XVII Legislatura

Commissioni Riunite (II e VI)

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 3 di Mercoledì 29 marzo 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA (UE) 2015/849 RELATIVA ALLA PREVENZIONE DELL'USO DEL SISTEMA FINANZIARIO A SCOPO DI RICICLAGGIO DEI PROVENTI DI ATTIVITÀ CRIMINOSE E DI FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO E RECANTE MODIFICA DELLE DIRETTIVE 2005/60/CE E 2006/70/CE E ATTUAZIONE DEL REGOLAMENTO (UE) N. 2015/847 RIGUARDANTE I DATI INFORMATIVI CHE ACCOMPAGNANO I TRASFERIMENTI DI FONDI E CHE ABROGA IL REGOLAMENTO (CE) N. 1781/2006 (ATTO N. 389)

Audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 3 
Mandoi Francesco , Sostituto Procuratore nazionale ... 6 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 6 
Mandoi Francesco , Sostituto Procuratore nazionale ... 6 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 6 
Mandoi Francesco , Sostituto Procuratore nazionale ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Boccadutri Sergio (PD)  ... 7 
Mandoi Francesco , Sostituto Procuratore nazionale ... 7 
Pesco Daniele (M5S)  ... 8 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 8 
Mattiello Davide (PD)  ... 8 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 8 
Vazio Franco (PD)  ... 9 
Piepoli Gaetano (DeS-CD)  ... 9 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 9 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 9 
Vazio Franco (PD)  ... 10 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 10 
Mandoi Francesco , Sostituto procuratore nazionale ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 

Audizione del Direttore della Direzione investigativa antimafia, generale Nunzio Antonio Ferla:
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Ferla Nunzio Antonio , Direttore della Direzione investigativa antimafia ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 17 
Ferla Nunzio Antonio , Direttore della Direzione investigativa antimafia ... 17 
Ferranti Donatella , Presidente ... 17 
Ferla Nunzio Antonio , Direttore della Direzione investigativa antimafia ... 17 
Ferranti Donatella , Presidente ... 17 

