XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Venerdì 17 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEI PROGETTI DI LEGGE C. 3  ED ABBINATI, RECANTI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ELEZIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Audizione di esperti.
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 
Caravita Di Toritto Beniamino , Professore ordinario di diritto pubblico ... 4 
Cosulich Matteo , Professore associato di diritto pubblico ... 6 
Guzzetta Giovanni , Professore ordinario di diritto pubblico ... 9 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 11 
Centemero Elena (FI-PdL)  ... 11 
Toninelli Danilo (M5S)  ... 11 
Balduzzi Renato (SCpI)  ... 12 
Pisicchio Pino (Misto-CD)  ... 12 
Bressa Gianclaudio (PD)  ... 13 
Boschi Maria Elena (PD)  ... 13 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 13 
Caravita Di Toritto Beniamino , Professore ordinario di diritto pubblico ... 13 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 13 
Cosulich Matteo , Professore associato di diritto pubblico ... 14 
Guzzetta Giovanni , Professore ordinario di diritto pubblico ... 15 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 16 
Di Virgilio Aldo , Professore associato di scienza politica ... 16 
Fusaro Carlo , Professore ordinario di diritto pubblico comparato ... 19 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 21 
Luciani Massimo , Professore ordinario di diritto costituzionale ... 21 
Spadacini Lorenzo , Ricercatore di diritto costituzionale europeo ... 24 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 26 
Mangia Alessandro , Professore ordinario di diritto costituzionale ... 27 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 29 
Mangia Alessandro , Professore ordinario di diritto costituzionale ... 29 
Sbailò Ciro , Professore associato di diritto pubblico comparato ... 29 
Agosta Antonio , Professore associato di scienza politica ... 31 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 31 
Agosta Antonio , Professore associato di scienza politica ... 32 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 32 
Agosta Antonio , Professore associato di scienza politica ... 32 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 33 
Agosta Antonio , Professore associato di scienza politica ... 33 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 33 
Agosta Antonio , Professore associato di scienza politica ... 33 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 33 
Agosta Antonio , Professore associato di scienza politica ... 33 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 33 
Agosta Antonio , Professore associato di scienza politica ... 33 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 33 
Toninelli Danilo (M5S)  ... 33 
Centemero Elena (FI-PdL)  ... 34 
D'Attorre Alfredo (PD)  ... 34 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 34 
Gitti Gregorio (PI)  ... 34 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 35 
Gitti Gregorio (PI)  ... 35 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 35 
Gitti Gregorio (PI)  ... 35 
Balduzzi Renato (SCpI)  ... 36 
Fabbri Marilena (PD)  ... 36 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 36 
Mangia Alessandro , Professore ordinario di diritto costituzionale ... 37 
D'Attorre Alfredo (PD)  ... 38 
Mangia Alessandro , Professore ordinario di diritto costituzionale ... 38 
Sbailò Ciro , Professore associato di diritto pubblico comparato ... 38 
Agosta Antonio , Professore associato di scienza politica ... 39 
Spadacini Lorenzo , Ricercatore di diritto costituzionale europeo ... 41 
Agosta Antonio , Professore associato di scienza politica ... 42 
Spadacini Lorenzo , Ricercatore di diritto costituzionale europeo ... 42 
Luciani Massimo , Professore ordinario di diritto costituzionale ... 43 
Di Virgilio Aldo , Professore associato di scienza politica ... 44 
Fusaro Carlo , Professore ordinario di diritto pubblico comparato ... 45 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 47 
Fusaro Carlo , Professore ordinario di diritto pubblico comparato ... 47

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  La seduta comincia alle 9.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di esperti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva nell'ambito dei progetti di legge C.3 ed abbinati, recanti disposizioni in materia di elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, l'audizione di esperti.
  Interverranno all'audizione Antonio Agosta, professore associato di scienza politica presso la Facoltà di scienze politiche dell'Università degli studi di Roma Tre, Beniamino Caravita di Toritto, professore ordinario di diritto pubblico presso la facoltà di scienze politiche dell'Università degli Studi di Roma La Sapienza, Matteo Cosulich, professore associato di diritto pubblico presso la Facoltà di giurisprudenza dell'Università degli studi di Trento, Aldo Di Virgilio, professore associato di scienza politica presso la facoltà di scienze politiche dell'Università degli studi di Bologna, Carlo Fusaro, professore ordinario di diritto pubblico comparato presso la Facoltà di scienze politiche dell'Università degli studi di Firenze, Giovanni Guzzetta, professore ordinario di diritto pubblico presso la Facoltà di giurisprudenza dell'Università degli studi di Roma Tor Vergata, Massimo Luciani, professore ordinario di diritto costituzionale presso la Facoltà di giurisprudenza dell'Università degli Studi di Roma La Sapienza, Alessandro Mangia, professore ordinario di diritto costituzionale presso la Facoltà di giurisprudenza dell'Università Cattolica del Sacro Cuore sede di Piacenza, Ciro Sbailò, professore associato di diritto pubblico comparato presso la Facoltà di scienze economiche e giuridiche dell'Università di Enna e Lorenzo Spadacini, ricercatore di diritto costituzionale europeo presso la Facoltà di giurisprudenza dell'Università degli studi di Brescia.
  Avviso che i professori Agosta, Mangia e Sbailò hanno comunicato che non potranno essere presenti prima delle ore 10.
  Comunico che, visto il loro cospicuo numero, non potremo concedere più di dieci minuti ai nostri ospiti per il loro intervento, per lasciare ampio spazio al dibattito successivo. Pregherei inoltre gli esperti intervenuti di farci avere quanto prima una relazione scritta, che consentirà alla Commissione una riflessione più ampia.
  Dato che alcuni dei nostri ospiti hanno comunicato alla Presidenza che non potranno essere presenti a tutta la seduta odierna per impegni istituzionali, se non vi sono obiezioni i nostri lavori potrebbero svolgersi con le seguenti modalità: darò ora la parola ai professori Caravita di Toritto, Cosulich e Guzzetta; seguiranno gli interventi dei colleghi che desiderano porre quesiti ai tre esperti e, quindi, le repliche di questi. Successivamente i nostri lavori proseguiranno come di norma con gli interventi degli altri esperti.Pag. 4
Do quindi la parola con piacere al professor Beniamino Caravita di Toritto, autore di un pregevole lavoro sull'attività del comitato dei 35 saggi, di estremo interesse per chiunque si occupa di riforme istituzionali.

  BENIAMINO CARAVITA DI TORITTO, Professore ordinario di diritto pubblico. Grazie, presidente. Non è di rito dire che è un onore per me essere invitato in questa audizione, perché, come è evidente, il tema della legge elettorale in questo momento è un tema cruciale. Consegnerò alla Presidenza un testo scritto, per cui potrò permettermi di essere molto rapido.
  A me pare che dobbiamo prendere le mosse dalla sentenza n. 1 del 2014 della Corte costituzionale, che, come tutte le pronunce, può essere criticata (e lo è stata anche in maniera drastica e netta), ma è da lì che – giuridicamente, ma anche politicamente – dobbiamo partire non solo per il contenuto, ma anche per alcuni profili di carattere processuale o procedimentale, che sono stati introdotti da questa sentenza.
  La prima innovazione di carattere processuale è quella secondo cui l'organo di giustizia costituzionale può essere adito anche in relazione alle leggi elettorali, che non possono più costituire una zona franca dell'ordinamento sottratta al controllo di costituzionalità. Ciò vuol dire che ormai la questione della legittimità costituzionale della legge elettorale, come è arrivata una prima volta al vaglio della Corte costituzionale, può arrivare una seconda, una terza, e altre volte ancora, sempre con il rimedio dell'azione di accertamento del diritto.
  Per inciso, una volta superato il limite dell'ammissibilità, spetterà al giudice adito anche effettuare una preliminare valutazione di non manifesta infondatezza, il che aprirà la strada alla possibilità che le questioni di legittimità costituzionale arrivino anche dai giudici di primo e di secondo grado, con un effetto di pluralismo delle interpretazioni su cui non mi soffermo. Peraltro, rimane poi ferma anche la strada della Corte EDU, adita anche in questo caso sulla legge elettorale vigente, pur se con risultati negativi.
  In conclusione della decisione, dopo il contenuto proprio, la Corte ha fatto due affermazioni di grande importanza, e anche l'analisi di queste affermazioni va anticipata rispetto all'esame del contenuto della sentenza. Secondo la Corte, la sentenza è autoapplicativa, per cui, salvo qualche marginale aggiustamento, si può andare a votare con la legge così come modificata dalla sentenza della Corte.
  Residua, dunque, un sistema proporzionale basato su collegi provinciali o pluriprovinciali alla Camera e regionali al Senato, con elevate soglie di sbarramento, 4 per cento alla Camera, 8 per cento al Senato, con indicazione del leader, senza premio di maggioranza, con l'espressione di una preferenza. Il sistema può non essere apprezzato, ma si può votare.
  La dichiarazione di incostituzionalità, la seconda affermazione della Corte, non tocca la legittimità del Parlamento esistente, il quale può continuare a operare senza limiti di tempo, e in particolare deve operare per approvare nell'ambito della sua discrezionalità una nuova legge elettorale. Devo dire che è difficile capire se la Corte avesse chiare le conseguenze politiche di questa decisione: forse sì, ma, se si seguono le indiscrezioni secondo cui la Corte si è divisa a metà su reviviscenza del Mattarellum e dichiarazione di incostituzionalità, forse no, e che la Corte non avesse chiare le conseguenze politiche è un bene.
  Fatto sta che il quadro ormai è netto: se la crisi e l'incertezza politica perdurano, si può andare a votare anche subito, con qualche piccola modifica, con una legge elettorale proporzionale, certo a scapito della parola d'ordine «la sera delle elezioni dobbiamo sapere chi ha vinto».
  Altrimenti, bisogna mettere in campo per un lasso di tempo sufficientemente lungo un blocco di riforme istituzionali. Questo era il progetto indicato dal Presidente della Repubblica, intorno al quale era stato costruito il primo patto di Governo e per il quale era stato costituito un comitato di esperti, la cui attività – mi Pag. 5permetto di dire per inciso – non necessariamente legata alla procedura derogatoria dell'articolo 138 della Costituzione, forse potrà tornare utile.
  In ogni caso, come ormai è chiaro a tutti e proverò sintetizzare alla fine, la riforma della legge elettorale non è sufficiente. Come è noto, sono sul tappeto tre proposte, mentre la quarta, del doppio turno uninominale, non è riemersa, forse perché troppo legata a un sistema semipresidenziale. Queste sono indicate con i nomi evocativi di sistema spagnolo, Mattarellum bis, doppio turno di schieramento, Sindaco d'Italia. Tutti questi modelli devono ormai essere saggiati sulla base della pronuncia della Corte. In via generale, la Corte ha chiaramente affermato che c’è un'ampia discrezionalità del legislatore nel costruire il sistema elettorale in considerazione del sistema storico, ma questo sistema elettorale non è esente da controllo, essendo sempre censurabile in sede di giudizio di costituzionalità, quando risulti manifestamente irragionevole.
  Quindi, pur se c’è discrezionalità, lo scrutinio di proporzionalità impone alla Corte di verificare che il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalità tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi. Questo è un punto cruciale per saggiare le proposte.
  La Corte dunque colpisce il Porcellum non sulla base di una generica idiosincrasia verso il premio di maggioranza, ma perché – mi permetto di citare rapidamente – «Le norme censurate, pur perseguendo un obiettivo di rilievo costituzionale quale quello della stabilità del governo del Paese e dell'efficienza dei processi decisionali nell'ambito parlamentare, dettano una disciplina che non rispetta il vincolo del minor sacrificio possibile degli altri interessi e valori costituzionalmente protetti». E aggiunge la Corte che: «detta disciplina non è proporzionata rispetto all'obiettivo perseguito, posto che determina una compressione della funzione rappresentativa dell'assemblea, nonché dell'eguale diritto di voto, eccessiva e tale da produrre un'alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica». Il problema è dunque quello della proporzione dell'equilibrio fra rappresentatività del Parlamento e governabilità. È questo il punto cruciale per vagliare le proposte.
  Devo dire che a me sorge qualche dubbio sulla possibilità di sommare premio di maggioranza a sistemi elettorali disproporzionali e distorsivi, quali quello spagnolo, ovvero il sistema uninominale a un turno.
  C’è un passaggio in cui la Corte fa riferimento al fatto che le disposizioni censurate non si limitano a introdurre un correttivo ulteriore rispetto a quello già costituito dalle soglie di sbarramento, ma fanno qualcosa di più. La Corte quindi lega come meccanismi di distorsione il premio eccessivo e senza soglia a un meccanismo di controllo e limitazione dell'accesso quale quello della clausola di sbarramento. La Corte quindi ha in testa questa idea che bisogna controllare l'effetto cumulativo dei meccanismi distorsivi.
  Il problema, però, è che nella concreta situazione italiana oggi sono presenti tre poli di livello simile. Naturalmente vale sempre l'avvertenza che queste sono simulazioni astratte, perché poi i sistemi concreti modificano l'offerta politica. Nel sistema spagnolo, nel sistema uninominale a un turno, pur essendo distorsivi, sono in grado di assicurare il raggiungimento della maggioranza dei seggi al partito più votato.
  Il sistema spagnolo, collegi di 5-6 seggi, significa una soglia di sbarramento implicita del 20 per cento. Questa soglia di sbarramento implicita in un sistema in cui ci sono tre blocchi intorno al 25-30 per cento significa che ognuno di questi blocchi porterà a casa 1, 2 o massimo 3 seggi per collegio. Ciò comporta una situazione in cui un premio di maggioranza del 10-15 per cento in realtà non è sufficiente ad assicurare il raggiungimento della maggioranza dei seggi. È difficile individuare un limite, e faccio riferimento alla famosa causa Yumak e Sadak contro Turchia in cui la Corte EDU affermò, ma qui parlavamo Pag. 6di una clausola di sbarramento al 10 per cento, che la clausola in questione è eccessiva.
  Il doppio turno di schieramento lega invece il raggiungimento della maggioranza dei seggi al turno di ballottaggio, che costringe al restringimento della scelta elettorale ai due soggetti meglio piazzati. Anche qui c’è un problema di bilanciamento fra rappresentatività e governabilità e si pongono problemi con la forma di governo, su cui non mi soffermo.
  Il punto delicato di questi tre sistemi, ma in realtà di tutti i sistemi che hanno un'aspirazione di tipo maggioritario, è che essi possono funzionare solo in un ambito di monocameralismo o di bicameralismo imperfetto, in cui la fiducia e la prevalenza dell'attività legislativa spettino a una sola Camera. Anche questo punto è sottolineato dalla sentenza della Corte, che in un passaggio sindaca l'eccessiva irragionevolezza della legge elettorale del Senato in quanto non permette o addirittura impedisce il raggiungimento di maggioranze omogenee con quelle della Camera. Anche questo punto era quindi chiaro alla giurisprudenza della Corte. Più chiaro, politicamente logico ma costituzionalmente discutibile è il profilo del voto di preferenza, su cui non mi soffermo.
  Non intendo aggiungere proposte, ma un modello su cui forse si potrebbe ragionare è quello di un doppio turno di schieramento basato su un sistema di tipo tedesco, vale a dire con una distribuzione nel primo turno di una quota di seggi, con liste in parte bloccate e in parte uninominali.
  Il punto che occorre chiaramente rimarcare è che la riforma della legge elettorale non è sufficiente. Ho dato qualche esempio della giurisprudenza della Corte, altri si potrebbero dare dalla storia costituzionale italiana, di come in realtà il bicameralismo paritario e perfetto impedisca un razionale svolgimento del sistema politico. Il passaggio cruciale è quindi non solo la legge elettorale, ma anche la riforma del bicameralismo paritario e perfetto. Certo, questo presuppone e impone una volontà politica molto chiara e molto netta, in quanto si tratta di ricontrollare una serie di snodi significativi del nostro assetto istituzionale.

  MATTEO COSULICH, Professore associato di diritto pubblico. Grazie, presidente. Desidero ringraziare lei e la Commissione per avermi invitato a quest'audizione. È davvero un onore per me poter partecipare ai vostri lavori e spero che il mio contributo possa essere utile ai vostri lavori.
  Partirei dalla sentenza n. 1 del 2014 della Corte costituzionale, la cui pubblicazione finalmente rende più agevole la nostra riflessione. Finora siamo stati costretti a una faticosa, anche se forse costruttiva, esegesi di un comunicato stampa, ora finalmente si può commentare il testo della sentenza.
  Alcuni profili della sentenza sono certamente discutibili e immagino verranno discussi con riferimento sia all'ammissibilità della questione sia all'intervento creativo della Corte, soprattutto per quanto riguarda il voto di preferenza, laddove questa sentenza è stata quasi un'additiva di dettaglio. Se però la sentenza n. 1 costituisce un unicum, essa rappresenta anche un precedente. Come affermava anche il professor Caravita di Toritto, a partire da questa pronunzia della Corte costituzionale, sarà possibile finalmente sottoporre al controllo di costituzionalità la legge elettorale politica.
  La via indicata prima dalla Corte di cassazione e poi dalla Corte costituzionale sembra configurare quasi un verfassungsbeschwerde, un ricorso diretto. Questo poteva essere uno degli appunti critici nei confronti dell'ammissibilità della questione da parte della Corte costituzionale. Il dato significativo è che, una volta che questa strada è stata aperta, potrà essere ulteriormente percorsa.
  Forse – lo vedremo nelle prossime settimane – si aprirà anche la strada a una sorta di via principale, se verrà reputato ammissibile un ricorso della Regione Friuli Venezia Giulia, che di per sé è un conflitto di attribuzione, nell'ambito del quale però si chiede di sollevare questione Pag. 7di legittimità costituzionale con riferimento a uno dei problemi aperti nella disciplina tuttora vigente dopo la sentenza della Corte; vale a dire, allo spostamento di seggi da una circoscrizione all'altra, che appunto la Regione Friuli Venezia Giulia pone come problema, attribuendosi la funzione di tutela della popolazione regionale rispetto all'attribuzione di seggi alla Camera dei deputati. Rammento che la Regione Friuli Venezia Giulia ha ottenuto un seggio di meno rispetto a quanto previsto dalla ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni regionali.
  Questa sentenza della Corte fa venir meno un cono d'ombra, una zona grigia, come afferma la Corte costituzionale medesima, rispetto al giudizio di costituzionalità. Se questo è vero, occorrerà guardare con particolare attenzione ad alcune indicazioni della Corte costituzionale presenti nella sentenza, che potrebbero essere viste come veri e propri caveat rivolti al legislatore.
  È pur vero che la Corte ribadisce l'ampia discrezionalità del legislatore nella disciplina della legge elettorale, e questo è il primo dato che si coglie; ma accanto a questo dato la Corte compie un test di proporzionalità e di ragionevolezza della disciplina che, se viene svolto in questa occasione, è evidentemente replicabile anche con riferimento ad altre, future discipline elettorali.
   Il test di proporzionalità e ragionevolezza viene svolto in realtà con riferimento al profilo del premio e non con riferimento a quello del voto di preferenza, per il quale viene seguita un'altra impostazione.
  Con riferimento appunto al premio, la Corte non ci dice soltanto che un premio così ampio, senza soglia, è manifestamente irragionevole e sproporzionato, ma da questa affermazione se ne può indurre una più generale, con riferimento alla circostanza che proporzionalità e ragionevolezza devono guidare il bilanciamento di interessi e valori costituzionalmente rilevanti, quali la rappresentanza e la governabilità. Occorre evitare quindi che sia possibile una compressione eccessiva di interessi e valori costituzionalmente rilevanti; in particolare che, per realizzare un valore costituzionalmente rilevante, qual è nel caso di specie la governabilità, si comprima eccessivamente un altro valore costituzionalmente rilevante, vale a dire la rappresentanza.
  Come è noto, la Corte lega all'articolo 67 della Costituzione la rappresentanza nazionale e all'articolo 1, secondo comma della medesima Carta costituzionale la sovranità popolare. Rappresentatività e governabilità costituiscono dunque i punti di riferimento del nostro ragionamento. A questa affermazione della Corte se ne potrebbe forse aggiungere un’ altra, se si considera che un punto di equilibrio tra rappresentatività e governabilità in un sistema partitico frammentato come quello italiano attuale potrebbe essere rappresentato dal bipolarismo, che potrebbe tenere in equilibrio il valore della rappresentatività con quello della governabilità. Questo significa che andrebbero visti probabilmente con favore quei meccanismi che favoriscono dinamiche coalizionali, e conseguentemente agevolano la strutturazione bipolare del sistema partitico.
  Per tornare alla relazione tra rappresentatività e governabilità, seguendo l'argomentare della Corte, ne induciamo abbastanza agevolmente che la compressione della rappresentatività può avvenire se e in quanto viene finalizzata alla realizzazione della governabilità. Possiamo riprendere la giurisprudenza del Tribunale costituzionale federale tedesco, che la Corte non a caso cita, attingendo da questa giurisprudenza che è ricca di interventi nei confronti della legislazione elettorale politica. In assenza di precedenti interni, la Corte si riferisce alla giurisprudenza tedesca.
  Il Tribunale costituzionale federale tedesco, quando interviene sulla questione del bilanciamento tra rappresentatività e governabilità, afferma che la compressione della rappresentanza può avvenire con la finalità di eine Regiering za bilden, comporre un Governo. La possibilità di limitare la rappresentatività è quindi legata alla necessità e alla possibilità di favorire la formazione di un Governo, altrimenti Pag. 8non vi può essere illimitata compressione della rappresentatività dell'Assemblea parlamentare. Da questa affermazione potrebbe discendere che l'eventuale previsione di premi di maggioranza non presenti problemi di legittimità costituzionale soltanto nella misura in cui è in grado di dar vita a una maggioranza. In sostanza significa che la somma dei seggi ottenuti nelle circoscrizioni applicando il modello spagnolo con il premio del 15 per cento potrebbe non essere sufficiente a dar vita a una maggioranza. Di conseguenza saremmo in presenza di una compressione della rappresentatività non legittimata dalla possibilità di comporre un Governo, di creare una maggioranza assoluta alla Camera.
  D'altra parte, premi più ampi porrebbero il problema della compressione della rappresentatività sotto altro profilo, e richiederebbero certamente la previsione di una soglia, come espressamente afferma la Corte costituzionale nella sentenza.
  Secondo le più recenti prospettazioni di quella proposta che viene sinteticamente definita del «Sindaco d'Italia», avremmo un primo turno integralmente proporzionale, con distribuzione dell'80-85 per cento dei seggi, e un secondo turno dove verrebbero assegnati i seggi rimanenti con un premio di maggioranza. Anche in questo caso, probabilmente si potrebbe verificare l'eventualità che non si riesca a raggiungere una maggioranza sommando i voti attribuiti nel primo turno proporzionale con questo numero contenuto di seggi attribuiti come premio nel secondo turno.
  D'altra parte, anch'io ho qualche dubbio, come accennava il professor Caravita di Toritto, sulla possibilità di innestare un premio di maggioranza su un sistema in sé integralmente maggioritario, perché il premio di maggioranza rappresenta un correttivo maggioritario, che di per sé caratterizza i sistemi proporzionali. Sono i sistemi proporzionali che possono essere corretti in senso maggioritario, come più volte afferma la Corte costituzionale quando radica la previsione del premio, in un sistema che, stando alla lettera della legge elettorale della Camera e a quella della legge elettorale del Senato, è comunque proporzionale.
  Se dunque si pensa a un sistema integralmente maggioritario, non è agevole innestare su di esso un correttivo maggioritario quale il premio di maggioranza, perché si finirebbe per distorcere in senso maggioritario un sistema che di per sé è già maggioritario.
  Andrebbe dedicata una certa attenzione al doppio turno di coalizione, perché in un secondo turno eventuale sarebbe possibile pensare all'attribuzione di un numero di seggi tale da raggiungere la maggioranza assoluta senza la necessità di prevedere una soglia; potremmo quindi avere un'attribuzione ampia di seggi, ma senza che sia necessario prevedere una soglia, perché al secondo turno partecipano le due coalizioni che hanno ottenuto il miglior risultato nel primo e la coalizione vincente ottiene necessariamente almeno il 50 per cento più uno dei voti validamente espressi. Conseguentemente, si potrebbe risolvere la questione di un'ampia attribuzione di seggi alla maggioranza senza la previsione di una soglia, rendendo inoltre, come scriveva il compianto Roberto Ruffilli, il cittadino arbitro della scelta della coalizione che andrà a formare il Governo.
  Un accenno al profilo del voto di preferenza, con riferimento al quale vorrei svolgere alcune velocissime considerazioni. La prima è quasi ovvia: la Corte costituzionale si dichiara a favore della preferenza, ma fa ben di più e introduce con un intervento additivo la preferenza nel sistema elettorale, legandola alla questione delle liste lunghe, formate da un numero troppo ampio di candidati perché essi siano conoscibili dagli elettori. Questo significa che possono ben essere immaginate soluzioni che non prevedano il voto di preferenza, qualora si superi il problema della lunghezza eccessiva delle liste.
  Va però considerato che nel nostro ordinamento, con riferimento ad altre legislazioni elettorali, il voto di preferenza è stato recentemente utilizzato per realizzare il riequilibrio dei generi nella rappresentanza, Pag. 9quindi occorrerebbe considerare che, se non si optasse per la preferenza, sarebbe necessario trovare qualche altra via per assicurare questo obiettivo costituzionale. Detto per inciso, paradossalmente la disciplina legislativa elettorale che emerge dalla sentenza della Corte costituzionale presenta sotto questo aspetto un profilo di illegittimità costituzionale.

