XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 10 novembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE ASSOCIATA DELLE FUNZIONI E DEI SERVIZI COMUNALI

Audizione del Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Giovanni Pitruzzella.
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 3 
Pitruzzella Giovanni , Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 3 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 5 
Pitruzzella Giovanni , Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 5 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 6 
Fabbri Marilena (PD)  ... 7 
Pitruzzella Giovanni , Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 8 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 8 

Audizione di rappresentanti dell'Agenzia per la coesione territoriale:
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 9 
Martini Giorgio , Dirigente dell'Agenzia per la coesione territoriale ... 9 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 11 
Mucci Mara (Misto-AL)  ... 11 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 11 
Martini Giorgio , Dirigente dell'Agenzia per la coesione territoriale ... 11 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO

  La seduta comincia alle 10.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Giovanni Pitruzzella.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla funzione associata delle funzioni e dei servizi comunali, di rappresentati dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM).
  Interviene il Presidente di AGCM, Giovanni Pitruzzella, al quale do il benvenuto e cedo subito la parola affinché svolga la sua relazione.

  GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Ringrazio il presidente e tutti i componenti di questa autorevole Commissione dell'invito, rivolto all'Antitrust, a esprimere il suo punto di vista in merito alla problematica della gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali.
  Dico preliminarmente che il rapporto tra le autorità indipendenti e il Parlamento è, a mio parere, di vitale e fondamentale significato per il funzionamento della nostra democrazia parlamentare. Le autorità sono indipendenti rispetto al Governo, ma non significa che non debbano avere forme di accountability nei confronti della democrazia rappresentativa e quindi della sua sede, che è il Parlamento. Incontri come quello di oggi, in cui ci occupiamo di un aspetto particolare, sono sicuramente importanti. Noi ne abbiamo tanti, soprattutto con le Commissioni che si occupano di attività economiche e attività produttive.
  Nell'ambito di questa indagine conoscitiva esaminerò ciò che rileva ai fini di un mercato competitivo e concorrenziale. Scusatemi l'ineleganza, ma una volta tanto farò un'autocitazione. In un libro di qualche anno fa, scritto con il collega costituzionalista Lippolis, che si intitolava Il bipolarismo conflittuale, edito da Rubbettino, esaminavamo la grande trasformazione politico-istituzionale italiana, avviata negli anni Novanta all'insegna di due parole d'ordine: democrazia maggioritaria e federalismo. Sono stati questi i vocaboli del lessico politico che hanno caratterizzato la fase di transizione per almeno un ventennio.
  In quel libretto, prima che queste cose venissero sviluppate, dicevamo che queste categorie erano inutilizzate. In Italia non c'era democrazia maggioritaria, ma al contrario un bipolarismo conflittuale con una contrapposizione amico/nemico tra le parti, e non c'era neppure un federalismo, ma quello che definivamo un «pluralismo istituzionale esasperato», caratterizzato dalla moltiplicazione dei centri istituzionali, soprattutto a livello locale, senza efficaci meccanismi di coordinamento.
  Ebbene, credo che la vostra indagine conoscitiva e le eventuali modifiche normative che dovessero essere apportate serviranno a tenere sotto controllo e a ridurre Pag. 4questo pluralismo istituzionale esasperato, che è fonte di non pochi problemi. È fonte, infatti, di conflittualità politica perché ogni istituzione diventa una postazione da cui, in un sistema in cui i partiti hanno perduto la loro presa sul territorio, si possono muovere battaglie politiche a livello locale particolarmente esasperate. È al tempo stesso – qui l'aspetto che interessa maggiormente l'Autorità garante che oggi rappresento – un fattore di grave pregiudizio per la nostra economia e per la crescita economica perché, di fronte a determinati problemi, occorre mettere insieme un quadro di istituzioni sempre molto articolato, frastagliato, complesso e caotico.
  Uno dei motivi del fallimento di istituzioni di semplificazione, come la Conferenza di servizi, che il Parlamento sta riformando con la legge delega sulla riforma della pubblica amministrazione, i cui decreti legislativi vedranno la luce tra breve, è stata la moltiplicazione esasperata degli attori che vi prendevano parte.
  Pensiamo anche a un tema centrale per il rilancio della competitività del Paese, cioè l'organizzazione delle infrastrutture. La presenza di una molteplicità di enti locali non raccordati tra loro ha talora costituito un ostacolo alla programmazione, che deve avvenire, come speriamo, con forme di dibattito pubblico e il coinvolgimento dei cittadini, ma secondo canali istituzionali predeterminati.
