XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 16 marzo 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 3004  FONTANELLI E ABB., RECANTI DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE DELL'ARTICOLO 49 DELLA COSTITUZIONE

Audizione di esperti.
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 3 
Ceccanti Stefano , professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza» ... 3 
Guzzetta Giovanni , professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma «Tor Vergata» ... 5 
Marsocci Paola , professoressa associata di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza» ... 7 
Ceccanti Stefano , professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza» ... 9 
Marsocci Paola , professoressa associata di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza» ... 9 
Ceccanti Stefano , professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza» ... 10 
Marsocci Paola , professoressa associata di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza» ... 10 
Massari Oreste , professore ordinario di scienza politica presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza» ... 10 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 13 
Toninelli Danilo (M5S)  ... 13 
Cecconi Andrea (M5S)  ... 13 
Quaranta Stefano (SI-SEL)  ... 14 
Lauricella Giuseppe (PD)  ... 15 
Piccione Teresa (PD)  ... 16 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 16 
Ceccanti Stefano , professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza» ... 16 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 17 
Ceccanti Stefano , professore ordinario di Diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza» ... 17 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 17 
Guzzetta Giovanni , professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma «Tor Vergata» ... 17 
Marsocci Paola , professoressa associata di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza» ... 18 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 19 
Massari Oreste , professore ordinario di scienza politica presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza» ... 19 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO

  La seduta comincia alle 14.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di esperti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in relazione all'esame delle proposte di legge C. 3004 Fontanelli e abb., recanti disposizioni di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, l'audizione di esperti.
  Sono presenti il professor Stefano Ceccanti, il professor Giovanni Guzzetta, la professoressa Paola Marsocci e il professor Oreste Massari che saluto e ringrazio per la loro presenza.
  Ringrazio gli ospiti per la presenza e do subito la parola al professor Ceccanti.

  STEFANO CECCANTI, professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza». Ho trasmesso alla Presidenza un testo scritto, che fa fede, quindi qui riassumo rapidamente il mio pensiero, secondo i tre punti del testo scritto.
  In parte, avendo presentato nella scorsa legislatura disegno legge, nel mio altro ruolo di allora, al Senato, la n. 2689, che corrispondeva alla proposta di legge n. 4194 Veltroni in questa Camera, non potendomi eccessivamente sdoppiare, ne ribadirò una parte dei contenuti, sia pure in forma aggiornata.
  Il primo punto è il seguente. Non dobbiamo livellare eccessivamente le regole tra diversi soggetti politici; soprattutto, con riferimento al problema di avere regole più rigorose per i soggetti già presenti in Parlamento e nei Consigli regionali, esse non devono essere tali da bloccare la nascita di nuove formazioni politiche. Le nuove formazioni politiche quando nascono sono necessariamente più destrutturate e più gassose. Dobbiamo quindi prevedere un meccanismo di due livelli diversi.
  Possiamo, un po’ scherzando, fare l'analogia con la legge che stiamo approvando sulle unioni civili, che ha due livelli diversi: le convivenze di fatto e le unioni civili. Un conto è applicare delle regole stringenti a soggetti già in campo e che hanno già rappresentanza parlamentare, un altro è applicarle a soggetti che nascono.
  Se noi dessimo le stesse regole a un soggetto nuovo che nasce, lo metteremmo in difficoltà in maniera eccessiva rispetto all'esigenza di presentare liste. Quindi, i vincoli devono essere più forti per chi è già istituzionalizzato e devono essere, invece, più deboli per coloro che sorgono, come formazioni outsider. In tutto questo, la priorità verte soprattutto sui meccanismi di regolamentazione della scelta dei candidati alle elezioni, che è il nucleo più delicato della regolamentazione. Questo è il primo punto: distinguiamo bene le regole per chi è già istituzionalizzato dalle regole per chi è ancora in fase di nascita.
  Ho messo in allegato al mio testo scritto due elenchi diversi di regole per i due diversi soggetti, che possono servire come parametro.Pag. 4
  Secondo punto: cosa dobbiamo chiedere a coloro che sorgono come livello minimo di istituzionalizzazione ? Quello che chiediamo loro, se noi teniamo fermo il fatto che mettiamo dei vincoli per potersi presentare alle elezioni, a pena di non potersi presentare regolarmente alle elezioni medesime, si deve però trattare di cose molto semplici e soprattutto la scelta dei candidati alle elezioni debba avvenire con criteri e tempi pubblici preventivamente dichiarati e che in seguito venga certificato che si è svolta una scelta dei candidati secondo i criteri che erano stati annunciati in precedenza.
  Questo è il cuore. Non si deve vincolare a una procedura specifica predeterminata, ma la formazione politica che è nello stato nascente deve dichiarare prima come sceglie i candidati, secondo quali regole, e successivamente deve certificare di averlo fatto sulla base di quello che aveva dichiarato prima.
  Invece, evidentemente, possiamo e dobbiamo chiedere molto di più a coloro che hanno già rappresentanza parlamentare. Qui possiamo anche andare verso lo strumento della personalità giuridica, purché questa sia dosata in maniera tale che i conflitti, quando vengono spostati verso la magistratura, derivino da effettivi conflitti interni e non partano da forme di procedibilità di ufficio della magistratura medesima. Diversamente la preoccupazione, che ha pesato eccessivamente sui lavori della Costituente con la conseguenza di non prevedere nessuna normativa, contro il rischio di giudizializzazione della politica però potrebbe riemergere. C’è poi l'elenco delle ipotesi di norme che si possono proporre per questo livello di istituzionalizzazione.
  Per quanto riguarda gli strumenti di scelta dei candidati, anche qui non si può imporre, neanche alle forze già istituzionalizzate, di scegliere un unico modello che si imponga a tutti a pena di non presentazione delle liste. Quindi, bisogna rispecchiare una certa pluralità di strumenti possibili, purché ciascuno di questi strumenti abbia una coerenza interna. Dunque, se si sceglie una presentazione con una selezione regolata delle candidature che non ha forme di primarie, la cosa importante è il ricorso, anche negli organismi, al voto segreto, e in modo da combinare le liste nel rispetto del pluralismo interno esistente. Stiamo parlando comunque fondamentalmente delle candidature per le cariche monocratiche, dove il partito si presenta con una sola voce. Il problema di regolamentazione è complicato soprattutto quando hai un unico candidato alla carica di sindaco, alla presidenza di regione, come i candidati indicati come capo della forza politica e i capilista nei cento collegi della legge n. 52 del 2015.
  Quando, però, si sceglie di regolamentare le primarie, che devono essere una scelta della forza politica inquadrata legislativamente, anche questo tipo di competizione deve avere una coerenza interna. Nel contesto attuale, la coerenza interna, se si sceglie lo strumento delle primarie, il più largo, deve essere quella di primarie aperte all'insieme degli elettori, senza forme di registrazione eccessivamente vincolante prima del voto. Si può richiedere agli elettori di iscriversi a un albo, ma aperto fino al momento del voto, altrimenti abbiamo una restrizione della partecipazione politica che in sostanza trasforma le primarie nell'altro tipo di competizione, che è quella ristretta tra gli iscritti o tra gli organi di partito. O si sceglie una competizione chiusa dentro gli organi di partito, con le garanzie e così via, o se ne sceglie una aperta, ma non si può fare la scelta delle primarie e congegnarle poi in maniera tale che esse rifluiscano sull'altra opzione.
  Il vantaggio di primarie regolate per legge di più forze politiche che le usano simultaneamente starebbe anche nel fatto che così sarebbero più chiaramente delimitati gli elettorati, perché ogni elettore potrebbe scegliere solo una delle primarie che si svolgono contemporaneamente. Una parte dei costi, trattandosi di una scelta con garanzie pubbliche, potrebbero anche essere pubblici, e questo però potrebbe legittimare anche delle forme di vincolo, ad esempio per i candidati non risultati Pag. 5eletti alle primarie, che dovrebbero prima versare una quota, che verrebbe loro restituita esclusivamente nel caso in cui dopo non si candidassero in altre formazioni politiche, perché il problema serio è quello del rispetto dei risultati da parte dei candidati perdenti.
  Forse non possiamo arrivare, a causa del diritto fondamentale di elettorato passivo, a impedire che si possa candidare un candidato risultato soccombente, però certo una penalizzazione finanziaria per il candidato che non accetta il risultato, avendo utilizzato un sistema pubblico di scelta delle primarie, si potrebbe introdurre, così come per le formazioni politiche che ritenessero, per qualche motivazione di ordine politico, di non candidare poi le persone che risultino vincitrici alle primarie. Anche in quel caso, trattandosi di scelta che ricade in parte sulla collettività, potrebbero essere penalizzate.
  Per inciso – e qui termino, comunque tutti i dettagli sono nel testo scritto – tutte queste cose hanno senso se c’è una coerenza anche degli strumenti regolamentari. Scegliere di istituzionalizzare le formazioni politiche che hanno rappresentanza parlamentare significa anche puntare a un modello di costituzione dei gruppi parlamentari nella Camera politica dove i gruppi corrispondano alle liste e quindi, rispetto alla logica dei criteri numerici sin qui prevalente, dovrebbe invece prevalere il criterio politico di coincidenza liste-gruppi parlamentari, come nel caso spagnolo; i gruppi si dovrebbero costituire solo a inizio legislatura e dovrebbero corrispondere alle liste che si sono presentate, fermo restando evidentemente la mobilità dei singoli, ma tra i soggetti politico-elettorali che trovano le liste e la loro rispondenza nei gruppi come criterio cardine.