Allegato 1: Documentazione depositata dal Procuratore Franco Roberti ... 18 

Allegato 2: Documentazione depositata dal generale Nunzio Antonio Ferla ... 44

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Civici e Innovatori: (CI);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-UDC: Misto-UDC;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DELLA II COMMISSIONE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva in differita sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e recante modifica delle direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE e attuazione del regolamento (UE) n. 2015/847 riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006 (atto n. 389), l'audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, che è accompagnato dal Sostituto Procuratore nazionale Francesco Mandoi.
  Do la parola al dottor Roberti.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Grazie, presidente, buongiorno a tutti. Noi abbiamo portato e messo in distribuzione una nostra relazione, che è focalizzata sul tema dei rapporti tra la Procura nazionale antimafia e antiterrorismo e gli altri organismi coinvolti nell'azione antiriciclaggio, in particolare per quanto riguarda alcune modifiche che proponiamo di apportare allo schema di decreto, tenendo presente che il decreto attualmente all'esame delle Commissioni è il prodotto di un lungo e vorrei dire anche appassionato lavoro svoltosi presso il Ministero dell'economia e delle finanze con il contributo della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.
  Il collega Mandoi è qui perché, quale componente del Comitato di sicurezza finanziaria, ha partecipato attivamente e fattivamente alla elaborazione del testo, quindi la nostra valutazione complessiva del testo del decreto legislativo è assolutamente positiva, poiché reca anche il contributo di quasi tutte le nostre proposte, che sono state recepite.
  Oggi veniamo a illustrarvi alcune ulteriori proposte di modifica che, a nostro giudizio, potrebbero servire a migliorare ancora di più il sistema, valorizzando anche il rapporto fra la Direzione nazionale antimafia, da un lato l'Unità di informazione finanziaria (UIF) dall'altro e le forze di polizia in campo, quindi Guardia di Finanza e Direzione investigativa antimafia a beneficio anche il ruolo dell'autorità giudiziaria e delle Procure.
  Nella nostra relazione teniamo a evidenziare quella che è stata finora l'azione della Direzione nazionale nel contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, con particolare riguardo al sistema di elaborazione delle segnalazioni di operazioni sospette.
  Noi riteniamo che il sistema articolato sulla base del decreto legislativo n. 231 del Pag. 42007 veda l'elaborazione delle segnalazioni di operazioni sospette come cardine del sistema antiriciclaggio e del sistema di contrasto al finanziamento del terrorismo.
  Crediamo, del resto siamo tutti convinti, che il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo siano due fenomeni di portata devastante, per quanto riguarda il riciclaggio per gli equilibri dell'economia, per quanto riguarda il finanziamento del terrorismo per l'esistenza stessa del fenomeno del terrorismo, perché siamo certi che tutti gli attentati terroristici, da quelli organizzati su base di gruppo a quelli organizzati su base individuale, abbiano sempre avuto il sostegno di un flusso finanziario, magari ridotto, magari non particolarmente rilevante, ma, comunque c'è sempre stato. Quindi, poter intervenire su questo settore del finanziamento al terrorismo come nel campo dell'antiriciclaggio è fondamentale per il contrasto a queste due forme di criminalità organizzata.
  D'altra parte, sempre per concludere sul tema del finanziamento del terrorismo, vediamo che i flussi finanziari vengono trasmessi e pervengono ai soggetti destinatari anche attraverso sistemi informali di agenzie finanziarie, delle quali pure si occupa il decreto in esame, così come si occupa di quello che dovrebbe essere il controllo sulle operazioni in moneta elettronica e moneta virtuale, che pure rappresentano un'opportunità per coloro che vogliono agire nel campo del riciclaggio o del finanziamento del terrorismo.
  Per quanto concerne il ruolo della Direzione nazionale antimafia, noi siamo partiti da una constatazione, ossia che la disciplina di cui all'articolo 47 del decreto legislativo n. 231 del 2007, così come ha proceduto negli anni, non funzionava. La Direzione nazionale antimafia (lo ricordiamo nella nostra relazione) è una struttura di servizio, voluta da Giovanni Falcone perché fosse a sostegno dell'azione delle Procure distrettuali.
  In questa funzione di servizio noi ci siamo fatti carico di verificare se il sistema delle segnalazioni di operazioni sospette, come delineato dall'articolo 47 del decreto legislativo n. 231 del 2007, potesse essere fatto funzionare meglio attraverso buone prassi attuative del dettato normativo, consapevoli e certi del fatto che una segnalazione di operazione sospetta, se arriva tempestivamente all'autorità giudiziaria competente, può essere o non essere utile, ma, se arriva tardi, è certamente inutile, perché non consente all'autorità giudiziaria di intervenire tempestivamente e bloccare l'operazione criminale cui sottende la segnalazione.
  Su questa base, la Direzione nazionale ha stipulato con la Direzione investigativa antimafia e con il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza due protocolli di intesa, rispettivamente nel maggio e nell'ottobre 2015, diretti a favorire una più tempestiva elaborazione delle segnalazioni di operazioni sospette.
  Abbiamo poi, con l'Unità di informazione finanziaria, il 17 dicembre 2015, effettuato uno scambio di lettere per stabilizzare una prassi, che, dopo averlo constatato a livello operativo, consideriamo ottimale. Qual è l'obiettivo? L'obiettivo è quello di confrontare tempestivamente le segnalazioni di operazioni sospette con il patrimonio di informazioni contenuto nella banca dati della Direzione nazionale antimafia, quindi con il sistema SIDDA/SIDNA, allo scopo di migliorare la qualità degli approfondimenti investigativi.
  Un primo risultato positivo è avvenuto attraverso il rapporto con l'Unità d'informazione finanziaria, che noi chiamiamo matching anagrafico. In sostanza, ci vengono trasmesse dalla UIF (qui mi soffermerò un momento per quanto riguarda le modalità di trasmissione) le segnalazioni di operazioni sospette appena ricevute, e noi le incrociamo immediatamente con la base dati.
  Da questo incrocio con i nostri elementi di base dati possono nascere tre sviluppi. Possiamo verificare innanzitutto, anche confrontando i nominativi dei segnalati con le iscrizioni ai registri generali delle Procure distrettuali, se contro quei soggetti già proceda qualche Procura distrettuale. Se risulta che sta procedendo una Procura distrettuale, noi immediatamente trasmettiamo la segnalazione di operazione sospetta Pag. 5 (SOS) alla procura distrettuale competente, perché utilizzi questo ulteriore elemento a scopo investigativo.
  Potrebbero non esserci riscontri a livello di registro generale di coincidenza nominativa ma tuttavia, potrebbero emergere dalla nostra base dati ed elementi utili da elaborare e incrociare con quelli relativi ai nominativi segnalati e in base ai quali poter elaborare atti di impulso da indirizzare alla Procura distrettuale competente, indipendentemente dall'esistenza di un procedimento penale in corso. Questo sistema ci consente di attivare nuove indagini quando non pendano già indagini presso le Procure distrettuali.
  Terza ipotesi: non risulta niente al Registro generale, non risulta niente in banca dati: noi restituiamo agli organismi di polizia giudiziaria, Direzione investigativa antimafia e Polizia valutaria per quanto di competenza, le SOS che sono state trasmesse.
  La norma prevede questo sistema di matching anagrafico, di cui – ripeto – abbiamo immediatamente colto l'utilità per la speditezza, la completezza e la tempestività delle informazioni che rilanciamo alle Procure distrettuali. Il punto che dovrebbe essere oggetto di riflessione è l'articolo 8, che nell'attuale formulazione prevede che le SOS con i nominativi dei segnalati vengano trasmesse alla Procura nazionale per il tramite della Guardia di Finanza o della Direzione investigativa antimafia per quanto di rispettiva competenza.
  Noi sappiamo, perché il direttore dell'UIF ci ha cortesemente trasmesso la sua relazione, che la proposta dell'UIF non è perfettamente coincidente con questa formulazione, perché l'UIF ritiene che si possa fare a meno in questo matching anagrafico del tramite della Guardia di Finanza e della DIA. Vorrei chiarire subito e definitivamente che dal punto di vista della Direzione nazionale antimafia è assolutamente indifferente se le segnalazioni ci arrivano direttamente dall'UIF o per il tramite delle forze di polizia, ma, poiché il testo già prevede che ciò avvenga per il tramite e poiché le forze di polizia ritengono opportuno intervenire nella procedura fin dalle prime battute – quindi fin dal matching anagrafico – noi non abbiamo nulla in contrario, anzi riteniamo opportuno mantenere l'attuale formulazione prevista dall'articolo 8, che prevede questa funzione di tramite delle forze di polizia.
  Qui è opportuno forse ricordare alle Commissioni che l'efficacia del meccanismo relativo a questo sistema di trasmissione delle segnalazioni sospette è data dai numeri di cui possiamo dare conto. Dall'inizio della procedura relativa all'esame delle segnalazioni di operazioni sospette sono state trasmesse alla Direzione nazionale antimafia dalla Direzione investigativa antimafia 44.013 segnalazioni riguardanti la criminalità organizzata. Di queste, ben 3.913 sono state trasmesse alle Procure distrettuali competenti sulla base della procedura che ho chiamato di matching anagrafico, mentre 7.039 sono state assegnate al gruppo di lavoro costituito presso la Direzione nazionale antimafia, che si avvale di personale sia della Guardia di Finanza che della DIA per gli approfondimenti, e sulla base degli approfondimenti relativi a 47 di tali segnalazioni sono stati emessi 9 atti di impulso diretti alle Direzioni distrettuali antimafia di Bologna, Napoli, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Torino e Venezia.
  Per quanto riguarda il terrorismo, dal Nucleo di polizia valutaria sono state trasmesse al nostro ufficio ben 1.427 segnalazioni relative al terrorismo. Di queste, 87 della procedura di matching anagrafico e 214 sono state assegnate al gruppo di lavoro per gli approfondimenti. Sulla base degli approfondimenti svolti dal gruppo di lavoro sono stati inoltrati 12 atti di impulso verso le Direzioni distrettuali antimafia di Bari, Bologna, Genova, Milano, Napoli e Salerno.
  Questo lavoro di elaborazione e di trasmissione tempestiva delle segnalazioni sospette alle autorità giudiziarie competenti è estremamente importante, ma è un lavoro che può essere svolto a nostro giudizio solo dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, che dispone di tutti gli elementi di conoscenza per poter indirizzare tempestivamente Pag. 6 e correttamente la segnalazione all'autorità giudiziaria competente.
  Questo, presidente e signori commissari, è a grandi linee il lavoro che stiamo svolgendo con risultati estremamente proficui, come i numeri dimostrano, convinti che il nuovo decreto legislativo, che dà veste normativa a questa prassi che abbiamo già in atto da oltre un anno, possa aiutarci a rendere il sistema sempre più efficiente e più capace di produrre indagini e di contrastare e prevenire azioni terroristiche come azioni di riciclaggio mafioso.
  Per quanto riguarda le modifiche di dettaglio, che proponiamo ulteriormente in questa sede con la nostra relazione, mi permetterei, se siete d'accordo, di passare brevemente la parola al collega Francesco Mandoi che le ha elaborate, il quale potrà rapidamente illustrarvele anche perché sono poche, quindi non vi porterà via molto tempo.

  FRANCESCO MANDOI, Sostituto Procuratore nazionale. Signor presidente, signori commissari, le modifiche che la Direzione nazionale antimafia ha affrontato, trattato e prospettato nel corso dei colloqui con il Ministero dell'economia e delle finanze sono sostanzialmente attinenti a tre generi di profili. Un profilo relativo alla funzione della Direzione nazionale antimafia di raccolta di dati, notizie, informazioni e impulso verso le Procure distrettuali; una parte relativa all'aspetto della tutela del segreto d'indagine, secondo il dettato della legge delega, che, nel decreto di delega prevede espressamente la tutela del segreto d'indagine; una terza parte delle modifiche, che sono quelle di cui ha parlato ampiamente il Procuratore nazionale e che riguardano il rapporto fra UIF e Direzione nazionale antimafia, con riferimento specifico alla segnalazione delle operazioni sospette.
  I nostri rilievi sono evidenziati nel prospetto che abbiamo allegato alla relazione. Sono emendamenti che riguardano l'articolo 7, l'articolo 8, l'articolo 13, l'articolo 22 e l'articolo 32 del decreto legislativo, l'articolo 40 che riguarda le segnalazioni delle operazioni sospette, l'articolo 41 e l'articolo 3 del decreto legislativo n. 109 del 2007, che reca la composizione del Comitato di sicurezza finanziaria.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Mi permetto di interrompere con il suo consenso il collega Mandoi chiedendogli scusa, perché vorrei chiarire subito un punto che per noi è fondamentale.
  L'articolo 8 e l'articolo 40 attengono a due discipline diverse. L'articolo 8 riguarda il matching anagrafico nel rapporto tra l'UIF e la Procura nazionale, che veicola immediatamente i nominativi delle SOS tramite i due organi di polizia e ci consente di attivare subito le nostre attività. L'articolo 40 replica, invece, il vigente articolo 47 e riguarda la trasmissione alla DNA dalla UIF per il tramite delle forze di polizia delle analisi finanziarie, quindi delle operazioni sospette corredate dall'analisi finanziaria. Si tratta, quindi, di due momenti diversi, che temporalmente possono anche coincidere, ma sono due momenti concettualmente diversi.