  Nell'ottica dell'Autorità garante, che ovviamente non fa riferimento soltanto al buon funzionamento del mercato, una riduzione del numero dei comuni, mediante forme di fusione, che è l'ipotesi più spinta di aggregazione, o con il ricorso a gestioni associate di altro tipo, può dare un contributo alla semplificazione amministrativa, che è una delle precondizioni del funzionamento del mercato.
  La vostra indagine conoscitiva, pur riguardando l'architettura istituzionale, ha rilevanza per l'Autorità garante perché non basta liberalizzare ed eliminare le barriere all'ingresso nei mercati, cosa che, sulla spinta soprattutto della normativa derivata europea, è stata fatta in questo Paese da tanto tempo.
  Sul piano delle liberalizzazioni non è vero che siamo all'anno zero. Tantissimi mercati sono mercati aperti. Naturalmente permangono colli di bottiglia, ostacoli e barriere, ma molti mercati, un tempo dominati da monopolisti sia a livello nazionale che locale, sono stati aperti. Tuttavia, il mercato non è concorrenziale se non ci sono quelle che io definisco «le infrastrutture del mercato», cioè altri elementi che consentono alla concorrenza di dispiegare i suoi effetti. Uno di questi è un'amministrazione efficiente e non conflittuale, che non sia produttrice di un eccesso di oneri burocratici nei confronti dei cittadini.
  La semplificazione istituzionale e il superamento del pluralismo istituzionale esasperato, di cui questa tematica costituisce una parte, non l'unica, che si inserisce in un quadro più organico e complesso, rappresentano a nostro modo di vedere una delle vie per fare in modo che gli effetti benefici della liberalizzazione di un mercato concorrenziale possano dispiegarsi, piuttosto che andare a sbattere contro la complessità della macchina amministrativa, che non è solo complessità di procedure ma anche, come dicevo all'inizio e lo sottolineo tante volte, complessità di attori.
  Detto questo, faccio una semplice osservazione, lasciandovi un documento scritto ben più articolato. Le forme attualmente previste per procedere alla gestione congiunta delle funzioni amministrative di enti di piccole dimensioni sono la convenzione, l'unione e la fusione. Capite bene che, nella nostra prospettiva, tra queste forme la fusione è quella che andrebbe maggiormente favorita e incentivata. Qui si pone anche il grande tema, che spero sarà sviluppato e in qualche misura troverà soluzioni all'esito di un'indagine conoscitiva così importante, di quali meccanismi possono essere adottati per incentivare le aggregazioni di comuni.
  Sottolineo poi un'altra questione, secondo me centrale al di là della tematica Pag. 5oggi trattata. Non basta prevedere norme. Occorre monitorare lo stato della loro attuazione. Le norme sulle aggregazioni ci sono. Dal vostro programma già si ricava quanto poco queste norme abbiano inciso sulla realtà. Bisogna invece seguire – permettetemi di dire che, secondo me, questo sarebbe uno dei compiti di un Parlamento moderno – l'implementazione di queste norme e capire perché le aggregazioni non si fanno. Non basta fissarle sulla carta. Bisogna individuare modelli che possano favorire le aggregazioni e monitorare quello che avviene passo passo, in questo che è un processo di ridefinizione complessiva dell'architettura istituzionale del nostro Stato.
  Mi fermo qui. Sono a vostra disposizione per qualsiasi domanda e osservazione.

  PRESIDENTE. Grazie, Presidente Pitruzzella.
  Prima di dare la parola ai colleghi, vorrei porre io una domanda. Tra gli oggetti dell'indagine c’è anche l'approfondimento del rapporto tra gli strumenti dell'unione, della convenzione e della fusione di comuni e la gestione dei servizi pubblici locali. È un tema che, dal punto di vista della concorrenza, ha sempre presentato delle problematiche e che io vedo complicato sotto il profilo del controllo analogo.