  GIOVANNI GUZZETTA, Professore ordinario di diritto pubblico. Ringrazio il presidente e la Commissione per l'invito e mi scuso fin d'ora se non potrò trattenermi per l'intera durata dell'audizione.
  Siamo chiamati a esprimere valutazioni sugli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014, con riferimento ai profili di costituzionalità degli ipotetici sistemi elettorali che si discutono. Questo è un punto per me molto importante metodologicamente, dal momento che prendo molto sul serio quanto sentenziato dalla Corte costituzionale, che si sostanzia in due affermazioni.
  La prima è che non esiste un sistema elettorale costituzionalmente obbligato, la seconda è che il sistema risultante dall'operazione di annullamento della Corte è certamente costituzionalmente legittimo ma, come affermato dalla Corte medesima, è un sistema sul quale la Corte non compie una valutazione di preferibilità. Secondo la Corte, non rientra tra i suoi compiti valutare l'opportunità o l'efficacia di tale meccanismo.
  Preso atto che il sistema che emerge è certamente costituzionale, questo sistema non è né quello preferibile dal punto di vista delle opportunità, né l'unico. Questo è il primo punto.
  Il secondo punto consiste nel fatto che, a mio avviso, il cuore della decisione sia il seguente. Proprio perché la Corte ritiene che siano più i modelli costituzionalmente compatibili e proprio perché la Corte non arriva, né immagino potrebbe logicamente, razionalmente e sensatamente arrivare ad affermare che un sistema come il sistema uninominale inglese lede la logica della democrazia rappresentativa, il che ci coprirebbe di ridicolo, a me pare che la Corte abbia centrato la propria decisione proprio su questo test di proporzionalità, che è un test interno alla logica del sistema.
  La Corte sostiene, citando la giurisprudenza tedesca, che laddove io scelgo una certa formula elettorale, nella fattispecie una formula elettorale proporzionale, la distorsione che posso inserire per correggere quel sistema non può arrivare al punto di rovesciarne la logica. La premessa del discorso (la citazione della Corte costituzionale tedesca parte da lì) è che io parta da un modello proporzionale, ingenerando, come afferma la Corte tedesca, nell'elettore l'aspettativa che quel sistema faccia corrispondere l'eguaglianza del voto in entrata con una qualche corrispondenza del voto in uscita. Questo è il dato da cui partire e questa è la logica sulla quale giudicare le proposte.
  Con riferimento alle preferenze, la Corte arriva alla preferenza singola facendo un inevitabile salto logico, in quanto dalle premesse della motivazione non emerge come necessità né come rima obbligata, per restare alla logica delle sentenze additive, la preferenza unica, tanto che la Corte sostiene chiaramente che anche gli altri sistemi sono legittimi.
  Non è dato sapere perché la Corte arrivi alla preferenza unica, ma, se mi consentite una battuta, direi perché la preferenza unica è il minimo sindacale, è la soluzione minima in cui emerga il ruolo dell'elettore, ma non è necessariamente la soluzione migliore o unica, giacché la Corte dice chiaramente che anche il sistema uninominale e il sistema di liste brevi sono compatibili, come anche i sistemi in cui ci siano liste bloccate che però non esauriscono la totalità della rappresentanza.
  Fatte queste premesse sul contenuto della sentenza, spendo poche parole sui singoli modelli, limitandomi ai tre richiamati da tutti i giornali, per quanto è dato di capire, perché sulla stampa non sono ovviamente riportati degli elementi tecnici che sarebbero rilevanti.Pag. 10
  Poiché sono convinto di quella premessa, ovvero che il giudizio della Corte sia un giudizio di razionalità intrinseca al sistema, comincerei con il dire che il modello Mattarellum è forse quello che presenta meno rischi da questo punto di vista. Poiché è un sistema che parte espressamente come sistema uninominale di tipo maggioritario, la sua logica viene rispettata.
  C’è il problema, invece, del premio di maggioranza aggiuntivo, che risolverei considerando quel premio non come moltiplicativo dell'uninominale, bensì come correttivo o compensativo rispetto alla quota proporzionale. Rispetto a un sistema totalmente uninominale, in cui quindi non ci sia alcun diritto di tribuna per nessuno, per cui la rappresentanza da questo punto di vista sia lesa, dovremmo salvare un sistema uninominale che mi dà un premio di maggioranza ma mi garantisce anche un diritto di tribuna, se partiamo dal presupposto che un sistema totalmente uninominale sarebbe legittimo, presupposto che personalmente non intenderei mettere in dubbio.
  Relativamente al modello spagnolo, ritengo che esso possa ipoteticamente porre qualche problema a seconda di come viene declinato. Se queste circoscrizioni sono molto lunghe, scatta quella tagliola della Corte, secondo cui sono ammissibili liste bloccate purché siano così esigue da consentire la conoscibilità. Per quanto riguarda il modello spagnolo, che quindi rappresenta una torsione rispetto al modello proporzionale di base, il fatto che il premio non sia variabile, ma sia fisso attenua i rischi, e quindi ci salverebbe dal rischio di una censura diretta di costituzionalità, perché si tratta di un meccanismo che distorce certamente la logica proporzionale, ma non al punto da rovesciarla, assicurando una maggioranza comunque anche laddove non ci fosse una soglia minima.
  Quello che pone più problemi, perché c’è proprio un problema di illusione ottica, è il sistema del doppio turno. Ci sarebbe una prima ripartizione proporzionale al primo turno, che però, a differenza dei primi turni uninominali, non si perde nel percorso, ma rimane ferma, e il punto di partenza ci dice come gli elettori si sono espressi. Ci sarebbe poi un secondo turno, a cui accederebbero solo le prime due coalizioni, che avrebbe l'effetto di attribuire un premio di maggioranza, che distorce completamente l'esito del primo voto, in quanto assicura 340 seggi alla Camera. Questo pone un problema, se non si prevede una soglia per accedere alla competizione sul premio.
  Facciamo l'ipotesi, che dal punto di vista teorico può verificarsi, così come teoricamente poteva accadere per l'ipotesi formulata dalla Corte per annullare il Porcellum, che al secondo turno accedano due coalizioni che hanno ciascuna il 20 per cento di consensi nel Paese, come ci viene detto dal primo turno, che non serve solo per l'accesso al girone finale, ma conta perché su quella base noi attribuiremo i seggi.
  Potremmo avere un sistema in cui le prime due colazioni hanno il 20 per cento e con il 20 per cento certificato al primo turno una delle due, anche se ha il 50 per cento dei votanti nel secondo turno ma aveva il 20 per cento dei voti nel primo, prende 340 seggi. Rischiamo quindi di ricadere esattamente nel tipo di obiezione che muove la Corte, vale a dire un sistema che parte proporzionale, promette ai cittadini di essere proporzionale, ma finisce per essere il rovesciamento di quel proporzionale. Nutro quindi forti dubbi su questo sistema dal punto di vista della legittimità.
  Gli effetti della sentenza non rappresentano un tema che apparentemente interessa questa Commissione, però secondo me la interessa sotto un duplice profilo. Sono d'accordo in linea teorica con il professor Caravita di Toritto e credo che nessuno dissenta: un sistema bicamerale ci costringe a salti mortali. Fermo restando quanto affermato dalla Corte, continuo a ritenere però che sia molto discutibile che un Parlamento in queste condizioni possa approvare una riforma costituzionale.
  È vero infatti che la Corte ha detto che l'effetto della sentenza non travolge le Pag. 11proclamazioni, però questa affermazione della Corte così generica, che personalmente non condivido in generale, non può comunque arrivare al punto di significare che la sentenza travolga anche le proclamazioni che sono contestate, perché esiste un procedimento di contestazione. Gli atti della Giunta per le elezioni lo dimostrano, perché ho esaminato quelli del 21 maggio 2013 in cui vengono elencati i molti ricorsi pendenti che hanno impugnato quelle proclamazioni, e credo che la Corte non abbia potuto voler dire che laddove esiste un giudizio pendente, il rapporto è esaurito. Se allora il rapporto non è esaurito, rimane il problema della legittimità quantomeno con riferimento a quei procedimenti elettorali.
  Questo non vuol dire, come qualcuno ritiene, che oggi crolli tutto, finisca lo Stato, ma da costituzionalista mi permetterei di suggerire che non si può risolvere quella questione processuale senza affrontare il nodo degli effetti retroattivi. Ciò non vuol dire che il Parlamento, fino a quando non risolve quel tema, non operi, perché da sempre il Parlamento ha operato anche prima della convalida. È però un Parlamento che deve essere consapevole, culturalmente prima che giuridicamente, del fatto che la sua è una condizione di precarietà, e che il suo operato è giustificato in quanto finalizzato a ripristinare quella legalità, non a far finta che non sia successo nulla.
  Questo ha una ricaduta non solo politica e giuridica, ma anche culturale, e riguarda il modo in cui l'opinione pubblica percepisce le istituzioni che la rappresentano.

  PRESIDENTE. Come ho già comunicato, do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni ai primi tre esperti intervenuti.

  ELENA CENTEMERO. Rivolgerò agli esperti oggi presenti le due domande che ho rivolto anche agli altri esperti che ci hanno accompagnato in questa indagine conoscitiva, permettendomi solo di fare un piccolo riferimento all'equilibrio di genere, quindi all'articolo 51 della Costituzione, e alla legge elettorale per gli italiani all'estero, che oggi non è stata citata.
  Partendo dal primo argomento, vorrei chiederei agli esperti quale potrebbe essere il sistema migliore, facendo però una chiosa di natura prettamente politica. La Corte costituzionale ha come punto di partenza – permettetemi questa espressione molto semplice – la questione delle preferenze, a cui sono profondamente contraria, anche perché abbiamo visto quanto la preferenza uninominale in alcune regioni abbia dato vita ad abusi successivi.
  Anche se esiste la preferenza di genere in alcune regioni – è stata sperimentata in Campania, mentre in Lombardia si è scelta una via diversa –, non credo che sia la scelta migliore per la rappresentatività del voto degli italiani in termini sia di costi di politica, sia di legami con il territorio o con lobby, pensando soprattutto alla riforma del finanziamento pubblico ai partiti.
  Per quanto riguarda invece la legge elettorale per gli italiani all'estero, è chiaro che, come è stato messo in luce dal Comitato dei Saggi e dal lavoro del gruppo dei costituzionalisti sulle riforme in generale, si prospetta una soppressione del voto degli italiani all'estero. Questo non è possibile in questo momento, perché comporterebbe una riforma della Costituzione; a Costituzione vigente, vi chiedo se il sistema attuale della rappresentanza italiana all'estero debba rimanere così o si debba trovare un equilibrio tra il sistema vigente per l'elezione degli italiani all'estero e quello utilizzato in Italia.

  DANILO TONINELLI. Ringraziamo i docenti per il loro apporto. Pongo la prima domanda al professor Caravita di Toritto e al professor Cosulich, in particolare sulla materia della governabilità, chiedendo loro di spiegarci come una governabilità possa essere stabile e duratura, se una governabilità dall'alto, che si ottiene con sistemi elettorali che hanno alla base il premio di maggioranza o una coalizione con un capo Pag. 12politico che incide sul Parlamento, o una governabilità dal basso, che deriva da sistemi più proporzionali con maggiore centralità del Parlamento.
  Al professor Guzzetta rivolgo una domanda ugualmente breve. Se ho ben capito, professore, dei tre sistemi elettorali oggi in discussione – poco in Parlamento e molto mediaticamente – mi sembra che lei salvi i primi due, il Mattarellum corretto e lo spagnolo corretto, dalle considerazioni di ragionevolezza tra voto in entrata e voto in uscita, presenti nella sentenza della Corte costituzionale. A mio parere, invece, in un'ipotesi estrema la distorsione potrebbe essere tale da rientrare in quelle eccezioni.

  RENATO BALDUZZI. A causa di impegni in Aula non sono riuscito ad ascoltare tutti gli interventi, per cui mi limiterò a porre una domanda puntuale in particolare al professor Cosulich, che ho potuto ascoltare e che è uno studioso di cose elettorali anche regionali e locali.
  Alla luce di questa emergenza-urgenza della legge elettorale politica nazionale, laddove la sentenza della Corte apre qualche problema anche con riferimento ad altre leggi elettorali, in particolare quella regionale e meno quella comunale, mi piacerebbe che il professor Cosulich, e naturalmente anche il professor Caravita di Toritto e il professor Guzzetta se lo ritenessero opportuno, ci facessero un sintetico quadro delle ricadute possibili in ordine alle leggi elettorali diverse da quella politica nazionale.

  PINO PISICCHIO. Pongo telegraficamente alcune questioni. È stata evocata in modo assolutamente proprio la questione dell'articolo 51 della Costituzione, così come riformata nel 2003, quindi la questione di genere. In modo elegante il professor Cosulich evidenziava una qualche espressione ellittica nelle motivazioni della sentenza con riferimento a questo tema, che invece non è eludibile con riferimento alla legge elettorale da riformare.
  In questo clima piuttosto elettrico dal punto di vista mediatico, tutto sommato la Corte costituzionale ha messo in salvezza un sistema elettorale, per cui questa emergenza non è immediata. In teoria, dovremmo votare nel 2018, quindi avremmo il tempo per ragionarci.
  Probabilmente, con riferimento all'articolo 51 della Costituzione, c’è un'emergenza della legge elettorale europea, perché andremo a votare nel maggio prossimo e nella legge elettorale europea, a parte tutte le altre difficoltà che non citiamo, c’è anche il problema dell'articolo 51 della Costituzione.
  Chiedo quindi se questa riflessione non debba essere estesa e come debba essere recuperato il tema della parità di genere nel collegio uninominale, che dovrebbe essere declinato, secondo l'impianto indicato della professoressa Carlassare, in una dimensione binominale e non più uninominale.
  Ho molto apprezzato la sottolineatura del professor Caravita di Toritto, mentre il professor Guzzetta si è espresso in modo diverso, assumendo una posizione più radicale. C’è un'evidente anteriorità logica riguardante il tema del monocameralismo o bicameralismo: come si fa una legge elettorale se non si sa a quale tipo di Parlamento debba essere applicata ?
  Peraltro, dopo un lungo dibattito sui media, non in sede parlamentare, negli ultimi anni si è parlato di riduzione del numero dei deputati, quindi stiamo ancora parlando non con il velo, ma con le coltri dell'ignoranza di questioni estremamente controverse. Vorrei sapere quindi se vi sia l'anteriorità logica della decisione sul sistema monocamerale o bicamerale, quindi la Camera dei deputati e il Senato debbano esprimersi su questo o si possa procedere su una nuova legge elettorale a prescindere. Personalmente ritengo che si possa procedere a prescindere se si lavora su un proporzionale, sul semilavorato della Corte costituzionale.
  Considero infine opportuno che gli auditi ci dicano se il punto di equilibrio sul tema fondamentale proposto dalla Corte, relativo al bilanciamento tra governabilità e rappresentatività, possa essere restituito a noi attraverso una revisione del sistema Pag. 13precedente, il Mattarellum, seppur riletto in una dimensione che allo stato dell'arte non è chiara.

  GIANCLAUDIO BRESSA. Ringrazio tutti gli intervenuti. Ho condiviso alcuni loro interventi interamente, altri per nulla, ma fungono sempre da stimolo di confronto importante.
  Vorrei porre solo una domanda, in quanto per brevità il professor Caravita di Toritto non ha potuto sviluppare questo suo pensiero. A conclusione del suo intervento, ha citato come uno dei modelli possibili un doppio turno di tipo tedesco con distribuzione dei seggi al primo turno. Chiederei di specificare esattamente quale modello abbia in mente.

  MARIA ELENA BOSCHI. Ringrazio gli auditi. Vorrei chiedere loro quali soglie di sbarramento si applicherebbero qualora dovessimo tornare al voto con la legge elettorale che ci consegna la sentenza della Corte costituzionale e se il voto sarebbe con una o più preferenze e se sia rimesso ai regolamenti attuativi o possiamo già evincerlo dalla sentenza.

  PRESIDENTE. Non essendovi altri interventi, do la parola al professor Caravita di Toritto per la sua replica.

  BENIAMINO CARAVITA DI TORITTO, Professore ordinario di diritto pubblico. Il modello su cui stavo ragionando, onorevole Bressa, era un primo turno basato su metà seggi in collegi uninominali e metà seggi su distribuzione proporzionale, quindi il modello tedesco, e un secondo turno per il premio.
  Qui mi ricollego alle considerazioni del professor Guzzetta: il problema del doppio turno si pone perché anche nel doppio turno il premio fisso non è in grado di garantire il raggiungimento della maggioranza. Se al primo turno distribuisco proporzionalmente i seggi rispetto ai risultati, al secondo turno non mi basta un premio fisso, perché se al secondo turno mi accedono due schieramenti con il 35 per cento, prenderanno 175 deputati. Se invece do solo 100 seggi di premio, lo schieramento che ha preso 175 al primo turno arriverà al secondo turno a 275, quindi sotto la soglia.
  Il problema del doppio turno, quindi, è comunque quello di ricalcolare la ridistribuzione anche dei seggi del primo turno fra chi ha vinto e chi non ha vinto, perché altrimenti non se ne esce nemmeno con il doppio turno. L'idea su cui stavo ragionando era quindi metà uninominale e metà proporzionale.
  L'onorevole Boschi chiedeva come si andrà a votare, se non si riesce a modificare la legge elettorale. A mio avviso, si va a votare con piccoli adattamenti, o anche grandi perché si possono anche modificare le soglie di sbarramento, il numero di preferenze. Il sistema elettorale che esce dalla sentenza della Corte è sostanzialmente auto-applicativo, quindi 4 per cento di sbarramento alla Camera, 8 per cento al Senato, una preferenza, con qualche modifica (discutibile se possa essere solo con atto regolamentare, probabilmente occorre un decreto-legge) sulla riformulazione della scheda e su qualche altra piccola cosa.
  Concludo richiamando brevemente una questione, l'equilibrio di genere: sulle liste bloccate e sul premio è facile, sul collegio uninominale non so come si possa fare. Voto degli italiani all'estero: sì, va modificato, però questo è un problema di modifica costituzionale.
  La domanda sulla governabilità è di impostazione di fondo: tutti gli ordinamenti chiedono un bilanciamento fra governabilità e rappresentatività, e come si modula questo bilanciamento è una questione da discutere di volta in volta. Certo, il sistema proporzionale non assicura la governabilità. Qualcuno o molti potrebbero ritenere che gli accordi si fanno anche dopo, in Parlamento, posizione dal punto di vista costituzionale assolutamente legittima. Nulla si può eccepire all'idea che non si sappia di sera chi ha vinto, ma lo facciano i partiti dopo.