  GIOVANNI GUZZETTA, professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma «Tor Vergata». Grazie, presidente. Alcune cose sono già state dette, quindi io mi limiterò a un approccio sui profili – diciamo così – di costituzionalità, nel senso che sull'opportunità delle scelte politiche il Parlamento è sovrano.
  Inizierei da una considerazione generale. L'articolo 49 della Costituzione è un articolo che disciplina diritti costituzionali dei singoli, quindi ogni intervento a livello non costituzionale deve, a mio parere, tenere conto di questo dato, cioè deve tenere conto del fatto che ogni limitazione di questi diritti che non trovi nell'articolo 49 una sua giustificazione è tendenzialmente di dubbia legittimità costituzionale. Dico questo perché, pur apprezzando lo sforzo compiuto da questi progetti di legge, la prima cosa che balza agli occhi è l'idea di stabilire una serie di limiti di contenuto al riconoscimento dei partiti politici, sia con riferimento alle finalità che essi hanno, sia con riferimento al diritto di iscrizione da parte dei singoli.
  I profili sono diversi, perché il limite generale alla registrazione riguarda il partito in quanto tale. Ora, su questo piano credo che noi non ci possiamo discostare da quella che è la matrice dell'articolo 49, che è pur sempre il generale articolo 18 della Costituzione, che stabilisce dei limiti specifici. Oltre quei limiti, a mio parere, non è possibile andare.
  L'elenco che viene fatto è molto nobile, quindi teoricamente non fa danno, però, nella mia esperienza, in genere ogni volta che si inserisce qualcosa, anche se all'apparenza non fa danno, già solo per il fatto che magari ci si dimentica qualcos'altro si pongono dei problemi.
  Personalmente, sarei dell'idea che l'articolo 49 non consente...
  Peraltro, e questa è la seconda considerazione, qui siamo a disciplinare un fenomeno che è molto particolare, poiché è un fenomeno che per definizione si colloca al confine tra il diritto vigente e il diritto da fare, perché i partiti politici sono i soggetti che aspirano a entrare nelle istituzioni per modificare la realtà giuridica e modificare anche la Costituzione, possibilmente.
  Allora, dei limiti di fedeltà alla Costituzione sono in contraddizione, secondo Pag. 6me, con questa finalità, perché per un partito politico – ovviamente purché le modalità operative del partito politico siano rispettose appunto dei limiti dell'articolo 18, quindi i divieti della legge penale imposti al singolo – l'obiettivo può essere anche quello di modificare la Costituzione, nella misura in cui sia possibile. Quindi, io sarei estremamente cauto nello stabilire delle finalità che condizionano l'iscrizione e la registrazione, tanto più se poi questa legislazione diventa condizione per la partecipazione alle elezioni.
  Viceversa, con riferimento alla iscrizione ai partiti politici, qui il limite opera invece in senso diverso, cioè si impone al partito politico di accettare per forza degli iscritti che abbiano talune caratteristiche. O meglio, si impone che il partito politico non possa discriminare nell'accesso taluni soggetti. Anche qui, in un sistema pluralistico, che non è di partito unico, la scelta dei fini del partito può anche condurre alla conseguenza di selezionare gli iscritti. Quando si dice che non si può discriminare in base alle condizioni economiche, mi chiedo: perché, chi mi impedisce di fare un partito dei non abbienti o un partito dei milionari ?
  Capisco che l'esempio è provocatorio, però la logica liberale che sta alla base del modello organizzativo della nostra Costituzione è questa. Il partito politico è l'organizzazione di alcuni cittadini che si mettono insieme per perseguire determinate finalità. Non è possibile imporre al partito di accogliere tutti, indiscriminatamente, anche se i soggetti non corrispondono agli obiettivi del partito. Questa mi sembra una scelta, ancora una volta, che ci appare nobile guardandola dall'esterno, ma che nella sostanza è profondamente illiberale. Quindi, anche su questo io sarei molto cauto.
  Terzo punto. Questa disciplina mi pare sia una disciplina dei partiti molto election oriented. Fino adesso noi abbiamo vissuto con questi due mondi separati, cioè da una parte i partiti e dall'altra parte i procedimenti elettorali. Adesso questi due mondi – dal punto di vista del diritto, ma ovviamente nei fatti non è così – li vogliamo mettere in connessione, tanto che prevediamo la possibilità di escludere i partiti non registrati dalle elezioni, prevediamo delle elezioni primarie, e le elezioni primarie sono proprio a cavallo: sono discipline interne ai partiti o sono disciplina preliminare dei procedimenti elettorali ?
  Questo, secondo me, non costituisce necessariamente una violazione dei princìpi costituzionali, nel senso che nulla impedisce comunque che ci siano delle associazioni che, non volendo partecipare alle elezioni, si organizzino come ritengono. Però bisogna tenere conto delle conseguenze. Mi riferisco in particolare – capisco che è una provocazione, però è una provocazione secondo me di cui bisogna tenere conto – al fatto che esiste un articolo della Costituzione, l'articolo 98, come sappiamo, che prevede che la legge possa stabilire dei limiti all'iscrizione ai partiti politici di certi soggetti. Sappiamo anche che ci sono ordinamenti particolari in cui questi limiti sono stati previsti, per esempio, sotto forma di illecito disciplinare.
  Ora, nel momento in cui noi connettiamo la vita del partito in modo così stretto con le elezioni, dobbiamo renderci conto – ma lo dico come una provocazione e come una domanda aperta – che quei limiti all'iscrizione in qualche modo ridondano anche in limiti alla partecipazione alle elezioni o possono essere interpretati in questo modo. Quindi, questo ha delle conseguenze. Personalmente non vedo un problema costituzionale, ma un problema politico, nel senso che bisogna decidere se farlo o no, però la stretta connessione tra la vita dei partiti e le elezioni ha come conseguenza che tutte le norme che si riferiscono ai partiti in qualche modo ridondano nella disciplina sulle elezioni.
  Quarto punto. Tutti i progetti di legge più o meno evocano la democrazia interna ai partiti. A me pare, però, che a circa settant'anni dall'emendamento Mortati non è che il legislatore di oggi prenda il coraggio a quattro mani e sciolga finalmente quel nodo. Si parla di Pag. 7democrazia interna, ma da nessuna parte è previsto che si applichi il metodo democratico nell'organizzazione interna del partito. È prevista la partecipazione, è prevista la trasparenza, è prevista l'informazione, è previsto tutto, ma che i partiti debbano essere organizzati attraverso il metodo democratico questo passo non lo facciamo ancora. Per carità, abbiamo vissuto fino ad ora con quell'interpretazione dell'articolo 49 della Costituzione e possiamo vivere ancora, però mi permetto di segnalare che questa è un'occasione in cui una scelta si sta compiendo. Siccome penso che quell'articolo 49, almeno nell'interpretazione storica, meritasse maggior fortuna da questo punto di vista e che forse quell'emendamento Mortati dovesse essere bocciato perché inutile, non perché osteggiato, secondo me questa è una cosa su cui riflettere.
  L'unico luogo nel quale in qualche modo il principio democratico aleggia sono quei progetti di legge che prevedono una tutela delle minoranze, perché la tutela di minoranze per definizione allude all'esistenza di una maggioranza, e quindi di una competizione interna. La tutela delle minoranze presuppone per definizione che ci sia una maggioranza, quindi che il gioco democratico sia riconosciuto all'interno del partito.
  Cito altri due punti. Se non ricordo male mi pare che sia prevista una possibilità di rinunciare alla tutela giurisdizionale a favore di organi interni del partito. Penso che questa norma sia incostituzionale, e vedo che concorda con me la collega Marsocci, nel senso che sarebbe una rinuncia a un diritto irrinunziabile. Quindi, vanno benissimo tutti gli organi interni di partito. Dopodiché, però, l'accesso alla giurisdizione del giudice ordinario, oppure la giurisdizione arbitrale, deve comunque essere possibile.
  L'ultimo punto riguarda le condizioni, l'annoso problema della raccolta delle firme per l'accesso. In merito, ho un parere un po’ diverso dal mio collega, non solo su questo punto ma in generale. Penso che la disciplina dei partiti debba prevedere un regime tendenzialmente unitario. Capisco il problema della necessità che chi si presenta alle elezioni debba dimostrare una certa consistenza, ma mi sembra che la soluzione potrebbe essere migliorata, nel senso che nel progetto di legge Fontanelli si prevede che chi abbia un solo consigliere regionale, già per questo motivo, possa essere esonerato. Questo va benissimo, perché ci avvicina a una soluzione in cui tutti possono aspirare ad avere un consigliere regionale; o meglio, il numero della platea di coloro che possono aspirare aumenta. Tuttavia, se l'idea è che si dimostri una esistenza nelle istituzioni, allora preferirei un sistema in cui si prevede più che un Consiglio regionale, un certo numero di Comuni.
  Se vogliamo che questa democrazia dal basso legittimi i soggetti, evitando che si debbano raccogliere le firme, perché hanno dimostrato il loro radicamento alla regione Molise, o alla regione Sicilia, mi sembrerebbe più opportuno, almeno per le elezioni nazionali o sovranazionali, che ci sia un criterio legato alla presenza in istituzioni locali di livello più basso, che sono anche più accessibili ai cittadini.
  Infine, vengo veramente all'ultimo aspetto. Nella delega per il riordino, forse un accenno – non mi pare che ci sia, almeno non in tutti i progetti di legge – al Regolamento del partito europeo, il n. 1141 del 2014, lo farei, perché consente, pure in una delega di coordinamento, di allineare di più la nostra disciplina a quella sovranazionale, nella misura in cui quella sovranazionale sia compatibile con l'ordinamento interno.

