XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Lunedì 13 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEI PROGETTI DI LEGGE C. 3  ED ABBINATI, RECANTI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ELEZIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Audizione di esperti.
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 3 
Armaroli Paolo , già professore ordinario di diritto pubblico comparato ... 3 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 6 
Barbera Augusto , Professore emerito di diritto costituzionale ... 6 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 12 
Clementi Francesco , Professore associato di diritto pubblico comparato ... 12 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 18 
D'Amico Maria Elisa , Professore ordinario di diritto costituzionale ... 18 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 22 
Nicotra Ida , Professore ordinario di diritto costituzionale ... 22 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 26 
Bianchi Dorina (NCD)  ... 26 
Nuti Riccardo (M5S)  ... 26 
D'Amico Maria Elisa , Professore ordinario di diritto costituzionale ... 27 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 27 
Toninelli Danilo (M5S)  ... 27 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 28 
Bressa Gianclaudio (PD)  ... 28 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 29 
Migliore Gennaro (SEL)  ... 29 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 29 
Migliore Gennaro (SEL)  ... 29 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 29 
Migliore Gennaro (SEL)  ... 29 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 29 
Bressa Gianclaudio (PD)  ... 29 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 29 
Migliore Gennaro (SEL)  ... 29 
Meloni Marco (PD)  ... 30 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 31 
Mazziotti Di Celso Andrea (SCpI)  ... 31 
Nicoletti Michele (PD)  ... 31 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 32 
Nicotra Ida , Professore ordinario di diritto costituzionale ... 33 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 34 
Armaroli Paolo , già professore ordinario di diritto pubblico comparato ... 34 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 34 
Barbera Augusto , Professore emerito di diritto costituzionale ... 34 
Toninelli Danilo (M5S)  ... 35 
Barbera Augusto , Professore emerito di diritto costituzionale ... 35 
Toninelli Danilo (M5S)  ... 35 
Barbera Augusto , Professore emerito di diritto costituzionale ... 35 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 35 
Toninelli Danilo (M5S)  ... 36 
Barbera Augusto , Professore emerito di diritto costituzionale ... 36 
Toninelli Danilo (M5S)  ... 36 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 36 
Barbera Augusto , Professore emerito di diritto costituzionale ... 36 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 36 
Clementi Francesco , Professore associato di diritto pubblico comparato ... 36 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 37 
Clementi Francesco , Professore associato di diritto pubblico comparato ... 37 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 37 
Clementi Francesco , Professore associato di diritto pubblico comparato ... 37 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 37 
Clementi Francesco , Professore associato di diritto pubblico comparato ... 37 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 38 
Armaroli Paolo , già professore ordinario di diritto pubblico comparato ... 38 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 38 
Barbera Augusto , Professore emerito di diritto costituzionale ... 38 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 38 
Barbera Augusto , Professore emerito di diritto costituzionale ... 38 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 38 
Barbera Augusto , Professore emerito di diritto costituzionale ... 38 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 38 
Fiano Emanuele (PD)  ... 38 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 39 
Fiano Emanuele (PD)  ... 39 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 39 
Fiano Emanuele (PD)  ... 39 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 39 
Lauricella Giuseppe (PD)  ... 39 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 39 
Lattuca Enzo (PD)  ... 39 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 39 
Barbera Augusto , Professore emerito di diritto costituzionale ... 39 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 40 
Barbera Augusto , Professore emerito di diritto costituzionale ... 40 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 40 
Lauricella Giuseppe (PD)  ... 40 
Barbera Augusto , Professore emerito di diritto costituzionale ... 40 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 40

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  La seduta comincia alle 15.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione di esperti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, in relazione all'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame dei progetti di legge C. 3 e abbinati, recanti disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, l'audizione di esperti.
  Sono presenti il professor Paolo Armaroli, già professore ordinario di diritto pubblico comparato presso la Facoltà di scienze politiche dell'Università degli Studi di Genova, il professor Augusto Barbera, professore emerito di diritto costituzionale, il professor Francesco Clementi, professore associato di diritto pubblico comparato presso la Facoltà di scienze politiche dell'Università degli Studi di Perugia, la professoressa Maria Elisa D'Amico, professore ordinario di diritto costituzionale presso la Facoltà di giurisprudenza dell'Università Statale di Milano, e la professoressa Ida Nicotra, professore ordinario di diritto costituzionale presso la Facoltà di giurisprudenza dell'Università degli Studi di Catania.
  Nel ringraziare i nostri ospiti per la loro presenza, con l'auspicio che i nostri lavori possano raggiungere lo scopo di fornire al Paese finalmente una nuova legge elettorale, do loro subito la parola, iniziando, in ordine alfabetico, dal professor Armaroli.
  Avviso che sono stati trasmessi alla Presidenza i contributi scritti del professor Armaroli, della professoressa D'Amico e del professor Barbera. Io pregherei anche gli altri esperti ospiti di gratificare la Commissione di un contributo scritto, non soltanto perché scripta manent, ma anche perché questo offre la possibilità di svolgere una riflessione più attenta su un quid di cartaceo e di stabilizzato anche ai deputati impossibilitati ad essere presenti all'audizione odierna.
  Sui tempi io mi affiderei alla saggezza dei nostri ospiti. Penso, in ogni modo, che un quarto d'ora al massimo potrebbe essere un buon margine per garantire a tutti un intervento, considerato che soprattutto alla Commissione interessa il dibattito successivo, come ritengo che i nostri ospiti ben comprendono. I provvedimenti oggi all'esame trattano infatti di una materia in cui, oltre che ascoltare, bisogna chiarire e il chiarimento dipende anche dalla capacità di sintesi dei nostri esperti. Maggiore è la sintesi delle relazioni iniziali, più i commissari avranno la possibilità di rivolgere utili domande al fine di facilitare il nostro successivo lavoro.
  Con queste intese, mi auguro, do la parola al professor Armaroli.

  PAOLO ARMAROLI, già professore ordinario di diritto pubblico comparato. Signor presidente, la mia consonanza con lei riguardo ai tempi è assoluta. Ricordo che un grande deputato liberale, Aldo Bozzi, Pag. 4consigliava, quando si parla in pubblico, di non preoccuparsi se nelle prime file si guarda furtivamente l'orologio, ma se lo si scuote nevroticamente, temendo che si sia fermato. Io mi attengo, quindi, al suo consiglio e forse parlerò meno del quarto d'ora «accademico». Mi limiterò a fare una serie di premesse.
  La prima premessa è che, come la donna più bella del mondo, anche i sistemi elettorali non possono dare più di quello che hanno. Effettivamente, se si guarda al panorama estero, forse è bene tenere conto della peculiarità italiana. Non a caso Vincenzo Cuoco, nel suo Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, diceva – la frase è famosa – se un uomo ha una gobba, il sarto deve fare la gobba anche al vestito, frase che poi ripeterà nelle sue memorie Giovanni Giolitti. Se dobbiamo parlare di gobba, dunque, non ci sono utili i sistemi elettorali vigenti in altri Paesi così come sono. Hanno bisogno probabilmente di qualche correttivo.
  Un'altra premessa è che, oggi come oggi, il Parlamento italiano deciderà con un velo di ignoranza, perché non si sa quale vantaggio questo o quel sistema elettorale porterà a questa o a quell'altra forza politica.
  Ricordo due episodi molto noti. Il primo è quello di Sergio Mattarella, professore di diritto parlamentare all'Università di Palermo e attuale giudice della Corte costituzionale. Egli optò, dopo il referendum elettorale del 1993, per l'unica votazione, non per il ballottaggio e quindi per il doppio turno. A Jesi si era svolta una competizione a livello comunale in cui al secondo turno quasi tutti i partiti si erano coalizzati contro la Democrazia Cristiana. Avevano fatto, come si suol dire, «cappotto». A quel punto Mattarella preferì un turno unico, come in Inghilterra, per il 75 per cento dei seggi, piuttosto che il doppio turno. Ebbene, dopo pochi mesi la Democrazia Cristiana scomparirà e il Partito Popolare non avrà poi grande fortuna.
  Aggiungo un secondo ricordo personale. Gianfranco Fini, dopo il referendum elettorale del 1993, ritenne il suo partito ormai finito, perché, passando dal sistema proporzionale al maggioritario, il Movimento Sociale Italiano – Destra nazionale non aveva alcuna chance. Non fu buon profeta, perché dopo pochi mesi Gianfranco Fini e il suo partito erano al Governo insieme a Silvio Berlusconi e Umberto Bossi.
  Come vedete, quindi, esiste sempre un'eterogenesi dei fini, con la effe sia minuscola che maiuscola. A questo punto bisognerebbe parlare delle commistioni.
  Cominciamo dal sistema spagnolo. Se ne è parlato tante volte. È ben noto a tutti come funziona, ossia con piccole circoscrizioni e con un sistema elettorale proporzionale, in realtà con alcune spinte maggioritarie: potremmo dire che si tratta di un sistema proporzionale in entrata, ma maggioritario in uscita, perché le piccole circoscrizioni fanno sì che i partiti maggiori facciano la parte del leone. I sistemi elettorali non possono fare miracoli. Possono assecondare una tendenza in atto, ma non possono creare dal nulla il mitico bipartitismo o bipolarismo. Se noi guardiamo all'effettività politico-costituzionale italiana, ci rendiamo conto che con il sistema spagnolo puro non avremmo un bipartitismo o un bipolarismo. Probabilmente si affermerebbero tre partiti, con la conseguenza che i giochi politici non si farebbero, come in genere accade nei sistemi maggioritari, prima delle elezioni, bensì dopo, così come è avvenuto nella cosiddetta Prima Repubblica italiana per quanto riguarda la rappresentanza proporzionale.
  Quale commistione scegliere ? Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, nella sua proposta prevede che ci sia un premio di maggioranza del 15 per cento. Io mi domando, in primo luogo, se un premio di questo genere sia sufficiente perché il partito più grosso dei tre possa raggiungere la maggioranza assoluta. In secondo luogo, visto che oggi è lunedì e non mercoledì o venerdì, come direbbe Monsieur De La Palice, dovremmo capire che cosa pensa al riguardo la Corte costituzionale.Pag. 5
  Qui si parla di premi. Quali premi ? Oggi come oggi, veramente – ne parlavamo con il collega Augusto Barbera – non conosciamo le motivazioni della Corte costituzionale, ma neanche le sue effettive decisioni. L'unica cosa chiara, almeno ai miei occhi, ma penso anche agli occhi di tutti i parlamentari, è che è improponibile e, quindi, incostituzionale un premio di maggioranza che non abbia una soglia.
  Ricordo la legge elettorale maggioritaria del 1953. Badate bene, essa si applicava soltanto alla Camera e non al Senato. Inoltre, non scattò per merito, o per colpa, delle donne, perché a causa del rossetto fu annullato qualcosa come un milione di schede. C'era appunto la soglia del 50 per cento per arrivare poi, col premio, al 65 per cento circa. Addirittura la legge Acerbo del 1924 aveva una soglia del 25 per cento, che poi non scattò, perché il Partito Nazionale Fascista prese molti più voti del 25 per cento nelle elezioni del 1924.
  La Corte costituzionale presumibilmente non sarà contraria a qualsiasi premio di maggioranza, ma sarà contraria al fatto che, come oggi avviene per il cosiddetto Porcellum, cioè per la legge elettorale vigente, visto che nessun partito raggiunge il 40 per cento, che un partito col 30 per cento abbia la maggioranza assoluta dei seggi con un premio stratosferico del 20 o 25 per cento. Ci deve essere congruità tra i voti riportati e il premio per raggiungere la mitica governabilità.
  Altra questione è, invece, per quanto riguarda la seconda parte della sentenza, o almeno quello che ne sappiamo finora, il «no» secco a liste bloccate e, quindi, il ripristino della preferenza. Come la Corte costituzionale con una sentenza additiva possa sostituirsi al legislatore e prevedere con quale sistema si garantirà il voto di preferenza per il cittadino elettore è una questione che sapremo soltanto con la pubblicazione della sentenza, ma a me pare che non stia molto bene in piedi. Ci atterremo alle motivazioni.
  Poiché dopo la sentenza della Corte avremo per antica giurisprudenza un sistema elettorale pronto all'uso, tra i sistemi elettorali sul tappeto ci dovrebbe essere anche il sistema del Porcellum sanato. Esso comporterebbe una rappresentanza proporzionale assai simile, per non dire identica, a quella che c’è stata in Italia dal 1948 fino al 1993.
  Per quanto riguarda il sistema francese, anche su questo dobbiamo fare i conti con i tre poli, ossia con i tre partiti maggiori. Il doppio turno è stato sempre il cavallo di battaglia della sinistra, o comunque del centrosinistra, ma proprio per questa ragione, o anche per questa ragione, è stato avversato dal centrodestra. L'unica possibilità di realizzazione di un sistema simil-francese sarebbe quella della quale discutevamo tanti anni fa con molti colleghi, quando io ero deputato, cioè cambiare anche la forma di governo. Non si può avere soltanto un pezzo della Francia. Se si ha il doppio turno, ci dovrebbe essere anche l'elezione popolare diretta del Capo dello Stato. Anche in questo senso abbiamo un sistema simil-francese corretto. Per esempio, il sindaco Matteo Renzi, e quindi il Partito Democratico, propone due correttivi. Il primo è un premio di maggioranza del 15 per cento, il secondo un diritto di cittadinanza – se ne discute in Francia da almeno vent'anni – per i partiti minori. Bisogna vedere se, con l'assetto partitico che abbiamo in Italia, un sistema come quello francese possa garantire la governabilità.
  Passando al sistema tedesco, sappiamo che consiste in una rappresentanza proporzionale pura, fatta salva la Sperrklausel del 5 per cento, perché metà dei deputati sono eletti in collegi uninominali. Quello che conta, però, è il secondo voto: tanta percentuale nel secondo voto, tanti seggi. Si detrarranno, quindi, quelli già vincenti nei collegi uninominali e si aggiungerà soltanto la quota di rappresentanza proporzionale. Anche su questo fronte non sappiamo come finirà, se con un doppio o anzi forse con un triplo premio. C’è un sistema maggioritario con collegi uninominali al doppio turno e, quindi, c’è già una quota maggioritaria. Poi avremmo un 15 per cento di premio di maggioranza. Se vogliamo vedere il Pag. 6nostro cosiddetto Mattarellum, scomparirebbero la parte proporzionale e addirittura anche lo scorporo, due misure che tendono a rendere più proporzionale il maggioritario del 75 per cento.
  Quanto al sistema del Regno Unito, sappiamo bene come funziona. Era il cavallo di battaglia già tantissimi anni fa di Giuseppe Maranini. Per esempio, i radicali di Pannella hanno sempre favorito un sistema di questo genere.
  Tutto questo va correlato con un altro fattore, cioè con l'assetto bicamerale che abbiamo in Italia. Finché avremo un bicameralismo paritario, quale che sia la misura elettorale escogitata, non avremo mai una garanzia di seria governabilità.
  Tuttavia, i tempi sono lunghi e, come diceva un famoso economista, a lungo andare tutti sono morti. Nel giro di un anno, forse meno, magari con le accelerazioni delle quali parla spesso e volentieri il segretario del Partito Democratico, ci si dovrebbe sbrigare affinché il Senato possa avere un'altra dimensione, cioè diventi una sorta di Camera delle regioni, con un finalino che vi potete immaginare. Io non ho mai visto dei capponi che reclamino l'anticipo delle feste natalizie, quando saranno messi in pentola.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il professor Armaroli per questa chiara, rapida e, se me lo consentite, estremamente dotta e meditata relazione.
  Do la parola al professor Barbera.