  Fino a oggi, per i servizi pubblici locali, si limitavano le possibilità di affidamento diretto e quant'altro ai casi di controllo analogo. C'erano e ci sono svariate violazioni da parte di società partecipate in misura infinitesimale dai comuni che, a loro volta, danno i servizi in affidamento diretto alla stessa società controllata dal grande comune. Questo succede spesso quando le società hanno un'attività provinciale. È chiaro che con la fusione dei comuni ci si trova in una situazione nella quale di fatto si legittimano ancora di più le società, che oggi non potrebbero erogare il servizio con affidamento diretto, ad affidare in via diretta quel servizio in tutta l'area dei comuni fusi o uniti. Potenzialmente si determina un effetto restrittivo della concorrenza.
  Oggi un comune senza una società controllata non può affidare direttamente un servizio pubblico. Per farlo dovrebbe avere il controllo della società affidataria, cosa che tipicamente non ha perché mancano le strutture. Un domani, il comune unico potrebbe avere la possibilità, nell'ambito territoriale dei comuni fusi, di operare l'affidamento diretto di un servizio. Peggio ancora, nelle unioni e convenzioni tra comuni potremmo avere una situazione incerta.
  Mi domando quale sia la visione dell'Autorità, che è intervenuta sul tema del controllo analogo sia con principi sia con provvedimenti, e come veda il rapporto tra gestione dei servizi pubblici, gare, affidamenti e aggregazioni di comuni.
  Do la parola al Presidente Pitruzzella per la replica.

  GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Certamente questo della modalità di erogazione di servizi pubblici locali è un tema caro all'Autorità, che è intervenuta più volte sul piano dei poteri di enforcement, contrastando alcuni comportamenti che a livello locale pregiudicavano la concorrenza, soprattutto, come è stato ben detto dal presidente, sul piano di affidamenti in house realizzati senza che ci fossero i presupposti. Abbiamo un'esperienza, per esempio, di pareri preventivi ed eventualmente di ricorsi al TAR su questo campo.
  Siamo intervenuti anche sul piano dell’advocacy, stimolando il Parlamento ad assumere iniziative sul piano della riforma dei servizi pubblici locali e delle società pubbliche. Una parte di questi suggerimenti mi pare che venga fatta propria dal disegno di legge Madia per quanto riguarda le norme che concernono le società pubbliche.
  Detto questo in termini generali e andando ad affrontare il problema più specifico, osserverei fondamentalmente due cose. La prima è che comunque l'aggregazione Pag. 6di comuni può servire a individuare ambiti di erogazione più ampi, laddove oggi spesso i servizi pubblici locali, così frammentati tra un pulviscolo di enti locali, hanno ambiti eccessivamente ristretti. Questo provoca inefficienze e mancanza di economie di scala in assetti che vanno sempre di più, nel mondo, verso l'integrazione e l'individuazione della gestione in ambiti di area vasta.
  In linea di massima, sui servizi pubblici locali io vedo una refluenza positiva delle forme di aggregazione. Pensiamo, per esempio, al trasporto pubblico locale, soprattutto in assetti economici che vanno sempre più verso l'integrazione tra un comune e l'altro in relazione sia alle dinamiche dell'economia sia alle dinamiche abitative. Che le persone, per varie ragioni, risiedano in un comune, ma si spostino e lavorino in un altro diventerà sempre più frequente ed è anche un modo per realizzare, in certi ambiti, sinergie tra quello che ogni località può dare.
  In questo contesto non possiamo rimanere fermi ad ambiti di erogazione di servizi che siano eccessivamente ristretti. L'aggregazione favorisce la creazione di un ambito di erogazione del servizio più ampio in relazione alle nuove realtà abitative, demografiche, economiche e così via. In linea di massima, quindi, questo potrà favorire l'efficienza del servizio pubblico locale.
  Qui sta la domanda del presidente e cioè quali ricadute può avere sulla concorrenza. Certamente, il tema delle società in house e degli affidamenti senza gara pregiudica la concorrenza, così come pregiudica la concorrenza – questo riguarda i servizi pubblici locali, ma trascende la vostra indagine – il fatto che in molti casi ci sia un monopolio pubblico o una riserva pubblica di attività che potrebbero essere svolte invece nel mercato.
  A nostro parere, la soluzione sarebbe un'analisi preventiva, che nei piccoli comuni dovrebbe essere fatta col supporto della regione e dell'Antitrust per non gravarli di oneri, consulenze e così via, per stabilire seriamente quello che può essere affidato al mercato e quello che invece dovrebbe essere riservato al comune perché si tratta di un tipico caso di fallimento di mercato, in cui il privato non offrirebbe condizioni qualitativamente significative. Questo non si fa e tante volte, anche in aree dove sarebbe possibile, non si realizza un'economia sana, con imprese private e lavoro vero.
