XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III-IV Camera e 3a-4a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 26 di Martedì 13 settembre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Garofani Francesco Saverio , Presidente ... 3 

Comunicazioni del Governo sugli sviluppi della situazione in Libia:
Garofani Francesco Saverio , Presidente ... 3 ,
Gentiloni Paolo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 3 ,
Garofani Francesco Saverio , Presidente ... 6 ,
Pinotti Roberta , Ministra della difesa ... 6 ,
Garofani Francesco Saverio , Presidente ... 9 ,
Gasparri Maurizio  ... 9 ,
Cirielli Edmondo (FdI-AN)  ... 10 ,
Di Stefano Manlio (M5S)  ... 10 ,
Latorre Nicola , Presidente della Commissione difesa del Senato ... 11 ,
Garofani Francesco Saverio , Presidente ... 12 ,
Mauro Mario  ... 12 ,
Artini Massimo (Misto-AL-P)  ... 13 ,
Piras Michele (SI-SEL)  ... 13 ,
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI)  ... 14 ,
Alli Paolo (AP)  ... 14 ,
Palazzotto Erasmo (SI-SEL)  ... 15 ,
Garofani Francesco Saverio , Presidente ... 16 ,
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 16 ,
Casini Pierferdinando , Presidente della Commissione affari esteri ed emigrazione del Senato ... 17 ,
Frusone Luca (M5S)  ... 18 ,
Cicchitto Fabrizio (AP) , Presidente della Commissione affari esteri della Camera ... 19 ,
Garofani Francesco Saverio , Presidente ... 19 ,
De Pietro Cristina  ... 19 ,
Altieri Trifone (Misto-CR)  ... 20 ,
Pinotti Roberta , Ministra della difesa ... 20 ,
Altieri Trifone (Misto-CR)  ... 20 ,
Causin Andrea (AP)  ... 21 ,
Garofani Francesco Saverio , Presidente ... 21 ,
Pinotti Roberta , Ministra della difesa ... 21 ,
Garofani Francesco Saverio , Presidente ... 22 ,
Gentiloni Paolo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 23 ,
Vito Elio (FI-PdL)  ... 23 ,
Gentiloni Paolo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 23 ,
Garofani Francesco Saverio , Presidente ... 24

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA IV COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FRANCESCO SAVERIO GAROFANI

  La seduta comincia alle 13.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, il canale satellitare e la web-tv della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo
sugli sviluppi della situazione in Libia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno delle Commissioni riunite reca le comunicazioni del Governo sugli sviluppi della situazione in Libia.
  Saluto il senatore Casini, presidente della Commissione esteri del Senato, il senatore Latorre, presidente della Commissione difesa del Senato, e il presidente Cicchitto.
  Do il benvenuto ai Ministri, onorevole Gentiloni e senatrice Pinotti.
  Prima di dare la parola ai due Ministri, invito i gruppi a far pervenire alla presidenza le richieste di intervento, in modo da poter assicurare un ordinato svolgimento dei lavori.
  Nell'attesa che siano completate le riprese televisive della troupe, che invito a essere rapida, cedo la parola al Ministro degli esteri Gentiloni.

  PAOLO GENTILONI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, presidenti, onorevoli colleghi. Sappiamo tutti quale sia l'importanza, per il Governo, per il Parlamento e per l'Italia, del nostro impegno in Libia e dei due obiettivi fondamentali che sono alla base di questo impegno, ovvero, da un lato, battere il terrorismo e, dall'altro, stabilizzare gradualmente il Paese, consentendo anche un miglior governo dei flussi migratori.
  Cercherò di darvi rapidamente un quadro dell'evolversi della situazione. Peraltro, ne abbiamo parlato spesso, avendo anche votato delle mozioni sulla politica estera.
  Il primo punto è che, effettivamente, si sono raggiunti dei risultati molto significativi nel contrasto al terrorismo e, in particolare, a Daesh. È importante sottolinearlo, perché tutti ricordiamo una certa preoccupazione e un modo di descrivere la vicenda libica – non di dieci anni fa, ma di alcuni mesi fa – secondo il quale i successi che la coalizione internazionale stava raggiungendo in Siria e in Iraq avrebbero indotto Daesh a spostare il suo centro di gravità verso la Libia e, in qualche modo, a impadronirsene. Come noto, le cose non sono andate così, non solo perché, forse, alcune di queste valutazioni erano esagerate, ma anche perché c'è stata un'importantissima attività, condotta dalle milizie di Misurata che appoggiano il governo e il consiglio presidenziale di Tripoli, che ha ottenuto importantissimi successi a Sirte, dove ormai la presenza di Daesh è ridotta ad alcune sacche di resistenza in alcuni caseggiati. Tuttavia, questa operazione non può essere definita del tutto conclusa. Tutt'altro; continuano, infatti, a esserci tentativi di infiltrazione da sud verso Sirte da parte di elementi di Daesh.