  PRESIDENTE. Sulla scorta di questo intervento, mi permetto di sollecitare gli Pag. 14altri due esperti su due temi. Il primo riguarda la soglia di sbarramento a cui faceva riferimento il professor Caravita di Toritto, cioè la rilevanza e gli effetti di una non soglia di sbarramento, soprattutto se c’è un effetto positivo della soglia di sbarramento nazionale, rispetto a possibili espressioni di voto localizzate. Al professor Guzzetta in particolare vorrei chiedere se vi siano profili di incostituzionalità nel sistema del «Sindaco d'Italia» cui ha accennato.
  Do la parola al professor Matteo Cosulich per la replica.

  MATTEO COSULICH, Professore associato di diritto pubblico. Partirei dal discorso sulla rappresentanza di genere, posto dagli onorevoli Centemero e Pisicchio. Nella legislazione residuale, vale a dire che residua dalla sentenza della Corte, si pone un problema di legittimità costituzionale, quantomeno in termini di omissione con riferimento all'articolo 51 della Costituzione, perché in un passaggio la Corte, ripetendo la sua giurisprudenza in materia di ammissibilità referendaria, dichiara che non è compito suo valutare la legittimità costituzionale della legislazione residuale. Mi pare un passaggio curioso; però così afferma la Corte.
  Si può assicurare la rappresentanza di genere con la preferenza di genere, come sappiamo, però c’è probabilmente anche la possibilità dell'alternanza in lista; possibilità che era stata esclusa sulla base della sentenza della Corte costituzionale n. 422 del 1995, che aveva dichiarato costituzionalmente illegittima questa modalità. Però nel frattempo è mutato il parametro costituzionale, in quanto non era ancora intervenuta la modifica dell'articolo 51.
  Faccio anche presente che nella legislazione elettorale regionale siciliana, con riferimento al listino regionale, c’è stato un caso di alternanza di genere in lista e la Corte costituzionale non è stata adita su questo profilo, il che non significa naturalmente che sia costituzionalmente legittimo, però non abbiamo contraria giurisprudenza. Sul punto, la sentenza n. 422 potrebbe reputarsi superata alla luce del nuovo parametro di costituzionalità.
  Sempre con riferimento alle preferenze (ma questa è una posizione assolutamente personale, che peraltro coincide con una proposta dell'onorevole Toninelli) occorre guardare con attenzione alla possibilità della preferenza negativa, anche se personalmente vedo con un certo interesse la mera cancellazione, non la possibilità di cancellare sostituendo con qualcuno che sta in un’ altra lista, perché, come avvenuto in passato, il panachege potrebbe dar luogo anche a fenomeni notabilari, forse peggiori della preferenza in positivo. Ogni candidato avrebbe quindi tanti voti individuali quanti sono i voti di lista, meno le cancellazioni che ha subito. Come è stato osservato, la cancellazione potrebbe penalizzare i candidati più esposti, più noti; però potrebbe anche limitare il fenomeno dei cosiddetti «candidati paracadutati», sgraditi all'elettorato. Nell'ambito della preferenza negativa, per favorire l'equilibrio di genere si potrebbe pensare a una doppia cancellazione, appunto legando la seconda eventuale cancellazione all'altro genere rispetto a quello della prima cancellazione.
  Per quanto riguarda la legge per gli italiani all'estero, poiché la Corte in questa sentenza apre la strada alla possibilità di sindacare più ampiamente la legislazione elettorale politica, mi permetto sommessamente di sottolineare che lì sono presenti forti problemi di legittimità costituzionale, con riferimento alla personalità, alla segretezza e all'eguaglianza del voto.
  Sarebbe urgente e necessario un intervento, anche perché probabilmente nel nostro ordinamento, a differenza di quello che avviene nell'ordinamento tedesco, nel caso del voto postale la segretezza del voto non può essere ricondotta completamente alla segretezza della corrispondenza, ma richiede altresì la segretezza all'atto dell'espressione del voto, che non è minimamente garantita dalla legislazione sul voto degli italiani all'estero.
  Questo pone anche un problema di personalità del voto, come sembrano dimostrare Pag. 15le vicende giudiziarie che hanno interessato il voto degli italiani all'estero. Infine si pone un problema di eguaglianza, con riferimento al rapporto tra seggi da assegnare e numero di elettori, tema su cui eventualmente si può tornare.
  Quanto alla questione posta dall'onorevole Toninelli sulla governabilità dall'alto o dal basso, sicuramente è un problema di filosofia politica, come diceva il professor Caravita di Toritto. Forse il doppio turno potrebbe essere un modo per coniugare la governabilità dall'alto con quella dal basso, in quanto, come ho fugacemente accennato, nel secondo turno il cittadino è arbitro fra due proposte politiche alternative.

  GIOVANNI GUZZETTA, Professore ordinario di diritto pubblico. Le domande sono tante ma sarò rapidissimo. Sull'articolo 51 della Costituzione anch'io sono rimasto molto sorpreso che la Corte sia stata così timida. Continuando a sostenere la tesi che la preferenza sia stata introdotta come minimo sindacale, forse alla luce dell'articolo 51 il minimo sindacale avrebbe dovuto essere un pochino più ampio rispetto a quello che è stato.
  Sugli italiani all'estero condivido totalmente le considerazioni espresse, quindi per ragioni di tempo non intervengo. Ritengo che sia un problema molto rilevante da affrontare.
  Sul problema delle distorsioni nella governabilità dal basso e dall'alto, credo che il discorso debba essere totalmente capovolto. Nella letteratura mondiale sui sistemi politici nessuno sosterrebbe che un sistema di investitura diretta delle maggioranze da parte dei cittadini o un Governo di legislatura siano dall'alto, mentre il Governo prodotto dal sistema proporzionale e dagli accordi parlamentari dei partiti sia un Governo dal basso, proprio perché nella letteratura mondiale su questo punto il nodo è che, se i Governi si possono fare e disfare in Parlamento, sono le élites politiche che decidono se fare o disfare i Governi, quindi è certamente più dall'alto.
  Si potrà obiettare che, se i partiti sono superdemocratici, questo non avviene, ma nella storia di questo Paese non mi sentirei di dire che i Governi che duravano nove mesi e che venivano continuamente messi in crisi da uno stormir di fronde fossero Governi dal basso, mentre quelli che nascevano dal responso delle urne e che duravano una legislatura o meno fossero Governi dall'alto.
  La premessa è che si creda nel momento democratico, cioè che, nel momento in cui il Governo investito dagli elettori entra in crisi e quindi entra in crisi quel patto politico con gli elettori, tendenzialmente si torni alle urne, secondo la logica del Governo di legislatura.
  Ovviamente sui sistemi locali ci sarà un effetto di questa sentenza, ma rimane il nodo dell'affermazione della Corte sulle proclamazioni. Mi domandavo cosa sarà della legge elettorale lombarda, le cui proclamazioni sono state impugnate davanti alla Corte, se la Corte la dichiarerà inammissibile perché non più rilevante, essendo intervenuta la proclamazione e quindi essendo esaurito il rapporto, o entrerà nel merito.
  Se entrerà nel merito, la proclamazione così frenante e conclusiva non è, e questo mi consente di riallacciarmi alla domanda sull'anteriorità logica del bicameralismo. Io non parlerei di anteriorità logica in senso stretto, perché abbiamo avuto quattro modifiche di legge elettorale nella storia repubblicana e nessuna di queste ha preso in considerazione la modifica del bicameralismo come esigenza logica precedente la modifica della legge stessa. Se invece parliamo di esigenza storico-politica, sono perfettamente d'accordo. Il problema però qui è un altro: il problema è la legittimazione dell'organo che quell'operazione deve fare.
  Qui è in gioco un diritto inviolabile del cittadino, quello alla tutela giurisdizionale. Se affermiamo che i ricorsi in materia elettorale non possono essere discussi e influenzati dalla decisione della Corte costituzionale, andiamo a toccare il cuore di un diritto fondamentale sancito dall'articolo 24 della Costituzione, in particolare Pag. 16per le Camere laddove l'unica forma di tutela è quella che può venire dalle Giunte.
  Sul sistema residuo penso che si applicano tutte le soglie, anche quelle che consentono a una coalizione che abbia il 20 per cento di coalizzarsi, permettendo a chi è sotto soglia di rientrare, dal momento che le soglie nel sistema della legge mi sembrano del tutto compatibili con l'abolizione del premio di maggioranza.
  Sull'autoapplicatività, mi pare che la Corte abbia detto chiaramente che si applica la giurisprudenza sull'assenza di voto normativo. Questo tecnicamente significa che anche se non succede assolutamente nulla si può andare a votare. La Corte arriva al punto di segnalare che lo stesso facsimile di scheda, che è legislativamente normato, possa essere integrato in sede di uffici tipografici del Ministero dell'interno con una righetta che inserisca la possibilità di esprimere la preferenza.
  L'autoapplicatività va interpretata in senso totale, anche se poi il legislatore può intervenire e fare quello che vuole, ma la legge può funzionare esattamente così. Al riguardo, come studioso nutro qualche dubbio, però questo sostiene la Corte.
  Sul Sindaco d'Italia confermo quello che ho detto. A me pare che il problema del doppio turno di coalizione non sia solo l'inconveniente di un sistema bicamerale in cui il secondo turno che attribuisce un premio di maggioranza rischia di divaricare ulteriormente l'esito del primo turno, ma sia esattamente quello che ho detto. Con un doppio turno in cui non si preveda una soglia per accedere al premio che assicuri la maggioranza assoluta dei seggi si rischia concretamente di trovarsi esattamente nella stessa situazione del Porcellum, in cui una minoranza, grazie al meccanismo del premio, seppur attribuito in una competizione a due al secondo turno, cosa che non rileva rispetto all'impianto proporzionale, si trova ad avere il 55 per cento dei seggi.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il professor Caravita di Toritto, il professor Cosulich e il professor Guzzetta.
  Continuiamo con gli interventi degli altri esperti. Do la parola al professor Aldo Di Virgilio, professore associato di scienza politica presso la Facoltà di scienze politiche dell'Università degli studi di Bologna.

  ALDO DI VIRGILIO, Professore associato di scienza politica. Ringrazio il Presidente e la Commissione per l'invito. Avevo predisposto un intervento breve, intitolato Legge elettorale: fare presto e fare tecnicamente bene, ossia adottando regole elettorali semplici, articolato in tre parti: una breve introduzione sullo stato dell'arte della questione elettorale, osservato sia dal punto di vista del nostro Paese, sia in base alla letteratura di scienza politica – sono un politologo, non un giurista –, la valutazione di quali caratteristiche la legge elettorale che verrà, se verrà, dovrebbe avere alla luce del punto precedente, alcune osservazioni sulle proposte pendenti e sulle iniziative politiche in atto.
  Inizio subito dallo stato dell'arte. Per quanto riguarda il nostro Paese, il punto essenziale è che da troppo tempo la legge elettorale figura in una posizione alta dell'agenda politica, e questo ha un costo non trascurabile in termini di fibrillazione della classe politica, che molto dipende dalle regole del gioco per quanto riguarda le proprie carriere, ma soprattutto per il fatto che ciò sottrae tempo e attenzione alla classe politica rispetto a temi più urgenti dell'agenda politica.
  Continuare a «parlare senza fare» produce un effetto boomerang, ovvero alimenta malumori e sentimenti di sfiducia e di protesta tra i cittadini. A ciò si aggiunga la situazione che si è creata dopo il pronunciamento della Corte costituzionale. Per un verso, dal mio punto di vista in modo per niente lineare, il pronunciamento ha tagliato corto, ha sciolto il nodo di alcuni difetti tecnici della legge previgente, la legge Calderoli. In sintesi; l'astrusità dei premi di maggioranza su scala regionale per il Senato, l'interazione perversa fra liste bloccate e candidature multiple Pag. 17(aspetto più importante delle liste bloccate in sé), e, infine, l'incondizionalità del premio di maggioranza.
  Per altro verso, però, la Corte costituzionale ha determinato il ritorno a un sistema proporzionale. Le soglie rimangono le stesse, come abbiamo sentito dal professor Guzzetta, con un voto di preferenza in grandi circoscrizioni. Un sistema di questo tipo non è in grado, a mio avviso, di assicurare un mix adeguato tra obiettivi di rappresentanza e di governabilità, né di assicurare agli elettori di esprimere un voto decisivo per il Governo e all'esecutivo di poter governare.
  Lo stato dell'arte per quanto riguarda l'Italia, quindi, segnala l'urgenza di una riforma in grado di soddisfare i requisiti che la Corte pone, però superando il sistema scaturito dalla sentenza della Corte stessa. Per i partiti questa è l'ultima, grande occasione per poter risalire la china del discredito.
  Per quanto riguarda lo stato dell'arte riferito alla letteratura, bisogna essere scientificamente corretti e mettere in chiaro, alla luce delle conoscenze empiriche comparate che la scienza politica ha prodotto, quali strumenti istituzionali siano in grado di raggiungere quali obiettivi e a quali condizioni. Le leggi elettorali sono dei codici istituzionali, riescono a definire una struttura di incentivi e di vincoli, orientano i comportamenti, ma non possono di per sé produrre qualcosa di certo, quindi non possiamo attenderci effetti automatici, deterministici.
  Una definizione di sistema elettorale prodotta dalla scienza politica, e che dobbiamo al professor Taagepera, un politologo estone, ci dice che un sistema elettorale è costituito dalle regole di voto e dall'abilità degli attori di utilizzarle. Queste regole vanno infatti giocate dagli attori in carne ed ossa, che sono qui presenti, che stanno fuori, che poi vanno a votare, dunque candidati, partiti, eventuali coalizioni ed elettori.
  L'interazione è complessa e le conseguenze inattese sono sempre in agguato e spesso sufficienti a vanificare anche le migliori intenzioni. Dico questo non certo per affermare, come a volte si sostiene, che bisogna fare altre riforme istituzionali prima della riforma elettorale, ma per affermare tre punti: i sistemi elettorali non hanno effetti taumaturgici; questi effetti quando ci sono (perché non tutti i sistemi elettorali li producono, a volte si tratta semplicemente di rispecchiare: la proporzionale pura non produce effetti) sono di carattere selettivo, cioè riducono il numero dei competitori che giocano la partita o approdano nelle sedi istituzionali e di Governo; questi effetti sono più chiari e prevedibili quando abbiamo a che fare con sistemi elettorali «semplici», la proporzionale e il maggioritario a turno unico.
  Ne sappiamo di meno, invece, quando – anche questa è una distinzione formulata dal professore Taagepera – abbiamo a che fare con sistemi elettorali «complessi», cioè sistemi che assegnano i seggi a più livelli, che utilizzano il doppio turno, che prevedono il premio di maggioranza, e con la grande varietà dei sistemi misti.
  Di questo sappiamo poco. Posso aggiungere che rispetto ai sistemi misti a inizio degli anni ’90, ci si domandava se si trattasse del migliore dei mondi possibili (titolo di un altro testo classico del 2001, curato da Shugart e Wattemberg), mentre adesso venti anni dopo il bilancio non sembra molto positivo. Sistemi misti danno spesso modo agli attori di giocare opportunisticamente, soprattutto agli attori dell'offerta, cioè ai candidati, ai partiti e alle eventuali coalizioni, magari lasciando gli elettori all'oscuro di ciò che avviene.
  Il meccanismo è molto semplice: l'offerta guida e gli elettori rispondono all'offerta che è stata confezionata. Dunque il sistema perfetto non esiste. Sono sempre in agguato effetti non previsti, i dettagli contano moltissimo e in Italia abbiamo degli esempi da manuale di dettagli mal sorvegliati, che sarebbero divertenti se non fossero così drammatici. In vent'anni abbiamo avuto collegamenti multipli e premi di maggioranza su scala regionale, cioè degli assurdi tecnici, abbiamo le liste civetta, le candidature plurime. Pag. 18
  Quale riforma elettorale dunque ? Da questa ricognizione vengono fuori alcune parole chiave: fin qui ho detto urgenza, necessità di coerenza e di tenuta tecnica (qualche legislatura fa, non si è stati in grado di produrre il plenum della Camera a causa di dettagli mal congegnati come liste corte, vittorie eccessive e così via), preferenza per regole elettorali semplici.
  A queste parole se ne possono aggiungere altre. Se dovrà essere approvata con urgenza, la nuova legge elettorale non dovrà essere subordinata ad altre riforme istituzionali. Se vorrà essere coerente, dovrà prevedere regole identiche per entrambe le Camere. Se vorrà essere semplice, dovrà evitare di combinare meccanismi omologhi, ma difficili da far convivere tra loro, come per esempio il criterio del plurality e il criterio del premio.
  Evidentemente, la legge dovrà anche rispettare i criteri fissati dalla Corte.
  Resta però ancora un punto: l'attesa generale fuori di qui, anche da parte nostra, dei cosiddetti «esperti», è per una legge che sappia affrontare il nodo della questione elettorale in modo risolutivo, che si dimostri capace di reggere la prova del tempo cioè, che non sia necessario cambiare dopo tre elezioni. Anche perché i veri effetti maturano in un tempo più lungo e solo dopo quattro, cinque, sei elezioni sappiamo davvero che effetti produca una legge elettorale.
  Ci chiediamo a questo punto quanto la nuova legge elettorale dovrà essere condivisa per arrivare a un risultato con queste caratteristiche e quali possano essere le soluzioni più adeguate a questo scopo. Di fronte a questo interrogativo, volenti o nolenti, gli esperti si fanno da parte: è questa la chiave di volta del processo decisionale che il Parlamento è chiamato a istruire, quindi è qualcosa che ha a che fare soprattutto con gli attori decisionali immediatamente implicati.
  Sento tuttavia di dover esprimere alcune osservazioni sulle proposte correnti, ed è quanto ho fatto riflettendo sulle proposte correnti, sulle proposte politiche più generali, quindi il documento Renzi, sul pronunciamento della Corte costituzionale.
  Se un sistema elettorale perfetto non esiste, come ho detto, non esiste neppure una riforma elettorale che possa andare bene per tutti. Il rischio della «riforma spezzatino», che vanifica l'indispensabile coerenza tecnica per ottenere il consenso di tutti, è sempre dietro l'angolo. Il sistema elettorale vigente dopo l'intervento della Corte non lavora adeguatamente sul versante della formazione della maggioranza di Governo, né consente agli elettori di esprimere un voto che possa influenzare in modo efficace la scelta del Governo. Naturalmente, quando parlo di formazione della maggioranza, intendo la trasformazione di una minoranza di voti in una maggioranza di seggi: è questo che i sistemi elettorali possono fare, e questo anche malgrado ciò che la Corte dichiara in certi passaggi.
  Alcune proposte pendenti, soprattutto quelle sul voto di preferenza, segnalano orientamenti favorevoli al nuovo status quo, quello firmato dalla sentenza della consulta. Questo può essere un pericolo in vista di un cambiamento possibile. Altre proposte sono troppo complesse e dunque mescolano princìpi omologhi (citavo l'esempio della combinazione di plurality e premio), e ciò potrebbe rendere il meccanismo opaco e non opportunamente funzionante.
  Mi sembra che la proposta del recupero della legge Mattarella per il Senato, rivista eliminando lo scorporo, sia la più semplice fra le proposte disponibili, in grado di assicurare alcuni risultati certi. Mi sembra invece che la proposta del premio di maggioranza sia non del tutto ben concepita, nel senso che con un bicameralismo simmetrico abbiamo ancora la possibilità che si creino maggioranze diverse. Diversi potrebbero essere i «finalisti», diversi i vincitori.
  Il sistema spagnolo, infine, risponde adeguatamente ad alcuni dei criteri che ho evidenziato anche se in questo caso occorrerebbe un certo tempo, ridefinire i collegi. Aggiungo che il buon funzionamento Pag. 19di quel sistema in Spagna è assicurato anche da altri elementi, istituzionali e costituzionali, e non dalla sola legge elettorale.

