XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Giovedì 10 marzo 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 3004  FONTANELLI E ABB., RECANTI DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE DELL'ARTICOLO 49 DELLA COSTITUZIONE

Audizione di esperti.
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 3 
Luciani Massimo , Professore ordinario di diritto costituzionale presso l'Università «La Sapienza» di Roma ... 3 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 6 
Fiano Emanuele (PD)  ... 7 
Cecconi Andrea (M5S)  ... 7 
Richetti Matteo (PD)  ... 8 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 8 
Luciani Massimo , Professore ordinario di diritto costituzionale presso l'Università «La Sapienza» di Roma ... 9 
Mazziotti Di Celso Andrea , Presidente ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna, sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva differita sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di esperti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, relativamente all'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame delle proposte di legge c. 3004 Fontanelli e abb., recanti disposizioni di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, l'audizione di esperti.
  Do subito la parola al professor Luciani.

  MASSIMO LUCIANI, Professore ordinario di diritto costituzionale presso l'Università «La Sapienza» di Roma. Devo dire che sono leggermente in imbarazzo. Mi devo scusare con la Commissione perché la convocazione per questa audizione è stata fatta in termini piuttosto brevi, quindi non solo non ho fatto in tempo a predisporre un testo scritto, come in genere faccio, magari consegnando la versione definitiva poco dopo l'audizione, ma non sono neanche riuscito a costruire una scaletta di esposizione. Pertanto, sarò probabilmente confuso e disorganico, ma confido nella vostra comprensione.
  Muoverei dalla constatazione della difficoltà del tema, dovuta al fatto che si oscilla tra Scilla e Cariddi. Scilla è evidentemente il rischio di sottoporre i partiti politici a controlli pubblicistici che mettano in discussione il principio di libertà stabilito dall'articolo 49 della Costituzione; Cariddi è, palesemente, l'esatto opposto, ovvero il lasciare la vita dei partiti totalmente priva di qualunque disciplina, pur essendo i partiti dei soggetti che svolgono importantissime funzioni pubblicistiche.
  Questo è il quadro generale, di cui i costituenti furono avvertiti, nel senso che in Assemblea costituente si discusse della questione dell'attività dei partiti e dei potenziali controlli su di essa. Il testo dell'articolo 49 della Costituzione è, appunto, il risultato di discussioni molto intense in un periodo, tra l'altro, in cui i partiti erano anche molto diversi da quelli di oggi. Erano, infatti, chiamati a fondare la Repubblica.
  L'opinione di coloro che ritengono che sulla vita dei partiti politici non sia non solo opportuno, ma nemmeno possibile una qualsivoglia forma di interferenza si fonda sulla vicenda che ha condotto all'approvazione dell'articolo 49, cioè sul fatto che esso fu redatto come lo conosciamo dopo che furono respinti alcuni emendamenti che, invece, andavano in direzione opposta, cioè di un approfondimento dei controlli. Di questo è rimasto relativamente poco, ovvero apparentemente soltanto il richiamo al metodo democratico.
  Per la verità questa posizione sembra eccessivamente rigida perché, solo sulla base dei lavori preparatori, esclude qualsivoglia possibilità per il legislatore di intervenire sulla vita dei partiti politici e sul loro funzionamento.Pag. 4
  Mi sembra eccessivamente rigorosa o per lo meno rigida perché il testo dell'articolo 49, che deve essere sondato ancora prima di rivolgersi ai lavori parlamentari, è abbastanza chiaro: «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti». Ecco, questo «liberamente» è molto forte, pur tuttavia si stabilisce poi il principio del concorso, ovvero «il concorso a determinare la politica nazionale con metodo democratico».
  Ora, come la Commissione sa perfettamente, è proprio attorno alla nozione di «metodo democratico» che la dottrina costituzionalistica si è ampiamente interrogata. Alcuni hanno sostenuto che il metodo democratico dovesse essere inteso come metodo democratico esterno, cioè l'utilizzazione di un'attività politica che non mettesse in discussione la democraticità del mezzo, ad esempio il ricorso alle armi o quant'altro; altri hanno sostenuto che, invece, come metodo democratico si dovesse intendere quello interno, cioè il possesso di un'organizzazione tale da valorizzare la partecipazione delle minoranze, la tutela dei diritti delle opposizioni e via discorrendo.