  A ogni modo, complessivamente, questa operazione, che ha avuto l'appoggio americano, potendo contare anche sul sostegno Pag. 4logistico del nostro Paese, ha avuto un importante risultato perché il rischio, che pure era stato evocato, di un Paese di fronte alle nostre coste controllato in modo molto rilevante da forze terroristiche è stato scongiurato.
  Naturalmente, per questo successo le forze impegnate in Libia in queste operazioni hanno pagato – e stanno pagando – un prezzo rilevante. Le milizie di Misurata hanno avuto, infatti, circa 400 morti e 2.500 feriti. Come sapete, negli ultimi mesi, in più occasioni, l'Italia ha dato una mano, ricoverando alcuni dei feriti più gravi. Proseguendo in tale direzione, viene la decisione, che poi sarà illustrata dalla Ministra Pinotti, di rispondere positivamente alla richiesta formale del presidente al-Sarraj di installare un ospedale militare per proseguire in questa attività che, con il viavai dei feriti verso gli ospedali militari in Italia, è stata molto più complessa di quanto non potesse essere con un ospedale da campo.
  Bisogna anche sapere che il ritorno di Sirte alla normalità non sarà un'operazione semplice. A conferma di questo, una decina di giorni fa, il Governo italiano ha stanziato 500 mila euro per le operazioni di sminamento umanitario che stanno cominciando in buona parte dell'area di Sirte. Dobbiamo sapere, dunque, che la partita è ancora da chiudere. In generale, ciò dimostra, tuttavia, che la presa di Daesh sulla Libia è stata scongiurata, anche se – lo ripeto – la storia non è del tutto finita.
  Oggi, per esempio, sui media libici girano diverse rivendicazioni che riguardano attentati da parte di Daesh avvenuti giovedì scorso a Tripoli e questa mattina a Bengasi. Si tratta di rivendicazioni la cui attendibilità naturalmente è tutta da verificare, ma ci testimoniano una cosa che dobbiamo avere molto chiara: è stata fatta un'operazione molto importante, pagata a caro prezzo dalle forze che l'hanno combattuta sul campo. Questa operazione è stata decisiva per evitare una forte espansione di Daesh, ma il pericolo non è del tutto cancellato.
  Oltre a battere il terrorismo, il secondo grande obiettivo della nostra politica, è, ovviamente, quello di stabilizzare il Paese. Sappiamo che battere il terrorismo è decisivo, ma è altrettanto importante che la stabilizzazione del Paese riesca a procedere più veloce di quanto avvenga oggi. I rischi di divisione e di frattura si manifestano molto chiaramente. Tutto questo non avviene, peraltro, sotto una campana di vetro, ma in un contesto sociale e umanitario che ha le sue criticità.
  Spesso guardiamo alla Libia come un Paese in cui non esistono dei rischi e delle emergenze dal punto di vista socio-sanitario, perché tra i grandi flussi di migranti che si muovono da quell'area verso il nostro Paese – questo è uno dei motivi per cui magari non ci concentriamo su questi aspetti – sono molto poche le persone di origine libica. In realtà, comunque, i flussi migratori ci sono. Vi sono 400 mila persone che hanno abbandonato le loro case. Gli spostamenti avvengono in parte all'interno del Paese e in parte riguardano Paesi africani confinanti. Stiamo collaborando con le organizzazioni delle Nazioni Unite per cercare di gestire queste difficoltà sul piano sociale e sanitario. Abbiamo dato una mano agli ospedali sia a Tripoli sia a Bengasi – ossia, lavoriamo non solo da una parte – quindi non dimentichiamo che c'è anche questo aspetto.
  Il contesto della stabilizzazione presenta senz'altro alcuni passi avanti che sono dati dal tempo. Un governo che si è insediato alla fine di marzo, se non ci sono crisi maggiori, consolida, settimana dopo settimana, la sua presenza, la sua attività, la sua capacità di relazione con i governi della regione e di attività bilaterali con altri Paesi.
  Finalmente, una decina di giorni fa, hanno nominato i vertici della guardia presidenziale. Uno dei problemi principali è, infatti, la graduale transizione dalle milizie alle forze regolari. Questo, peraltro, è un problema comune a tutte le situazioni postrivoluzionarie e post-crisi nel mondo, ma che in Libia è particolarmente delicato.