  PAOLA MARSOCCI, professoressa associata di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza». Buongiorno a tutti. Ringrazio il presidente e la Commissione per questo invito. Non possiamo organizzarci fra di noi auditi su che cosa dire, quindi le questioni che toccherò sono esattamente le stesse. Forse la prospettiva è leggermente differente, ma i punti sono gli stessi, ossia: la natura giuridica dei partiti, Pag. 8in particolare possibile definizione legislativa di partito politico, e la questione della selezione della élite politico-partitica, in particolare con riferimento alle cosiddette primarie.
  Vorrei partire da una considerazione. Come tutti sappiamo, l'articolo 49 della Costituzione – lo hanno appena detto i colleghi – in realtà prevede che il partito sia uno strumento a disposizione di ciascun cittadino, o comunque di ciascuna persona, per poter attivarsi politicamente.
  In buona sostanza, sia i costituenti, sia credo tutti quanti noi oggi qui presenti, riteniamo che in un gruppo, in una collettività organizzata, e possibilmente stabile nel tempo, il cittadino possa disporre di maggiori chance, maggiori opportunità per esprimere il proprio pensiero politico e partecipare, se vuole, attivamente. Questo è il motivo per cui ai partiti politici è stata assegnata una precisa prescrizione costituzionale e un persistente ruolo protagonista nell'agone politico, una funzione che in qualche modo gli dà un'identità privilegiata rispetto alle altre formazioni sociali.
  Il partito politico è una formazione sociale, ma ciò non vuol dire che abbia il monopolio dell'agire politico. Questo significa che non soltanto quelli che vogliono definirsi partito politico, ma anche qualsiasi formazione che abbia un'intenzione politica, e specificatamente l'intenzione di partecipare alle elezioni, ma non solo, abbia la dignità di formazione politica.
  Se ancoriamo l'articolo 49 non solo con l'articolo 18, ma anche con i princìpi fondamentali, soprattutto con gli articoli 1, 2 e 3 della Costituzione, arriviamo a fare alcune valutazioni. Se osservate in particolare – rinvio anche io al testo scritto che ho trasmesso alla Presidenza – l'articolo 2 della nostra Costituzione, noterete che si usa l'aggettivo «politico», con riferimento al principio solidarista e lo si connette immediatamente con la possibilità di esprimere la propria personalità.
  Quindi, se il cittadino vuole veramente riuscire ad esprimere la propria personalità, in un contesto solidaristico-politico, deve poter scegliere; deve poter vedere emergere differenziazioni delle parti politiche non solo finalistiche, ma anche strutturali; penso che su questo si possa essere d'accordo tutti; deve potersi sentire a casa dove veramente si sente a casa, sia da un punto di vista organizzativo, perché la forma è sostanza, sia da un punto di vista finalistico politico e programmatico.
  Questo comporta che le differenze reali possano emergere e che quindi non si possa vincolare così tanto strettamente i partiti e le altre formazioni comuni ad avere una stessa struttura comune, con la giustificazione che questo garantirebbe meglio la democrazia.
  Secondo me, e l'hanno ben chiaro anche i legislatori, l'obiettivo è quello di tenere insieme l'autonomia politica e di dare la possibilità al legislatore di intervenire a tutela dell'intera collettività. L'autonomia politica, in un sistema democratico costituzionale, è un principio di massima rilevanza e fondamentale. Dobbiamo scegliere il livello sia della autonomia sia della eteronomia, cioè del confine entro il quale il legislatore può decidere di intervenire.
  Le soluzioni sono due. Una, rispetto alla natura giuridica del partito politico, è quella che tutto sommato è già stata intrapresa, soprattutto con le ultime norme appena citate dai colleghi, in particolare con la legge del 2014. È la strada del riconoscimento giuridico dei partiti politici, inteso come onere, ossia a fronte di incentivi che in qualche modo stimolino tutti ad avere dei comportamenti comuni e soprattutto stimolino tutte le parti politiche a mirare tendenzialmente ad avere un'organizzazione stabile sia nella forma, che nel tempo.
  Personalmente, prediligo questa possibilità. È la stessa scelta che è stata fatta anche dall'attuale Regolamento europeo che citava prima il professor Guzzetta; onere, quindi, i cui incentivi, se volete, possono essere ulteriormente implementati, come infatti in alcuni casi – andrebbe visto caso per caso qual è il più vicino a Pag. 9una garanzia costituzionale e quello meno vicino – propongono, nei contenuti, alcune proposte di legge.
  La seconda soluzione invece è quella di prevedere l'obbligo del riconoscimento giuridico, cosa assolutamente possibile per il legislatore che può immaginare di decidere che un'associazione sia obbligata a registrarsi e depositare, con atto pubblico, un proprio statuto.
  Che cosa invece, secondo me, come anche per i colleghi che mi hanno preceduto, non è possibile e molto dubbio costituzionalmente ? Aggiungere obblighi aggiuntivi di contenuto particolarmente stringenti rispetto a quello della registrazione e del deposito dello statuto.
  Uno scheletro valido per tutti gli statuti dei partiti si può anche immaginare, ma è un'operazione davvero molto delicata. Invece, assolutamente non si può immaginare una scatola che sia eccessivamente dettagliata, perché il risultato non sarebbe la violazione dell'articolo 49 o dell'articolo 18, ma quella dell'articolo 2 della Costituzione, come anche dell'articolo 1 e dell'articolo 3. Sostanzialmente infatti ci sarebbero partiti fotocopia, nella sostanza magari differenti – sostanza che va cercata dall'elettore o dal simpatizzante – ma nella forma tutti quanti con una stessa faccia da presentare all'opinione pubblica e ai cittadini; cosa che conculcherebbe effettivamente la loro possibilità di scelta.
  Vengo al secondo punto – per tante altre cose rinvio al testo scritto – ossia le cosiddette primarie, che spesso vengono definite elezioni. Tuttavia, le primarie non sono elezioni in senso costituzionalistico proprio; pur essendo espresse tramite un voto, sono consultazioni, vale a dire che sono l'espressione di un desiderio, di una preferenza e di una scelta politica delle persone che vengono coinvolte in questo voto. Non sono espressioni, secondo me, di democrazia diretta, sempre in senso proprio, perché il risultato che si sortisce con questi voti non è mai un cambiamento immediato e concreto che abbia un rilievo giuridico. Non sono neanche espressioni di democrazia rappresentativa perché non si va ad eleggere nessuno. Si va a indicare un candidabile e lo si va a suggerire ai soggetti che effettivamente hanno il potere poi di decidere chi saranno i candidati alle elezioni vere.
  Aggiungo una seconda osservazione sulle primarie. Occorre distinguere tra diversi tipi di primarie quelle intese come possibilità di selezionare le persone all'interno della struttura organizzativa del partito. Quella davvero è una cosa che deve essere lasciata all'autonomia delle singole parti politiche. Non si può immaginare neanche come scheletro generale che la legge dica a un partito come organizzare i suoi vertici e le sue articolazioni interne.
  Invece, le primarie possono essere di interesse del legislatore nel momento in cui, come già avviene a livello regionale, sono immaginate come aspetto prodromico di un iter pubblico, che è quello elettorale. In quel caso il legislatore può intervenire, ma sempre con estrema delicatezza. Personalmente, non sono favorevole alle primarie di nessun genere, ma questa è un'opinione personale e lascia ovviamente il tempo che trova.
  Ad ogni modo, sarebbe una forzatura, da un punto di vista costituzionalistico, che il legislatore imponesse come obbligo la loro introduzione, sebbene anche con solo riferimento ai candidati alle elezioni vere. Potrebbe immaginarlo come onere, con un incentivo, a coloro che lo volessero fare, ma dovrebbe assolutamente lasciare alla scelta autonoma delle parti politiche la possibilità di decidere come effettivamente fare le primarie.
  Inoltre il concetto delle primarie cosiddette aperte, cioè aperte anche ai non iscritti al partito, secondo me è molto delicato costituzionalmente perché viola i diritti degli iscritti al partito.

