XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Giovedì 9 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEI PROGETTI DI LEGGE C. 14  COST. D'INIZIATIVA POPOLARE, C. 21  COST. VIGNALI, C. 148  COST. CAUSI, C. 178  COST. PISICCHIO, C. 180  COST. PISICCHIO, C. 243  COST. GIACHETTI, C. 284  COST. FRANCESCO SANNA, C. 398  COST. CAPARINI, C. 568  COST. LAFFRANCO, C. 579  COST. PALMIZIO, C. 580  COST. PALMIZIO, C. 581  COST. PALMIZIO, C. 839  COST. LA RUSSA, C. 939  COST. TONINELLI, C. 1439  COST. MIGLIORE, C. 1543  COST. GOVERNO, C. 1660  COST. BONAFEDE, C. 1925  COST. GIANCARLO GIORGETTI, C. 2051  COST. VALIANTE, C. 2147  COST. QUARANTA, C. 2221  COST. LACQUANITI, C. 2227  COST. CIVATI, C. 2293  COST. BOSSI, C. 2329  COST. LAURICELLA, C. 2338  COST. DADONE, C. 2378  COST. GIORGIS, C. 2402  COST. LA RUSSA, C. 2423  COST. RUBINATO, C. 2458  COST. MATTEO BRAGANTINI, C. 2462  COST. CIVATI E C. 2613  COST. GOVERNO, APPROVATO DAL SENATO, IN MATERIA DI REVISIONE DELLA PARTE SECONDA DELLA COSTITUZIONE

Audizione di esperti.
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 
Luciani Massimo , Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza» ... 3 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 
Luciani Massimo  ... 3 
Bin Roberto , Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Ferrara ... 5 
Antonini Luca , Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Padova ... 7 
Lippolis Vincenzo , Professore ordinario di Diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi Internazionali (UNINT) di Roma ... 9 
Calderisi Giuseppe , Esperto della materia ... 11 
D'Andrea Antonio , Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Brescia ... 13 
Fusaro Carlo , Professore ordinario di Diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Firenze ... 15 
Agostini Roberta , Presidente ... 17 
Lattuca Enzo (PD)  ... 17 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 17 
Lattuca Enzo (PD)  ... 17 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 17 
Giorgis Andrea (PD)  ... 17 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 17 
Toninelli Danilo (M5S)  ... 18 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di esperti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in relazione dell'esame dei progetti di legge C. 14 cost. d'iniziativa popolare ed abbinati in materia di revisione della parte seconda della Costituzione, l'audizione di esperti, che ringraziamo per la loro presenza. Avviso che il tempo a disposizione di ciascuno dei nostri ospiti per il suo intervento è di circa sette minuti. Qualora non abbiate già consegnato alla Presidenza un contributo scritto, ovviamente più ampio rispetto al vostro dire, vi invito a trasmetterlo nei prossimi giorni. Nessuno è tenuto all'analisi grammaticale di tutto quello che ha da dire, ma un pensiero sintetico e chiaro mette i componenti della Commissione in condizioni di potervi rivolgere delle domande.
  Do la parola agli esperti intervenuti, ad iniziare dal professor Luciani.

  MASSIMO LUCIANI, Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza». Grazie, presidente, anche per avermi consentito di parlare per primo. Mi scuso con i colleghi ma ero disponibile anche a un rinvio.
  Sarò molto sintetico, evidenziando innanzitutto i punti della riforma che mi paiono meritevoli di condivisione, per poi passare a quelle che mi sembrano le criticità. Anzitutto la scelta di uscire dal bicameralismo paritario, perché questo, se è servito a far funzionare ciascuna Camera nei confronti dell'altra come «chambre de réflexion», non ha prodotto risultati apprezzabili nella prospettiva della maggiore rappresentatività del Parlamento e della razionalizzazione della forma di Governo.
  Seconda ragione: l'opzione per la fiducia monocamerale. Questo è un problema che tutti conosciamo e dovrebbe essere ormai riconosciuto che i problemi dei Governi italiani derivano non dall'esiguità dei loro poteri costituzionali, ma dall'instabilità che li affligge. Questa instabilità è ampiamente determinata da fattori politici e culturali, che sono extra istituzionali, cioè i problemi interni alle maggioranze di Governo, ma non è estraneo a questa instabilità il meccanismo della doppia fiducia.
  Terza questione: la preferenza accordata alla rappresentanza ovvero rappresentatività territoriale in una realtà politico-sociale in cui le fratture geografico-territoriali, più che essere riprodotte, debbono essere registrate e assorbite sul piano istituzionale, perché il problema dell'Italia è proprio questo.

  PRESIDENTE. Mi spiace interromperla, ma è per un buon motivo: per salutare il Ministro Boschi che è appena arrivata. Prego, può proseguire.

