Asl Napoli 2-Nord. Grazie, presidente, per l'invito. Spero di potervi dare un buon contributo. Io sono un medico tossicologo e psicoterapeuta, e m'interesso di tossicodipendenza da più di trent'anni.
  Io non vi voglio portare dati tecnici, perché ne avete avuti già abbondantemente, sia dal Dipartimento nazionale delle politiche antidroga sia da altri relatori. Quello che vi voglio portare è il contributo di una persona che da trent'anni vive assieme ai tossici. Io vivo questa situazione non dal punto di vista dei ragazzi che stanno in comunità, ma dal punto di vista di quelli che stanno in strada, che contattiamo ogni giorno con le nostre unità di strada, e dei cosiddetti «ragazzi normali», che frequentiamo e che informiamo nelle scuole.
  Sono dei punti di vista diretti, perché noi ascoltiamo, oltre a dare delle risposte. La prima considerazione che voglio fare è che qualcuno deve stabilire che cos’è la droga leggera e che cos’è la droga pesante. Se una sostanza altera la percezione dello spazio e del tempo, è una sostanza psicoattiva. Questa sostanza è leggera oppure pesante ? Qualcuno deve stabilire se alterare in modo univoco la percezione dello spazio e del tempo di una persona è un effetto leggero oppure pesante.
  Se per leggero intendiamo il peso, un chilo di marijuana è pari a un sacco grosso e pieno, e quindi possiamo dire che la marijuana è leggerissima. Se invece noi pensiamo al contenuto di principio attivo all'interno di una sostanza e a questi effetti che vediamo direttamente, come la dobbiamo considerare ? Come dieci sigarette di quelle che fumavamo quando stavamo al liceo ? Ho l'età per dire che fumavamo le Stop senza filtro (chi ha la mia età se le ricorda), che erano una botta in testa.
  O forse dobbiamo considerare l'effetto stupefacente che può avere una sostanza. Io cito solamente una risposta che mi ha dato un nostro ragazzo. Io li chiamo sempre «ragazzi», anche se molti di loro oramai sono abbondantemente adulti. Un paio di anni fa un nostro ragazzo, che per anni interi era positivo all'eroina e alla cocaina, un bel giorno è diventato negativo, però era comunque sballato. Dal punto di vista clinico, noi vedevamo che stava sballato. La prima preoccupazione è stata che ci ingannava durante i test tossicologici, e quindi questo ragazzo è stato controllato a vista. Un giorno questo ragazzo mi ha detto che non usava più l'eroina, perché oramai aveva trovato una marijuana che gli dava uno sballo dieci volte maggiore.
  Questo fa pensare: questa sostanza è leggera o pesante ? Non voglio pesarla io per vedere se è leggera o pesante. Consideriamolo tutti quanti assieme, se è pesante o leggera, se ci dà queste alterazioni. La mia preoccupazione non riguarda tanto il disturbo che dà nell'adulto, perché un soggetto di cinquant'anni che si fa le canne al massimo raggiunge la demenza senile molto più velocemente degli altri. La mia preoccupazione è rivolta soprattutto ai soggetti che sono in fase di crescita. Non vi parlo solo di minorenni, che sono quelli che maggiormente usano queste sostanze e sono quelli che vanno alla ricerca di Pag. 10sostanze sempre più forti e sempre più sballanti. Mi riferisco allo skunk o doppio skunk, oppure ai cannabinoidi sintetici, che sintetici non sono, perché sono delle sostanze naturali spruzzate.
  Che cosa otteniamo in un soggetto, seppure maggiorenne, ad esempio di 19 anni, che fa uso di hashish ? Il dottore sottolineava la differenza tra tossicodipendente e un soggetto che usa abitualmente una sostanza. Il tossicodipendente è un soggetto che usa abitualmente la sostanza. Un soggetto che fa uso di questa sostanza, che sintomi può avere ? Io non vi parlo di tutti gli effetti della slatentizzazione e della schizofrenia. Possiamo dire che questo uso non gli slatentizzata niente, ma gli da solamente due effetti, che sono altamente preoccupanti in un soggetto in crescita: la derealizzazione e la depersonalizzazione.