  FRANCESCO MANDOI, Sostituto Procuratore nazionale. I nostri suggerimenti di modifica al decreto legislativo sono stati in gran parte accolti, come per esempio il suggerimento di modifica dell'articolo 6, comma 4, la cui modifica è inserita nella bozza di decreto legislativo e riguarda espressamente l'UIF e il rapporto fra UIF e Direzione nazionale antimafia. Le altre modifiche...

  PRESIDENTE. Parliamo, se possibile, della parte critica, dei suggerimenti ulteriori, perché ci avete detto che il decreto legislativo è frutto di un lavoro che ha visto il vostro contributo, ma, poiché dobbiamo anche dare spazio alle domande, sarebbe utile focalizzare i punti costruttivi che voi ritenete opportuni.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. In particolare mi sembra che l'articolo 13, per quanto riguarda la cooperazione internazionale che svolge l'UIF, non dovrebbe però comportare la trasmissione di notizie coperte da Pag. 7segreto investigativo senza l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente, punto che mi sembra abbastanza significativo.

  FRANCESCO MANDOI, Sostituto Procuratore nazionale. Vado per ordine e affronto uno per uno gli articoli. La ragione della modifica dell'articolo 7 consiste nel fatto che la Direzione nazionale antimafia per sua stessa natura deve venire a conoscenza di informazioni, specialmente quando si tratti – testualmente, dice la norma – «di informazioni relative a situazioni ritenute correlate a fattispecie di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo».
  Si tratta, quindi, di circostanze di fatto correlate a fattispecie penali, per cui è inevitabile che la Direzione nazionale antimafia abbia conoscenza di queste informazioni dalle autorità di vigilanza, salvo ovviamente il dovere delle autorità di vigilanza di denuncia di fatti penalmente rilevanti all'autorità giudiziaria.
  Dell'articolo 8 abbiamo già ampiamente parlato. Per la stessa motivazione di cui proponiamo di introdurre la lettera g) del comma 1 dell'articolo 8, in cui si dice che «può richiedere, ai sensi dell'articolo 371-bis del codice di procedura penale, alle autorità di vigilanza di settore ogni altra informazione utile all'esercizio delle proprie attribuzioni». L'emendamento all'articolo 13 è quello di cui ha parlato il Procuratore nazionale.
  Vorrei fare un richiamo sempre in riferimento alla funzione della Direzione nazionale antimafia di raccolta di dati, notizie e informazioni per quanto riguarda l'articolo 22 e l'articolo 32 del decreto legislativo. L'articolo 22 riguarda gli obblighi del cliente dei trust e l'articolo 32 la modalità di conservazione dei dati e delle informazioni.
  Io ritengo che, probabilmente per un refuso, senza una giustificazione formale, sia stato richiamato nel decreto legislativo soltanto l'articolo 21, comma 2, lettera a), della norma stessa, il quale consente di avere accesso alle informazioni alle autorità previste appunto in questo articolo, che sono soltanto l'UIF e le forze di polizia. Credo che, in parallelo all'articolo 21, e specificamente all'articolo 21, comma 4, lettera a), che consente l'accesso ai dati alla Direzione nazionale antimafia, oltre che alle autorità di cui all'articolo 21, si imponga un emendamento che consenta anche alla Direzione nazionale antimafia l'accesso alle informazioni relative sia ai trust, sia ai dati conservati dai soggetti obbligati.
  Per quanto riguarda l'aspetto relativo alla tutela del segreto di indagine, rileva l'articolo 41 del decreto legislativo, il quale prevede il flusso di ritorno delle informazioni e prevede che il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza e la Direzione investigativa antimafia informino l'UIF degli esiti investigativi dell'approfondimento, esiti investigativi che sono degli esiti di indagine. Per questi noi riteniamo debba essere prevista la riserva della normativa sul segreto d'indagine.
  Infine, l'articolo 3 del decreto n. 109 del 2007, nel prevedere la costituzione del Comitato di sicurezza finanziaria, ha sostanzialmente precluso al Procuratore nazionale e ai Procuratori aggiunti di poter far parte del Comitato di sicurezza finanziaria, in quanto ha previsto che possano far parte i sostituti Procuratori nazionali.

  PRESIDENTE. Grazie di questa illustrazione e anche del documento. Lascio la parola al relatore per la Commissione finanze, onorevole Boccadutri.

  SERGIO BOCCADUTRI. Circa questa ricorrenza delle autorità che hanno accesso ad alcune informazioni, valutate che proprio per la fisionomia del provvedimento, quindi al di là di una vostra valutazione soggettiva, sarebbe il caso di reinserire tra le definizioni l'idea di autorità competenti, perché ogni volta c'è una sorta di autorità mobili, quindi, forse, sarebbe il caso di reinserire un riferimento esplicito alle autorità competenti, che sono sempre quelle e ovviamente hanno accesso ad alcune informazioni, aggiungendo ai previsti «amministrazioni interessate» e «autorità di vigilanza di settore» una nuova categoria di autorità.

  FRANCESCO MANDOI, Sostituto Procuratore nazionale. Nella prima stesura del Pag. 8decreto era previsto un articolo che descriveva le autorità competenti, che poi è stato soppresso nella stesura definitiva. Sicuramente la definizione di autorità competenti faciliterebbe la redazione e anche la lettura del decreto legislativo.
  A suo tempo mi è stato detto che si riteneva che la categorizzazione delle autorità competenti fosse meno semplice che sopprimere totalmente il concetto di autorità competente, quindi eliminare l'articolo relativo alle autorità competenti, rispetto alle quali non c'è alcuna difficoltà da parte del nostro ufficio, né nei nostri rilievi avanzati presso il Ministero dell'economia e delle finanze è stata mai chiesta la soppressione dell'articolo relativo alle autorità competenti.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA VI COMMISSIONE
MAURIZIO BERNARDO