  CARLO FUSARO, Professore ordinario di diritto pubblico comparato. Rivolgo un ringraziamento in particolare ai due gruppi che mi hanno segnalato. Considero una sorta di riconoscimento alla carriera essere stato suggerito dal maggior gruppo di maggioranza e dal maggior gruppo di opposizione. Torno in quest'Aula dopo trent'anni, e la cosa naturalmente mi emoziona.
  Non posso fare a meno di richiamare un'audizione fatta al Senato della Repubblica quando affrontava questa stessa materia nel giugno del 2011. Oggi, si torna ad affrontarla in condizioni di contesto obiettivamente più difficili. Le premesse di allora valgono anche ora, ma io le riduco al minimo per cercare di dire cose più importanti, rinviando al testo scritto e naturalmente alle risposte alle domande che in parte indirettamente ci sono già state fatte.
  La prima premessa coincide essenzialmente con quello che ha detto testé il collega Di Virgilio. Non credo nell'ingegneria elettorale, non credo nell'ingegneria costituzionale, quindi questa premessa va fatta: occorre affrontare queste questioni con grande umiltà, anche perché ogni modificazione induce comportamenti diversi, e applicare ai risultati delle elezioni 2013 i nuovi sistemi elettorali è cosa sostanzialmente assurda, perché gli attori imparano e si adeguano.
  Ha anche ragione il professor Di Virgilio a dire che stiamo rendendo le cose molto difficili a cambiare il sistema elettorale ogni due o tre elezioni, perché effettivamente fare delle valutazioni approfondite risulterà pressoché impossibile.
  Punto secondo: allo studioso, quindi, più che dare ricette, nel rispetto del ruolo del Parlamento sta semmai suggerire un metodo. Sulla base di un'analisi corretta della situazione vigente e delle caratteristiche che sembrava manifestare, tra l'altro in forme completamente opposte, nel 2006-2008, la legislazione elettorale della legge n. 270 del 2005, occorre individuare una serie di obiettivi e una serie di vincoli, quali il rispetto giuridico della Costituzione e della decisione della Corte.
  In vista di un'eventuale intesa, che da cittadino riterrei estremamente opportuna, raccomanderei un ordine di priorità di questi obiettivi e di questi vincoli, perché non ha senso fingere di voler perseguire un certo obiettivo ma porre un vincolo che lo rende assolutamente non perseguibile. Qui si possono citare molti esempi, come il riferimento all'articolo 51 della Costituzione e all'impegno a un riequilibrio della rappresentanza sotto il profilo del genere, laddove la formula elettorale che si adotta deve essere rispettosa del perseguimento di questo obiettivo. Vi sono meccanismi come le preferenze che, al di là della trovata ingegnosa, parzialmente di successo, friulana e campana della doppia preferenza di genere, evidentemente non sono funzionali all'obiettivo. Le liste bloccate, naturalmente corte o piccolissime, sono sicuramente uno strumento molto più sicuro, come dimostrano i dati delle regioni che le hanno applicate. Quando la Toscana ha adottato la sua legge elettorale di liste corte e meccanismi di promozione del genere, il risultato è stato estremamente positivo. Il discorso può valere anche per altri aspetti, su cui però non mi soffermo.
  In merito ai vincoli costituzionali alcuni colleghi hanno detto cose molto interessanti e in larga misura condivisibili sulla sentenza della Corte, che personalmente trovo profondamente sconcertante sotto svariati aspetti, sui quali non mi posso soffermare. Non sono così ottimista sul fatto che lasci ampi margini, in quanto la Corte costituzionale in quella sentenza costruisce una spada di Damocle spettacolare da mettere sulla testa di voi legislatori per qualsiasi scelta andiate a fare, non solo in questo, ma anche in altri campi.
  Riterrei – non mi permetterei mai di dire un soprassalto di dignità – una reazione forte la capacità del Parlamento di produrre una legge elettorale nel tendenziale Pag. 20rispetto di quello che c’è nella Costituzione, in secondo luogo di come essa è stata inopinatamente interpretata dalla Corte, ma senza esagerare sotto questo aspetto, altrimenti ci riduciamo a un balletto, il cui spartito sarebbe indicato da un organo la cui legittimazione è largamente indiretta.
  Un'ulteriore premessa sarebbe quella che riguarda il rapporto, evocato in una domanda posta precedentemente, fra governabilità e rappresentatività. Il nostro ordinamento attuale, nel complesso delle norme costituzionali sulla forma di Governo e della legislazione elettorale, non consente un equilibrio adeguato fra l'una e l'altra istanza.
  Questo è un problema storico, che c’è stato lasciato in eredità dai costituenti e che è andato manifestandosi innanzitutto negli anni ’70, per poi esplodere a causa di alcuni di questi elementi della Costituzione vigente, come il bicameralismo indifferenziato a doppio rapporto fiduciario, e dell'esigenza di affrontare la questione della forma di Governo sotto il profilo meramente elettorale per via maggioritaria. Questo è quello di cui oggi paghiamo il prezzo quando siamo inevitabilmente costretti a ragionare sulla compatibilità di sistemi elettorali con il doppio rapporto fiduciario.
  Questo è un appello molto sentito. Considero estremamente difficile raggiungere l'obiettivo prioritario di elezioni decisive, che pare largamente condivisibile e condiviso da una parte non totalitaria ma larga del Parlamento, se non si interviene sottraendo al Senato il rapporto fiduciario. Su questo non dobbiamo farci illusioni: non credo che esista un sistema che ci possa garantire questo risultato, salvo stranezze di sicura illegittimità costituzionale come l'elezione a una scheda sola o cose del genere. In ogni caso, i Gruppi parlamentari potrebbero cambiare, ma è inutile soffermarsi su questo, perché il discorso è abbastanza chiaro.
  A meno che in un ordinamento da sogno, quale il nostro purtroppo non è, non si stabilisse, come comunque suggerirei di fare ove non si riuscisse a rompere la questione del doppio rapporto fiduciario, con una convenzione costituzionale in base alla quale le forze politiche concordassero che, ai fini della stabilità della formazione e del mantenimento in carica dell'esecutivo, conta il risultato della Camera dei Deputati.
  È ovvio che i colleghi costituzionalisti probabilmente sorridono rispetto a un'ipotesi del genere, ma io continuo a chiedermi (e spero che gli autorevoli colleghi presenti che stimo molto vorranno dire qualcosa in proposito) perché non sembri costituire un elemento di grave sofferenza democratica il fatto che la formazione e la stabilità dei Governi dipendono da un'assemblea che non è eletta a suffragio universale, perché il Senato della Repubblica non è eletto a suffragio universale.
  Considero, credo legittimamente, il suffragio universale l'elezione da parte di tutti i cittadini maggiorenni. Sette generazioni e quattro milioni di elettori non concorrono alla scelta di Governo in uno dei due rami del Parlamento: se questa non è una questione democratica, io mi domando quale possa essere.
  Ritengo effettivamente che la priorità delle priorità, il bandolo della matassa per recuperare quella funzionalità minima del sistema, alla quale sono legate la sua legittimazione e la sua possibilità di dare quelle risposte in concreto non certo in materia di legge elettorale che i cittadini si attendono, sia proprio quella di rendere possibile al corpo elettorale del nostro Paese, al popolo sovrano, nel rispetto di quanto è scritto nell'articolo 1 della Costituzione, di esprimere con il voto non solo una rappresentanza, ma anche un Governo, che abbia gli strumenti per le precondizioni. Poi sappiamo che ci sono dei limiti, come diceva benissimo il professor Di Virgilio e come sanno tutti i colleghi, a quello che le leggi e le costituzioni possono garantire.
  L'esito decisivo è effettivamente la priorità delle priorità. Ci si chiede quindi come valutare i tre progetti principali di cui si discute in questo momento. Tutti comportano problemi, tutti comportano potenzialità, tutti e tre possono funzionare, Pag. 21nessuno probabilmente è sufficiente alla luce di quello che dicevo sul bicameralismo. Ci sono questioni tecniche più di dettaglio, che ho affrontato nel testo scritto che rimetterò alla Commissione, alcune delle quali desidero rapidamente evocare.
  Per quanto riguarda il cosiddetto modello spagnolo non c’è dubbio che, salvo ampliare di molto il cosiddetto premio, la garanzia dell'esito decisivo anche in una sola Camera non c’è.
  Suggerisco comunque, dal momento che è un'ipotesi concreta, di stare molto attenti all'aspetto dell'ampiezza delle circoscrizioni. L'ampiezza media è un conto, l'ampiezza concreta delle singole circoscrizioni è un'altra cosa, e nel momento attuale, al netto di quello che si diceva prima di sistemi elettorali che non dovrebbero essere caduchi, occorre tenere conto del contesto, che oggi è tripolare.
  Un conto è fare circoscrizioni da tre, cinque e sette eligendi, altra farle da quattro, sei, otto et similia. Se si fa un ragionamento sull'applicazione del metodo D'Hondt, forse si coglie la ragione per cui questo è vero. L'effetto premiante implicito può addirittura diventare negativo, in quanto senza recupero dei resti questo va a svantaggio delle forze piccole e diffuse su tutto il territorio, ma va anche a svantaggio delle forze grandi, che non riescono a prendere il secondo e terzo seggio.
  Per quanto riguarda la Mattarella modificata, non c’è dubbio che i collegi uninominali sono quelli che più danno una risposta all'idea della Corte dell'individuazione dell'eletto da parte del singolo cittadino. Al riguardo, condivido le considerazioni del professor Cosulich. Il progetto che il Movimento 5 Stelle ha in esame, attualmente in discussione attraverso internet da parte dei suoi aderenti, contiene elementi interessanti. Aggiungo che quel progetto sostanzialmente è uno spagnolo nell'impianto base, naturalmente senza premio, il che istituisce una notevole differenza. Ritengo però che allo stato dell'arte l'applicabilità concreta di quel meccanismo di individuazione degli eletti sia di difficile immaginazione, se non attraverso l'elettronicizzazione del voto, cosa che io sostengo da quando ero in questo ramo del Parlamento, trent'anni fa, ma sulla quale mi pare siamo purtroppo abbastanza indietro.
  Chiudo raccomandando una riflessione sulla questione dei premi, che apre a cascata tutta una serie di problematiche. Credo che occorra individuare non solo un premio contenuto nella sua dimensione al minimo necessario, ma anche un premio (e qui però ci sono problemi costituzionali rilevanti) che in qualche modo preveda una sanzione nel caso in cui all'impegno delle forze di coalizione, che grazie a questo impegno abbiano conquistato il premio, si venga poi a derogare. Altrimenti, perché dare un premio, se poi in Parlamento si cancellano i presupposti logici che giustificano l'assegnazione del premio ?

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Affiderà poi al contributo scritto ulteriori integrazioni di cui le saremo grati. Do ora la parola al professor Luciani, ordinario di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Roma, La Sapienza.

  MASSIMO LUCIANI, Professore ordinario di diritto costituzionale. Grazie per l'invito a partecipare a questa audizione. Seguirò l'ordine dei temi che è stato indicato dalle utilissime schede di lettura che il Servizio studi della Camera ha predisposto, con qualche breve premessa. La prima riguarda la sentenza della Corte, su cui non ripeto cose già dette da altri, ma aggiungo che la sentenza della Corte effettivamente è più stringente di quanto sia sembrato ai primi commentatori.
  La Corte dice tre cose importanti: che il sistema deve essere ispirato ai princìpi di logicità, proporzionalità e ragionevolezza, che si deve valorizzare, cito testualmente, «la funzione rappresentativa dell'Assemblea», e infine che deve essere valorizzato al massimo il potere di scelta degli elettori, che debbono «incidere sull'elezione dei propri rappresentanti anche sulla base della effettiva conoscibilità dei candidati».Pag. 22
  Una seconda premessa riguarda la lezione della storia, perché le vicende politiche degli ultimi anni hanno dimostrato che, se la strutturazione e la semplificazione del sistema dei partiti possono essere favorite da alcune soluzioni istituzionali, le forzature e gli irrigidimenti eccessivi producono soltanto l'illusione, ma non il raggiungimento del risultato le cure: da cavallo – dunque – non servono. Il panorama politico ha infatti continuato ad essere attraversato da linee di tensione, da fratture che alcuni meccanismi istituzionali hanno occultato, ma non hanno cancellato. Se non teniamo conto di questo, non capiamo perché si siano sgretolate delle maggioranze parlamentari anche vistosissime. Tutto questo induce alla prudenza e ad optare per regole elettorali che siano capaci di incentivare una saggia ricomposizione del panorama partitico, ma non di forzarla, perché io credo che il nostro sistema ne abbia abbastanza di coalizioni coatte.
  Un'ultima notazione riguarda il rapporto fra legge elettorale e struttura costituzionale, ed è il problema del bicameralismo perfetto. Già in altra sede mi è capitato di esporre le ragioni del mio favore per un mantenimento del sistema bicamerale, ma con la trasformazione del Senato della Repubblica in Camera delle autonomie e con la riserva del rapporto fiduciario alla sola Camera dei deputati. Questo è importante, perché alcune scelte di sistema elettorale sono possibili soltanto in presenza di una riforma costituzionale di questo tipo.
  Passo a prendere in esame la questione del voto di preferenza. Alcune delle proposte di legge all'esame della Commissione prevedono l'introduzione del voto di preferenza, che è stato indicato molto chiaramente dalla Corte costituzionale, con un'argomentazione che anch'io considero alquanto ellittica, ma di cui dobbiamo prendere atto. Dico subito, però, che il voto di preferenza è esattamente il sistema che soddisfa nel modo più chiaro l'esigenza di valorizzare quel potere di scelta degli elettori del quale la Corte costituzionale ha detto.
  Sono state avanzate molte obiezioni alle preferenze. Si è detto che vi sarebbe un peso eccessivo del danaro nella competizione politica, ma replico che il peso del danaro c’è anche se si ricorre al sistema delle primarie. (E se non vi si ricorresse avremmo una selezione delle candidature da parte delle segreterie dei partiti, così ricadendo nel vizio del precedente sistema che già conosciamo).
  Si è detto che il voto sarebbe controllabile magari anche dalla criminalità organizzata. Si può replicare che si possono regolare opportunamente la modalità di espressione della preferenza, e inoltre mi permetto di dire che le infiltrazioni criminali sono possibili in ogni sede e in ogni momento del procedimento elettorale: non soltanto nel momento del voto, ma – purtroppo – anche in quello della determinazione delle candidature.
  Si dice, infine, che le preferenze incrementerebbero le divisioni tra i partiti, ma la storia ci dimostra che questa obiezione non ha grande senso, perché per anni noi non abbiamo avuto preferenze nelle elezioni politiche, ma abbiamo visto quanto profonde siano state le divisioni che si sono sviluppate all'interno delle coalizioni e degli stessi partiti. Se inoltre la preferenza fosse unica, il rischio dell'effetto divisivo determinato dalle cosiddette «cordate» sarebbe evitato.
  Per converso, la preferenza ha il vantaggio di favorire la selezione di personale che si dimostra idoneo alla competizione politica, e induce i partiti a proporre candidature appetibili per l'elettorato, impedendo che siano indicati dalle loro segreterie candidati che in una competizione elettorale aperta non avrebbero la benché minima chance di essere eletti.
  In ogni caso, esiste l'articolo 51, primo comma della Costituzione, che concerne il problema delle pari opportunità tra donne e uomini. Qui mi pare che soluzioni come la doppia preferenza di genere o equivalenti siano opportune, ma vadano accompagnate da regole specifiche sul rapporto tra i generi nella formazione delle liste.
  Secondo punto: la questione della soglia di sbarramento. Qui la Corte costituzionale Pag. 23sembra non dire niente, ma in realtà dice moltissimo e dice cose molto stringenti. Richiama, infatti, la giurisprudenza del Tribunale Costituzionale Federale tedesco, ma in questo modo implicitamente – e neanche tanto implicitamente – ne richiama anche i contenuti. La Corte ci dice che si deve essere coerenti con la scelta proporzionalistica, quando la si fa, e si deve esserlo sia quando questa scelta è integrale, sia quando il sistema proporzionale è stato adottato, cito testualmente, «anche solo in modo parziale». Questo significa che una eccessiva penalizzazione delle piccole formazioni non è possibile. Se vale il richiamo alla giurisprudenza tedesca, evidentemente, è chiaro che la Corte ci suggerisce che una soglia giusta sia quella dello sbarramento del 5 per cento e non oltre.
  Terza questione, il premio di maggioranza. Qui c’è grande confusione concettuale anche fra noi studiosi. Sono state avanzate, infatti, varie ipotesi di premio di maggioranza (o di meccanismi equivalenti, perché alcune delle ipotesi fatte hanno il nome, ma non la sostanza del «premio di maggioranza»).
  Premetterei innanzitutto che il sistema del premio ha un senso solo se si innesta su un impianto realmente proporzionale, perché, se il premio viene sovrapposto a una base maggioritaria, è incoerente con la sua opzione di fondo. Un sistema maggioritario, infatti, è scelto perché si pensa che sia idoneo a consentire la formazione di maggioranze chiare, sicché la previsione del premio implicitamente smentisce la premessa.
  È chiaro che è anche contraddittorio rispetto a sistemi proporzionali soltanto a parole, cioè soltanto nella loro formula, ma non quanto agli effetti, quali i sistemi a scrutinio di lista ma con circoscrizioni estremamente ridotte.
  Il premio deve avere una sua ragione d'essere, ovvero deve servire a qualcosa. La Corte lo ha detto: il premio al Senato è illegittimo anche perché non serve a niente. Veramente alcuni di noi l'avevano detto a suo tempo, ma pazienza: non sempre si può essere ascoltati (essere auditi, è piacevole, ma non significa anche essere ascoltati).
  In questo caso un premio che ha un senso è un premio che consente il raggiungimento di una maggioranza, il 50 per cento più uno dei seggi, più magari un piccolo margine di sicurezza, mentre avrei dei dubbi sul fatto che abbia un senso un premio attribuito al primo partito o, peggio ancora, al primo e in minor misura al secondo, ma che non sia idoneo al raggiungimento della maggioranza. Si risolverebbe infatti in un favore fatto ai primi partiti, che non avrebbe grande ragione dal punto di vista dell'assicurazione di quella efficienza dei processi decisionali nell'ambito parlamentare e di quella stabilità del governo del Paese di cui parla la Corte costituzionale. Molto meglio, allora, una soglia di sbarramento seria che elimini i partiti scheggia.
  Quali sono le proposte del premio in campo ? Anzitutto si può assegnare un premio allo schieramento coalizionale che risulti più votato in un unico turno elettorale. In questo caso bisogna indicare una soglia, che la Corte non ci specifica, ma ritengo che sia ragionevole immaginare aggirarsi attorno al 40 per cento.
  È chiaro che, nelle condizioni del nostro sistema politico-partitico partitico, nessun partito singolo e probabilmente nessuna coalizione è in grado di attingere a un simile livello. Ne viene che questo sistema può non determinare alcuna chiara indicazione alla maggioranza, perché, se il premio non scatta funziona in modo proporzionale. Tuttavia questo risultato non mi spaventa perché evita che vi siano coalizioni coatte.
  Un altro sistema è quello dell'assegnazione sempre con una soglia, ma per la partecipazione a un ulteriore turno di votazione. Questo meccanismo è equivalente a quello del premio, ma non è un vero premio, in quanto le due competizioni elettorali sono diverse. Anzi: non parlerei neppure di un doppio turno, ma di un primo turno e di un ulteriore turno Pag. 24nel quale si confrontano (partiti o coalizioni che siano) i primi due che hanno passato la soglia.
  L'ultima ipotesi è quella che la soglia non ci sia. Capisco le ragioni di chi propone questa ipotesi, perché parte dall'idea che non sia sopportabile attendere i tempi più lunghi della ristrutturazione incentivata del nostro sistema politico, ma capisco soprattutto le ragioni dell'altra tesi che è quella che sembra preferibile, secondo cui invece questi tempi più lunghi debbano essere attesi, perché forzare il malato a prendere una medicina troppo amara non significa guarirlo.
  Concludo, signor presidente, affrontando la questione dei collegi e delle circoscrizioni. Varie ipotesi sono in discussione davanti alla Commissione. I sistemi a collegio uninominale tenderebbero in astratto a consolidare l'attuale formato del nostro sistema dei partiti, che, com’è noto, vede tre partiti principali e alcune formazioni minori, che sarebbero penalizzate da una competizione per un solo posto. È da chiedersi se, viste le fibrillazioni che attraversano il nostro sistema politico partitico, sia opportuno scegliere un sistema che cristallizzi l'esistente.
  Lo scrutinio di lista determinerebbe risultati sempre più proporzionali quanto più si aumentasse la quantità di seggi assegnati, ma ci sarebbe un problema di eccessiva rappresentanza di partiti-scheggia. Anche in questo caso la soglia di sbarramento può funzionare bene. Il potere degli elettori, infine, sarebbe esaltato da circoscrizioni ampie con voto di preferenza e sarebbe ridotto da circoscrizioni piccole con liste bloccate.
  Concludo davvero, signor presidente, con un'ultima osservazione di carattere generale. L'esigenza di coerenza interna che ha messo in evidenza la Corte non esclude che si disegnino sistemi di tipo misto, ma un sistema di tipo misto deve essere coerente, come ad esempio il sistema tedesco. Possiamo adottare sistemi che si ispirino a princìpi diversi, ma a condizione che rispettino l'esigenza della loro coerenza interna.