  Un soggetto che si deve realizzare e costruire il proprio futuro, che deve passare dalla personalità di adolescente o post-adolescente a quella di adulto, e usa una sostanza del genere, perché noi la rendiamo libera e gli permettiamo di coltivarla dove vuole, che adulto sarà ? Questa è la domanda che mi pongo io, che sono un terapeuta e sto a contatto con questi giovani.
  Dal punto di vista legislativo, vedo che siamo arrivati allo stesso concetto: chi fa uso di sostanze va curato e non va incarcerato. Non c’è dubbio. Noi dei servizi siamo i primi a cercare in tutti i modi di tirare fuori i ragazzi dalle grinfie del penale. Molte volte lo facciamo un po’ avveniristicamente, però siamo i primi a fare in modo che questi ragazzi non vengano chiusi in un carcere, perché aggraveremmo la situazione.
  Detto questo, che risposta do a un giovane ? Vi ripeto che non parlo solo dei minorenni, perché il ragazzino di 13-14 anni (ne abbiamo trovati anche alcuni di 11 anni) che fa uso di marijuana, dove la compra ? Qualcuno gliela dà. Che cosa gli vado ad offrire per il suo futuro ? Stiamo trovando enormi difficoltà con l'alcool. Stiamo trovando delle difficoltà pazzesche ad impedire ai ragazzini di darsi allo sballo settimanale, o serale, o una tantum. Sapete benissimo che cosa significa intossicarsi di alcool, e per un ragazzino è ancora peggio. Nel momento in cui noi permettiamo ai maggiorenni di comprare l'erba dove vogliono, e di coltivarla dove vogliono, sul balcone o in giardino, come li blocchiamo ? Diamoci una risposta.
  Che la sostanza non sia più quella del 1968 ce l'hanno dimostrato in molti, non solo i proibizionisti. Anche dei ricercatori antiproibizionisti hanno dovuto ammettere che le piantine coltivate oggi non hanno il 50 per cento, ma solo il 20 per cento di THC.
  Non vi ricordo cos'altro ci può dare questa sostanza, perché lo potete leggere benissimo da Wikipedia, senza leggere i testi specifici. Leggiamolo su un network pubblico che chiunque può consultare. Non ve lo ripeto io. La mia paura e la mia preoccupazione sono rivolte ai giovani. Ve lo ripeto fino alla noia.
  Un altro punto importante sono gli effetti terapeutici della cannabis. Nessuno li mette in dubbio. Ci sono degli effetti terapeutici enormi, bellissimi e fantastici. Serve contro il glaucoma, per ridurre la tensione muscolare nella SLA, per ridurre la nausea e il vomito nei soggetti sottoposti a trattamenti chemioterapici, e in tante altre patologie.
  Anche la digitale è un estratto naturale e un glucoside cardioattivo. Non per questo facciamo mangiare ai pazienti le foglie della piantina di digitale, anche perché non sappiamo la quantità precisa della dose terapeutica e della dose tossica.
  Anche la strofantina è una pianta. Specifico per chi non è addetto ai lavori che si tratta del kombetin, che è sempre un glucoside cardioattivo. Tuttavia non facciamo mangiare ai pazienti le foglie di strofantina.
  Anche l'oppio deriva da un fiore, però non facciamo mangiare ai pazienti l'incisione della capsula del papavero da oppio. Dall'oppio deriva la morfina, che è un farmaco. Usiamolo come farmaco.
  Facciamo in modo che il principio attivo della pianta della cannabis indica sia formulato in forme farmaceutiche, di Pag. 11qualunque tipo. Nell'Ottocento esisteva già uno sciroppo a base di THC. Facciamo le fiale, intramuscolo, endovena, sciroppo, compresse o qualsiasi formulazione, sia essa per os o per via parenterale.
  In questo modo in un soggetto affetto da glaucoma sappiamo quale dosaggio diamo e cosa gli consegniamo in mano. Non credo che un soggetto che ha vomito incoercibile dopo un trattamento chemioterapico abbia la forza o la voglia di farsi uno spinello, però se ha una fiala intramuscolo di THC o altri cannabinoidi derivati per bloccare ...