  Come sempre, posizioni eccessivamente estreme sono da valutare con grande cautela, non perché non sia possibile che una posizione estrema abbia ragione, ma per il fatto che il testo dell'articolo 49 è così complesso e intricato che suggerisce di indirizzarsi verso un approdo intermedio.
  Un primo punto è che l'articolo 49 della Costituzione è una specificazione dell'articolo 18 della Costituzione. Infatti, va detto chiaramente che l'associazione in partiti politici è una forma di libera associazione già protetta dall'articolo 18. Dunque, se l'articolo 49 non esistesse, applicheremmo ai partiti politici l'articolo 18. Se applichiamo l'articolo 18, valgono le garanzie e i limiti da esso previsti, fermo restando che ci sono le ulteriori integrazioni date dalla specificità dell'articolo 49.
Ora, che cosa desumiamo dall'articolo 18 ? Non voglio tediare la Commissione che di queste cose è particolarmente esperta, ma è evidente che dall'articolo 18 desumiamo vari elementi, tra cui almeno due aspetti.
  Il primo è che sono vietate alcune associazioni, in particolare quelle segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. Quindi, questo ci dice che un partito non può essere né segreto, né avere un'organizzazione di carattere militare. Quest'ultimo aspetto è importante ai fini della risposta al nostro quesito sull'articolo 49.
  L'altra cosa che apprendiamo è che le associazioni non sono soggette ad autorizzazione. La garanzia generale dell'articolo 18 sembra estendersi anche all'articolo 49, quindi alla libertà di associarsi in partiti politici.
  Nei dieci minuti a mia disposizione cercherò di sintetizzare al massimo le cose da dire.
  Il fatto che l'articolo 18 escluda la legittimità, anzi la liceità, delle formazioni che perseguono scopi politici mediante organizzazione di carattere militare induce a ritenere che sia ammessa una qualche possibilità di verifica sull'organizzazione interna. Infatti, la dottrina costituzionalistica è unanime nel dire che l'organizzazione di carattere militare non è tanto quella che usa le armi e che fa uso della violenza, ma quella che è caratterizzata dalla tipica struttura dell'organizzazione militare, con l'uso di divise o dei gradi, e soprattutto l'indiscutibilità dell'ordine del superiore, cioè il vincolo gerarchico tipicamente militare.
  Se è vero, questo vuol dire, evidentemente, che una qualche forma di verifica sull'organizzazione interna delle associazioni in generale – a questo punto anche dei partiti politici – non è da escludersi a priori. Detto questo, c’è un'ulteriore osservazione da fare.
  I partiti politici sono associazioni di tipo del tutto particolare; un'altra associazione di tipo particolare sono i sindacati; non a caso, l'articolo 39 della Costituzione dedica loro una specifica disciplina. Queste associazioni sono particolari – i partiti più dei sindacati – perché al partito politico è confidato l'esercizio di funzioni pubblicisticamente rilevanti. Si discute molto tra i teorici della politica e anche Pag. 5tra i costituzionalisti su che cosa si intenda per «partito politico». Ecco, che cos’è un partito politico ?
  La risposta più diffusa – sulla scia di Max Weber – è che un partito politico è un'organizzazione che tende, attraverso l'attività politica, a conquistare il potere politico nelle istituzioni di governo dello Stato. Questa funzionalizzazione dell'attività del partito politico fa sì che gli sia connaturale l'esercizio di funzioni pubblicisticamente rilevanti, tanto quanto queste sono previste anche dalla legislazione vigente, come accade da noi, per esempio, nelle leggi elettorali.
  Allora, se questo è vero, come possiamo rispondere al quesito che abbiamo posto precedentemente, cioè come intendere il metodo democratico e se è possibile o meno una regolamentazione dell'attività dei partiti ?
  Da quello che ho detto finora, penso si sia inteso che la mia risposta è che è possibile regolare l'attività dei partiti, ma con grande prudenza, proprio a causa delle garanzie particolarmente efficaci e penetranti degli articoli 18 e 49.