  LORENZO SPADACINI, Ricercatore di diritto costituzionale europeo. La ringrazio, presidente, per l'invito. Cercherò di essere breve. Anch'io articolo il mio intervento su due punti, il primo che attiene a una valutazione della sentenza della Corte costituzionale, il secondo che cerca di applicare i criteri che possono essere desunti dalla Corte costituzionale alle proposte di riforma elettorale che sono in campo.
  Apprendo oggi con piacere che le prime letture della sentenza della Corte costituzionale, che avevano una intonazione riduzionista dei suoi effetti, mi paiono superate, ma intervengo su questo punto con alcune osservazioni specifiche che vorrebbero illustrare le ragioni per cui penso che la sentenza abbia effetti più estesi di quanto non sia parso in origine.
  In primo luogo la Corte costituzionale non richiede soltanto che una legge elettorale non preveda un premio irragionevole, ma si spinge più avanti, perché chiede di valutare la distorsione che il sistema elettorale produce in sé per sé. Occorre valutare non soltanto se una legge elettorale preveda un premio irragionevole, ma se la distorsione che il sistema complessivamente produce sia ragionevole.
  In secondo luogo, a mio avviso la Corte costituzionale intona la valutazione circa la ragionevolezza della distorsività del meccanismo elettorale adottato distinguendola nettamente a seconda che si adotti un sistema elettorale di tipo maggioritario o di tipo proporzionale come base del sistema elettorale. La valutazione circa la ragionevolezza della distorsione prodotta dal sistema elettorale rispetto ai voti va valutata in relazione alla formula scelta come base del sistema. È quanto sosteneva il professor Luciani, richiamando la circostanza che occorre mantenere una coerenza rispetto al sistema che si assume e alle alterazioni che si introducono nel meccanismo.
  Secondo la Corte costituzionale, c’è libertà nella scelta della formula elettorale nei collegi uninominali oppure nelle formule proporzionali. La Corte costituzionale interviene più pesantemente, invece, con riguardo alle alterazioni che il legislatore Pag. 25intende introdurre, una volta che abbia deciso di costruire il sistema elettorale su collegi uninominali con formula maggioritaria o su circoscrizioni plurinominali e formula proporzionale. Qui la Corte dice che occorre fare una valutazione circa la ragionevolezza della distorsione che si produce, valutazione che si fa sulla base di alcuni parametri che la Corte individua.
  Sono da mettere sui due piatti della bilancia rappresentatività e governabilità, ma la Corte dice di più, perché ci dice cosa debba intendersi per rappresentatività e per governabilità. Sul piatto della bilancia della rappresentatività la Corte mette l'uguaglianza del voto, e qui innova profondamente la sua giurisprudenza precedente perché dice che valuterà d'ora in poi non solo l'uguaglianza in entrata, ma anche in uscita, e che si tratta di valutare la natura rappresentativa del nostro sistema di democrazia, e in un altro passo parla di rappresentanza politica nazionale che viene ancorata all’ articolo 67 della Costituzione.
  Ci dice anche che su questo punto occorre considerare che la nostra è una forma di Governo parlamentare e che ci sono alcune funzioni indefettibili, attribuite al Parlamento, che vanno salvaguardate e non possono essere travolte dalle soluzioni che si adottano in materia elettorale, e, da ultimo ma non per ultimo, che occorre rispettare il principio di sovranità popolare.
  Sull'altro piatto della bilancia sta la governabilità, ma finalmente abbiamo una definizione di cosa la Corte intenda per governabilità. La Corte ci dice che si possono bilanciare gli elementi che ho indicato, allo scopo costituzionalmente legittimo di agevolare la formazione di un'adeguata maggioranza parlamentare. Qui le parole pesano come pietre: la parola scelta è non «assicurare», né «garantire» una maggioranza parlamentare, ma «agevolare», quindi su un piatto abbiamo la rappresentanza, sull'altro piatto della bilancia abbiamo il valore non dell'assicurazione, ma quello dell'agevolazione di una maggioranza parlamentare.
  Questo punto ci riconcilia con le democrazie europee, in nessuna delle quali il sistema elettorale assicura la maggioranza di Governo. Non esiste alcuna esperienza costituzionale tra le democrazie classiche in cui la formula elettorale assicuri una maggioranza: esistono formule che agevolano la formazione di una maggioranza. Questo ci riconcilia anche con la forma di Governo parlamentare, perché la forma di Governo nella quale è assicurata l'individuazione del capo dell'esecutivo il giorno dopo le elezioni non è la forma di Governo parlamentare, ma è la forma di governo presidenziale, nella quale gli elettori votano direttamente il Presidente, ma si badi che anche in quella circostanza l'elezione del Parlamento non discende mai come mera conseguenza della scelta degli elettori sulla individuazione, designazione, elezione del soggetto che dovrà ricoprire la carica nel potere esecutivo. La formula utilizzata della Corte, agevolare e non assicurare, ci riconcilia, lo ribadisco, con le democrazie europee e con la forma di Governo parlamentare.
  In linea di massima, quindi, non possono essere accettate distorsioni irragionevoli nella trasformazione dei voti in seggi complessivamente, occorre effettuare una valutazione di ragionevolezza tra governabilità e rappresentatività, ma la rappresentatività è un elemento più complesso che attiene anche alla forma di Governo, alla forma di Stato e alla sovranità popolare. La governabilità, viceversa, è un concetto volto ad agevolare e non ad assicurare la maggioranza.
  Se questo è lo schema iniziale, provo a fare alcune considerazioni rispetto alle proposte in campo. La prima è quella della legge Mattarella corretta. La scelta del ritorno alla legge Mattarella non contiene alcun problema di compatibilità rispetto alla sentenza della Corte costituzionale, è il ritorno a un sistema a collegi uninominali, in cui la logica di agevolazione della maggioranza si ha perché il collegio uninominale agevola l'aggregazione ed evita la disgregazione delle forze politiche. Quello che è considerato il difetto dei sistemi elettorali maggioritari è Pag. 26però che possono potenzialmente estremizzare l'espansione in seggi a favore del partito di maggioranza relativa.
  Nel rapporto tra governabilità e rappresentatività i collegi uninominali estremizzano nel senso della governabilità. A questo punto sono compatibili tutte le correzioni volte a rafforzare gli altri obiettivi costituzionalmente perseguibili, e dunque la quota proporzionale prevista nell'originaria legge Mattarella va benissimo, mentre mi sembrano del tutto incompatibili con questa impostazione correzioni che estremizzino ulteriormente la curvatura maggioritaria del collegio uninominale.
  La legge a base spagnola, che è in linea di massima la proposta Toninelli ripresa nelle proposte Renzi ma con la previsione di un premio, non solo richiede circoscrizioni mediamente piccole, ma richiede anche un mix di circoscrizioni grandi e piccole, che hanno natura provinciale in Spagna. Se fosse trasferito in Italia, il sistema funzionerebbe in modo simile, perché abbiamo 100 Province con 630 seggi, là ci sono 50 province per 350 seggi, il mix tra grandi e piccole sarebbe simile.
  Il sistema spagnolo richiede un mix tra grandi e piccole perché occorrono circoscrizioni piccole e selettive nelle quali i piccoli partiti non ottengono seggi, ma occorrono anche circoscrizioni grandi, nei quali i piccoli partiti ottengono seggi, perché non è un sistema con soglia gigantesca al 20 per cento, ma è un sistema in cui i partiti piccoli ottengono meno seggi perché li ottengono solo nelle circoscrizioni grandi. Deprime quindi la rappresentanza dei partiti piccoli, ma non la cancella. Questo li induce ad aggregarsi, ma quando non sono coalizzabili perché hanno divergenze incolmabili con i partiti grandi e affini possono mantenere la propria consistenza.
  Questo sistema garantisce l'aggregazione delle forze politiche e facilita l'espressione delle maggioranze di Governo, ma con un prezzo che è quello della rappresentatività, che non è così alto come nei collegi uninominali, ma è senz'altro consistente. In Spagna la serie storica delle elezioni testimonia che con il 38-39 per cento un partito riesce a ottenere la maggioranza dei seggi e a governare da solo.
  Intervenire su un sistema che ha un forte incentivo alle aggregazioni dei partiti e dunque facilita l'espressione di una maggioranza prevedendo un ulteriore premio a me pare che superi la ragionevolezza che la Corte richiede nelle alterazioni rispetto alla regola che sia assunta a base.
  L'ultima proposta riguarda il doppio turno di coalizione con ballottaggio, modellato sul sistema dei sindaci. Mi sembra che questa proposta abbia frizioni anche più gravi con i princìpi costituzionali appena richiamati, in primo luogo perché l'irragionevolezza della distorsione che si produce può essere gigantesca, come sottolineava il professor Guzzetta. Si potrebbe riprodurre quanto avviene con la legge elettorale comunale, basti considerare cosa è successo a Palermo, Parma o Napoli, in cui forze politiche che al primo turno hanno ottenuto meno del 20 per cento (in un caso anche il 17 per cento) si ritrovano ad essere rappresentate in Consiglio con una dimensione del tutto spropositata attorno al 60 per cento nella proposta renziana.
  In questo caso, peraltro, ci sarebbero problemi anche con riguardo alla coerenza con la forma di Governo parlamentare e con la fondamentale delegittimazione politica che il Parlamento subisce quando si utilizzano sistemi che combinano il proporzionale con il premio di maggioranza.

  PRESIDENTE. Grazie. Ho concesso al professor Spadacini alcuni minuti in più, in quanto era l'unico esperto indicato dal Movimento 5 Stelle. Sospendo la seduta per alcuni minuti.

  La seduta, sospesa alle 11.55 riprende alle 12.15.

  PRESIDENTE. Do la parola al professor Mangia, ordinario di diritto costituzionale presso la Facoltà di giurisprudenza dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza.

Pag. 27

  ALESSANDRO MANGIA, Professore ordinario di diritto costituzionale. Ringrazio il presidente e la Commissione per l'invito. Sono arrivato in ritardo, per cui non sono riuscito a seguire completamente i lavori; sapendo di arrivare in ritardo, ho però cercato di ovviare riguardando le audizioni di martedì scorso sulla sentenza della Corte costituzionale.
  Ritengo che la situazione sia abbastanza chiara: si tratta di una sentenza lunga, discutibile, soprattutto in punto di ammissibilità, però mi sembra che l'audizione di martedì scorso abbia sufficientemente dissodato il terreno. Ne è emersa la tesi esposta soprattutto da Andrea Morrone, ma mi pare che anche Giovanni Guzzetta abbia pubblicato in questi giorni uno scritto che va nello stesso senso, per cui la decisione della Corte si rivolgerebbe prevalentemente ai sistemi proporzionali e lascerebbe impregiudicati tutti gli altri sistemi.
  Di qui l'idea per cui le Camere dopo questa sentenza sarebbero libere di muoversi come prima su sistemi maggioritari. Altri colleghi, come Dogliani, Pinelli e Zanon erano invece più orientati a sottolineare il carattere proporzionalistico di questa decisione. Nicolò Zanon parlava di un'ispirazione culturale di tipo proporzionalistico.
  Ho l'impressione che abbiano ragione entrambi gli schieramenti, ma su piani diversi, anche perché questa è una decisione a cerchi concentrici, ha una forte incidenza per quanto riguarda il modo in cui dobbiamo guardare oggi ai sistemi di tipo proporzionale, ma enuncia anche alcuni princìpi di portata generale, destinati a valere per tutti i sistemi elettorali, il principio di proporzionalità e di ragionevolezza.
  È difficile dire che proporzionalità e ragionevolezza si applichino nel nostro ordinamento costituzionale soltanto ai sistemi di tipo proporzionale, ma, anche muovendoci all'interno di sistemi proporzionali, la Corte ci dice due cose sufficientemente chiare. La prima è che il premio di maggioranza della legge 270 del 2005 contrasta con il principio di uguaglianza del voto, con l'articolo 48 della Costituzione, perché questo premio senza soglia introdurrebbe una distorsione irragionevole e inaccettabile in un sistema proporzionale.
  Qui bisogna intendersi con chiarezza. All'inizio della motivazione la Corte ci dice che il sistema proporzionale non è il sistema prescelto dal costituente, semmai il costituente lo dava per scontato, si trovava in un contesto politico di un certo tipo per cui ha ragionato su meccanismi elettorali di tipo proporzionale, però normativamente la nostra Costituzione non lo impone.
  In secondo luogo, la Corte richiama una propria vecchia giurisprudenza del 1961, dove ci dice che il principio di uguaglianza del voto vale in entrata, ma non in uscita. L'uguaglianza non è uguaglianza degli effetti del voto. Se non fossero infatti ammissibili distorsioni in uscita, la Corte avrebbe fatto rientrare dalla finestra quello che ha fatto uscire dalla porta. È chiaro che l'uguaglianza degli effetti del voto in uscita è la costituzionalizzazione del proporzionale.
  La Corte all'inizio della sua motivazione ci dice esattamente questo. La cosa interessante è che andando avanti – è tipico dei giuristi affermare un principio e poi lavorare per limitarlo –, alla fine del punto 3.1 della motivazione, ci dice che il principio fondamentale di uguaglianza del voto, «pur non vincolando il legislatore ordinario alla scelta di un determinato sistema, esige comunque che ciascun voto contribuisca potenzialmente e con pari efficacia alla formazione degli organi elettivi... ed assume sfumature diverse in funzione del sistema elettorale prescelto».
  Questo significa che all'interno dei sistemi proporzionali funziona in un certo modo, all'interno di altri sistemi funziona in un altro modo, ma continua a funzionare qualunque sia il sistema che il legislatore ha scelto. Questa non è una considerazione di poco conto, perché dopo questo passaggio come si può sostenere che la sentenza lasci impregiudicati il sistema maggioritario e il sistema proporzionale spagnolo ?Pag. 28
  In secondo luogo, la Corte ci dice che il voto di lista bloccata è incostituzionale perché incide sulla libertà dell'elettore. Qui la Corte fa un discorso molto simile alla sua antica giurisprudenza in materia di referendum sulla limitazione e sulla compressione della libertà dell'elettore sul diritto di voto, vale a dire la giurisprudenza in materia di eterogeneità dei quesiti (ad esempio far votare insieme caccia e pesca, far votare tutta una lista).
  La cosa interessante è che secondo la Corte non è il voto di lista in sé ad essere incostituzionale: è il fatto che questa legge preveda soltanto il voto di lista ed escluda ogni partecipazione diretta dell'elettore alla selezione dei candidati. La Corte poi fa un lungo discorso in materia di conoscibilità del candidato e fa salvo esplicitamente il sistema liste brevi di tipo spagnolo e ammette che ci possano essere liste bloccate in altri sistemi, come nell'uninominale.
  Applichiamo questi dati molto semplici, in quanto i passaggi sono due. Il principio di uguaglianza del voto anche in uscita, seppure destinato a funzionare in modo diverso a seconda del sistema, e tutela e garanzia della libertà dell'elettore. Prendiamo questi due parametri e applichiamoli al sistema proporzionale spagnolo.
  Nessuno dubita (neanche i sostenitori della tesi più restrittiva) che il principio di uguaglianza del voto si applichi al sistema proporzionale. Il sistema spagnolo è un sistema proporzionale, però è un sistema che si caratterizza per il suo fortissimo effetto distorsivo del voto. Se il sindacato della Corte sui sistemi proporzionali è destinato ad essere più stretto rispetto ad altri sistemi, è sicuro che sussiste un problema, anche perché sappiamo tutti che questo sistema opera sulla base di collegi molto piccoli, ristretti, e soprattutto opera senza recupero dei resti, quindi ha una forte selettività. Noi lo chiamiamo sistema proporzionale, però possiamo dire che è un uninominale mascherato, un uninominale temperato, un plurinominale, ma certo non è un proporzionale.
  La sentenza della Corte è molto discutibile in punto di ammissibilità, però la Corte costituzionale ha ammesso la questione e si è pronunciata: questa è sicuramente la prima decisione della Corte costituzionale in materia di legislazione elettorale nazionale, ma non sarei sicuro che sarà l'ultima.
  Ho la netta impressione che, così come in passato il legislatore in materia elettorale era tenuto a confrontarsi con comitati promotori di referendum istituzionalizzati, in futuro dovrà confrontarsi con comitati popolari di impugnazioni istituzionalizzate, perché qui ci muoviamo di fronte a un ricorso diretto mascherato.
  È noto che c’è un ricorso per conflitto di attribuzione sulla legge n. 270 del 2005 promosso dalla Regione Friuli Venezia Giulia, ma è meno noto che nell'ottobre del 2013 il TAR Lombardia ha rimesso alla Corte costituzionale la stessa questione di legittimità costituzionale sulla legge regionale lombarda che è stata proposta sulla legge n. 270 del 2005, quindi è estremamente probabile che, quale che sia la legge elettorale che verrà approvata, ci sarà uno scrutinio di tipo giudiziario da parte delle Corti di merito prima e poi da parte della Corte Costituzionale.
  Non credo che chi ha avviato questa battaglia intenda fermarsi di fronte alla prossima legge elettorale, per cui inviterei il legislatore a considerare questo aspetto soprattutto con riguardo al sistema spagnolo. Questo è un sistema di tipo proporzionale che fa della distorsività il suo elemento caratterizzante, cosa che secondo la Corte nei sistemi proporzionali non deve esistere, se non in forma estremamente limitata. Non ho la sfera di cristallo, però credo che un sindacato da parte della Corte sulla base dei princìpi già enunciati sia estremamente probabile.
  Il sistema uninominale è distorsivo in premessa, quindi i princìpi di proporzionalità e ragionevolezza si applicano in modo diverso. Certo, la Corte potrebbe sempre sindacare la compressione del principio rappresentativo in un sistema come quello che nell'audizione di martedì scorso è stato definito «l'uovo di Barbera», ovvero un uninominale con un premio eventuale flessibile, perché in Pag. 29questi meccanismi di tipo uninominale, se non si sta attenti al bilanciamento tra le diverse esigenze di rappresentatività e di stabilità – concordo con quanto affermato dal professor Luciani – un intervento della Corte rischia di essere altamente probabile.
  In questa disamina restano sistemi di tipo misto, magari un sistema di tipo uninominale con un temperamento inserito per evitare gli squilibri sul versante della rappresentatività, che sono tipici degli uninominali. Ritengo che la via maestra resti quella dei sistemi proporzionali a doppio turno, e lo dico con molta chiarezza, anche perché questi sistemi di tipo proporzionale a doppio turno possono essere molto diversi tra loro.
  Presso questa Commissione c’è la proposta di legge Nicoletti che è la base di lavoro e che secondo me non viene direttamente intaccata dalla sentenza della Corte, ma ci sono anche altri schemi. La proposta Nicoletti si ispira al lavoro della Commissione Bozzi, alla proposta Ruffilli De Mita...

  PRESIDENTE. Scusi, professore, ma la proposta Nicoletti non costituisce affatto il testo base su cui lavoriamo. La Commissione ancora deve procedere all'adozione del testo base.

  ALESSANDRO MANGIA, Professore ordinario di diritto costituzionale. Ho avuto informazioni sbagliate. A parte questa proposta, il sistema del doppio turno contiene opzioni molto diverse. Eravamo rimasti fermi alla proposta De Mita-Ruffilli, ma ai tempi della Commissione Bozzi c'era stata una proposta Pasquino sul doppio turno, che potrebbe attagliarsi perfettamente alle esigenze che potrebbero essere soddisfatte sulla base della scelta di questo modello.
  È evidente che anche dopo questa sentenza resta un ampio margine di discrezionalità alle Camere. Oggi le Camere debbono badare con grande attenzione alle indicazioni della Corte, nuove e diverse dal passato soprattutto in punto di uguaglianza degli effetti del voto.

  CIRO SBAILÒ, Professore associato di diritto pubblico comparato. Anch'io mi scuso per il ritardo. Mi par di capire che il problema sia la distorsione maggioritaria, ma ci sono due modi di intenderla, ossia una distorsione maggioritaria impressa a urne chiuse in nome del valore del bene della governabilità e una distorsione maggioritaria che invece si realizza nel bios, nel vivo, nelle dinamiche dell'espressione del voto.
  Credo che di questo bisogna tenere conto in termini di interazione tra elettorato ed eletti, di legittimazione del sistema e di conoscenza e selezione della classe dirigente da parte dell'elettorato, perché quando la distorsione viene impressa con vari meccanismi a urne ferme (caratteristica per esempio di San Marino, della Francia per le regionali, della Grecia) si ha un intervento a urne chiuse in nome di un valore.
  Mi chiedo se non sia opportuno riflettere sugli effetti di questa distorsione in termini di interazione tra il corpo elettorale e la classe parlamentare. Altro è quando la distorsione maggioritaria si determina nel vivo delle dinamiche del consenso elettorale, magari per effetto indiretto di una determinata scelta di circoscrizioni e di raggruppamento delle operazioni sul piano territoriale come in Spagna, dove la distorsione avviene nel vivo della dinamica.
  Credo che la Corte non sia insensibile a questo aspetto, visto che ha sottolineato la ragionevolezza del sistema spagnolo proprio per il carattere ridotto del numero dei parlamentari che si va ad eleggere nella circoscrizione. Mi riallaccio al ragionamento del professor Spadacini sull'equilibrio tra questi beni, la rappresentatività e la governabilità, laddove il premio di maggioranza va in qualche misura a fondere queste due questioni, cosa che credo abbia rilevanza sul tema della rappresentatività come valore fondante il bene stesso della governabilità.
  Da questo punto di vista, un sistema nel quale la distorsione si verifica nel vivo dell'espressione del consenso come quello spagnolo mi sembra che possa essere Pag. 30preso in considerazione. Il majority bonus system è in questo senso lontano dalla stessa prospettiva che emergerebbe da questa ricostruzione della filosofia ispiratrice di questa sentenza, che poi lascia molti problemi in sospeso quanto alla effettiva possibilità di andare al voto con quello che resta. Effettivamente ci sarebbe un ruolo ipertrofico del Ministero dell'Interno, cosa che mi sembra inquietante per la storia nazionale.
  I sistemi proporzionali, come è noto, sono molto più adatti ai Paesi segnati da forti diversità interne di tipo territoriale, ideologico, religioso, culturale, mentre invece il sistema maggioritario è molto più adatto a quei Paesi in cui le conflittualità siano state implementate nell'ambito di un patto costituzionale, che diventa a questo punto indiscutibile da parte delle componenti sociali, culturali, politiche e ideologiche in campo. L'Italia si trova sicuramente in questo secondo gruppo, però è purtroppo molto vicina al primo, spesso con il rischio di ricascarci.
  La distorsione spagnola è indubbiamente forte: alle ultime elezioni è stata dell'11,2 per cento a favore dei due partiti maggiori. Va anche tenuto conto della tendenziale sovrarappresentazione delle aree rurali rispetto a quelle metropolitane che si può determinare con questo sistema. Sul piano politico esiste anche l'esigenza, che è stata posta da più parti, di garantire maggioranze certe, anche se garantire non significa imporre.
  Si potrebbe lavorare intorno a due cose. La prima è l'ipotesi della maggioranza eventuale da attribuirsi una volta che si sia accertato che un soggetto politico abbia superato una soglia, e quindi ancorare l'attribuzione di questa maggioranza a una volontà che si è espressa da parte dell'elettorato, restando fedeli alla storia di questo Paese, che ha tradizionalmente una forma di Governo parlamentare, e nella quale l'evoluzione verso forme di maggiore responsabilità e capacità decisionale del vertice dell'esecutivo può essere ancorata all'evoluzione maggioritaria imposta dal voto stesso.
  Nel momento in cui l'elettorato si esprimesse per una maggioranza più forte, il premio di maggioranza garantirebbe questo rafforzamento, che però non diventa una distorsione imposta dall'alto, ma diventa un'espressione della volontà stessa dell'elettorato. Questo potrebbe poi accompagnare l'evoluzione della forma di Governo, alla fine della quale eventualmente formalizzarla con il potere di scioglimento, ma coerentemente con la nostra storia far lavorare la forma di Governo per poi arrivare alla formalizzazione, e non calare dall'alto. Tra l'altro, comparare è tutto il contrario di copiare. I modelli giuridici migrano, non si applicano.
  L'altro punto sul quale si potrebbe fare una riflessione è quello della lista flessibile, che consente all'elettore di intervenire sulla formazione della lista bloccata per esprimere il suo dissenso rispetto alla scelta del vertice del suo partito, come in Austria, Belgio, Norvegia, Olanda, Repubblica Ceca e Svezia, addirittura con la possibilità di cerchiare il nome e in qualche caso di cancellare il candidato sgradito. A questo proposito ho predisposto una scheda che lascerò agli atti della Commissione.
  La combinazione di queste tre ipotesi è terreno su cui si può lavorare per rispondere all'istanza di contemperare questi due beni che non sono tra loro simmetrici, equivalenti, non hanno lo stesso peso, che è quello della rappresentatività che fonda tutto il resto, e della governabilità, che resta un bene fondamentale da salvaguardare.
  Non mi dilungo sugli aspetti tecnici delle varie soluzioni, Sul premio di maggioranza, che ritengo una forzatura che finisce con il drogare il sistema anche in termini di costruzione di alleanze rispetto al risultato elettorale e alle aspettative dell'elettorato, e quindi di legittimazione del sistema. Credo che il voto di preferenza sia sparito dall'orizzonte o si stia dissolvendo, ma in ogni caso vorrei spendere qualche parola nel merito. Mi limito a richiamare gli atti della Commissione antimafia sulla storia del voto di preferenza nel nostro Paese, e per questo credo Pag. 31che una riflessione su questo punto sia doverosa. Tra l'altro, la maggior parte dei sistemi proporzionali non ha il voto di preferenza.