  Sul problema delle società in house, mi permetto di dire che il tema diventa più complicato a causa della legge di recepimento delle due direttive europee che riguardano gli appalti di lavoro e le concessioni. La legge delega è stata approvata dal Parlamento e ora vedremo l'attuazione del Governo, di cui si discute proprio in questi giorni. Lì si dovrà procedere a una ridefinizione delle società in house, solo che le direttive hanno allargato, probabilmente anche su spinta tedesca, l'ambito di realizzazione degli affidamenti in house e ho la preoccupazione che, vista l'esperienza pregressa in Italia, un allargamento degli affidamenti in house potrà produrre, soprattutto a livello di piccole realtà, meccanismi di inefficienza.
  Quella preoccupazione del presidente, certamente esistente, viene amplificata di ulteriori elementi se si tiene conto che le maglie degli affidamenti in house si allargano, peraltro anche con riguardo alla partecipazione di più enti all'interno della medesima società. Il controllo del Parlamento – lo dico in termini generali – sul modo in cui questa delega verrà attuata, essendo di rilevante importanza in un settore delicatissimo come quello degli affidamenti, degli appalti e dei servizi, credo che sarebbe opportuno e che trascenda l'ambito della concorrenza per investire tematiche che riguardano la trasparenza, l'uso ottimale delle risorse pubbliche, la valorizzazione degli aspetti nobili della politica a livello locale e la limitazione degli aspetti meno nobili.

  PRESIDENTE. Credo che su questo avremo la possibilità di esprimerci a breve. Ancora prima della delega sugli appalti ci arriveranno i decreti di attuazione della legge delega Madia, che contengono i testi unici sulle società partecipate Pag. 7e sui servizi pubblici locali, secondo principi di necessità per l'interesse generale, indispensabilità e mancanza di alternative. Una parte dei rimedi a questo rischio probabilmente si potrà cercare di portarla avanti in quel lavoro. Il tema delle maglie resta, ma il vincolo si può porre dalle due parti.
  Il primo che credo ci arriverà, perché è uno dei temi sui quali stiamo aspettando i decreti, è il decreto di attuazione della legge Madia sulle partecipate.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARILENA FABBRI. Ringrazio il Presidente Pitruzzella per essere qui questa mattina.
  Ho scorso velocemente la relazione che è stata depositata. Io sono tra quelli che pensano che le unioni e le fusioni siano uno strumento importante per rafforzare la capacità di gestione delle nostre amministrazioni, chiamate sempre più spesso a gestire grandi responsabilità e scelte complesse con meno risorse sia economiche sia umane. Aggregarsi compensa la riduzione di risorse umane ed economiche e offre la possibilità di usare meglio le risorse umane attraverso la specializzazione. Razionalizzando alcuni servizi, come quelli di back-office, i comuni possono utilizzare meglio le risorse, specializzarsi ed essere maggiormente capaci di stare al passo con i cambiamenti anche normativi.
  Prima che iniziasse la riforma della pubblica amministrazione negli anni Novanta, il contesto normativo era statico. Dal 1990 in poi, dopo le prime riforme Amato, non è più stato così e oggi lo vediamo. Di settimana in settimana cambiamo le norme, rendendo la vita difficile a chi le deve attuare. Questo necessita di una flessibilità e di una capacità di stare al passo con i cambiamenti molto alta e un comune piccolo, con poche risorse umane, riesce difficilmente ad averla.
  Il rischio, a mio avviso, è che si creino comuni di serie A e di serie B, con cittadini che avranno servizi di serie A e cittadini che avranno servizi di serie B oppure che andranno ad acquisire i servizi altrove, pagandoli come non residenti e quindi con costi aggiuntivi per le famiglie.
  Quello che però mi interessa della sua relazione è il fatto che lei citi anche valutazioni di carattere economico. Oltre al tema dei servizi ai cittadini, c’è anche l'aspetto della competitività del nostro Paese. Se è vero che, da un lato, la concentrazione delle pubbliche amministrazioni può determinare la concentrazione delle società partecipate, dall'altro dobbiamo ricordare che uno dei nostri obiettivi è proprio la razionalizzazione delle società partecipate per finalità strategiche, oltre alla necessità di distinguere, come diceva lei, tra servizi che dovrebbero essere gestiti direttamente dal sistema pubblico e servizi che invece andrebbero restituiti al mercato perché non direttamente rispondenti a un interesse pubblico.