  Ci sono nodi aperti, come sapete, nel senso che c'è un'interlocuzione in corso – cosa di per sé positiva – tra la Camera dei rappresentanti di Tobruk, che ha chiesto al consiglio presidenziale, guidato da al- Sarraj, Pag. 5 di modificare l'attuale composizione del governo. Il consiglio presidenziale ha accettato questa richiesta. Vedremo come questa interlocuzione andrà avanti, che – come sapete – è molto, molto complicata, anche se nulla toglie alla legittimità internazionale del consiglio presidenziale guidato da al-Sarraj sul terreno del diritto.
  In questo contesto, possono ovviamente avere un effetto destabilizzante le operazioni militari avviate domenica scorsa nell'area cosiddetta della «mezzaluna petrolifera», chiamata così perché ci sono i principali impianti petroliferi delle grandi compagnie francesi, inglesi e spagnole e italiane, anche se l'Italia, in buona parte, ha le proprie installazioni a ovest. Le operazioni sono state condotte da miliziani prevalentemente di nazionalità sudanese e del Ciad, arruolati dal generale Haftar, che si sono scontrati contro le milizie delle cosiddette «guardie» delle installazioni petrolifere del comandante Jadran. La storia della Libia è fitta di dinamiche di questo genere. Il comandante Jadran, fino a due anni fa, era un fedele alleato del generale Haftar. Invece, nell'ultimo anno ha condiviso le soluzioni del presidente al-Sarraj, quindi le operazioni rischiano di avere un effetto destabilizzante.
  Mentre parliamo, la situazione sul terreno è molto instabile, nel senso che le guardie delle installazioni petrolifere (PFG) rivendicano di aver ripreso il controllo di due dei quattro porti che erano stati occupati dalle milizie favorevoli a Haftar. L'unica cosa che possiamo confermare, dagli elementi informativi che abbiamo, è che la situazione è instabile. Non si può dire che le forze fedeli al generale Haftar abbiano il controllo della «mezzaluna petrolifera», ma non si può neanche dire che gli altri ne abbiano ripreso il controllo, perché sono in corso contrasti, anche se non dobbiamo immaginare che coinvolgano migliaia di combattenti da una parte e dall'altra, trattandosi di contrasti di dimensione piuttosto limitata. Quello che è certo è che, dal nostro punto di vista, operazioni come queste sono negative, perché danneggiano il processo di stabilizzazione e di pace in corso. Questa valutazione, come sapete, è stata condivisa con l'Italia dagli altri cinque maggiori Paesi occidentali – Francia, Spagna, Inghilterra, Germania e Stati Uniti – che ieri, in una dichiarazione congiunta dei sei governi, hanno chiesto il ritiro delle forze fedeli al generale Haftar e la riconduzione delle installazioni petrolifere al controllo della National Oil Company e del governo al-Sarraj. Insomma, è una situazione volatile. Certamente, le operazioni partite domenica rischiano di essere un fattore destabilizzante, in un contesto che non avrebbe bisogno di ulteriore destabilizzazione.
  Da ultimo, credo che sia utile informare il Parlamento – che, peraltro, ne è già ampiamente a conoscenza, anche se forse non degli ultimi dettagli – del fatto che in questa cornice si colloca anche la dinamica dei flussi migratori dalla Libia. Sappiamo che quest'anno, nell'insieme, i flussi migratori riproducono, più o meno, i numeri dell'anno scorso, quindi sono inferiori a quelli del 2014, tuttavia, nelle ultime due settimane proprio i flussi di provenienza dalla Libia hanno avuto un incremento sensibile rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Rispetto a questa tendenza, il Governo si è mosso con diverse iniziative, alcune anche condivise a livello europeo. Come sapete, c'è stato il memorandum firmato dall'ammiraglio Credendino per la formazione della guardia costiera libica e le attività di formazione condotte dalle nostre Forze armate e dal Ministero dell'interno. Segnalerei una cosa molto importante, ovvero il fatto che, per la prima volta, ci sono attività di cooperazione tecnica tra il governo Sarraj e i nostri tecnici, in particolare del Ministero dell'interno, per individuare le cause dei flussi e, se possibile, intervenire. Non dobbiamo aspettarci risultati miracolosi a breve. Abbiamo, però, in programma missioni in Niger, in Senegal e in altri Paesi africani, con altri ministri degli esteri europei, con buone prospettive. Ovviamente, l'immigrazione è un tema complesso – ne abbiamo parlato tante volte – ma, sebbene non possiamo aspettarci, come detto, risultati miracolosi, penso che sul versante specifico della cooperazione Pag. 6 italo-libica ci siano delle cose positive su cui lavorare.
  In conclusione, sul piano diplomatico il prossimo impegno al quale stiamo lavorando sarà la Conferenza ministeriale che il Segretario di Stato americano Kerry ed io presiederemo a New York, tra una decina di giorni. È la terza o quarta volta che questa Conferenza si svolge sotto presidenza italo-americana.