  STEFANO CECCANTI, professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza». Se è una scelta, non vìola.

  PAOLA MARSOCCI, professoressa associata di diritto costituzionale presso l'Università Pag. 10degli Studi di Roma «La Sapienza». Se è una scelta di chi ?

  STEFANO CECCANTI, professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza». Della forza politica.

  PAOLA MARSOCCI, professoressa associata di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza». Se è una scelta della forza politica; è una forzatura. Ma ribadisco che questo è un parere personale.
  Come ho accennato prima, se voglio partecipare alla vita di una parte politica, posso farlo come elettore, come simpatizzante, oppure come iscritto. Nel momento in cui io mi iscrivo al partito godrò di una qualche differenziazione rispetto a chiunque altro ci sia al di fuori del partito ? Io auspico di sì e che queste garanzie mi siano date sia dal mio partito politico – anche in questo baserò la mia scelta di stare da una parte o dall'altra – e poi eventualmente, se violate, siano fatte valere dal giudice. È ovvio infatti, come diceva prima il collega Guzzetta, che sarà anche il giudice casomai a venire interpellato per la tutela dei diritti degli iscritti all'interno del partito.
  Faccio un'ultima considerazione, al confine fra politica e diritto. È ovvio che quello sulle cosiddette consultazioni primarie sia un giudizio politico-istituzionale e dipenda dalla propria propensione, anche il giudizio sull'efficacia giuridica che possono avere queste consultazioni, tuttavia, a me sembra di vedere, soprattutto negli ultimi anni, che sia stato un po’, scusatemi il termine, barattata la possibilità vera e concreta di scelta elettorale, con una possibilità consultiva, che invece esula da una procedura elettorale vera, come una sorta di compensazione, soprattutto agli occhi dell'opinione pubblica, della democraticità interna della selezione politica.
  Se la finalità politica è avallare questo modo di ragionare, secondo me la democrazia costituzionale non ne guadagnerebbe.