  MASSIMO LUCIANI, Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università Pag. 4degli studi di Roma «La Sapienza». Saluto anche io il Ministro. La terza ragione di consenso è appunto la preferenza accordata alla rappresentanza territoriale in questa realtà così composita. Ultima ragione di consenso: la consapevolezza della necessità di riformare insieme al bicameralismo l'assetto dei rapporti Stato/Autonomie territoriali, che è disegnato dall'attuale Titolo V della Costituzione.
  In sintesi altrettanto estrema le considerazioni più critiche o le perplessità perché, se l'impianto generale della riforma è condivisibile, mi sembrano necessari alcuni aggiustamenti. Trascuro quelli a mio avviso molto importanti per i quali non c’è tempo di discutere e rinvio al testo scritto che trasmetterò in tempi brevi.
  Una questione molto delicata: articolo 55, comma quarto e articolo 70, comma primo. Nell'articolo 55 si fa riferimento a «materie per identificare le competenze del Senato», nel 70 a «materie per identificare i casi in cui la Camera può superare solo a maggioranza assoluta il dissenso del Senato».
  Questo mi è sempre sembrato e mi continua a sembrare molto rischioso: le diversità di competenze tra Camera e Senato a mio parere debbono essere strutturate per tipi di legge, identificati secondo caratteristiche formali e non discutibili, perché altrimenti si inserisce nel procedimento legislativo un criterio incerto e discutibile come quello delle materie, con l'effetto evidente che le Camere non sapranno come comportarsi – ci sarà un vistoso contenzioso tra le due Camere – e questi vizi del procedimento si trasformeranno in potenziali vizi di legittimità costituzionale, con effetti che si possono bene immaginare.
  Non comprendo bene cosa significhi all'articolo 55, comma quarto l'espressione «il Senato concorre ad esprimere pareri» perché è una formula che non è ben comprensibile: o li esprime o non li esprime, e bisogna soltanto qualificare gli effetti di questi pareri, se siano obbligatori e vincolanti oppure soltanto obbligatori e non vincolanti o meramente facoltativi.
  All'articolo 57 c’è la vexata quaestio della legittimazione del Senato. Si tratta di un problema sul quale si è molto discusso: l'alternativa a questa elezione indiretta così secca era un'elezione che prevedesse la votazione diretta Regione per Regione, da un apposito listino e in coincidenza con l'elezione dei Consigli regionali.
  Questa elezione sarebbe stata formalmente diretta, ma sostanzialmente indiretta, perché la competizione sarebbe stata equivalente a quella indiretta. Non so se ci siano i margini politici per riflettere su questa ipotesi, ma la metto sul tavolo.
  All'articolo 71 si parla di «referendum propositivi» e si apre alla partecipazione popolare. Alcuni sono spaventati dall'allargamento degli istituti di partecipazione, ma personalmente lo ritengo estremamente importante, perché nel momento in cui si semplifica la forma di Governo bisogna trovare altri canali partecipativi utili a trasmettere le cosiddette «domande dal basso». Ritengo però non tecnicamente corretta l'espressione «referendum propositivi», perché qui si tratta di iniziativa popolare indiretta, quindi sarei stato più chiaro, non avrei lasciato indeterminata la questione e avrei auspicato un allargamento di questa iniziativa popolare indiretta, precisando tutti i casi in cui l'iniziativa non sarebbe stata ammissibile, e i controlli della Corte costituzionale. Si sarebbe bilanciata così l'esigenza di partecipazione con l'esigenza di serietà e continuità dei lavori parlamentari.
  All'articolo 72, comma sesto, si parla di «leggi di ratifica dei trattati internazionali», che è palesemente una svista perché non esistono. All'articolo 75 il quorum è differenziato in ragione della forza dell'iniziativa. Questo mi sembra francamente improvvido, in quanto si favorisce un referendum di maggioranza con effetti plebiscitari.
  L'articolo 77, comma terzo non tiene conto del fatto che qualche volta i decreti legge sono indispensabili per intervenire in materia elettorale: è capitato e potrebbe non essere commendevole, ma ci sono casi in cui questo può essere indispensabile.Pag. 5
  La nozione «trattati relativi all'Unione europea» è molto imprecisa; se ne parla negli articoli 80 e 87, ma cos’è un trattato relativo all'Unione europea ? Il cosiddetto fiscal compact coinvolge anche le attribuzioni di organi dell'Unione. Che trattato era ? Sarebbe andato nella procedura speciale degli articoli 80 e 87 oppure no ? Credo che occorra trovare una formula più provvida.
  Veniamo al punto a cui tengo particolarmente, la riforma del Titolo V. Qui abbiamo quello che mi pare un paradosso: finalmente otteniamo in Costituzione l'emersione delle Autonomie territoriali a livello alto, con una Camera rappresentativa delle Regioni, eppure le competenze delle Regioni vengono largamente mortificate.
  Sarebbe stato più opportuno seguire una strada speculare a questa, cioè giustamente attrarre nelle materie di competenza esclusiva tutta una serie di materie che non c'era ragione di tenere nelle materie concorrenti o addirittura di competenza regionale (penso alle professioni e alle grandi reti che devono essere materia di competenza esclusiva dello Stato).
  In un sistema di regionalismo cooperativo, perché a mio parere il nostro regionalismo deve essere cooperativo perché funziona meglio (la Germania e anche la nostra storia lo dimostrano), quale meccanismo di riparto di competenze fra Stato e Regioni funziona meglio ?
  A mio parere è molto semplice: un meccanismo di materie ripartite o concorrenti, che si tratti di concurrere und gesetzgebund alla tedesca o di materie concorrenti di tradizione italiana è abbastanza analogo. Dobbiamo però valorizzare le materie di competenza concorrente, mentre invece è successo esattamente il contrario e sono state cancellate. Si avverte nettamente che questa cancellazione non funziona, perché, se andiamo a vedere l'articolo 117, quante volte si parla di disposizioni generali e comuni, di princìpi e via discorrendo ?
  Questo significa semplicemente che si è inteso reintrodurre dalla finestra le materie di competenza concorrente cacciate dalla porta, quindi forse sarebbe opportuno ripensare questa parte dell'impianto. Non sarebbe difficile reintrodurre materie di competenza concorrente: lasciare allo Stato l'identificazione dei princìpi fondamentali e alle Regioni il loro svolgimento sarebbe coerente con le scelte in materia di forma di Governo e con il funzionamento di un regionalismo cooperativo efficace.
  Grazie.

  ROBERTO BIN, Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Ferrara. Grazie, presidente, vi ringrazio dell'invito. Mi scuso se alle 14.30 dovrò andare via per partecipare a una riunione della Commissione paritetica del Friuli-Venezia Giulia.
  Vorrei focalizzarmi su un unico punto che mi sta molto a cuore, che mi sembra l'asse portante della riforma. Io avevo pubblicato un commento al disegno di legge del Governo, il testo che esce dal Senato mi sembra un po’ peggiorativo proprio da questo punto di vista.
  Il problema è esattamente questo: se Regioni ed Enti locali gestiscono una percentuale della spesa pubblica rilevante, il primo problema da affrontare è come istituire meccanismi di cooperazione tra Stato e Regione: è il primo e secondo me anche l'unico.
  Dissento dall'amico e collega Massimo Luciani: non sono le materie al centro del problema, le materie non hanno mai risolto il problema da nessuna parte del mondo, le materie servono a reggere il contenzioso, cioè a trovare una base per risolvere i litigi tra centro e periferia, non per gestire la cooperazione sulle politiche.
  Il problema è che noi non abbiamo forme serie di cooperazione istituzionale per affrontare politiche necessariamente comuni, e abbiamo trasferito tutto il peso sulle materie e tutto il peso sul contenzioso di fronte alla Corte Costituzionale.
  Del resto, le operazioni che si sono fatte sull'elenco delle materie sono operazioni che non erano neanche urgenti, perché tutto quello che si propone di modificare è già consolidato nella giurisprudenza Pag. 6della Corte Costituzionale in questi anni, per cui nulla realmente cambierebbe in profondità.
  Se il Senato della Repubblica deve essere lo strumento per portare le istituzioni locali a cooperare nella fase legislativa con le istituzioni nazionali, il Senato deve essere messo in condizione di perseguire questo obiettivo, e il testo attuale non promette nulla di buono rispetto a questo obiettivo.
  Non promette nulla di buono perché innanzitutto ci sono parecchie confusioni. Penso per esempio a questa cosa molto singolare, per cui si dice che il Senato deve intervenire nelle leggi che riguardano la famiglia e i trattamenti sanitari obbligatori, vale a dire le questioni più complesse dal punto di vista bioetico.
  Questo è snaturare la funzione del Senato, che deve essere la rappresentanza delle istituzioni locali, non un modo per aumentare la riflessione politica sulle leggi nazionali. È una forma di sfiducia nei confronti della Camera, di cui non vedo proprio la ragione.
  La stessa costruzione del Senato, così come è uscita dal testo approvato dal Senato, promette non un Senato che rappresenti le istituzioni locali ma piuttosto un Senato che riproduca in loco le divisioni politiche.
  Molta attenzione meriterebbe la norma transitoria che dice come si eleggerà il Senato in attesa della legge ordinaria di attuazione: è un'elezione per liste politiche e, se una Camera si forma per liste politiche, sarà una Camera politica, i suoi gruppi si divideranno secondo le liste di centrodestra, centrosinistra e varia altra umanità, ma il risultato non sarà la rappresentanza del territorio, ma sarà una spinta a occuparsi di politica.
  Negare al Senato di occuparsi della fiducia e del Governo è negargli il mestiere che è implicito alla struttura politica che in questo modo gli si conferisce. La scelta dell'elezione indiretta dei senatori secondo me è una pessima soluzione, non ha operato bene in nessun Paese in cui sia stata optata.
  Voi sapete che in tutti i sistemi del mondo esistono seconde Camere, e la regola (salvo gli Stati Uniti) è che non sia un'elezione diretta, politica: in tutti questi sistemi il Senato ha dato prestazioni buone o cattive, a seconda della sua capacità di rappresentare le istituzioni locali. La Germania è quindi un punto di riferimento, perché sicuramente la seconda Camera (anche se tecnicamente non è una Camera e anche questo è significativo) funziona rispetto al suo scopo.
  Il problema è questo: bisogna immaginare l'istituzione che serva a uno scopo, che porti a massimizzare le prestazioni rispetto a quello scopo, e bisogna organizzarla di conseguenza. Da questo punto di vista ci sono delle cose che ovviamente non possono essere sostenute, come la presenza dei senatori a vita o quasi a vita per sette anni, che mi pare un obbrobrio di per sé (il senatore fiduciario del Presidente della Repubblica mi pare veramente un obbrobrio), ma non sono queste le cose pesanti.
  Le cose pesanti sono proprio legate al modo di selezionare i Sindaci e i Consiglieri regionali, che regione per regione andranno a formare una Camera che alla fine sarà composta necessariamente dalle forze politiche.
  Io non trovo nulla di male ad avere una seconda Camera politica, ma allora bisogna eleggerla direttamente e non inventarci un meccanismo che ne destituisce la legittimazione, senza dare poi delle prestazioni che sarebbero quelle che dovrebbero essere premiate.
  Da questo punto di vista so bene che politicamente è inaccettato e forse inaccettabile, ma bloccare il voto della rappresentanza delle Regioni è un passaggio che io vedo necessario per raggiungere lo scopo. Dopodiché come si forma la rappresentanza delle Regioni perde quasi importanza: l'importante è che la componente che rappresenta una Regione voti al suo interno, assuma una posizione e quella posizione sia portata in Senato come la posizione di quella Regione, con tutti i voti di cui dispone in quanto rappresentanti.Pag. 7
  Questo cambierebbe la natura della Camera Senato e farebbe perdere rilevanza alla questione di come si compone, perché sposterebbe l'attenzione su come la rappresentanza regionale voti al suo interno sulle questioni che riguardano il territorio.
  Un ultimo accenno riguarda l'articolo 120, comma secondo, sul potere sostitutivo, che in un sistema a buon funzionamento delle Autonomie è un meccanismo di fondamentale importanza. Uno dei pochi miglioramenti del testo licenziato dal Senato riguarda l'aggiunta di questa strana cosa di cui abbiamo anche un infausto ricordo nella legislazione ordinaria passata: le sanzioni politiche nei confronti degli amministratori locali.
  Personalmente non mi dispiace l'idea che gravi inadempimenti rispetto alla gestione contabile amministrativa del proprio Ente siano puniti (anzi non vedo perché questo non dovrebbe essere applicato anche a chi governa lo Stato). Ciò che andrebbe rafforzato, perché è un elemento fondamentale di razionalità del sistema, è il divieto di ripiano dei passivi degli Enti locali.
  So bene che la misura è feroce, ma è l'unica che introdurrebbe un meccanismo virtuoso di controllo democratico sui propri Enti locali. Non possiamo gestire una Repubblica che abbia una base federale (scusate l'espressione che non ha molto senso) se non basandoci sul principio che chi vota i propri amministratori risponde della gestione del bene pubblico data dai propri eletti, e questo significa rispondere attraverso il meccanismo della tassazione.
  Su questo vi inviterei a valutare se non sia importante introdurre una norma – che possa avere poi tutte le eccezioni del caso in caso di sventure (ci saranno incolpevoli Enti che purtroppo «falliscono» non per cattivo Governo ma per sciagure naturali) – ma è importante che il principio sia fissato. Il controllo sulla buona gestione non può essere affidato alla sola Corte dei conti o a organismi burocratici, ma spetta – come diritto e come dovere – agli elettori. Vi ringrazio.