  AUGUSTO BARBERA, Professore emerito di diritto costituzionale. Presidente, io ringrazio lei e la Commissione per questo invito, che mi onora e da cui spero possa derivare un contributo alla discussione.
  Devo fare una premessa. Io ho avuto poco tempo a disposizione. Non ho potuto esaminare tutti i progetti che giacciono in questa Commissione, ma ho letto, signor presidente, la sua relazione. Conoscevo già qualcuno dei progetti e, quindi, posso muovermi sulla base dell'idealtipo su cui, con variazioni maggiori o minori, si muovono poi gli stessi progetti.
  Se mi consentite, devo anche ricordare, non per considerazioni di tipo intimistico, che io, per la prima volta, ho cominciato a discutere di questi argomenti come componente della Commissione Bozzi nel 1983 in questa stessa Aula. Sono passati trentuno anni e il mio auspicio è che quest'accelerazione, di cui sono espressione anche gli inviti veloci che sono stati fatti, possa portare a chiudere questa partita, che era stata poi riaperta.
  Peraltro, la Commissione Bozzi fu messa in piedi, anche se poi le cose cominciarono a diventare un po’ più sbiadite, proprio per produrre una legge elettorale. Si trattava della proposta De Mita-Ruffilli di una legge proporzionale con premio di maggioranza. Sono sempre le stesse questioni che ritornano. Per motivi politici vari la Commissione concluse i suoi lavori, ma poi la legge non ebbe un seguito.
  In questa stessa Aula nel 1992 la Commissione, presieduta prima da Ciriaco De Mita e poi da Nilde Jotti, si trovò a discutere ancora di leggi elettorali, ponendo le basi per una legislazione parzialmente maggioritaria, che poi si sarebbe realizzata sulla base del referendum del 18 aprile del 1993.
  Evidenzio questo per sottolineare l'importanza degli argomenti e la necessità di far presto. Per far presto io credo sia necessario anche avere un massimo di sincerità. Che cosa intendo dire, quando uso l'espressione «sincerità» ? Bisogna porre in maniera chiara ed evidente quali sono gli obiettivi di politica istituzionale perseguiti. Non uso solo l'espressione «politica», ma parlo di «politica istituzionale». Pare, ma il condizionale è d'obbligo, che ci sia una comune volontà di muoversi sul terreno del mantenimento o della ricostruzione di un sistema bipolare. Se questo è l'obiettivo, bisogna valutare tutti i progetti anche in relazione a questo obiettivo.
  Da anni, invece – consentitemi questa espressione – io provo un senso di fastidio nei confronti di un turbinio di progetti che discutono di numeri e di quote, ma che non hanno chiaro l'obiettivo. Bisogna capire Pag. 7se l'obiettivo è quello della costruzione di un sistema bipolare, oppure di un sistema non bipolare. È un principio legittimo anch'esso. Il bipolarismo non è un principio fondamentale dell'ordinamento costituzionale. Ci possono essere anche altri obiettivi, purché siano chiari. È un problema di trasparenza e di onestà politica che forse può condurre anche ad alcuni risultati.
  C’è un'altra premessa che devo fare. Dobbiamo sentire che cosa ci dirà la Corte costituzionale. Lo affermo con un senso di umiliazione, perché per la politica, e io mi considero nella doppia veste di giurista e di persona che ha avuto anche una responsabilità politica, il fatto che un giudice costituzionale debba intervenire in una materia che dovrebbe essere tipicamente parlamentare è umiliante. Non entrerò nelle cabale dei possibili pronunciamenti della Corte costituzionale. Li vedremo quanto prima. Io nutro forti dubbi, peraltro, sull'ammissibilità stessa del ricorso, perché era un ricorso che non era all'interno di un giudizio e, quindi, non incidentale. Non si trattava di un giudizio incidentale.
  Sulla sentenza additiva ho altri dubbi che mi derivano dal fatto che si è sempre detto che le sentenze additive della Corte hanno senso solo se arrivano obbligate, come sostenevano i nostri maestri fin dai primi anni di attività della Corte costituzionale. Lasciamo stare tutto questo. Vedremo e leggeremo per quanto riguarda la sentenza della Corte.
  Aggiungo un'ulteriore premessa. Nel linguaggio sottolineo l'uso improprio dell'espressione «premio», che può essere utile anche per valutare quello che la Corte ci dirà. Bisogna stare attenti a che cosa si intende per «premio». Io – è un'opinione personale – non ritengo che in un sistema a doppio turno l'esito sia la concessione di un premio a qualcuno. Il doppio turno non è altro che un modo per fare sì che il corpo elettorale decida quale delle minoranze è quella legittimata a governare. Non è un premio di maggioranza nel senso tecnico dell'espressione.
  Svolgo un'altra considerazione, con cui mi devo discostare da quello che diceva il mio amico di lunga data Paolo Armaroli. Quello previsto nella proposta Mattarellum rivisitata, per capirci, non è un premio, ma una riespansione del principio maggioritario per il 15 per cento, come viene avanzato in una delle proposte. Io avevo formulato anni fa una proposta un po’ diversa: proponevo quanto necessario per far giungere il partito, o la coalizione, che avesse la maggioranza al 55 per cento. Sappiamo tutti che la legge Mattarella prevede il 75 per cento di maggioritario e una correzione proporzionale del 25 per cento. Si tratta di ridurre la correzione, non di conferire un premio, che è una questione diversa. Tant’è che c'era stato anche un referendum nel 1999 che praticamente per pochi voti non ottenne il quorum grazie alle liste degli italiani all'estero, degli ultracentenari. Non si riuscì in tal modo a ottenere l'eliminazione della quota proporzionale. Quello non è, a mio avviso, un premio, bensì una riespansione del maggioritario.
  Anche per quanto riguarda il sistema spagnolo, di per sé, possiamo usare l'espressione giornalistica e dire che prevede un premio occulto, ma è un'espressione giornalistica. Essendoci circoscrizioni piccole, di minori dimensioni, senza recupero dei resti, questo può determinare giornalisticamente un premio occulto, ma non è un premio. Sarebbe un premio, invece, il 15 per cento che viene previsto nella proposta Renzi.
  Il premio si ha quando si corregge un sistema proporzionale assegnando in modo automatico – e sottolineo in modo automatico – senza l'intervento diretto degli elettori, una percentuale di seggi maggiore di quella che sarebbe toccata con la distribuzione proporzionale. Tecnicamente questo, a mio avviso, è un premio.
  Di per sé, comunque, il premio non viola alcun principio costituzionale. Lo dice la Corte costituzionale, anche se non in questa sentenza. Più volte la Corte ha detto, in riferimento a questioni che erano state sollevate o che nascevano nel giudizio di ammissibilità di referendum, Pag. 8che l'articolo 48, nel richiedere il voto eguale, si riferisce all'entrata, non all'esito del voto. Questo è un punto importante, che va sottolineato. La questione è stata posta più volte.
  Veniamo al problema dei diversi sistemi elettorali. Io credo che un punto comune ai diversi sistemi elettorali, non a caso oggetto di numerose proposte di legge che giacciono presso questa Commissione, riguardi la scelta dei candidati prima ancora che la distribuzione dei seggi da formula elettorale.
  La scelta dei candidati può avvenire in vario modo. La Corte costituzionale affermerà che il sistema previsto dalla legge Calderoli, che prevede liste bloccate a volte anche di decine di candidati che non si trovano neanche nella scheda, ma che bisogna andare a leggere in uno dei manifesti apposti nei seggi elettorali, è incostituzionale, anche perché in collegato con il premio di maggioranza. Ci sono tutta una serie di considerazioni che verranno svolte.
  Io ritengo che, di per se stesse, le liste bloccate non siano in contrasto con i princìpi costituzionali. Se così fosse, dovremmo giungere alla conclusione che noi dovremmo impartire lezioni di liberaldemocrazia alla Germania, alla Spagna e a tutti quei Paesi, direi la quasi totalità, che non prevedono il voto di preferenza.
  Ci sono poi alcune ragioni, a parte i princìpi costituzionali, per cui, a mio avviso, il voto di preferenza è da escludere, quale che sia il sistema, proporzionale o maggioritario, da scegliere. Ricordiamo Tangentopoli. Causa non ultima, ma non principale, di Tangentopoli fu anche la ricerca di disponibilità di risorse finanziarie da parte dei singoli candidati per campagne elettorali all'interno della stessa lista e dello stesso partito che richiedevano ingenti risorse finanziarie. Questo introduce, al secondo punto, gli elementi di frantumazione correntizia all'interno dei partiti che certamente non stanno bene e che si aggiungerebbero a quelli derivanti dalla frantumazione del sistema politico.
  In terzo luogo, il voto di preferenza accresce il peso delle organizzazioni portatrici di microinteressi settoriali, legittimi, se volete, ma da equilibrare, evitando che abbiano un peso abnorme. Siamo costretti a utilizzare vecchie indagini empiriche, perché è dal 1992 che non si vota più per la Camera con il voto di preferenza. Nel Senato non si è mai votato con il voto di preferenza, senza che nessuno sollevasse dubbi. Secondo l'indagine di Pasquale Scaramozzino svolta alla fine degli anni Ottanta all'Università di Pavia, nelle province a reddito più basso veniva utilizzato il 90 per cento delle preferenze esprimibili dagli elettori, mentre nelle province a reddito più alto non si andava al di là del 20 per cento. Credo che questo aspetto sia da considerare.
  Conosciamo anche l'esito pessimo che ha sortito il voto di preferenza nell'unica enclave lasciata dalla legge Calderoli, cioè per il voto degli italiani all'estero, per i quali c’è stato il voto di preferenza, con risultati certamente non commendevoli.
  Ci sono diversi progetti che prevedono altri sistemi. Ad esempio il progetto di legge Toninelli che io considero interessante, nel senso che cerca di innovare attraverso l'introduzione della cancellatura. Sul momento io ero rimasto anche affascinato da questa proposta, ma a pensarci bene poi, mi sono chiesto: chi sarebbe cancellato ? Chi più si è esposto, chi più ha avuto il coraggio di mettersi contro certi interessi, mentre chi è stato acquattato e su posizioni tutto sommato politicamente mediocri sarebbe premiato. Ci sono esperienze di questo tipo anche in qualche altro Paese.
  Andiamo ai tre sistemi che sono stati prima considerati e che sono stati resi attuali nel dibattito politico dalla lettera del segretario del Partito Democratico, cioè il sistema spagnolo, il doppio turno di coalizione e la legge Mattarella rivisitata. Io cercherò di mettere in rilievo pregi e difetti, o meglio vantaggi e svantaggi dell'una o dell'altra soluzione. Non mi esprimerò a favore dell'uno o dell'altro sistema, sia perché voglio capire meglio, sia perché questa è una sede in cui mi si richiede Pag. 9soltanto un contributo di carattere tecnico. Avrò altre occasioni, spero, per poter intervenire.
  Per quanto riguarda il sistema spagnolo, è stato un sistema che nella passata legislatura ha suscitato particolare interesse. Il sistema spagnolo, in presenza di due grandi formazioni politiche e di altre minori, ha un effetto indubbiamente di tipo maggioritario.
  È inutile che io stia qui a ricordare che cos’è il sistema spagnolo. È ben noto a tutti questo sistema, che per la Spagna, non c’è dubbio, è stato decisivo, allorché è stato introdotto, perché ha fatto passare il sistema, che inizialmente aveva più di 50 partiti, a uno sostanzialmente bipartitico. Noi siamo in grado di ricordarci tutti i nomi dei Presidenti del Consiglio e dei primi ministri spagnoli dal 1978 a oggi, come ad esempio Aznar, González, Zapatero. Li conosciamo tutti. Sono cinque, sei o sette. Difficilmente, invece, riusciremmo a ricordarci il nome di tutti i primi ministri italiani.
  Quello spagnolo è un sistema che non penalizza le forze insediate nel territorio. Infatti, i partiti regionali, quello basco e catalano e Izquierda Unida, riescono ad avere una rappresentanza. Izquierda Unida riesce ad avere una rappresentanza non perché partito regionale, ma perché nelle grandi città è previsto un numero maggiore di seggi. Con il 6,92 per cento dei voti Izquierda Unida elegge 11 deputati. Si tratta di un sistema che, come è stato detto, in Italia, senza un correttivo di premio, fotograferebbe la tripartizione del sistema politico. Per poter ottenere la maggioranza una delle forze dovrebbe superare il 36, 37 o 38 per cento. Nessuna di queste mi pare sia oggi in grado di arrivare facilmente a questo risultato.
  Nella proposta Renzi è previsto un premio di maggioranza del 15 per cento, cioè di 92 seggi, se ho capito bene. Questo potrebbe portare a un esito maggioritario, ossia alla formazione di una maggioranza omogenea e stabile. Qualcuno, facendo alcune simulazioni – anche il servizio studi della Camera sta portando avanti una simulazione – sostiene che probabilmente potrebbe anche non bastare. Forse il 20 per cento, anzi certamente il 20 per cento potrebbe consentire questo risultato.
  Attenzione, però: quando si parla di premi, concedere il 15-20 per cento – questo non è detto nella proposta Renzi, ma immagino sia implicito – significa che in ogni caso con il premio non si può raggiungere più del 55 per cento dei seggi. Non è un premio fisso. Deve essere un premio tale da consentire di raggiungere una maggioranza che possiamo fissare nel 55 per cento, come quella prevista anche dalla legge Calderoli.
  Potrebbe un premio così alto, del 20 per cento, subire eventuali censure costituzionali ? Io non credo, perché sarebbe un premio che andrebbe fino al 20 per cento, fermo restando che nessuno potrebbe, in forza di tale premio, superare il 55 per cento dei seggi. Se la Corte ha dichiarato incostituzionale il premio, ma lo vedremo, è perché non c'era una base d'accesso predeterminata e, quindi, anche con una percentuale minima una forza politica avrebbe potuto conquistare il premio stesso.
  La legge Mattarella rivisitata avrebbe un vantaggio. Intanto è già conosciuta dagli italiani. Sappiamo qual è stata la storia, che non riprendo, anche se sarebbe interessante rivederla. Un pezzo è stato indicato prima da Armaroli, con l'esito del referendum, Scalfaro, ma lasciamo stare. Se qualcuno sarà interessato, posso, se c’è tempo e interesse, tornare sul punto.
  Intanto quale legge Mattarella consideriamo, quella della Camera o quella del Senato ? Si trattava, infatti, di due leggi che avevano due diversi sistemi elettorali. Alla Camera c'erano due voti in mano all'elettore, scheda grigia e scheda rosa, uno per la scelta dei candidati nel collegio – vinceva il candidato che aveva più voti – e l'altro per il voto alla lista di partito.
  Il Senato, invece, prevedeva un sistema parzialmente diverso, sempre con recupero proporzionale del 25 per cento, ma non attraverso un doppio voto, bensì attraverso un unico voto da parte degli elettori per il 75 per cento dei seggi che in una determinata regione veniva previsto Pag. 10nella geografia elettorale. Il 25 per cento sarebbe stato recuperato con voto proporzionale all'interno, per usare un'espressione non simpatica, dei «migliori perdenti».
  Dei due io ritengo decisamente superiore il sistema previsto per il Senato, perché evita un sicuro inconveniente del sistema Camera della legge Mattarella, cioè di avere partiti contemporaneamente alleati per la conquista del collegio uninominale, magari con lo stesso programma e con lo stesso candidato alla Presidenza del Consiglio, e concorrenti nella lista proporzionale. Sappiamo che la concorrenza, quando è a spese del vicino, diventa sempre più aspra, con tutte le conseguenze anche sull'attività di governo. Il sistema del Senato non consentiva tutto questo, perché c'era un unico voto per il candidato che era espressione comune di una coalizione.
  Il sistema Mattarella, come giustamente è stato detto, poteva non portare a una maggioranza e, infatti, nel 1994 e nel 1996 si arrivò a maggioranze, ma piuttosto risicate. Io ebbi modo già nel 1995 di proporre una correzione del sistema della legge Mattarella, nel senso di ridurre la quota proporzionale non in maniera fissa, ma tanto quanto necessario per far conseguire la maggioranza alla coalizione più votata, o al partito più votato. Mi pare un sistema che potrebbe funzionare. Non si fisserebbe il 15 per cento e neanche l'intero 25 per cento, ma tanto quanto risultasse necessario.
  C’è poi il terzo sistema, quello del doppio turno di coalizione. Si tratta di un sistema del quale abbiamo avuto modo di discutere anche all'interno del Comitato dei saggi. Allora si parlava di proposta D'Alimonte-Violante. D'Alimonte l'aveva formulata sul Sole 24 Ore e Violante sul piano politico. I due si contendevano la paternità, ma mettiamoli insieme. È intervenuto poi anche Pasquino, il quale rivendicava di averlo già proposto tanti anni prima. Questo mi spinge, quando si rivendicano delle primogeniture, a essere molto parchi. Perché se ne è discusso in quella sede ? Perché questo potrebbe essere un sistema che, collegato con una riforma della forma di governo, potrebbe portare a quello che è stato indicato come il governo del Primo ministro, non attraverso un'elezione diretta del Primo ministro, ma attraverso una sua legittimazione diretta – non elezione, dunque, ma legittimazione – che deriverebbe dal fatto che nello spareggio, nel secondo turno, ci sarebbero due competizioni. Inevitabilmente, che sia o non sia indicato dalla legge, ci sarebbe un candidato alla Presidenza del Consiglio. Tutto questo, dicevamo in quella sede, presuppone, però, anche una modifica costituzionale per consentire al Presidente del Consiglio la possibilità di ricorrere a una consultazione anticipata, come in Germania, in Spagna e in Inghilterra. Lo preciso perché qualcuno ha parlato di «dittatura del primo ministro». No, è previsto anche in questi altri Paesi.
  Siamo, però, in una fase in cui è inutile immaginare riforme costituzionali incisive della forma di governo. Sotto questo profilo la riforma potrebbe essere sganciata dalla modifica della forma di governo, ma, e questa è l'osservazione che rivolgo ai presentatori, non è possibile, o lo è con molti rischi, sganciarla dal superamento del bicameralismo paritario. Avendo una tripartizione del sistema politico, lo spareggio dovrebbe avvenire sulla base dei voti della Camera o sulla base dei voti del Senato. Essendo previsto un bicameralismo perfetto, ci debbono essere due spareggi diversi, uno per la Camera e uno per il Senato, con la possibilità che non si abbiano gli stessi sfidanti. Potrebbero esserci sfidanti tra loro non concorrenti.
  Io ho visto che in un progetto di legge le due cose si mettono d'accordo, ossia si sommano i voti di Camera e Senato prevedendo di fare lo spareggio mettendo insieme i due voti. Questo non è possibile sotto un profilo costituzionale, anche perché gli elettorati sono diversi. Non è possibile non tanto per l'autonomia di una Camera, o non soltanto per l'autonomia di una Camera rispetto all'altra, ma anche Pag. 11perché si tratta di due elettorati diversi, dai diciotto anni per la Camera e dai venticinque per il Senato.
  Questa è la più forte obiezione a un sistema che è, però, di estremo interesse. Attenzione: dai presentatori non è chiarito il primo turno. Si dice che sarebbe con la proporzionale, il che ha senso, ma non se il voto di preferenza deve esserci o non esserci. Per i motivi che ho esposto prima io spererei tanto che questa proposta non fosse accompagnata da voti di preferenza. In che modo ? Col sistema tedesco. Il primo turno potrebbe essere adottato con il sistema proporzionale tedesco, con metà collegi uninominali e metà liste bloccate, con recupero totale, in questo caso con lo scorporo totale, sulla base del voto conseguito con la lista proporzionale e col premio di maggioranza se eventualmente non si raggiungesse una determinata maggioranza. La proposta Violante parlava del 40 per cento. Io preferirei il 50 per cento più uno, per motivi che sarebbe un po’ troppo lungo indicare. Se mi sarà posta una domanda potrò anche spiegare la mia posizione. Questa sarebbe una possibile variante al doppio turno di coalizione.
  Ci sarebbero anche altri problemi da affrontare, come la revisione dei collegi. Per quanto riguarda la legge Mattarella, noi abbiamo avuto dal 1993 due censimenti. Questo comporterebbe la necessità di mettere in moto alcune Commissioni, come si fece nel 1993, per rivedere i collegi. Fermo restando che l'unico vincolo che abbiamo è rappresentato dall'articolo 56 della Costituzione, che parla di ripartizione fra le circoscrizioni sulla base dei risultati dei censimenti, all'interno delle circoscrizioni non è detto che bisogna necessariamente, per vincolo costituzionale, seguire i collegi. Comunque, è un problema.
  Per quanto riguarda, invece, il sistema spagnolo, vi si potrebbe ricorrere. La Spagna fa coincidere i collegi con le province, che in quel Paese sono 50. Da noi le circoscrizioni provinciali sono più del doppio, ma si potrebbe, con il sistema che viene indicato e con i numeri che vengono forniti, fare riferimento anche alle province.
  Esiste poi un problema di riequilibrio di genere, un problema sempre più forte, che viene presentato – diversi progetti si muovono in questo senso – anche perché c’è stata con riguardo alle elezioni comunali la legge n. 215 del 2012 che ha introdotto la preferenza di genere. Se si adotta il sistema delle liste bloccate, si può adesso, dopo la riforma costituzionale di qualche anno fa, la n. 1 del 2003, prevedere l'alternanza nelle liste, alternanza che, invece, la Corte costituzionale bocciò nel 1994, come è noto. Comunque, è un problema che esiste.
  Nel caso di adozione della legge Mattarella rivisitata secondo il modello Senato, che io raccomanderei, si potrebbero prevedere alcuni obblighi per ciascuna lista, dato che si tratta di liste collegate. Il sistema del Senato secondo la legge Mattarella prevede liste collegate in ciascuna regione. Si potrebbe prevedere che ci sia una percentuale di un determinato genere, inizialmente a vantaggio delle donne e in futuro anche degli uomini. Oppure si può prevedere un recupero che possa avvenire secondo criteri alternati.
  Rimane il problema della circoscrizione estero. In merito devo confessare di non avere le idee molto chiare. Certamente bisogna trovare una modifica dell'attuale sistema, che, come è noto, è sotto indagine anche in diverse occasioni presso le procure della Repubblica per voto di scambio. Il voto di scambio, peraltro, adottando il sistema delle preferenze anche a livello nazionale, potrebbe essere sempre più oggetto di fascicoli delle stesse procure della Repubblica.
  Io mi fermo qui. Spero di non aver dato l'impressione di aver tifato a favore di un progetto rispetto a un altro, anche se al Mattarellum rivisitato sono affezionato. Ritengo, però, che in questo momento – sono sincero – la scelta migliore sia quella di far presto e di decidere non sulla base di modelli astratti, ma delle necessità del Paese. Questo è un Paese che non cresce per tanti motivi, anche perché Pag. 12sotto il profilo istituzionale siamo rimasti indietro, girando sempre attorno alle stesse questioni.
  Ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Barbera per il suo contributo. Per dirci le cose come stanno, perché la franchezza in queste Aule non ci deve mai abbandonare, si è capita una preferenza, da parte sua, professor Barbera. Quello che posso dirle è che la Commissione ha tutta l'intenzione di fare presto, ma anche di fare bene. Siamo consapevoli che le due cose devono andare in accordo tra di loro. L'ampiezza di queste audizioni, nonostante siano utili anche quelle svolte al Senato, che noi conosciamo e che intendiamo ovviamente tesaurizzare, dimostra proprio che non ci interessava tenere solo delle audizioni, ma anche capire un po’ di più sulla materia all'esame. Mi auguro che ci sarà un dibattito che consentirà ai nostri esperti di essere vicini anche ai difetti di conoscenza – in primo luogo miei – dei componenti della Commissione.
  Do la parola al professor Francesco Clementi.