  Che cosa si deve ritenere escluso ? Cosa non potrebbe fare il legislatore ?
  Ebbene, a mio parere, il legislatore non potrebbe occuparsi dell'impianto «ideologico» ovvero dell'universo assiologico nel quale si muove il partito. In pratica, non si possono imporre ai partiti nemmeno i valori costituzionali. Questo lo argomento dal rapporto tra l'articolo 139 della Costituzione e il 49. Tutti sappiamo, infatti, che la forma repubblicana, ai sensi dell'articolo 139, si sottrae alla revisione costituzionale. Eppure, in questo Parlamento e in questa stessa Camera dei deputati è stato rappresentato – anche con successo e con un certo peso politico – un partito monarchico.
  Questo è stato possibile perché la Costituzione è neutra rispetto al fine, ma non rispetto al mezzo. Il mezzo non può essere antidemocratico, né violento, né può ricordare le organizzazioni di carattere militare di cui all'articolo 18, ma il fine può essere addirittura contrario all'articolo 139. Infatti, un partito ha potuto avere, senza che nessuno obiettasse, tra le proprie finalità quella di contestare la stesso fondamento repubblicano.
  C’è, però, un'eccezione, che non è casuale: la XII disposizione finale e transitoria nella quale si esclude la possibilità di ricostituire il disciolto partito fascista. Il fatto che nella XII disposizione transitoria e finale questo sia scritto esplicitamente è significativo; non vuole soltanto dire che la Repubblica italiana è antifascista (ci mancherebbe altro !), ma anche che, se non lo si fosse detto, si sarebbe potuta sospettare questa possibilità, che invece è esclusa.
  Signor presidente, non so se ho la possibilità di azzardarmi a fare qualche piccolo commento sui testi che mi sono stati trasmessi.
  A questo riguardo, ho qualche perplessità sulla possibilità di prevedere che i partiti politici siano tenuti a qualcosa, ad esempio a rispettare i valori della Costituzione nel loro programma e nella loro attività, come previsto nel progetto di legge n. 3004. La ragione è che, in primo luogo, quando si richiamano i valori ci si avventura sempre su un terreno minato perché il valore è difficile da definire. Sarebbe, forse, più puntuale parlare di «principio» o di «norme costituzionali».
  Tuttavia, se stiamo ai programmi, in una legge attuativa dell'articolo 49 della Costituzione, non penso sia possibile spingersi fino alla determinazione del contenuto dei programmi dei partiti politici, anche se con la migliore delle finalità. Infatti, tutti siamo convinti della necessità di agganciarsi saldamente ai valori e ai principi costituzionali.
  Inoltre, ho qualche dubbio anche sulla terminologia. Penso all'ipotesi di concedere d'ufficio il riconoscimento. Ecco, «concessione» non sembra propriamente corretto, trattandosi piuttosto di un caso di attribuzione della personalità giuridica.
  Inoltre, si interviene in modo eccessivamente penetrante nell'organizzazione interna dei partiti, ad esempio stabilendo che lo statuto debba prevedere come utilizzare il simbolo. In tal modo, si impone Pag. 6un contenuto specifico allo statuto, che potrebbe anche non prevedere le modalità di utilizzazione del simbolo.
  Ecco, prevedere tutto questo, nella proposta di legge n. 3004, significa entrare in modo molto penetrante nell'organizzazione interna dei partiti. Nella proposta di legge n. 3147 si dice, poi, che i partiti promuovono e favoriscono la partecipazione dei cittadini alla determinazione politica nazionale. Questo, però, non mi sembra felicissimo perché – mi permetto di dirlo con il rispetto che si deve a chi ha presentato questi progetti di legge; altrimenti non dovrei essere qui a manifestare la mia opinione personale – va al di là dell'articolo 49 della Costituzione, che stabilisce il principio del concorso dei cittadini per determinare la politica nazionale. Questo, infatti, svilisce l'apporto dei partiti.