  LUCA ANTONINI, Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Padova. Grazie, presidente, risparmio tempo riguardo gli aspetti positivi perché sono già stati opportunamente descritti dal collega Luciani.
  Nel 2001 la Costituzione ha avuto uno strappo, in quanto è stata introdotta una parte nuova su un assetto istituzionale vecchio. Sul superamento del bicameralismo paritario sono totalmente d'accordo, è assolutamente necessario, permetterebbe una maggiore democraticità al nostro sistema, se affrontato, e soprattutto stabilità di Governo.
  Penso anche che sia molto corretta la ricentralizzazione di alcune materie che è stata operata, ma mi soffermo su alcuni aspetti che a mio avviso potrebbero essere utilmente corretti nel corso del lavoro che spetta alla Camera.
  Preliminarmente, mi sembra che la scelta di fondo consista in un forte processo di riaccentramento delle competenze, al di là di quelle che ragionevolmente e a giudizio quasi unanime si ritiene debbano essere riaccentrate.
  Ritengo tuttavia che in una Costituzione come la nostra il sistema dovrebbe ruotare non tanto intorno all'accentramento, che in sé non è un valore, quanto intorno al principio di responsabilità, che dovrebbe essere il perno su cui ruota un sistema di decentramento. Da questo punto di vista occorrerebbe introdurre alcuni correttivi.
  In primo luogo, la materia del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario viene riportata nella competenza esclusiva dello Stato. Questo avrà un effetto: legittimerà i tagli lineari, perché la Corte Costituzionale, proprio in base al fatto che quella è materia concorrente, è arrivata a sostenere che i tagli lineari non sono ammissibili o devono essere a tempo determinato.
  Se noi la riportiamo come competenza esclusiva, di fatto abbiamo legittimato una forma di governo della spesa pubblica che si basa sul meccanismo più deresponsabilizzante in assoluto sia per lo Stato che per gli Enti locali, quale è il taglio lineare.Pag. 8
  Se inoltre riporto la competenza «coordinamento del sistema tributario» al centro, riduco l'autonomia impositiva delle Regioni. Noi oggi abbiamo un sistema basato sul principio representation without taxation, perché a livello regionale non c’è responsabilità impositiva, quindi andare a legittimare ulteriormente una finanza di trasferimento va a detrimento del principio di responsabilità. Sarei quindi fermamente convinto della necessità di riportare la materia del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario nell'ambito della competenza concorrente, perché questo, grazie anche all'impostazione data dalla Corte Costituzionale, permette un governo più responsabile e trasparente della spesa pubblica.
  Altro aspetto da correggere (sto parlando non di cambiamenti radicali, ma di piccole correzioni che darebbero un senso diverso all'intero progetto proprio alla luce del principio di responsabilità) è la clausola di supremazia che, così come è costruita, rischia di diventare una clausola «vampiro» nel senso che qualsiasi materia può esservi accentrata.
  In Italia tredici anni di storia del Titolo V mostrano come alcune Regioni – poche – funzionino veramente bene. I sistemi sanitari dell'Emilia Romagna, della Toscana, della Lombardia e del Veneto sono delle eccellenze a livello mondiale, vengono guardati ed esportati, si basano su specificità organizzative molto diverse fra loro, perché il modello della Lombardia è diverso da quello dell'Emilia Romagna, quello della Toscana è diverso da quello dell'Emilia Romagna e quello del Veneto ha anch'esso una specificità basata sulla valorizzazione delle istituzioni territoriali.
  Se mettiamo una clausola di supremazia che, per recuperare la sanità della Campania o della Calabria, ricentralizza il modello organizzativo, avremo distrutto il modello dell'Emilia Romagna, della Toscana e del Veneto senza recuperare quello della Campania o della Calabria, che si recuperano con il commissariamento, non con l'accentramento della materia.
  Occorrerebbe distinguere, a mio avviso, una clausola di supremazia in cui una delle condizioni da aggiungere sia la possibilità che sia esercitata anche con il riscontro del principio del buon andamento, per cui lo Stato deve dimostrare che c’è un miglioramento amministrativo se accentra la materia, ma non è detto a priori che sia così e quindi permette alla Corte Costituzionale di controllare; tale clausola inoltre deve essere a geometria variabile.
  Questa, appunto, «geometria variabile», è l'altro concetto chiave. In Italia abbiamo un sistema che, proprio per l'uniformità applicata con il Titolo V, ha devastato il Sud. Noi abbiamo un divario Nord/Sud che non esiste più in Europa (non in Germania, non in Spagna) e una delle cause è stata la riforma del Titolo V, che ha decentrato in modo uniforme.
  A mio avviso la logica della geometria variabile diventa una logica fondamentale per permettere di «non buttare il bambino con l'acqua sporca», perché qualche modello che funziona ce l'abbiamo. Da questo punto di vista anche l'articolo 116 viene depotenziato, perché prima l'ambito della differenziazione ineriva anche le materie concorrenti che ora non ci sono più, quindi viene limitato lo spazio a disposizione della differenziazione.
  L'altro punto critico del testo è che abbiamo paradossalmente una differenziazione che si applica meno e rischia di essere onnivora tramite questa clausola di supremazia, di ridimensionare tutte le Regioni a Statuto ordinario, ma poi la riforma non si applica alle Regioni a Statuto speciale. Questo è un punto di grave contraddizione, perché allora la logica diventa l'accentramento per le Regioni ordinarie e la conservazione e la differenziazione per le Regioni speciali.
  Credo che qui si raggiungerà un punto di non sostenibilità del sistema, perché per esempio la clausola di supremazia non si potrà applicare alla Regione Sicilia, che nello Statuto non ha la dimensione dell'interesse nazionale, quindi avremo alcune Regioni a cui si applica il vecchio Titolo V, le Regioni a Statuto speciale, Pag. 9addirittura con la clausola di maggior favore. Avremo due Costituzioni: il vecchio Titolo V per le Regioni speciali e il nuovo Titolo V, che ridimensiona tutto, per le Regioni ordinarie.
  Credo che a questo punto avremo Regioni troppo ordinarie e Regioni troppo speciali, oltre le capacità di tenuta del sistema.
  Sono totalmente d'accordo con quello che ha detto il collega Bin sul divieto di ripiano che va nella stessa logica del principio di responsabilità. Deve essere scritto che, se c’è il ripiano, ci deve essere automaticamente il commissariamento, e questa è materia da Costituzione perché sono scelte di fondo di affermazione del principio di responsabilità, che, se non sono disciplinate in Costituzione, troveranno sempre qualcuno disposto a derogarle.
  A mio avviso, quindi, queste vanno affermate in Costituzione, così come è l'occasione per intervenire anche sulle dimensioni dei Comuni. In Italia il 70 per cento dei Comuni è sotto i 5.000 abitanti e questo crea non solo diseconomie di scala, quindi spreco di risorse, ma anche una frammentazione impossibile.
  Sulla Tari e sulla Tasi abbiamo circa 200.000 detrazioni diverse e quindi il sistema diventa ingestibile, i contribuenti pagano l'IMU bestemmiando contro il Comune, ma la ragione è che i Comuni sono troppo piccoli e senza alcuna differenziazione, per cui Pedesina, Comune di 32 abitanti, ha le stesse funzioni fondamentali di Milano.
  Questo è un assurdo italiano, tutti gli altri Paesi europei hanno avviato processi dall'alto di riduzione del numero dei Comuni. In Germania, ad esempio, erano 22.000 e oggi sono 12.000, in Gran Bretagna erano 1.700 e oggi sono 700, in Belgio erano 2.000 e oggi sono 500.
  Siccome le gestioni associate hanno funzionato in un'unica Regione in Italia, in Emilia Romagna, e nelle altre sono state un disastro, questo è un punto di assetto organizzativo che andrebbe introdotto.
  Concordo con il professor Luciani sulla questione delle materie e ritengo che ci debbano essere poche materie bicamerali, per esempio sull'ordinamento della finanza pubblica, che negli elementi essenziali dovrebbe essere bicamerale.
  Questo eviterebbe quanto è successo con l'IMU, che è stata cambiata quattro volte in due anni con dieci decreti legge che l'hanno disciplinata, facendo impazzire i contribuenti, perché manca la stabilità. Grazie.