  DANIELE PESCO. Penso che la singola Procura non abbia un accesso diretto alle segnalazioni di operazioni sospette, ma debba chiedere l'accesso a questi dati attraverso la Guardia di Finanza. Volevo chiedere se sia così e se non riteniate che le Procure potrebbero essere più indipendenti e accedere direttamente a questi dati.
  Per quanto riguarda la vigilanza sugli istituti bancari, l'articolo 12, comma 7, stabilisce che, nel momento in cui una Procura dovesse avere il sospetto di operazioni a scopo di riciclaggio intervenute presso banche, dovrebbe riferire all'autorità di vigilanza e a all'UIF. Anche questo non crea una certa subordinazione del potere investigativo delle Procure rispetto all'UIF e ad altri soggetti? Non sarebbe opportuno avere anche in questo caso una maggiore indipendenza della magistratura nell'accedere a questi dati? Grazie.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Credo che la disciplina attuale, come pure la disciplina in fieri, non precluda un rapporto diretto delle Procure con l'UIF. Io stesso come Procuratore a Napoli e a Salerno ho coltivato rapporti diretti informativi con l'UIF.
  Così pure credo che ogni obbligo previsto dall'articolo 12, come lei ricordava, per le Procure debba essere comunque oggetto di valutazione di fattibilità da parte del Procuratore per quanto riguarda la copertura del segreto d'indagine, per quanto riguarda la riservatezza delle informazioni. Ripeto: non mi sembra che la disciplina attuale, né quella a venire possano limitare in qualche modo il rapporto diretto. Del resto, so che la Procura di Milano, anche se non conosco il testo, ha stipulato un protocollo d'intesa direttamente con l'UIF.
  Quello che per noi conta è che, a parte le scelte di un singolo ufficio giudiziario, la Direzione nazionale antimafia possa svolgere questa funzione di servizio e di sostegno nei confronti di tutte le Procure. Se si ritiene che ciò rifletta un interesse generale e trovi anche un aggancio normativo nell'articolo 371-bis del codice di procedura penale va bene, altrimenti si può anche, per quanto ci riguarda, lasciare le cose come stanno. Ripeto: lo schema di decreto legislativo dà vita, corpo e dignità normativa ad una prassi già positivamente e ampiamente verificata.

  DAVIDE MATTIELLO. Vorrei sapere se e come questo nuovo impianto normativo ci aiuti nella tracciabilità della moneta elettronica.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Credo che la nuova norma in materia di istituti di moneta elettronica faccia il possibile come previsione normativa per aiutare la tracciabilità. Lei sa benissimo, onorevole Mattiello, che già è in fase di approvazione una V Direttiva europea, che si occupa anche di tracciabilità della moneta elettronica, che non è stata ancora approvata, ma lo sarà in tempi abbastanza brevi.
  Bisogna vedere l'Europa quali indicazioni ci darà per eventualmente intervenire e migliorare il testo attuale con le indicazioni che possono promanare da questa V Direttiva. Allo stato, credo che più di quello che è previsto dalla norma non si possa fare.

Pag. 9

  FRANCO VAZIO. Approfitto della presenza degli auditi, della loro autorevolezza e della conoscenza approfondita della materia per porre un tema non tanto sulle questioni che sono state oggetto della vostra relazione, ma di sistema.
  Questo provvedimento prende in esame una pluralità di soggetti, ossia soggetti particolarmente strutturati, società che possono avere attività di controllo e verifica particolarmente significative e altri soggetti invece minimali. Mi è parso di comprendere che le sanzioni siano le più diverse, ma particolarmente significative, e abbiano anche un carattere di ripetitività, e allo stesso tempo si sia determinata nei soggetti meno evidenti una difficoltà nell'approcciare questo tipo di normativa.
  Mi domando se questa ulteriore normativa necessiti di linee guida, di indicazioni, di processi di semplificazione e di interpretazione in capo a questi micro soggetti, che devono affrontare il tema della predisposizione di tutti questi strumenti di verifica, di conoscenza, di selezione della persona che incontrano oppure no? Non vorrei che si determinassero in capo ad una platea molto vasta di persone obblighi particolarmente penetranti e significativi, che inducano a non provvedere agli adempimenti oppure provvedere acriticamente, provocando un effetto di moltiplicazione di notizie acritiche e non approfondite.

  GAETANO PIEPOLI. Vorrei riagganciarmi a quello che ha appena detto il collega. Poiché c'è questa continua rincorsa alla mobilità dei fenomeni da perseguire e, quindi, anche ad attrezzarsi dal punto di vista normativo, c'è alle spalle di tutto questo, che non vorrei dire inflazione normativa perché l'espressione non è corretta, perché è un tentativo di essere adeguati rispetto alla dinamica del mercato, un minimo di verifica dei bilanci di quanto è avvenuto e dell'impatto dei nuovi strumenti su questi scenari?
  Questo al fine di evitare che paradossalmente, come diceva il collega, anziché aiutare la capacità di governare il fenomeno, ci si perda nei particolari, mentre nell'inflazione e nella moltiplicazione dei soggetti si finisca con l'essere paradossalmente aiutati a trovare nuove zone franche e nuova esenzione.
  Per quanto riguarda il nostro ordinamento – quindi non sto parlando di scenari internazionali dove altri ordinamenti con altre esperienze, altre tradizioni e altre strutture si muovono – dove mi pare che i problemi siano innanzitutto materiali, organizzativi, di risorse umane e di capacità anche professionali, forse tutto questo viene messo tra parentesi dall'evoluzione semplicemente normativa o noi rischiamo invece di inseguire solo l'ingegneria istituzionale giuridica e di dimenticare che c'è poi un tema di strutture materiali, capaci poi di muovere la stessa l'ingegneria giuridica e istituzionale? Grazie.

  VITTORIO FERRARESI. Vorrei chiedere un approfondimento per quanto riguarda l'apparato sanzionatorio, quindi se le sembra che le sanzioni siano efficaci o meno, proporzionate o meno. A noi sembra che sottovalutino un po’ il fenomeno, anche per quanto riguarda le modalità di applicazione rispetto alle fattispecie di cui il decreto legislativo parla. Grazie.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Rispondo alle prime due domande che mi sembrano molto affini, richiamando il dettato e lo schema di decreto legislativo in esame, di cui all'articolo 4 del Capo II del testo, Autorità vigilanza e pubblica amministrazione.
  In particolare, leggo che al comma 3 dell'articolo 4 è previsto che il «Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Comitato di sicurezza finanziaria stabilisce l'esenzione di taluni soggetti dall'osservanza degli obblighi di cui al presente decreto, in presenza dei seguenti requisiti: a) l'attività finanziaria è limitata in termini assoluti, per tale intendendosi l'attività di cui il fatturato complessivo non ecceda la soglia determinata dal Comitato di sicurezza finanziaria, anche sulla base della periodica analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo; b) l'attività finanziaria è limitata a livello di operazioni, per tale intendendosi Pag. 10un'attività che non ecceda una soglia massima per cliente e singola operazione individuata in funzione del tipo di attività finanziaria dal Comitato di sicurezza finanziaria, anche sulla base della periodica analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo; c) l'attività finanziaria non è l'attività principale; d) l'attività finanziaria è accessoria e direttamente collegata all'attività principale; e) l'attività principale non è attività menzionata nell'articolo 2, paragrafo 1, della direttiva, ad eccezione dell'attività di cui al medesimo paragrafo 1.3 lettera e); f) l'attività finanziaria è prestata soltanto ai clienti dell'attività principale e non è offerta al pubblico in generale». Questa disciplina è prevista proprio per questi casi.
  Aggiungo che le linee guida sono compito del Ministero e dell'UIF, che pubblica periodicamente linee guida soprattutto con riferimento agli indici di anomalia e agli indici di sospetto delle operazioni, che tiene continuamente aggiornati e quindi sono al servizio degli operatori, al servizio dei quali sono previste queste linee guida.
  Credo che la normativa da questo punto di vista possa essere abbastanza tranquillizzante, poi spetterà naturalmente al Ministero dell'economia e al Comitato di sicurezza finanziaria stabilire i criteri di volta in volta più adeguati.

  FRANCO VAZIO. La gabbia funziona, bisogna che poi la selezione venga fatta.