  Ancora, si dà per scontato che ci debbano essere alcuni requisiti della democraticità interna, per esempio la rappresentanza proporzionale nella strutturazione degli organi interni. Ora, il principio della proporzionalità è eccellente per realizzare il principio del metodo democratico, ma c’è da chiedersi se questo non debba essere lasciato alla libera iniziativa dei partiti politici.
  Forse, però, il punto di maggiore delicatezza – devo saltare delle cose perché mi sono accorto che ho già sforato il tempo a mia disposizione – è contenuto nel progetto di legge n. 3147, laddove si stabilisce che a presentare le liste siano esclusivamente i partiti o i gruppi politici organizzati, ovvero che siano iscritti nel registro nazionale.
  Questo è diverso dalla normativa vigente. Infatti, il testo unico delle leggi elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati prevede questo, ma non la registrazione. In pratica, prevede partiti e gruppi politici organizzati. A questo punto, però, i gruppi politici organizzati diversi dai partiti non esisterebbero più, mentre il principio del concorso è stato letto quasi unanimemente dalla dottrina come un principio di pluralismo, nel senso che non c’è un monopolio di determinazione della politica nazionale in capo ai partiti, che sono lo strumento per determinare, in via prevalente, ma non esclusiva, la politica nazionale.
  Quindi, l'idea che soltanto i partiti registrati possano essere protagonisti della competizione elettorale, personalmente, mi lascia qualche dubbio sulla legittimità costituzionale di una disciplina di questo tipo.
  Ci sarebbero, poi, anche altre osservazioni più puntuali da menzionare. Pur essendo prossimi all'8 marzo oso menzionarne una. Nel progetto di legge n. 3438 si stabilisce che i partiti politici destinino delle norme anche alla promozione dell'eliminazione della differenza di genere dal promovimento della partecipazione delle donne alla vita dei partiti politici. La cosa, però, mi lascia perplesso quando si prevede che si possa procedere anche attraverso il sostegno alle campagne elettorali delle donne, il che mi sembra creare un problema molto serio di parità di trattamento. Infatti, qui non stiamo parlando di provvedimenti incentivanti, ma di un sostegno alla campagna elettorale a detrimento dei competitori che donne non sono.
  Insomma, ci sono vari punti sui quali si potrebbe ancora discutere. Credo, tuttavia, che il principio fondamentale al quale ci si debba ispirare, analizzando l'articolo 49 e le potenzialità della sua attuazione, sia quello che è possibile identificare strumenti pubblicistici di garanzia del metodo democratico anche interno, ma con estrema prudenza, altrimenti si corre il rischio di un eccesso.
  Concludo dicendo che questo eccesso porta una conseguenza molto chiara, ovvero che le controversie saranno risolte dal giudice; questo significa far entrare la giurisdizione nel dominio della politica, il che non è assolutamente escluso perché tipico dello Stato costituzionale di diritto, ma forse va fatto con una certa attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, professore, per la puntuale relazione e per le sue osservazioni che saranno senz'altro di grande utilità per il lavoro della Commissione.Pag. 7
  Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  EMANUELE FIANO. Ringrazio il professor Luciani, che è sempre illuminante nelle sue relazioni. Il punto che intendo sollevare e che mi pare di grande rilevanza riguarda la sua posizione difforme rispetto alla proposta di legge n. 3147, a prima firma Guerini, nella parte che concerne la eventualità che la non iscrizione al registro previsto nel testo porti all'esclusione dalla possibile presentazione di candidati alle competizioni politiche.
  Se non ho compreso male, lei ha portato a supporto di questa sua posizione l'interpretazione del dibattito costituzionalistico sul termine utilizzato nell'articolo 49, cioè sul «concorso» alla determinazione, con metodo democratico, della vita politica nazionale. Penso che lei tocchi un punto sotto gli occhi di tutti, cioè che la vita politica o partecipativa, nel nostro Paese, non si determina, e non solo oggi, solo nei partiti politici. Purtuttavia – mi corregga se sbaglio – i Padri costituenti nell'articolo 49 hanno citato solo i partiti.