  PRESIDENTE. Cerchiamo di mantenerci nell'ambito dell'indagine.

  GIORGIO DI LAURO, Direttore del Dipartimento per le dipendenze patologiche Asl Napoli 2-Nord. Per quanto riguarda la giustizia, abbiamo notato che ci sono numerosi soggetti incarcerati per spaccio di sostanze stupefacenti, in questo caso di cannabis. Qualcuno parla di 36.000 soggetti, altri dicono che sono 23.000.
  Di questi soggetti hanno richiesto di entrare nel trattamento alternativo al carcere solo una minima parte. Di coloro che ne hanno fatto richiesta, sono stati accettati solamente 800-900 persone. Io mi chiedo perché solo una minima parte dei soggetti fa questa richiesta. È una domanda a cui io non so dare risposta. La risposta deve arrivare dall'altro lato. Quello che posso fare io è una proposta costruttiva.
  Come giustamente diceva il giudice, se i soggetti fanno uso di sostanze e hanno diritto alla pena alternativa, dato che le leggi ci sono, devono essere inseriti in un contesto di cura. Noi dobbiamo fare in modo che possano accedere a questi contesti di cura. A quali contesti mi riferisco ? La prima offerta è la comunità terapeutica, nella quale si segue un percorso terapeutico.
  Nella comunità terapeutica, una volta terminato il percorso terapeutico che può essere di due, tre o quattro anni (a seconda del soggetto e del programma terapeutico, che deve essere personalizzato), i soggetti, se hanno ancora una pena residua, non devono assolutamente entrare in carcere, ma devono essere affidati ai servizi per le dipendenze. In questo contesto, prima che finisca il termine della pena, questi soggetti possono essere indirizzati al lavoro e al reinserimento sociale definitivo.
  L'affidamento diretto ai servizi territoriali per le tossicodipendenze, appena fatta la richiesta, crea invece un grosso danno, perché i nostri servizi non sono organizzati per poter accettare queste persone.

  VALERIO SPIGARELLI, Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane. Io sarò assolutamente di parca mensa, anche perché, sfatando un luogo comune, devo dire che Giorgio Fidelbo ha detto quasi quattro quinti di quello che volevo dire io. Quindi io ci tornerò sopra.
  Non penso che sia un caso che le opinioni di magistrati e avvocati convergano, pur partendo da posizioni diverse. Lasciatemi fare una battuta: noi penalisti dovremmo avere un interesse professionale a un'iperpenalizzazione, e invece, anche dal nostro osservatorio, questa è foriera di danni sociali.
  Partirei da una cosa che non si è detta, prima di sottolineare quello su cui concordo, e lo farei con un esempio un po’ scioccante. Come voi probabilmente sapete, l'Unione delle Camere penali, assieme a un cartello di associazioni, ha presentato tre proposte di legge su diversi temi.
  I temi erano l'introduzione del reato di tortura, la custodia cautelare e la legislazione sugli stupefacenti, con una proposta di un certo tipo, che era stata elaborata da alcune associazioni.
  Nella nostra previsione, quest'intervento legislativo si sarebbe dovuto collocare primo in classifica per quel mondo «giovanile» che è stato ampio sottoscrittore di queste proposte, che come proposte d'iniziativa popolare sono state portate in Parlamento. Non è stato così. Si è invece classificata prima in classifica la proposta sulla tortura. Sembra paradossale che io venga a parlare di questo, in tema di leggi Pag. 12sugli stupefacenti, ma invece non è paradossale per nulla.
  L'iperpenalizzazione della materia degli stupefacenti, assieme ad un altro problema su cui tornerò, ossia la paradossale rigorosità di alcune sanzioni amministrative e dei metodi di applicazione delle medesime, ha prodotto, come è ovvio che sia, un «controllo» assolutamente discrezionale da parte delle forze di polizia sul potenziale plateau dei violatori della materia.