  VINCENZO LIPPOLIS, Professore ordinario di Diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi Internazionali (UNINT) di Roma. Grazie, presidente. Le mie osservazioni saranno prevalentemente centrate sul modello di bicameralismo scelto dal Senato: un bicameralismo con una seconda Camera eletta in maniera indiretta e rappresentativa degli Enti territoriali. Con questo non nego la legittimità del monocameralismo o di altre forme di bicameralismo, che sarebbero pure possibili, però ritengo la scelta del Senato difficilmente reversibile.
  Mi pare quindi più costruttivo esaminare il testo del Senato alla luce della logica interna a questo modello, per cercare di evidenziare non tanto gli aspetti positivi – già alcuni dei quali sono stati evidenziati e, in primo luogo, l'insostenibilità di un bicameralismo perfetto – quanto alcuni aspetti che a mio avviso rappresentano delle criticità rispetto al modello prescelto nel quale la seconda Camera rappresentativa degli Enti territoriali deve svolgere una funzione di raccordo tra centro e periferia e rimane esclusa dalla formazione dell'indirizzo politico, cioè non vota la fiducia al Governo.
  La mia prima osservazione riguarda la composizione. Come già accennato in questo dibattito, non rientrano assolutamente nella logica del modello i senatori di nomina presidenziale, sia gli attuali senatori a vita che i futuri senatori resteranno in carica sette anni, ma anche i senatori di diritto, cioè gli ex Presidenti della Repubblica.
  Non riesco a capire cosa questi soggetti abbiano in comune con Sindaci e Consiglieri regionali. La loro presenza risponde Pag. 10a una logica di rappresentanza delle eccellenze del Paese che a mio avviso ha poco da spartire con la rappresentanza degli Enti territoriali. Se si vuole mantenere un istituto di questo genere – ed io manterrei la carica solo per gli ex Presidenti – mi pare preferibile pensare ad una integrazione della composizione della Camera.
  Sempre riguardo alla composizione del Senato, se tale Assemblea deve essere rappresentativa degli Enti territoriali, dovrebbe essere previsto che ne siano membri di diritto i Presidenti delle Giunte regionali, perché è inutile nascondere che nelle Regioni chi determina l'indirizzo politico, il motore della politica delle Regioni sono i Presidenti delle Giunte regionali. Se per avventura non fossero eletti, vi sarebbe una diminuzione della rappresentatività del Senato.
  Vengo alle funzioni e mi soffermerò sul procedimento legislativo. A mio avviso c’è un eccesso di leggi bicamerali. In primo luogo ritorno su un tema che ho già affrontato senza fortuna in altra sede, che però mi pare fondamentale: le leggi costituzionali, le revisioni della Costituzione.
  Mi pare incongruo affidare a un'Assemblea di secondo grado, come il Senato che si va delineando, la possibilità di bloccare qualsiasi riforma costituzionale, perché potrebbe bloccare proprio eventuali riforme che riguardino gli Enti dai senatori stessi rappresentati.
  Se il Senato fosse eletto direttamente, una competenza del genere potrebbe anche giustificarsi, ma non ritengo ragionevole e prudente attribuire a un Senato eletto in secondo grado la competenza della revisione costituzionale. Solo negli Stati pienamente federali le seconde Camere rappresentative dei territori partecipano del procedimento di revisione costituzionale, e anche in Francia, dove il Senato vota le leggi costituzionali, vi è la possibilità di superare un eventuale blocco del Senato attraverso l'indizione di un referendum da parte del Presidente della Repubblica. Un potere di blocco del Senato sulle leggi costituzionali mi pare una cosa estremamente pericolosa.
  Altro punto sul procedimento legislativo: il meccanismo per cui la Camera per alcuni tipi di leggi e per superare l'opposizione del Senato, deve deliberare a maggioranza assoluta. Il funzionamento concreto di tale clausola dipende dalla legge elettorale, se cioè essa assicura una maggioranza e con quale margine, e, sul piano politico, dalla tenuta della maggioranza stessa.
  In altre parole, se alla Camera c’è una maggioranza forte e coesa, la clausola è ininfluente, perché la maggioranza assoluta si raggiungerà facilmente e sarà superata l'opposizione del Senato. Se invece la maggioranza è debole e frammentata al suo interno, si verificheranno problemi seri: il blocco della legislazione o il condizionamento da parte di piccoli gruppi o di fazioni all'interno dei gruppi maggiori.
  L'altra questione che vorrei porre riguardo al procedimento legislativo (ne avrei altre ma per non prendere troppo tempo le espliciterò in uno scritto che invierò alla Commissione) riguarda l'articolo che prevede il rinvio parziale delle leggi da parte del Presidente della Repubblica. Un articolo – mi si perdoni – scritto tecnicamente male, perché non è chiaramente esplicitato cosa accade se il Presidente fa un rinvio parziale, della parte della legge che non rinvia. Rimane bloccata in attesa delle determinazioni parlamentari sulla parte rinviata ? In effetti il complesso dell'articolo sembra escludere che il Presidente della Repubblica possa promulgare separatamente una parte della legge. Ma se è così la portata dell'innovazione è molto ridotta, mentre il rinvio parziale acquisterebbe un pieno significato ed una valenza pregnante se collegato alla promulgazione parziale. Questa norma può dare adito a confusioni interpretative e anche a contrasti e conflitti tra organi, quindi inviterei a chiarire con esattezza la portata dell'istituto.
  Un'altra questione riguarda la cosiddetta clausola di supremazia. Sono favorevole alla previsione della clausola di supremazia, ma mi pare, quale motivazione per la sua attuazione, che la dizione di «interesse nazionale», quale motivazione per la sua attuazione, non sia la più Pag. 11perspicua. Sarebbe opportuno sostituire l'interesse nazionale con «programmi di interesse nazionale» o «grandi riforme economico-sociali», che può dare un ambito più preciso e meno vago alla finalità della clausola.
  Escluderei comunque, rispetto al meccanismo del voto a maggioranza della Camera nel caso di opposizione del Senato, che questo possa applicarsi alle leggi che costituiscono attuazione della clausola di supremazia.