  Insomma, le chiedo se si tratta di un concorso rispetto ad altre forme di organizzazione politica o è un concorso nel quale, oltre alla forma associativa dei cittadini che vogliono così determinare con metodo democratico la vita politica, esistono altri concorsi, per esempio altre istituzioni dello Stato, altri enti di garanzia e controllo. Dato che questo punto che lei solleva è fondamentale, vorrei un chiarimento.

  ANDREA CECCONI. Vorrei fare una domanda anche in merito all’excursus che c’è stato durante il lavoro, prima della sottocommissione e poi dell'Assemblea costituente. Nell'andare a interpretare o decidere quali scelte fare oggi, si riprendono le scelte e i voti fatti nel 1946-47 nella Costituente. I lavori della sottocommissione e dell'Assemblea ci dicono che l'indicazione che ha avuto la Costituente è stata molto chiara rispetto all'articolo 49, nel senso che tutti gli emendamenti che intendevano regolamentare la vita dei partiti sono stati bocciati.
  Ugualmente, durante questi due anni in cui si è fatta la riforma costituzionale, i costituzionalisti posteri, nell'interpretare, prenderanno in esame i lavori di questa Commissione e dell'Aula e vedranno quali sono stati gli emendamenti bocciati o approvati, cosa che costituirà un'indicazione per il costituzionalista e per la giurisprudenza per comprendere la scelta del legislatore costituzionale.
  Ecco, pare, quindi, che nella sottocommissione la scelta sia stata quella di togliere qualsiasi tipo di vincolo all'organizzazione dei partiti perché vi era la volontà di lasciare quanto più liberi i partiti di organizzarsi in associazioni, secondo le disposizioni dell'articolo 18.
  Dai lavori della sottocommissione restava un futuro approfondimento, che si doveva fare con la seconda sottocommissione, ma poi tutto è scemato – perché quel lavoro non è stato portato avanti – con l'approvazione di un ordine del giorno che prevedeva la possibilità di dare personalità giuridica ai partiti, dandogli contemporaneamente anche dei compiti costituzionali, come il ricorso diretto alla Corte costituzionale e così via.
  La questione è stata approfondita, dibattuta e ha visto l'approvazione, appunto, di un ordine del giorno che può essere interpretato e ripreso in mano. Allora, le chiederei una riflessione in merito all'attribuire la personalità giuridica ai partiti.
  Questo, a nostro avviso, è un fatto molto delicato perché li sottopone ad alcune norme del Codice civile e a eventuali ricorsi da parte di loro esponenti o di cittadini al tribunale civile. Insomma, è un'apertura ampia, anche dal punto di vista normativo, quella di trasformare i partiti, movimenti o le associazioni che concorrono alla vita democratica del Paese da associazioni non riconosciute ad associazioni riconosciute, che quindi sottostanno a norme completamente diverse.
  Le chiedo se, secondo lei, questo è possibile con l'impianto costituzionale attuale e con tutte le riflessioni che si possono fare sui lavori della sottocommissione e dell'Assemblea costituente e se contemporaneamente deve essere sposata Pag. 8l'idea che si erano fatti con l'ordine del giorno approvato, ovvero dare la personalità giuridica, ma finalizzata alla motivazione che essa è legata a compiti costituzionali superiori a quelli che i partiti hanno, come quello di poter intervenire direttamente presso la Corte costituzionale o altri.

  MATTEO RICHETTI. Grazie, professore. Penso che abbia messo a fuoco con una precisione chirurgica il nocciolo della questione che stiamo affrontando. Infatti, è chiaro che i progetti di legge in esame riguardano anche aspetti legati agli equilibri di regolamentazione del metodo con cui si seleziona la classe dirigente e il suo funzionamento, ma il punto della personalità giuridica è dirimente rispetto agli obiettivi dei testi di legge.
  Nella ricostruzione, che riprendeva anche il collega Cecconi, della scrittura dell'articolo 49 della Costituzione quel «liberamente e democraticamente» è il cuore dell'approccio con cui questa Commissione si appresta a discutere il testo di legge. Se è vero che ha un senso la genesi dei testi, in quella genesi c’è una proposta fatta allora dall'onorevole Basso che giunse quasi in dirittura di arrivo con una grande condivisione che unisce «liberamente e democraticamente», che trovano poi disgiunzione nel testo finale che lei ha ricordato, rafforzando l'idea che liberamente e democraticamente sono le caratteristiche con cui i partiti garantiscono i cittadini. In sostanza, il modo di agire libero e democratico è garanzia del cittadino che, volendo approcciare alla politica, sa che qualunque opzione sceglie trova garantite quelle due caratteristiche.