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Certamente, questo è il compito. Aggiungo che questa disciplina di cui ho dato lettura è stata in qualche modo ispirata dal mio ufficio, come mi ricordava il collega Mandoi, quindi è stata elaborata su indicazioni specifiche del nostro ufficio, basate sull'esperienza delle indagini e sulla conoscenza di vicende finanziarie che vengono alla nostra attenzione.
  Per quanto riguarda l'apparato sanzionatorio, il giudizio sull'efficacia e sull'adeguatezza delle norme è un giudizio che va affidato ex post alla valutazione di queste norme da parte del Governo. Sappiamo che queste norme replicano la disciplina comunitaria, anche la normativa delle sanzioni riflette assolutamente la disciplina comunitaria. Se siano efficaci o adeguate lo vedremo in base alla loro applicazione.

  FRANCESCO MANDOI, Sostituto procuratore nazionale. Se posso aggiungere una cosa, d'altra parte nella conservazione dei dati e nelle modalità di conservazione dei dati c'è una normativa che probabilmente favorisce le aziende che hanno una struttura medio-piccola, prima di tutto perché non c'è più l'Archivio unico nazionale dei dati, ma è prevista una serie di archivi da parte delle aziende, le quali possono anche affidare a terzi la verifica della clientela oppure avvalersi di servizi centralizzati, come previsto dall'ultimo comma dell'articolo 22 (vado a memoria, non ricordo perfettamente).
  Questo prevede la possibilità per le aziende di consorziarsi e di affidare a un terzo soggetto l'eventuale tenuta di quella documentazione, per cui sarebbero sgravate sia dagli obblighi di adeguata verifica diretta, sia dagli obblighi di conservazione diretta.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DELLA II COMMISSIONE
DONATELLA FERRANTI

  PRESIDENTE. Una domanda velocissima, che mi è venuta in mente ascoltandovi. Nelle audizioni che abbiamo svolto lunedì è stata quasi unanimemente criticata la norma che prevede una sanzione per la segnalazione tardiva dopo 30 giorni. È stato chiesto da alcuni parlamentari se 30 giorni siano pochi oppure sia proprio il termine a non andare bene.
  Vorrei avere un'opinione sul punto, perché si è anche evidenziato come l'individuazione della segnalazione sospetta non sia una cosa matematica, ma derivi da una serie di fattori. Questi 30 giorni potrebbero avere una reazione contraria di segnalazione tipo "medicina difensiva", nel senso di un'autotutela che poi non porta nulla, Pag. 11oppure secondo voi vale la pena di fissare un termine?

  FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Riteniamo anche noi che l'indicazione tassativa dei 30 giorni sia troppo ingessata, sia troppo rigida e quindi non consenta la valutazione caso per caso, che invece deve essere fatta sul giudizio di tempestività o meno della segnalazione, quindi noi ci affianchiamo a quelli che suggeriscono di togliere questo limite dei 30 giorni.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi, autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal Procuratore Franco Roberti (vedi allegato 1) e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del Direttore della Direzione investigativa antimafia, generale Nunzio Antonio Ferla.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e recante modifica delle direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE e attuazione del regolamento (UE) n. 2015/847 riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006 (atto n. 389), l'audizione del Direttore della Direzione investigativa antimafia (DIA), Generale Nunzio Antonio Ferla.
  Il Generale Ferla è accompagnato dal Tenente Colonnello Antonio Lippolis, Capo del V settore della IV divisione del I reparto DIA e poi dal Capitano Silvio Adami, Capo del II settore dell'Ufficio di Gabinetto della DIA.
  Chiedo se ci siano documenti per noi.