  La razionalizzazione da quel punto di vista c’è già e in molti territori è difficile trovare società comunali per l'acqua o società comunali per i rifiuti. C’è già stato un accorpamento sovra-comunale attinente ad ambiti strategici e a normative precedenti.
  Mi interessa approfondire quanto, dal vostro punto di vista, la semplificazione amministrativa e il fatto che i territori sovra-comunali abbiano le stesse regole per autorizzazioni, concessioni e permessi possa rendere il nostro Paese più competitivo e più attraente per l'imprenditoria locale ed estera. L'obiettivo di migliorare la capacità di rispondere ai bisogni dei cittadini e delle imprese non si ottiene solo rendendo migliore la vita di chi ha scelto di vivere in Italia, ma anche stando al passo con una competizione internazionale che sposta sempre più velocemente le risorse e che, a mio avviso, guarda alla capacità di risposta della pubblica amministrazione di un Paese. Ci siamo sempre detti che tra gli handicap dell'Italia c’è l'eccessiva burocrazia, una giustizia lenta a dirimere le situazioni conflittuali e così via.
  Vorrei chiederle se può sviluppare questa parte della relazione, in cui vengono Pag. 8indicati alcuni dati su quanto si ritiene che il nostro Paese abbia perso in termini di competitività a seguito delle lentezze burocratiche o delle sfide che non ha colto in anni passati. Tra queste, il tema delle unioni e delle fusioni potrebbe ridurre il gap.

  GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. La domanda, molto articolata, pone, a mio parere, l'accento sui veri nodi di Gordio che la classe politica – il Parlamento in primo luogo – dovrebbe affrontare e sciogliere. Gli argomenti evocati vanno al di là e ampliano i temi sul tappeto con riferimento alla specifica questione delle aggregazioni dei comuni. Per rispondere brevemente mi limito a poche battute.
  Per prima cosa, è indiscutibile che il carico burocratico sulle imprese che esiste nel nostro Paese e l'incertezza del diritto, sotto il profilo della difficile comprensione delle norme e di un'implementazione per via amministrativa o per via giudiziaria altrettanto caotica, siano tra i principali ostacoli alla competitività e alla crescita economica del Paese.
  È riportato in tutte le statistiche internazionali, da quella della Banca mondiale Doing business in Italy a tante altre. Qui citiamo Confcommercio, ma anche l'OCSE nei suoi rapporti e nei suoi annuali survey sull'Italia ricorda come l'eccesso di burocrazia sia uno dei principali ostacoli, e le varie classifiche ci penalizzano.
  Detto questo, non vorrei soffermarmi su cose note, bensì richiamare un aspetto su cui non sempre si riflette, ma che l'onorevole Fabbri ha colto ed è enormemente importante. Parlo dell'eccessiva proliferazione di fonti del diritto nel Paese e soprattutto a livello locale. Come lei diceva, è possibile che le regole per ottenere il rilascio di un'autorizzazione o concessione varino da un comune a quello limitrofo e che le regole urbanistiche, aggiungo io, variano così profondamente da una regione all'altra ?
  C’è un nodo politico-istituzionale molto grosso. Noi abbiamo costruito, a partire dalla Costituzione del 1948, l'autonomia regionale e locale come autonomia di fare norme. Questa era la vecchia idea secondo cui l'autonomia politica si fa legiferando e la legge è l'espressione massima dell'autonomia politica. Così abbiamo costruito un sistema in cui ci sono più centri di produzione normativa, cioè le regioni.
  Non contenti di ciò, con le riforme degli anni Novanta, a partire dalla legge n. 142 del 1990, abbiamo valorizzato il potere normativo degli enti locali attraverso i regolamenti comunali e poi, con la riforma costituzionale del 2001, abbiamo dato ulteriore rilievo costituzionale alla potestà normativa degli enti locali. Morale della favola: il diritto nel nostro Paese, come dico io, è inconoscibile.
  Un problema di certezza del diritto c’è in tutto il mondo occidentale e in tutti i Paesi con cui ci confrontiamo. Da noi ha però raggiunto livelli insostenibili, anche a causa della proliferazione di norme, ed è difficile, di volta in volta, raccordare queste norme in un sistema in cui, per altro, la gran parte della produzione significativa proviene dall'Europa.