  FRANCESCO CLEMENTI, Professore associato di diritto pubblico comparato. Ringrazio il Presidente Sisto e l'intera I Commissione della Camera dei deputati per l'opportunità che mi si offre di dialogare con la Commissione medesima su questa tematica che da molti anni, vorrei dire, se posso, da troppi, è all'ordine del giorno del nostro Paese.
  Peraltro, questa urgenza è ormai evidente non soltanto dal numero dei progetti di legge presentati anche in questa Commissione – ho avuto modo, ancorché nel tempo rapido che ricordava prima il professor Barbera, di vedere i dossier preparati e, quindi, di trovarmi in parte agevolato il lavoro di lettura – ma anche in ragione del fatto che la stessa urgenza è stata ritrovata, per esempio, plasticamente quando sono state raccolte molto rapidamente dal Comitato referendario le firme contro la legge che di recente è stata sotto il vaglio della Corte costituzionale e di cui in questi giorni aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza.
  In questo senso mi piace richiamare il fatto che lo stesso Presidente della Repubblica sottolinea la pressante urgenza di attribuire a questo Paese una nuova legge elettorale. La calendarizzazione che la Conferenza dei presidenti di gruppo della Camera dei deputati ha voluto fissare per il 27 gennaio mi sembra sia, insieme ai lavori di questa Commissione, un segno chiarissimo rispetto anche a questo punto. Mi riferisco a quello che diceva da ultimo il professor Barbera rispetto alla volontà di affrontare definitivamente e di risolvere quello che, secondo me, è un punto sempre più rilevante non solo, da un lato, di un modello di democrazia sempre più stretta in una dinamica di globalizzazione – passatemi il termine, ma ormai sintetizza talmente tanti concetti che si può utilizzare – ma anche e soprattutto, dall'altro, dello stress che i rischi di una politica non più credibile potrebbe determinare sulle stesse istituzioni della Repubblica.
  Sempre in premessa, consentitemi un approccio molto rapido dal punto di vista metodologico. Proprio perché non credo sia compito dello studioso in questa sede dare lezioni a chicchessia, né assumere, a maggior ragione, posizioni aprioristicamente e quasi ingegneristicamente certe, che abbiano la ricetta o la formula in tasca per risolvere i problemi del mondo, mi approccio ai lavori che la Commissione sta facendo certamente con metodo scientifico, ma anche con molta umiltà. Esprimo rispetto di fronte al Parlamento e a voi stessi per un lavoro che, per le ragioni che ho cercato prima di sintetizzare, mostra tutta l'urgenza di ragioni superiori ai meri confronti classici che avvengono dentro un Parlamento.
  Qual è il mio obiettivo ? Procedo in modo molto rapido, secondo le indicazioni che forniva prima il Presidente Sisto. Ho pronto un testo scritto con cui, presidente, spero di risolvere molte domande o molti dubbi che potrebbero essere sollevati. Il mio obiettivo è quello di evidenziare molto rapidamente gli effetti e le conseguenze Pag. 13delle scelte e delle soluzioni a disposizione. Non da ultimo perché il tema dell'eterogenesi dei fini trova nella legge elettorale un classico, attraverso la lettura non solo di tantissime esperienze comparate, ma anche del caso italiano. Prima il professor Armaroli citava qualche esempio. Non sta a me ripeterlo.
  Sulla base di questa premessa credo ci sia un punto metodologico che questa Commissione non può dimenticare. Mi permetto di segnalarlo in maniera un po’ semplificata. Si riesce, io credo, ad arrivare in fondo a questo percorso, un percorso tortuoso, ma decisivo per il nostro Paese, solo se si hanno ben chiari gli obiettivi. Questo vale per chi affronta questo tema cercando di snocciolare il senso di scelte che sono multiple, complesse, varie e molto delicate e che, lo dico con grande chiarezza e franchezza, non trovano una legge perfetta. Non esiste una legge elettorale perfetta. Ciascun Paese ha la sua e proprio per questo l'importanza delle analisi e delle indagini riveste una funzione decisiva.
  Mi pare d'aver capito dalla lettura dei testi e anche dal lavoro preparatorio svolto dagli uffici della Camera dei deputati che le forze politiche intendano generalmente – e sottolineo generalmente – perseguire tre obiettivi.
  Il primo è quello di garantire la governabilità, concetto che io ho tradotto come l'esistenza di condizioni politiche e parlamentari tali da rendere possibile l'esistenza di una chiara maggioranza parlamentare fin dalla sera stessa delle elezioni che consenta al tempo stesso due cose: stabilità politica ed efficacia decisionale in capo al Governo del Paese.
  Mi pare di aver colto dalla lettura che il secondo obiettivo nella maggior parte dei testi presentati sia quello di restituire, come diceva il compianto professor Roberto Ruffilli, la possibilità all'elettore di scegliere, attraverso il voto, l'eletto, riportando il cittadino a essere arbitro consapevole delle proprie scelte elettorali e, dunque, il perno centrale e il fulcro della democrazia.
  Il terzo obiettivo che mi pare d'aver colto leggendo le proposte è quello di mantenere – in questo mi collego a quanto diceva prima Augusto Barbera – un assetto bipolare del sistema politico.
  Io ritengo che, se in questo momento non affrontiamo, tutti noi, gli studiosi e la politica, con chiarezza questi tre grandi obiettivi che mi sembra si possano desumere dalla lettura dei testi, con la certezza che quelli sono gli obiettivi, il percorso rischi di essere accidentato fin dall'inizio. In merito, come citavo già prima, il resoconto della seduta della Commissione del 10 dicembre 2013 con la relazione del Presidente Sisto e il dossier n. 98 del 2013 mi hanno consentito di riassumere in tre grandi blocchi quanto ho letto.
  Il primo blocco di proposte presentate introduce modifiche al sistema vigente. Il secondo blocco propone il ritorno in modi e forme diverse della cosiddetta legge Mattarella. Il terzo prevede direttamente la possibilità di introdurre un sistema elettorale diametralmente nuovo, rispetto tanto a quello vigente, quanto a quello precedente il sistema vigente. Non entrerò nel dettaglio delle singole proposte. Anch'io cercherò, anche per ragioni di tempo, lasciando il testo scritto a disposizione della Commissione, di fare un ragionamento generale su ciò che noi ci troviamo di fronte.
  Credo sia opportuno, però, di fronte a questo ragionamento, cogliere come i tre grandi blocchi di proposte in realtà trovino una forma di sintesi nella recente lettera spedita dal segretario del Partito Democratico – la citava chi mi ha preceduto – al resto dei partiti politici. Tale lettera incardina nella discussione e nel dibattito politico quello che ancora credo non sia stato incardinato in quest'Aula, cioè tre differenti proposte. La prima è sulla falsariga del modello spagnolo, anche se non è esattamente la legge elettorale spagnola. La seconda è sulla falsariga della legge Mattarella, anche se non è esattamente la legge Mattarella. La terza è basata sul modello cosiddetto dei sindaci a doppio turno, anche se non è esattamente uguale.Pag. 14
  Su queste tre proposte, sulle quali io cercherò di essere più specifico, ho cercato di fare un esercizio. L'esercizio consiste nel verificare queste tre proposte innanzitutto alla luce di quello che appare – i nostri colleghi che interverranno nei prossimi giorni, penso saranno più fortunati di noi perché avranno a disposizione le motivazioni della sentenza – dalla lettura del comunicato della sentenza della Corte costituzionale del 4 dicembre.
  La domanda che mi sono posto è come queste tre proposte, che mi sembrano essere oggi il fulcro del dibattito politico-parlamentare della Camera dei deputati e anche del Senato, in sostanza della politica, si pongono alla luce di quanto la Corte costituzionale sembra aver detto e di ciò che si ricava dalla lettura attenta e meditata anche di coloro che hanno commentato, nel corso di quest'ultimo mese o poco più, tale comunicato.
  Il tema iniziale è questo, a mio avviso: verificare la costituzionalità di queste tre proposte rispetto alla lettera che citavo prima e che rappresenta la sintesi di un dibattito. Quelle tre ipotesi in fondo pongono due grandi questioni. Da un lato, la prima è relativa al cosiddetto premio. Abbiamo già sentito che in qualche caso si può chiamare premio. Io condivido questo. La dottrina in merito è piuttosto chiara. In qualche caso non lo si può chiamare premio, ma, se vogliamo, giornalisticamente e anche a fini di tempo, chiamiamolo premio. Dall'altro lato, c’è il tema cosiddetto delle liste bloccate.
  Io vorrei essere molto chiaro. Sulla base di quello che ho letto nel comunicato e dell'idea che mi sono fatto del processo che la Corte ha voluto adottare, io penso che il punto che noi abbiamo di fronte ponga in luce – parlo innanzitutto del premio – una chiara definizione. La Corte e, dunque, i testi che verranno sulla scorta di quelle tre proposte, afferma chiaramente al legislatore che una cosa è un premio indefinito alla latina, cioè senza confini, senza perimetri. Esso viola il principio di uguaglianza, perché, premendo troppo in ragione di un bene superiore come veniva considerata la governabilità, rischia di essere eccessivamente squilibrante.
  Noi sappiamo che le pressioni sul principio di uguaglianza ai sensi dell'articolo 3 sono legittime dal punto di vista della Corte costituzionale in vario modo e in varie forme che conosciamo, con riferimento alle forme di riequilibrio e di squilibrio, a parti uguali fra diseguali. Tuttavia, il punto tecnico che la Corte credo abbia intenzione di far presente nelle motivazioni che leggeremo, ma che, secondo me, emerge dalla lettura del semplice comunicato, è la necessità di perimetrare il premio. Un premio non definito è un premio che squilibra l'assetto e la garanzia. Tocca, quindi, direttamente l'articolo 48 e, de relato, per norma interposta, l'articolo 3 della Costituzione.
  Il punto iniziale è, dunque, l'utilizzo di forme di riequilibrio – chiamiamole premio – che i progetti di legge che ho letto e le proposte non ancora definite come proposte di legge potrebbero andare a definire deve partire da questo assunto, ossia che la Corte (così credo, ma poi lo leggeremo) non consente un uso squilibrato di uno strumento di pressione tale da comprimere la rappresentanza politica parlamentare al punto da essere senza confini. Questo è il primo punto.
  Io ritengo che tutte e tre le proposte di sintesi presentate nella lettera del 2 gennaio scorso dal segretario del Partito Democratico siano dentro quest'alveo di costituzionalità. Senza rileggere i testi, che voi conoscete meglio di me, tutte prevedono, infatti, un premio definito. In qualche caso il premio potrebbe addirittura essere inferiore a quello indicato nell'appunto che io ho di sintesi e che è quello pubblicato sui giornali. Ciascuna delle tre proposte su questo punto è molto chiara.
  Come secondo punto, l'altra lente con la quale leggere le proposte in discussione che la Corte ci sottopone alla luce di questo ricorso anomalo – lo chiamo così perché anch'io ho avuto forti dubbi rispetto alla sua ammissibilità – riguarda le liste bloccate.Pag. 15
  Da comparatista, mi permetto di dire che gli altri ordinamenti ci mostrano con buona chiarezza che le liste bloccate in sé non sono incostituzionali. Si utilizzano, infatti, in Spagna, in Germania e in altri Paesi. La lista bloccata è, in fondo, uno strumento, un meccanismo scelto per valorizzare innanzitutto la scelta dei partiti. Infatti, nei Paesi con lista bloccata classica, come la Spagna o la Germania, la forza dei partiti politici è molto ben presente. Anche l'uso degli strumenti di selezione delle candidature intrapartitiche, delle cosiddette elezioni primarie o selezioni primarie, a seconda di come lo si voglia leggerle, trova un punto di regolamentazione molto forte e stringente.
  Ricordo a me stesso, per esempio, che la riforma dell'articolo 22 della Costituzione spagnola e i Regolamenti conseguenti che ne sono succeduti in tema di libertà di associazione e, dunque, anche nel regime dei partiti politici ci dimostrano che la Spagna, che ha questo sistema elettorale con le liste bloccate, ha adottato un regime di governo dell'oggetto partito politico molto stringente.
  Questo dato non va messo in un angolo. Quello che un mio vecchio maestro chiamava «regolare gli sregolati», cioè i partiti politici – è un modo di dire che utilizzo con il massimo rispetto – nel caso spagnolo, con quel sistema elettorale, ha avuto una forza decisiva. Pensare, come dicevo in premessa, di importare ingegneristicamente un dato rispetto all'altro rischia di essere parziale, se non si legge l'intero ordinamento a cui si guarda con la complessità che merita.
  Torno al punto. Le liste bloccate, dunque, non sono incostituzionali, perché, come già detto, esistono anche altrove. Dove, secondo me, la Corte vuole mandare un segnale chiaro al legislatore ? Laddove afferma che le liste bloccate impediscono all'elettore, che sia distratto o che non sia distratto, poco importa – consentitemi la battuta – di individuare gli eleggibili. Mi esprimo, per risparmiare del tempo, in maniera un po’ semplice: nel momento in cui l'elettore rischia di essere confuso perché una lista è troppo lunga, perde la libertà di scelta, cioè perde di vista il fondamentale articolo 48 della Costituzione e, dunque, de relato e attraverso un'idea di norma interposta, l'articolo 1.
  Il tema della lista bloccata, come qualsiasi modo di individuazione degli eleggibili, si basa sempre su uno stesso principio: l'individuazione di chi si andrà a votare. Che sia dentro un contenitore, una lista bloccata, un modello a preferenza, o un collegio territorializzato, come può essere, per esempio, il collegio maggioritario, in questi tre modelli entra un esclusivo parametro, ossia la possibilità di individuare con chiarezza da parte dell'elettore colui che va a eleggere.
  Pertanto, i vincoli insuperabili per la legge elettorale sono, a mio avviso, solo due in questa lettura: non è possibile un premio ad libitum e servono meccanismi di chiara identificabilità degli eleggibili da parte dell'elettore, consentendogli la possibilità di scegliere in libertà esprimendo la sua preferenza.
  Le tre proposte a cui facevo riferimento prima sono, dunque, secondo me, pienamente costituzionali e dentro l'alveo di questa lettura, perché tutte e tre, ancorché alcune siano più dettagliate su alcuni punti e altre meno, il che poco importa, rientrano dentro questo parametro.
  C’è poi una seconda e ulteriore architrave che sottolineo, perché va a premessa un po’ di tutto. Noi parliamo di legge elettorale. La legge elettorale è un meccanismo che trasforma voti in seggi, come è noto. In questo ordinamento essa trasforma voti in seggi in due Camere distinte. Il tema che fa di sfondo è la possibilità che alla riforma elettorale si aggiunga una riforma del bicameralismo. Gli effetti sistemici di leggi elettorali asimmetriche sono ben noti a tutti noi, alla luce di un bicameralismo differenziato. Tali effetti di differenziazione sono stati ben evidenziati nel volume dell'associazione ITANES (Italian National Election Studies) recentemente pubblicato sui dati elettorali. Esso mette in luce come differenti elettorati propri del nostro ordinamento – quello della Camera non corrisponde a quello del Senato – producano Pag. 16effetti diversi nel momento elettorale e, dunque, anche sulla base delle diverse leggi elettorali.
  Vado rapidamente alle tre proposte di modelli elettorali. Sul modello della legge cosiddetta elettorale di tipo spagnolo vorrei sottolineare alcune questioni, i vantaggi e gli svantaggi.
  I vantaggi che io rilevo sono sostanzialmente i seguenti. Innanzitutto consente una pluralità ampia di partecipazione, permettendo a ciascun partito di presentarsi singolarmente nella realtà territoriale, senza essere necessariamente vincolato all'obbligo di coalizione. Questo può essere un dato interessante in una situazione politico-sociale nella quale la frammentazione della società si è a tal punto riverberata che forse necessita un po’ di ricompattarsi, consentendo a tutti di trovare uno spazio autonomo, singolo e identitario. Questo consente, attraverso le liste bloccate che citavo prima – in parte è già stato detto e, quindi, semplifico alcuni passaggi – di identificare gli eleggibili, perché i numeri sono quattro, cinque o sei. In alcune realtà sono un po’ di più, ma poco importa. Consente comunque all'elettore di identificare gli eleggibili, ma soprattutto costringe i partiti politici a fare un lavoro precedente di selezione di coloro che hanno intenzione di presentare all'elettore.
  Questo punto è decisivo e importante. Io credo che non si possa oggi pensare a una legge elettorale prevedendo che i partiti scarichino semplicemente solo sui candidati il peso del confronto. Una forza di legame tra candidato, partito ed elettori rafforza la disciplina, non la depotenzia.
  In terzo luogo, ciò consente, attraverso la soglia di sbarramento, che è quella standard del 5 per cento, di evitare una frammentazione eccessiva che potrebbe esservi in ragione del fatto che i partiti si presentano anche come singoli.
  In quarto luogo, come diceva già prima chi mi ha preceduto, non penalizza i partiti regionali, quelli più radicati in alcune aree territoriali del Paese. Anche l'esperienza italiana da questo punto di vista ne conosce. Da questo punto di vista quasi tutte le esperienze europee ormai ne conoscono. Questo modello offre, quindi, una pluralità di vantaggi su più piani di intervento.
  Quali sono gli svantaggi, almeno in maniera un po’ semplicistica ? Innanzitutto vi è il fatto che la costruzione territoriale a dimensione piccola sovrarappresenta. Augusto Barbera parlava prima di premio occulto. Utilizziamo questo lessico, che rende molto bene l'idea. Nei fatti i grandi partiti sono sovrarappresentati di una cifra che ha consentito al sistema politico spagnolo di stabilizzare quanto era già dentro la loro natura.
  Uno dei dati sui quali dover ragionare è che il modello della legge elettorale spagnola presuppone già un sistema elettorale forte, un sistema partitico forte. Lo incentiva, lo alimenta e lo plasma, ma lo presuppone. Lo dicevo già prima per la selezione dei candidati. Questo ha un effetto importante se i partiti sono molto deboli, sfarinati o fiaccati al loro interno semplicemente perché sono in un regime di transizione, come è naturale in tutte le grandi democrazie e anche in quelle che cercano di diventare democrazie, come era allora il caso spagnolo, prima che questo sistema entrasse a regime definitivamente. Da questo punto di vista non va dimenticato, quindi, che il rischio di sovrarappresentare partiti che in realtà ancora non si sono pienamente definiti e di sottorappresentarne altri è ben presente. Considerate che gli effetti sono di sovrarappresentazione per i grandi, più o meno indifferenti per i medi e di sottorappresentazione per i piccoli.
  Veniamo alla questione del premio. Il tema del premio, che viene definito nella proposta del 15 per cento, non mi sconvolge personalmente. Mi sembra anzi uno strumento molto utile, perché semplifica l'istanza del ritorno della governabilità.
  Il punto nodale è il seguente: questo modello rischia, in assenza di premio, di non bastare per garantire una chiara maggioranza. Questo è forse uno dei vulnera ai tre obiettivi iniziali che mi sembrava di cogliere nella lettura dei testi. Ciò può determinare, a maggior ragione, rischi di un ulteriore vulnus ai punti obiettivo che Pag. 17citavo in precedenza, ossia rischi che il sistema non produca il risultato di tipo bipolarista che sembrava vi fosse tra gli obiettivi.
  Il secondo modello è la legge cosiddetta Mattarella rivisitata. Su questa andrò in modo più rapido. Il punto che mi sembra interessante è soprattutto che ci sono una serie di ragioni che dimostrano che questo testo, quando è stato utilizzato, ha consentito a tutti i partiti presenti in Parlamento allora e alle loro evoluzioni successive che oggi conosciamo di ritrovarsi in un alveo e di abituarcisi.
  Il cambiamento istituzionale, il cambiamento elettorale e il loro apprendimento sono decisivi per ogni democrazia, anche per gli elettori. Diciamolo con grande franchezza. L'apprendimento del modello elettorale da parte degli elettori e degli attori politici negli anni attraverso i quali il Mattarellum puro, non quello rivisitato, è stato adottato ha dimostrato che il sistema stava entrando a regime.
  Oggi ci possiamo permettere esattamente quel sistema ? Io credo che la fotografia elettorale ci dimostri, sulla base dei dati ITANES spalmati nella nuova realtà, che esso arriverebbe a violare due dei tre punti obiettivo che mi sembrava si potessero ritrovare: non consente la governabilità e impedisce la formazione di stabili maggioranze su un assetto di tipo bipolare.
  Aggiungo, peraltro, che questo modello può trovare un suo ubi consistam solo se riesce, come si diceva prima, a far riespandere in parte di quanto serve, anche se certamente con un limite, altrimenti sarebbe incostituzionale, il dato maggioritario sul quale in fondo è costruito un impianto molto chiaro e, vorrei precisare, anche molto noto agli elettori.
  Il fatto che sia noto agli elettori – lo dico con estrema franchezza – per me è un dato importante. Nella situazione politica data, se il tema è la credibilità della politica e il recupero della credibilità del rapporto fra eletti ed elettori, l'apprendimento reciproco di un nuovo sistema elettorale è più faticoso rispetto alla semplificazione di uno schema di gioco (perdonatemi la banalizzazione) che anche gli elettori conoscono.
  L'ultimo punto è il modello a doppio turno di coalizione dei sindaci. Si tratta del modello che, soprattutto sull'individuazione degli eletti, è più incerto, non definendo, se ho capito bene, il tipo di preferenze, i collegi o le liste bloccate. Su questo modello io vedo uno svantaggio sistemico: l'uso del sistema proporzionale con l'utilizzo del proporzionale e delle preferenze – come ho già avuto modo di dire nell'ultimo periodo attraverso alcuni mezzi di informazione – in un sistema politico e partitico già molto fragile e sfarinato rischia, a mio avviso, di incentivare situazioni deleterie dal punto di vista non tanto politico, quanto di tenuta sociale e sistemica.
  Ricordo a me stesso, per esempio, che il Parlamento precedente ha introdotto in merito il reato di traffico di influenze illecite con l'articolo 346-bis del Codice penale attraverso la legge n. 190 del 2012 proprio per evitare che ci fossero forme di interazione. Io credo che questo modello rischi un po’ di più, ossia che sia tendenzialmente più incline a tendere verso questo rischio.
  Passo al terzo e ultimo punto. Tale modello comporta costi altissimi. Il modello cosiddetto del doppio turno dei sindaci comporta costi altissimi perché impone due tipi di campagne elettorali. Introduco anche così il tema dei costi della politica. Credo sia importante farlo, analizzando anche questa tematica. Tale modello impone una doppia campagna elettorale, una tra i candidati degli stessi partiti politici tra di loro, così come avviene nelle leggi elettorali e nel modello dell'elezione del sindaco, perché si è candidati negli stessi partiti, e una all'esterno, con i candidati degli altri partiti.
  Questa doppia dinamica ha, dunque, costi molto alti, che in un sistema partitico solido vengono coperti dai partiti politici stessi e da un finanziamento pubblico. In un sistema partitico che mi pare debole, con costi che questo Parlamento ha deciso sempre più di utilizzare attraverso la formula Pag. 18– lo dico molto semplicemente – di un finanziamento sempre più di tipo privatistico, di un «votare con il portafoglio», come ormai si dice, incentiva ancor di più una dinamica alla ricerca di un consenso anche economico esterno che, secondo me, pone rischi altissimi di influenze esterne, non democratiche, o non totalmente democratiche.
  Osservo che anche il doppio turno di coalizione ha alcuni pregi. Uno è che pone con chiarezza all'elettore la domanda chiave: chi vuoi che ti governi ? Il secondo turno impone questa domanda. Questo è un pregio e un difetto al tempo stesso. Il pregio è che pone la domanda e le fornisce una risposta. Il difetto è sempre il tema iniziale che dicevo prima, ossia che sotto il cielo del bicameralismo questo potrebbe rischiare di non portare a una risposta univoca e che l'assenza di una risposta univoca rischia di essere probabilmente più dannosa di quanto si possa immaginare.
  Vorrei, infine, anch'io sottolineare che ci sono tre temi: la revisione delle circoscrizioni, il tema della circoscrizione estero e il tema dell'equilibrio di genere, che, secondo me, è un non tema. Questa legge elettorale dovrebbe farlo suo proprio alla luce dell'articolo 51 della Costituzione, mentre quello della revisione delle circoscrizioni è un tema che io credo – è un invito, presidente, non so se posso permettermi di farlo – che già un lavoro con il Ministero dell'interno e l'Ufficio elettorale potrebbe contribuire a semplificare, oltre che a capire una tempistica di risoluzione di queste tematiche.
  Chiudo, nel ringraziare, come avevo aperto all'inizio, presidente, osservando, molto laicamente, che la legge elettorale è solo uno strumento e che, come tale, non esiste una legge elettorale perfetta. Per fare una scelta giusta e idonea, se posso permettermi, c’è un'unica strada: avere ben chiari gli obiettivi che si vogliono perseguire. In tal senso mi auguro di aver portato un contributo utile.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Clementi per il contributo, che è stato preziosissimo, calibrato e puntuale.
  Do ora la parola alla professoressa Maria Elisa D'Amico, professore ordinario di diritto costituzionale presso la Facoltà di giurisprudenza dell'Università Statale di Milano.