  Non leggo questo relativamente al fatto che il partito stia nell'agone del confronto democratico, ma che si carichi, in una libertà di organizzazione totalmente autonoma, di restituire la garanzia di democraticità del suo funzionamento. Infatti, la personalità giuridica non è affatto legata all'idea di rafforzare il ruolo dei partiti con poteri costituzionali, ma a quella di fare emergere le caratteristiche che danno la garanzia di costituzionalità.
  Mi spiego meglio. Se ritenessi illegittimo un intervento che dice ai partiti come si devono organizzare, raccogliere iscrizioni o formulare espulsioni o con quale metodo selezionare la propria classe dirigente, riterrei quella legge invasiva e incostituzionale. Tuttavia, se procediamo con una legge che alla personalità giuridica attribuisce l'onere di dire come avvengono liberamente quelle cose, allora il principio è fatto salvo.
  Il partito, quindi, si organizza. Mi ritrovo pienamente nel dettaglio che lei ha fornito sulla possibilità di unire alla competizione elettorale questa «concessione» d'ufficio (la cosa varrebbe anche se la chiamassimo «attribuzione»). Tuttavia, credo possibile – anzi, virtuoso dal punto di vista legislativo – attribuire ai partiti la personalità giuridica, che apre anche agli elementi di possibilità di regolazione del conflitto, rendendoli a tutti gli affetti ambiti nei quali il singolo iscritto può appellarsi nel rispetto di ciò che è approvato, regolamentato e deliberato, anche con il canale della giustizia ordinaria. Questo non mi sfugge; ne dobbiamo essere consapevoli.
  Questo, però, restituisce la garanzia a chiunque si ritrovi in un albo di soggetti riconosciuti e che hanno personalità giuridica. Non è elemento necessario per concorrere alla competizione, ma è elemento di garanzia circa trasparenza, funzionamento democratico interno e regole formalizzate con un soggetto che, peraltro, molte proposte di legge individuano nella Commissione di garanzia dei partiti che certifica e ne garantisce il funzionamento.
  Credo che questo tipo di intervento sia non solo legittimo, ma faccia da completamento, senza rompere quell'idea di regolamentazione obbligatoria dei partiti o comunque di libertà ed autonomia, evidentemente riconosciuta in ambito costituzionale, alle quali anche lei faceva riferimento.

  PRESIDENTE. Vorrei aggiungere una considerazione, agganciandomi a quello che diceva l'onorevole Richetti. Credo che il tema della personalità giuridica sia il Pag. 9tema chiave, legandolo all'articolo 18. In particolare, mi interesserebbe capire la sua visione sulla compatibilità di prescrivere al partito politico l'iscrizione o l'ottenimento della personalità giuridica, che a me sembra in contrasto con il principio dell'associazione libera e senza autorizzazione. Pur non essendo il riconoscimento della personalità giuridica un'autorizzazione in senso stretto, resta il fatto di imporre un limite alla libertà dell'associazione.
  Un punto più concreto è quello delle conseguenze. Ora, se la conseguenza del possesso o meno della personalità giuridica non può essere l'esclusione dalle elezioni per i motivi che lei ci ha spiegato, quale funzione potrebbe avere e soprattutto quale interesse finisce per avere il partito nell'ottenere quella personalità giuridica, salvo che non venga escluso dalla politica se non la ottiene ?
  Non so se mi sono spiegato. La personalità giuridica attribuisce vantaggi, ma, riflessi su un partito politico, o sono quelli che consentono di andare alle elezioni oppure sembrano non incidere sulla esistenza e la natura del partito stesso (tolto il tema del finanziamento pubblico, che già esiste e apre un'altra questione riguardo all'iscrizione al registro dei partiti e così via).