  ORESTE MASSARI, professore ordinario di scienza politica presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza». Anch'io ho inviato questa mattina una memoria scritta alla presidenza.
  Intanto vorrei iniziare con le ultime osservazioni della professoressa Marsocci sulle primarie e sugli elettori, che mi spingono a fare una considerazione. Che cos’è un partito politico oggi ? Ebbene, un partito politico è fatto da tante componenti: gli iscritti naturalmente, le organizzazioni territoriali e via dicendo, soprattutto nella tradizione europea.
  Attenzione però, negli Stati Uniti ci sono dei partiti che pur essendo tali non hanno iscritti. Ci sono primarie per legge in cui gli elettori funzionano da iscritti, perché dichiarano in molti casi la loro appartenenza o vicinanza al partito. Quindi per la teoria americana, che abbiamo recepito in Europa, gli elettori sono parte costitutiva dal partito politico e sulla base di questo è sacrosanto ipotizzare primarie aperte a tutti gli elettori.
  Del resto, se prendiamo in considerazione l'articolo 49 della Costituzione, vediamo che ha due soggetti: i cittadini, singoli soggetti come elettori, e il partito. L'articolo 49 non mi dice come il partito deve essere organizzato. Riflettendo ancora sull'articolo 49, forse vale la pena di comunicarvi una mia impressione. Sento sempre parlare dell'attuazione dell'articolo 49, ma permettetemi di osservare che, anche se questa dicitura è di uso universale, non c’è da attuare un bel niente. Chi l'ha detto che bisogna attuarlo ? Per i costituenti che hanno votato quell'articolo, quello era l'articolo. Non bisognava attuarlo con una legge. L'avrebbero detto, come nel caso degli articoli 39 e 40 sul sindacato, in cui si parla di personalità giuridica e di legge attuativa. Nel caso dell'articolo 49 non si parla di questo.
  In riferimento all'articolo 21 della legge fondamentale tedesca, si dice esplicitamente che il metodo democratico deve valere nell'organizzazione interna, per cui si rimanda a una legge attuativa, ma Pag. 11nell'articolo 49 non c’è questo rimando. C’è certamente il bisogno di integrare, di sviluppare, ma è altra cosa.
  I costituenti hanno fatto una scelta molto precisa, limitando il metodo democratico solamente alla competizione esterna, al pluripartitismo e avendo rifiutato l'emendamento Mortati-Ruggiero, che prevedeva in effetti il metodo democratico nella organizzazione interna.
  Tra l'altro, è interessante oggi, che è l'anniversario del rapimento di Moro, citare una posizione che egli ebbe in questo dibattito. Basso propose il riconoscimento delle funzioni costituzionali dei partiti politici. Non fu detto di no. Intervenne Moro che disse che era d'accordo su questo riconoscimento delle funzioni costituzionali, però per attuarlo occorreva che i partiti avessero personalità giuridica. Allora si decise, con l'ordine del giorno Dossetti, di far riunire la prima e la seconda Commissione, in modo da poter attribuire la personalità giuridica e subito dopo parlare delle funzioni costituzionali dei partiti politici.
  Le due Commissioni in realtà poi non si riunirono – e, quindi, non ci fu un voto contrario – e la situazione rimase sospesa. È chiara però la scelta di limitare il metodo democratico in maniera che non invadesse la sfera interna dei partiti in una situazione in cui c'era eterogeneità delle organizzazioni di partito, il Partito Comunista innanzitutto.
  La conseguenza che ne traggo qual è ? Ormai la coscienza contemporanea, la sensibilità non accetta più che il metodo democratico sia la competizione pluripartitica, cosa che è stata legittimata da tutta la teoria liberaldemocratica da Schumpeter a Sartori, ai quali non interessa come sono organizzati i partiti al loro interno, ma l'importante è che il cittadino abbia la possibilità di scegliere, la democrazia competitiva. Oggi questa posizione non ci soddisfa più giustamente e quindi il metodo democratico deve essere esteso anche all'interno dell'organizzazione.
  Bisogna farlo adeguatamente, integrando l'articolo costituzionale (mi pare che Guzzetta dicesse qualcosa del genere su questa linea), con una legge adeguata, definendo cos’è il partito perché non possiamo prescindere da una definizione aggiornata di partito politico.
  I punti delle varie proposte di legge riguardano la personalità giuridica, la registrazione dello statuto e le primarie. Per quanto riguarda la personalità giuridica, va bene purché si distingua il fenomeno partitico da tutti gli altri enti di personalità giuridica, non è necessario che questa realtà vada al prefetto che è un organo governativo.
  È vero che già la legge del 2014 prevede che il deposito sia fatto alla Commissione, però la Commissione deve informare e inviare alla prefettura lo statuto, e questo non è necessario. Gli statuti dei partiti, se vogliamo avere un riconoscimento giuridico, vanno depositati in istituzioni adeguate (il Ministero dell'interno, la Cassazione, la Corte costituzionale), non vedo cosa c'entri la prefettura, dato che sono altra cosa i partiti politici come profilo pubblico.
  Per quanto riguarda registrazione e statuto, tutte le proposte di legge modificano le legislazioni del 2013 e 2014, che erano rivolte esclusivamente al finanziamento pubblico del partito, passando dal finanziamento diretto a una forma di finanziamento indiretto, però con molte di queste proposte si va al di là del terreno del finanziamento che implica gli incentivi, per cui una forza politica, se vuole il finanziamento, deve registrare lo statuto, se non vuole registrarsi, non ha il finanziamento e la cosa finisce lì.
  Con queste nuove proposte operiamo un salto, nel senso che soprattutto nella proposta Guerini c’è la facoltà di ricusazione, per cui, se una forza politica non registra, può essere ricusata, cioè le si vieta di presentarsi alle elezioni. Questa mi sembra una questione di grande rilevanza costituzionale e politica, su cui va operata una riflessione molto più cauta. Probabilmente, recependo una suggestione di Ceccanti, se si vuole proseguire su questa strada, bisogna lasciare la libertà a quei soggetti che non condividono tutta l'ipotesi della registrazione di poter operare con il Pag. 12vecchio sistema delle firme, però con la raccolta di firme controllate, perché finora un controllo puntuale e pregnante non c’è mai stato, e soprattutto in caso di scioglimento della legislatura può capitare che alcune forze nuove che non si sono registrate siano impossibilitate a partecipare alle elezioni.
  Con riguardo allo statuto, sono d'accordo che bisogna stabilire dei criteri minimi, degli standard minimi di democrazia, anche sulla scia della legislazione europea, da ultimo il regolamento del 2014, però bisogna fare attenzione, perché il regolamento europeo fa riferimento a dei partiti politici europei che non sono l'analogo dei partiti nazionali: sono federazioni, alleanze, gruppi di partiti nazionali a cui finora, tranne i Verdi, i singoli cittadini non si possono ancora iscrivere, quindi sono altra cosa.
  Il richiamo alla democraticità dello statuto vale però come richiamo ai princìpi e ai valori fondanti dell'Unione europea. Da questo punto di vista, avendo letto i resoconti delle sedute della Commissione, non è forse neppure corretto dire che si vuole imporre un modello organizzativo preciso, perché questi sono degli standard minimi, anche se ci possono essere dei problemi tipo partito monarchico, partito di sole donne, quindi dei casi paradossali, comunque certamente sono standard minimi.
  Naturalmente ci deve essere un'indicazione di massima del funzionamento di questi statuti; in alcune proposte c’è un'indicazione troppo puntigliosa, addirittura si richiede l'indicazione dei titolari delle cariche, che però possono cambiare continuamente, quindi mi sembra inutile.
  Se nello statuto si dice che il congresso viene fatto ogni quattro anni, benissimo, uno lo vuole fare ogni dieci anni, benissimo, purché poi si faccia; chi controlla però l'effettività di queste norme ? In tutte le proposte di legge ho visto un controllo preventivo da parte della Commissione, che vede la coerenza degli statuti. Dopo l'approvazione non succede niente: se un partito non fa un congresso per vent'anni nessuno può intervenire, quindi, se vogliamo introdurre la democraticità degli istituti come elemento qualificante, dobbiamo prevedere anche l'adeguatezza della Commissione.
  La Commissione di garanzia è stata fatta in relazione al problema del finanziamento, quindi magistrati contabili, ma, se una Commissione deve esaminare la democraticità degli istituti, probabilmente dobbiamo modificare questa Commissione includendo non solo magistrati contabili.
  Vanno benissimo le primarie, come ho già detto sono favorevole perché gli elettori fanno parte del partito, però ricordo che Mortati, che presentò un progetto di primarie che ho avuto modo di commentare in uno scritto recente su Nomos, in realtà aveva in mente non i partiti americani, ma i partiti inglesi, i grandi partiti maggioritari, strutturati, disciplinati, coesi, perché adatti al parlamentarismo. C’è una frase che mi ha colpito e ho citato in un mio scritto che posso mettere successivamente a disposizione della Commissione, in cui raccomanda attenzione, perché le primarie possono anche produrre l'affermazione dei «maneggioni» (o qualcosa del genere), quindi è un pericolo che dobbiamo avere presente.
  Dico questo perché una lacuna che ho visto in tutte le proposte di legge è che va bene incentivare la partecipazione alle primarie, però ci deve essere anche l'attenzione ai problemi della qualità democratica, che è altra cosa dalla partecipazione, soprattutto potenziando le arene deliberative dei partiti politici, come gli iscritti partecipano all'elaborazione, che è tutto un altro campo, perché la primaria in sé va benissimo, ma è un atto che poi si esaurisce, tranne che non sia preparata.
  Le stesse primarie americane si concludono poi con una convention in cui c’è democrazia deliberativa, in cui c’è il confronto dei programmi. Io ho dei dubbi sulle primarie facoltative di un solo partito e poi mi pare che nelle proposte siano limitate solamente alle elezioni della Camera, quindi tutte le altre primarie non sarebbero regolamentate, nemmeno quelle a livello locale per i sindaci.Pag. 13
  Infine, una considerazione che condivido: Guerini nella relazione introduttiva alla sua proposta di legge dice che il problema della democraticità interna dei partiti si pone anche perché noi stiamo vivendo una fase di partiti fortemente personalizzati, a forte leadership personale. Si tratta di una considerazione sacrosanta e giusta, solo che non ne vedo l'esplicazione nella disciplina successiva delle primarie.
  Lancio qui una mia considerazione: dato che si fa riferimento all’Italicum e che la democraticità dell'organizzazione interna è connessa sia al sistema elettorale, sia alla legislazione elettorale di controllo, per quanto riguarda il sistema elettorale che è stato approvato, l’Italicum, mi permetto di considerare che stiamo andando a un sistema che ci pone dei problemi.
  Se infatti andiamo a un ballottaggio tra due partiti politici o due liste e il candidato premier, che a sua volta è stato nominato da primarie aperte, vince il ballottaggio, diventa Presidente del Consiglio, cosa succede in caso di conflitto tra Presidente del Consiglio e propria maggioranza ?
  Mentre so che nel caso inglese Primo ministro e partito sono in equilibrio e, in caso di conflitto, vi posso assicurare che il Primo ministro va a casa e il partito rimane perché è un Governo di partito anche nella sua forma personalizzata, presidenzializzata, nel caso italiano il premier non può andare a casa se non sciogliendo la Camera dei deputati e quindi è un altro tipo di sistema.
  Dico questo per richiamare come il sistema presidenziale abbia un grande pregio, la sua flessibilità, per cui si può mandare a casa il Primo ministro se non va bene. È vero che oggi il nostro Presidente del Consiglio, nella comunicazione che ha fatto, richiamava come in Europa tutti i sistemi partitici stiano saltando e vi sia l'impossibilità di governare, quindi proponeva l’Italicum come soluzione dei problemi e può darsi che questa sia una strada da perseguire, però ci sono delle implicazioni che vanno considerate anche per quanto riguarda la tenuta democratica dei partiti politici. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DANILO TONINELLI. Pongo alcuni quesiti. Il cuore di questi provvedimenti, in particolare di quello a prima firma Guerini, è rappresentato dalla previsione di far derivare la possibilità di partecipazione di una forza politica alle elezioni dalla registrazione del partito e dal deposito dello statuto. Collegare il contenuto di uno statuto all'agibilità politica non dà a tutti i cittadini elettori il diritto di ricorrere al giudice ordinario nel caso in cui ritengano violato il rispetto della legge sui contenuti dello statuto e, se sì, il giudice ordinario fino a dove si può esprimere, fino allo scioglimento di un partito ?
  Per l'altra domanda mi rifaccio a quanto detto dal professor Massari nell'ultima parte del suo intervento: è normale che una Commissione fatta prettamente di magistrati contabili intervenga su un organo di rango costituzionale, esprimendo un giudizio di accettazione o meno del deposito del registro e quindi di partecipazione o meno alle elezioni da parte di una forza politica ? Sulla base di quali criteri questa Commissione può valutare se sia corretto e rispettato il contenuto dello statuto previsto per legge, se il congresso di un partito si fa una volta ogni cento anni ?