  Accanto alle aggregazioni dei comuni sul piano amministrativo e al tema da lei posto della certezza del diritto, che è di rilevanza incredibile e che gli investitori internazionali e le grandi multinazionali che giornalmente incontriamo sempre ci domandano di risolvere, mi limito a lanciare lo stimolo ad affrontare anche una razionalizzazione del sistema delle fonti – tema da I Commissione –, soprattutto a livello locale.
  Da lì passa, a mio parere, una gran parte della ripresa di competitività del Paese.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 10.55, riprende alle 11.05.

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Audizione di rappresentanti dell'Agenzia per la coesione territoriale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali, di rappresentanti dell'Agenzia per la coesione territoriale.
  È presente il dirigente dell'Agenzia, dottor Giorgio Martini, che ringrazio per la presenza e a cui do subito la parola per lo svolgimento della relazione.

  GIORGIO MARTINI, Dirigente dell'Agenzia per la coesione territoriale. Grazie e buongiorno a tutti. Intervengo a nome del Direttore, dottoressa Maria Ludovica Agrò.
  Vorrei dire innanzitutto che l'Agenzia non è soggetto attivo nella realizzazione degli obiettivi previsti dalle norme in materia di associazione di comuni. Come voi sapete, l'Agenzia per la coesione territoriale è una nuova struttura, che nasce dal Dipartimento delle politiche di sviluppo, e ha il compito di accompagnare i programmi e i progetti per lo sviluppo e la coesione territoriale, con particolare riferimento all'attuazione dei programmi comunitari inerenti sia alla programmazione 2007-2013, che si sta chiudendo, sia alla nuova programmazione 2014-2020.
  Specialmente nell'attuazione di questa nuova programmazione, abbiamo tenuto conto di una serie di indicazioni normative intervenute nel contesto, coerenti con le linee da noi tracciate a proposito della concentrazione e della necessità di operare per risultati e per obiettivi tematici. La nuova programmazione è stata avviata dall'accordo di partenariato, approvato con decisione comunitaria il 29 ottobre 2014. In seguito c’è stata l'attuazione dei programmi operativi. Nell'attuale fase di programmazione e nell'accordo di partenariato ci sono alcuni elementi che abbiamo inserito nella programmazione e che vorremmo mettere in evidenza – è questo il fulcro del mio intervento – perché potrebbero favorire il processo di unione, fusione o associazione dei servizi.
  La prima cosa che desidero sottolineare è che non esistono azioni mirate direttamente a favorire questo processo di unione, se non in alcuni ambiti particolari, come per esempio quello delle aree interne. La nuova programmazione prevede, infatti, una strategia nazionale per le aree interne, che, riguardando una specifica tipologia di territori e comuni referenti molto piccoli, è forse l'unico caso in cui esistono pre-condizioni all'accesso, come dirò in modo più dettagliato, legate a forme di associazionismo permanente.
  All'interno dei vari obiettivi tematici previsti dalla nuova programmazione ci sono però altri riferimenti abbastanza puntuali, nei quali il fatto di operare in maniera integrata e dare luogo a forme di governance associata duratura, che metta in comune i servizi, non è solo auspicato, ma può diventare vincolante nel momento in cui i programmi operativi, che, come sapete, sono a gestione regionale o nazionale, saranno attuati. C’è la possibilità che, tra i criteri di ammissibilità, valutazione e priorità, l'amministrazione competente per il singolo programma inserisca la gestione associata, che nell'accordo di partenariato è solo un indirizzo, come criterio vincolante.
  Faccio due esempi che riguardano l'obiettivo tematico numero 9, relativo a inclusione sociale e servizi. Ci sono interventi, per esempio, a sostegno dei piani di investimento per comuni associati oppure interventi a sostegno degli anziani e della prima infanzia o della riorganizzazione sul territorio di infrastrutture e servizi socio-sanitari per i quali l'accordo di partenariato ritiene preferibile che l'approvazione e il finanziamento dei piani di investimento riguardi comuni associati.