  MARIA ELISA D'AMICO, Professore ordinario di diritto costituzionale. Grazie, presidente. Ringrazio gli illustri deputati per questo invito. Cercherò di contenere in un quarto d'ora il mio intervento che è diviso in due parti.
  La prima riguarda considerazioni di carattere generale sui sistemi elettorali alla luce anche di questa situazione particolare di attesa della decisione della Corte costituzionale che verrà pubblicata stasera o domani. Il mio ragionamento verterà in parte su questa.
  Nella seconda parte, che ho già trasmesso in forma scritta alla Presidenza, mi sono concentrata su un aspetto specifico, quello della necessità che, qualsiasi legge elettorale si adotti, siano previste norme antidiscriminatorie che consentano un'equilibrata rappresentanza di genere. Forse questa parte sarà più utile alla Commissione alla luce del fatto che non si è ancora scelto il sistema elettorale. Per ogni sistema elettorale ho, infatti, previsto, e alla fine farò una sintetica esposizione rimandando al testo scritto, la quota, la norma antidiscriminatoria possibile o migliore.
  In generale, come è stato già detto, noi ci troviamo in una situazione molto particolare. Abbiamo, infatti, una decisione della Corte costituzionale che ha dichiarato incostituzionale il Porcellum e che potrebbe rendere parte dei discorsi svolti in questa sede rischiosi o inutili. Tuttavia, come hanno già rilevato i colleghi che mi hanno preceduto e che hanno già fatto molte osservazioni sul punto – io cercherò di farne di diverse o di nuove, o comunque di non ripetere cose già dette – parte di questa decisione, almeno quello che la Corte potrebbe dire, è stato anticipato nel dispositivo.
  Si tratta di un dispositivo, per la verità, piuttosto inconsueto, su cui, da processual-costituzionalisti, potremmo anche Pag. 19scrivere un bell'articolo. È un dispositivo lungo, in cui la Corte dice alcune cose e ribadisce anche, il che ci dà lo spazio per parlare a trecentosessanta gradi – ringraziamo i giudici costituzionali per questo – che comunque il Parlamento è libero. In realtà il legislatore era già libero, anche all'indomani del dispositivo della decisione della Corte, di provvedere in qualsiasi senso. C’è, dunque, una piena libertà del legislatore, salvo alcuni vincoli, che adesso vedremo.
  Anch'io mi unisco alla necessità dell'urgenza di fare, di fare bene e di fare presto, ma comunque di fare. È evidente a tutti che dell'incostituzionalità del Porcellum si sapeva e si ragionava da tempo. La materia è ampiamente istruita in questo Parlamento. Le schede che ci avete fornito sono approfondite e contengono praticamente tutto. Si tratta, a questo punto, di scegliere e di scegliere bene, ma avendo già tantissimi elementi dal punto di vista tecnico, essendo la materia appunto ampiamente istruita.
  Da un certo punto di vista, il che è paradossale, manca ancora la scelta di fondo. Una volta fatta questa scelta, si potranno adattare tutti gli accorgimenti tecnici, tenendo presente, e in merito mi associo alle considerazioni fatte in particolare dal professor Clementi, che non esiste un sistema ottimo. Non esiste un sistema che possa prevedere fin dall'inizio i propri risultati.
  Negli ultimi vent'anni, a partire da quando – anch'io faccio un riferimento personale – da giovane studiosa mi impegnavo sui referendum elettorali del 1993, è risultato molto chiaro che in Italia, forse più che in altri Paesi, il sistema dei partiti condiziona il sistema elettorale scelto. Forse è più forte il condizionamento che questo sistema dà al sistema elettorale che non il contrario. Tutte le operazioni anche ingegneristiche che sono state fatte da vent'anni a questa parte sono state ampiamente smentite, o comunque hanno avuto anche un effetto diverso rispetto a quello che si pensava.
  Aggiungo un ultimo punto sull'aspetto dell'urgenza. Esso è rappresentato anche dal fatto – dirò poi qualcosa di più sui vincoli della sentenza della Corte – che, come ricordiamo tutti, a meno che la Corte non smentisca la propria giurisprudenza, in materia elettorale non ci può essere un vuoto legislativo. La Corte ha ribadito questo concetto soprattutto per quanto riguarda i giudizi di ammissibilità del referendum. Noi avremo domani o dopodomani una sentenza autoapplicativa, una sentenza in cui, se il Parlamento non fa nulla, avremo presumibilmente un sistema proporzionale con le preferenze e con tutta una serie di norme autoapplicative e potremo andare a votare con questo tipo di sistema. A me sembra che questo sistema proporzionale quasi puro, con pochi correttivi, non sia una delle proposte messe in campo o su cui le forze politiche ragionano in relazione alla modifica del Porcellum. Di qui l'importanza di fare presto.
  Svolgo una considerazione su questo profilo che è già stata in parte anticipata. È vero, la lezione italiana e in generale gli studi approfonditi sui temi ci dimostrano che non sarebbe giusta né auspicabile l'adozione di un sistema di un altro Paese trapiantandolo così com’è nel nostro. Pertanto, in Italia abbiamo optato, fin dall'esito referendario del 1993, per un sistema che non era puro, ma misto, peraltro facendo ricavare tale esito come obbligato dal referendum. Questo non è assolutamente vero, ma è avvenuto proprio perché i partiti pensavano, con quel sistema misto, di conservare meglio se stessi e di avere esiti migliori per se stessi. Noi abbiamo adottato sistemi misti che hanno, è vero, la qualità di adattarsi meglio alla situazione, ma che, a mio avviso, sono anche sistemi nei quali conta moltissimo il risultato contingente che i partiti che stanno facendo la riforma elettorale pensano di ottenere. Probabilmente, alla lunga, si sviluppano male, o meno bene, caratteristiche, invece, virtuose dei sistemi adottati.
  È chiarissima l'adozione del Mattarellum. Nel Mattarellum la correzione proporzionale voluta da alcuni partiti per salvare se stessi, aggravata dallo scorporo, Pag. 20ha portato alla lunga, o comunque dopo una serie di elezioni, non a un esito di semplificazione del numero dei partiti, ma esattamente al contrario. Il nostro bipolarismo, che ha comportato un maggior numero di partiti dopo il 1993, è dovuto anche a una scelta di questo tipo.
  Attenzione, quindi, alle mescolanze. Io credo che sia necessario, proprio per l'eccezionalità del momento, prendere una decisione che tenga conto anche della contingenza, ma non solo della contingenza e di un proprio vantaggio immediato, perché si è visto che questo non è mai andato a buon fine.
  Svolgo ora alcune considerazioni sulla decisione della Corte costituzionale. Tale decisione, in realtà, non mi ha sorpreso, né nel merito, né – e in questo dissento dalle analisi di molti costituzionalisti, anzi della maggior parte – dal punto di vista dell'ammissibilità.
  Il merito era stato già preannunciato. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 13 del 2012, dichiarando inammissibile il referendum sulla reviviscenza del Mattarellum, esprime, con una decisione chiarissima l'esigenza di considerare aspetti problematici di una legislazione che non subordina l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti. La Corte lo dice: questo è un aspetto problematico ed ergo incostituzionale.
  Quanto al filtro dell'ammissibilità, alla luce delle mie nozioni di processo costituzionale e anche di una serie di precedenti, quella decisione si poteva ritenere ammissibile. Non è vero che non ci fosse un giudizio a quo. Il giudizio a quo c'era. C'era stata un'ordinanza della Corte di cassazione ben motivata sul punto. Peraltro, tutte le volte in cui la Corte costituzionale ha dovuto decidere su questioni importanti non ha mai fatto le pulci al giudice a quo, se ha sollevato una questione importante.
  Io ho sempre sostenuto che, secondo me, la questione sarebbe stata ammessa, anche se mi rendo conto che la maggior parte dei costituzionalisti non la pensava così. Forse si è anche sottovalutato il fatto che la Corte sarebbe entrata nel merito di decidere una questione tanto importante e si è perso ulteriore tempo.
  Per quanto riguarda il nucleo della decisione, noi aspettiamo le motivazioni, che potrebbero anche smentire questa posizione. Tuttavia, quello che si ricava dalla motivazione riguarda, e in questo concordo in gran parte con l'analisi del professor Clementi, il fatto che la Corte abbia dichiarato l'incostituzionalità in relazione al valore, cioè al peso del voto dell'elettore. Mi sembra che la Corte voglia, e vedremo se lo farà fino in fondo nelle motivazioni, ridare una centralità al voto dell'elettore, che era poi la centralità per cui tutti noi abbiamo votato il referendum del 1993. Volevamo, infatti, che l'elettore potesse decidere sia sui parlamentari, sia sull'eventuale Presidente del Consiglio, o comunque sul Governo e sul tipo di maggioranza.
  La Corte dichiara l'incostituzionalità. Sembra comunque che ci sia in ballo il principio di uguaglianza del voto. Anche su questo io concordo. Non credo che qualsiasi premio o qualsiasi distorsione possano essere ritenuti incostituzionali. Mi riferisco solo alla distorsione al limite dell'irragionevolezza, ossia a una fortissima distorsione, esattamente come è nel Porcellum.
  Ancora, la Corte ritiene molto importante che l'elettore sia libero almeno di conoscere il parlamentare che andrà a rappresentarlo. Da questo deriva l'incostituzionalità della lista bloccata, perché è una lista molto lunga, che non consente all'elettore di avere questo tipo di conoscenza.
  Ci sono già alcuni vincoli ricavabili, ma ci sono anche alcune grandi aree di incertezza che si riverberano sulle proposte e su quello che poi il Parlamento potrà fare. Sicuramente noi possiamo affermare che sarà incostituzionale e che non potrà essere riprodotta una legge elettorale con un premio irragionevole.
  Dobbiamo chiederci se la Corte costituzionale traccerà nella sua decisione il confine del premio. Pertanto, qualsiasi «premio» o distorsione che, anche se non Pag. 21si chiama premio, è un effetto distorsivo forte, sarà incostituzionale ? Secondo me no, ma su questo c’è un altro elemento che vorrei introdurre nella nostra discussione e che esporrò più avanti.
  Come secondo punto, la Corte costituzionale ritiene che sia incostituzionale la lista bloccata lunga, ma ci dirà che sarà necessaria sempre e comunque la preferenza, oppure che saranno ammesse liste bloccate più corte in cui noi conosciamo il nome del parlamentare ? Da questa sentenza della nostra Corte uscirà una possibile incostituzionalità della proposta del sistema spagnolo, così come governata, oppure no ?
  Io volevo introdurre nella nostra discussione un altro elemento. A mio avviso, la Corte costituzionale lascerà comunque uno spazio discrezionale al Parlamento, spazio che non comporterà un «no» a qualsiasi premio, un «sì» sicuramente alla preferenza e un «no» a qualsiasi lista bloccata.
  Sorprendentemente – devo dire, per la verità, che io pensavo che questo potesse essere uno dei motivi – non sappiamo se nella motivazione ne verrà dato conto, ma esiste una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che è stata un po’ sottovalutata nel dibattito nel 2012. In tale sentenza la Corte europea salva il nostro Porcellum sulla base di un ragionamento del giudice europeo nei confronti della legge elettorale nazionale. Sostanzialmente, si riconosce che un'ampia discrezionalità sul premio esiste anche in altri Paesi europei e che liste bloccate ci sono praticamente in quasi tutta Europa.
  Esiste, dunque, un principio europeo che è più orientato verso la libertà del legislatore. La Corte costituzionale ci dice, a questo punto a maggior ragione, che una libertà c’è, ma nel vincolo della ragionevolezza. Questo è un punto, secondo me, ulteriore. Credo che una piena legittimazione del Parlamento di intervenire in una gamma molto ampia di situazioni debba far corpo anche con i princìpi europei che la Corte costituzionale non ha ritenuto direttamente applicabili per giudicare questo caso dall'interno, ma di cui sicuramente dovrebbe tenere conto ai fini della valutazione di un'altra legge elettorale.
  Cercherò di essere molto sintetica. Alla luce di queste considerazioni io credo – questa è una mia idea; da questo punto di vista moltissime cose sono già state dette e io mi rimetto ad approfondire questo aspetto nel testo scritto su considerazioni di carattere generale – che un sistema che assicuri libertà di voto e governabilità si ha nel sistema a doppio turno sul modello della legge elettorale per i sindaci.
  L'aspetto del sistema proporzionale e anche dei limiti di un'eventuale scelta in un primo turno a sistema proporzionale potrebbe essere corretto da una serie di opzioni diverse, come il fatto di adottare un sistema proporzionale alla tedesca e di verificare l'entità del premio o meno. Io credo che questo sia il sistema che più di altri ci assicura di essere conforme al quadro che emerge dalla giurisprudenza costituzionale, ma soprattutto che consente una maggiore governabilità, rispettando anche l'assetto concreto delle forze politiche attuali.
  Si pone, però, il problema del bicameralismo. È evidente che questo sistema a doppio turno, calato in un contesto di due Camere con un elettorato attivo e passivo diversi, potrebbe portare allo stesso effetto del Porcellum, cioè all'impossibilità di avere una maggioranza stabile. Da questo punto di vista si arriverà in questa legislatura – potrebbe anche darsi – a riformare addirittura la seconda Camera o comunque a effettuare una minima riforma sull'elettorato per evitare questo tipo di differenza e di effetti. Ciò si può tranquillamente fare, nel momento in cui si adottasse un sistema di questo tipo.
  Anche a me non dispiacerebbe l'idea di un ritorno al Mattarellum, sia pure corretto, per tutti i motivi che sono già stati citati. In fondo il Mattarellum è il sistema che esce da un nostro voto ed è stato, a mio avviso, irragionevolmente e incostituzionalmente poi travolto o schiacciato dalla scelta del Porcellum.
  Infine, svolgo qualche considerazione brevissima sul sistema spagnolo. Tale sistema mi preoccupa, perché potrebbe portare Pag. 22a un eccessivo frazionamento, in una realtà come la nostra. C’è il rischio che la Corte dica qualcosa sulle liste bloccate, anche se questo rischio è, secondo me, remoto. Io non credo che una lista bloccata secondo il sistema spagnolo sia a rischio di incostituzionalità alla luce della sentenza della Corte e anche del quadro di libertà europeo. Indubbiamente rispetto a questo sistema dobbiamo anche pensare che potrebbe rappresentare una soluzione più lunga, perché dovrebbe comportare la rivisitazione e il rifacimento dei collegi. Questa scelta potrebbe, quindi, comportare tempi più lunghi.
  Mi rimetto al testo scritto consegnato alla Presidenza, in cui svolgo un ragionamento sulla necessità che la legge elettorale contenga norme antidiscriminatorie sulla base della giurisprudenza costituzionale e di una serie di vincoli costituzionali europei. Io ho svolto un'analisi dettagliata di tutti i progetti di legge molto ricchi che già esistono, che voi avete al vostro interno e che avete elaborato in questi anni. Li ho citati tutti. Abbiamo già tutte le norme antidiscriminatorie che servono.
  Nel caso dei sistemi proporzionali vediamo che ci sono norme molto interessanti che riguardano sia la doppia preferenza di genere, sia la necessità che, al di là della doppia preferenza di genere, ci siano liste composte in modo equilibrato o alternato al 50 per cento, oppure con una quota di lista.
  Per quanto riguarda, invece, i sistemi di tipo maggioritario, in particolare nel sistema misto della proposta di legge Bersani n. 358 ci sono norme molto forti a favore dell'equilibrio di genere. È imposta una proporzione generali nei collegi uninominali. Sarebbe fondamentale quello che ha fatto in Inghilterra Blair nel 1997 e con cui ha vinto anche le elezioni, la cosiddetta short list nel caso dei sistemi uninominali. È previsto anche un recupero proporzionale con l'alternanza obbligatoria, forse di dubbia costituzionalità. L'unica incognita che rimane è infatti che la Corte, secondo me, non ha ancora sciolto il dubbio se una quota direttamente attributiva del risultato sia effettivamente costituzionale o no. Questo è un vincolo da sciogliere che la Corte potrebbe anche sciogliere in una decisione successiva.
  In più nel caso dei collegi uninominali ci sono due proposte della dottrina. Si parla di un collegio uninominale con la coppia aperta, in cui ogni partito abbia sia un uomo, sia una donna. All'interno verrebbero espresse delle preferenze e vincerebbe chi ne ha di più. Questo innescherebbe una competizione, secondo alcuni virtuosa, secondo altri, invece, deleteria, all'interno del partito fra l'uomo e la donna.
  L'alternativa è quella dei collegi binominali, con un collegio uninominale in cui non vince uno solo, ma il ticket, donna e uomo, di un partito. Questo innescherebbe un meccanismo diverso. Ci sono due soggetti che vincono il collegio, ma che marcerebbero in modo più affiatato.
  Ho concluso e vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Ringrazio la professoressa D'Amico per il suo contributo molto pragmatico e chiaro, certamente utile per il dibattito.
  Do la parola alla professoressa Ida Nicotra, professore ordinario di diritto costituzionale presso la Facoltà di giurisprudenza dell'Università degli Studi di Catania.