  Che i nostri giovani siano così sensibili al reato di tortura non è dovuto al fatto che in Italia si tortura tecnicamente parlando, anche se – ahimè – come sapete perfettamente, ipotesi di questo genere sono state accertate anche nella storia recente. Ciò avviene perché ci sono delle modalità di controllo sul tema della legge sugli stupefacenti che sono affidate alla totale arbitrarietà delle forze di polizia sul territorio. È per questo che molti giovani sentono la necessità di arginare un certo tipo di metodologie di controllo.
  Fatta questa premessa, che può sembrare scioccante, ma si inserisce in questo tema, a nostro modo di vedere, il secondo problema, che verifichiamo aliunde rispetto all'applicazione penale della sanzione, è proprio dato dall'apparato delle sanzioni amministrative.
  Tornando su una scelta precedente, che comunque lasciava un certo margine di discrezionalità, anche nell'ipotesi di recidiva della violazione di carattere amministrativo, come sapete perfettamente, questa legge, così come è stata ritoccata negli anni scorsi, praticamente introduce dei meccanismi automatici di applicazione delle sanzioni amministrative nel caso di reiterazione.
  Tanto per essere espliciti e parlare come fin qui si è fatto, in maniera molto comprensibile, vi faccio un esempio: un giovane che viene fermato con uno spinello oggi e poi verrà rifermato con un altro spinello tra dodici anni, in quel dodicesimo anno vedrà l'applicazione automatica di una delle sanzioni amministrative che sono previste dalla legge.
  Queste sanzioni amministrative molto spesso vengono giustapposte alle sanzioni penali, quasi a sottolineare il fatto che sono blande, o che non producono nella sfera di colui nei confronti del quale vengono applicate delle grandi violazioni. Questo è tutt'altro che vero. Le sanzioni amministrative comprendono il ritiro della patente, il ritiro del passaporto o, come è stato illustrato prima, dei comportamenti coattivi ancor più limitativi della libertà personale.
  Vi invito a considerare che questo automatismo può intervenire con un meccanismo sanzionatorio che è paradossale, perché la sanzione, quando viene applicata, deve avere una sua utilità. Applicare automaticamente una sanzione di questo tipo al giovane che si fa uno spinello nel 2014 e poi all'ingegnere laureato magari 25 anni dopo è una fenomenologia assurda.
  Dicendo questo naturalmente non si propone di eliminare le verifiche amministrative. A questo proposito vi dirò qualcosa che tocca tangenzialmente il problema della circolazione stradale e dell'accertamento dello stato di alterazione da sostanze stupefacenti, che è paradossale. Comunque, è assurdo già solo il fatto che ci siano questi automatismi, che producono un numero rilevante di applicazioni di queste sanzioni, così come è rilevante il numero dei soggetti che vengono segnalati per il solo possesso di sostanze stupefacenti.
  Come ha giustamente sottolineato il consigliere Fidelbo, ciò avviene con una verifica di fronte al giudice minor che noi abbiamo nel nostro sistema giudiziario e con una discrezionalità applicativa che arriva al punto (questa è la «giurisprudenza», per esempio, degli uffici di Roma) di applicare la sanzione, anche di fronte al sequestro di sostanze non psicoattive.
  Per uscire dalla terminologia astrusa, faccio di nuovo un esempio: se sequestrano un quantitativo di sostanza stupefacente che è sotto la soglia drogante, e quindi dal punto di vista penale è tamquam non esset, a Roma, ma anche in altri uffici, applicano comunque la sanzione Pag. 13amministrativa, che produce un aggravio del sistema giudiziario, perché ci sarà il coevo ricorso al giudice di pace.
  Io dirò quasi un solo si alle proposte, con la stessa identica distinzione, a proposito dell'introduzione di una causa di non punibilità, quando probabilmente sarebbe sufficiente normativizzare l'indirizzo delle Sezioni Unite, includendo espressamente la coltivazione per uso personale tra le ipotesi precedenti.
  Accogliendo l'invito del presidente, io penso che questa sia l'occasione per mettere mano o ripensare a quell'apparato sanzionatorio della legge, così come era stata interpolata nei successivi interventi.
