XVII Legislatura

Commissioni Riunite (II e XII)

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Giovedì 7 luglio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Marazziti Mario , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE RECANTI «DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LEGALIZZAZIONE DELLA COLTIVAZIONE, DELLA LAVORAZIONE E DELLA VENDITA DELLA CANNABIS E DEI SUOI DERIVATI» (C. 971  GOZI, C. 972  GOZI, C. 1203  DANIELE FARINA, C. 2015  CIVATI, C. 2022  ERMINI, C. 2611  FERRARESI, C. 2982  DANIELE FARINA, C. 3048  TURCO, C. 3229  NICCHI, C. 3235  GIACHETTI, C. 3328  TURCO E C. 3447  BRUNO BOSSIO)

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi, di Massimo Canu, professore di psicologia generale presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza» e di Roberto Mineo, presidente del Centro italiano di solidarietà Don Mario Picchi (CEIS).
Marazziti Mario , Presidente ... 3 ,
Giorni Loredano , dirigente responsabile del settore politiche del farmaco, innovazione e appropriatezza della regione Piemonte ... 3 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 5 ,
Di Gioia Antonio , componente del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi ... 5 ,
Piazza Sara , componente del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi ... 5 ,
Di Gioia Antonio , componente del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi ... 5 ,
Canu Massimo , professore di psicologia generale presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza ... 5 ,
Saraceno Patrizia , vicepresidente del Centro italiano di solidarietà don Mario Picchi ... 9 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 9 ,
Saraceno Patrizia , vicepresidente del Centro italiano di solidarietà don Mario Picchi ... 9 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 11 ,
Mantero Matteo (M5S)  ... 11 ,
Farina Daniele (SI-SEL) , relatore per la II Commissione ... 12 ,
Amato Maria (PD)  ... 13 ,
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 13 ,
Pini Giuditta (PD)  ... 14 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 14 ,
Giorni Loredano , dirigente responsabile del settore politiche del farmaco, innovazione e appropriatezza della regione Piemonte ... 15 ,
Di Gioia Antonio , componente del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi ... 16 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 17 ,
Di Gioia Antonio , componente del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi ... 17 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 17 ,
Di Gioia Antonio , componente del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi ... 17 ,
Canu Massimo , professore di psicologia generale presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza ... 17 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 19 ,
Canu Massimo , professore di psicologia generale presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza ... 19 ,
Saraceno Patrizia , vicepresidente del Centro italiano di solidarietà don Mario Picchi ... 19 ,
Marazziti Mario , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA XII COMMISSIONE
MARIO MARAZZITI

  La seduta comincia alle 14.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi, di Massimo Canu, professore di psicologia generale presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza» e di Roberto Mineo, presidente del Centro italiano di solidarietà Don Mario Picchi (CEIS).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi, di Massimo Canu, professore di psicologia generale presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza» e di Roberto Mineo, presidente del Centro italiano di solidarietà Don Mario Picchi (CEIS).
  Le Commissioni proseguono oggi le audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle proposte di legge 971 Gozi, 972 Gozi, 1203 Daniele Farina, 2015 Civati, 2022 Ermini, 2611 Ferraresi, 2982 Daniele Farina, 3048 Turco, 3229 Nicchi, 32 35 Giachetti, 3328 Turco e 3447 Bruno Bossio, recanti disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati.
  Ricordo che con la seduta odierna si concluderà il ciclo di audizioni iniziato il 26 maggio scorso.
  Sono presenti per la Conferenza delle regioni e delle province autonome, Loredano Giorni, dirigente responsabile di settore politiche del farmaco, innovazioni e appropriatezza della regione Piemonte, Emanuela Lista, funzionario salute e politiche sociali della Conferenza, Paolo Alessandrini, dirigente per i rapporti con il Parlamento. Per il Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi, Antonio Di Gioia e Sara Piazza, componenti del Consiglio nazionale, Massimo Canu, che dovrebbe arrivare, professore di psicologia generale presso l'università degli studi di Roma «La Sapienza», Roberto Mineo, presidente del Centro italiano di solidarietà don Mario Picchi (CEIS) e Patrizia Saraceno, vicepresidente del Centro italiano di solidarietà Mario Picchi (CEIS). A tutti voi do il nostro benvenuto.
  Do quindi la parola a Loredano Giorni, dirigente responsabile del settore politiche del farmaco, innovazione e appropriatezza della regione Piemonte in rappresentanza della Conferenza delle regioni. A tutti voi direi che, secondo lo standard delle altre audizioni, sono a disposizione sette-dieci minuti per la vostra introduzione, che vi dividerete nella maniera che giudicherete migliore.

  LOREDANO GIORNI, dirigente responsabile del settore politiche del farmaco, innovazione e appropriatezza della regione Piemonte. Relativamente al disegno di legge testé citato, vorrei precisare, per quanto riguarda la Conferenza, che ci occupiamo in modo specifico dell'aspetto di carattere sanitario dell'impianto della legge. Gli altri aspetti non sono di competenza della Conferenza.
  Relativamente all'aspetto sanitario di questa proposta di legge, di fatto si viene a creare una criticità dal momento che abbiamo un prodotto che sempre più trova un uso terapeutico a fronte di un uso ricreativo.
  Sul discorso dell'uso terapeutico della cannabis vorrei precisare che ben undici regioni – nel documento forse abbiamo scritto dieci, ma sono undici, perché c'è anche la regione Basilicata – hanno adottato una legge per l'uso terapeutico a carico del servizio sanitario regionale della cannabis. Negli ultimi tre o quattro anni, quindi, ben undici regioni si sono dotate di una legge in cui riconoscono a carico del sistema sanitario la cannabis, alla quale quindi danno dignità terapeutica.
  Chiaramente sono leggi che, a prescindere dagli aspetti burocratici e organizzativi, si riconducono tutte nel riconoscere alcune tipologie di malattia che non possono essere curate altrimenti se non con l'uso della cannabis. In quel caso, il sistema si fa carico degli organi connessi a questo tipo di assistenza.
  Detto questo, tra novembre e dicembre del 2015 anche il Ministero della salute ha adottato un provvedimento con cui regolamenta la coltivazione e la produzione della cannabis e il suo utilizzo terapeutico in Italia. A livello di carattere generale, senza dare indicazioni specifiche, è un documento che cerca di rendere autonomo il Paese per la produzione di cannabis dal punto di vista quantitativo - ora, infatti, dipendiamo interamente dall'estero, da altri Paesi europei, importando con costi anche abbastanza sostenuti - attraverso una convenzione con l'Istituto chimico farmaceutico militare di Firenze. È stata attivata così la produzione di cannabis per uso terapeutico, e anzi è proprio di questi giorni la comunicazione che entro il mese di agosto sarà disponibile il prodotto finito del primo raccolto, iniziato a maggio.
  Perché ho voluto fare quest'introduzione? Il sistema, anche se non in modo unitario, sta sempre più riconoscendo la cannabis come farmaco, come rimedio terapeutico. È chiaro che siamo di fronte a una legge che regolamenta quest'uso ricreativo rispetto all'uso terapeutico.
  Si parla anche di coltivazione e di produzione di cannabis. Anche nel decreto del Ministero della salute vari passaggi regolamentano il fenotipo di piante che si coltiva, i modi di coltivazione, i tempi di raccolta, le varie analisi per calcolare il principio attivo all'interno del prodotto finito e così via, c'è un sistema di fito-vigilanza. Tutti gli elementi portano a un prodotto standardizzato dal punto di vista della qualità del principio attivo per essere usato a livello sanitario.
  È chiaro che questi elementi di sicurezza non sono disgiungibili se l'uso è sanitario o l'uso è ricreativo. Si possono avere da trattamenti diversi, coltivazioni diverse, tempi di raccolta diversi, concentrazioni molto diverse anche di principio attivo e di qualità del principio attivo che si estrae, con effetti che chiaramente possono essere diversi.
  Dal momento che c'è una diffusione ampia della coltivazione privata di questi prodotti, anche se per uso personale, o comunque come la proposta di legge prevede anche in forma associativa e simili, è impossibile controllare che quel prodotto finito poi non venga utilizzato anche a scopi terapeutici. Questo, chiaramente, non si può disgiungere. È evidente che quel prodotto utilizzato a scopi terapeutici non darebbe le garanzie che richiediamo per l'uso terapeutico. Quest'aspetto secondo noi condiziona fortissimamente la qualità del prodotto e si rischia che i prodotti non sufficientemente di qualità vengono utilizzati anche in ambito sanitario.
  L'ultimo aspetto che vorrei considerare è il discorso delle indicazione «terapeutiche» della cannabis. Su questo la letteratura scientifica è scarsa e i pareri medici della comunità scientifica sono discordanti. Comunque, sembra ci siano alcuni elementi, quattro o cinque indicazioni in cui della cannabis è provato l'effetto terapeutico.
  È chiaro che per la coltivazione e la diffusione personale e una disponibilità di questo prodotto, siccome le indicazioni che circolano nei vari siti, ma non suffragate da evidenze scientifiche, sono moltissime, c'è il rischio di vedere l'utilizzo della cannabis a scopo terapeutico per indicazioni che di terapeutico o di scientifico hanno poco. Qual è il male di questo?
  A parte la tossicità che può avere la cannabis, probabilmente per una patologia per cui c'è un rimedio sicuro, efficace e testato, che potrebbe dare delle soluzioni a un paziente, quel paziente potrebbe essere distolto dalla cura ufficiale, già definita dalla scienza, e appoggiarsi a queste altre cure. Chiaramente, potete immaginare che il danno per questo paziente sarebbe un ritardo della terapia, lasciando perdere gli effetti collaterali, che potrebbe portare purtroppo conseguenze abbastanza gravi.
  Al momento mi fermerei qui. Resto a disposizione per eventuali domande o richieste di chiarimento.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Giorni e do la parola ad Antonio Di Gioia, del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi.