  GIUSEPPE CALDERISI, Esperto della materia. Grazie, presidente. Ho già consegnato alla segreteria della Commissione il mio intervento scritto, a cui mi rimetto perché nel poco tempo a disposizione si possono solo affrontare dei punti in modo molto sintetico.
  Non mi soffermo sull'impianto positivo della riforma, lo era già il testo del Governo, ispirato ai sistemi adottati nelle maggiori democrazie europee: una sola Camera che dà la fiducia, una seconda Camera rappresentativa delle istituzioni territoriali come sede di raccordo tra lo Stato e gli stessi Enti, in particolare le Regioni che hanno potestà legislativa, profonda revisione del Titolo V.
  Il Senato ha anche apportato positivi miglioramenti sulla composizione (un solo sindaco per Regione, 5 e non più 21 senatori nominati dal Presidente della Repubblica, una rappresentanza in rapporto alla popolazione e poi anche con riferimento ai voti di elezione del Consiglio).
  Appare positiva anche l'estensione delle competenze della seconda Camera in funzione di raccordo con l'Unione europea e una serie di miglioramenti per quanto riguarda le garanzie costituzionali. Non mi ci soffermo perché le trovate nel testo scritto, ma credo che le modifiche agli articoli 64 sulle minoranze parlamentari, 71 sulle leggi di iniziativa popolare e i referendum di indirizzo e propositivi, 73, 74, 75, 77 e 83 vadano ad aumentare l'assetto delle garanzie complessive del sistema. Credo che chi ha criticato la riforma perché metterebbe a rischio le garanzie istituzionali abbia mosso una critica assolutamente infondata, mentre le questioni connesse alla legge elettorale vanno risolte in quella sede.
  Il Senato ha fatto un passo fondamentale, ha superato il paradosso del riformatore che deve riformare se stesso, fatto importante. Credo che ora la Camera debba completare il disegno riformatore, perché vi sono invece a mio avviso degli aspetti critici che vanno approfonditi e corretti. Mi riferisco in particolare all’iter di formazione delle leggi, che è troppo complicato, farraginoso e per troppi aspetti incerto e indeterminato.
  Vi sono troppi procedimenti legislativi differenti a seconda non solo delle diverse tipologie di leggi, ma addirittura, come ha detto il professor Luciani, delle diverse materie disciplinate, materie che, come ci insegna il Titolo V, è spesso difficile o impossibile delimitare.
  Vi sarebbe il rischio di un vasto contenzioso di legittimità, riprodurremmo le patologie del Titolo V nel procedimento legislativo e rientrerebbe dalla finestra il contenzioso costituzionale che con la riforma del Titolo V vogliamo cacciare dalla porta. Non solo: andremmo anche a indebolire la capacità dell'Esecutivo di realizzare il proprio programma di governo, con un peggioramento rispetto al bicameralismo paritario vigente, perché dobbiamo ricordarci che oggi il Governo può porre la fiducia in entrambe le Camere, mentre con la riforma non può più farlo al Senato. Bisogna quindi stare molto attenti al procedimento legislativo.
  Vado per articoli. Articolo 55: è singolare e impropria la competenza bicamerale paritaria sulle materie di cui agli articoli 29 e 32, comma secondo, – matrimonio famiglia e trattamenti sanitari obbligatori – introdotta a scrutinio segreto dall'Assemblea del Senato Un'ultima parola su queste leggi dovrebbe spettare alla Camera, titolare di un rapporto di fiducia con il Governo, ma il testo potrebbe addirittura dare adito al dubbio che il procedimento bicamerale paritario sia necessario anche per una legge che intervenisse sul regime fiscale per la famiglia, che poi è difficile separare dal regime fiscale nel Pag. 12suo complesso, quindi non so a quali problemi andiamo incontro se non si va a correggere il testo su questo punto.
  Sull'articolo 55 porrei attenzione anche sull'inciso «controlla e valuta le politiche pubbliche», perché si tratta di un controllo sull'operato del Governo che dovrebbe spettare alla Camera. Sarebbe più opportuno, come già fatto per l'articolo 82 sul potere di inchiesta, specificare che il Senato «controlla e valuta le politiche pubbliche concernenti le autonomie territoriali».
  Articolo 57: come ha già detto il professor Lippolis, i Presidenti di Regione dovrebbero far parte come membri di diritto del Senato, magari da computare comunque nei cento, senza modificare i rapporti tra maggioranza e minoranza. Dovrebbero farne parte perché ci siamo dimenticati che l'articolo 121, comma quarto, afferma che il Presidente della Giunta rappresenta la Regione, è lui il titolare che impugna le leggi davanti alla Corte Costituzionale.
  Non prevedere la presenza di diritto dei Presidenti di Regione ci espone quindi a un rischio di deresponsabilizzazione dei Presidenti, che quindi potrebbero disconoscere l'operato del Senato e, anche in caso di accordo al Senato, impugnare ugualmente la legge davanti alla Corte Costituzionale. Eviterei quindi assolutamente questa negazione del principio di responsabilità.
  Vengo all'articolo 70. Come il professor Lippolis e come aveva anche affermato il professor Barbera nella Commissione dei trentacinque costituzionalisti ed esperti, ho molte perplessità sul fatto che un Senato di secondo grado, che a mio avviso è giusto sia di secondo grado, abbia competenza paritaria sulle leggi costituzionali.
  Questo è previsto nei Paesi federali, ma il nostro non è un Paese federale, per cui dobbiamo metterci bene in testa che o facciamo una trasformazione, ma non mi sembra che sia nell'ordine delle cose, oppure questa è una caratteristica tipica dei Paesi federali.
  Credo che il Senato debba poter esaminare le leggi di revisione costituzionale e poter proporre modifiche e, se la Camera non le accoglie, come diceva anche il professor Lippolis, deve esserci la possibilità, quale che sia la maggioranza con cui la Camera approva la legge, di consentire i referendum ai sensi dell'articolo 138.
  La questione è anche connessa con il problema dell'immunità perché, se il Senato ha questa competenza, non può non avere l'immunità, mentre, se non ha questa competenza, si può pensare anche a una disciplina per l'immunità diversa da quella per la Camera.
  Sull’iter di formazione delle leggi, sul procedimento legislativo, sull'articolo 70 ci sono varie altre questioni: è troppo ampio l'elenco delle leggi bicamerali paritarie e in particolare sottolineo il problema delle funzioni fondamentali dei Comuni. Il comma secondo dell'articolo 117, lettera p), comprende non solo l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di Governo di Comuni e Città metropolitane, ma anche le funzioni fondamentali.
  Le funzioni fondamentali sono non il mero elenco, ma proprio l'esercizio delle funzioni. Capite bene, quindi, che tutte le leggi di settore, quando si fa la disciplina di settore, intervengono e prevedono che l'Amministrazione comunale svolga questo o quell'altro compito, per cui dovremmo fare ogni disciplina di settore con due distinte leggi, una con il procedimento ordinario che non comprende queste norme, l'altra parallela con il procedimento bicamerale paritario, che invece si incrocia con quest'altra legge.
  Mi sembra una complicazione assurda e barocca, per cui o si precisa che è il mero elenco di queste funzioni e non anche il loro esercizio oppure andrebbe tolto. Nutro dubbi anche in riferimento all'ampio elenco delle leggi sottoposte a procedura rinforzata con il voto a maggioranza assoluta da parte della Camera. Ricordo che allo stato, nel testo approvato dalla Camera, l'Italicum, il disegno di legge elettorale, prevede un margine di cinque seggi.
  Vado al rimedio: o si sfoltiscono questi elenchi, si precisano e si limitano a una Pag. 13serie di leggi ben individuate oppure suggerisco di prevedere un unico procedimento legislativo, che preveda esame della Camera, possibilità di esame del Senato, possibilità di proposte di modifica del Senato, Commissione di conciliazione e, in tempi molto stretti – una settimana –, voto a maggioranza semplice da parte della Camera.
  Il Senato aumenterebbe la possibilità di introduzione su tutte le leggi, ma in questa maniera avremmo davvero un procedimento legislativo semplificato rispetto a quello previsto nel testo approvato dal Senato.
  Accenno solo ai problemi che riguardano gli articoli 71 e 75 e quello sui giudici costituzionali. Nutro dei dubbi sul fatto di prevedere la nomina di due giudici, invece che dal Parlamento in seduta comune, da parte del Senato e tre da parte della Camera.
  Si dice «due giudici come voce delle Regioni», ma i giudici devono essere tutti voci della Repubblica, non ci deve essere una rappresentanza di interessi specifici, non è possibile inserire questa logica, quindi farei molta attenzione anche a questa modifica.
  Varie altre questioni meriterebbero di essere affrontate, ma rinvio al testo scritto. Grazie.