  Il nostro impegno, al di là di confermare il sostegno ad al-Sarraj e, in particolare, alla lotta contro Daesh, è molto concentrato sullo sforzo che Italia e Stati Uniti stanno portando avanti, in forme diverse, per ingaggiare in un dialogo le componenti legate al generale Haftar. Anche per questo le operazioni messe in atto domenica hanno determinato una reazione molto ferma da parte dei sei governi che ricordavo in precedenza. Nascono, infatti, in un contesto in cui in particolare Stati Uniti e Italia stanno lavorando – non abbiamo ancora rinunciato – per tessere la trama di un dialogo tra le diverse componenti, includendo anche il generale Haftar. Recentemente c'è stata una proposta di uno dei componenti del consiglio presidenziale vicino ad Haftar, al-Qatrani, di un consiglio militare congiunto, che dovrebbe essere guidato da al-Sarraj, di cui dovrebbero far parte il generale Haftar, il capo della HOR, Aguila, e due vicepresidenti, Maitig e al-Kuni, uno in rappresentanza di Tripoli e l'altro del sud. Non è una proposta perfetta, ma proviene da un sostenitore del generale Haftar come al-Qatrani, indice del fatto che il lavoro diplomatico e di intelligence che Italia, Stati Uniti e altri Paesi stanno portando avanti può condurre a dei risultati.
  Questo è il nostro impegno. L'orizzonte è, innanzitutto, prendere atto del fatto che in questi nove mesi si sono fatti dei passi in avanti molto importanti. Nel guardare alle crisi internazionali non bisogna solo considerare la situazione giorno per giorno, ma anche le dinamiche che si hanno davanti. L'impegno italiano è stato senza soste e certamente continuerà, a diversi livelli. Sul piano diplomatico abbiamo lanciato ciò che ha portato agli accordi. Siamo stati i primi a sostenere l'insediamento del governo oltre al suo impegno contro Daesh e l'avvio di iniziative umanitarie, come l'ospedale militare.
  Cerchiamo di cominciare a lavorare insieme sull'immigrazione, dopodiché, sotto traccia e pubblicamente, operiamo anche per costruire il dialogo tra le diverse parti ed evitare quello che per gli interessi italiani è il rischio maggiore, con il quale non possiamo giocare, ovvero una divisione della Libia che, appunto, produrrebbe, dal punto di vista geopolitico, un impatto molto grave sull'Italia.
  Continueremo, quindi, a cercare di svolgere un ruolo «più avanzato» rispetto alla crisi libica. In questo è compresa anche la decisione del Consiglio dei ministri di nominare un nuovo Ambasciatore a Tripoli, il Ministro Perrone, che opererà al più presto, appena le circostanze lo consentiranno. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro Gentiloni. Do ora la parola alla Ministra Pinotti.

  ROBERTA PINOTTI, Ministra della difesa. Grazie, presidenti, senatori e deputati. Mi permetto di inserirmi nella scia già delineata dal Ministro Gentiloni, per non ripetere quanto ha già raccontato, ovvero un quadro di passi in avanti, ma anche di difficoltà, anche recentissime, di cui il Ministro ha illustrato esattamente lo stato dell'arte.
  Entrerò, quindi, più nel dettaglio per quello che riguarda la richiesta che ci è arrivata dopo l'ultima informativa del governo al-Sarraj del 4 agosto. Permettetemi, però, a corollario di quanto detto dal collega, di fare una considerazione, che in parte avevamo già fatto il 26 luglio scorso, nell'audizione congiunta che avevamo avuto, rispetto a quanto la lotta intrapresa dalle forze fedeli al governo al-Sarraj contro da Daesh a Sirte stesse dando, già allora, risultati importanti e quanto questo fosse confortante rispetto a scenari che per mesi avevano aleggiato anche su organi di stampa stranieri molto autorevoli, in cui sembrava che la Libia potesse diventare il nuovo terreno di espansione del Califfato. Pag. 7
  Oggi, come vi diceva il Ministro Gentiloni, a Sirte l'area occupata da Daesh è molto circoscritta. Si parla di 1 o 2 chilometri quadrati, di fatto distribuiti su tre quartieri. Le operazioni sono condotte con estrema cautela perché, ovviamente, può esserci presenza anche di civili, quindi per la necessità di tutelare persone innocenti che potrebbero essere all'interno di questi territori. Tuttavia, oggi a Sirte le forze libiche hanno di fatto «sigillato» l'area dove si trovano i jihadisti, circondandola con un anello di contenimento. Questo è importante, perché un'altra preoccupazione che era nata e di cui abbiamo discusso anche in sede internazionale – ricordo la Conferenza di Washington – era che da Sirte potessero partire fondamentalisti che, scappando da quella zona, potessero portare instabilità in altri territori. Quello che risulta è che è stata fatta un'operazione di messa in sicurezza intorno, proprio per evitare eventuali fughe verso aree circostanti oppure per direttrici che portino a sud verso l'area desertica, che storicamente è di più difficile controllo.