  Rimanendo su questo tema, per abbandonarlo rapidamente, vi dicevo che perfino nella parallela legislazione a proposito della circolazione stradale si assiste nel campo applicativo a un problema: sostanzialmente si sanziona in maniera peggiore l'eventuale alterazione da droghe leggere rispetto all'alterazione da altre droghe. Ciò avviene per un semplice motivo: quei reati e quel tipo di condotta sono previsti nel caso di guida in stato di alterazione da qualcosa. Se l'alterazione da consumo di alcol è misurabile attraverso la gradazione, l'alterazione nell'ipotesi dell'assunzione di THC viene misurata reperendo le tracce di THC nei liquidi, ossia nelle urine, il che non è per nulla sovrapponibile allo stato di alterazione, come la giurisprudenza spesso e volentieri riconosce.
  In buona sostanza, questo iperproibizionismo, assai ideologico in alcuni casi, produce molto spesso degli effetti antitetici. Questo non è un caso, perché la legislazione simbolica, come ho già detto in un'altra occasione in questa stessa aula, molto spesso fa male ai simboli che vuole tutelare, che in questo caso dovrebbe essere la salute pubblica.
  Come vedremo tra poco anche su un altro versante, le droghe più pericolose per la salute, che creano sicuramente dipendenza, in maniera scientificamente accertata (mi pare di poter dire che non sono tutte le droghe, perlomeno per le mie conoscenze professionali, anche abbastanza approfondite) hanno lo stesso effetto di tossicodipendenza. Di conseguenza, quella distinzione che faceva il dottor Fidelbo tra assuntori abituali, tossicodipendenti e assuntori saltuari mi sembra avere una rispondenza anche scientifica, e non solamente ideologica.
  Veniamo alle questioni su cui in punto di legislazione penale, a nostro modo di vedere, bisogna incidere. Sostanzialmente sono quelle citate nella rassegna della giurisprudenza che Fidelbo ha fatto. Partiamo dalla fine. C’è un punto che, a nostro modo di vedere, è particolarmente evidente: tutta la legislazione sugli stupefacenti ha dei livelli sanzionatori che in alcuni casi sono addirittura in controtendenza rispetto a quello che si vorrebbe fare.
  Questo è un discorso che fecero molti anni fa, quando arrivammo a livelli sanzionatori di un certo tipo per il reato di estorsione o di sequestro di persona a fini di estorsione. Arrivammo a livelli sanzionatori tali per i quali conveniva sopprimere la vittima piuttosto che lasciarla in vita.
  Nel caso della legge sugli stupefacenti, quando applichiamo l'articolo 80, cioè quando parliamo di ingente quantità, io vi invito a vedere qual è il livello sanzionatorio cui possiamo arrivare.
  A questo si sposa che la locuzione «ingente quantità», che permette l'applicazione, è assai poco tassativizzata, tant’è vero che le Sezioni unite, come è stato appena ricordato, sono dovute intervenire rispetto a una divaricazione giurisprudenziale. Da un lato c'era un filone che affermava che la quantità è ingente quando permette la saturazione di un determinato mercato. A questo punto la giurisprudenza si divideva a sua volta in una serie di rivoli per tentare di comprendere che diavolo fosse la saturazione, ma soprattutto qual era il mercato identificabile. C'era poi un altro filone che invece, soprattutto per determinare in qualche maniera questo concetto, finiva per dire che ci voleva un dato numerico e per trovare quel dato all'interno della legge.
  Tuttavia, anche il dato numerico trovato all'interno della legge sconta lo stesso Pag. 14difetto di cui vi ho parlato prima: è un dato più basso per le droghe meno pericolose, a comparazione con quelle più pericolose. Un chilo e mezzo di eroina pura e un chilo di hashish puro sono incomparabili.
  Reintrodurre una distinzione, che è stata abbandonata dalla legge Fini-Giovanardi, tra droghe di un certo tipo dovrebbe essere auspicabile. Non trovo in queste proposte, se non limitatamente, questo tipo di impostazione, che dovrebbe essere presa in considerazione.
  Allo stesso modo si dovrebbe prendere in considerazione una tassativizzazione (scusate l'orrendo neologismo) delle norme di riferimento, in particolare di questa dell'ingente quantità.