  ANTONIO AGOSTA, Professore associato di scienza politica. Sono molto contento di essere stato invitato, ho sentito che si è stati segnalati da Gruppi parlamentari, non so chi dovrei ringraziare in particolar modo, ma comunque ringrazio la Commissione per avermi invitato, anche perché sono trent'anni che, come diceva prima Carlo Fusaro, ci occupiamo con Massimo Luciani e tanti qui presenti di questi temi.
  Io cominciai con la Commissione Bozzi e da allora non so a quante audizioni parlamentari formali e incontri informali a vario livello istituzionale su queste tematiche abbia partecipato. Cosa penso, però, del ruolo di un tecnico ? Posso dirvi le mie preferenze e, visto che per il momento il dibattito politico si va scaldando e siamo ancora in attesa delle decisioni che verranno prese già forse lunedì dalla Direzione del Partito Democratico e dagli incontri di cui si parla, vedremo quali saranno le scelte.
  Nonostante le tante proposte offerte alla nostra riflessione, abbiamo in realtà tre modelli dei quali i giornali ci informano che si discute, i tre modelli tempestivamente e accortamente messi sul tavolo dall'intervento del Segretario del Partito Democratico.
  Non so quanti conoscano la storia di ciascuno di noi, ma personalmente dodici anni fa sono transitato all'università, mentre prima di allora ero nella carriera prefettizia, ho creato e diretto l'Ufficio studi elettorali e, tra gli altri incarichi ministeriali, da ultimo il Servizio ispettivo elettorale. Ho lavorato con Leopoldo Elia, e rivendico ad onore di essere stato scelto da lui, anche se come suo Capo ufficio del Legislativo.
  Non sono un costituzionalista, sono un politologo, però qualcosa dovrò dire, perché credo che questa sia una materia complessa. Con Aldo Di Virgilio e Salvatore Vassallo siamo gli unici tre politologi, ma altri ce ne sarebbero stati, dai nostri maestri Sartori, Pasquino, Leonardo Morlino, Fabbrini, D'Alimonte, che sono sorpreso di non vedere citati dai Gruppi parlamentari, così come Lanchester, Bettinelli, ma anche storici delle elezioni come alcuni dei nostri migliori, Pombeni, soprattutto Ballini, che è a mio avviso il massimo storico delle elezioni in Europa, e a Piretti. Gli esperti sono tanti, ognuno di noi però copre alcuni aspetti.
  Quello che da ex tecnico e da politologo mi permetto di dire è che, come più volte ci ha ricordato uno dei massimi esperti italiani, Fulco Lanchester, è una materia complessa, che copre aspetti tecnico-matematici, aspetti decisamente politici, perché non possiamo immaginare che le leggi elettorali si facciano nel vuoto pneumatico o con criteri illuministici, ma si fanno anche per convenienze, peccato che si facciano spesso per convenienze di breve periodo. Io non critico la convenienza, critico la mancanza di lungimiranza: noi dobbiamo fare leggi elettorali che durino almeno vent'anni in prospettiva, non che servano per il mese prossimo.
  Mi veniva in mente una mia polemica di qualche anno fa, quando fui l'autore di quella che venne chiamata la bozza Bianco. Sembrava fossimo a un passo dalla soluzione (vi parlo del 2007-2008), e mi fa piacere essere stato invitato da qualche Gruppo che ringrazierò successivamente, però è mia grande soddisfazione e mia grande «fregatura», perché questo ha sollecitato l'orgoglio personale.
  Forse un'altra soddisfazione è stata quella di essere chiamato nel 2007 dalla Commissione affari costituzionali del Senato, che aveva in campo la riforma elettorale, come unico consulente votato all'unanimità da una Commissione che andava da Storace all'estrema destra, passava per Calderoli della Lega, arrivava...

  PRESIDENTE. Scusi se mi permetto, ma vorrei solo rammentarle che purtroppo abbiamo tempi contingentati, quindi, se lei potesse intervenire in medias res, le sarei grato.

Pag. 32

  ANTONIO AGOSTA, Professore associato di scienza politica. Sì, certo. La funzione dei tecnici non si può esaurire in dieci minuti (infatti non ho neanche provato a stare in quei tempi e semmai vi darò un testo scritto) affrontando questioni così complesse riducendole a opzioni preferenziali.
  Devo mettervi in guardia invece dagli errori tecnici, dagli errori di costruzione del sistema, e sui giornali anche sui tre sistemi vedo svarioni non piccoli. Mi permetterei di dire che anche la Corte costituzionale, con tutto che è fatta da maestri che stimo e con cui ho lavorato, come Giuliano Amato, Sergio Mattarella, Gaetano Silvestri o Sabino Cassese, secondo me ha un po’ equivocato, come molti di noi esperti, sulla definizione di quello che amabilmente è stato chiamato il Porcellum.
  Noi, infatti, partiamo dall'idea che quello sia un sistema proporzionale con premio di maggioranza, qualcuno dei più complessi tra noi ha detto con premio di maggioranza variabile, ma quello non è un sistema proporzionale con premio di maggioranza.
  Non ero tra quelli che vedevano con favore l'adozione di quel sistema, ma con lo stesso disfavore ho criticato (e Massimo Luciani lo sa, perché mentre si elaborava la legge partecipammo insieme a una tavola rotonda all'Università LUISS) l'eccesso di retorica che ha caricato le critiche al Porcellum. C’è un libro che inviterei a rileggere, un'intervista di Furio Colombo a Romano Prodi, entrambe persone da me stimate massimamente, che però è un libro pieno di sciocchezze dette sul Porcellum.
  Il Porcellum è un sistema che tecnicamente non si chiama proporzionale, ma si chiama sistema maggioritario di coalizione con rappresentanza delle minoranze. I sistemi maggioritari sono sistemi che fissano una quota di raggiungimento per chi vince e non sono, come alcuni pensano, soltanto a collegio uninominale. Esistono, ad esempio per le convention che danno vita all'elezione del Presidente degli Stati Uniti, sistemi maggioritari plurinominali. Vi ricorderete il caso della Florida, in cui i ventiquattro seggi finali per pochissimi voti furono tutti assegnati.
  Ci sono sistemi maggioritari, ci sono sistemi proporzionali, e in Italia dal 1882 e poi dal 1888 per le elezioni comunali con Zanardelli e Crispi furono anche introdotti sistemi con rappresentanza delle minoranze, il primo stadio dell'evoluzione verso i sistemi proporzionali.
  Noi, invece, a cominciare dal nostro decano e maestro politologo Giovanni Sartori, che lo definì Proporzionellum – non è lui l'inventore del termine Porcellum, ma insomma tutti giocano all'ironia sartoriana –, dobbiamo fare molta attenzione, perché secondo me abbiamo forzato alcune cose. Vedo la preferibilità, la ragionevolezza, come dice la Corte costituzionale, di soluzioni diverse. Per esempio, la soluzione della soglia è una soluzione ragionevole, che però il sistema fosse incostituzionale sinceramente rimango un po’ perplesso, anche perché la cosa darà la stura a ricorsi sui sistemi regionali.
  Nei sistemi regionali esiste una soglia, ma è una soglia che dà luogo a un premio maggiore, il 60 per cento. Il Presidente eletto sulla lista o sul nome del singolo Presidente con il 40 per cento ottiene il 60. Ma quando non raggiunge il 40 per cento, qualsiasi sia la percentuale, anche l'11, il 9, l'8 o il 2, ottiene comunque il 55 per cento, quello che noi abbiamo chiamato un premio abnorme. Ovviamente il sistema è irrazionale, ma la Corte ha risolto tutti i problemi di irrazionalità ?

  PRESIDENTE. Mi scusi, professore la pregherei di concludere nel giro di due minuti, per parità di trattamento rispetto ai suoi colleghi.

  ANTONIO AGOSTA, Professore associato di scienza politica. Andiamo per flash. Le cose sarebbero tantissime, anche quelle sollevate dai colleghi. È abolito il premio, ma c’è una contraddizione: le coalizioni vigono e servono per usufruire di sbarramenti più bassi. È stata sollecitata l'introduzione di un voto di preferenza, ma non è stata minimamente discussa Pag. 33o criticata, a proposito della scarsa visibilità dei candidati, la pluricandidabilità, di cui si è occupato in un bellissimo saggio anni fa Aldo Di Virgilio.
  Pluricandidabilità vuol dire non l'intervento che tutti in coro hanno criticato, cioè l'elemento del potere delle segreterie di decidere le liste e l'ordine di lista, ma il potere ulteriore dei partiti di scegliere dopo il voto con il meccanismo delle opzioni. Queste cose non sono state toccate dalla Corte, quindi anche la Corte non ha fatto una grande figura di conoscenza della legge elettorale.

  PRESIDENTE. Immagino che lei ci farà avere un contributo scritto.

  ANTONIO AGOSTA, Professore associato di scienza politica. Ve lo farò avere. Come molti colleghi sanno, sono stato tra i primi e addirittura per un certo periodo l'unico sostenitore del modello spagnolo. Leggo però sui giornali (non so se questo sia il vostro orientamento) che il sistema spagnolo si applicherebbe in 118 circoscrizioni. Chi ha fatto questi calcoli è un incompetente. Il discorso è che siano 118 perché 110 sono le Province, più le 4 nuove della Sardegna, più 4 aree metropolitane divise in 2, per un totale di 118.
  Ma qualcuno ha calcolato quanti sarebbero i collegi uninominali o binominali ? Considerate che un sistema proporzionale funziona se assegna almeno 3 seggi, altrimenti non è proporzionale, ma evidentemente questo sfugge ai nostri opinionisti, ai nostri tecnici e forse ai nostri parlamentari.
  Altra grande raccomandazione (continuo a ribadire che è una materia complessa e vedo pochi capaci di maneggiare l'intera complessità) è che dobbiamo cambiare le leggi elettorali in corsa. Le stiamo cambiando a Costituzione invariata, ma dobbiamo fare in modo che ciò che andiamo realizzando possa adattarsi flessibilmente, senza necessità di un nuovo intervento, a una Costituzione variata.
  Partiamo dall'elemento più banale: la riduzione del numero dei parlamentari. Parlo in questo momento soltanto dei deputati, mentre del Senato parleremo, se ci sarà occasione, perché anche di questo dobbiamo parlare a Costituzione invariata. Se riduciamo a 400 o 500 il numero dei deputati, una cinquantina di circoscrizioni sono uninominali o binominali, quindi capite che non ha senso.
  Se quindi volete lavorare seriamente a queste cose, bisogna che lavoriamo concordemente e seriamente, altrimenti per il momento mi rendo conto che abbiamo dieci minuti ciascuno, ma anche queste ampie audizioni servono a poco fatte così, scusatemi se mi permetto...

  PRESIDENTE. È un suo giudizio.

  ANTONIO AGOSTA, Professore associato di scienza politica. Sono trent'anni che mi occupo di queste cose, quindi lo dico con qualche competenza, anche riconosciuta.

  PRESIDENTE. Scusi, professore, lei ha espresso una critica sul modo di procedere della Commissione, critica che trovo poco consona al ruolo che le abbiamo volentieri attribuito.

  ANTONIO AGOSTA, Professore associato di scienza politica. Volevo dire che serve a poco sentire degli esperti che esprimano le loro preferenze: dobbiamo avere presenti i problemi concreti e operativi, altrimenti, nell'attesa che altri prendano decisioni e ce le impongano, stiamo facendo discussioni belle, teoriche...

  PRESIDENTE. La invito a chiudere il suo intervento.

  ANTONIO AGOSTA, Professore associato di scienza politica. Va bene, ho finito.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DANILO TONINELLI. Due domande molto asciutte al professor Spadacini in particolare sul modello svizzero, per sapere se tale modalità di preferenza limiterebbe Pag. 34le criticità che ci sono e giustamente sono state fatte rilevare da tanti docenti relativamente alla preferenza pura, e se il sistema cosiddetto «dei Sindaci», quindi con un doppio turno, dia sì una maggioranza a una coalizione ma garantisca nel contempo una certa stabilità. Riteniamo comunque che rientri tra quelli incostituzionali in base a quanto dettato dalla Corte costituzionale nella recente sentenza.

  ELENA CENTEMERO. Vorrei chiedere al Professor Sbailò un approfondimento sul premio di maggioranza flessibile, a tutti gli altri sulla questione della legge elettorale per la circoscrizione estera. Oltre a questo, sempre per tutti, l'equilibrio di genere in conformità all'articolo 51 della Costituzione, ma in particolare sui due sistemi, spagnolo e Mattarellum.
  Da ultimo, al professor Fusaro, che ha parlato di suffragio universale, con questa distinzione tra l'elettorato di Camera e Senato, solo un semplice chiarimento: nella scorsa legislatura è stata presentata una serie di proposte di legge che attribuivano l'elettorato passivo a diciott'anni, senza la conclusione di un ciclo di studi (l'esame di Stato si conclude con i diciannove anni). Vorrei conoscere la sua posizione su questo.

  ALFREDO D'ATTORRE. Riprendo brevemente alcune questioni che avevo sollevato nel corso delle precedenti audizioni, perché considero importante per i partiti e per i singoli parlamentari chiamati nei prossimi giorni a scelte decisive sulla nuova legge elettorale avere un chiaro riferimento quadro rispetto ai parametri di costituzionalità minimi che la sentenza della Corte ci consegna.
  La mia domanda si riferisce a due aspetti essenziali. Possiamo immaginare, dopo la sentenza della Corte costituzionale, un sistema elettorale che continui a essere basato integralmente su liste bloccate ? Si utilizzano adesso espressioni più pudiche come circoscrizioni corte, ma sostanzialmente si ipotizza un sistema interamente basato su liste bloccate, che espropria del tutto i cittadini dalla possibilità della scelta dei parlamentari sia tramite i collegi sia tramite le preferenze. È possibile ipotizzare la costituzionalità di un tale sistema ?
  Si ipotizzano inoltre sistemi che aggiungano a una base già maggioritaria, che ha un effetto fortemente disproporzionale, un ulteriore premio di maggioranza. Vanno in questo senso sia il rafforzamento in senso maggioritario del sistema spagnolo, sia la correzione del Mattarellum. Vorrei sapere se riteniate che una tale ulteriore torsione in senso maggioritario sia conforme ai parametri di costituzionalità che la sentenza della Consulta ci consegna.
  Credo che sia importante avere questi riferimenti per le decisioni che sia i partiti, sia i singoli parlamentari dovranno assumere nell'esercizio delle loro prerogative.

  RICCARDO FRACCARO. Visto che quasi nessuno ne ha parlato, chiederei di chiarire la posizione degli auditi relativamente a quella parte della recente sentenza della Corte costituzionale, la n. 1 del 2014, in materia di elezioni che si esaurirebbero con la proclamazione degli eletti. Vorrei capire come interpretino la materia della convalida dei singoli parlamentari, se si tratta anche qui di impossibilità di intervenire da parte della Giunta per le elezioni o meno. Il professor Sbailò ha espresso un'osservazione relativamente al premio di maggioranza, per cui vorrei un maggiore approfondimento da parte di tutti gli auditi, in quanto il premio di maggioranza nella discussione che stiamo portando avanti, anche a livello nazionale sembra una cosa scontata e accettabile, ma nel panorama occidentale è presente solamente a livello nazionale in Italia, Grecia e San Marino.
  In molti altri Paesi europei, infatti, l'idea di un premio di maggioranza, così come è concepito ultimamente, sarebbe probabilmente considerata paradossale e intollerabile.

  GREGORIO GITTI. Da civilista prima che da deputato, ho letto con grande Pag. 35curiosità questa sentenza della Corte, e con il rispetto dovuto all'organo di chiusura dell'ordinamento ha una struttura che si avvicina a quella classica delle decisioni in materia di diritti soggettivi, quindi ovviamente nell'ambito della magistratura ordinaria.
  Mi ha fatto piacere che molti degli esperti che sono stati auditi, ma anche qualche collega, in particolare Andrea Giorgis, abbiano colto il dato più importante della sentenza, che io qualifico in modo tecnico come ratio decidendi, con rispetto nei confronti della Consulta, e una serie di obiter dicta puramente orientativi.
  La ratio decidendi sta, a mio avviso, nella qualificazione del diritto all'eguaglianza del voto come coercibile, quindi condivido la ricostruzione che il professor Mangia ha fatto con molta lucidità citando peraltro anche qualche ulteriore esempio, che andrà a sboccare nella configurazione di una sicura coercibilità attuale e futura di questo diritto.
  Si tratta di un diritto che, per effetto della formula della distorsione (e arrivo alla ragione delle mie domande che vorrei indirizzare in particolare al professor Luciani e al professor Mangia), offre una rilettura aggiornata rispetto alla giurisprudenza del 1961 che veniva citata, quindi con una uguaglianza che in questa ratio decidendi non solo guarda alla partenza, quindi all'espressione del voto, ma anche all'uscita.
  Questo è un tema fondamentale, perché gli obiter dicta che si leggono qua e là nell'ambito della sentenza hanno un valore persuasivo, orientativo rispetto al legislatore, ma la ratio è nella formula distorsiva.
  Condivido l'opinione che ho ascoltato sui finti sistemi elettorali di tipo proporzionalistico. L'esempio spagnolo è il più eclatante, e ho sentito parole molto chiare dal professor Agosta e dal professor Mangia circa una paventata incostituzionalità, a maggior ragione se, così come peraltro si sta orientando la dinamica negoziale politica, scegliamo un sistema elettorale e facciamo anche le riforme costituzionali, se con grande realismo andiamo a disegnare su un numero ridotto di parlamentari dei collegi che rischiano di diventare cortissimi.
  Questo realismo, che dà conto anche della complessità che veniva evocata come cifra di considerazione di questa importante materia, pone attenzione sul tema del doppio turno, rispetto al quale il Gruppo a cui appartengo, Popolari per l'Italia, ha declinato in modo chiaro la propria propensione. Credo anche che i voti al Senato rendano politicamente non percorribili strattoni verso sistemi che vengono annunciati all'esito di riunioni notturne. Vorrei che in particolare i professori Luciani, Mangia e Agosta declinassero...

  PRESIDENTE. Prego il collega Gitti di sintetizzare la domanda.

  GREGORIO GITTI. Presidente, in tre giorni di audizioni non sono mai intervenuto, rispettando e ascoltando tutti. Oggi, intervengo per la prima volta, do un'indicazione di tipo qualificatorio e di partito e credo che il presidente, visto che siamo una Commissione parlamentare ed esprimiamo una posizione politica, dovrebbe consentirmi di finire. Siccome sto esprimendo una posizione politica di un qualche interesse, visto che abbiamo incontrato altri Gruppi...

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa, lei ha ragione. Le ricordo che in sede di audizione si rivolgono domande agli auditi, quindi la pregherei di formulare le sue domande, secondo il metro che ho utilizzato per tutti i colleghi.

  GREGORIO GITTI. Lo stavo facendo, comunque le pongo velocemente. Vorrei capire esattamente il punto specifico della distorsione sul tema del doppio turno necessario, perché in una nostra proposta chiediamo di stabilire esattamente cosa mettiamo in lizza, 95 seggi a Costituzione invariata e un 15 per cento o più di 100, ma vorrei sapere se un doppio turno necessario sia in grado di superare l'effetto Pag. 36distorsivo di un premio di maggioranza attribuito per effetto legale al raggiungimento di una soglia.
  Massimo Luciani la evidenziava a 35 o 40, per effetto della scelta dell'elettorato magari sulla base di un accordo di coalizione stretto fra il primo e il secondo turno, con una lista unica magari bloccata, che consenta l'espressione di un voto consapevole verso un programma politico e una lista di cose concrete da fare. Ovviamente questo può avvenire fra il primo e il secondo turno o forse anche all'origine della contesa del comizio elettorale.
  Vorrei che si approfondisse in modo particolare questa sfaccettatura del premio di maggioranza oppure di un secondo turno necessario, anche per ovviare all'obiezione che il Movimento 5 Stelle ha sollevato circa questo doppio turno non ben chiarito, se come effetto dinamico e automatico di premi o invece di contesa elettorale rispetto al quale sono ancora i cittadini a scegliere conformemente al principio di uguaglianza del voto, come la Corte costituzionale ci raccomanda. Chiedo scusa al Presidente.

  RENATO BALDUZZI. Pongo una prima domanda sulla questione delle preferenze a tutti i nostri auditi, ma soprattutto al professor Luciani, perché più di altri si è soffermato su questo profilo, per sapere se riteniate che l'insistenza della Corte sul termine «conoscibilità», ripetuta due volte, come criterio alternativo e satisfattorio induca a una ricostruzione più larga della sentenza stessa e dunque a una minore enfasi sulla questione delle preferenze.
  Con la seconda domanda, che ribadisco perché non vale il principio del ne bis in idem, in quanto l'avevo posta nella prima tornata, vorrei capire quale sia la conseguenza in ordine alla legge regionale senza escludere quella comunale, perché anche sulla legge regionale c’è una, sia pur limitata, competenza legislativa statale.
  In vista di un possibile intervento legislativo (dipende dalla risposta), non avendo la Corte optato per l'impiego dello strumento dell'illegittimità conseguenziale, ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 87 del 1953, quella distinzione tra impedimenti e inconvenienti, che la Corte eredita dalla giurisprudenza sul referendum, in pratica va a scontrarsi con alcuni forti problemi di tipo applicativo, che forse sono qualcosa di più di meri inconvenienti e quindi dovrebbero legittimare anche una preoccupazione del legislatore.