  ANTONIO DI GIOIA, componente del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi. Vi ringrazio per questa convocazione a nome del presidente dell'Ordine degli psicologi nazionale, dottor Fulvio Giardina, e di tutti i componenti del Consiglio nazionale.
  Così come mi chi mi ha preceduto, non entro nel merito di quanto la ricerca mette in evidenza rispetto ai pro e i contro, perché ci sono pareri contrastanti. Come categoria professionale, però, come psicologi chiederemmo di istituire un osservatorio nazionale sugli effetti dell'eventuale abuso e dipendenza, anche alla luce di questa legge, per poter meglio monitorare il fenomeno e anche eventuali percorsi riabilitativi. Chiaramente, chiederemmo di inserire gli psicologi che operano sia nell'ambito del sistema sanitario sia nel privato sociale, e quindi anche nell'ambito di strutture socio-psicoriabilitative del terzo settore.

  SARA PIAZZA, componente del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi. Allo stesso fine, la categoria che qui rappresentiamo chiede che il Governo destini delle risorse, in particolare nell'ambito della ricerca che può essere correlata all'uso delle sostanze, della cannabis, e nell'ambito dell'informazione, della prevenzione e della formazione. Pensiamo particolarmente alle scuole, nel senso di un'informazione che possa partire nelle scuole di primo e di secondo grado da parte degli adulti coinvolti, quindi un'informazione da parte degli insegnanti e degli educatori, rivolta ai genitori e ai ragazzi.
  Pensiamo, però, anche a piani di formazione proprio rivolti agli adulti, agli educatori in particolare, su queste tematiche, e a piani e a politiche nell'ambito della prevenzione, quindi con un investimento sugli interventi della psicologia nell'ambito appunto delle problematiche correlate all'uso di queste sostanze e alla dipendenza. In generale, un tema più ampio è forse quello del disagio giovanile e come questo tipo di sostanze incontrano questi vuoti di senso e queste paure che hanno i nostri ragazzi.

  ANTONIO DI GIOIA, componente del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi. Leggendo anche le varie proposte di legge, c'è anche una riflessione relativamente alle procedure del rilascio di patenti di guida. Indipendentemente dall'attuale normativa, che prevede un iter anche riabilitativo quando viene scoperto che un soggetto ne fa uso, chiediamo la possibilità di inserire almeno un colloquio di consulenza psicologica nelle procedure di rilascio di patenti di guida per i soggetti che dichiarano di fare uso abituale di THC.
  L'Ordine nazionale degli psicologi poi si riserva di presentare successivamente delle memorie, un documento, relativamente a quanto appena detto.