  L'altra tematica nella quale si spinge molto per un'aggregazione, se non altro progettuale, rientra nell'ambito tematico numero 2, che riguarda l'agenda digitale e i servizi annessi. In questo caso, nell'azione 2.2 prevediamo la realizzazione di servizi di e-government interoperabili, integrati e che riguardino una pluralità di comuni.Pag. 10
  Passando in una dimensione un po’ diversa, il Programma operativo nazionale Città metropolitane, che è di competenza dell'Agenzia per la coesione territoriale, prevede che, in tema di agenda digitale, il sistema di servizi collegato alle grandi piattaforme nazionali non si esplichi soltanto nel capoluogo della città metropolitana, ma coinvolga obbligatoriamente un numero minimo di comuni della cintura metropolitana. Si tratta di aggregazioni finalizzate alla gestione di un servizio e non di forme associative più o meno permanenti.
  Un'altra tematica per la quale la nuova programmazione prevede una serie di strumenti che tendono a favorire queste forme di aggregazione è lo sviluppo integrato del territorio, con riflessi in ambito ambientale ed energetico.
  All'interno della programmazione ci sono due specificità. La prima riguarda lo sviluppo urbano, alla quale i regolamenti comunitari prevedono che sia dedicato almeno il 5 per cento delle risorse nazionali complessive. Questo trova gran parte della sua esplicitazione nei programmi regionali, dove referenti sono le grandi città capoluogo di provincia. Ci sono alcune regioni, come per esempio la Toscana, che hanno invece previsto di operare sulla base dell'aggregazione dei comuni più piccoli, anziché individuare direttamente le città capoluogo come hanno fatto altre regioni, tra cui l'Emilia-Romagna. Pertanto, la Toscana emanerà un bando specifico nel quale la gestione comune dei servizi sarà uno degli elementi di cui si terrà conto nella valutazione.
  Per quanto riguarda le aree interne, che sono l'altro grande focus tematico di questa nuova programmazione, c’è stato un processo di analisi congiunta con le amministrazioni centrali e regionali titolari dei vari territori al fine di individuare una o più aree interne nelle quali fossero presenti, in questo caso obbligatoriamente, forme appropriate di gestione associata di funzioni fondamentali e di servizi nelle forme previste dall'ordinamento, ossia attraverso lo strumento della convenzione o dell'unione di comuni, finalizzate a favorire il raggiungimento dei risultati.
  In questo caso, la gestione associata delle funzioni e dei servizi non è un'opzione ma un requisito essenziale della strategia di sviluppo. La legge prevedeva che questo fosse realizzato entro dicembre 2014. Il rispetto di quanto previsto dalla norma diventa una precondizione perché un territorio sia selezionato come area interna beneficiaria degli investimenti comunitari. Ricordo che le aree interne, oltre che delle risorse dei programmi comunitari, beneficiano anche di risorse ordinarie affiancate per supportare e rafforzare questo tipo di intervento.
  Abbiamo condotto un'analisi e abbiamo verificato che poco meno di un terzo dei comuni delle aree interne, circa il 30 per cento, all'ottobre 2015 faceva parte di un'unione di comuni. Oltre il 30 per cento faceva, invece, parte di una comunità montana. Quando ci si rivolge a territori più ampi o a realtà al di fuori dalle aree interne queste percentuali diminuiscono. Come ripeto, l'aggregazione e la gestione associata è, nel caso delle aree interne, una sorta di pre-condizione.
  Le forme di aggregazione non devono essere finalizzate a un progetto, ma devono essere durature, con una stabilità minima di almeno tre anni. Devono prevedere la delega di funzioni a strutture create ad hoc, con una cessione di competenza da parte dei comuni aggregati e l'affidamento di una molteplicità di servizi a un unico soggetto, che può essere un nuovo soggetto oppure uno dei comuni associati delegato. Le funzioni fondamentali sono quelle previste dalla legge n. 135 del 2012, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione.
  I finanziamenti si attivano attraverso lo strumento dell'accordo di programma, che non può essere sottoscritto a meno che non siano già state stipulate le convenzioni. Abbiamo previsto una serie di step di verifica del processo. I vari passaggi si intendono superati solo alla verifica dell'esistenza di atti formali che garantiscano l'efficienza.Pag. 11
  Questa è la situazione in sintesi. L'Agenzia non possiede strumenti cogenti né ha nelle sue competenze questo ruolo, ma in questa fase nuova di programmazione per gli anni 2014-2020 sta tenendo conto degli indirizzi e degli obiettivi indicati a livello governativo e parlamentare. Anche nella fase di negoziato con la Commissione europea, pur nel rispetto di indicazioni e vincoli contenuti negli specifici regolamenti comunitari, abbiamo cercato di inserire elementi che potessero facilitare una concezione nuova e meno individualistica della gestione dei servizi e favorire, ove possibile, i processi oggetto di questa audizione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Martini e do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARA MUCCI. Nell'ambito dell'agenda digitale lei ha parlato di programmi operativi per quanto concerne la città metropolitana. Mi chiedevo nello specifico se potesse fare alcuni esempi di progetti che state cercando di organizzare e che potrebbero coinvolgere più comuni, con l'obiettivo di ottimizzare l'utilizzo delle risorse, ma anche di favorire lo sviluppo della digitalizzazione all'interno della pubblica amministrazione.