  Ovviamente, questa è una parte del lavoro. Non significa, dunque, che tutto il lavoro è stato fatto o che l'operazione sia conclusa. Certamente, però, sono stati fatti dei passi in avanti dall'ultima volta in cui ci siamo sentiti. Le fragilità della situazione complessiva e le tensioni politiche sono già state analizzate e sono quelle che stiamo seguendo passo, con un impegno quotidiano dell'Italia, come diceva il Ministro Gentiloni, di attenzione a fianco dei principali alleati.
  Passiamo ora alle richieste libiche al nostro Governo. L'8 agosto il presidente al-Sarraj ha indirizzato al Presidente Renzi la richiesta di strutture ospedaliere militari per curare i feriti. In precedenza, c'erano già state manifestazioni di interesse. Infatti, come vi avevo raccontato, avevo incontrato il viceministro libico, che aveva detto che forse ne avrebbero avuto bisogno. Ovviamente, fino a quando la richiesta non è stata ufficiale, trattandosi di dover programmare di inviare dei militari in Libia, non è stato possibile muoversi ufficialmente. Ci tengo a dirlo perché c'è stata una tempestività di risposta da parte della Difesa e del Governo rispetto alla richiesta libica, non appena è stata formalizzata. Prima se ne parlava, ma non essendoci – lo ripeto – una formalizzazione, non era possibile mettere in movimento se non un'analisi molto generale e generica.
  Come abbiamo ricordato più volte nelle Commissioni e come ha detto anche il Ministro Gentiloni, abbiamo curato i feriti nei nostri ospedali, inviato medicinali e dato supporto perché partecipavamo della difficoltà di milizie non numerosissime che avevano, però, un numero alto di morti e altissimo di feriti.
  Dall'8 agosto cosa è stato fatto? Il 15 agosto la Difesa ha effettuato una prima ricognizione per verificare quanto già presente in Libia a livello di strutture sanitarie e quanto necessario. A Misurata c'è un ospedale, quindi siamo andati a vedere che cosa si poteva utilizzare di quanto esistente. Il 23 agosto è stata fatta un'ulteriore ricognizione tecnico-logistica, a seguito della prima, per verificare ancora alcune questioni della logistica possibile. Poi, su una specifica richiesta inviata dal ministro della difesa libico a quello italiano, è stato inviato un nucleo di collegamento presso il ministero della difesa libico, con compiti di coordinamento dell'attività tecnico-umanitaria. Questo fa parte di quell'importante segnale, che stiamo ricevendo su più fronti da parte delle autorità libiche, di una disponibilità a collaborare insieme. È ovvio, infatti, che se abbiamo un nostro ospedale in quell'area abbiamo bisogno di avere un'interlocuzione con le autorità della difesa o con le autorità libiche tout court che ci consenta di risolvere eventuali problemi, per andare avanti con il progetto.
  Oggi siamo, quindi, pronti ad avviare lo schieramento, presso l'aeroporto di Misurata, di una struttura ospedaliera da campo completa di personale medico e infermieristico, comprensiva della necessaria protezione e supporto logistico, per un totale di circa trecento unità. In questi giorni, alcune anticipazioni della stampa hanno dato informazioni non precise in merito alla composizione e ai compiti di questo contingente, quindi approfitto di Pag. 8questa comunicazione ufficiale e istituzionale per riportare l'informazione nell'alveo corretto. Un'aliquota per la funzione sanitaria vera e propria sarà composta da sessantacinque medici e infermieri. Una seconda aliquota sarà composta da centotrentacinque unità per la funzione di supporto logistico generale, che serve alla manutenzione dei mezzi e delle apparecchiature, alle comunicazioni, alla gestione amministrativa, all'organizzazione e direzione delle attività e a tutti quei servizi, compresi mensa e vestiario, necessari alla vita quotidiana del personale. Una terza aliquota, invece, composta da cento unità, sarà la vera e propria force protection. Ovviamente, quando parliamo di cento unità dobbiamo immaginare che agiscono su tre turni, perché le ore di impiego sono quelle. Stiamo parlando – lo ripeto – di cento unità, suddivise su tre turni. È una force protection per ciò che riguarda sia l'ospedale, sia tutte le operazioni di invio di mezzi e di trasporto che devono essere prodotte per impiantare l'ospedale.