  MASSIMO CANU, professore di psicologia generale presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza». Ringrazio il presidente e gli onorevoli per quest'invito all'audizione odierna.
  Ho avuto modo, come tutti gli ospiti di quest'oggi, di leggere le proposte di legge, e mi è sembrato di cogliere un comune denominatore: da una parte, mi sembra, la necessità di formalizzare un uso ricreazionale della cannabis, con il potere più o meno esplicito di andare verso una necessità che potremmo definire di autocura; dall'altra, la possibilità di introitare – lo dico forse con un termine un po’ rozzo – qualcosa che dovrebbe oscillare tra i 7 i 9 miliardi di euro nelle casse dello Stato.
  Le Commissioni che oggi ci ascoltano, e che nuovamente ringrazio, mancano però forse di una definizione, che potrebbe essere quella della commissione legata al bilancio, per rendere edotti tutti voi prima di noi su quelli che sarebbero i mancati costi da sostenere, nel caso in cui la liberalizzazione della cannabis fosse certezza, rispetto alle Forze dell'ordine, al sistema giuridico e ai tribunali, al sistema detentivo-carcerario. Questo potrebbe essere un interessante punto su cui ragionare. L'introito più la mancata spesa determinerebbero un importo ancor più esoso in termini di ragionamento, laddove questo volesse essere meramente concreto.
  Il mio compito qui è quello, nella misura in cui potrò essere utile, di supportare voi nel vostro ragionamento in riferimento a quelli che possono essere i danni causati dalla cannabis per le persone che ne fanno utilizzo. Su questo ho cercato di proporvi un'estrema sintesi dal punto di vista teorico di coloro che possono essersi occupati di tossicodipendenza, ma anche della ricerca, che anche poco fa veniva menzionata.
  Per quanto riguarda le teorie, vedendo quelle più accreditate, mi verrebbe da pensare innanzitutto a una piccola premessa, visto che anche poco fa si parlava di disagio: il disagio, secondo gli psicologi, è quel qualcosa che nasce nell'uomo a seguito della qualità delle relazioni proposte dai genitori, o comunque delle figure significative per quei bambini, a quei bambini. L'entità e la qualità di queste relazioni determina quella che sarà la difficoltà di quel bambino, e poi dell'adulto che diventerà, nell'approcciare la propria vita. Quanto più le relazioni saranno state deficitarie, tanto più quella persona proporrà delle difficoltà e come bambino e come adulto.
  Mi viene da pensare subito a Heinz Kohut, che nella sua strutturazione del sé con poca autostima, si ha quella persona che è stata poco riflessa da parte dei genitori, quindi che ha avuto poca qualità relazionale con questi, per cui nella tossicodipendenza, nell'utilizzo della sostanza e, prima ancora, nel comportamento di dipendenza, va a sancire un'angoscia di cui non è consapevole, l'angoscia di frammentazione.
  Nel tentativo di mantenere quanto più coeso il sé, la persona utilizza delle sostanze. Dall'altra parte, utilizza la sostanza come fluidificante rispetto all'interfaccia che ha con la società, dove soprattutto viene messa a dura prova la persona.
  Un altro autore, Lichtenberg, proseguendo questo ragionamento di Kohut, dice sostanzialmente che è importante definire il fatto che la cura è fondamentale, prima ancora l'evitamento del primo contatto con una sostanza è ancor più fondamentale. Mentre, infatti, la psicoterapia, che forse potremmo definire il sistema principe di cura, agisce su un livello verbale, e quindi simbolico, per cui ha a che vedere direttamente con la sostanza grigia, con la parte – scusate la rozzezza – «nobile» del nostro sistema nervoso centrale, coloro che utilizzano sostanze stupefacenti hanno invece la possibilità di esperire delle esperienze profonde che hanno a che vedere con il sistema più primitivo, e quindi con l'amigdala, l'ipotalamo, il cingolato.
  Hanno difficoltà a mettere insieme quanto vissuto dal punto di vista verbale perché all'interno di un canale che noi definiamo cura possa essere affrontato, quindi con la possibilità di andare oltre la sopravvivenza in vita, per approdare invece verso quella che potremmo definire a tutti gli effetti la qualità della vita, la salute, anche per come intesa secondo l'Organizzazione mondiale della sanità.
  L’infant research parla di dissociazione come sistema di difesa rispetto alle dipendenze. La sostanza o le sostanze – oggi si parla di poli-tossicodipendenze – hanno a che vedere con la possibilità di mantenere dissociato l'elemento di cui una persona è consapevole da ciò di cui una persona non è consapevole, e quindi tutto ciò che ha a che vedere con l'inconscio.
  Che effetto ha, quindi, la sostanza? Ha l'effetto di poter assicurare la persona che questi due mondi possano non incontrarsi. Nel momento in cui diciamo questo, anche Lichtenberg dice che una persona che di fatto viene posta nella condizione di mantenere dissociati gli aspetti consapevoli da quelli legati alla sofferenza inconscia, non ha la possibilità ovviamente di richiede una cura.
  Ricordo che in una condizione di allevamento domestico una piantina produce 200 grammi di marijuana essiccata. Tutto lo scarto può essere utilizzato per la creazione di hashish, per cui cinque piantine equivalgono esattamente a un chilo. Tutto questo, moltiplicato per le persone che vogliano intendere l'allevamento sul davanzale come piccolo spaccio o utilizzo personale, casomai scoppiasse la guerra, crea qualche criticità.
  La detenzione, la cura delle piantine, la cessione, la vendita, forse possono essere un problema. Nella misura in cui, secondo Lichtenberg, una persona ha una sostanza che la pone nella condizione di mantenere contenute le proprie emozioni, evidentemente ha difficoltà a far sì che attraverso l'induzione di crisi questa necessità possa essere portata fuori in maniera costruttiva e ricevere una cura.
  A questo punto del ragionamento, al di là delle teorie, che possono essere più o meno campate in aria, avere una lettura soggettiva, prima di entrare, presidente e onorevoli tutti, ho lasciato alla segreteria circa una decina di articoli, tutti in inglese. Sono delle rassegne sistematiche. Queste hanno a che vedere con la nostra Europa, quindi l'Italia, la Francia, la Spagna, ma anche il Regno Unito, nonostante la sua condizione attuale, gli Stati Uniti e il Canada.
  Ciascuna di queste ricerche sistematiche ha qualche decina, se non centinaio, una addirittura 143, di studi al proprio interno. Le rassegne sistematiche sono raccolte di pubblicazioni scientifiche i cui autori, la cui stesura, i cui strumenti adottati per la divulgazione di quei contenuti sono assolutamente nobili, con un vaglio quindi marcato.
  Queste ricerche sostengono un'altra cosa, e cioè che i cannabinoidi incidono soprattutto sulla costituzione del sistema nervoso centrale negli adolescenti. Il sistema nervoso centrale matura fino all'età di 25 anni. Il target che utilizza cannabinoidi è quello che va dai 14 ai 24 anni, leggasi il target direttamente interessato da un problema per il quale, da una parte, c'è il tentativo di andare contro un modello genitoriale e sociale, dall'altra c'è l'autodistruzione.
  Se pensiamo di poter ragionare in termini di cura della cannabis, è un conto. È un argomento assolutamente legittimo, direi addirittura onorevole in tutti i sensi, ma in Italia come farmaco – è stato menzionato anche prima – è stato legalizzato già nel 2013 per il trattamento ad esempio di alcuni elementi che hanno a che vedere con l'inturgidimento della muscolatura nell'ambito della sclerosi multipla, e quindi già cosa reale è.
  Se si volesse continuare a sperimentare, è giusto e doveroso poterlo fare. Se poi, come in questo caso possa essere un'azione legata al sintomo e non curativa, va bene uguale. Del resto, perché ci si dovrebbe stupire del fatto che la cannabis possa essere utilizzata anche in ambito medico, laddove questo già avviene per i derivati della coca e quelli dell'oppio? Credo che non debba esserci mistero alcuno o tabù di sorta.
  Altra cosa è ragionare in termini di elemento ricreazionale. Se sul divertimento altrui alla fine qualcuno lucra, è un problema. Se il buon padre di famiglia ha il diritto/dovere di preoccuparsi al massimo dei propri figli, perché questi possano avere un avvenire migliore, lo Stato in quanto pater familias ha il dovere, al pari di qualunque padre che popoli le nostre case, di pensare il meglio per i propri cittadini, ragione per la quale democraticamente esiste.
  Per me, ragionare in termini di liberalizzazione di cannabis credo sia rimandare a domani il problema che c'è già oggi. Questo determinerebbe, secondo le ricerche scientifiche di cui parlavo, un incremento assoluto dal punto di vista delle patologie psichiatriche. La cannabis slatentizza eventuali elementi legati alla schizofrenia, ma anche alla maniacalità, al disturbo bipolare. Li slatentizza e nello stesso tempo ne è catalizzatore.
  Inoltre, la cannabis non soltanto incide sull'elemento funzionale ben oltre l'effetto, e quindi anche permanendo mesi, talvolta anni, talvolta a vita, nel tempo, soprattutto sugli assuntori cronici. Soprattutto, però, modifica gli elementi fisici del nostro sistema nervoso.
  Credo che parlare di questi elementi, come la gravosità dal punto di vista del nostro sistema nervoso, che è quello che noi siamo – possiamo vivere benissimo senza una mano, è difficile invece che si sia noi stessi nel momento in cui non riusciamo più a connettere – sia importante. La spesa legata alla sanità andrà ad aumentare in virtù di ciò. Anche dal punto di vista dell'impatto sociale ci sarà un incremento. Sempre questi studi testimoniano che una persona che fa utilizzo di cannabinoidi è molto più propensa per strada ad avere degli incidenti, i cui esiti sono anche quelli più nefasti in assoluto.
  L'impennata sarà domani, non oggi. Oggi si può ragionare in termini di introito di cassa e di mancata spesa, ma domani con l'impennata dalla spesa sanitaria, in assoluto quella più ingente in Italia, e l'abbattimento sulla spesa pensionistica – nel momento in cui una persona sta male con la testa, naturalmente necessita di una pensione – avremo due problemi. Potrebbe esserci un terzo problema, l'abbattimento sulla tematica sociale.
  Per quanto, infatti, vi sia stata recentemente l'introduzione del reato per gli omicidi stradali, non occorre ragionare in termini di mandare le persone in galera, ma di come poter recuperare in maniera lecita le persone che hanno questo tipo di difficoltà – penso alla cura e al reinserimento socio-lavorativo – ma soprattutto di lavorare per la prevenzione perché il primo contatto possa non esservi.
  Concludo, presidente, con un'ultimissima piccola considerazione. Nel momento in cui si parla di cura, io credo che si debba essere chiari su cosa sia. La cura è, sempre secondo quanto postulato dall'OMS, il raggiungimento di una condizione di pieno benessere dal punto di vista della persona, psicologico, materiale, sociale e ambientale. È tutto ciò.
  Io credo che la cannabis, le droghe in genere, le dipendenze ancor più in genere, abbiano invece un problema purtroppo di grossa democraticità. Sono totalmente permeabili, permeano qualunque contesto socioculturale, economico. Nessuno fondamentalmente ne è esente, ed è questo il problema.
  Come pensare di affrontare questi aspetti, non facendo finta che il problema non esista, e quindi legalizzando l'uso ricreazionale spacciandolo a tutti gli effetti come elemento di cura? Questa è una cosa, come abbiamo detto, molto più nobile e che già esiste in Italia, che può essere potenziata benissimo all'indirizzo.
  Quando, però, si spacciano fischi per fiaschi, allora occorre dire che, se vogliamo veramente ragionare per una società migliore, dobbiamo pensare che fondamentali sono quelle relazioni di cui parlavo, madre-bambino fin dal loro esordio, fondamentale ragionare in termini di prevenzione fin dal principio della vita, magari persino prima, affinché quelle difficoltà possano essere quanto prima individuate e tanto prima si possa intervenire attraverso il sistema di cura.
  Davvero concludendo dico che, laddove c'è il problema dichiarato, è inutile mettere uno scudo davanti per far finta che questo non esista. Parliamo di cura, di psicoterapia, ragioniamo sulla possibilità di andare per davvero a convenzionare la psicoterapia con il sistema sanitario nazionale. È ancora una vergogna, infatti, che in Italia questo tipo di trattamento sanitario possa essere ricevuto esclusivamente dalle persone che economicamente se lo possono permettere, perché non è riconosciuto come spesa sanitaria.
  Vi ringrazio tanto per l'ascolto. Credo, presidente, di aver sforato coi tempi. Questo è stato il mio contributo.

  PATRIZIA SARACENO, vicepresidente del Centro italiano di solidarietà don Mario Picchi. Il CEIS è una libera associazione che ha fondato per la prima volta in Italia la prima comunità terapeutica proprio per tossicodipendenti, nel 1971.

  PRESIDENTE. A Roma.