  ANTONIO D'ANDREA, Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Brescia. Ritengo indispensabile richiamare brevemente il contesto istituzionale in cui si inserisce questo passaggio delicato, contesto che deve essere tenuto presente perché altrimenti non si può comprendere il cuore della riforma costituzionale.
  Alla domanda se nel nostro ordinamento sussistano o meno le condizioni interne ed esterne al dettato costituzionale di «funzionalità», che consentano agli attori politici, al sistema politico di assumere responsabilità di Governo della cosa pubblica, anche il Governo Renzi (come altri prima di questi) ha risposto con un complessivo piano di riforme che si muove lungo due direzioni che tuttavia convergerono in un unico punto di approdo.
  Dico questo, posto che il superamento del bicameralismo perfetto e la trasformazione del Senato nel ramo del Parlamento rappresentativo delle istituzioni territoriali vengono accompagnati dall'introduzione di un nuovo sistema elettorale, che servirà indiscutibilmente alla formazione dell'unica Camera politica che si prevede debba essere mantenuta nell'ordinamento, il quale un minuto dopo il voto consente, a prescindere, alla maggioranza di prendere forma e al suo leader di assumere presumibilmente la guida del Governo.
  Le due cose quindi stanno insieme; ragionare troppo analiticamente del superamento del bicameralismo senza tenere conto dell'altro corno del problema, rappresentato dalla contestuale approvazione della legge elettorale, significa non cogliere il contesto istituzionale nel quale avviene questa complessa operazione.
  Qui non si tratta di dire se riformiamo o non riformiamo il bicameralismo perfetto: si tratta di dare una risposta complessiva rispetto anche all'assetto di Governo che si vorrebbe in teoria mantenere, formalmente di tipo parlamentare ma con una legge elettorale come l'Italicum che è quella che è, con tutto quello che ciò comporta.
  Naturalmente si cambia a proposito della configurazione dell'autonomia da riconoscersi alle Regioni, invertendo – anche questo va detto – la direzione federale dell'assetto della Repubblica intrapresa dal sistema politico dal 1999, sul finire della XIII legislatura, con quella che possiamo definire una correzione in senso centralista del rapporto tra Stato e Regioni, la quale passa – almeno se si resta alla lettera delle disposizioni che ci si prefigge di approvare – attraverso la riduzione degli ambiti riservati alla legge regionale e anche ai regolamenti regionali.
  Riduzione – badate bene – si dice anche nella relazione del progetto «compensata dal coinvolgimento nel procedimento di formazione della legge statale del Pag. 14nuovo Senato», la cui denominazione originaria non a caso era quella di Senato delle Autonomie.
  Così come nell'ambito della riforma approvata dal centrodestra nel 2005 non bastava la parola «federale» per trasformare in senso federale l'ordinamento regionale, inutile dire che non basta oggi recuperare l'espressione Senato della Repubblica per coprire un'operazione che almeno nelle intenzioni sembrerebbe quella di compensare attraverso la partecipazione al procedimento legislativo statale, in virtù della presenza di delegati eletti dai consigli regionali la sforbiciata di competenze delle materie assegnate alle Regioni.
  Da questo punto di vista c’è forse un tentativo di armonizzare il tutto, per non tradire quella che sembrava un'ispirazione regionalista abbastanza innovativa contenuta nella Costituzione del 1948.
  Non credo tuttavia che questo obiettivo possa dirsi raggiunto, nonostante qualche significativa modifica apportata dal Senato rispetto agli intenti originari del Governo, stante il ruolo recessivo del nuovo Senato rispetto alla Camera in tanti ambiti, che pure toccano da vicino lo stesso livello di autonomia da riconoscersi in concreto alle Regioni come pure agli altri Enti territoriali che restano nominalmente previsti dal dettato costituzionale, la cui organizzazione e le cui attribuzioni dipendono largamente dalla legge statale approvata con procedimento non bicamerale, nel quale semmai è destinata a prevalere a maggioranza assoluta la volontà della Camera dei deputati.
  Si pensi che è sottratta alla legge bicamerale la stessa approvazione dell'iniziativa riconosciuta al Governo centrale per intervenire in materia di competenza regionale, facendo valere le ragioni di mantenimento dell'unità giuridica ed economica dell'ordinamento sostanzialmente di convenienza nazionale. Su quello non c’è competenza bicamerale.
  A me pare chiaro piuttosto l'emergere di una visione ancillare del Senato rispetto alla Camera, concepita come strumento operativo della maggioranza certa e garantita dal voto politico, ruolo ancillare plasticamente confermato dalla stessa sproporzione del numero dei deputati elettivi rispetto ai novantacinque senatori designati dai rispettivi Consigli regionali, senza alcuna indennità specifica e senza un ruolo rappresentativo definito, posto che, pur mantenendo la libertà di mandato e la stessa tutela immunitaria riconosciute ai deputati, è solo il Senato nel suo insieme ad essere rappresentativo delle istituzioni territoriali.
  La sproporzione richiamata naturalmente risalta vieppiù ove si pensi alle deliberazioni che restano in capo al Parlamento in seduta comune, a cominciare dall'elezione del Capo dello Stato e dei membri non togati del Consiglio superiore della Magistratura.
  Come diceva il professor Luciani, quanto alla perseguita riduzione del possibile contenzioso tra Stato e Regioni dinanzi al giudice costituzionale è tutto da dimostrare che ciò scaturisca dal superamento della competenza legislativa concorrente, stante in molti casi l'affidamento alla legge parlamentare di disposizioni generali e comuni (e solo di quelle), che si avvicinano dunque alle norme di principio, rispetto a materie naturalmente controverse e rivendicate dalle Regioni (governo del territorio, ambiente, attività culturali e turismo) che dunque di fatto non vengono sottratte alla competenza regionale.
  A proposito dell'evoluzione del sistema politico italiano, molto dipenderà dai fattori extra costituzionali. Quel che è certo è che, quali che siano le attese nei confronti di una legge come l'Italicum, neppure questa revisione costituzionalizza l'elezione diretta del Capo del Governo e neppure il Governo di legislatura. Deve essere chiaro che in Costituzione questa cosa non c’è, e questo deve essere tenuto presente perché, come ci ricorda la saggezza popolare il diavolo insegna a fare le pentole ma non i coperchi e, in ogni caso, il «coperchio « (la legge elettorale) può non essere in grado di chiudere ermeticamente la «pentola» (la riforma costituzionale del bicameralismo). Grazie.