  ANDREA CECCONI. Sarò molto rapido, comunque più ascolto gli auditi e più la questione, invece di semplificarsi, si complica, nel senso che diventa sempre più sfumata e, invece di centrare l'obiettivo, sembra che ci stiamo allontanando.
  Tutti gli auditi sono infatti concordi nel dire che il riconoscimento giuridico è una cosa che si può chiedere, che è legittima, ma sono anche concordi nel ritenere che non si possa ascrivere il riconoscimento come propedeutico alla partecipazione alle Pag. 14elezioni, non possa essere elemento determinante in vista della partecipazione alle elezioni.
  Vorrei rivolgere una domanda in merito al riconoscimento di un'associazione riconosciuta, perché a legislazione vigente a qualsiasi cittadino che vada dal prefetto a iscrivere un'associazione riconosciuta viene richiesta una serie di requisiti che l'associazione deve contenere al suo interno, quali lo statuto e il capitale societario. Ritenete che nel caso dei partiti questa legislazione debba essere modificata per renderla confacente agli articoli 49 e 18 della Costituzione ? Ritengo che avere un capitale sociale sia un problema perché, se abbiamo ipoteticamente il partito dei clochard che ha zero euro, non gli si può impedire.
  La seconda domanda riguarda le primarie di cui avete parlato tutti anche in maniera differente, quindi vorrei capire se l'indicazione che date sia quella di organizzare il sistema delle primarie con una legislazione forte, orientata al modello americano ovviamente adeguato al modello italiano, o quella di prevedere all'interno della legge la possibilità dei partiti di fare le primarie, come già possono fare a prescindere dalla legge; quindi vi chiedo se questa possibilità possa essere inserita in una legge con una regolamentazione forte oppure sia un'eventualità di un partito, di un'associazione, di un movimento, che può essere libero di avvalersene o meno.
  Sempre in merito all'associazione riconosciuta volevo riprendere il discorso dell'intervento della magistratura all'interno della conformazione politica o partitica rappresentata in Parlamento. La magistratura avrebbe un intervento analogo o equivalente rispetto ad associazioni riconosciute nel nostro Paese o un intervento ridotto rispetto a quello che costituzionalmente viene impresso nell'articolo 49 ?
  Poiché non è possibile intervenire obbligando i partiti ad assumere questo riconoscimento per partecipare alle elezioni, secondo voi è plausibile prevedere per i partiti, le associazioni o i movimenti che abbiano anche un solo consigliere comunale o regionale, quindi abbiano qualcuno eletto all'interno delle istituzioni, l'obbligo di depositare lo statuto non soltanto del Gruppo consiliare o parlamentare, ma anche del proprio movimento o partito politico, al cui interno siano indicati precisamente i metodi di elezione e tutto ciò che troviamo nelle leggi ?
  Vorrei capire se questo sia plausibile a posteriori e non come richiesta antecedente alla partecipazione, per cui una volta eletto devi rendere plastico ai cittadini quello che sei, come ti comporti e come ti muovi all'interno della Repubblica.

  STEFANO QUARANTA. Partirei da una domanda molto semplice: perché in questa fase storica stiamo pensando di affrontare il tema dell'articolo 49 della Costituzione ? Abbiamo una premessa di fondo, ossia il fatto che la Costituzione prevede che i partiti siano lo strumento della nostra democrazia.
  Nel frattempo, sono intervenuti almeno due fattori, a mio modo di vedere, che venivano anche in parte ricordati. Da un lato, c’è stato il tramonto dei partiti ideologici, costruiti su un punto di vista fortemente condiviso tra i loro iscritti, e siamo ora, invece, in una fase di personalizzazione della politica e di collante labile, secondo me, anche tra coloro che aderiscono a delle forze politiche. In più, però, affrontiamo questo tema perché i partiti, mai come oggi, sono l'Istituzione più screditata del nostro Paese, anche a costo, per riflesso, di screditare addirittura la nostra democrazia.
  Questa è la ragione per cui stiamo affrontando questo tema, a mio modo di vedere. Penso davvero che la questione sia quella di pensare di attuare l'articolo 49 costruendo un quadro di regole. Oppure, paradossalmente, l'alternativa – qui raccolgo anche la provocazione se sia necessario o meno attuarlo – è che si potrebbe abolire l'articolo 49. Possiamo anche ragionare sul fatto che è cambiata la fase storica e che i partiti non sono più quello che si diceva ai tempi della Pag. 15Costituente e sono un'altra cosa. Forse non ha senso stabilire che i partiti sono lo strumento della democrazia del nostro Paese.
  Arrivo alla domanda. Il tema è che dobbiamo salvaguardare l'agibilità dei partiti politici, nel senso di riconoscere un quadro di regole minime, anche nella versione di Ceccanti, il quale addirittura parla di regole diverse tra nuovi partiti e i partiti che già esistono, oppure è che dobbiamo garantire i diritti politici dei cittadini ? Se il tema è questa seconda questione, bisognerebbe aprire lo sguardo persino, secondo me, verso le leggi elettorali che sono state fatte in questi anni, altro che pensare solo di normare il ragionamento sui partiti politici !
  Il tema, secondo me – e chiudo – è quali regole debbano avere i soggetti che si presentano alle elezioni, che accedono al finanziamento pubblico e che hanno un accesso privilegiato all'informazione. Se parliamo di questo, la mia domanda, rivolta a voi non come liberi pensatori che legittimamente esprimono opinioni politiche, ma come tecnici che studiano queste questioni, è quali debbano essere i requisiti stringenti che deve avere uno Statuto per garantire i diritti politici dei cittadini italiani. Altrimenti davvero, se la questione è solo di stabilire dei parametri minimi, forse sarebbe meglio ragionare dell'abolizione dell'articolo 49 e risolvere il problema alla radice, senza ambiguità.

  GIUSEPPE LAURICELLA. Vorrei fare una premessa che, secondo me, è molto importante e fondamentale. È un richiamo anche a tutte le forze politiche, compresa la mia. Quella di cui stiamo trattando è una materia, a mio avviso, non dico allo stesso livello ma quasi della riforma costituzionale per delicatezza e per importanza. Stiamo attenti, quindi, a quello che andremo a stabilire e a regolare. Prego ancora una volta tutti di avere la sensibilità di capire che alcune riforme vanno fatte, come dice il vecchio detto, pensando di perdere e non pensando di vincere.
  Fatta questa premessa, che per me è fondamentale, mi limiterò a fare due o tre richiami rispetto alle vostre considerazioni, riservandomi poi all'interno del dibattito del mio Gruppo e poi, se sarà, nell'evoluzione del dibattito anche in Commissione e in Aula di fare alcune considerazioni di fondo. Farò, quindi, solo alcuni richiami molto semplici.
  Per esempio, mi rivolgo al professor Ceccanti per un mio chiarimento, per capire. Mi sono convinto, soprattutto alla luce delle ultime vicende che abbiamo vissuto, e non solo delle ultime – mi riferisco alle ricorrenti vicende di primarie – che, invece, sarebbe stato utile fare una sorta di anagrafe, di albo di iscritti che non sia aperto fino all'ultimo giorno. È una domanda per chiarire a me stesso. Facendo un'iscrizione, per esempio, un anno prima, si potrebbe evitare che all'ultimo momento ci sia l'assalto alla diligenza, come può succedere.
  Mi ero convinto che questa potesse essere una soluzione, anche se mi convince anche un'altra idea, quella ventilata proprio di passaggio dalla professoressa Marsocci. Sulle primarie ho molte riserve. Inoltre, volevo capire a quali primarie ci riferiamo: primarie nazionali, primarie per la scelta dei parlamentari, primarie per la scelta dei presidenti delle regioni, primarie per la scelta dei sindaci ? Dipende da che cosa parliamo. Oppure ancora parliamo di primarie di partito o di primarie di coalizione ? Anche quello è un altro tema interessante.
  Per esempio, le primarie di partito le escluderei – questa è una mia idea – mentre le primarie, se dovessero esserci, le farei nel caso in cui si dovesse scegliere un leader o comunque il soggetto candidato per un'elezione in cui c’è una coalizione. Questo anche per evitare una serie di conseguenze su cui ormai abbiamo fatto anche pratica.
  Aggiungo un'altra considerazione. Con il professor Massari sono abbastanza convinto che l'articolo 49 non avrebbe bisogno di attuazione. Discutiamone e vediamo che cosa sarebbe l'impianto che vogliamo creare.Pag. 16
  Come ultima questione, professor Guzzetta, nella sua relazione, mentre parlava – è una mia curiosità; mi ha lasciato in sospeso – ha iniziato una frase e ha detto che l'articolo 49 non consente... Poi ha cambiato discorso ed è andato in altre direzioni. Non consente che cosa ? Lo chiedo per sapere. So che cosa non consente. Volevo sapere da lei, che lo stava dicendo ma non l'ha detto, che cosa non consente.