  NUNZIO ANTONIO FERLA, Direttore della Direzione investigativa antimafia. Sì, presidente. Al termine dell'audizione consegnerò un contributo scritto.
  Illustri presidenti e onorevoli deputati, desidero rivolgere un cordiale e caloroso saluto anche a nome del personale della Direzione investigativa antimafia ed esprimo la mia profonda gratitudine verso di voi, verso queste Commissioni riunite, verso la Presidente Donatella Ferranti e il Presidente Maurizio Bernardo per l'invito, che è stato rivolto anche alla Direzione investigativa antimafia, di fornire il proprio contributo a questo alto consesso su uno schema di decreto legislativo che certamente è di importanza strategica per la DIA.
  Il 20 settembre scorso ho avuto modo di illustrare nel corso di una precedente audizione quelli che erano i compiti e le funzioni della Direzione investigativa antimafia, proprio con particolare riferimento all'uso del sistema finanziario per scopi di riciclaggio. In quella circostanza, ho evidenziato che l'attività di prevenzione fosse un'attività fondamentale per la DIA. Per cui vorrei fare una breve premessa sul tema della prevenzione, perché questo provvedimento incide in maniera significativa sulla prevenzione antiriciclaggio.
  Il crescente diversificarsi del mercato criminale, la natura mutevole della minaccia che è costituita proprio dal riciclaggio, e soprattutto la continua evoluzione della tecnologia e dei mezzi a disposizione, tutti questi, insieme ad altri, sono fattori che fanno assumere all'attività di prevenzione un ruolo strategico. A mio avviso questa deve essere una priorità non solo per gli organismi di law enforcement, ma anche per il legislatore, perché dobbiamo compiere ogni sforzo per anticipare sempre di più la soglia di sbarramento ai condizionamenti criminali, prevenendo con strumenti appropriati il rischio di infiltrazioni criminali.
  Questo concetto è valido per il nel nostro sistema economico finanziario, così come per altri ambiti del nostro sistema Paese. Faccio riferimento, ad esempio, al sistema degli appalti pubblici e così via per altri settori. Qualche giorno fa ho sentito ad un convegno fare un parallelismo, che mi sembra molto pertinente, una similitudine Pag. 12 tra il cosiddetto «impatto ambientale» e l'impatto antimafia. Così come viene valutato l'impatto ambientale per le nuove costruzioni per un nuovo ponte, bisognerebbe verificare quale sia l'impatto antimafia nei diversi settori della nostra economia, al fine di elaborare dei presidi. Questo è quello che avviene per il sistema di prevenzione antiriciclaggio.
  La DIA svolge, come voi sapete, un'analisi semestrale dei fenomeni osservati, dà semestralmente conto al Parlamento dei risultati conseguiti, ma soprattutto di quelle che sono le evoluzioni della mafia, della camorra, della ’ndrangheta, della Sacra Corona Unita, della Società foggiana, della criminalità pugliese.
  Quello che ci viene suggerito dalle evoluzioni dei fenomeni criminali è che noi dobbiamo continuare a modificare le nostre azioni, adottando il nostro agire operativo ai nuovi parametri di intervento, e sforzandoci possibilmente di arrivare per primi. Questo è il suggerimento che ci viene dato proprio dall'evoluzione dei fenomeni criminali.
  Voglio ora sottolineare come ormai sia chiaro che la lotta alla criminalità organizzata qualificata, la quale cambia volto, metodi e strategie, non possa essere più considerata un tema esclusivo degli organismi di law enforcement o della magistratura (prima di me ha parlato il procuratore nazionale antimafia), ma coinvolga l'intero sistema Paese in tutti le sue componenti, a partire dai cittadini.
  Riflettiamo sul fatto che l'intero sistema di prevenzione antiriciclaggio coinvolge in primo luogo gli organi investigativi (DIA e Nucleo speciale di polizia valutaria), ma è basato su un principio, quello della leale collaborazione dei soggetti obbligati.
  Infatti, scorrendo il testo della IV Direttiva, nel lungo elenco troviamo le banche, le poste, gli istituti di moneta elettronica, le società di intermediazione, ma anche i mediatori creditizi, i dottori commercialisti, i notai, gli avvocati, i revisori legali, in una sola parola i cittadini di questo Paese, che esercitano una professione o che sono titolari di società, imprese o banche.
  In questi anni abbiamo fatto molti passi in avanti sul tema della prevenzione, sul rafforzamento del principio di leale collaborazione. Anzi, voglio cogliere questa opportunità per formulare un sincero apprezzamento al lavoro che è stato svolto in particolare dalla Commissione finanze e sulle numerose iniziative che sono state adottate al riguardo, ad esempio sul problema dell'educazione finanziaria.
  Un tema cruciale, non solo per i soggetti privati, che ovviamente devono essere educati da questo punto di vista, ma soprattutto per i «soggetti obbligati» che abbiamo menzionato prima, cioè tutte quelle categorie di soggetti che devono collaborare e devono fare sistema. In questi giorni ho sentito qualche critica al provvedimento in esame, espressione a mio avviso di interesse e forse di tipo corporativo. È in discussione (questo è il convincimento che dobbiamo trarre) la sicurezza del sistema economico-finanziario, quando si parla di infiltrazioni della criminalità organizzata. Pertanto dobbiamo avere ben presenti i rischi che si corrono sotto questo profilo. Sono stati fatti molti passi in avanti, ma molti ne dobbiamo ancora fare. Leggevo le ultime statistiche dell'Unità di informazione finanziaria. È vero che le segnalazioni di operazioni sospette sono passate da poche decine di migliaia ad oltre 80.000. Tuttavia se andate ad analizzare il dato, esso si presenta a «macchia di leopardo», cioè non tutte le categorie collaborano allo stesso modo e, soprattutto, abbiamo una distribuzione territoriale assolutamente non omogenea. Ci sono per esempio tre regioni che messe insieme fanno il 45 per cento del totale delle segnalazioni.
  Sotto questo aspetto, crediamo molto in questo provvedimento, perché amplia il principio della razionalizzazione del rischio. Sappiamo che finora il principio prevalente è stato quello del principio del know your customer, conosci il tuo cliente, un principio basato sul profilo soggettivo, mentre oggi la vera rivoluzione consiste proprio in un approccio basato sul rischio, che è un'altra cosa, e questo certamente tutela tutti gli operatori. Pag. 13
  Questo è un approccio che a mio avviso deve essere salutato con molta positività, perché è il punto guida di tutti i soggetti obbligati e del loro comportamento, e anche delle autorità che devono svolgere il controllo. La direttiva, infatti, affida agli Stati membri la valutazione dei rischi a livello nazionale. Sappiamo che la valutazione del rischio in Italia è considerata molto elevata, quindi occorrono adeguate politiche e misure di rafforzamento o di mitigazione.
  Gli obblighi, infatti, vengono ora calibrati in funzione del rischio, e anche questo è un dato importante da registrare, per cui il legislatore nazionale ha la possibilità di aggiornare l'elenco dei destinatari, di rivedere l'ambito delle prestazioni da monitorare e di semplificare gli adempimenti dei vari soggetti, e questo sulla base, ripeto, non della semplice conoscenza del cliente, ma di una oggettiva valutazione del rischio.
  Concludendo su questo primo aspetto per poi passare all'esame più dettagliato del provvedimento e in particolare degli articoli che attengono alla DIA, credo che in generale dobbiamo esprimere una valutazione positiva del provvedimento, perché allinea la nostra normativa alle più recenti disposizioni introdotte dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 20 maggio del 2015, ma soprattutto, poiché incide profondamente sul sistema prevenzione.
  Positive valutazioni valgono anche per le altre novità più significative introdotte dal legislatore, quali, ad esempio, il nuovo regime degli obblighi rafforzati o semplificati, l'innovativo sistema dei registri sulla titolarità effettiva di imprese e di trust. Una misura per noi della DIA fondamentale, perché senza ovviamente voler criminalizzare l'istituto, il trust viene spesso utilizzato dalle organizzazioni criminali in modo strumentale, quindi l'esistenza di un registro che ci consente di verificare l'effettiva titolarità dei trust per noi è importantissima. Poi l'abolizione della cosiddetta «equivalenza positiva», che era un'aberrazione, poiché prevedeva l'esenzione dagli obblighi di adeguata verifica della clientela rispetto alle operazioni che coinvolgevano Paesi terzi, giudicati equivalenti agli Stati membri. E, ancora, la previsione di un ampio spettro di sanzioni amministrative.
  Prima di passare all'esame diretto delle norme, desidero premettere che la DIA, come noto, è un organismo interforze, formato dalle principali forze di polizia con l'obiettivo esclusivo dell'azione di contrasto alla criminalità organizzata. Nel quadro normativo di prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio, la DIA si colloca tra i principali attori preposti alla tutela del sistema economico. Ricordo a me stesso che la DIA fa parte, quale membro di diritto del Comitato di sicurezza finanziaria, si colloca insieme al Nucleo speciale di polizia valutaria tra gli organismi investigativi ai quali l'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia trasmette le segnalazioni per operazioni sospette, accerta e contesta le violazioni agli obblighi antiriciclaggio, effettua gli approfondimenti investigativi delle segnalazioni attinenti alla criminalità organizzata.
  Nell'attività di approfondimento la DIA, oltre ad esercitare i poteri previsti dalla normativa generale, esercita quelli previsti dalle norme antimafia. Pertanto si avvale di poteri molto più invasivi, derivanti dalle norme del Codice antimafia, del Codice penale e del Codice di procedura penale.
  Tanto premesso, come abbiamo svolto l'analisi di questo provvedimento? Come sapete, la DIA, attraverso i suoi rappresentanti, ha partecipato ai tavoli tecnici di elaborazione del testo. Ora, per fare questa analisi critica e presentarci oggi a questo alto consesso, abbiamo tenuto conto innanzitutto dei princìpi della IV Direttiva, poi del ruolo istituzionale della DIA e degli impegni assunti con la risoluzione del 3 febbraio 2017 della Commissione finanze a firma Bernardo Pelillo, in cui sono stati ribaditi alcuni principi a mio avviso importantissimi.
  In particolare, tra gli impegni contenuti nella menzionata risoluzione e di più diretto interesse, quello di non modificare l'attuale assetto istituzionale, mantenendo una netta e chiara distinzione dei ruoli, «ciò con specifico riferimento – leggo testualmente – alla separazione tra il compito Pag. 14 di analisi finanziaria che deve essere svolto, e bene, dall'Unità di informazione finanziaria, e le prerogative investigative che sono attribuite alla DIA e al Nucleo speciale di polizia valutaria».
  Questo impegno perché si è reso necessario? Si è reso necessario perché il nostro Paese, che non deve prendere lezioni da nessuno degli altri Paesi europei in materia di presìdi antiriciclaggio, ha una propria struttura antiriciclaggio, che funziona e prevede una netta separazione tra la Banca d'Italia, che fa l'analisi finanziaria e, soprattutto, sulla base di quella deve suggerire degli obiettivi financo non noti agli organismi investigativi (DIA e Nucleo speciale) che si dividono le competenze tra criminalità organizzata e tutto il resto.
  Dati questi presìdi, vorrei sottolineare alcune norme di questo schema che a nostro avviso meritano particolare attenzione. Innanzitutto l'articolo 8, su cui ho sentito l'intervento del procuratore nazionale. Questo è un articolo molto importante poiché frutto dell'esperienza operativa maturata dalla DIA e dalla Procura nazionale antimafia. Abbiamo investito molto nel settore della prevenzione e nel corso di questi ultimi due anni la DIA ha affinato i criteri di analisi, reingegnerizzato l'intero sistema e implementato i ratios, gli indici di analisi che ci consentono di estrapolare, dalla grande massa di segnalazioni che arriva alla DIA, quelli di diretto interesse istituzionale.