  PATRIZIA SARACENO, vicepresidente del Centro italiano di solidarietà don Mario Picchi. Sì, esattamente, a Roma. Poi questo modello si è trasferito in tutte le parti d'Italia e anche nel mondo. È il modello proprio del Progetto uomo.
  Proprio nel pieno rispetto del ruolo che vede noi operatori del settore esprimere valutazioni basate sulla conoscenza di questi tipi di fenomeni da oltre 45 anni e vede la politica assumere decisioni in base alla composizione e valutazione di interessi a volte confliggenti, vorremmo fornire un contributo un po’ articolato come analisi basata su quello che evidenziamo giornalmente da circa 45 anni.
  La prima riflessione riguarda un uso a volte inappropriato di alcune parole, il che può risultare per alcune situazioni irrilevante, ma nel momento in cui serve a modificare profondamente il valore che attribuiamo a determinate condotte, è determinante.
  Ebbene, raramente osserviamo che la cannabis ha un uso ricreativo. Soprattutto nei giovani osserviamo un uso più che altro sperimentale, non ricreativo. In effetti, la droga assume un aspetto ponte. Essenzialmente, quando assunta in giovane età, verso i 14-18, come si diceva, la cannabis gioca un ruolo veramente importante verso la sperimentazione. L'uso a volte diventa automaticamente un discorso di dipendenza legata alle sostanze maggiori, eroina e cocaina.
  Poi esiste anche un uso compulsivo della cannabis per chi ha ormai sviluppato una dipendenza. Inoltre, c'è quello che noi definiamo uso sostitutivo, quando una persona non riesce a smettere di fare uso di sostanze e si limita al male minore, quindi a utilizzare soltanto la cannabis.
  Ovviamente, la cannabis, come tutte le droghe, è un sintomo di malessere individuale e sociale, una voglia, come precedentemente è stato argomentato dal dottor Massimo Canu, più che altro di allontanarsi dalla realtà. Noi, invece, sentiamo che la cosa più importante è quella di mettere al centro di tutta la situazione proprio l'uomo, la persona.
  La seconda riflessione riguarda un po’ l'incompatibilità che abbiamo riscontrato in questa proposta di legge in riferimento all'articolo 32 della Costituzione, che stabilisce che la Repubblica si deve occupare della tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantire quindi cure gratuite a tutti gli indigenti.
  Per stabilire che questa proposta di legge non è potenzialmente incostituzionale, dobbiamo cercare di eliminare ogni dubbio circa la capacità che la norma in questione possa mettere a rischio la salute dei cittadini, intendendo ovviamente il rischio come un pericolo di compromissione non soltanto fisico, ma anche mentale e sociale.
  Ci sono delle valutazioni per quello che riguarda la legalizzazione della cannabis anche dal punto di vista degli effetti della salute fisica e mentale di assuntori che provengono anche da situazioni in cui questa legalizzazione è stata praticamente approvata. Parliamo, in particolare, dello Stato del Colorado.
  All'inizio del 2014, lo Stato del Colorado decise di legalizzare l'uso della cannabis, ma siccome fu una decisione molto controversa il Governo decise di costituire un comitato formato da tredici esperti, che potesse monitorare tutto questo processo. Tra maggio 2014 e gennaio 2015, è stato pubblicato un rapporto finale, che rappresenta secondo noi la sintesi maggiormente esauriente degli studi compiuti a oggi sugli effetti della cannabis sotto vari aspetti. Ho lasciato agli atti un documento, perché non vorrei, considerando il tempo, dilungarmi su tutti gli elementi legati a questo studio.
  Ci preme comunque sintetizzare alcuni passaggi di questo rapporto abbastanza rilevanti. Esiste sicuramente un rischio, sia a breve sia a medio periodo, legato all'assunzione diretta della sostanza, poi a un periodo di medio-lungo periodo, legato più che altro a tipologie di patologie correlate. Il rischio maggiore è quello legato all'assunzione da parte dei giovani. Gli effetti sono veramente devastanti, da quello che è stato evidenziato. Esiste, infatti, una correlazione diretta tra l'uso della cannabis e lo sviluppo di patologie psichiatriche.
  Si facilita enormemente, inoltre, l'ingresso in dinamiche di dipendenza: come precedentemente considerato, l'uso della cannabis come effetto ponte. Le evidenze dimostrano, tra l'altro, una grande correlazione diretta tra l'uso della cannabis, le performance scolastiche, le abilità sociali e cognitive, e quindi il conseguimento anche di titoli scolastici. Cose evidenti, al di là dei rapporti presentati dal comitato nel Colorado, si evidenziano anche nel nostro Stato.
  La terza riflessione su cui vorremmo soffermarci riguarda le esperienze di legalizzazione in genere avvenute nel nostro Stato recentemente. Mi vorrei soffermare su quella legata all'ambito del gioco d'azzardo dopo che è stato legalizzato. La legalizzazione del gioco d'azzardo non ha assolutamente limitato il gioco d'azzardo illegale, né tanto meno abbiamo visto una diminuzione dei giocatori patologici. Si è verificato l'effetto esattamente contrario.
  C'è stata anche una trasformazione dei giocatori d'azzardo. Si è abbassata notevolmente in questi ultimi anni, specialmente dal 2011 a oggi, l'età media dei giocatori d'azzardo. C'è stato un grandissimo incremento, invece, rispetto al discorso delle fasce di età giovanili, che tra l'altro utilizzano in maniera molto più facile il gioco on line attraverso supporti tecnologici che non possono essere assolutamente controllati, situazione che facilita ulteriormente la dipendenza da gioco.
  In conclusione, possiamo dire che la maggior parte delle argomentazioni portate a difesa della legalizzazione della cannabis non tengono conto dell'impatto che tali sostanze hanno sulla popolazione, particolarmente quella più vulnerabile, gli adolescenti.
  Tali argomentazioni, inoltre, vengono espresse senza alcuna interpretazione dei dati, basati spesso soltanto sulla modalità di assunzione, sulla qualità delle sostanze, sugli effetti macro e micro economici, a volte del tutto fuorvianti.
  Dalla nostra posizione di osservatori del fenomeno dell'uso e dell'abuso di sostanze – ci possiamo considerare osservatori privilegiati, perché siamo strettamente a contatto con situazioni di questo tipo – abbiamo sviluppato la profonda convinzione che l'uso di cannabis rappresenti un forte fattore di rischio per lo sviluppo di dipendenza da sostanze e altri problemi psico-sociali.
  Tra questi, ovviamente – mi ripeto, ma è una costante, ed è una difficoltà che sta aumentando di anno in anno – ci sono il drop out scolastico, i disturbi psicopatologici o il manifestarsi di vere e proprie sindromi psichiatriche.
  La giustificazione che la legalizzazione di droghe leggere debba essere funzionale anche al riassetto economico e finanziario del nostro Paese o in parte di esso per sconfiggere la mafia, un po’ il discorso di sferrare un colpo mortale ai cartelli del narcotraffico, nasconde secondo noi una realtà ben diversa. C'è forse un'incapacità generale di pianificare e gestire qualsiasi politica di contrasto serio al fenomeno delle dipendenze, di promozione della cultura della sobrietà e della libertà e della responsabilità.
  Al di là delle considerazioni di merito delle proposte di legge, più che altro per noi è importante mettere al centro la persona, in quanto stiamo parlando di dipendenze e dipendenze da una situazione che è un grave problema sociale. L'assunzione della cannabis, come di tutte le droghe, è un sintomo di malessere. Questo non può non essere riconosciuto, non può non essere tenuto in considerazione. Se continuiamo a concentrarci esclusivamente sul sintomo, tralasciando la causa, continueremo ad avere un atteggiamento – scusatemi – secondo me molto miope rispetto alla problematica. Parlare ancora oggi di uso ricreativo della cannabis è come volerci ricondurre, anche con una certa tenerezza, agli spinelli degli anni Settanta, alle assemblee giovanili, alla lotta di classe, all'emancipazione e a tutto quello che riguarda un tempo trascorso.
  Oggi, purtroppo, il fenomeno non è questo. Siamo in una situazione in cui, ripeto forse dopo più di 45 anni, per noi sarebbe molto più importante porre sia i nostri sia gli sforzi di tutti nella direzione di utilizzare maggiori strumenti per la prevenzione in ambito nazionale, per la quale si spende solo il 5 per cento. Bisognerebbe affrontare in maniera molto più chiara prevenzione e la riabilitazione, che per noi nelle risultanze di tutti questi anni sono gli unici due approcci che hanno effettivamente dimostrato di funzionare nel contrasto delle dipendenze.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  MATTEO MANTERO. Vorrei porre alcune domande principalmente al professor Canu e agli incaricati dell'Ordine degli psicologi.
  Lei ci ha parlato di danni allo sviluppo del sistema nervoso centrale: quali sono questi danni? Ha dei riferimenti agli studi su questi danni? Esistono degli studi che possiamo eventualmente consultare?
  Vorrei fare un piccolo inciso. Trovo non del tutto corretto il parallelismo con la dipendenza da gioco d'azzardo, perché cambia molto. Per l'azzardo c'è stato un aumento indiscriminato e costante dell'offerta, accompagnato da una pubblicità asfissiante, che ha creato un vero e proprio bisogno indotto. Si è creata una voglia di giocare in chi non l'aveva prima, trasmettendo il messaggio che il gioco d'azzardo era la possibile soluzione ai propri problemi. C'è stato un aumento dell'offerta e un tentativo di far giocare più persone di quelle che giocavano prima. Di conseguenza, è ovviamente aumentato il numero dei giocatori, e quindi dei malati.
  Questo non avverrà con la cannabis, anche se verrà legalizzata, perché c'è il divieto della pubblicità della cannabis, esattamente come c'è per il tabacco, come c'è la volontà di una regolamentazione seria, non un aumento indiscriminato dell'offerta di droga. Secondo me, quindi, è scorretto questo parallelismo.
  Per quanto riguarda la dipendenza da THC, da derivati della cannabis, a quanto mi risulta, ma magari in maniera non del tutto corretta, il THC non dà dipendenza fisica. Sicuramente, danno più dipendenza fisica nicotina e caffeina. Il THC forse dà una dipendenza di tipo psichico, psicologico. Vorrei chiedere una conferma su questo.
  Inoltre, a vostro avviso il fatto che ci sia la legalizzazione, e quindi che venga tolta la proibizione all'uso, può essere o meno incentivo all'uso nei giovani? Ci sono meccanismi psicologici per cui il giovane ha voglia, come diceva la dottoressa, di sperimentare cose proibite. Se tolgo la proibizione, secondo voi sarà un incentivo a utilizzarla o un disincentivo?
  Ancora, avete dipinto un quadro abbastanza preoccupante relativamente alla slatentizzazione di patologie, a problemi di salute, a costi sanitari e così via. Questo è legato a un aumento dell'uso. Il professor Canu, se non ho capito male, ha considerato che la legalizzazione porterà a un aumento dell'uso.
  In realtà, nell'ultima audizione il CNR ci ha detto che i dati dimostrano che dove c'è una legalizzazione, in alcuni casi c'è un iniziale piccolo aumento dell'utilizzo, ma successivamente si ha un abbassamento del numero di persone che utilizzano i prodotti derivati dalla cannabis. In realtà, quindi, il mercato rimane esattamente lo stesso, non ci sono più persone che utilizzano quella sostanza, ma semplicemente viene drenato quel mercato dalla parte illegale alla parte legale.
  Di conseguenza, si vanno semplicemente a distogliere le risorse sprecate per combattere un mercato illegale con poca efficacia, che potrebbero essere utilizzate, come diceva giustamente la dottoressa, per la prevenzione e l'informazione, spiegando quali sono i danni da uso intensivo, soprattutto di cannabis.
  Dei dati ci dicono che non ci sarà un aumento dell'utilizzo: voi avete elementi per dire che, invece, ci sarà?