  MARILENA FABBRI. Solo una curiosità in riferimento ad alcune considerazioni del professor Di Virgilio in merito al fatto che il tema del doppio turno – ovvero di trovarsi di fronte a due coppie di partiti o coalizioni di partiti diverse fra Camera e Senato a seguito dell'esito elettorale, che ovviamente è determinato dal fatto che la base elettorale è diversa – si potrebbe risolvere tenendo conto solo della coppia che esce dalla Camera dei deputati.
  Si potrebbe infatti quasi ritenere che il Senato non risponda appieno al principio di universalità del diritto di voto, considerato che gli adulti fra i diciotto e i venticinque anni non votano. Mi è sembrata un'ipotesi molto suggestiva e vorrei capire se sia una provocazione o possa essere una suggestione da approfondire a Costituzione invariata, o se intendesse solo evidenziare l'esigenza di andare al superamento del bicameralismo perfetto e quindi del Senato come Camera elettiva, che esprime la fiducia.

  PRESIDENTE. Vorrei porre una sola domanda al professor Di Virgilio. Le audizioni sono state tutte molto esaustive, quindi la rivolgo simbolicamente a lui, ma riguarda tutti. Lei, professore, ha detto che per il sistema spagnolo diventa necessario riscrivere i collegi. Vorrei chiederle quale criterio ritenga più consono per forma e contenuto per procedere a un'operazione di questo genere e se la riscrittura dei collegi riguardi soltanto il modello spagnolo o potrebbe riguardare anche altre forme di sistema elettorale.
  Il tema della riscrittura dei collegi non è secondario, perché ovviamente incide sui tempi. Dato che, come avete ben compreso, Pag. 37i tempi non sono affatto secondari nella prospettiva che la Camera si è data nella definizione della legge elettorale – ricordo che l'inizio dell'esame in Aula è stato fissato per il 27 gennaio – tutta la procedura che possa più rapidamente portare a un risultato è di massimo interesse per la Commissione e per l'intera Aula.
  Devo fare sempre il cerbero dei tempi e chiedo scusa ai nostri ospiti ma devono parlare sette auditi, per cui vi prego di calibrare i vostri interventi entro un termine di cinque o sei minuti al massimo. Ricordo che contributi scritti potranno sopperire a eventuali carenze nelle risposte dovute al poco tempo a disposizione.
  Do la parola agli auditi per la loro replica ad iniziare dal professor Mangia.

  ALESSANDRO MANGIA, Professore ordinario di diritto costituzionale. L'onorevole D'Attorre chiedeva se sia ammissibile un sistema interamente basato su liste bloccate. La Corte ce lo dice chiaramente in motivazione: no, punto e basta. Però – attenzione – siccome ogni principio viene posto per lavorarci sopra e dentro, scavare e modificare, in quello stesso passaggio la Corte dice che all'interno di sistemi diversi, che possono anche essere proporzionali come il modello spagnolo, le liste corte ci possono stare perché – e qui andiamo a quello che diceva l'onorevole Balduzzi – consentono la conoscibilità dei candidati sul territorio da parte dell'elettore. Credo di aver risposto chiaramente alla domanda posta dall'onorevole D'Attorre.
  Si chiedeva se sia possibile il sovramaggioritario, se sia possibile in un sistema uninominale, che di per sé è maggioritario, mettere un altro premio. In astratto tutto è possibile. Dopo questa sentenza della Corte e dopo quello che ha detto, che secondo me è un netto mutamento di giurisprudenza rispetto al passato sull'uguaglianza del voto in uscita, è molto difficile che passi un test di proporzionalità e ragionevolezza.
  Attenzione: test di proporzionalità non è test di proporzionalismo, sono due cose diverse, però è un dato di fatto che dopo questa sentenza la Corte ha un precedente per intervenire a tutto campo in materia elettorale.
  Passo al quesito dell'onorevole Gitti. Qui c’è una ratio decidendi, quella che credo di aver cercato di esporre, e poi c’è tutta una serie di obiter dicta, ovvero ciò che si mette nelle sentenze ad abundantiam, che non si capisce bene perché venga inserito. Non si mettono a scopo persuasivo, ma dipende dal giudice.
  Ritengo che gli obiter dicta servano perché ci si predispone degli strumenti da potere utilizzare successivamente, in modo tale che quando cambi giurisprudenza dichiari di averlo già detto nel 1961, A questo rischiano di servire, ma in certi casi possono avere anche valenza persuasiva.
  Per questa ragione, quindi, parlavo nel mio intervento di decisione a cerchi concentrici: c’è un nucleo forte, chiaramente prescrittivo, nei limiti in cui è possibile dire questo, in ordine ai sistemi proporzionali perché l'oggetto della sentenza è una legge di tipo proporzionalistico, e la Corte fa una correlazione tra modello scelto e aspettative in capo all'elettore di come funzioni quel modello, altrimenti non faceva saltare il divieto di preferenza.
  L'onorevole Gitti chiedeva come si configuri il secondo turno. Dipende dal sistema a doppio turno che andiamo a scegliere, se un sistema a doppio turno eventuale o un sistema a doppio turno necessario, ma è un dato di fatto soprattutto nei sistemi a doppio turno necessario, vecchio modello Pasquino-Milani che citavo prima, cosa che era già emersa martedì (e tra l'altro preciso per chiarezza al presidente che proprio guardando i lavori sulla web-TV mi è sovvenuta quella considerazione sulla proposta di legge Nicoletti).
  Già nell'audizione di martedì scorso Mario Dogliani ha detto una cosa del tutto condivisibile. Immaginiamo un sistema di tipo proporzionale al primo turno, che consenta un massimo effetto proiettivo, per cui si capisce quanti voti hanno le liste. Qui cambia molto a seconda del fatto che si vada da soli, lista per lista, o si Pag. 38debba andare per coalizioni. Se si va da soli, ha senso il doppio turno necessario, perché nel primo turno uno ha una ricognizione di quanto pesano le liste schegge di cui parlava Massimo Luciani, mentre al secondo turno dipende dalla scelta che si fa, ossia se si mandano soltanto i primi due piazzati e quindi si va al ballottaggio.
  Attenzione, come diceva Mario Dogliani questo non è un premio: questa è la posta in gioco. La seconda votazione ha più la struttura di una consultazione referendaria che di una consultazione politica, perché nel doppio turno, con due soli candidati, un ballottaggio, ho la scelta fra il «sì» e il «no», fra candidato lista A e candidato lista B, oppure posso astenermi, ma non ho altre scelte.
  Da un punto di vista logico, quindi, la votazione ha una struttura diversa e non si configura giuridicamente (non so cosa dirà in proposito il professor Luciani) come un premio: è semplicemente l'effetto giuridico dovuto al raggiungimento della maggioranza dei voti. Il premio è qualcosa di diverso. Sulla base dell'impianto della sentenza, le liste bloccate ci possono stare benissimo, perché la Corte le ammette purché...

  ALFREDO D'ATTORRE. In vari punti della sentenza si fa riferimento al fatto che tutti i parlamentari vengono scelti con il sistema delle liste bloccate.

  ALESSANDRO MANGIA, Professore ordinario di diritto costituzionale. Se si va a leggere bene, la Corte fa salvi il sistema spagnolo e le liste bloccate in altri sistemi pensando all'uninominale. Posso indicare il passaggio con chiarezza, ma me lo sono appuntato perché buona parte del mio ragionamento si fondava proprio su questa cosa.
  Tornando alle considerazioni dell'onorevole Balduzzi in merito alla conoscibilità, questo è il fondamento della ricostruzione che la Corte formula del rapporto rappresentativo. È interessante notare come qui la Corte faccia tutto un passaggio sui partiti politici, perché in realtà la Corte adombra l'idea che ci debba essere un rapporto rappresentativo fra eletto ed elettore. Questa è una grossa novità da un punto di vista teorico. Chi ha studiato la teoria della rappresentanza politica ci ha girato attorno dai tempi di Santi Romano e prima in ordine all'esistenza di un rapporto giuridico fra rappresentato e rappresentante nella rappresentanza politica.
  Non so francamente cosa la Corte volesse dire, probabilmente non pensava a questi aspetti. Voleva dire che ci doveva essere una relazione materiale.
  Sulla legge regionale poneva una domanda l'onorevole Balduzzi, con riferimento alla Lombardia. La legge regionale della Lombardia ha tenuto in piedi il Tatarellum, la vecchia legge del 1995, e ha fatto venir meno il listino, perché aveva dato problemi. Dal punto di vista della lista bloccata, quindi, il sistema lombardo dovrebbe passare indenne un test giudiziale costruito sui parametri fissati in questa sentenza dalla Corte (vale il discorso di prima sugli obiter dicta), non so sulla distorsività e sulla distribuzione dei seggi. Qui tocchiamo con mano cos’è un test di ragionevolezza o di proporzionalità.

  CIRO SBAILÒ, Professore associato di diritto pubblico comparato. Sarò telegrafico. Comincio con il rispondere all'onorevole Centemero e poi senza soluzione di continuità a tutti gli altri.
  Sul voto degli italiani all'estero ricordo che le criticità furono sollevate subito, presto, e ricordo alcuni interventi del professor Barbera e dell'onorevole Intini, quindi abissale distanza tra eletto ed elettori, circoscrizioni galattiche, criticità di carattere costituzionale in merito alla disciplina dell'elettorato passivo e criticità di tipo tecnico, che però toccano anche i beni costituzionali, che riguardano proprio il voto, la segretezza, la trasparenza. In questa fase considero complicato affrontare questo tema, perché a mio modesto avviso tutto ruota intorno al concetto di circoscrizione Estero. La circoscrizione si definisce sulla base della sovranità, e per questo ci sono i rappresentanti d'oltremare nel Parlamento inglese e in quello Pag. 39francese, perché c’è un prolungamento virtuale marittimo (basta leggere tutta la storia del diritto marittimo del ’700) della sovranità che fa sentire i suoi effetti storici nel tempo e poi c’è questa rappresentanza.
  Io sono nipote di immigrati a New York, quindi sono con gli immigrati, ma tuttavia non vedo il fondamento di questa circoscrizione Estero, lo trovo un concetto difficilmente ricostruibile sul piano filosofico-giuridico. C’è un bellissimo discorso di Edmund Burke in favore dei coloni americani, dove si capisce che cosa significa circoscrizione Estero.
  Vengo rapidamente agli altri aspetti. Mi si chiedeva del premio flessibile di maggioranza, un premio che darebbe all'elettore l'opportunità di decidere se, coerentemente con la storia di democrazia parlamentare di questo Paese, voglia una maggioranza forte. È chiaro che dovrebbe esserci una soglia, non saprei dire se il 35 o il 40 per cento, oltre la quale si può attribuire il premio di coalizione.
  In assenza del raggiungimento di questa soglia, evidentemente l'elettorato sta chiedendo un Governo di coalizione, quindi lascerei in tal senso (mi sembra molto coerente con la storia costituzionale di questo Paese, ma a partire già da Cavour) l'elemento parlamentare come elemento centrale, intorno al quale si può anche costruire una leadership forte o forti poteri dell'Esecutivo. Il premio di maggioranza flessibile potrebbe anche aiutare a costruire una fase costituzionale e finalmente a portare a termine la transizione costituzionale.
  L'altra questione che mi veniva posta riguarda la rappresentanza di genere. Ovviamente la Corte non ha bocciato le liste bloccate, come evidenziava giustamente il professor Mangia, ma ha posto un problema di ragionevolezza e di rapporto tra eletto ed elettore. In questo contesto la rappresentanza potrebbe essere ampiamente garantita nella formazione della lista bloccata, e un certo aiuto potrebbe venire anche dalla preferenza flessibile, che consente all'elettore di interagire con la volontà del partito nella formazione della lista; è stata adottata da diversi Paesi e non è tecnicamente impossibile da adottare in Italia.
  Credo di avere risposto a tutto, ma c’è un punto su quale vorrei insistere: la Corte, come ha ribadito il professor Mangia, non solo non ha bocciato il sistema spagnolo, ma addirittura sembra quasi indicarlo come soluzione ragionevole, non proporlo, ma renderlo ricostruibile sulla base della propria giurisprudenza, perché il problema è quello di assicurare il rapporto tra eletto ed elettore. È importante che questo elemento fondamentale della filosofia del diritto, della filosofia politica sia diventato anche giurisprudenza.
  Riguardo alle preferenze, osservo che l'Italia è stata considerata un case study nelle università americane per dimostrare gli effetti negativi del voto di preferenza e avevo già fatto riferimento precedentemente alla relazione dell'Antimafia.

  ANTONIO AGOSTA, Professore associato di scienza politica. Soltanto qualche notazione. A proposito del principio di uguaglianza, che avrebbe varie sfumature a seconda dei vari sistemi, secondo me l'uguaglianza in uscita è legata alla equipollenza, alla equivalenza delle circoscrizioni elettorali. Quando si parla di sistemi maggioritari e di sistemi a collegio uninominale, vuol dire che i collegi devono avere tutti tendenzialmente la stessa popolazione, quello che abbiamo fatto nel 1993 con i collegi uninominali del Mattarellum.
  Nei sistemi proporzionali vuol dire che, se adottiamo un sistema proporzionale, e qui direi ispirato al modello spagnolo, dobbiamo evitare quello che accadrebbe con l'applicazione pedissequa del sistema spagnolo per province, ovvero che ci troviamo ad avere collegi con zero, che probabilmente avrebbero diritto comunque a uno, anche se non raggiungono uno dei maggiori resti, e collegi con quarantadue eletti. Questo è il punto che va chiarito: dobbiamo fare dei sistemi equi non perché dobbiamo attuare sistemi proporzionali, ma perché bisogna dare a tutti le stesse potenzialità di Pag. 40raggiungere il risultato, non predeterminare un risultato che fotografi.
  Il Porcellum, ad esempio, è un sistema che, al di là del premio di maggioranza, come impropriamente viene chiamato, cioè della quota maggioritaria garantita (così la chiamerei più correttamente), adotta un collegio unico nazionale. Come sfugge a molti, il Porcellum come il sistema per le elezioni europee non è basato su ventisei circoscrizioni, come sento dire da esperti, così come il Parlamento europeo non è basato su cinque circoscrizioni: quelle sono suddivisioni successive alla suddivisione in collegio unico nazionale della totalità dei seggi.
  Anche qui la Corte non ha notato l'irragionevolezza della formula elettorale adottata per le ripartizioni proporzionali all'interno delle coalizioni (tanto quella vincente quanto quelle perdenti), perché irrazionalmente la formula adottata avvantaggia eccessivamente i partiti minori e penalizza i più grandi.
  Se considerate quanti voti rappresenta il partito con l'1 per cento ammesso sotto la soglia del 2 per cento e poi il primo partito della coalizione, scoprirete che è più avvantaggiato il più piccolo, il che non ha senso né con un sistema proporzionale, né con un sistema maggioritario.
  Sulle preferenze vado segnalando da anni quello che oggi ho sentito dire al collega Sbailò e tempo fa ho finalmente sentito dire anche al collega D'Alimonte: esiste il sistema della lista semirigida belga (la prima fu inventata in Belgio), che consente di avere una lista ordinata dal partito, ma esiste un voto di preferenza con cui l'elettore può modificare la lista. Ora non abbiamo il tempo di approfondire queste cose, ma spero che ci siano dei testi in biblioteca per farlo.
  Sulla questione della doppia preferenza di genere desidero rivolgermi all'onorevole Pollastrini e ad altri che si sono molto interessati della perequazione della rappresentanza per evidenziare che la doppia preferenza di genere sta dando risultati eccellenti. La Regione Basilicata non ha alcuna norma che preveda perequazioni e le elette sono state zero, mentre in Campania c’è stato un balzo enorme e siamo arrivati, se non sbaglio, al 40 per cento da un 3 per cento.
  A livello di Comuni, siamo passati da un 13 a un 32 per cento di elette in tutti i Comuni grazie alla doppia preferenza di genere. Se quindi la preferenza va messa, ricordiamoci della buona esperienza della preferenza di genere. Come il professor Sbailò correttamente diceva, se vogliamo equilibrare il sistema della lista bloccata (considerate che abbiamo avuto liste bloccate anche in Assemblea costituente e nelle elezioni del 1948 liste bloccate nazionali in cui la Democrazia Cristiana ha fatto eleggere all'Assemblea costituente Costantino Mortati, che, candidato nella circoscrizione di Napoli – Caserta, arrivò ultimo nell'ordine delle preferenze), dipende dalle scelte dei partiti.
  Vorrei chiudere con un’ ultima notazione a proposito della mia raccomandazione qualche anno fa, quando tutti andavano a inseguire il premio di maggioranza garantito, a far attenzione al difetto del Porcellum – laddove ribadisco di aver individuato tanti difetti nel Porcellum ma di non aver condiviso questa vox populi che secondo me è diventata vox iuris nei confronti del Porcellum – che coincideva con il difetto del Mattarellum e semmai il Porcellum consentiva di correggere alcuni difetti del Mattarellum nel senso che dietro il candidato formalmente uninominale del Mattarellum c'era una pluralità di partiti, per cui lo abbiamo definito correttamente «bipolarismo frammentato».
  I piccoli partiti nel sistema Porcellum continuano ad esistere. Il difetto dei sistemi che si basano su coalizioni è che o costringono a coalizioni innaturali per l'obbligo dato dal sistema oppure funzionano male. Questo, tradotto in termini di Governo, vuol dire fragilità e difficoltà della coalizione di Governo.
  Partendo da un multipartitismo, paradossalmente proponevo due soluzioni molto lontane, quella francese del doppio turno di collegio, in cui ci si esprime e poi si converge, oppure quella spagnola che, puntando su partiti con una chiara identità, avesse la possibilità di consentire Pag. 41progressivamente un bipartitismo. Quando parlo del sistema spagnolo, però, non parlo del sistema drastico che vuole ottenere un bipartitismo per decreto: come diceva anche il professor Spadacini, dobbiamo favorire l'emersione di un eventuale bipartitismo, senza mortificare il pluralismo.
  Ci sarebbe anche la questione aperta, che si sta trascurando, del Senato, perché tutti diamo per scontato che il Senato cambierà, ma intanto dobbiamo comunque agire con una legge che funzioni adesso e che funzioni anche qualora il Senato sia elettivo e non basato su funzionalità come in Germania. L'unico sistema rispettoso della territorialità è il sistema che scaturì dal referendum del 1993 per l'elezione del Senato, sia che questo resti un Senato senza voto di fiducia politica, sia che il Senato si trasformi in un Senato delle autonomie e dei territori, cioè recuperando quella che era la vocazione del Costituente, che diede al Senato il compito di rappresentare i territori, mentre alla Camera il compito di rappresentare opinioni politiche, possibilmente nazionali.

  LORENZO SPADACINI, Ricercatore di diritto costituzionale europeo. Il deputato Toninelli chiedeva qualche delucidazione sul modello cosiddetto «della preferenza Svizzera», che in realtà è inglobato nel progetto di legge a sua prima firma ed è un meccanismo attraverso il quale si può incidere sulla lista che viene presentata alle elezioni, cancellando alcuni candidati inclusi nella lista e preferendone altri.
  Nell'esperienza svizzera questo meccanismo diminuisce alcune problematiche, che sono spesso collegate con la preferenza. Il professor Cosulich diceva che nella proposta del deputato Toninelli è un meccanismo che è accompagnato con la possibilità di preferire anche in ulteriori liste, aspetto eventuale che in meccanismi del genere può essere previsto oppure no.
  Si chiedeva poi se i meccanismi che abbinano proporzionale a premio di maggioranza garantiscano la stabilità. Posta in questi termini la domanda, diventa rilevante anche da un punto di vista costituzionale e non più soltanto della scienza politica, nel senso che la Corte costituzionale ci dice che le alterazioni nei meccanismi elettorali sono possibili nella misura in cui introducano mezzi proporzionati al fine che perseguono.
  Se il fine è quello di agevolare la formazione della maggioranza, combinare meccanismi di competizione tra forze politiche per liste in circoscrizioni e affidare la correzione volta a realizzare la governabilità prevedendo un premio di maggioranza viola il principio di corrispondenza dei mezzi ai fini, perché la previsione del premio induce alle coalizioni cosiddette acchiappa tutto.
  In queste le forze politiche si aggregano al solo fine del premio e poi si disaggregano, ma quando valutiamo gli effetti dei sistemi elettorali dobbiamo valutarli anche durante l'operatività dell'organo, perché il sistema elettorale produce effetti anche con riguardo alla circostanza che le forze politiche sanno che sarà applicato la volta successiva e non solo nella fase della trasformazione di voti in seggi.
  Da questo punto di vista, l'esistenza di un meccanismo che combina proporzionale e premio fa sì che le forze politiche non siano indotte a stare assieme, non c’è una spinta all'aggregazione, ma c’è paradossalmente una spinta alla disaggregazione, in cui le forze politiche vincono il premio di maggioranza e, siccome sono indotte a competere tra di loro e ogni piccola forza politica è indispensabile per la vittoria del premio, questo induce a un'instabilità interna.
  Questo non accade nel collegio uninominale, e per questo è importante quanto dice la Corte costituzionale nel distinguere l'applicazione della ragionevolezza nei due casi. Nel sistema uninominale e pluripartitico queste concordano coalizioni, ma intanto sono indotte a presentare candidature unitarie, e ciascuno dei candidati della coalizione in quel collegio è chiamato a esprimere la voce non del partito, ma della coalizione a cui appartiene, per evitare di perdere voti determinanti in quel collegio.Pag. 42
  La spinta aggregativa è molto diversa a seconda che si adotti il collegio uninominale o il sistema proporzionale con premio. Mentre nel collegio uninominale la spinta induce all'aggregazione perché c’è un incentivo e occorre che il collegio operi alcune tornate elettorali, perché gli effetti dei sistemi elettorali sulle forze politiche non si misurano volta per volta: è un operare lento che incide su forze sociali quali i partiti politici, sulle abitudini dell'opinione pubblica, sui cittadini.
  Che meccanismi con premio, che sia al primo o al secondo turno, garantiscano la stabilità a me pare che sia tutto da vedere. Mi pare che, comunque si congegni il premio, la distorsività sia massima, cioè sono tutti meccanismi che al primo o al secondo turno potenzialmente alterano del tutto irragionevolmente.
  Qui i numeri ci aiutano perché, se sono in grado di trasformare in 55 per cento quello che al primo turno è al 16, 17, 18 o 20, la ragionevolezza della distorsione mi sembra impossibile da ritrovare. L'altro punto riguarda la distorsività relativa al modello spagnolo, che è stata richiamata da tutti e ben argomentata, in un senso che non condivido, soprattutto dal professor Mangia, nel senso che il modello spagnolo è certamente assai distorsivo, non come i collegi uninominali, ma certo molto più che ogni altro sistema proporzionale.
  Credo che la razionalità della distorsione che si produce in un sistema rispetto a quel che dice la Corte costituzionale va valutata rispetto alla logica intrinseca di quel sistema. Nel collegio uninominale abbiamo la rappresentanza di comunità territoriali piccolissime, corrispondenti a un deputato. La distorsività si valuta rispetto a questo obiettivo del sistema e si valuta il genere di rappresentanza che si vuole, cioè la relazione con il territorio, il rapporto con i cittadini.
  Nel sistema proporzionale, se la circoscrizione fosse a livello nazionale, si valuterebbe meccanicamente la trasformazione in voti. Paradossalmente il miglior sistema possibile è quello attualmente in vigore, perché abbiamo un'unica coscrizione nazionale in cui si ripartiscono 617 seggi (la Valle D'Aosta e la circoscrizione Estero sono a parte).
  Nel sistema spagnolo, viceversa, la scelta è quella di dare rappresentanza alle comunità politiche intermedie, che coincidono con le Province e che sono infatti diverse, punto su cui sono in disaccordo con il professor Agosta. Certo, sono scritte in Costituzione, ma anche oggi le circoscrizioni sono molto diverse in ampiezza: la circoscrizione Lombardia 2 ha 45 seggi, la Valle d'Aosta assegna con collegio uninominale 1 seggio, oppure ci sono altre circoscrizioni che hanno un numero assai piccolo di seggi.