  Da due anni siamo in grado di trasmettere immediatamente le segnalazioni alla Procura nazionale antimafia. Quali segnalazioni trasmettiamo? Ovviamente quelle che sulla base dei nostri indici sono a «rischio» criminalità. In questo modo le segnalazioni vengono rese subito disponibili alla Procura nazionale antimafia. Quest'ultima interroga – anch'essa istantaneamente – i propri sistemi informatici, che sono quelli relativi alle indagini in corso e invia le segnalazioni alle Procure distrettuali antimafia competenti.
  Oggi, quindi, abbiamo un ampliamento diretto del fronte investigativo, soprattutto con riferimento alle indagini in corso, ed era questo uno degli obiettivi che ci prefiggevamo.
  Ancora abbiamo istituito un gruppo di lavoro all'interno della Procura nazionale, composto anche da nostro personale. Il gruppo elabora piste investigative, piani investigativi, che si traducono in «atti di impulso» del Procuratore nazionale. Oggi il Procuratore esercita la sua azione di impulso con elementi rinvenienti dalle segnalazioni sospette, e questo consente, per la prima volta dopo diversi anni, l'esecuzione di «indagini collegate» di polizia giudiziaria, cioè indagini finalizzate a destrutturare le organizzazioni criminali.
  Questo meccanismo, che vi ho descritto in estrema sintesi e molto velocemente, è stato trasfuso nell'articolo 8, per cui oggi, come vedete alla lettera a), il Procuratore riceve in modo sollecito le segnalazioni da parte della DIA. Oggi la DIA è in grado di trasmettere rapidamente quelle segnalazioni grazie a queste iniziative virtuose che ha sviluppato nel corso di questi due ultimi anni.
  L'articolo 9 attiene ovviamente alla Direzione investigativa antimafia. Anche qui è molto importante la specificazione che è stata fatta sull'ambito di competenza della DIA, che prima era solo contenuta nei protocolli, oggi finalmente richiamata anche in un provvedimento normativo. L'articolo 9 elenca i compiti di interesse della DIA.
  L'articolo 12 riguarda la collaborazione e allo scambio delle informazioni. Il primo comma sancisce un generale principio di collaborazione tra le Autorità indicate dall'articolo 21, comma 2, lettera a). Principio assolutamente condivisibile, per cui ci deve essere uno scambio e una circolarità di informazioni, anzi dovremmo fare sempre più tesoro della circolarità informativa, sia sotto il profilo della prevenzione che della repressione. Come diceva Falcone, quando si fanno le indagini antimafia bisogna rassegnarsi a svolgere indagini molto ampie e a valorizzare tutti gli elementi, anche quelli meno importanti prima facie.
  Il comma 4 merita tuttavia una riflessione da parte delle Commissioni. La norma stabilisce testualmente che «ferma restando Pag. 15 l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria, per le informazioni coperte da segreto investigativo gli organi delle indagini (quindi anche la DIA) forniscono le informazioni investigative all'Unità di informazione finanziaria». Ritengo che questo articolo meriti la vostra attenzione, perché, se il termine investigativo è riferito alle indagini in corso, la DIA deve chiedere l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria per trasmettere le informazioni, altrimenti non si capisce quali altre informazioni investigative dobbiamo trasmettere. A mio avviso, dunque, forse il termine «investigativo» va ripensato.
  Ad ulteriore conferma di questo, l'articolo 13, che disciplina la cooperazione internazionale, parla giustamente in modo generico di informazioni, quindi di informazioni evidentemente in possesso della DIA, che la DIA stessa può trasmettere tranquillamente all'Unità di informazione finanziaria senza alcun problema di autorizzazione da parte dell'autorità giudiziaria. Pertanto l'articolo 12 deve essere necessariamente rivisto alla luce di quanto stabilito nel successivo articolo.
  Quest'ultimo articolo, come detto, attiene alla cooperazione internazionale. Un tema fondamentale. Come organismi investigativi siamo chiamati a contrastare fenomeni che per loro stessa natura non sono solo nazionali. Sappiamo benissimo che le organizzazioni criminali non sono soltanto capaci di trasferire il loro modello criminale all'interno del nostro Paese, laddove c'è minore sensibilità su questi temi, ma sono specializzate nell'individuare i Paesi che non sono collaborativi, le cui maglie larghe dei sistemi giuridici consentono la possibilità di riciclare. Il reato di riciclaggio, di autoriciclaggio, di associazione a delinquere di stampo mafioso è quindi di per sé un reato che ha portata transnazionale.
  Su questi temi è intervenuto l'articolo 13, che parla di cooperazione internazionale. Correttamente l'Unità di informazione finanziaria, quale autorità nazionale antiriciclaggio, deve scambiare le informazioni con gli omologhi degli altri Paesi. Tuttavia occorre considerare che mentre in Italia esiste l'architettura antiriciclaggio che ho descritto, in altri Paesi l'unità di informazione finanziaria a volte corrisponde a un organismo investigativo di polizia. Pertanto l'Unità di informazione finanziaria italiana si trova a parlare con un organismo investigativo.
  A questo punto, mi sembra quantomeno da rivedere il comma 2 di questo articolo, il quale sancisce che l'Unità di informazione finanziaria debba stipulare con la DIA dei protocolli di intesa, in cui si prevedano condizioni e procedure con cui la DIA scambi dati e informazioni di polizia connessi all'approfondimento delle SOS con gli omologhi organismi esteri.
  Da una prima interpretazione la norma pare subordinare la cooperazione di polizia, che notoriamente segue altri canali (Europol, Interpol, Sirene), a condizioni e procedure che la DIA deve definire con l'Unità di informazione finanziaria. Peraltro, considerate che il Codice antimafia attribuisce alla DIA il compito di svolgere relazioni internazionali a fini investigativi in materia di criminalità organizzata. Subordinare questa attività ad accordi che la DIA deve raggiungere con l'UIF mi sembra un punto forse da rivedere, quantomeno elaborando una corretta interpretazione.
  Di estremo interesse l'articolo 21, che attiene al registro dei trust. Come dicevo prima, in una delle esperienze operative recentemente svolte a Palermo, abbiamo avuto il caso di una famiglia mafiosa che dal nulla (ex muratori o poco più) aveva istituito due trust e trasferito rapporti giuridici relativi a circa 800 immobili in questi trust. È quindi certamente un passo avanti sapere esattamente l'effettiva titolarità di questi organismi.
  Poi c'è l'articolo 35, su cui vorrei soffermare la vostra attenzione. La presidente ha accennato al termine entro cui deve essere effettuata la segnalazione, su cui sono d'accordo, nel senso che probabilmente il termine di 30 giorni va considerato in combinato disposto con le prerogative che garantiscono l'esercizio del potere di sospensione delle operazioni. Non dimentichiamo, infatti, che un'operazione può Pag. 16anche essere sospesa, a richiesta della DIA o del nucleo speciale, all'UIF.
  Il comma successivo mi pare che in qualche modo salvaguardi questo termine di 30 giorni, perché contempla i casi in cui l'anticipazione dell'obbligo di segnalazione non opera, e tra questi anche la «normale operatività». Se la normale operatività impedisce di fare la segnalazione nei 30 giorni, non credo che possa essere applicabile alcuna sanzione amministrativa, quindi tutto sommato bisogna compensare l'esigenza di sospensione dell'operazione, che va salvaguardata, con l'esigenza di mantenere dei termini. Ovviamente rassegno questa mia riflessione al legislatore, che secondo me deve bilanciare questi due aspetti.
  Sull'articolo 40, concernente l'analisi e lo sviluppo delle segnalazioni ho già detto, credo che questo articolo che ripercorre la precedente norma, non aggiunga molto altro di nuovo. Tuttavia, anche esso deve essere letto in relazione all'articolo 8, perché, a differenza del sistema precedente, oggi ne abbiamo uno molto più celere di approfondimento, che ci consente di esaminare velocemente tutte le segnalazioni.
  Volevo poi segnalarvi l'articolo 45, per quanto attiene il registro dei soggetti convenzionati e agenti di prestatori di servizi di pagamento e degli istituti di moneta elettronica. Il comma 2 ha previsto per i prestatori di servizi di pagamento e gli istituti di moneta elettronica l'annotazione in un'apposita sottosezione del registro pubblico informatizzato di cui al comma 1. Sarebbe opportuno che nell'elenco delle autorità che possono accedere a questa sezione, oltre alla Guardia di Finanza, alla Banca d'Italia, all'autorità giudiziaria e all'UIF, fosse inclusa anche la DIA.
  Per l'articolo 60, concernente l'inosservanza degli obblighi informativi, sottopongo alla vostra attenzione una possibile correzione. Il testo, disciplinando l'inosservanza degli obblighi informativi prevede una sanzione amministrativa in caso di rifiuto a fornire informazioni. Le richieste della DIA sono escluse dal campo di applicazione della sanzione amministrativa. Pertanto le richieste della DIA potremmo collocarle al rango di mere preghiere, visto che non c'è una sanzione amministrativa applicabile.
  Sottolineo, infine, l'eventuale opportunità di inserire la DIA anche nel meccanismo di accesso delle informazioni sui prestatori di servizi di gioco. Anche lì, la DIA viene esclusa, ma sappiamo benissimo che il campo dei giochi, senza voler criminalizzare nessuno, è notoriamente un settore di interesse della criminalità organizzata.
  Concludo questo mio breve intervento, sperando di non aver annoiato nessuno. Desidero formulare in ultimo un giudizio certamente positivo sullo schema di decreto oggi all'esame delle Commissioni non solo perché, come ho detto, allinea la nostra normativa ai più recenti dettami introdotti dalla normativa europea, ma soprattutto perché incide profondamente sul sistema di prevenzione, che a nostro avviso costituisce un fattore di vera modernità nell'azione antimafia.
  Sono convinto che nel prossimo futuro, anche se l'attività di prevenzione è un'attività oscura, fuori dagli onori della cronaca, perché mira ad evitare che un evento si verifichi, sarà sempre più una priorità non solo per gli organismi di law enforcement, ma, soprattutto, per il legislatore. Le disposizioni odierne si rivolgono infatti, oltre che agli organismi investigativi, a tutti questi soggetti obbligati che, come abbiamo sottolineato, sono cittadini di questo Paese.
  Viene in tal modo evidenziata attraverso questo provvedimento l'esigenza di fare sistema, poiché è il sistema Paese a rischio quando si parla di queste problematiche. A mio avviso, quindi, ha ragione il Presidente Mattarella che qualche giorno fa, a Locri, in occasione della Giornata della memoria e dell'impegno contro le mafie, ha ribadito che la lotta alla mafia riguarda tutti e nessuno può chiamarsene fuori, arrivando in questo modo al vero nodo, cioè al cuore della questione mafiosa contemporanea.
  In questo senso la DIA continuerà ad operare con il massimo impegno, con il massimo sforzo, onorando al meglio il suo compito istituzionale e, soprattutto, il compito che è stato assegnato dal legislatore, consapevole dell'appoggio incondizionato di tutte le istituzioni e degli organismi parlamentari Pag. 17 oggi qui rappresentati ai massimi livelli, i quali – sono certo – terranno fede agli impegni ribaditi nella risoluzione poc'anzi richiamata, tra cui mi permetto di segnalare a questo onorevole consesso quello di incrementare le risorse soprattutto professionali a disposizione delle diverse amministrazioni coinvolte nel sistema di contrasto al riciclaggio, al fine di aumentarne effettivamente la capacità analitica e le concrete possibilità investigative.
  Vi ringrazio per l'attenzione e rimango a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Generale Ferla, che è stato molto incisivo. Non so se abbia un documento da lasciare agli atti o mandarci successivamente...