  DANIELE FARINA, relatore per la II Commissione. Ringrazio i nostri ospiti e pongo due o tre domande puntuali che aiutano noi per un perfezionamento di questo progetto di legge.
  La dottoressa Saraceno lamentava l'insufficienza di quel 5 per cento che destiniamo al Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga. Siccome questa lamentazione è arrivata anche da altre associazioni, faccio presente che il 5 per cento è un valore percentuale: dipende il 5 per cento di quale montante. Se il montante è quello del professor Canu, cioè tra i 6 e i 10 miliardi, parliamo di una cifra di un certo spessore da destinare annualmente al Fondo nazionale.
  La domanda, però, è: se questo 5 per cento non è sufficiente – stiamo parlando ovviamente di miliardi di euro, e quindi di decine o di centinaia di milioni di euro – quale sarebbe, a loro modo di vedere, una quantità necessaria o sufficiente da destinare al fondo nazionale? Ho rivolto questa domanda puntuale anche ad altri, quindi mi perito di rivolgerla ancora.
  Sul tema posto dal dottor Di Gioia e dalla dottoressa Piazza pongo questa controdeduzione. Noi abbiamo ormai la certezza, anche da queste audizioni, che in virtù delle modalità analitiche con cui vengono condotti i test al fine di appurare lo stato di alterazione psicofisica e il rapporto di inabilitazione uomo-macchina nella guida automobilistica, sostanzialmente stiamo sospendendo la patente ogni anno a migliaia di cittadini della Repubblica perfettamente in grado di guidare.
  Questo ci pone una sfida di perfezionamento dei metodi analitici, anche perché oggi il codice sarebbe tassativo, parlando di stato di alterazione e non più di effetto di sostanze stupefacenti. Eppure, la Cassazione ci avrebbe sostanzialmente inchiodato al muro parlando dell'attualità dello stato di alterazione.
  Io so che l'Ordine degli psicologi è coinvolto per quello che riguarda le patenti di categorie superiori per l'abuso di alcolici e di altre sostanze, ma vorrei un quadro più preciso, avendo chiarito che quello dell'articolo 187 del codice della strada è un tema, quello che c'è e quello che soprattutto non c'è in quell'articolo, a differenza dell'alcol, cioè una misura, arbitraria o meno. Tuttavia, il legislatore così ha scritto e vorrei un chiarimento su queste vicende.
  Rivolgo una domanda al dottor Canu, premesso che ovviamente qui nessuno spaccia né fischi, né fiaschi né tantomeno sostanze stupefacenti. Mi permetto una notazione umoristica: i quantitativi desunti di sostanza secca ottenibili da una pianta di cannabis mi sembrano largamente sovrastimati, altrimenti dallo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze avremmo altre portate e non quelle che attualmente si suppongono.
  Vorrei, però, capire come si concili la generale assunzione, questa sì, univoca della minor tossicità e pericolosità generale, due concetti diversi, ma che utilizzo assieme, della cannabis rispetto a sostanze lecite o a pratiche, alcol e tabacco in ordine inverso e del gioco d'azzardo prima citato. Come potremmo ragionevolmente far collimare un regime speciale di legalizzazione più restrittiva – questo è oggi il campo, la liberalizzazione non esiste per nessuna sostanza, e non esisterà – per quello che riguarda la cannabis, associata a una diversa e minore pericolosità?
  Pongo l'ultima domanda, e mi taccio, al dottor Giorni. Apprezzo, abbiamo apprezzato negli scorsi anni lo sforzo tumultuoso di molte assemblee regionali di arrivare a una normazione della cannabis terapeutica, tra l'altro con difformità notevoli di legislazione.
  Tuttavia, mi permetto di osservare che lo sforzo che cerchiamo di compiere è di uniformare questa legislazione anche a fronte del fatto che siamo, almeno io come co-relatore di questo provvedimento, sono continuamente assalito da lettere, missive, che lamentano in tutte le regioni dove le leggi regionali esistono una straordinaria difficoltà di accesso ai farmaci.
  Chiedo al dottor Giorni dove si crea questo meccanismo, per cui una legge fatta con una certa finalità nei fatti ha evidenti e numericamente statisticamente rilevate strozzature.

  MARIA AMATO. Io ho una domanda per il dottor Giorni.
  Ci sono arrivate delle sollecitazioni da parte di chi si occupa di terapia del dolore a fare e a fare presto, perché le leggi regionali in molte regioni non sono adeguate alla domanda. Ovviamente, normare l'uso terapeutico della cannabis impone una tabella di patologie per cui c'è l'appropriatezza all'uso.
  Lei ha ventilato la possibilità, il rischio che l'uso terapeutico possa avere anche degli abusi nelle prescrizioni, cioè che possa essere utilizzata la cannabis per patologie che non rispondono, o addirittura che la sua prescrizione per uso terapeutico possa ritardare una terapia tradizionale, di cui il paziente si può avvalere per la cura. Secondo lei, non è sufficiente anzitutto la capacità dei medici a prescrivere e, soprattutto, la normativa già esistente per l'uso off label dei farmaci?
  Dottor Di Gioia, un altro osservatorio per dirci cosa che già non ci abbia detto l'Osservatorio per le dipendenze, quello che viene dalla esperienza dei SerT, quello che viene dagli studi e dalle osservazioni per esempio dell'esperienza nel Colorado? Un osservatorio per fare cosa?
  Al professor Canu chiederei anch'io una bibliografia, un riferimento soprattutto ai danni sullo sviluppo del sistema nervoso, sul diverso metabolismo della sostanza nell'adolescente, nell'uomo e nella donna. Non dimentichiamo che ormai è acclarato che il farmaco ha un diverso metabolismo, un diverso assorbimento, una diversa efficaci, negli uomini e nelle donne.
  Dottoressa Saraceno, nella vostra esperienza, come nell'esperienza di chi si occupa di sostanze, di dipendenza, qual è la correlazione e la diversità del danno tra l'uso della cannabis, l'uso dell'alcol e l'uso del fumo? Per l'alcol e il fumo abbiamo il danno oncogenico, la formazione tumorale; per l'alcol abbiamo le morti da abuso. Per la cannabis, quali sono, in correlazione a queste altre due sostanze, gli effetti sulla salute che impongono più prudenza che per l'alcol e per il fumo?