  IDA NICOTRA, Professore ordinario di diritto costituzionale. Grazie, presidente. Ringrazio la Commissione affari costituzionali per l'invito che mi è stato rivolto all'audizione odierna sul tema della legge elettorale.
  Io comincerei con le parole di un grande giurista, Calamandrei, il quale, con riferimento al processo, affermava che nel processo bisogna conciliare le ragioni del far presto con il far bene. Io penso che anche in Parlamento bisogna utilizzare questa saggia indicazione di Calamandrei e, quindi, certamente far presto, ma anche e forse soprattutto far bene. D'altra parte, la Corte costituzionale è stata chiamata a intervenire solo perché dal 2005 esiste il cosiddetto Porcellum e il Parlamento non è mai riuscito a superare questa orribile legge.Pag. 23
  Io vorrei iniziare sottolineando l'importanza del metodo attraverso il quale giungere a una nuova legge elettorale. La legge elettorale, come diceva Sturzo, è la più importante dopo la Costituzione. Proprio per queste ragioni essa è tenuta a soddisfare talune condizioni attorno alle quali va certamente ricercato il consenso di tutte le forze politiche disponibili.
  Io ho avuto modo in un'altra occasione di ribadire quanto sia importante che la legge elettorale addirittura superi lo schema attuale e venga votata attraverso una maggioranza più alta. In altri ordinamenti, come in quello spagnolo, la legge elettorale è situata nella Costituzione all'interno delle cosiddette leggi organiche che vanno approvate con una maggioranza qualificata, proprio perché la legge elettorale è fatta per durare il più a lungo possibile. Basta guardare le esperienze europee vicino alla nostra per rendersi conto che la legislazione elettorale viene modificata in alcune parti, ma molto di rado, cosa che, invece, in Italia è accaduta spesso e che soprattutto non ha portato ai risultati sperati.
  Quali sono gli obiettivi da raggiungere ? Sarò molto sintetica, per non ritornare su argomenti che sono stati già trattati da chi mi ha preceduto. Uno è certamente la governabilità. Io non dimenticherei, però, l'ampia rappresentatività e il diritto dei cittadini a essere protagonisti della vita politica del nostro Paese, diritto che è mancato negli ultimi anni. Il fattore di antipolitica tanto forte nel nostro Paese, a mio avviso, dipende in buona parte dalla sciagurata legge che la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale.
  Per avere un'idea di come si dovrà intervenire nella modifica della nuova legge elettorale bisogna fare un passo indietro per verificare fra i sistemi elettorali di tipo maggioritario e quelli di tipo proporzionale quali sono state in effetti le loro performance.
  Procedendo rapidamente, è vero che nella Prima Repubblica il sistema proporzionale aveva ingenerato un caos a livello di forze politiche e che le forze politiche più piccole facevano ostruzionismo alla formazione di Governi stabili ed efficienti. È anche vero, però, che nel 1993, quando vi è stata una svolta di tipo maggioritario che ha certamente portato a un'alternanza tra maggioranza e opposizione, ad un assestamento del sistema di tipo bipolare, e all'elezione si può dire quasi diretta del premier, questi sono stati vantaggi. Dall'altra parte, è stato già ricordato che si è assistito a una proliferazione dei partiti più piccoli. Il sistema elettorale del Mattarellum nel 1994 prima e nel 1996 poi non ha portato all'obiettivo della governabilità.
  Non è neppure vero, a mio modo di vedere, che il sistema si andava assestando, perché l'ultima performance della legge Mattarella nel 2001, che pure ha visto la netta vittoria di uno dei due schieramenti rispetto all'altro, ha comportato una difficoltà nel governare il Paese. C'erano le forze più piccole, lo sappiamo tutti, che hanno creato un ostruzionismo forte alla possibilità che quel Governo raggiungesse il suo programma, la sua agenda politica.
  Alla luce del Porcellum e di questi ultimi anni di vita repubblicana tutti abbiamo rimpianto la legge Mattarella. Evidentemente nel paragone con una legge elettorale che aveva al suo interno effetti di sproporzionalità molto forti e distorsivi, con il premio di maggioranza di cui abbiamo parlato, senza soglia minima e due maggioranze diverse in Camera e Senato, che di fatto rendono impossibile la governabilità, nonché le liste bloccate, quel sistema era di gran lunga, dal punto di vista della tenuta costituzionale, ma anche della governabilità, migliore.
  Probabilmente il sistema Mattarella non ha funzionato perché non era un sistema maggioritario puro. C'era la famosa quota del 25 per cento con lo scorporo che ha reso le coalizioni molto litigiose al loro interno, a volte addirittura drammaticamente litigiose.
  In ogni caso, io ritengo, proprio alla luce di questi vent'anni di vita repubblicana che hanno visto sistemi elettorali che non hanno poi raggiunto l'obiettivo della governabilità e dell'efficienza dell'Esecutivo, Pag. 24che sia assolutamente illusorio ritenere che i sistemi di voto debbano essere strumentali solo alla vittoria elettorale, se non consentono una seria azione di governo a chi vince le elezioni. È come dire, per usare una metafora calcistica, che si vince il derby, cioè la sfida elettorale, ma si perde lo scudetto, perché non si riesce a governare. Questo mi sembra un aspetto molto importante da tenere in considerazione.
  Tutto ciò è avvenuto perché probabilmente la legge elettorale a monte – dico questo a prescindere dal tipo di legge elettorale che si adotti – ha bisogno di un terreno fertile per produrre i suoi effetti. Terreno rappresentato dalla modifica dell'architettura istituzionale. Per questo motivo ritengo che sia un'occasione, l'ennesima da non sprecare, quella di abbinare la legge elettorale, ossia la riscrittura della legge elettorale, alla riforma delle istituzioni, almeno per quanto riguarda il sistema bicamerale. Soltanto rendendo il sistema bicamerale differenziato con la Camera dei deputati che dà la fiducia al Governo e il Senato sganciato da questa logica è possibile probabilmente che il sistema elettorale risponda alle aspettative che sono alla base della costruzione di un nuovo sistema di voto.
  D'altra parte, le esperienze vicine a noi, ma anche quelle lontane, ci indicano che il sistema bicamerale italiano in questa formula del bicameralismo perfetto è quasi un unicum al mondo. Certamente questo modello deve essere superato.
  L'intervento toccherebbe anche modifiche della Costituzione, come il fatto che il Presidente della Repubblica nomina il primo ministro sulla base solo delle elezioni della Camera dei deputati e non del Senato. Si potrebbe concedere al primo ministro, qualunque sia la legge elettorale che si va a scegliere, la possibilità di chiedere, in caso di crisi, uno scioglimento anticipato della Camera dei deputati, tranne che vi sia una mozione di sfiducia costruttiva votata a maggioranza assoluta.
  L'altro elemento fondamentale è parificare la Camera e il Senato dal punto di vista dell'elettorato attivo e, quindi, conferire ai diciottenni il diritto di votare anche per il Senato.
  Andando ad esaminare le diverse proposte, innanzitutto, quando si parla di premio, bisogna sempre attendere le motivazioni della sentenza della Corte costituzionale. Dobbiamo capire quale è la soglia minima di consenso che le forze politiche devono ottenere per vedersi attribuire il premio di maggioranza.
  Certamente occorre, perché la governabilità sia favorita, individuare una soglia simile a quella presente, per esempio, nell'ordinamento tedesco, del 5 per cento, per evitare un'eccessiva frammentazione politica e, quindi, l'impossibilità di giungere a percorsi virtuosi. Occorre, cioè, disincentivare la formazione di microformazioni politiche.
  D'altra parte, occorre stabilire che vi sia una maggioranza garantita a favore del candidato presidente che ha raccolto più voti attraverso un premio collegato alla soglia minima di consenso ottenuto che dovremo stabilire anche sulla base delle motivazioni della Corte costituzionale.
  Quello dell'equilibrio di genere non è un problema, perché ormai le sentenze della Corte costituzionale, ma anche la modifica della Carta costituzionale, rendono il principio della democrazia di genere un principio fondamentale. Si potrebbe seguire, oltre a quanto abbiamo già sentito, anche l'idea di individuare una doppia preferenza di genere simile a quella prevista, per esempio, nella legge regionale per la Campania: la seconda preferenza è valida solo se va a un candidato di genere diverso rispetto al primo, sempre che si opti per il regime delle preferenze.
  Andando ai sistemi, ho già parlato in parte del Mattarellum. Se le forze politiche dovessero optare per un ritorno al Mattarellum, la mia idea è che dovrebbe essere utilizzato eliminando la quota del proporzionale e lo scorporo. Si dovrebbe, quindi, fare un maggioritario di tipo puro, perché è l'unico sistema che può garantire un bipolarismo e anche l'omogeneità all'interno di ciascuna delle coalizioni, situazione Pag. 25che non è stata presente nel Mattarellum, che è stato adottato in Italia.
  C’è poi la questione legata al quadro politico attuale che è molto cambiato rispetto al passato. L'assestamento bipolare che aveva consentito l'alternanza oggi non c’è più. C’è un assestamento sostanzialmente tripolare. Tale sistema potrebbe non garantire la vittoria netta a una delle coalizioni.
  Questo è, secondo me, il quadro mutato anche rispetto alle mie preferenze passate sulla legge Mattarella, perché ritenevo che fosse sicuramente meglio del Porcellum, ma forse non ci voleva tanto.
  Con riferimento al sistema spagnolo anch'io nutro alcune perplessità. È vero che favorisce i partiti locali e che ha una forte connotazione di tipo identitario, ma anche in questo caso potrebbe essere un sistema che non garantisce un risultato certo alle elezioni. Al di là dello slogan che ha avuto molto seguito in queste ore, cioè che la legge elettorale deve, già la sera delle elezioni, indicare un vincitore, a mio avviso, la legge elettorale deve indicare un vincitore, ma che possa governare. Se indica un vincitore che poi non riesce a governare, l'obiettivo sarà ulteriormente e miseramente fallito.
  Passiamo al sistema previsto per il modello mutuato dall'elezione diretta del sindaco. Questo sistema potrebbe assicurare una maggioranza certa perché si basa su un meccanismo, che in Italia conosciamo, quantomeno a livello delle elezioni amministrative. L'abbiamo sperimentato da tempo, dal 1991, per le elezioni del sindaco e del presidente della provincia. Esso potrebbe assicurare una maggioranza certa perché è basato sul doppio turno di coalizione.
  Il doppio turno di coalizione, a mio modo di vedere, presenta pregi e difetti. Ha il pregio di unificare tutte le componenti del partito o della coalizione e anche di legittimare fortemente il Presidente del Consiglio dei ministri. Tuttavia, ha anche dei difetti. Il difetto principale potrebbe essere quello per cui tra primo e secondo turno si creano delle maggioranze, cioè delle coalizioni raccogliticce che servono a vincere la sfida elettorale, ma che poi sono assolutamente inadatte per governare.
  Anche in questo caso chiaramente è difficile trovare il sistema buono per tutte le stagioni o per tutti gli ordinamenti. Certamente è un sistema che non è stato sperimentato a livello di elezioni politiche e che potrebbe rappresentare un metodo di voto in grado di realizzare gli obiettivi che la legge letterale deve perseguire.
  L'ultima questione riguarda il diritto dei cittadini di scegliere i parlamentari. Su questo punto attendiamo le motivazioni della sentenza della Corte costituzionale. Io mi sento di esprimere un grande disfavore nei confronti del sistema delle preferenze, disfavore che riguarda il fatto che il sistema delle preferenze, a mio modo di vedere, più degli altri sistemi, come è stato detto, aumenta i costi della politica. Peggio ancora, esso si piega a una logica clientelare che rimette nelle mani dei potentati locali, se non addirittura a volte della malavita organizzata, il controllo dei voti, espropria i partiti del loro compito, ossia della loro responsabilità di selezionare i candidati e, inoltre, aggiunge alla competizione fra coalizioni e partiti del medesimo schieramento quella fra candidati dello stesso partito. I costi e le energie necessari per una campagna elettorale si moltiplicano.
  Tuttavia, l'aspetto che, a mio modo di vedere, è il più grave è che il sistema delle preferenze costituisce un vulnus rispetto al principio di uguaglianza sostanziale contenuto nell'articolo 3, secondo comma, della Costituzione italiana. Solo chi dispone di risorse economiche adeguate può, infatti, decidere di ripresentare la propria candidatura, lasciando fuori dal diritto di partecipazione politica attiva i ceti economicamente più deboli della popolazione. Se c’è un aspetto che certamente mi fa ritenere il sistema delle preferenze il meno adatto a risolvere la questione della selezione dei parlamentari è proprio questa violazione del principio di uguaglianza sostanziale.
  Anche da questo punto di vista io ritengo che il sistema consigliabile al fine di garantire un giusto rapporto tra eletti Pag. 26ed elettori rimanga quello basato sui collegi uninominali, in cui si ha una chiara identificabilità dei candidati che garantisce la libertà di scelta dell'elettore. Nello stesso tempo, col sistema maggioritario, col collegio uninominale, resta affidata ai partiti la responsabilità di indicare i candidati, meglio, in questo caso, se con un sistema di elezioni primarie.
  Nel caso in cui si decidesse di adottare il collegio uninominale resta ferma comunque la necessità che la legge preveda un chiaro divieto di catapultare dall'alto i candidati nei diversi territori. Va valutato, e di questo io sono profondamente convinta, il diritto delle collettività locali di scegliere un candidato che effettivamente le rappresenti. Lo dico perché nelle zone più periferiche del nostro Paese è accaduto sovente con il sistema della legge Mattarella che gli abitanti, gli elettori, i cittadini si siano trovati nei loro collegi persone che non avevano mai visto, che non conoscevano, che provenivano da altri territori. Mi sembrerebbe un vulnus fortissimo privare i territori e le collettività locali della possibilità di scegliere un candidato che effettivamente li rappresenti.
  Un altro aspetto riguarda la legge elettorale per il Senato. Se si opta, come si dovrebbe certamente fare, per la differenziazione delle due Camere, in modo che solo la Camera dei deputati dia la fiducia al Governo, il sistema elettorale del Senato potrebbe rispondere anche ad alcuni presupposti in parte diversi. Si potrebbe prevedere che diventi una Camera di rappresentanza territoriale. In questo caso si potrebbe adottare un sistema proporzionale con soglia di sbarramento non eccessivamente alta per dare la possibilità ai partiti identitari, ai partiti dei territori, di essere rappresentati nelle Camere dei territori.
  Presidente, la ringrazio. Spero di essere stata utile con il mio contributo e chiudo.