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTA AGOSTINI

  CARLO FUSARO, Professore ordinario di Diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Firenze. Onorevoli deputati, signora Ministra, mi unisco allo stile usato dai colleghi, forse con la parziale eccezione dell'amico D'Andrea di Brescia nel venire rapidamente, al di là delle analisi di un testo che è ormai largamente discusso e conosciuto, a vedere quali punti potrebbero effettivamente essere migliorati, quali meriterebbero di essere corretti.
  Dedico infatti parte del testo scritto, che adesso posso per fortuna tagliare, a ribadire l'esigenza che, dopo trenta o trentacinque anni che se ne parla, questo processo riformatore arrivi finalmente a una conclusione. Questa mi pare l'emergenza istituzionale realmente presente, non potendosi trascurare (lo dico con molto rispetto) che questa legislatura nasce nel modo che sappiamo e vive nella misura in cui riesce a essere funzionale a un incisivo processo riformatore. La rielezione del Presidente Napolitano nelle modalità in cui è avvenuta è il simbolo di tutto questo.
  C’è anche un'altra ragione, che in parte è stata richiamata, e cioè che forse non è più il tempo degli «approfondimenti», delle ricerche ab imis, delle grandi serie di consultazioni. Il testo varato dal Senato sostanzialmente riflette l'apporto della Commissione dei trentacinque più sette presieduta dal Ministro Quagliariello, come è stato ricordato, di cui alcuni colleghi presenti hanno fatto parte.
  Tra l'altro, sottolineo che su una questione quella Commissione ha concluso il suo meritorio lavoro senza essere in grado di raggiungere un esito realmente condiviso, quella della forma di Governo, e prudentemente, come adesso richiamava D'Andrea, il Governo nel presentare il suo progetto ha escluso questo aspetto.
  Una seconda osservazione che vorrei fare è che condivido in pieno quanto diceva il professor Bin, rilevando come tutto sommato nel processo legislativo al Senato, accanto ad alcuni miglioramenti e ad alcune integrazioni come la democrazia diretta, si sia appesantito il testo rispetto a quello originario.
  Il testo – desidero sottolinearlo – è rimasto intatto su 20 dei 45 articoli che lo caratterizzavano all'inizio, mentre su ben 25 ci sono state modifiche, al di là delle integrazioni che hanno riguardato per esempio gli articoli 83 e 75 della Costituzione. Questo per sfatare la leggenda di una rigidezza assoluta di un Governo ostinato e chiuso alle proposte emendative.
  La terza considerazione introduttiva è che, se la priorità è l'approvazione della riforma, credo che questo ramo del Parlamento (questo è il mio umile suggerimento) dovrebbe veramente limitarsi allo stretto necessario, essendo consapevole che l'altro ramo, il quale bene o male è riuscito in qualche misura a sacrificare il proprio naturale patriottismo istituzionale, rivedrà evidentemente il testo nelle parti modificate e non nel resto, il che consiglia un'eccezionale parsimonia emendativa in questo ramo del Parlamento.
  Se queste sono le premesse, vado a toccare rapidamente sei punti, sui quali mi sono permesso di accludere al testo già consegnato alcune proposte emendative specifiche. Alcune sono in linea con quelle dei colleghi, altre invece riguardano aspetti diversi.
  Primo punto: sì, l'articolo 55 come riformulato dal testo Senato andrebbe sostanzialmente ripulito. Siccome mi piacciono i numeri anche in materia giuridica, osservo che nel testo attuale ruolo e funzioni di questa Camera sono descritti in 5 righe, ruolo e funzioni del nuovo Senato in 18, perciò sottopongo qualcosa che risponde all'esigenza di coordinare meglio con la filosofia di fondo della rappresentanza dell'Italia territoriale, che dovrebbe essere la cifra del nuovo Senato. Mi unisco quindi con entusiasmo all'appello a sopprimere l'improprio riferimento agli articoli 29 e 32 della Costituzione.
  Punto secondo, di cui ha parlato in particolare Bin: sempre il nuovo bicameralismo Pag. 16e il fatto che avrà successo se il nuovo Senato si calerà davvero all'interno di questa sua nuova concezione.
  Qui sono da dire diverse cose. Penso che molto dipenderà dalla prassi, se si lascia la composizione così come è stata immaginata. Da un lato mi unisco all'invito a questo ramo del Parlamento – se possibile – di compiere un piccolo sacrificio e accogliere i senatori a vita magari anche all'interno del numero complessivo di seicentotrenta, se si volesse simbolicamente dare un segnale, ma al di là di questo condivido l'idea che la presenza dei senatori a vita (in realtà a sette anni) dell'uno e dell'altro genere non pare coordinata e appropriata al nuovo Senato.
  Ci sono ulteriori norme sulle quali io attiro l'attenzione che non mi paiono conciliarsi del tutto. Non considero ad esempio appropriata la doverosa garanzia delle minoranze parlamentari di cui parlava Giuseppe Calderisi se estesa al Senato. Non che non debbano essere garantite le minoranze, ma, siccome anch'io immagino una graduale evoluzione verso una rappresentanza degli interessi territoriali che l'elezione del Presidente della Regione garantirebbe più di ogni altra cosa, questo suggerisce che non ci si dovrebbe dividere in gruppi parlamentari concepiti come sono stati, ma questo si vedrà nella prassi.
  Lo stesso discorso vale con il riferimento presente nell'articolo 8 del progetto alla questione del mandato imperativo, laddove limiterei alla sola Camera dei deputati il non riconoscimento del mandato imperativo.
  Punto terzo: sì, si può fare qualcosa anche sulla ripulitura dell'articolo 70. Condivido ciò che è stato detto, sia pure con un taglio diverso: il Senato non deve essere paritariamente competente in materia di revisione costituzionale, semmai (qui mi differenzio da Lippolis) dovrebbe essere competente esclusivamente per ciò che riguarda il Titolo V, il ruolo del Senato stesso come in molte Costituzioni, tutto ciò che riguarda in Costituzione strettamente le autonomie, ma non il resto.
  Punto quarto: quando fummo qui insieme a discutere della legge elettorale mi permisi di invocare che il Parlamento desse alla sentenza n.1 del 2014 il giusto e rispettoso peso, ma senza necessariamente considerarla la Bibbia del diritto elettorale italiano, rivendicando il proprio ruolo e funzioni senza chiedersi se una certa formula rispecchiasse nei più minuti aspetti il volere della Corte colegislatrice con la quale stiamo convivendo. Per questo io suggerisco di sopprimere il secondo comma del nuovo articolo 73, di cui all'articolo 13 del progetto.
  Punto quinto: sopprimerei di fatto l'articolo 21 del progetto. Non credo di dover richiamare proprio a voi in queste ore e in questa fase specifica cosa vuol dire elevare i quorum. Penso che nel contesto attuale rischi di voler dire mettersi nelle mani di piccoli gruppi più o meno clandestini e favorire il discredito delle istituzioni politiche. Come minimo, nella migliore delle ipotesi garantisce che il Presidente della Repubblica sia eletto dall'ottavo scrutinio in poi.
  Abbiamo avuto molti Presidenti eletti ben oltre l'ottavo (il record è detenuto da Giovanni Leone con ventitré), ma oggi la situazione, il contesto, il rapporto con l'opinione pubblica sono profondamente diversi, Giorgio Napolitano è stato rieletto al sesto scrutinio eppure parve a tutti (prima di ogni altro ai cittadini) una intollerabile eternità. Perché quindi dovremmo mai mettere in Costituzione il presupposto perché si arrivi quantomeno al nono ?
  Ultimo punto: condivido l'appello a rivedere attentamente e a mettere a punto l'articolo 117, comma secondo della Costituzione, che anche a mio avviso contiene alcune formulazioni oggettivamente troppo limitative dell'autonomia delle Regioni. Rinuncerei anche, sapendo di fare un grave torto al Presidente del Consiglio che personalmente tanto approvo, all'articolo 34, a questo vincolo francamente micragnoso che non ha il tono della Carta Costituzionale. Vi ringrazio della vostra attenzione.