  Prevediamo anche lo schieramento, nello stesso aeroporto di Misurata, di un C-27J, un velivolo con funzioni di evacuazione strategica, se ce ne fosse la necessità – speriamo di no – e lo stazionamento di una nave della missione Mare sicuro al largo delle coste libiche con compiti di supporto e di protezione aggiuntiva. Non è una nave in più, ma una di quelle già presenti in questo momento nel dispositivo Mare sicuro nel Mediterraneo. Questa missione è stata chiamata Ippocrate, per l'evidente finalità.
  La primissima capacità operativa garantirà, al triage, il primo soccorso, con trattamento di codice rosso, le visite ambulatoriali, la stabilizzazione e le trasfusioni di sangue e plasma, laboratori di analisi, dodici posti letto e la preparazione di pazienti per l'eventuale evacuazione aeromedica con il relativo team specializzato, se qualcuno si aggravasse e ci fosse la necessità di trasportarlo in Italia. Nella stessa fase iniziale sarà garantito anche un team chirurgico di supporto composto da 6 unità che si affiancherà immediatamente ai medici libici, per incrementare le capacità dell'ospedale di Misurata, che ha buone sale operatorie, ma non tutte le specialità necessarie, quindi andiamo ad integrare quelle non presenti fra i medici libici.
  La capacità finale sarà raggiunta dopo circa 3 settimane e fornirà, oltre a quanto già attivato, il trattamento fino a cinquanta pazienti, comprensivi di due degenze in terapia intensiva; il trattamento di pronto soccorso dei codici rossi e dei codici gialli; la diagnostica per immagini; la farmacia e la chirurgia salvavita. A regime, l'ospedale da campo opererà in piena sinergia e complementarietà con l'ospedale civile di Misurata. Abbiamo progettato la cosa in modo che siano, appunto, complementari, con la possibilità di mandarci pazienti in caso si aggravassero e avessero bisogno di cure in Italia.
  In merito all'inquadramento finanziario e giuridico complessivo della missione, il Governo adotterà, come di consueto, i provvedimenti normativi del caso. Come ricordava il Ministro Gentiloni, si tratta di una missione umanitaria. È, dunque, importante che sia tempestiva, perché ci sono i feriti delle battaglie che vi sono state. Il lavoro preparatorio di agosto è stato fatto proprio per avere la possibilità di essere immediatamente operativi, nel momento in cui parliamo con il Parlamento, nel rispondere a una richiesta esplicita del governo libico.
  Sulle altre operazioni prospicienti la Libia, vi è EUNAVFOR MED, di cui ha parlato il Ministro Gentiloni. Alla fine di settembre possono iniziare le attività di addestramento della guardia costiera e della marina libiche, che verrebbero fatte in acque internazionali. Si è già attivato un team complessivo internazionale di autorità libiche della missione EUNAVFOR MED per individuare i primi ottanta soggetti che saranno istruiti e che diventeranno, a loro volta, istruttori della guardia costiera libica. Quindi, si è finalmente ad un passaggio operativo di quanto era auspicato da tempo.
  L'altra novità, di cui abbiamo parlato è che al Vertice di Varsavia la NATO ha trasformato la missione Active Endeavour in Sea Guardian, in risposta alla nostra Pag. 9richiesta di attenzione al sud e non soltanto al fronte est. Anche questa sarà, quindi, una missione che ha come tema la sicurezza del Mediterraneo e la lotta agli scafisti, che sarà presente all'interno dei dispositivi complessivi di coordinamento fra Europa e NATO.
  Per concludere, pur riconoscendo che la situazione è ancora frastagliata e con elementi di fragilità, rispetto ai passaggi precedenti sia sull'addestramento, sia sull'interlocuzione con i libici per vedere di prendere carico in comune alcune situazioni, sia sulla lotta al terrorismo e sulle azioni umanitarie oggi ci sono, oggettivamente, dei passi concreti che valutiamo come molto positivi. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministra Pinotti. Abbiamo già dodici iscritti a parlare, in circa un'ora di tempo, perché dopo, in Aula, in questa Camera si svolgerà la commemorazione delle vittime del terremoto, a cui vogliamo essere tutti presenti. Raccomando, pertanto, a chi ha chiesto la parola di essere rigoroso nel rispetto dei tempi, che fisserei in 3-4 minuti per intervento, a essere generosi.
  Do, quindi, la parola ai colleghi che hanno chiesto di intervenire.

  MAURIZIO GASPARRI. Vi ringrazio delle informazioni che, però, potevano e dovevano essere più tempestive. Abbiamo letto sui giornali, come ci è stato confermato oggi, che già l'8 agosto c'era stata questa ulteriore richiesta di intervento di carattere umanitario.