  PRESIDENTE. Grazie. È stata non utile, ma di più. Ringraziamo la professoressa Nicotra per l'appassionata relazione.
  Prima di dare la parola ai colleghi che intendono porre questioni o formulare quesiti agli esperti intervenuti, sospendo brevemente la seduta.

  (La seduta sospesa alle ore 18 riprende alle ore 18.15)

  PRESIDENTE. Riprendiamo la nostra seduta. Considerato che la professoressa D'Amico è impossibilitata a rimanere sino alla fine dell'audizione, inizierei il nostro dibattito dalle domande poste alla professoressa D'Amico alla quale darò subito la facoltà di rispondere.
  Hanno chiesto di intervenire i colleghi Dorina Bianchi e Riccardo Nuti.

  DORINA BIANCHI. Grazie. La domanda che vorrei porre alla professoressa D'Amico riguarda i premi, il sistema spagnolo e soprattutto il Mattarellum.
  Nel sistema spagnolo le piccole circoscrizioni con quattro o cinque seggi ciascuna e senza recupero dei resti producono uno sbarramento di fatto molto alto, dal 10 al 15 per cento circa, con un'implicita sovrarappresentazione rispetto ai voti che un partito ha preso realmente. Se a questa «sovraesposizione» noi aggiungiamo un premio esplicito del 15 per cento dei seggi, bisogna capire se non incorriamo in un premio eccessivo, come quello per cui il Porcellum è stato bocciato. Non c’è dubbio che, se con il 25 per cento dei voti noi otteniamo un 35 per cento dei seggi, più un altro 15 per cento, tutto questo sia uguale ad avere il 55 per cento dei seggi con il 25 per cento dei voti. Questa è una prima domanda.
  Pongo la stessa domanda per il Mattarellum. Anche il collegio uninominale sovrarappresenta rispetto ai voti. In più anche nel Mattarellum come rivisitato pare che si preveda un 15 per cento di premio di maggioranza. Volevo capire se, alla luce di questi numeri, non ci sia anche un «timore» di incostituzionalità per quanto riguarda il sistema spagnolo e il Mattarellum.

  RICCARDO NUTI. Poiché nel suo intervento la professoressa D'Amico ha affermato Pag. 27che il premio esiste in altri sistemi elettorali europei, volevo chiederle se poteva illustrarci in quali Paesi esiste, oltre alla Grecia.

  MARIA ELISA D'AMICO, Professore ordinario di diritto costituzionale. Per quanto riguarda la prima domanda, molto puntuale, il rischio esiste. Teniamo conto, però, che la decisione della Corte europea ci ha detto che i sistemi distorsivi esistono in tutta Europa e che in tutta Europa sono legittimi, anche alla luce delle norme europee. La Corte costituzionale ci ha indicato nel dispositivo – non conosciamo ancora le motivazioni – che è incostituzionale un'irragionevolezza di un premio di maggioranza senza una soglia.
  È chiaro che questo riguarda i sistemi in sé distorsivi e, quindi, questo pericolo nel Mattarellum non lo vedrei. Il Mattarellum è un sistema distorsivo come un qualsiasi sistema maggioritario, che è, di per sé, distorsivo, in cui si privilegia la distorsività in nome della governabilità e della semplificazione a scapito di un sistema proporzionale. In questo viene, invece, garantita la rappresentanza e, quindi, una minore distorsività, a scapito, però, di una minore semplificazione, salvo che ci siano sbarramenti.
  Bisognerà ragionare sull'aspetto della irragionevolezza della distorsione nel momento in cui si applica giustamente, come dice l'onorevole Dorina Bianchi, al sistema spagnolo il premio del 15 per cento. Quello potrebbe portare poi, in un sistema che è già distorsivo di per sé, a un eccessivo peso del premio e, allo stesso tempo, al Mattarellum con la correzione del premio.
  Questi due sono elementi che di per sé non ci dicono che in linea teorica il sistema è sicuramente incostituzionale. Non è sicuramente incostituzionale qualsiasi distorsione, anzi, le distorsioni ci sono. A mio avviso, la Corte costituzionale, alla luce anche della giurisprudenza europea, non può davvero fare un discorso di una soglia bassissima di distorsività, anche perché sarebbe veramente controproducente rispetto a quello che i cittadini hanno espresso con il referendum del 1993.
  Vero è che queste combinazioni andranno analizzate. Io spero davvero che in questo lavoro parlamentare ci sia la possibilità di ragionare concretamente nel momento in cui si facciano delle commistioni e di stare attenti, tenendo presente i contributi tecnici già a disposizione e la possibilità di documentarvi ulteriormente.
  Per quanto riguarda la situazione europea, è piuttosto complessa. Su premi distorsivi e sistemi con liste bloccate la Corte europea fa un discorso generale in cui bisognerebbe analizzare specificamente ogni aspetto. Mi riprometto di trasmettere alla Commissione una tabella con tutti gli aspetti.

  PRESIDENTE. Ringraziamo ancora la professoressa D'Amico per la sua presenza.
  Vorrei ricordare ai nostri ospiti che hanno la possibilità eventualmente di integrare il loro contributo, per coloro che hanno già mandato la relazione scritta. In tutti i casi, tutti potranno integrare il contributo anche rispondendo alle domande che saranno poste dai colleghi. Vi sarei grato se ci fornirete una risposta rapida, anche ai fini della vivacità del dibattito, rimanendo ferma la possibilità di rispondere per scritto.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DANILO TONINELLI. Ringrazio tutti gli auditi per i contributi che hanno fornito a questo dibattito.
  La mia domanda è composta da questioni riguardo alla governabilità e al voto di preferenza. Parto da un'affermazione della professoressa Nicotra. La professoressa affermava che vincere è semplice, governare è molto più complicato. L'ha espresso in parallelo con la volontà comune di tutte le forze politiche, eccezion fatta per il Movimento 5 Stelle, di creare e ottenere un sistema elettorale che garantisca la sera stessa delle elezioni un vincitore.Pag. 28
  Collegandomi a questa affermazione, vado alla domanda sulla governabilità. Io chiedo agli illustri docenti di spiegarci il concetto di governabilità, che noi intendiamo non in senso esclusivamente di governabilità dei numeri in Parlamento. Le tre proposte avanzate dal segretario del Partito Democratico portano tutte e tre a un sistema manipolativo del voto, che ha come obiettivo esclusivo quello di ottenere i numeri in Parlamento. Noi non riteniamo che questo garantisca una reale governabilità, perché i numeri in Parlamento, che non corrispondono a un consenso nella cittadinanza di per sé – lo dimostrano anche i fatti – non hanno garantito una reale governabilità del Paese.
  Chiedo ai docenti di esprimersi in merito alla governabilità dall'alto, ovvero alla governabilità che è garantita e discende dai premi di maggioranza e che noi affermiamo porti a un vero e proprio plebiscito per il capo politico, a una sorta di elezione diretta del primo ministro, e in merito a quella che, invece, noi affermiamo, ben più importante e più garantista di una reale governabilità del Paese, ossia una governabilità dal basso, fatta e garantita da un Parlamento rappresentativo e responsivo delle istanze dei cittadini. Mi riferisco a un Parlamento e a uno Stato nel quale i cittadini possano incidere sulle attività e sulle linee politiche assunte dagli eletti in Parlamento, con una sorta di sostanziale vincolo di mandato nei confronti degli eletti.
  Passo alla seconda domanda, che in questo caso pongo direttamente al professor Barbera. Riguarda il voto di preferenza sul modello svizzero, da lui richiamato, della proposta del Movimento 5 Stelle di cui sono il primo firmatario. Le volevo porre questo quesito. Noi conosciamo perfettamente le criticità che può presentare il voto di preferenza. Abbiamo pensato di utilizzare il modello svizzero proprio per annullarle, o quanto meno per limitarle fortemente. Il modello svizzero permette di cancellare, oltre che di preferire, perché, una volta votata la lista con il contrassegno, si può preferire all'interno della stessa lista un candidato, ma lo si può anche cancellare. Lei, professore, ha affermato che questo avrebbe comportato un rischio di cancellazione di quei candidati la cui potenza mediatica non fosse sufficiente, la cui non conoscibilità esterna fosse evidente. Noi riteniamo, invece, innanzitutto che i candidati che hanno una forte potenza mediatica o economica saranno anche quelli più votati e preferiti in questo sistema sul modello svizzero. Dall'altra parte, però, questo garantisce un elettorato sano, perché parliamo anche di candidati che sono frutto di clientele o di manipolazioni mafiose o criminali. Di conseguenza, riteniamo che, accanto ai voti comprati e ai voti di scambio, ci siano i voti di un elettorato sano che va a cancellare all'interno della lista tali candidati. Volevamo porre questo aspetto.
  Rivolgo poi una domanda al professor Clementi. Il professore ha affermato che il premio deve essere delimitato. La Corte costituzionale, professore, ha affermato che il premio deve essere delimitato. Io le chiedo un parere, ossia se intende superato questo limite nel doppio turno.

  PRESIDENTE. Trattandosi della prima domanda posta sono stato un po’ clemente, ma pregherei i componenti della Commissione di essere molto sintetici per consentire a tutti di rivolgere le loro domande. La mia proposta è che si facciano prima tutte le domande e che poi seguano le risposte, come i nostri esperti riterranno di potersele dividere. Pregherei, quindi, i nostri ospiti di annotare attentamente le domande al fine di fornire una risposta a tutti i quesiti che i commissari rivolgeranno.
  Ha chiesto di intervenire l'onorevole Bressa.

  GIANCLAUDIO BRESSA. Ringrazio i professori che sono intervenuti questo pomeriggio. Io pongo una domanda molto secca e la rivolgo a tutti, appellandomi al massimo di sincerità a cui aveva fatto ricorso, all'inizio del suo intervento, il professor Barbera.
  Io credo che noi dobbiamo rompere un equivoco. In tutti i vostri interventi il tema Pag. 29è stato affrontato, ma io vi chiedo di essere espliciti.
  Vi domando se siete disponibili a sottoscrivere una premessa a qualsiasi legge elettorale. Noi sappiamo che il Senato è così com’è per il frutto non di una casualità, ma di una discussione politica in Assemblea costituente. Siamo arrivati a questa forma di bicameralismo perfetto che il professor Mortati non solo in sede di Assemblea costituente, ma anche nella redazione del suo manuale diceva non essere un doppione, bensì un organo di integrazione dell'attività dell'altra Camera per ragioni di opportunità politica.
  Se noi non usciamo da questo schema, se non modifichiamo il sistema bicamerale paritario e andiamo verso un sistema monocamerale o bicamerale differenziato con una Camera federale, temo che non avremo una legge elettorale all'altezza delle domande che noi tutti ci siamo posti e rispetto alle quali voi avete lungamente argomentato. I problemi della stabilità, della rappresentanza e della governabilità rischiano di infrangersi tutti su questo scoglio.
  Voi siete disponibili a sottoscrivere quest'affermazione e a metterla come condizione perché ci sia una legge elettorale che soddisfi questo obiettivo ? È necessaria la riforma del bicameralismo ?

  PRESIDENTE. Forse la domanda posta dal collega Bressa dovremmo rivolgerla a noi stessi innanzitutto. Sono comunque d'accordo. La premessa è corretta.
  Do la parola all'onorevole Migliore.

  GENNARO MIGLIORE. Visto che ha rivolto la domanda a tutti, io vorrei dire al collega Bressa che per noi innanzitutto bisogna fare la legge elettorale bene e presto. Dopodiché, poiché siamo d'accordo sulla riforma del bicameralismo e sul fatto di andare nella direzione di un sistema monocamerale, non vogliamo tenere ostaggio la legge elettorale della riforma costituzionale.
  Lo dico nella maniera più semplice, lineare e precisa possibile. La migliore legge elettorale in questo momento è quella che si fa davanti ai cittadini e nel corso delle prossime settimane con la massima celerità, rispettando gli indirizzi che sono stati dati dalla Corte costituzionale, ma che verranno precisati successivamente.
  Pertanto, io insisto: noi chiediamo che, come giustamente si è deciso, venga stabilito un calendario serrato per anticipare la legge elettorale.

  PRESIDENTE. Siamo qui per fare le domande agli esperti.

  GENNARO MIGLIORE. Ci tenevo a lasciare questo a verbale.

  PRESIDENTE. Non è così. Scusi, collega Migliore. Non è questa la sede per lasciare a verbale affermazioni di carattere politico.

  GENNARO MIGLIORE. Spero che siano tutte affermazioni di carattere politico. È un problema di metodo.

  PRESIDENTE. No, essendoci la trasmissione sulla web-TV ed essendo tutto registrato, la tentazione di trasformare il dibattito in una sorta di simposio fra di noi esiste.

  GIANCLAUDIO BRESSA. Presidente, non vorrei che mi venissero attribuite frasi che non ho pronunciato.

  PRESIDENTE Condivido. Il metodo è tale per cui in sede di audizione si rivolgono le domande agli esperti, mentre assumeremo le nostre posizioni in altre sedi. La prego, onorevole Migliore, di rivolgere domande agli esperti.

  GENNARO MIGLIORE. Le domande sono più di una.
  La prima riguarda la questione relativa alla revisione delle circoscrizioni. Poiché ci sono opinioni difformi su questo punto, chiedo se sia effettivamente indispensabile rivederle sulla base dei nuovi dati del censimento. Su questo punto ci sono interpretazioni difformi: alcuni, come il sottoscritto, Pag. 30pensano che si possa anche mantenere l'attuale configurazione. Sono stato io uno di quelli – anzi il primo – che hanno presentato una proposta di legge che reintroduce la legge Mattarella.
  Per quanto riguarda la fattibilità, sempre relativamente alla modifica della legge Mattarella, del collegio binominale, mi chiedo se questo possa essere fatto per mantenere il rispetto dell'articolo 51 della Costituzione o comunque l'indirizzo che sappiamo non essere prescrittivo. Chiedo se questa potrebbe essere una strada. A me sembra una strada interessante, ma particolarmente difficile da perseguire.
  Sull'eventuale modifica della legge Mattarella chiedo, visto che si parla di un premio da attribuire con una soglia, se questa soglia possa essere fissata sulla base del numero dei mandati diretti che sono stati conseguiti o della percentuale di voti che sono stati raggiunti dalle singole liste. In particolare, in questo secondo caso, chiedo come si potrebbe realizzare questa condizione di soglia minima nel momento in cui si adottasse, cosa che, secondo me, sarebbe giusta, come dicevano il professor Barbera e anche altri degli esperti intervenuti, la modalità della legge Mattarella applicata al Senato.
  Infine, chiedo quanto, secondo la vostra proiezione, se avete fatto uno studio su questo tema, sia distorsivo lo scorporo. A mio giudizio, lo scorporo distorce molto, nel senso di riproporzionalizzazione. Secondo altri, invece, incide per pochi seggi. Poiché voi siete tecnici, vi chiedo che cosa ne pensate. Dal mio punto di vista la distorsione dello scorporo incide ben più del 2-3 per cento che si immagina in alcune simulazioni.

  MARCO MELONI. Io mi soffermo solo su un punto e cerco di rivolgere una domanda specifica e, se possibile, precisa. È un punto sul quale le riflessioni e le considerazioni che ho ascoltato mi inducono qualche preoccupazione. Mi riferisco alla scelta dell'elettore che abbiamo detto e sentito, e credo che tutti condividiamo, che debba essere rivolta all'indirizzo di governo e, quindi, alla maggiore possibile approssimazione nella scelta di una maggioranza di governo. Io, però, mi voglio riferire più precisamente alla scelta del parlamentare.
  Secondo me, noi sottovalutiamo un punto che io percepisco dal punto di vista politico. L'allarme che si è generato e la reazione dei cittadini nei confronti di un meccanismo che coartava l'individuazione del parlamentare erano rivolti non tanto all'impossibilità di identificare uno o pochi parlamentari da votare, ma anche al meccanismo con il quale essi venivano individuati.
  Io credo che non sia del tutto corretto – questa è la preoccupazione, su cui vi chiedo un'opinione specifica – immaginare che ai partiti spetti il compito di indicare agli elettori dei parlamentari sui quali essi hanno una scelta non modificabile. Ai partiti spetta di fornire agli elettori opzioni rispetto alle quali essi possano scegliere anche direttamente un parlamentare. Diversamente, in assenza di meccanismi che assicurino che i partiti siano realmente democratici al loro interno, si ricade nell'arbitrio di pochi che compongono le liste oppure che propongono singoli candidati con meccanismi uninominali.
  L'unico meccanismo possibile è quindi il voto di preferenza ? Io non credo, ma è questo il consiglio, l'opinione che chiedo. Se noi non risolviamo il tema per neutralizzare questa discussione, perché abbiamo un campo di opzioni aperto relativo a come i cittadini scelgono, o con una lista aperta con un voto di preferenza, o con un altro meccanismo, quello delle primarie, o comunque con meccanismi regolamentati dalla legge, nel momento in cui si affermano gli aspetti negativi del voto di preferenza, noi non rispondiamo a una fondamentale domanda: come si sceglie direttamente da parte dell'elettore il proprio rappresentante.
  Poiché io sento e leggo spesso questo argomento da parte vostra e di numerosi vostri colleghi, conosco tutti i ragionamenti sul condizionamento di piccole frazioni di elettori o di interessi rispetto alla scelta dei candidati. Attenzione, però: il Pag. 31voto di preferenza è un meccanismo che vige a tutti gli altri livelli, nei Consigli comunali e regionali in particolare. Io penso che, se è prevista una fattispecie di reato, essa sia prevista proprio per disciplinare il meccanismo di governo del rapporto tra candidati ed elettori. Non si può comunque immaginare un meccanismo in cui il reato è possibile per le altre elezioni, in cui si può incorrere molto frequentemente in quella fattispecie, mentre nelle elezioni politiche bisogna inventare un meccanismo molto diverso.
  Conclusivamente, vi chiedo come sia possibile immaginare, in assenza di uno Statuto dei partiti o di norme che per legge disciplinino l'organizzazione dei partiti e, dunque, la scelta dei candidati, meccanismi, che non siano solo il voto di preferenza, tali per cui, in un momento magari antecedente alla presentazione delle liste o dei candidati nel collegio uninominale, la legge che noi vorremmo approvare possa consentire ai cittadini di avere non l'impressione, ma effettivamente il potere di scegliere direttamente il proprio rappresentante.