  VITTORIO FERRARESI. Posto che è stato detto che il costo sanitario dopo la legalizzazione della cannabis aumenterebbe per tutta la collettività, mi si deve spiegare perché. L'unica ipotesi che abbiamo di legalizzazione, e cito il Colorado per dirne una, visto che è stato richiamato, ha visto in questi anni una diminuzione del costo sanitario, del numero di incidenti stradali e, addirittura, della criminalità. Visti questi esempi, come si fa a dire che il costo sanitario aumenterebbe in Italia? Su quali basi rispetto ai dati che ci arrivano da altri Stati?
  È stato dimostrato da studi statistici provati e pubblicati qualche settimana fa che dove c'è repressione c'è un aumento, soprattutto nei giovani, di utilizzo di queste sostanze. Dove, invece, c'è legalizzazione, c'è una diminuzione, dopo un piccolo aumento immediato, dell'utilizzo di queste sostanze: come si fa a dire che ci sarà un aumento di queste sostanze? Su che base? Su quali dati in Italia, visto che non ci sono studi, ma ci sono studi che dimostrano che con leggi repressive il consumo aumenta, con la legalizzazione il consumo diminuisce?
  Come si fa a dire che ci sono gravi incidenti che portano alla morte per l'utilizzo di cannabis, quando non è accertato alcun incidente stradale per mero e solo utilizzo di cannabis in Italia? Non c'è uno dato certo che ci dica che in Italia è stato commesso un incidente grave e c'è stata una morte da utilizzo esclusivo di cannabis. I dati sono mischiati con quelli di alcol o altre droghe pesanti. Vorrei capire, quindi, su che dati si dice questa cosa, visto che non esistono.
  Non c'è un dato solo che ci dica che si può morire di cannabis. È una sostanza con una tossicità notevolmente più bassa. Dati addirittura di parecchi anni fa ci dicono che non è letale, ma ha una tossicità molto più bassa di quella di tabacco e alcol.
  Visto che è certificato che il fumo provoca il cancro, anche senza l'abuso, che l'alcol può provocare la morte, secondo voi, visti i danni da psicosi e nevrosi che può causare la cannabis – esistono studi non italiani esclusivamente sui minorenni che non vengono toccati direttamente dalla proposta, ma solo indirettamente – secondo voi sarebbe necessario prevedere un proibizionismo di alcol e tabacco, molto più letali e che portano alla morte? In effetti, ci sono accertati incidenti, aumento della spesa sanitaria e morti per queste due sostanze. La vostra proposta è vietare l'utilizzo di tabacco e alcol?

  GIUDITTA PINI. Rifacendomi a quanto diceva l'onorevole Ferraresi e prendendo spunto dalla memoria che ci è stata consegnata dal CEIS, sono andata a guardare il sito dell'Health Department of Colorado, dove si vede che è stato anche registrato un calo dell'utilizzo della marijuana, soprattutto negli adolescenti.
  Pare che gli episodi psicotici legati direttamente o in via presunta all'utilizzo della marijuana siano stati registrati, specialmente in questi studi che spesso si citano, in minori, ma questa proposta di legge in realtà proibisce l'accesso e il consumo della sostanza ai minori. Secondo un'indagine ISTAT presentata l'anno scorso, il 4 per cento dei nati in Italia presenta patologie riconducibili alla sindrome feto-alcolica e il 2,7 per cento dei bambini di 11 anni beve ogni giorno almeno un bicchiere di alcol, e quindi che esiste un problema comunque nel nostro Paese di utilizzo e di accesso alle sostanze forse per mancata conoscenza forse della pericolosità della sostanza, e penso alle donne in gravidanza e non solo.
  In realtà, gli episodi psicotici sono spesso riconducibili a tipi di sostanze non controllate. Ovviamente, gli spacciatori tendono a fidelizzare il cliente – dal loro punto di vista, sono dei commercianti – per cui tagliano e vendono sostanze anche modificate, che creano appunto sindromi psicotiche.
  Per tutti questi motivi, e anche visti i dati, anche del Colorado, di calo nel consumo, specie negli adolescenti, una volta regolamentati sia la sostanza sia il suo uso, non sarebbe forse meglio coi dati che abbiamo oggi in Italia la regolamentazione da parte dello Stato della sostanza e dell'accesso alla sostanza? Ovviamente, bisognerebbe cercare di tutelare e informare nelle scuole, i ragazzi, ma non solo loro, sull'utilizzo in generale delle sostanze.
  L'EMCDDA (European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction), il centro europeo per il monitoraggio delle droghe, ci dice che ci sono 20-30.000 morti all'anno per l'abuso di alcol, ma non esistono tracce di morte o decessi per l'abuso di cannabis. Sappiamo, quindi, che esiste un uso, un abuso della sostanza, ma tutto questo non è per niente regolato da parte dello Stato.
  In questo contesto molto complicato, ora totalmente in mano alla criminalità organizzata, non è meglio che ci sia uno sguardo da parte dello Stato?

  PRESIDENTE. Vorrei aggiungere una domanda e una considerazione. Partirò quest'ultima.
  Siamo all'ultimo ciclo di audizioni su questo tema. Ancora oggi, abbiamo ricevuto dei messaggi e una documentazione non completamente convergente su vari aspetti sensibili di questa materia. Nel corso delle audizioni, abbiamo avuto chi ha fatto riferimento al discorso del Colorado, a questo aumento iniziale e poi al calo successivo, al fatto che la legge riguarda i maggiorenni.
  Qui, invece, è emersa una forte preoccupazione rispetto ai minorenni, a danni possibili di alterazioni del tessuto e così via. Abbiamo necessità, quindi, di studi quanto più possibile accurati su questo elemento. Il danno legato alla dipendenza è di un tipo, quello legato ad alterazioni del sistema nervoso centrale o a possibili sviluppi di patologie successive non mortali è pur sempre un danno. Abbiamo necessità di scremare nelle audizioni, nei materiali che ci sono stati lasciati, e quindi anche nei vostri – potete farci arrivare studi e documentazioni su questo – quanto più materiale certo o fortemente documentato possibile.
  Personalmente, mi limiterei al problema della cannabis terapeutica. Al termine di tutte le nostre audizioni, non mi è chiaro ancora l'elenco preciso della tabella di patologie per cui è certificato un effetto positivo della cannabis. Per ora, a me è arrivato solo con certezza quello di effetti positivi per alcune sindromi dolorose legate a contrazioni nervose nel caso di una parte dei malati di sclerosi multipla, per cui sembra che altre medicine non facciano lo stesso effetto positivo.
  Sono stati qui citati quattro o cinque casi – ho letto il professor Garattini, che parla di altri due tipi di patologie – ma finora non ho la percezione di quali siano le patologie per cui l'uso della cannabis è migliore, in maniera certificata, rispetto all'utilizzo di altre sostanze. Questa è la prima domanda: tabella di patologie e studi certi, anche per capire la platea.
  Parliamo di malattie per fortuna ancora rare o di patologie comuni per le quali la cannabis ha effetti migliori di medicine già consolidate? Cambia di molto la platea. Finora, però, per quello che ho capito, siamo nei termini di numeri legati a quella che si potrebbe ancora definire una patologia rara.
  Relativamente al principio cannabis che c'è nella piantina, c'è una certa convergenza sul fatto che la produzione legale dal punto di vista terapeutico debba avvenire in ambiente controllato. Mi sembra che su questo le audizioni convergano, quindi indoor, non autoproduzione. C'è una certa convergenza, perché può cambiare di molto il tipo di qualità della materia stessa.
  Suppongo che, come in tutti i princìpi vegetali, ci sia più di una sostanza dentro un'unica pianta. Chiedo allora se vi siano studi sufficienti sugli altri princìpi contenuti nella medesima pianta e sulle differenti patologie che si potrebbero curare, ovvero su possibili effetti collaterali che potrebbero essere legati all'utilizzo del principio attivo dalla pianta.
  Peraltro, credo che ci sia anche la possibilità di riprodurre il principio attivo in maniera sintetica, analogamente a come si fa in altri farmaci. Quel caso ci semplificherebbe il lavoro, perché potremmo anche considerare il fatto di perseguire una trafila normale, come è stato fatto nel caso del farmaco che si importa dall'estero, per arrivare alla produzione di una quantità sufficiente e a un prezzo accessibile alla platea reale per quel farmaco. Queste sono le domande legate all'aspetto terapeutico. Dovendo prendere delle decisioni, ci è molto utile.
  Do la parola ai nostri ospiti per un giro di risposte sintetico. Se vedete che un altro ha già risposto a un aspetto, potete limitarvi alla vostra aggiunta. Riprendiamo, come abbiamo iniziato, dal rappresentante della Conferenze delle regioni.