  È un nodo sicuramente importante e un impegno che i comuni devono prendere se vogliono gestire in maniera oculata le poche risorse a disposizione. Si tratta di operazioni che probabilmente hanno un costo per il budget comunale. Proprio quest'ambito specifico può però consentire un utilizzo concreto delle risorse guardando a un insieme di comuni, i quali potrebbero organizzare il proprio lavoro concentrandosi su alcuni aspetti, che tutti potrebbero poi utilizzare molto serenamente perché si parla di informatizzazione e quindi di strumenti.
  Questa audizione mi ha permesso di capire che non è di vostra stretta competenza l'organizzazione di unioni di comuni, ma mi chiedevo se aveste in mente un'idea del modo in cui queste unioni potrebbero funzionare. Spesso i comuni non riescono a unirsi perché sono diversi e le rispettive differenze non lo consentono oppure probabilmente perché nessuno li obbliga a farlo.
  Nell'ottica non tanto di una spending review quanto della gestione delle risorse, l'unione di comuni sul piano amministrativo potrebbe invece aiutare a centrare gli obiettivi prefissati.

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

  GIORGIO MARTINI, Dirigente dell'Agenzia per la coesione territoriale. Quanto all'agenda digitale, ricordo che l'obiettivo tematico numero 2 della programmazione riguarda il tema della digitalizzazione, in particolare con riferimento alla banda ultralarga, che è uno degli obiettivi primari di questa programmazione e su cui molte risorse sono state messe sia a livello di fondi strutturali sia a livello di risorse ordinarie. L'obiettivo è assicurare la banda ultralarga oltre i 30 mega all'intero territorio nazionale, ma nelle grandi città o nelle zone industriali arrivare ai 100 mega. Questo è l'intervento infrastrutturale.
  Per quanto riguarda i servizi, questi strumenti sono aperti in generale all'intero territorio. Ogni amministrazione titolare di un programma operativo individua le risorse da investire e la tipologia di servizi prioritari su cui intende operare per assicurare un servizio quanto più possibile uniforme, diffuso ed efficiente sul territorio.
  Per quanto riguarda, invece, il programma relativo alle città metropolitane, stiamo parlando di aree ben delimitate ancora in fase di messa a punto operativa. Per l'asse 1 dell'agenda digitale, che lavora solo sui servizi e non sulle infrastrutture, abbiamo fissato tra i parametri minimi il coinvolgimento di un numero significativo di comuni della cintura. Abbiamo voluto evitare che l'intervento si concentrasse solamente sulla città capoluogo, imponendo questo coinvolgimento come obbligo del programma.
  Sia nel caso specifico che in termini più generali, l'Agenzia supporta dal punto di Pag. 12vista tecnico l'individuazione degli strumenti più idonei. Con questo rispondo all'altra sua domanda. Noi ci rendiamo perfettamente conto, anche sulla base dei risultati della programmazione che si sta chiudendo o delle precedenti programmazioni, che i soggetti beneficiari degli interventi a livello comunale trovano le maggiori difficoltà di attuazione. In parte ciò è dovuto al Patto di stabilità, ma c’è anche il problema di trovare gli strumenti adeguati. Su questo l'Agenzia si pone come soggetto di supporto.
  Una delle finalità primarie dell'Agenzia è accompagnare non solo le amministrazioni centrali, ma anche i beneficiari e i destinatari degli interventi. L'esempio delle aree interne, la cui gestione è responsabilità diretta dell'Agenzia, dimostra che questa è la linea che seguiamo. Una volta individuate nel territorio regionale, insieme all'amministrazione regionale competente, una o due zone con le caratteristiche dell'area interna, forniamo tutto il nostro supporto anche nella predisposizione degli atti e dell'organizzazione interna che questi comuni devono darsi per la gestione associata dei servizi.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.30.