  PRESIDENTE. A mio avviso si tratta di una domanda molto pertinente.
  Do la parola all'onorevole Mazziotti Di Celso.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Mi unisco al ringraziamento ai professori per tutte le informazioni e le analisi che ci hanno proposto. Sollevo una questione veloce e tecnica, perché credo che i temi generali siano stati posti tutti. La questione è stata comunque già toccata e riguarda il Senato.
  Tornando al tema posto dal collega Bressa, in questo momento la scelta pare essere quella di anticipare la modifica della legge elettorale rispetto alla modifica costituzionale. Come è possibile rendere compatibile il meccanismo di un premio di maggioranza sul Mattarellum che sia di primo o di secondo turno col meccanismo di elezione regionale del Senato ?
  Oltre all'analisi che ho sentito dal professor Barbera sul fatto che basi elettorali differenti possono determinare maggioranze diverse, mi domando se un premio di maggioranza calcolato a livello nazionale sul Senato possa effettivamente funzionare o se sia soggetto a vincoli legati alla disposizione costituzionale che prevede che l'elezione del Senato debba avvenire su base regionale. Chiedo, quindi, se questo non possa portare a una distorsione, anche unificando gli elettorati, per effetto della diversa allocazione dei voti sul territorio nelle regioni rispetto a quanto avviene per la Camera.

  MICHELE NICOLETTI. Desidero affermare in premessa che avrei qualche cautela nell'attribuire la colpa della corruzione al sistema delle preferenze. Noi siamo reduci da un utilizzo della legge elettorale presente che ha prodotto anche Camere in cui vi sono stati un determinato numero di indagati per fenomeni di questo genere, eppure non vi era un sistema di preferenze. Il professor Barbera, come il professor Nino Andreatta e altri illustri professori, facevano parte della Commissione Bozzi, come eletti alla Camera, dove vigeva un sistema di preferenze. Io penso che il problema sia come i partiti siano in grado di utilizzare questo strumento di selezione e di reclutamento della classe dirigente, senza nascondermi le problematicità che il sistema delle preferenze comporta. Su questo chiederei ai nostri esperti.
  Quanto alla seconda questione, che riguarda il sistema del cosiddetto doppio turno di lista o di coalizione, molte critiche si appuntano sul fatto che questo sistema potrebbe produrre maggioranze difformi alla Camera e al Senato. Questo è certamente un argomento serio. A mio modo di vedere, però, è un argomento che dovrebbe rafforzare questa strada e portarci ad accompagnarla alla riforma del bicameralismo, come è già stato detto dal collega Bressa.
  Tuttavia, analizzando i dati elettorali – lo chiedo in particolare al professor Clementi – degli ultimi vent'anni e disponendoli sull'asse centrodestra-centrosinistra, io ho l'impressione che la serie Pag. 32dei voti ci produca la stessa differenza tra centrodestra e centrosinistra sia alla Camera, sia al Senato. Quella del 2006, a mio modo di vedere, non è un'eccezione, perché Prodi ebbe la maggioranza alla Camera grazie a una lista nel Nord-Est che era una lista di centrodestra e che impedì al centrodestra di avere anche alla Camera la maggioranza.
  La mia previsione è che, in realtà, un sistema di questo genere, tanto più con un ballottaggio, bipolarizzi fortemente. Se poi si desse il caso in cui non riuscissimo a modificare il Senato e dovessimo proprio avere un elettorato bipolare, non nel senso politico, ma nel senso psicologico del termine, penso che quello sarebbe il caso di eccezione in cui ci troveremmo a riprodurre, come stiamo facendo, un Governo delle larghe intese.

  PRESIDENTE. Non essendoci altri colleghi che chiedono di intervenire, vorrei rivolgere io, se mi consentite, qualche domanda ai nostri ospiti. Ci sono due profili che mi interessano.
  Il primo riprende quello che è stato detto in tema di preferenze. Vivendo al Sud, io so bene che le preferenze comportano dalle parti nostre dei costi. Sono d'accordo con la professoressa Nicotra sullo squilibrio che si può creare fra chi ha il potere economico di potersi pagare un'elezione a preferenze e chi, invece, non ce l'ha e che di fatto questa è già una discriminazione. A parte le critiche – ripeto, magari chi è di una zona al di sotto di Roma capisce bene dove vanno a parare le preferenze e che gruppi possono favorire – volevo chiedere sia al professor Barbera, sia alla professoressa Nicotra in merito a questa critica alle preferenze: e quindi ? Qual è la proposta che voi formulate in linea con il dispositivo della Corte costituzionale ? Qual è l'alternativa che voi ritenete costituzionalmente conforme a ciò che la Consulta ha detto sul cosiddetto Porcellum e su questo disagio plurimo, per motivi diversi, in merito al tema delle preferenze ?
  Condivido anche l'intervento del collega Marco Meloni sul fatto che non è tanto il sistema elettorale, quanto la selezione dei candidati che deve essere fatta. Se tu mi fai il collegio e mi metti dentro A e B, A e B non sono scelti certamente dall'elettore. Questo è un problema che rimane e che, secondo me, va chiarito e metabolizzato.
  Il secondo corno del quesito che intendo porre mi sta a cuore quanto sta a cuore sia a Gianclaudio Bressa, sia a Gennaro Migliore. Il quesito è strettamente connesso ai tempi della legge elettorale. Voi sapete che c’è stata una proposta da parte del segretario del Partito Democratico, il quale ha individuato una domanda da rivolgere a tutti i partiti e a cui fornire una risposta.
  Vi chiedo, con riferimento a queste tre proposte e a come sono state formulate, quali di tali tre proposte abbia bisogno di un intervento sulla Carta costituzionale per poter essere licenziata, quale è di immediata applicabilità e quale, invece, per essere applicata ha bisogno di un intervento a lungo termine. Questa è una domanda che io rivolgerò a tutti gli esperti, perché, secondo me, i tempi della riforma elettorale dipendono anche dalla relativa risposta.
  Io ritengo che ci sia stata una messa in mora pesante non da parte della politica, ma da parte della Corte costituzionale sulla nuova legge elettorale, per cui la nostra risposta oggi è fortemente condizionata da un comando superiore addirittura a quello della politica. Per questo motivo c’è una diversità fra la situazione del Senato e quella della Camera.
  Noi abbiamo un pesante segnale di dover fare presto, sono d'accordo, e anche bene, nell'accezione che è stata ritenuta giusta in gran parte da tutti gli esperti. Tuttavia, non posso negare che sapere che cosa sia necessario per uno dei modelli proposti, se è necessario un intervento sulla Carta costituzionale, potrebbe condizionare eventualmente la scelta di un modello, vista la situazione di grave ritardo costituzionale in cui siamo.
  Nell'ordine, chiedo agli esperti di rispondere alle domande poste dai colleghi o partendo da quelle poste dal collega Pag. 33Toninelli, oppure nel modo in cui ritenete di dividervele. Io vorrei, se fosse possibile, chiudere questo dibattito entro le 19.30. Sono a disposizione, dunque, quarantacinque minuti per le vostre repliche. Nel ringraziare, infatti, gli esperti intervenuti per gli apporti che hanno fornito, desidero ancora sottolineare come questa sia la parte dell'audizione di maggior interesse per la Commissione.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica, ad iniziare dalla professoressa Nicotra.

  IDA NICOTRA, Professore ordinario di diritto costituzionale. Mi scuso perché non mi ricordo i nomi dei deputati che sono intervenuti e, quindi, cercherò di puntualizzare rispetto alle domande che sono state fatte.
  La prima domanda riguardava la governabilità. Chi è intervenuto si poneva il problema, a mio giudizio esatto, di conciliare, almeno così penso di avere compreso, la governabilità con la rappresentatività dei cittadini. In realtà, questo problema è lo stesso che si pone la Corte costituzionale. La Corte costituzionale ci dice che il premio di maggioranza alla Camera – lasciamo perdere quello al Senato, che ha criticità diverse – è altamente sproporzionalizzato. La Corte quindi afferma che se non utilizziamo un criterio per individuare il consenso minimo di voti ottenuti sulla base dei quali poter attribuire quel premio di maggioranza, la distorsione diventa talmente irragionevole da essere incostituzionale. Vado un po’ a fantasia, perché non abbiamo le motivazioni della sentenza, ma immagino che sia questo quello che la Corte ci dirà.
  Sono perfettamente d'accordo con quanto è stato asserito, cioè che la governabilità va legata anche alla rappresentatività. Occorre osservare che i premi di maggioranza collegati a una soglia minima non sono irragionevoli. Sono ragionevoli nella misura in cui consentono a chi vince le elezioni di avere una maggioranza che poi sostiene quella politica in Parlamento. L'uomo solo che vince le elezioni, se poi non ha una maggioranza in Parlamento che lo sostiene, non potrà raggiungere gli obiettivi della sua agenda di Governo.
  Chi ha parlato a questo proposito ha individuato un tema molto delicato, quello del vincolo del mandato imperativo, cioè dell'articolo 67 della Costituzione. Noi abbiamo in Costituzione questo principio, che è un principio cardine, un principio di struttura della nostra Costituzione: il parlamentare rappresenta la nazione intera senza vincolo di mandato. Inserire un meccanismo per cui il parlamentare deve rispondere ai cittadini o al partito in maniera tale che il partito e i cittadini possano «avere nelle mani» la sorte del parlamentare è un principio che si scontra con l'idea che il Parlamento è un luogo della rappresentanza generale, non, come si diceva, un luogo di ambasciatori privati in cui ciascuno porta le ragioni di piccoli gruppi a cui deve comunque dare conto della sua attività e delle decisioni che ha preso. In sostanza, l'idea della liberaldemocrazia è che il parlamentare risponda essenzialmente alla propria coscienza.
  Sono stati commessi degli abusi, lo so bene, ma la cornice di riferimento costituzionale si basa su questo pilastro. Inoltre, c’è un'etica nella politica che dovrebbe essere rispettata e che emerge nel momento in cui un parlamentare si va a ricandidare davanti a un corpo elettorale che, per varie ragioni, non ha ritenuto valido lo svolgimento del suo mandato. Il principio cardine previsto in Costituzione è quello del divieto del mandato imperativo.
  Con riferimento al problema del Senato, riassumo le risposte, perché mi sembra che anche il presidente abbia fatto una domanda che si può far rientrare all'interno di questo tema.
  Quali proposte di legge elettorale attualmente sul tavolo sono meno conciliabili con la Costituzione vigente ? La mia impressione è che, se non si modificano almeno alcuni aspetti della nostra Costituzione – l'ho detto, ma è anche nella relazione scritta e lo ritroverete – è davvero difficile che il sistema elettorale da solo possa funzionare. Il sistema elettorale Pag. 34non va considerato come un fatto a sé. Fa parte di un mosaico più ampio, in cui ci sono anche le norme costituzionali.
  Se noi prendiamo il sistema elettorale e pretendiamo che dia performance che non può offrire, sbagliamo. I vent'anni di storia repubblicana della cosiddetta seconda Repubblica sono la testimonianza di quello che stiamo dicendo, cioè che non esiste un sistema elettorale perfetto. È profondamente illusorio immaginare che il sistema elettorale, con la bacchetta magica, ci dia il vincitore famoso alla sera delle elezioni e soprattutto che quel vincitore possa veramente governare.
  Il primo punto, secondo me, è, quindi, quello di rendere differenziate le due Camere. La legge elettorale della Camera deve servire a un Governo che possa poi governare attraverso il voto di fiducia.

  PRESIDENTE. Ringrazio la professoressa Nicotra e le chiedo, qualora ci fosse qualche aspetto che non ci ha potuto riferire per ragioni di tempo, di trasmettere alla Commissione una breve integrazione scritta che saremo lieti di leggere.
  Do la parola al professor Armaroli.

  PAOLO ARMAROLI, già professore ordinario di diritto pubblico comparato. Io vorrei rispondere soprattutto al deputato Toninelli, ma anche ad altri, con una premessa: io ho sempre ritenuto che il diritto costituzionale sia una gaia scienza. Come tale, il deputato Toninelli mi ha fatto ricordare la storia del vecchio saggio e del millepiedi. Il millepiedi ha male ai piedi, va dal vecchio saggio e chiede: «Che cosa posso fare ?» Il saggio risponde: «È molto semplice: se tu avessi soltanto due piedi, tutto si risolverebbe». «Sì, ma come faccio ad avere solo due piedi ?» obietta il millepiedi. «Questo» dice il saggio «è un piccolo dettaglio che ti puoi risolvere da solo».
  Anche in quest'Aula molti parlamentari hanno presentato proposte di legge, tutte molto interessanti, con un fine. Il fine è chiaro ed è trovare un sistema elettorale tale per cui la sera dei risultati elettorali si sappia chi governerà, con quale maggioranza e con quale Governo, come in Inghilterra.
  Per le ragioni che sono state addotte qui, io credo che questo desiderio non sia ripagato dai fatti, proprio per la complessità del sistema partitico italiano. Noi sappiamo che un sistema maggioritario è funzionale proprio perché dovrebbe assicurare la governabilità. Questo non è possibile, mi pare, o è altamente improbabile, nel caso nostro. Allora mi domando e faccio una riflessione scandalosa: se tanto mi dà tanto, non è meglio – Giuseppe Maranini mi perdoni – arrivare a un sistema simile a quello ipotizzato dalla Corte costituzionale, cioè un sistema, tutto sommato, proporzionale ? Se i giochi si debbono fare comunque dopo il risultato e non prima, il sistema proporzionale quantomeno garantisce l'uguaglianza del voto per tutti i partiti.
  Ho finito. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola al professor Barbera per la sua replica.

  AUGUSTO BARBERA, Professore emerito di diritto costituzionale. In estrema sintesi le due domande più importanti che riassumono anche altre sono quelle del Presidente Sisto, che chiede quale alternativa ci sia alle preferenze, e quella dell'onorevole Bressa, che ha posto il problema della seconda Camera del Senato. All'interno di queste poi ci sono anche tutte le altre domande.
  Quale alternativa esiste alle preferenze ? Le alternative sono quelle che sono state esposte e dipendono dalle scelte anche politiche, intendiamoci: o il voto per collegi uninominali, o il voto su liste bloccate.
  Io vorrei dire all'onorevole Nicoletti che non ho detto – ci mancherebbe altro – che il voto di preferenza è alla base delle forme di corruzione politica. Ho detto che è stata causa non ultima di Tangentopoli, perché richiedeva a ciascun parlamentare che doveva fare una battaglia politica contro altri parlamentari dello stesso partito risorse finanziarie ingenti. Inoltre, attraverso la preferenza si costituivano correnti Pag. 35che avevano bisogno poi delle liste, delle riviste e di tutta una serie di mezzi che sappiamo che il sistema di Tangentopoli ha provocato.
  Se andiamo a vedere, non possiamo essere esaltati da quello che succede col sistema delle preferenze a livello regionale per le province, con il voto nelle province. Certo, se si guardano i listini bloccati che c'erano a livello regionale, ci si esprime a favore della preferenza, ma sappiamo tutti che cosa significa il voto di preferenza a livello delle liste provinciali nelle regioni.
  Il collegio uninominale consente di avere un rapporto diretto con una comunità. È vero che c'erano candidati paracadutati, ma non erano così tanti e, inoltre, dovevano confrontarsi con altri candidati nel territorio davanti alla comunità. Questo è un modo anche per ricostituire una trama tra i rappresentanti e la propria comunità.
  Mi rendo conto che possono esserci forme di prevaricazione, ma ci sono partiti che portano avanti il sistema delle primarie. Le primarie potrebbero anche essere non dico regolate per legge, perché complicheremmo le cose, ma incentivate in vario modo anche attraverso il finanziamento pubblico. Penso che questo sia il metodo migliore.
  Potrebbe esserci anche la lista bloccata corta, ma mi rendo conto che la lista bloccata corta può anche non essere pienamente corrispondente con le esigenze di questi ultimi anni. Io ho l'impressione – scusate la rapidità del mio discorso – che siamo stati anche vittime della nostra propaganda, quando abbiamo parlato tutti contro la lista bloccata della legge Calderoli, dicendo che ci vorrebbero le preferenze. Quando si diceva che ci vorrebbero le preferenze, molti intendevano, compreso io, tornare al collegio uninominale. Tuttavia, bisognava dirlo in maniera molto rapida e farsi capire. Io ho l'impressione che siamo stati forse invischiati in questa propaganda.
  Onorevole Nicoletti, io non ho mai detto questo, dunque. Nel 1992 ci fu l'ultima elezione con il voto di preferenza. Fummo eletti io e Andreatta, ma non soltanto, a Bologna. A parte il fatto che io ero eletto in un partito che aveva praticamente eliminato il voto di preferenza – lo sappiamo tutti, sarebbe ipocrita non dirlo – era impossibile in quella tornata elettorale riuscire a organizzare con altri candidati di altri partiti un dibattito, perché erano tutti impegnati a combattere fra di loro e a raccogliere preferenze. Non c'era la possibilità di fare un dibattito con nessuno. Con Andreatta sì, ma Andreatta era un soggetto del tutto particolare, con tutte le eccezioni che ci sono.
  Onorevole Toninelli, io avevo detto all'inizio che poteva essere affascinante il sistema da lei indicato, cioè quello delle cancellature. Consideriamo, però, che la cancellatura equivarrebbe in pratica al voto di preferenza. Sul voto di preferenza le statistiche ci dicono che viene utilizzato da una parte minoritaria degli elettori. Per capirci, ad Agrigento è usato dall'80 per cento degli elettori, il massimo, e in Lombardia, invece, dal 15-20 per cento. Chi decide è, quindi, un 15-20 per cento o un 30 per cento. Ci immaginiamo un sistema di cancellature nei confronti di un parlamentare che, urtando degli interessi, ha portato avanti delle battaglie politiche ? Sarebbe cancellato da una minoranza.
  La maggioranza sarebbe inerte, cioè non dovrebbe cancellare, ma le altre sarebbero minoranze attive che cancellano. Se mi consente un riferimento personale...