  ANTONIO AGOSTA, Professore associato di scienza politica. Se posso aggiungere una sola annotazione su questo punto. In Spagna non solo è scritto che la Provincia è l'ambito elettorale, ma vengono dati due seggi di base a tutte le Province e gli altri vengono ripartiti proporzionalmente.
  Per fare il sistema spagnolo in questo modo noi dobbiamo cambiare l'articolo 56 della Costituzione. Può darsi che questo sia ininfluente, però credo che vada ricordato.

  LORENZO SPADACINI, Ricercatore di diritto costituzionale europeo. Non sono d'accordo, ma temo che non ci sia il tempo per dibatterne.
  Chiudo soltanto su un'indicazione dell'onorevole Balduzzi, che accennava alla ripercussione sugli enti regionali e sulle leggi elettorali degli enti territoriali minori. Ritengo che la Corte costituzionale abbia voluto trovare il modo di non intervenire sugli enti minori; non sono d'accordo perché ritengo del tutto irragionevoli le alterazioni prodotte a livello comunale e particolarmente a livello regionale, però la Corte in un passaggio della sentenza fa presente che questa sua giurisprudenza vale nella misura in cui il Parlamento è titolare di funzioni tipiche caratterizzanti. C’è un passo in cui precisa che ciò peraltro distingue il Parlamento da altre Assemblee rappresentative di enti territoriali.

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  MASSIMO LUCIANI, Professore ordinario di diritto costituzionale. Come sempre, le cose più interessanti arrivano alla fine, quando si entra nel vivo del dibattito. Ho identificato tre gruppi di questioni: quella dell'interpretazione della sentenza della sentenza della Corte costituzionale e dei suoi effetti; quella delle preferenze e quella del premio e dei meccanismi equivalenti.
  Gli onorevoli Fraccaro e Balduzzi mettevano in luce alcuni problemi connessi alla sentenza della Corte, che sono reali. Effettivamente la Corte – dice giustamente l'onorevole Fraccaro – si occupa della proclamazione e non della convalida, e invece questo è un problema dal punto di vista procedimentale. Peraltro, sottolineo che nella motivazione della sentenza della Corte il punto cruciale non è questo, ma è quello finale, cioè quello sul principio di continuità dello Stato. La Corte ha voluto dire che le istituzioni sono legittimate, che voi siete legittimati.
  Da questo punto di vista, ho ascoltato con qualche perplessità le affermazioni del professor Guzzetta, quando ci ha detto che in realtà questo Parlamento non sarebbe legittimato ad approvare le riforme costituzionali e invece sarebbe legittimato ad adottare una nuova legge elettorale.
  Francamente non riesco a comprendere perché, visto che in tutta la letteratura costituzionalistica, di tutti i tempi, la legge elettorale è stata sempre considerata una legge materialmente costituzionale, tant’è vero che è considerata tale anche dalla nostra Costituzione, poiché, come sappiamo, le leggi in materia costituzionale ed elettorale sono equiparate quanto a trattamento procedimentale dall'articolo 72.
  Questo significa che voi siete – fortunatamente – pienamente legittimati ad adottare una nuova legge elettorale, ma anche un'eventuale riforma costituzionale (dal mio punto di vista auspicabile nella misura in cui è auspicabile una modificazione della composizione delle funzioni del Senato).
  L'altra questione riguarda il sistema elettorale uscito dalla sentenza della Consulta. La Corte ci dice che è autoapplicativo, ma i problemi di applicazione sono molto consistenti anche dal punto di vista della ragionevolezza interna del sistema. Cito un caso per tutti: si mantengono le soglie diverse per le coalizioni, ma non c’è più la ragione stessa delle coalizioni, cioè il premio. Il voto degli italiani all'estero, poi, è un problema serio: condivido, dunque, la constatazione che la sentenza pone dei problemi pratici.
  Seconda questione, le preferenze. L'onorevole D'Attorre chiedeva prima se sia possibile un sistema interamente basato su liste bloccate e la risposta purtroppo è sì, nel senso che la Corte dichiara incostituzionale il sistema precedente soltanto perché le liste sono eccessivamente lunghe.
  La risposta è «sì» dal punto di vista dello stretto diritto costituzionale, ma mi pare che sia «no» dal punto di vista politico. Alcuni degli intervenuti hanno fatto sulle preferenze delle affermazioni che mi permetto di definire imprudentemente perentorie. Non ho mai caldeggiato le preferenze, ma ci sono momenti storici diversi. Veramente crediamo di poter presentare al corpo elettorale italiano un sistema a liste bloccate anche se corte ? Io credo di no.
  Potremo discutere se scegliere la preferenza positiva o negativa, ma non possiamo pensare di alleviare il problema delle liste bloccate corte con le primarie. E se ci chiediamo quale modello di primarie si abbia in mente, quale partito sia riuscito a identificare un modello di primarie che non si esponga ad alcuna critica dal punto di vista costituzionalistico.
  Sarei quindi molto prudente e personalmente, pur non avendo mai avuto cara la preferenza, penso che adesso sia fortemente consigliabile.
  L'onorevole Centemero chiedeva cosa si faccia con l'eguaglianza di genere: ribadisco quanto affermato nel mio primo intervento e cioè che la doppia preferenza di genere è un ottimo sistema.
  L'ultimo punto, il più delicato (cercherò di essere sintetico) è quello del premio di maggioranza o dei sistemi equivalenti (nel Pag. 44testo che ho consegnato alla Presidenza evidenzio come a volte chiamiamo premio quello che premio non è). Non sono d'accordo, poi, con il professor Agosta sulla sua valutazione di legittimità costituzionale della legge precedente, ma siamo d'accordo su alcune questioni di terminologia e di dommatica.
  L'onorevole Fraccaro chiedeva se il premio sia accettabile, in quanto altri Paesi non ce l'hanno e lo riterrebbero intollerabile, ma tante cose italiane sono intollerabili all'estero e tante cose di Paesi stranieri sono intollerabili da noi: ognuno ha bisogno di ciò che gli serve in quel momento storico determinato e credo che un sistema di premio non sia sconveniente nella fase attuale della nostra esperienza politico-costituzionale.
  L'onorevole Centemero chiedeva quale premio: il premio di maggioranza deve essere a mio parere eventuale e flessibile. Sono due cose diverse: eventuale significa che deve scattare soltanto al superamento di una certa soglia; flessibile significa che a questo punto deve avere una misura variabile, perché deve essere in grado di garantire la maggioranza.
  Un premio astratto (qui vengo alla domanda dell'onorevole Gitti), predeterminato nella sua consistenza, che finisce magari per favorire il primo o i primi due partiti, non serve e probabilmente sarebbe anche incostituzionale, quindi – ripeto – premio di maggioranza eventuale e flessibile.
  Da questo punto di vista, mi permetto di dire al professor Spadacini che pensare che il collegio uninominale abbia effetti di maggiore coesione significa non ricordare la storia dell'Italia dal 1992 al 2005. È successo, allora, che i partiti maggiori negoziavano con i partiti minori le candidature nei collegi. È certo, quindi, che nel singolo collegio c'era unitarietà, ma la disunione della coalizione derivava dalla distribuzione delle candidature nei singoli collegi. È chiaro quindi che il sistema del collegio uninominale non può funzionare di fronte a coalizioni eccessivamente eterogenee.
  Mi perdoni, presidente, per aver parlato con grande affanno, ma il tempo è limitato e spero di aver mantenuto la lucidità che deve avere uno studioso. Ribadisco la mia personale posizione: sono favorevole a un sistema che preveda un premio e abbia una funzione di incentivazione della ristrutturazione del nostro sistema politico-partitico che ne ha estremamente bisogno, ma che non sia così eccessivamente costrittivo da essere coattivo, da costringere – cioè – la formazione di coalizioni.
  Manifesto infine la mia seria perplessità su tutti i sistemi che possano convenire alle forze più importanti attualmente presenti in Parlamento, ma che tendano a cristallizzare lo status quo, perché un sistema politico-partitico che è in via di ristrutturazione e di ridefinizione esprime spinte irresistibili, che prima o poi travolgeranno tutto. Grazie.

  ALDO DI VIRGILIO, Professore associato di scienza politica. Desidero tornare su un punto che avevo già toccato: facciamo attenzione, quando parliamo di regole elettorali, a evitare eccessi di formalismo e di determinismo.
  Questo elemento, come è anche emerso dal dibattito, riguarda innanzitutto il pronunciamento della Corte costituzionale, in cui c’è un punto clamoroso, relativo all'uguaglianza del voto in uscita e dunque ai criteri di ragionevolezza e proporzionalità inerenti il grado di distorsione. Sono conseguenze che non dipendono solo dalla legge elettorale (dobbiamo fissare questo punto), ma dai processi politici e dall'esito delle singole consultazioni.
  In Francia il sistema uninominale a doppio turno è fortemente distorsivo, abbiamo avuto Camere blu e Camere rosa con minoranze modificate, ma questo è accaduto soltanto una o due volte l'effetto dunque può cambiare da una volta all'altra.
  Per esitare distorsioni «irragionevoli» dovremmo, per così dire, mettere sotto tutela i risultati, di ogni elezione in quanto le cose cambiano da una volta all'altra e questo non dipende dal sistema elettorale, Pag. 45ma dall'uso che di quel sistema fanno i competitori e dai comportamenti degli elettori. Se i primi e i secondi apprendono, la distorsione si riduce.
  Il secondo punto è ancora inerente la Corte costituzionale, che ha affondato il premio. Qui la distinzione è molto chiara ed è tra meccanismi premiali che garantiscano la formazione di una maggiorazione. A certe condizioni potrebbe anche funzionare, però in prima battuta è questo.
  Oggi e meccanismi di fine diverso che la forniscano sempre garantirla, in Gran Bretagna abbiamo un Governo di coalizione del testo, ciò significa che non posso pretendere che il meccanismo elettorale assicuri: la formazione di una maggioranza meccanismo deve orientare i comportamenti verso determinati scopi e ci vuole chiarezza nel rapporto fra questi obiettivi e gli strumenti che usiamo.
  Qui vengo ad alcune osservazioni specifiche, legate a quanto la Corte ci dice, in risposta le due osservazioni dell'onorevole D'Attorre che mi sembrano importanti.
  Il punto relativo all'iper-maggioritario, cioè al mettere insieme i criteri del premio e del plurality di collegio, che non è detto che siano incompatibili rispetto a quanto la Corte ci dice. Rischiano però di essere commisurati, tecnicamente inopportuni perché opacizzano il meccanismo, rendono possibili giochi opportunistici che si svolgono con i sistemi misti che abbiamo adottato in questi ultimi vent'anni.
  Secondo punto, le liste bloccate. Quando l'elettore si trova di fronte a una lista corta il suo potere è maggiore che in una lista lunga con un voto di preferenza. La Corte è stata chiara su questo, facendo riferimento al criterio della conoscibilità. L'elettore è molto aiutato dal fatto di avere quattro o cinque nomi, perché può conoscerli in un ambito territoriale piccolo. Altrimenti il suo potere è minore.
  Questo ha a che fare anche con la rappresentanza di genere. La doppia preferenza avrebbe certo un suo effetto. La letteratura ci dice però che la rappresentanza femminile presenta questo andamento: è ai livelli minimi nei sistemi con il collegio uninominale, è ancora bassa quando c’è il voto di preferenza, è maggiore quando c’è la lista bloccata. Senza le preferenze, e con liste bloccate «corte» dunque, possiamo sollecitare una maggiore femminilizzazione dell'Assemblea.
  Per chiudere, la questione formulata dal Presidente, cioè la rideterminazione dei collegi. È una questione delicata e cruciale, però non sta dentro la legge elettorale. È qualcosa di attuativo, di successivo. Fu così nel 1993 quando i collegi uninominali furono definiti da una Commissione apposita presieduta dal Presidente dell'ISTAT, (il professor Agosta, se ricordo bene, ne faceva parte) che lavorò entro un certo termine.
  Dal mio punto di vista, sollecitando l'attenzione ai dettagli, dobbiamo considerare a questo proposito che minore è l'attrito e meglio è. Quindi un ipotetico ritorno a una legge mista però rivista e corretta, cioè la legge Mattarella per il Senato, ma senza scorporo totale, ossia funzionante come un sistema misto parallelo, consente di avere collegi già pronti. Basterebbe modificare di poco il margine di tollerabilità della differenza demografica tra i collegi (fissato nel 1993 in un 10 per cento in più o in meno rispetto alla grandezza media di 100.000 elettori) per rendere quei collegi uninominali ancora utilizzabili.
  Il tema della proclamazione degli eletti, onorevole Fraccaro, è stato già toccato; lascio la questione del premio di maggioranza e della ricaduta sugli altri livelli a chi se n’è occupato un modo approfondito ossia al professor Fusaro che interverrà dopo di me.
  Infine la questione, che non ho sollevato io, della possibilità di rendere forzosamente omogenee le coppie dei finalisti nell'ipotesi premio, evitando così che i finalisti possano essere diversi. Non è questione che possa essere risolta con la legge elettorale. Investe infatti un altro livello, siamo già alla questione del bicameralismo. Dunque anche per questo meglio evitare la strada del premio.

  CARLO FUSARO, Professore ordinario di diritto pubblico comparato. Mi ricollego Pag. 46subito a ciò che diceva adesso il professor Di Virgilio, relativo alla domanda dell'onorevole Fabbri. Forse sono stato frettoloso, perché avevo sollevato questa questione, che si collega anche alla domanda dell'onorevole Centemero.
  Ponevo una questione di sovranità democratica legata alla realtà di una delle due Camere del Parlamento attuale, che è espressione di un corpo elettorale più ristretto dell'altra. Questo è un dato di fatto, che potrebbe legittimare una convenzione costituzionale. Non entriamo nei dettagli, ma con convenzione costituzionale si intende che senza una norma le forze politiche concordano in un certo comportamento, che auspico come eventuale soluzione al rischio di una difforme maggioranza fra le due Camere, che certamente i meccanismi premiali di vario genere rischiano di determinare.
  Si potrebbe limitare il meccanismo premiale a una Camera, ed eleggere l'altra, il Senato, con un sistema proporzionale o con la legge Mattarella nuda e cruda, però si potrebbe stabilire questa convenzione costituzionale di ritenere che il voto decisivo ai fini della stabilità del Governo sia quello della Camera dei deputati. Mi rendo conto che è una posizione probabilmente astratta, forse in un altro Paese avrebbe potuto svilupparsi.
  Fra gli studiosi, il collega politologo Vassallo, che credo sia già stato ascoltato in audizione, ha proposto di garantire il premio in entrambe le Camere alla condizione che la medesima maggioranza abbia vinto in entrambe o abbia superato il 40 per cento. Temo però che questo aspetto ponga problemi di costituzionalità e in ogni caso non ci fornisca alcuna garanzia, perché significa non assegnare il premio tutte le volte in cui non c’è una prevalenza del 40, 45 o 50 per cento in entrambe le Camere da parte della medesima coalizione.
  Questo mi porta a parlare delle soglie per il premio. Mentre continuo a dissentire radicalmente dal collega Luciani che si è svelato entusiasta sostenitore delle preferenze, mentre concordo con il professo Sbailò su questo, mi permetto di richiamare l'attenzione sui costi della politica, laddove non alimentarli è uno dei vincoli, e le preferenze indiscutibilmente li alimentano; basti studiare tutta la questione delle spese pazze dei Consigli regionali.
  L'unico che non ha le preferenze, la Toscana, presenta costi del Consiglio regionale per 0,7 milioni di euro in un anno, contro un costo del Lazio che è arrivato a 14 milioni. Le altre Regioni sono tutte della stessa dimensione e, se fate il rapporto fra euro e cittadini, euro e voti, la Toscana confermerà la sua specificità. Del resto, se venite a Firenze in campagna elettorale regionale, non trovate un solo manifesto sul muro. Sarà una perdita per la democrazia, ma io non credo che lo sia.
Mentre non sono d'accordo su questo con il collega Luciani, sono d'accordo con molte delle sue considerazioni sui premi, sulle soglie e anche sulla compatibilità. Vorrei solo raccomandare di considerare che avete di fronte la scelta delicata: una soglia a cui subordinare lo scatto di premio tenuta sotto il 50 per cento anche significativamente (mai sotto il 40, altrimenti non avrebbe senso) in molti casi evita il doppio turno, ma provoca coalizioni che qualcuno ha definito «coatte» o comunque induce molto più di una soglia superiore al 50 più uno per cento all'irreggimentazione nella coalizione di una pluralità di forze.
  D'altra parte, al di là di quanto ha detto il professor Agosta, una soluzione ci può essere e D'Alimonte l'ha sempre sostenuta: non tenere conto dei partiti sotto soglia ai fini della definizione della percentuale minima per ottenere il premio, strumento che caldeggerei e consiglierei assolutamente.
  Circoscrizione Estero: non abbiamo tempo di parlarne, ma questo Parlamento ha dedicato forse più tempo a quello che al resto, c’è una storia sul voto degli italiani all'estero che nasce dalla prima legislatura. Il motivo per cui è nata (credo che il collega Sbailò lo sappia bene) è il fatto che i partiti dell'epoca vollero isolare quei voti, perché c'era il sistema della legge Mattarella, temevano voti non controllati che pervenissero in collegi uninominali Pag. 47ad alterare il risultato e allora crearono questa forma di rappresentanza particolare.
  Non credo che ponga grandi problemi di costituzionalità, ma certamente pone problemi di funzionamento, perché il legislatore costituzionale nel 2001 volle istituire un tipo di rappresentanza differenziata, perché altrimenti dovremmo preoccuparci del fatto che il rapporto elettori/seggi è naturalmente cinque o sei volte più alto di quello che non sia nel resto d'Italia oppure del fatto che non ci si può candidare alla circoscrizione Estero se non si è residenti all'estero.
  Mi rifiuto di considerarla una priorità, ma questa naturalmente è una scelta personale, che siete padroni di ignorare. Mi veniva posta una domanda precisa sul voto o l'elettorato passivo ai diciottenni: francamente io mi preoccupo dell'elettorato attivo delle due Camere, attualmente di questa discrasia democratica a mio avviso intollerabile, mentre la saggezza del Parlamento valuterà se a diciotto anni si possa essere eletti deputati oppure no, ma la questione non mi appassiona molto. La verità è che molti potrebbero essere del tutto capaci e altri probabilmente no, ma nemmeno a sessanta anni.
  Concludo su due aspetti cruciali che mi stanno veramente a cuore. Il primo è la questione di fondo: il Parlamento si dia una priorità di contenuto della riforma elettorale. Confermo la mia personale opinione che il voto decisivo (magari non per legge, come suggerisce il collega Di Virgilio) da attendersi nella maggioranza dei casi e forse, come concorda il professor Luciani, in una fase storica determinata anche con il sostegno di strumenti come il premio a me pare la priorità. Su quello si costruisca una qualsiasi soluzione rispetto alle cose di cui abbiamo parlato oggi. Preciso che quella è la priorità, ma naturalmente ho registrato da cittadino che non è la priorità di tutti i Gruppi parlamentari.
  Vedo infine una questione costituzionale di fondo che mi preoccupa profondamente e che è stata confermata in maniera inaspettata dalla discussione di questa mattina: noi abbiamo passato più tempo a cercare di individuare la Sibilla Cumana della Corte quali regole debba dare a voi, cittadini eletti da noi cittadini elettori a rappresentarci a fare la legge elettorale, che non a discutere di tutto il resto. C’è qualcosa che non va, e il mio auspicio è che il Parlamento ovviamente tenga conto della sentenza, la studi, l'analizzi, si faccia consigliare, ma soprattutto proceda a darsi una legge che abbia una sua coerenza, senza chiedersi ad ogni passaggio se la Sibilla Cumana domani la riterrà legittima oppure no. In questo modo potrà rivendicare il suo ruolo. Grazie.

  PRESIDENTE. Siamo qui professor Fusaro, per analizzare la sentenza con molta attenzione e con 23 esperti auditi su questo punto.

  CARLO FUSARO, Professore ordinario di diritto pubblico comparato. Mi perdoni, presidente, ma intendo dire il contrario: analizzatela ma non troppo, procedete voi con la vostra interpretazione della Costituzione, non solo con quella fatta dalla Corte che in questo caso mi pare abbia confuso la Costituzione italiana con quella tedesca.

   PRESIDENTE. L'analizzarla «ma non troppo» è un concetto che rientra nell'analisi che vi chiediamo, in quanto il «ma non troppo» dovete indicarcelo voi.
  Nel ringraziare gli ospiti intervenuti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.30.