  In pratica, non ci sarebbe un interesse del partito politico, a meno che – ripeto – non si dica che, in caso di mancanza della personalità giuridica, non si è un partito politico e non si può andare alle elezioni, cosa che lei diceva essere improbabile – e io condivido – perché in contrasto con l'articolo 49 della Costituzione.
  Do la parola al professor Luciani per la sua replica.

  MASSIMO LUCIANI, Professore ordinario di diritto costituzionale presso l'Università «La Sapienza» di Roma. Grazie, presidente. Credo che si possano raggruppare le tre ultime domande e trattare separatamente il quesito posto dall'onorevole Fiano.
  Sul quesito dell'onorevole Fiano, la questione è se sussiste o meno un monopolio in capo ai partiti della competizione politico-elettorale. Stiamo, infatti, parlando soprattutto di competizione politico-elettorale. A mio parere, a parte il conforto di una parte significativa della dottrina, c’è il testo della Costituzione e, in particolare, il rapporto tra l'articolo 49 e l'articolo 18 che prima menzionavo.
  L'articolo 18 ci parla di divieto delle associazioni che perseguono, anche indirettamente, scopi politici. Queste associazioni sono trattate dall'articolo 18, non nell'articolo 49.
  Questo vuole dire che la Costituzione contempla associazioni che perseguono scopi politici, ma che non siano partiti, ma con il fine specifico di vietare quelle che, fra tali associazioni, perseguono gli scopi politici con organizzazione di carattere militare. In ogni caso, contempla la possibilità che ci siano organizzazioni politiche che non sono partiti.
  Quindi, l'assenza del monopolio si vede già nell'articolo 18, cioè nel rapporto fra articolo 18 e articolo 49. Certo, tutti noi diciamo che la Costituzione italiana ha disegnato una democrazia dei partiti. Ci mancherebbe altro: insisto sempre sul fatto che nel 1946-48 non c'era altro; non era rimasto nulla, per cui non si poteva fare altro che costruire la democrazia dei partiti. Pertanto, è ovvio che i costituenti abbiano costruito la democrazia dei partiti, ma, siccome guardavano anche al futuro e non soltanto al presente, immaginavano una società pluralistica e anche maggiormente articolata.
  Non immaginavano, dunque, di esaurire nella dimensione partitica le possibilità di partecipazione dei cittadini. Peraltro, qui vale anche il secondo comma dell'articolo 3 e in particolare l'obbligazione della Repubblica a far sì che a tutti i cittadini sia garantita la partecipazione all'organizzazione politica del Paese. In questo senso, non si è mai immaginato un monopolio partitico e quindi – secondo la mia personale opinione – i partiti sono assoluti protagonisti della competizione politico-elettorale, ma non sono monopolisti. Ecco, sono due cose diverse.Pag. 10
  Da questo punto di vista, va da sé che la disciplina di una legge sui partiti dovrebbe essere, invece, più rigorosa e prevista per quelle funzioni dei partiti che hanno immediato impatto sulla vita istituzionale. Norme giuridiche che disciplinano, per esempio, la selezione delle candidature sarebbero perfettamente compatibili con il quadro dell'articolo 49 della Costituzione in rapporto all'articolo 18, per la ragione semplicissima che, in questo caso, il partito politico esercita funzioni pubblicisticamente rilevanti, oltretutto talvolta anche decisorie. Infatti, l'identificazione di una certa candidatura, là dove non ci sono preferenze o c’è la carica monocratica, significa già determinare il risultato.
  Gli altri tre quesiti che cortesemente mi sono stati sottoposti ruotano tutti attorno alla medesima questione, quella della personalità giuridica.
  Farei qualche breve osservazione. In particolare, direi all'onorevole Cecconi che la personalità giuridica comporta sì la possibilità di essere assoggettati a controlli di un certo tipo e soprattutto ad azioni da parte degli associati, ma questo già c’è. Infatti, i partiti politici hanno comunque una forma giuridica. Il nostro ordinamento, infatti, non consente ad alcuno che sia attivo nell'ordinamento giuridico di non possedere una forma giuridica, quindi i partiti hanno una forma giuridica, che è quella delle associazioni non riconosciute, a cui si applica la disciplina del Codice civile.