  TERESA PICCIONE. Professor Ceccanti, mi rivolgo a lei perché mi è sfuggito un passaggio. Intanto anch'io, come il collega Lauricella, penso, per esperienza vissuta, che la registrazione chiusa un certo tempo prima alle primarie ci garantisca una regolarità diversa, comunque migliore.
  L'altra questione che non ho ben capito è quando lei dice, dopo tutte le premesse e i tre punti che ha trattato, che poi c’è una ricaduta per cui i Gruppi che devono corrispondere alle liste. È questo passaggio che vorrei fosse chiarito.

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  STEFANO CECCANTI, professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza». Ho una batteria di domande ad hoc dell'onorevole Lauricella, un'altra domanda e poi vorrei dire alcune cose. Vado velocissimo.
  Su quest'ultima questione, ferma restando la mobilità del singolo e, quindi, il divieto di mandato imperativo, se vogliamo un sistema dei partiti strutturato, dobbiamo seguire uno schema in base al quale i gruppi parlamentari corrispondono alle liste elettorali. È lo schema che si usa, per esempio, in Spagna. I gruppi parlamentari si costituiscono a inizio legislatura, corrispondendo a liste elettorali.
  Se avete visto, per esempio, Podemos voleva fare quattro gruppi parlamentari diversi, perché si era presentato con nomi leggermente diversi. Gli è stato impedito perché i soggetti parlamentari devono corrispondere ai soggetti elettorali, per evitare di incentivare il transfughismo individuale. Il singolo si può spostare, ma finisce nel gruppo misto. I soggetti sono quelli. Il fixing è dato dalle elezioni. A me questo sembrerebbe giusto. Si può essere persino meno rigorosi sui numeri per costituire un gruppo. La cosa importante è che ci sia una coerenza tra il diritto elettorale e il diritto parlamentare.
  Prima di passare alla batteria di domande, ce n'era una a cavallo. Il problema è questo: tanto più se pensiamo a un sistema di primarie regolate per legge, il soggetto dell'articolo 49 della Costituzione sono i cittadini. Pertanto, le primarie per legge si giustificano molto di più se la partecipazione politica è la più ampia possibile.
  Dobbiamo immaginare come funziona oggi la partecipazione politica, non parametrandoci su di noi. Siamo tutti persone – voi, ovviamente, perché siete parlamentari – motivate fortemente alla partecipazione politica. Probabilmente, se ci dicessero di iscriverci un anno prima a un albo, ci iscriveremmo tutti, ma le persone comuni si interessano di politica in modo saltuario. Magari la mattina aprono la radio e sentono che quel giorno ci sono le primarie di una formazione politica e decidono di votare. Questo rende l'elettorato delle primarie molto più simile a tutto l'elettorato potenziale di quell'area politica.
  Viceversa, se mi mantengo dentro un recinto di elettorato di appartenenza iperideologizzato, anzitutto si giustifica male una regolamentazione pubblicistica che faccio, anche a spese della collettività, per poche persone. Paradossalmente, però, se fossi in un partito, non le farei. Mentre i dirigenti del partito senza primarie si giocano la loro carica di dirigenti, sono portati a vincere le elezioni e, quindi, cercano di scegliere candidati accettabili, far votare un nucleo durissimo di militanti porta normalmente a scegliere dei candidati lontani dall'elettore. È una garanzia di perdere le elezioni, oltre che di far votare poche persone. Mi sembra un boomerangPag. 17per il partito che l'organizza e poco giustificabile in termini di finanziamento pubblico.
  Per quali cariche ? Le cariche monocratiche, sindaco e presidente, due cariche in cui il partito si presenta con un nome solo. Laddove c’è il voto di preferenza, il pluralismo è già implicito nel voto. Di partito o di coalizione è un problema delle forze politiche. Non posso imporre di fare le primarie di coalizione se un partito le vuol fare da solo e non c’è una coalizione. Magari, però, in un'altra situazione un partito può voler fare una coalizione e allora le fa con una coalizione. La questione deve essere aperta ad ambedue le possibilità.
  Vado ai flash. Finché ci manteniamo su cose ragionevoli, non so se ci sia un'applicazione dell'articolo 49 della Costituzione, ma comunque le questioni di cui stiamo parlando sono compatibili con l'articolo 49. Non farei una disputa se stiamo applicando o no l'articolo 49. Stiamo facendo cose compatibili con l'articolo 49 e non mi sembra che sia il caso di cambiarlo. Adotterei questa linea di low profile sull'articolo 49 della Costituzione.
  I vincoli che posso mettere sono vincoli procedurali. Alla Costituente si è discusso con varie posizioni sui vincoli procedurali, ma senz'altro si è escluso il vincolo sulle finalità dei partiti. L'intervento di Moro è chiaro. Lui dice: «Per carità, lungi da noi l'idea di controllare le finalità dei partiti. Siamo in una società libera, in cui ognuno si organizza sulla base dei princìpi che vuole».
  Il problema è mettere dei vincoli. Questi vincoli sono collegati alle sanzioni. Finché le sanzioni derivano, come diceva giustamente il collega Massari, dal fatto di non rientrare nel 2 per mille, non ci sono problemi. Se sono sanzioni specifiche per cui, se violo una cosa, pago per quella cosa, è pacifico. Il problema è: c’è qualche sanzione che posso collegare a qualche violazione procedurale che mi porti a non candidarmi alle elezioni ? Si possono immaginare, ma devono essere questioni molto semplici e in automatico, che non portino a scelte della magistratura opinabili, che possono condurre un partito o no a essere escluso dal gioco.

  PRESIDENTE. Professore, purtroppo devo fare il vigile. Abbiamo sei minuti prima che inizi l'Aula e tre persone che devono ancora parlare. Le chiederei di essere telegrafico.

  STEFANO CECCANTI, professore ordinario di Diritto pubblico comparato presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza». Finisco. La condizione minima che si può chiedere per presentarsi alle elezioni è di dichiarare trasparentemente come si scelgono i candidati. Questo si può chiedere. Tutto il resto, invece, consiste in sanzioni che vanno collegate a penalizzazioni.
  Rinuncio alle ultime considerazioni. Al limite, mando un'integrazione.

  PRESIDENTE. Professor Guzzetta, mi scuso per la pressione.