  LOREDANO GIORNI, dirigente responsabile del settore politiche del farmaco, innovazione e appropriatezza della regione Piemonte. Alcune domande sono molto simili, ad esempio sulla ragione del «fallimento» delle normative regionali circa l'accesso a scopo terapeutico delle terapie a base di cannabis.
  La situazione è abbastanza variegata. In Puglia e in Toscana ci sono consumi pro capite abbastanza più elevati rispetto ad altri, che sono abbastanza bassi. Le difficoltà incontrate sono di due tipi. Anzitutto, e così rispondo anche al presidente quando parla della tabella certificata sulle indicazioni terapeutiche, è una bestialità parlare di indicazioni terapeutiche, delle quali si parla per un farmaco attualmente registrato e autorizzato per l'immissione in commercio. Qui si parla di una sostanza vegetale, prodotto magistrale, e non si può parlare di indicazioni terapeutiche, ma di ambiti d'uso, laddove la letteratura scientifica si è espressa.
  La letteratura scientifica su questo, come ho detto all'inizio, è molta controversa, non c'è univocità di intenti e di convenzioni. Quanto al discorso del decreto del Ministero della salute del novembre-dicembre 2015, dove elenca tre o quattro patologie e in fondo riporta della letteratura scientifica, si parla di ambiti terapeutici su cui si possa utilizzare il farmaco, ma indicazioni precise non ce ne sono.
  Chiaramente, questo ha portato a una diffidenza da parte dei medici all'utilizzo del prodotto, per cui c'è questa difficoltà. Secondo me, questo è il punto principale. C'è poca cultura nei medici. Quasi tutte le leggi regionali riportano una parte che dice che la giunta regionale o altro organo preposto deve fare formazione e informazione nella classe medica per portare una certa cultura, ma anche nei confronti del cittadino. Questo è il primo aspetto, la mancanza di cultura e la mancanza di sicurezza e di univocità per quanto riguarda il prodotto.
  L'altro aspetto è legato anche al fenomeno importativo. Non è il caso di allarmarsi, ma è chiaro che le quantità per ogni Paese che producono sostanze stupefacenti sono certificate dall'OMS, documentate e quantificate in maniera precisa, e si rischiava, forse ora non più, di andare in default, perché dall'Olanda non ci mandavano più il prodotto. C'è stato anche un periodo di carenza di prodotto. In ogni caso, l'importazione dall'estero e le procedure di importazione da parte delle strutture pubbliche sono abbastanza complesse e costose, sia come principio attivo, sia come meccanismo di importazione, e di fatto non facilitano la diffusione dell'uso della cannabis.
  Vorrei essere chiaro sull'uso inappropriato. La nostra convinzione è che, dal momento che c'è l'autoproduzione, non c'è un filtro sull'accesso al prodotto, un filtro selezionato da un medico. Se si parla di terapeutico, è un medico a stabilirlo. Come diceva il presidente, nel decreto ci sono quattro indicazioni, se si cerca su Internet, se ne trovano 4.000 di indicazioni per cui può essere utilizzato il prodotto. Tra un prodotto per uso ricreativo e uno per uso terapeutico, laddove le indicazioni possono essere due, tre o quattro, certificate, come abbiamo precisato, o 4.000, capite bene quale sia rischio.
  Il rischio è ritardare una terapia per un paziente che ha una patologia e una terapia certificata: in una certa percentuale, comunque riesce a guarire, ma benché non voglia ricordare la storia di Di Bella di 15-20 anni fa, rendiamoci conto di che cosa possa comportare solo in ambito sanitario. Questo è l'uso off label. Utilizziamo la legge Di Bella per l'uso off label. Attualmente, è utilizzata e valida, andrebbe perfezionata probabilmente riportata a questa specificità.
  Il discorso, però, non è tanto l'uso off label che ci vincola, ma la mancata formazione e informazione della classe medica su questi aspetti. Credo che il fenomeno per cui la cannabis sarebbe il rimedio universale, che fa bene per tutto a tutti, mentre c'è chi dice che non fa bene a nessuno per niente, sconcerti la classe medica e lo renda elemento non sufficiente allo sviluppo della cannabis per uso terapeutico.
  In alcuni casi, si dice che probabilmente le regioni al fine di risparmi economici negano o non concedono quanto richiesto: capite bene che anche in questo caso l'attenzione sull'uso appropriato delle risorse è essenziale, sull'uso dei rimedi farmacologici, clinici e simili è indispensabile. In questo settore richiede ancora maggiore attenzione, perché si parla di un uso ricreativo di contro a un uso terapeutico. Non è, però, un problema di costo. Se lo fosse stato, quella regione non avrebbe fatto una legge per quello. Quando si dice che il problema è di carattere economico, secondo me non risponde a verità.

  ANTONIO DI GIOIA, componente del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi. Le domande sono tante. Cercherò di essere sintetico, per quanto mi sarà possibile. È sicuramente un discorso che merita molta attenzione. Dovremmo parlare non solo di cannabis. Lo scenario è mutabile, e velocemente muta il fenomeno delle dipendenze, se la cannabis può essere oggetto di dipendenza con questa legge.
  Stiamo vedendo a livello sociale un cambiamento repentino di quello che accade rispetto alle dipendenze, non solo da sostanze psicotrope. Sono state citate anche nuove dipendenze, come il gioco d'azzardo, con particolare attenzione soprattutto ai giovani, ai minori, che ci devono far riflettere su quello che sta accadendo nel rapporto con gli adulti e su quanto noi adulti siamo in grado di costruire dei legami sani di dipendenza, affinché non si dia spazio perché si creino altre dipendenze.
  Come ho detto anche in premessa, l'Ordine degli psicologi non si sta esprimendo sul contro o a favore di una normativa, che chiaramente non ha al momento gli elementi per ipotizzare che cosa accadrà come scenario successivo. Si chiede la possibilità di verificare quello che può essere, con l'approvazione di una legge, attraverso un osservatorio diverso rispetto all'attuale osservazione dei fenomeni sociali con le dipendenze sottoposte a regime proibizionistico, dunque non libere come sarebbe con la coltivazione, con la possibilità di un uso ricreativo anche personale. È, quindi, una richiesta per ipotizzare anche dei percorsi riabilitativi, come dicevo, diversi rispetto a quelli di oggi, se ciò crea comunque abuso o dipendenza.
  Allo stesso modo, in relazione alle procedure per le patenti, attualmente si viene fermati solo quando si riscontra che si è sotto effetto di sostanze, o se le si possiede. C'è comunque un iter che porta a un rilascio di certificazione per condurre autoveicoli. Nel caso in cui, così come nella proposta di legge è previsto, si dichiara di essere coltivatori per uso personale di THC, perché non essere fermati prima? Perché non utilizzare una procedura preventiva, come diceva la collega Sara Piazza, campagne di prevenzione, formazione e informazione, affinché, anche alla luce di quello che è accaduto nelle altre esperienze citate qui, possa non diventare un fenomeno, con l'approvazione di una legge simile, che nuoccia e aumenti il tasso di dipendenza.

  PRESIDENTE. C'era la domanda sul perché di un nuovo osservatorio.

  ANTONIO DI GIOIA, componente del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi. Penso a un osservatorio che possa valutare che cosa accade con la liberalizzazione. Oggi chi deve assumere sostanze di questo tipo lo fa in maniera illegale. Se, invece, non accade più in maniera illegale, ma in maniera ricreativa, che cosa può accadere e come si può monitorare un uso che non diventi un abuso e una dipendenza?

  PRESIDENTE. La domanda era, esistendo già un osservatorio, se quello possa operare in tal senso o ne vada creato uno nuovo.

  ANTONIO DI GIOIA, componente del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi. No, va bene anche così. Non ricordo se gli psicologi siano inseriti all'interno dall'osservatorio. Parlo di un osservatorio a livello nazionale, diverso dal dipartimento.