  È invece sicuramente auspicabile, anche per evitare dei problemi di natura applicativa, quali quelli che sono stati ricordati, che la fattispecie lieve assuma a tutto tondo la qualifica di ipotesi autonoma di reato, così come avveniva nella legge precedente.
  Un altro grosso problema è quello della coltivazione, che viene presa in considerazione da queste norme. Anche su questo, nulla aggiungo a quello che ha detto Fidelbo. Vorrei solo ricordare che queste normative, ogni volta che sono passate al vaglio di costituzionalità, sono state lette secondo un principio che è fondamentale nel nostro ordinamento, soprattutto quando si legifera dal punto di vista penale: il principio di offensività. Bisogna necessariamente che i comportamenti a cui si applica una sanzione penale siano realmente offensivi rispetto a quei beni costituzionali che si intende tutelare proprio attraverso l'introduzione della sanzione.
  Il discorso si fa in pochi secondi, rispetto alla coltivazione per uso personale. Il bene è lo stesso; la tipologia e la condotta sono le stesse. Coltivare una piantina per uso personale o avere la stessa identica quantità in tasca per uso personale non cambia nulla, anche perché non si mette neppure in pericolo, come voleva un certo filone giurisprudenziale, quel bene tutelato della salute pubblica. Ben venga quindi l'ipotesi di accogliere la coltivazione per uso personale.
  Un'altra questione riguarda il cosiddetto «consumo di gruppo». Attenzione: quando noi facciamo riferimento al consumo di gruppo, in realtà facciamo riferimento all'acquisto di gruppo di sostanze stupefacenti, e cioè a un fatto che, dal punto di vista delle consuetudini degli assuntori di stupefacenti, è assolutamente consuetudinario.
  Il paradosso, tra l'altro, è che l'acquisto di gruppo riduce i vari pericoli per il consumatore. Obiettivamente l'acquisto di gruppo viene posto in essere non soltanto per un vantaggio economico, ma anche per una riduzione dei pericoli a cui il consumatore si espone nel momento in cui acquista. Anche da questo punto di vista, sarebbe benvenuta la possibilità di specificare. Tra l'altro, la fattispecie della legge sugli stupefacenti è casistica e omnicomprensiva: c’è scritto tutto quello che si può anche lontanamente immaginare legato al consumo degli stupefacenti. Per questa ragione, anche quel tipo di impostazione dovrebbe essere probabilmente delimitata in maniera tale da render chiaro che l'acquisto in gruppo di sostanze stupefacenti, destinate al consumo pro quota di ognuno degli acquirenti, sicuramente non dev'essere penalizzato.
  Concludo con un ultimo rilievo. A mio modo di vedere, l'occasione di queste due proposte di legge (nella scorsa legislatura erano state depositate anche altre proposte più articolate) non va sciupata, anche perché il pericolo è alle porte. Come vi è stato rammentato dal consigliere Fidelbo, accogliendo finalmente una serie di eccezioni che da molto tempo erano state fatte, il difetto del manico dell'intervento Fini-Giovanardi è finalmente emerso e la questione è di fronte alla Corte costituzionale.
  Qual era il male ? Il male, come al solito, riassume in sé il male di una certa maniera di legiferare. Anche in quel caso, come in altri casi della storia più recente, di fronte ad un dibattito annosissimo, che vedeva filoni giurisprudenziali che si contrapponevano e esperti che discutevano da Pag. 15tempo, si è preferito infilare in una normativa sulle Olimpiadi invernali di Torino una norma che ci azzeccava veramente poco. Scusate il termine improprio in Parlamento. I difetti di quella normativa sono venuti, come al solito, anche da questa maniera di legiferare.
  Siccome oggi si legifera non con un decreto-legge ma con una legge ordinaria, sarebbe il caso di ripensare in termini culturalmente diversi l'intera materia della legislazione sugli stupefacenti e delle sanzioni connesse.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri auditi. Credo che siano stati degli interventi molto esaustivi. C’è materia su cui riflettere non solo per sistemare le norme in relazione alle proposte, ma anche eventualmente per qualche ampliamento, se la legislatura ce lo consentirà.
  Comunque, ce la metteremo tutta. Per ora vi ringrazio per questo contributo molto importante e per questa vostra disponibilità. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.05.