  GIOVANNI GUZZETTA, professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università degli Studi di Roma «Tor Vergata». È Ceccanti che si deve scusare, non lei. Sarò telegrafico.
  L'articolo 49 è un articolo volutamente sobrio, perché frutto di un compromesso in un contesto che è radicalmente diverso da quello di oggi, in cui i partiti non volevano un controllo interno, non volevano che nessuno mettesse bocca e avevano paura dei giudici della Corte costituzionale, soprattutto alcuni partiti. È anni luce lontano da noi, tant’è vero che il dibattito sulla democrazia interna non è nei termini di democrazia interna sì o democrazia interna no. Tutti a parole dicevano che dovevano essere democratici. Il dibattito era nei termini di «non vogliamo mettere una norma sulla democrazia interna perché poi vengono i giudici e ci controllano». Questo era il contesto, esposto proprio in modo brutale, dell'Assemblea costituente, con ragioni nobili e meno nobili.Pag. 18
  Oggi il contesto è completamente diverso. A che cosa deve servire, a mio parere, per essere compatibile con l'articolo 49, una disciplina dei partiti ? Deve essere in condizione di assicurare un patto tra il partito e i cittadini che vi si iscrivono e che vi aderiscono. Dal punto di vista della disciplina l'ordinamento deve essere totalmente neutro rispetto ai contenuti, nei limiti previsti dall'articolo 18 della Costituzione. Certo, se un partito si propone di fare stupri di massa, quello è vietato, perché è un obiettivo vietato al singolo dalla legge penale.
  Al di là di questo, poiché il partito si propone anche di modificare la legislazione – questo era forse ciò che volevo dire e non ho detto – l'articolo 49 non consente di porre dei limiti contenutistici ai partiti, ma consente solo di disciplinare un framework nel quale si dia certezza del rapporto giuridico tra il partito e gli iscritti al partito.
  Questo, peraltro, è il motivo per cui esistono le associazioni riconosciute rispetto alle associazioni non riconosciute, soprattutto dopo la riforma delle associazioni riconosciute. Le associazioni riconosciute non divengono la longa manus dello Stato. Sono semplicemente degli enti dei quali si vuole tutelare, con delle discipline che assicurino quel patto nell'autonomia contrattuale, oltre che l'organizzazione interna, anche la soggettività esterna nei confronti dei terzi per garantire i terzi. Questo, secondo me, dovrebbe essere. Tutto il resto rischia di essere incostituzionale.
  Sulle primarie non ho nulla da dire, perché parto dal presupposto che le primarie siano costituzionalmente legittime nelle loro varie forme. La scelta sulle primarie da fare spetta a voi. Non è compito di un costituzionalista audito quello di dire come si debbano fare, se di coalizione o non di coalizione.
  Io penso che siano legittime. Penso che siano legittime le primarie anche obbligatorie, perché sono dei meccanismi di selezione delle candidature. D'altra parte, il sistema elettorale a doppio turno è un sistema in cui il primo turno è una sorta di primaria, perché si scelgono i candidati che poi accederanno al ballottaggio. Non è incostituzionale, a mio parere. La formula concreta, ovviamente, va discussa.
  Con riguardo alla tutela giurisdizionale, per me la tutela giurisdizionale deve essere totale. Non credo nel dogma dell'impenetrabilità dei partiti a cui credevano i costituenti, per ragioni che sono, settant'anni dopo, superate. D'altra parte, la giurisprudenza è andata avanti.
  Capisco che questo faccia paura. Non a caso, c’è anche una norma che prevede la possibilità per il legislatore di evitare le inframmettenze tra magistratura e politica dal punto di vista dell'iscrizione ai partiti. Dal punto di vista strettamente giuridico, però, non vedo problemi, anzi, penso che sia inevitabile, proprio perché bisogna garantire un patto tra cittadini e partito rispetto al quale lo Stato non deve mettere bocca sul piano dei contenuti.

  PAOLA MARSOCCI, professoressa associata di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza». L'articolo 49 è una prescrizione costituzionale. È norma costituzionale come tutte le altre e, come qualsiasi norma costituzionale, deve e può essere attuata.
  Qual è il bisticcio ? Il bisticcio è linguistico. Non è vero che l'articolo 49 è inattuato. È differente. Non c’è stata mancata attuazione dell'articolo 49, come c’è, per esempio, mancata attuazione dell'articolo 39 sui sindacati. Non è in discussione che si possa, si debba e si voglia dare attuazione a una prescrizione costituzionale. Quello che non si deve fare è dire all'opinione pubblica – scusatemi – che l'articolo 49 è una norma inattuata. È differente. Capisco che è una sottigliezza linguistica, ma è molto differente.
  Passo al secondo aspetto. Di nuovo, come ha appena detto il professor Guzzetta, l'ordinamento può dire: «Voglio disporre che un'associazione sia riconosciuta giuridicamente tramite atto pubblico». Questo a mio avviso sarebbe un vantaggio, Pag. 19ed è questo che va ponderato, perché, come è stato appena detto, sarebbero in questo modo introdotti una maggiore tutela giuridica degli associati, tema molto delicato, ovviamente, considerata la natura del partito politico, una maggiore chiarezza sul patrimonio – c’è separazione rispetto alla disponibilità e al modo di gestire questo patrimonio – e una maggiore trasparenza e pubblicità della storia dell'associazione stessa.
  Questo in assoluto può essere un vantaggio. Va ponderato se questi vantaggi li vogliamo acquisire anche con riferimento ai partiti politici. Teoricamente, si può fare. Nulla osta costituzionalmente a fare una cosa del genere.
  Cos’è che non si può fare ? Introdurre obblighi, particolarmente stringenti e puntuali, di contenuto come è stato già detto da tutti più volte. Soprattutto, registrazione vuol dire che un partito depositi lo statuto – può essere richiesto dal legislatore che lo statuto venga depositato insieme alla registrazione – però circa il contenuto dello statuto ciascun partito deve poter decidere; come sempre accade, per qualsiasi aspetto che riguardi la tutela di diritti soggettivi, sarà la magistratura competente a verificare il rispetto.
  Quanto alle primarie, vorrei che si rinforzasse il principio giuridico che gli elettori scelgono attraverso il voto, come atto costituzionale all'interno di una procedura legislativa disciplinata pubblicamente. Gli elettori scelgono con il voto. Se vuoi scegliere i metodi di selezione di una candidatura o meglio di una candidabilità, che è cosa diversa, dentro al partito, lo potrai fare perché ti sei voluto iscrivere e vuoi partecipare attivamente alla vita di quel partito; quindi, se il tuo partito vuole farlo attraverso le primarie va benissimo, lo può fare, decidendo con quali forme, possibilmente molto democratiche, e tu iscritto saprai che scegli quel partito anche perché hai la possibilità di selezionare i candidabili attraverso le primarie. Ma bisogna separare questo momento dal vero atto costituzionale, il voto elettorale. Gli elettori scelgono quando vanno a votare.
  Quindi, come dicevo prima, quel voto può essere immaginato come elemento prodromico dell'iter pubblico che porta alle elezioni, dunque il legislatore può intervenire, ma può prescivere davvero qualcosa di molto generale.

  PRESIDENTE. Professoressa, mi scusi. Siccome sta iniziando l'Aula, vorrei sentire rapidissimamente il professor Massari, anche perché abbiamo un comitato pareri prima dell'Aula, quindi abbiamo tempi molto ridotti.

  ORESTE MASSARI, professore ordinario di scienza politica presso l'Università degli Studi di Roma «La Sapienza». Ancora non è stata inventata una forma alternativa. I partiti, se sono una risorsa vanno quindi valorizzati e incentivati. È quindi giusto rivedere tutte le forme di incentivazione. A mio avviso, bisogna rivedere anche la forma di finanziamento pubblica. Questo in diretta probabilmente non sarà sufficiente. Tra qualche mese o anno ne riparleremo.
  Però i partiti sono anche un grande problema per la democrazia, perché presentano fenomeni corruttivi, di degenerazione, quindi in questo senso vanno regolati e disciplinati – perché sono sregolati – attraverso una serie di misure: disciplina diretta dei partiti politici, per quello che è possibile, sistema elettorale, codici etici, eccetera.
  Sono d'accordissimo con gli interventi relativi alla configurazione della personalità giuridica. Bisogna adattarla ai partiti per evitare che si richieda il capitale sociale e via elencando e per evitare poi un protagonismo giurisdizionale che è inevitabile con la personalità giuridica.
  Infine, e veramente concludo, le primarie si possono riconoscere come facoltative e incentivarle, dando un incentivo a quei partiti che le fanno ma anche dimostrando che siano corrette. Ad esempio, si deve prevedere che l'ordine di preferenza delle primarie sia rispettato. Nel passato è accaduto che, fatte le primarie, poi i partiti hanno cambiato l'ordine di preferenza. Pag. 20È successo in Campania, alle regionali.
  Come termine generale, nello statuto chiederei la selezione democratica delle candidature. Purché sia democratica, poi può essere assemblea degli iscritti, primarie aperte, primarie telematiche, purché anche qui ci sia la garanzia che le primarie telematiche siano vere e non siano frutto di una manipolazione, per esempio, di un Grande Fratello, purché insomma ci siano dalla parte dei cittadini garanzie di trasparenza.
  Comunque, l'intervento legislativo sul tema dei partiti politici, nella misura in cui si chiede più democraticità e più trasparenza, va a vantaggio dei cittadini. Non vedo una distinzione tra partiti e cittadini in questo senso.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15.