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  PRESIDENTE. Grazie, professor Fusaro. Abbiamo poco tempo, perché l'Aula riprende alle 15.30 con immediate votazioni.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ENZO LATTUCA. La prima domanda è se sia ipotizzabile una clausola di sussidiarietà come contraltare della clausola di supremazia prevista, e se riteniate necessaria una normativa che dia una forma al procedimento dell'utilizzo della clausola di supremazia, che nel testo uscito dal Senato è abbastanza arbitraria.
  Credo invece che, se abbiamo un Senato ispirato a un certo tipo di partecipazione e di compensazione tra istanze regionali e istanze centrali, sia necessario almeno coinvolgerlo nell'utilizzo di questa clausola di supremazia.
  La seconda riguarda la previsione di leggi con voto a data fissa e a contenuto bloccato, che ritengo siano utili a superare l'abnorme produzione di decreti-legge, se non altro perché hanno la caratteristica di entrare in vigore non al momento del voto in Consiglio dei Ministri, ma al momento dell'approvazione.
  Essendo però ancora una volta illimitato nell'utilizzo anche quantitativo (si può utilizzare ogni giorno dell'anno), credo che questa assenza di limiti non risolva l'altro problema collegato all'odierno abuso del decreto – legge, ovvero una sostanziale inversione di quelli che sono i ruoli di Parlamento e Governo nella normazione, rispetto al principio regola/eccezione.
  La terza riguarda il combinato disposto di questo testo di legge e dell'altro testo approvato solo in prima lettura da questa Camera e noto come Italicum. So che avete diverse opinioni sulla qualità di questo disegno di legge, ma chiedo a chi non si è dimostrato particolarmente critico nei confronti di questo disegno di legge se dal punto di vista teorico non si ponga nel combinato disposto un rischio rispetto alle garanzie. C’è la concreta possibilità...

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Lattuca, però così soltanto lei può porre delle domande, mentre hanno chiesto di intervenire anche i colleghi Giorgis e Toninelli.

  ENZO LATTUCA. Ho concluso, presidente.

  PRESIDENTE. A me spiace di questa situazione, ma l'Aula purtroppo ci costringe a questo.
  Se i colleghi che hanno chiesto di intervenire si impegnano a porre domande telegrafiche salvo poi formularle magari per iscritto ai nostri esperti e ottenere risposte per iscritto, posso dare la parola a tutti, convocando l'Ufficio di Presidenza al termine dell'Aula; gradirei però un impegno formale a porre solo domande telegrafiche.
  In questa sede c’è una registrazione stenografica, quindi tutto quello che si dice viene poi riportato in verbale. Do la parola al collega Giorgis.

  ANDREA GIORGIS. Presidente, le chiederei solo per le prossime audizioni, compatibilmente con gli imprevisti dell'Aula che non ci consentono talvolta di svolgere le audizioni come pure vorremmo, di fare in modo che risulti alla fine un tempo adeguato per l'interlocuzione, perché l'utilità dell'audizione non sta solo nell'ascoltare, che pure è prezioso e oggi mi ha fatto molto piacere, ma anche nel poter instaurare un confronto diretto che la domanda scritta non consente.

  PRESIDENTE. Raccolgo immediatamente la sua indicazione e le dico che continueremo le nostre audizioni mercoledì e giovedì della prossima settimana. Se mercoledì gli esperti romani (non lo chiedo ovviamente a coloro che sono venuti da fuori) fossero presenti, potremmo iniziare le audizioni con le domande poste dai deputati.Pag. 18
  Se potete accogliere questa proposta conciliativa, dispongo che mercoledì si parta con la discussione con gli esperti romani (chiunque voglia venire è ben accetto), che credo abbiano meno difficoltà ad essere presenti, e poi si prosegua con l'audizione degli altri esperti. In questo modo potremmo evitare lo stress di domande sintetiche con risposte sintetiche.

  DANILO TONINELLI. Grazie, presidente. Accogliamo la richiesta di mandare i nostri quesiti per iscritto per continuare questa interlocuzione e accogliamo anche quanto detto dal collega Giorgis, in quanto il momento dell'audizione è certamente importante nella formazione di quell'idea che dovrebbe portare alla produzione di un atto normativo, che tra l'altro in questo caso è di basilare importanza, in quanto riguarda la Costituzione.
  Dispiace fortemente (immagino sia anche la considerazione dei nostri ospiti) che tutte le attività che porteremo avanti e l'apporto che loro potranno dare non avranno alcun beneficio nella modificazione di un provvedimento che si vuole politicamente modificato solo in una limitatissima parte, ma tenuto in piedi in quell'assetto generale che dagli auditi è emerso essere fortemente negativo. Purtroppo rendiamoci conto del limitato apporto che ci potranno dare per modificarlo. Grazie.

  PRESIDENTE. Come lei sa, le vie della democrazia parlamentare sono pressoché infinite, quindi non precludiamo il lavoro del Parlamento.
  Ringrazio i nostri esperti, mi scuso con quelli che non abbiamo potuto audire che saranno ascoltati mercoledì; pregherei almeno gli esperti romani di essere presenti in modo da poter rispondere alle domande dei nostri Commissari.
  Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.30.