  MASSIMO CANU, professore di psicologia generale presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza». A proposito di Dipartimento politiche antidroga, in risposta alle domande che mi sono state poste, tante, cercherò anch'io di essere sintetico e spero anche puntuale. Il Dipartimento politiche antidroga aveva una consulta di esperti in materia di tossicodipendenza, venuta meno a novembre 2011, mai più nominata. Di fatto, quindi, manca un vero e proprio dibattito degli esperti, delle associazioni, del mondo cooperativistico, delle strutture pubbliche, che si occupano del problema tossicodipendenza.
  A oggi, questo dipartimento non ha ancora presentato la relazione 2016 al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenza in Italia. I dati della relazione dell'Osservatorio europeo sulle dipendenze e tossicodipendenze di Lisbona – faccio parte del consiglio di amministrazione in qualità di vicario – sono, in realtà, quelli dell'Italia, del 2014, anno solare. Questo significa che l'Italia, sotto il profilo della stima del consumo di sostanze stupefacenti, è assai deficitaria. Questo è un dato oggettivo.
  Non sarà colpa di nessuno, ma nel momento in cui l'organico di questo dipartimento è costituito da quattro persone e il facente funzioni, in condizioni di prorogatio, sta lì da semplice funzionario oramai da anni, forse si può capire anche quale possa essere la responsabilità di uno Stato in relazione a un'osservazione sistemica che si dovrebbe attuare rispetto al fenomeno dipendenze.
  Ragionando sempre di tossicodipendenze, un po’ sono stato confuso, ma evidentemente è mia responsabilità, dagli interventi che sono stati fatti. A me era parso che lo spirito delle proposte di legge oggi in discussione volesse essere per una cannabis a uso curativo. Dalle osservazioni e domande legittimissime che sono state poste dagli onorevoli deputati, mi è sembrato che invece propendessero verso l'aspetto ricreazionale, da cui il primo dubbio che mi si è venuto a creare.
  Ribadisco, infatti, che dal punto di vista curativo credo che ci sia poco da dire. Devo essermi espresso forse poco chiaramente prima, ma credo che in Italia la cannabis, per gli aspetti legati, come diceva il presidente, alle contrazioni muscolari nella sclerosi multipla, venga adottata dal marzo 2013. Viene anche adottata, in maniera differente, per le persone con diagnosi di SLA.
  La cosa a cui mi riferivo prima, non citandola per questioni temporali, era anche la possibilità di foraggiare quanto più possibile la ricerca sugli effetti curativi della cannabis all'interno del panorama scientifico, quindi in medicina. Esistono degli studi, che dovranno essere forse convalidati, ma dal punto di vista internazionale parrebbe che gli effetti della cannabis possano essere non palliativi, bensì curativi di alcuni tumori. Evidentemente, è da approfondire.
  Senza tabù alcuno, nel momento in cui si parla di cura, la laicità è piena. Nel momento in cui si parla di aspetti ricreazionali, allora mi viene in mente – onorevole, non volevo essere irrispettoso nei confronti di chicchessia, e ancor più nei vostri, che siete nostri rappresentanti – il vestito buono della domenica di una persona che di solito si regola diversamente.
  Non significa che sia meno nobile, ma se vogliamo essere psicologi possiamo dire che tutte le persone, ciascuno di noi, a partire da chi parla, ha i propri ambiti di difficoltà personale, nessuno ne è esente. Ciascuno di noi reagisce alle proprie difficoltà in maniera soggettiva in riferimento a quello che dovrebbe essere l'adattamento all'ambiente che vive, alle circostanze per come possono essere mutevoli.
  Le persone con problemi di dipendenza hanno una difficoltà, abitualmente, a sentire le loro emozioni, a riconoscerle, a dominarle. L'agito – io faccio prima di pensare – diventa più o meno la costante. Questo, ovviamente, fa sì che ci possa essere una serie di effetti a catena, effetti domino nella vita di queste persone. Magari lavorano come matti e poi basta un nonnulla per mandare all'aria il prodotto di un'immane lavoro.
  Se questo è il problema – ciascuno di noi sta male e bisogna vedere semplicemente come trovare delle modalità quanto più adattive nella vita esterna – credo che uno Stato attento e sensibile, un buon padre di famiglia sotto forme trasposte, possa e debba creare dei contesti in cui le persone tutte possono essere aiutate e supportate nel loro percorso di crescita. Demandare soltanto alla funzione genitoriale, come se i genitori fossero onnipotenti e non anche loro, come me, persone con difficoltà, ovviamente si rimanda la risoluzione del problema al paradosso di Watzlawick: la risoluzione del problema passa per la perpetuazione del problema, cosa che non può essere.
  Per far sì che questo paradosso possa non riscontrarsi in vita, abbiamo necessità di interrompere, di mettere un punto. Come? Evidentemente, attraverso un'azione meta-: una meta-lettura, la capacità dell'altro di poter essere quanto più consapevole delle proprie emozioni, e dunque delle proprie azioni e delle proprie scelte. Se ragioniamo in questi termini, cari onorevoli, usciamo dal discorso della cannabis per uso ricreativo, usciamo dal gioco d'azzardo, che pure è lecito, dall'utilizzo dell'alcol e del tabacco, che pure sono leciti.
  Per quanto lo siano, tuttavia, sappiamo tutti che di alcol si muore, come avete detto e ribadito e io condivido; lo stesso vale per il fumo; per quanto riguarda la cannabis, ricordiamoci che per l'uso ricreazionale, stiamo parlando di cannabis fumata. Anche questi tavoli sanno che il fumo, come è stato detto, nuoce gravemente alla salute, il fumo cagiona morte.
  Se lo strumento attraverso cui ci si volesse divertire è strumento di morte, forse è un problema. Forse, per l'abito della domenica, magari facciamoci una doccia. Andiamo a capire come interviene la cannabis. La cannabis determina, come il gioco d'azzardo, la sessualità e lo shopping compulsivi, le dipendenze da Internet o quanti altri elementi compulsivi, il rilascio della dopamina, quel neurotrasmettitore che ci fa stare bene.
  Perché è un problema affrontare le dipendenze dal punto di vista sistemico? Perché ci si scontra talvolta con verità bidimensionali, a volte magari con dei dogmatismi. Altre volte ancora, però, bisognerebbe dire, sempre in tutta laicità, che in linea di massima l'effetto delle sostanze è piacevole, ragione per cui le persone utilizzano sostanze, al di là di come le chiamiamo, sviluppano un determinato comportamento, fanno una determinata cosa. È piacevole.
  Il punto è: è possibile che questa piacevolezza di cui si va alla ricerca possa essere compensatoria rispetto a un livello di malessere che, invece, popola quella persona? Se fosse così, non c'è più la cannabis ricreativa, non c'è più eroina, cocaina, gioco d'azzardo e così via. Allora, occupiamoci delle persone. Come? Attraverso un sostegno psicologico. È assurdo che ci sia il pediatra, da una parte, e dall'altra non ci possa essere per esempio uno psicologo che accompagni verso la crescita.

  PRESIDENTE. Ha ancora trenta secondi.

  MASSIMO CANU, professore di psicologia generale presso l'Università degli studi di Roma «La Sapienza». Per quanto riguarda un'altra domanda, nella proposta di legge si parla del 5 per cento rispetto all'introito che si determinerebbe attraverso la legalizzazione della cannabis. Il 5 per cento significa che il 95 per cento fa credito, il 5 viene fintamente investito per salvare le persone.
  Io credo che il 5 per cento, fosse anche il 100 per cento, sarebbe un'azione assolutamente poco considerevole.

  PATRIZIA SARACENO, vicepresidente del Centro italiano di solidarietà don Mario Picchi. Rispondo in merito alle evidenze portate rispetto all'Osservatorio del Colorado.
  Ci si è focalizzati semplicemente sul discorso che il numero degli assuntori diminuisce, ma non è questo il punto, che nessuno mette ovviamente in discussione. Molto probabilmente, bisognerà prendere in considerazione tutta la relazione in base al discorso che è stato fatto sull'Osservatorio del Colorado.
  La relazione parla anche di tutela. Noi ci dobbiamo preoccupare della tutela della salute dei nostri cittadini. Questo è il problema riferito a questa legge. Non possiamo far passare automaticamente tutto quello che è liberale in un ambito in cui diventa legale, per normarlo senza considerare l'aspetto della salute. In quest'Osservatorio si evidenziano in maniera chiara, oltre al fatto che sono diminuiti o sono rimasti tali gli assuntori di cannabis, gli effetti di evidenza scientifica relativi ai danni alla salute, e anche quelli devono essere presi in considerazione. Quando si parla di elementi e di dati, bisogna prenderli a 360 gradi, non soltanto l'elemento che per noi può essere ritenuto valido per l'obiettivo che vogliamo raggiungere, se vogliamo salvaguardare il diritto alla salute di tutti i cittadini.
  Per quanto riguarda la correlazione tabacco, alcol e cannabis, sempre riferendoci ai fenomeni osservati da questo Osservatorio, ripeto l'unico che si è preoccupato di questo tipo di indagini, risultano evidenti le formazioni di carcinomi simili a quelli da effetti del tabacco, le bronchiti croniche, le lesioni pre-cancerogene alle vie respiratorie. Come si diceva precedentemente, la cannabis normalmente viene fumata, quindi gli effetti orientativamente sono gli stessi.
  Altra cosa importante è che non ci siamo focalizzati solo sull'aspetto degli adolescenti. Nel momento in cui un adulto è autorizzato a fumare cannabis, questo non significa che automaticamente un adolescente non si senta maggiormente autorizzato a fumarla. La legalizzazione per un adulto automaticamente ricade anche sulle scelte di un comportamento adolescenziale.
  Quanto all'uso della cannabis durante la gravidanza e l'allattamento al seno, come si fa a normare una situazione del genere nel momento in cui tutto viene legalizzato? Chi dice quello che si può o non si può fare? Scusatemi, ma secondo me questi sono tutti dati che vanno normati. Non perché un comportamento è liberale automaticamente deve essere consentito, se questo è dannoso.
  Diversamente, di questo passo si potrebbero normare e legalizzare tutti quei comportamenti che vediamo tutti i giorni di abusivismo, di prostituzione. È normale, la vediamo in giro, allora legalizziamo e tutto fa bene alla salute, a un discorso valoriale. Quale esempio diamo ai nostri adolescenti?
  Il confronto continuo che abbiamo con le scuole, con gli istituti, evidenzia la carenza totale di valori. È vero che c'è un'incentivazione del gioco d'azzardo, praticamente pubblicizzato, ma nel momento in cui consento l'utilizzo della cannabis – ripeto che per la maggior parte l'uso di cannabis avviene tra i 14 e i 25 anni – automaticamente creo una forma di pubblicità.
  Quanto all'uso della cannabis che non fa male o che non crea incidentalità stradale, nella mia esperienza non ho mai conosciuto persone che fanno uso di cannabis e basta. L'uso di cannabis è spesso correlato all'uso di alcol, ad altri tipi di stili di vita dannosi.

  PRESIDENTE. La ringrazio e ringrazio tutti gli auditi, a cui auguro buon lavoro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.20.