  Dopodiché, l'economia di tempo mi porta a rilevare che avere letto, ieri e oggi, sui giornali anticipazioni, anche dettagliate, sui tipi di reparti e sulle modalità d'impiego non ci sembra un atteggiamento rispettoso nei confronti del Parlamento e, in particolare, del gruppo di Forza Italia, che è sempre stato attento e disponibile per quanto riguarda le missioni internazionali, votando provvedimenti e leggi che hanno portato a sistema la gestione di questo tipo di interventi.
  Siamo consapevoli, nella fattispecie, che ci sarebbe da chiarire – il tempo, però, non ce lo consente – l'intero scenario. C'è, infatti, la vicenda di Haftar, a cui ha fatto cenno il Ministro Gentiloni, con il controllo di zone rilevanti anche per le risorse petrolifere. Ormai appare chiaro quale sia il supporto di altri Paesi. Il Ministro Gentiloni ha parlato delle risoluzioni e delle richieste di sei Paesi che hanno sollecitato una sorta di ritiro e una collaborazione con il governo, che si cerca di sostenere. Non si capisce, tuttavia, se tutti i Paesi che fanno questi appelli siano estranei a un sostegno sotterraneo ad Haftar, che da qualche parte si attrezza, si arma e muove. Non credo, insomma, che i supporti gli arrivino da Marte, perciò vorrei capire – lo chiedo al Ministro della difesa – se la Francia o altri Paesi, da un lato, fanno gli appelli e, dall'altro, danno un sostegno.
  Per quanto riguarda il coinvolgimento del Parlamento, siamo notevolmente insoddisfatti. Cercheremo di capire con quali modalità intendete formalizzare questa vicenda, che ha una sua rilevanza. Infatti, c'è la presenza sul territorio – oltre ai sessantacinque medici e infermieri, di cui non ci sfugge la connotazione esclusivamente o prettamente umanitaria – di numerose unità di supporto logistico, mezzi e altro (circa centotrentacinque). Poi c'è la protezione, che mi rendo conto essere inevitabile, ma, di fatto, verrà letta come «i piedi sul suolo», come si suol dire in gergo, di militari italiani. È, dunque, una scelta che ha un suo significato e ci espone a dei rischi, perché può portare a un’escalation.
  Concludo rilevando che si può intervenire sul territorio a scopi umanitari anche con dei militari a supporto che non avranno l'insegna della Croce Rossa, ammesso che questo possa essere un freno all'azione di ordine militare o terroristico di ISIS.
  Si è fatto un cenno all'addestramento della guardia costiera. Ne abbiamo già parlato qualche settimana fa. Vi è la terza fase di EUNAVFOR MED, che è una delle varie missioni, come Mare sicuro, Frontex e così via. Insomma, c'è una folla di navi. È vero che il soccorso è doveroso, ma se abbiamo molte navi gli scafisti sono avvantaggiati. Il Ministro della giustizia Orlando ha detto Pag. 10che anche l'ISIS si è infiltrata tra gli scafisti e ne trae beneficio. Cito fonti di governo. In sostanza, più navi mettiamo, più gli scafisti sono incoraggiati a organizzarsi a poche miglia dalla Libia. Allora, se possiamo andare con dei militari, che corrono dei rischi, sul suolo, a supportare un ospedale militare, perché non si fa la terza fase di EUNAVFOR MED, che è quella che potrebbe bloccare il flusso scomposto? Il Ministro Gentiloni ha fatto paragoni, ma è come con le statistiche: si trova sempre un riferimento, per cui si dice che è meglio del 1908 o del 2048. Ha detto, però, anche che nelle ultime settimane, in certi giorni, abbiamo più sbarchi quotidiani che persone da dover ricoverare. Si è fatto cenno al terremoto. Leggo che ogni giorno ci sono 2.300-3.000 persone che vengono accolte. Il problema, quindi, c'è. Per fare delle casette nel centro d'Italia ci vogliono otto mesi – questo è un altro tema – mentre ogni giorno ricoveriamo 2-3.000 persone che vanno a finire da qualche parte (non tutti, per loro fortuna, alla stazione di Milano). Allora, perché non si fa la terza fase di EUNAVFOR MED sul territorio, per entrare nei porti e bloccare questo flusso scomposto? È una sollecitazione che rivolgiamo al Governo. Se c'è un’escalation, si avanza sia sul fronte umanitario sia sul supporto di sicurezza. Sosteniamo e parliamo con al-Sarraj; ci proponiamo anche di bloccare Haftar, con una grande determinazione italiana, che, del resto, non può estraniarsi rispetto a quello che accade in Libia. Gli americani dissero che era affar nostro. Ora pare, però, che anche il referendum italiano sia affare degli americani, che si occupano molto di noi. Allora, se ci dobbiamo occupare della Libia, si faccia anche la terza fase di EUNAVFOR MED, se c'è questa agibilità.