  Allora, esiste già un rapporto tra i partiti politici, le istituzioni e la stessa giurisdizione. Non debbo certo ricordare, in questa sede, quante volte sia giunto al giudice civile il problema della titolarità del simbolo, del patrimonio o della sede di un partito. Questo è inevitabile perché il partito politico è un soggetto dell'ordinamento, quindi ha una forma. Certo, è la forma più blanda possibile, quella dell'associazione non riconosciuta.
  Questa preoccupazione, da un certo punto di vista, dovrebbe essere rivolta già adesso alla forma attuale dei partiti, ma purtroppo non potrebbe avere soddisfazione perché l'ordinamento non consente un'assenza di forma.
  Quanto all'osservazione dell'onorevole Richetti sul fatto che i partiti garantiscono ai cittadini la democraticità interna e via discorrendo, mi sembra in parte condivisibile, nel senso che l'articolo 49 vuole disegnare un contesto di competizione fair, termine inglese che non riusciamo a tradurre. Si tratta, dunque, della fairness, cioè l'equità, la correttezza e la trasparenza della competizione elettorale o politico-elettorale, per ampliare il raggio.
  Il fatto che sia il partito a competere in questo dominio dovrebbe assicurare, per l'appunto, il rispetto dei criteri dell'articolo 49. Questo, però, non è che ci dica moltissimo sul contenuto della legge attuativa dell'articolo 49 perché bisogna anzitutto sciogliere il nodo iniziale, che ho sciolto perché è possibile una legge attuativa, ma con prudenza.
  Insomma, si tratta di capire fin dove si può arrivare. La mia personale posizione è che, appunto, può essere più incisiva proprio sui punti in cui c’è un contatto tra vita dei partiti e attività istituzionale.
  Il presidente poneva un quesito che direi mortale. Se all'ottenimento della personalità giuridica non si annodano delle conseguenze positive particolarmente rilevanti, in particolare la riserva di partecipazione alla competizione elettorale, potrebbe sembrare inutile chiederla.
  Lo dico in termini molto più spicci e sbrigativi per fare intendere se ho inteso.
  Allora, c’è un problema di interesse del partito ad ottenere la personalità giuridica, ma certamente non è l'unico che domini in questa materia. Anzi, forse l'interesse dominante è un altro: quello degli elettori e dei cittadini.
  Tuttavia, bisogna essere realistici perché nel momento in cui la personalità giuridica deve essere richiesta ci vuole anche l'interesse del richiedente, altrimenti il meccanismo non funziona. Da questo punto di vista, si tratta di capire se è necessario ancorarsi in modo così intenso alla personalità giuridica o meno, Pag. 11ovvero se si possa arrivare ai medesimi risultati senza il riconoscimento della personalità giuridica.
  La mia risposta è che visto che l'ordinamento consente molte forme variegate di organizzazione dovremmo dare risposta affermativa, cioè sarebbe possibile arrivare a forme di verifica del rispetto del metodo democratico anche interno alla vita dei partiti, pur senza prevedere l'ottenimento della personalità giuridica.
  Tuttavia, farei anche l'osservazione speculare. Se la personalità giuridica viene conferita senza che questo comporti un'intromissione eccessiva della mano pubblica nella vita interna dei partiti, a questo punto che ci sia o meno francamente diventa un problema secondario.
  Il problema reale non è tanto la forma giuridica perché, come osservavo rispondendo all'onorevole Cecconi, anche la più minimale forma giuridica permette un'intromissione. Invece, il problema è quello del contenuto della legge. Allora insisto su quello che dicevo prima. Se vale la premessa precedente, cioè assenza di monopolio, ma protagonismo dei partiti nella competizione politico-elettorale, vedrei un continuum che va dal minimo di interferenza nella vita del partito come pura associazione al massimo di ragionevole possibile interferenza nel punto di intersezione tra la vita associativa del partito e quella istituzionale.
  Ecco, questa dovrebbe essere la bussola. Detta in modo molto banale, sulla questione della personalità giuridica non mi crocifiggerei né a favore, né contro perché quello che conta davvero è il contenuto della legge. Spero di avere risposto.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.50.