  DANILO TONINELLI. Può anche essere preferita una stessa persona.

  AUGUSTO BARBERA, Professore emerito di diritto costituzionale. Come, preferita ? O è cancellata, o si lasciano le cose come stanno.

  DANILO TONINELLI. Può essere cancellata o preferita.

  AUGUSTO BARBERA, Professore emerito di diritto costituzionale. Si può anche vedere.

  PRESIDENTE. Dato che il collega Toninelli è intervenuto senza microfono, gli Pag. 36do la parola per un brevissimo intervento. Preciso che non darò a nessuno la possibilità di intervenire nuovamente.

  DANILO TONINELLI. Era semplicemente per portare un contributo al dibattito rispetto all'intervento del professor Barbera.
  La cancellazione può essere fatta dentro la lista, ma può essere anche espressa una preferenza: in una lista con cinque candidati ne cancello uno e ne preferisco un altro. La ratio è che, se c’è un candidato impresentabile, può essere cancellato. Lo può cancellare l'elettorato onesto. Prenderà dei voti clientelari, ma può essere preferito...

  AUGUSTO BARBERA, Professore emerito di diritto costituzionale. Onorevole Toninelli – chiedo scusa per l'interlocuzione diretta, dovuta alla velocità con cui dobbiamo andare avanti – verrebbe cancellato chi più si è esposto in alcune battaglie politiche. Se l'onorevole Rosy Bindi me lo concede, se si fossero fatte le elezioni e Rosy Bindi si fosse candidata col sistema delle cancellature, non credo che i medici ospedalieri non avrebbero utilizzato le cancellature nei suoi confronti.

  DANILO TONINELLI. Sarebbero state controbilanciate da un voto favorevole probabilmente dall'altra parte.

  PRESIDENTE. Ho la netta sensazione che le posizioni siano leggermente divergenti.

  AUGUSTO BARBERA, Professore emerito di diritto costituzionale. Ho capito il sistema svizzero, ma vorrei vedere come funziona in concreto.
  L'altro tema è quello che ha posto l'onorevole Bressa. È inutile fare tutta la discussione sul perché venne fuori il bicameralismo anomalo. È venuto fuori per i motivi che ci ha esposto Dossetti nell'intervista a Leopoldo Elia e Pietro Scoppola in un librettino pubblicato da Il Mulino. Erano previsti inizialmente sei anni al Senato e cinque anni alla Camera. I due schieramenti, destra e sinistra, che avevano trovato l'accordo di altissimo profilo sui princìpi della Costituzione, temevano ciascuno che l'altro, vincendo, li mettesse in discussione. Ciascuno temeva il 18 aprile dell'altro e, quindi, ha detto espressamente Dossetti, si voleva evitare che qualcuno vincesse fino in fondo.
  Il problema, quindi, non è tutto teorico o culturale, onorevole Bressa, parliamoci chiaro. Il problema è se dobbiamo fare in modo di aspettare che ci sia la riforma del Senato in modo da consentire più agevolmente la votazione di alcuni sistemi elettorali, oppure se dobbiamo correre il rischio di approvare un sistema elettorale anche sapendo che c’è il bicameralismo che può creare problemi. Questa è una battaglia tutta politica che mi consentirà di non affrontare.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Prima di cedere la parola al professor Clementi io rinnovo la mia richiesta: dei tre sistemi della proposta del segretario del Partito Democratico quali hanno bisogno di riforme costituzionali ?

  FRANCESCO CLEMENTI, Professore associato di diritto pubblico comparato. Vado in estrema sintesi, innanzitutto aggiungendo una questione a completamento del mio intervento, ossia la questione della revisione delle circoscrizioni, che è parte del ragionamento che faceva il presidente: che cosa si può fare a legislazione costituzionale invariata o meno.
  La revisione delle circoscrizioni in realtà effettivamente è indispensabile ? Questa è la domanda che poneva l'onorevole Migliore. Io penso che non sia obbligatoria. Naturalmente sarebbe opportuna, ma in realtà, se prendiamo gli articoli 56 e 57 della Costituzione, vediamo che il 56 parla della ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni e il 57 dice che il Senato della Repubblica è eletto a base regionale e parla a sua volta di circoscrizione. Il tema è, dunque, la circoscrizione. La circoscrizione, come tutti sappiamo, raccoglie dentro di sé anche i collegi.
  Rispondendo al presidente, la legge elettorale, a mio avviso, più semplice e più Pag. 37rapida forse da poter utilizzare in ragione di un'immodificabilità della Carta costituzionale è quella che già abbiamo visto in campo, cioè la legge elettorale Mattarella, nel caso di specie rivisitata nella parte in cui, come ho cercato di illustrare prima, l'altra legge 2.0, per rimanere in un lessico del tutto nuovo, non è incostituzionale. Il premio rientra, a mio avviso – ma adesso leggeremo quello che dirà la Corte – dentro un alveo nel quale l'incostituzionalità non si manifesta. Abbiamo già sperimentato che tale legge è costituzionale. Non essendo stata dichiarata incostituzionale, questa è la prova evidente che tale testo è costituzionale.
  Quanto alle altre due, io penso che, considerando le condizioni attuali, il sistema del sindaco probabilmente sia più difficoltoso rispetto al sistema di tipo spagnolo, per una semplice ragione: il sistema di tipo spagnolo consente ai partiti fotograficamente di ripresentarsi come offerta all'elettore, mentre il modello a doppio turno incentiva quei rischi che io, purtroppo, vedo molto più presenti rispetto a quanto diceva prima l'onorevole Nicoletti, che parlava dei numeri. Per me il rischio è molto maggiore. Il doppio turno in questo senso è più rischioso di un modello fotografico spagnolo, che può produrre un effetto meno divaricante.

  PRESIDENTE. Sul modello del sindaco – scusi se voglio essere preciso – ci sono difficoltà che sono state agitate sulla possibilità che vi sia diversità fra Camera e Senato e che sia necessario riformare in virtù del bicameralismo. Lei condivide questa necessità ?

  FRANCESCO CLEMENTI, Professore associato di diritto pubblico comparato. Io penso che, se noi ancorassimo la riforma della legge elettorale all'articolo 138, dovremmo ammettere che il costituente ha commesso un errore non inserendo la legge elettorale in Costituzione.

  PRESIDENTE. Per fare il modello del sindaco bisogna modificare la Costituzione ? È questa la domanda.

  FRANCESCO CLEMENTI, Professore associato di diritto pubblico comparato. No, ma, da questo punto di vista, presidente, dobbiamo anche dirci che anteporre la riforma costituzionale alla legge elettorale rischia di anteporre anche la volontà del costituente.

  PRESIDENTE. Su questa specifica domanda delle modifiche, se fosse possibile, vorrei sentire rapidamente tutti e quattro gli esperti, perché è un passaggio per noi importante.

  FRANCESCO CLEMENTI, Professore associato di diritto pubblico comparato. Chiudo con una considerazione soltanto, per dare modo ai colleghi di rispondere.
  Quello che diceva prima l'onorevole Marco Meloni sulla questione della selezione delle candidature è verissimo. Lo condivido, onorevole Meloni. A maggior ragione più i partiti sono forti, più le leggi elettorali sono migliori. È chiaro che in un sistema nel quale i partiti sono deboli anche le leggi elettorali devono fare un lavoro molto più forte rispetto a quello che si chiede loro.
  Come si scelgono i parlamentari ? Questa, se ho capito bene, era la sua domanda. Io penso che, dentro un contesto nel quale anch'io rilevo – e ho anche avuto modo di scriverlo – che le preferenze sono più dannose rispetto o alle liste bloccate, o al collegio uninominale maggioritario, per le ragioni che non dico, ma che in parte ho già esposto prima e che sono state già spiegate da altri colleghi, le modalità di scelta delle candidature tanto per le liste bloccate, quanto per il collegio uninominale possano trovare utili esperienze già in alcune leggi che, per esempio, esistono a livello regionale. Penso alla Toscana, per esempio, con la legge relativa alle selezioni delle candidature cosiddetta primaria, intrapartitica o extra. Questo dipende da ciò che vogliono i partiti. Se i partiti vogliono, possono far scegliere agli elettori i loro candidati, la loro offerta, che possono presentare. Questo fa parte di quella che noi chiamavamo la legislazione elettorale di contorno. Se fosse anche questa parte Pag. 38della legge elettorale, sarebbe una cosa utile e opportuna.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Io voglio rivolgere rapidamente questa domanda, perché, lo ripeto, è una questione che a noi interessa, sui tre modelli che sono stati proposti. Uno è il Mattarellum per la parte modificata – si vedrà che cosa dice la Corte costituzionale – l'altro è quello spagnolo, ma io volevo sapere sul sindaco d'Italia. Ho letto anche che cosa hanno scritto alcuni vostri colleghi, come il professor Pasquino. Volevo sapere se questo modello, che sostanzialmente vorrebbe portare fuori dal Parlamento la formazione del Governo, secondo voi non abbisogni comunque di una riforma.

  PAOLO ARMAROLI, già professore ordinario di diritto pubblico comparato. Solo nel fatto dell'elezione diretta, che non sarebbe possibile, ci sarebbe l'indicazione del premier.

  PRESIDENTE. Vorrei capirlo molto banalmente: c’è bisogno di un intervento per questo ? È giusto ? Lei condivide questo, professor Barbera ?

  AUGUSTO BARBERA, Professore emerito di diritto costituzionale. No, nella formulazione che è stata presentata dal segretario del Partito Democratico si parla di sindaco d'Italia per ragioni mediatiche, non si parla dell'elezione diretta del Presidente del Consiglio. Questo implicherebbe non solo una modifica costituzionale, ma anche un mutamento forte della forma di governo.
  Si parla di legittimazione, probabilmente. Cerco di interpretarla come la legittimazione diretta del sindaco, come Prodi e Berlusconi erano legittimati direttamente per il fatto che erano...

  PRESIDENTE. C’è il problema del secondo turno.

  AUGUSTO BARBERA, Professore emerito di diritto costituzionale. Stavo concludendo. Esiste, invece, un problema, tenuto conto che ci sono tre forze politiche su posizioni pressoché uguali, ossia Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Forza Italia. C’è il problema che gli sfidanti al secondo turno non siano simmetrici. Questo è un problema. In questa ipotesi si correrebbe un rischio.
  Io preferirei, come ho detto, il sistema Mattarellum, ossia la legge Mattarella rivisitata, perché tutto sommato l'abbiamo provato. Ha creato comunque alcuni problemi. Nel 1994 sappiamo che Berlusconi aveva la maggioranza alla Camera e che al Senato non ce l'aveva pienamente. Sappiamo anche che Prodi ebbe problemi per quanto riguarda il 2008. Tuttavia, è il sistema che meno soffre dei mali del sistema bicamerale. Non so se è chiaro.

  PRESIDENTE. Scusi, per capire: potrebbero arrivare alla Camera – parlo di partiti diversi da quello di appartenenza – SEL e Movimento 5 Stelle e al Senato Nuovo Centrodestra e Fratelli d'Italia. È giusto ?

  AUGUSTO BARBERA, Professore emerito di diritto costituzionale. Sì, questo è un pericolo, ma stiamo attenti: il discorso, come dicevo prima, è tutto politico. Se si ritiene di dovere prima portare avanti la riforma del Senato e poi la riforma elettorale, questo è un tema tutto politico. O viceversa.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il collega Fiano. Gli do la parola per porre una breve domanda.

  EMANUELE FIANO. Chiedo un chiarimento che riflette lo spirito della sua domanda, presidente.
  Il professor Barbera negli ultimi interventi, e anche nella ripresa del suo intervento, ha più volte citato la parola «rischio». Tuttavia, il rischio a cui si riferisce – mi dica se interpreto bene, altrimenti la prego di correggermi, professore – con un esempio iperbolico che ha testé fatto è un rischio politico. Sono stati citati quattro partiti diversi come possibili attori di un Pag. 39secondo turno nei due rami differenti del Parlamento, ma il rischio di cui parliamo, di cui parla qui il professore, se io capisco bene, è un rischio tutto politico.
  Poiché la sua domanda, presidente, originava, invece, da una questione di tipo costituzionale, cioè se uno dei tre modelli di cui stavamo discettando necessitasse di una riforma di tipo costituzionale, se ho capito bene dalle risposte che abbiamo ricevuto, la risposta è che non ne necessitano.

  PRESIDENTE. La mia domanda, per chiarire il mio pensiero, era se un particolare modello potesse condurre a rischi costituzionali di impasse, come mi sembra di aver compreso dalla risposta.

  EMANUELE FIANO. Per la verità, la domanda era se necessitassero di una riforma costituzionale.

  PRESIDENTE. Se io devo scegliere fra due modelli, uno che comunque non comporta rischi e uno che comporta un rischio di impasse, forse scelgo quello che non comporta rischi.

  EMANUELE FIANO. Scusi, presidente, ma, se non ricordo male, lei ha fatto un'altra domanda. Lei ha chiesto se uno di questi tre modelli necessitasse di una riforma di tipo costituzionale e la risposta è negativa.

  PRESIDENTE. La risposta è affermativa, se può comportare rischi. Non sposta la questione se la risposta è «sì» o «no». Io dico che, se c’è un modello che comporta un rischio di paralisi dal punto di vista del risultato, è incostituzionale. Non è molto difficile una questione del genere.
  Do la parola al collega Lauricella che ha chiesto di intervenire per porre una breve domanda.

  GIUSEPPE LAURICELLA. Intervengo per una mera curiosità. L'effetto della lista bloccata, considerato come è stato usato il sistema dei collegi uninominali proprio con il Mattarellum, per esempio, non potrebbe essere lo stesso ?
  Mi spiego meglio. La lista bloccata ha come difetto il fatto che, parlando in termini molto pratici, le segreterie di partito dispongono i candidati nelle posizioni delle liste bloccate. Non è avvenuta la stessa cosa, mi domando, con i collegi uninominali, quando si parlava di collegi sicuri e meno sicuri ? Questa è la domanda. Gli effetti rischiano di essere gli stessi o no ?

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire anche il collega Lattuca. Gli do la parola per porre una domanda, ma preciso che la prossima volta non permetterò interventi successivi alle repliche degli auditi.

  ENZO LATTUCA. Spendo solo trenta secondi per puntualizzare una questione che a me appare evidente. Finché esisteranno Camera e Senato, due rami del Parlamento eletti con due schede, anche con un sistema identico, il rischio teorico che si producano maggioranze diverse in un ramo e nell'altro esisterà. Non è incostituzionale e si è verificato in qualche maniera sia con il Mattarellum, anche se erano tempi di bipolarismo molto più consolidato – ci siamo andati quasi vicino – sia col Porcellum, visto che sappiamo come funzionano i premi regionali. Anche questa legislatura ci insegna qualcosa da questo punto di vista, anche se non c’è ribaltamento.

  PRESIDENTE. Do la parola al professor Barbera.

  AUGUSTO BARBERA, Professore emerito di diritto costituzionale. Se posso puntualizzare anche per il verbale, il fatto che ci siano due maggioranze diverse a Camera e Senato non solo è un rischio, ma addirittura era stato previsto e voluto dal costituente. Tuttavia, in tanti anni abbiamo ormai detto che è un'anomalia di cui dobbiamo liberarci. Riusciamo prima a fare la riforma del Senato e poi la riforma Pag. 40elettorale ? Se qualcuno ritiene che sia possibile, si faccia così, prendendosi, però, il rischio, questo sì, di dovere per mesi e mesi, se non per anni, affrontare questo tema. A quel punto, il disfacimento della politica sarebbe totale, perché si accuserebbero i senatori di essere corporativi.
  Vogliamo, invece, fare prima la riforma elettorale, a parte il fatto di andare a votare o no in primavera ? Sono due cose diverse. Facciamola. Di questi tre sistemi elettorali ce n’è uno che può presentare un inconveniente maggiore, cioè quello di chiamare i cittadini per pronunziarsi su due diversi ballottaggi, con un esito paradossale, perché da una parte vincerebbe il Movimento 5 Stelle, dall'altra Forza Italia...

  PRESIDENTE. Si riferisce al modello chiamato «del sindaco».

  AUGUSTO BARBERA, Professore emerito di diritto costituzionale. Esatto. È un modello che non richiede modifiche della forma di governo. Quelle sono da fare in un futuro più o meno lontano.
  Dei tre modelli che sono stati proposti da Renzi quelli che meno ci portano a possibili divaricazioni di maggioranza sono quello spagnolo e il Mattarella rivisitato. Il Mattarella è stato già approvato. Qualche volta è accaduto anche con questo, perché Berlusconi al Senato non ebbe la maggioranza, la conquistò poi in un altro modo nel 1994, e Prodi non ebbe la maggioranza al Senato, o l'ebbe per un solo voto.
  C'era lo scorporo, ha ragione l'onorevole Migliore. C'erano lo scorporo, le liste civetta e tutte quelle cose che portarono poi nel 2001 a una Camera incompleta. Non dimentichiamo questo episodio.

  PRESIDENTE. Il collega Lauricella voleva dire qualcosa ?

  GIUSEPPE LAURICELLA. Io ho posto una domanda e, se è possibile, la ripeto. L'effetto della lista bloccata, con i nomi dei candidati preselezionati e voluti dalle segreterie dei partiti, non si può verificare, come si è, secondo me, verificato con i collegi uninominali, quando sono stati attribuiti i collegi sicuri ad alcuni e quelli meno sicuri ad altri ? L'effetto delle segreterie dei partiti cambia tra lista bloccata e collegi uninominali ?
  Vi ricordo che nel 1994 e nel 1996 Berlusconi vietò ai suoi candidati di presentare i manifesti con le loro facce e impose la propria per fornire un'indicazione. Molti elettori non conoscevano neanche chi fossero i candidati dei loro collegi.

  AUGUSTO BARBERA, Professore emerito di diritto costituzionale. Mi consenta di dire rapidamente che non esiste alcun sistema perfetto.

  PRESIDENTE. Nel constatare che si è svolto un proficuo dibattito, ringrazio i nostri ospiti e ricordo che l'indagine conoscitiva proseguirà nella seduta di domani, ad iniziare dalle ore 9.45.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 19.20.