  NUNZIO ANTONIO FERLA, Direttore della Direzione investigativa antimafia. Lo depositiamo sicuramente.

  PRESIDENTE. Ho soltanto una domanda. Volevo tornare sullo stesso argomento che avevo posto al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, perché lei giustamente legge quel termine di 30 giorni con riferimento al secondo comma. L'unico punto che mi pongo personalmente (dobbiamo approfondire con il relatore e con i colleghi) è che, siccome 30 giorni è un termine perentorio da cui poi scatta una sanzione importante, il secondo comma lascia un'apertura di discrezionalità che potrebbe sembrare troppo ampia.
  Qualcuno ha suggerito che sia meglio determinare quando sia formata la notizia sospetta, perché non è una cosa che s'individua immediatamente, quindi qual è il termine di decorrenza di 30 giorni? Lasciamo nell'aleatorietà e al tempo stesso creiamo una discrezionalità eccessiva nell'applicazione della sanzione, che può diventare deterrente oppure quasi mai applicata. Ne capisco comunque la ratio, uno stimolo ad evitare di temporeggiare su questioni che vanno segnalate tempestivamente.

  NUNZIO ANTONIO FERLA, Direttore della Direzione investigativa antimafia. Io credo, presidente, che debba essere il legislatore a trovare il giusto equilibrio tra interessi diversi. Tuttavia il termine di 30 giorni dovete metterlo in correlazione anche ad altro sistema di tipo regolamentare, che prevede degli indici di anomalia. Gli indici di anomalia sono elaborati dalla Banca d'Italia e sono indici ovviamente riscontrabili.
  Faccio un esempio molto grezzo: se gli indici di anomalia prevedono come «caso» il versamento di un importo rilevante in contanti, non è necessario aspettare 30 giorni per verificare quell'indice di anomalia. A mio avviso i termini devono essere correlati a questi indici, che sono periodicamente elaborati e aggiornati. Quello di 30 giorni, oltre che essere collegato al rischio che l'operazione non venga bloccata, è un termine che deve essere correlato alla rivoluzione copernicana accaduta all'interno del sistema: si sta passando dal principio del know your customer, conosci il tuo cliente, a un principio di oggettivizzazione del rischio.
  Stiamo quindi passando da un sistema che investe la responsabilità del singolo a un sistema molto più oggettivo, e questo consente anche l'opportunità di stabilire dei termini di riconoscibilità dell'anomalia dell'operazione.
  Credo che non sia molto difficile per un operatore finanziario o un libero professionista riconoscere l'indice di anomalia di un'operazione.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi, autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal generale Nunzio Antonio Ferla (vedi allegato 2) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.

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