  EDMONDO CIRIELLI. Presidente, colleghi, signor Ministro e signora Ministro, pur essendo una forza di opposizione coerente, che non fa governi di larghe intese, né altre forme di inciucio con il Governo, siamo anche una forza patriottica, quindi quando il Governo, per noi, agisce bene non possiamo prendere una posizione pregiudiziale e contraria.
  Siamo assolutamente favorevoli, come abbiamo detto più volte, a un impegno intelligente, equilibrato e diplomatico, sempre più intenso in Libia. L'occasione di farlo tramite un intervento umanitario, quindi non «a gamba tesa», ci sembra il migliore strumento per dimostrare che vogliamo essere vicini alla Libia, senza se e senza ma.
  Condivido anche l'azione diplomatica, dichiarata da parte del Ministro Gentiloni, sulla necessità di avere un ruolo più equilibrato da parte dell'Italia, atteso che c'è stata, per forza di cose, una posizione spinta da parte del governo riconosciuto dalla comunità internazionale. D'altro canto, è anche poco realistica rispetto all'affermazione sul territorio del generale Haftar. Su questo aspetto credo, infatti, che sia necessario avere un'azione diplomatica più forte e più chiara con i soggetti che gli sono alle spalle. Non possiamo immaginare di avere una linea di scontro con l'Egitto. Possiamo, infatti, parlare quanto vogliamo con Haftar, ma se non andiamo d'accordo con l'Egitto raggiungiamo poco. Penso anche a una linea di chiarezza con la Francia, perché quest'ultima deve smetterla di giocare su due tavoli. Credo che rispetto agli impegni internazionali della NATO e dell'Unione europea, di cui facciamo parte, questo aspetto debba essere ribadito con chiarezza. Peraltro – non c'entra, ma c'entra – penso che anche sulla vicenda Regeni andrebbero interpellati in maniera più chiara i nostri alleati inglesi e francesi, perché prendersela solo con l'Egitto, come, in parte legittimamente, ha fatto l'Italia, non sembra un atto di coraggio e di realismo politico. Sappiamo bene cosa c'è dietro. Lo dico qui perché questo ha ripercussioni sulla Libia, che ci interessa direttamente, visto che mandiamo i militari e i nostri uomini.
  Il nostro gruppo voterà, dunque, favorevolmente a questa missione e a questo impegno.

  MANLIO DI STEFANO. Vorrei sottolineare il fatto che oggi, qui, non siamo chiamati a votare nulla, cosa che, per quanto mi riguarda, rappresenta già un problema. È interessante ascoltare i punti Pag. 11di vista politici di tutti i gruppi, ma non comprendo quale sia, poi, la loro materializzazione, visto che non andremo a votare, oggi, delle risoluzioni dei gruppi politici. Avremo delle risoluzioni, ma non sono vincolanti per il Governo. Vorrei, tuttavia, portare dei dati che non sono stati presentati dal Governo, in questa introduzione. Si parla del nostro sostegno alle richieste di al-Sarraj. C'è però un dettaglio. In tutto quello che ci siamo detti in quest'ultimo anno si dava per scontato che la possibilità di al-Sarraj di chiedere sostegno internazionale dipendesse dal riconoscimento del suo governo in territorio libico, cosa che – se non mi sfugge un pezzo di storia – non è mai avvenuta.
  C'è, poi, un punto ancora più complicato. Infatti, per la prima volta, nella «mezzaluna del petrolio» di cui si diceva c'è stato addirittura uno scontro armato tra le truppe di al-Sarraj e quelle di Haftar. Quindi, non solo non c'è stata una legittimazione del governo, ma oggi si è arrivati a un aggravarsi della condizione di intesa tra i due governi sul territorio libico. Allora, non capisco come per un anno si sia narrata la storia di dover aspettare che vi fosse una situazione stabile di riconoscimento del governo di al-Sarraj e oggi, che siamo un passo indietro rispetto ad allora, decidiamo di intervenire in sostegno di quest'ultimo. Poi, che la legittimità e la modalità di sostegno dato sia più o meno giusta è un fattore prettamente politico. Ci sono, però, dei dati di fatto in campo. Pertanto, o nell'ultimo anno abbiamo perso tempo oppure oggi stiamo scavalcando quello che ci siamo detti per un anno intero, agendo direttamente, senza alcun tipo di legittimazione del governo. Una delle tante domande sarebbe, dunque: che fine ha fatto il piano di riconciliazione tra al-Sarraj e Haftar, visto che siamo – lo ripeto – un passo indietro?
  Ho, poi, una domanda retorica da porre. I militari che proteggono i nostri medici hanno, ovviamente, la facoltà – mi sembra ovvio – di ingaggiare battaglia in caso di pericolo. Questo pone la questione – è, appunto, una domanda retorica – del loro utilizzo sul territorio non soltanto nell'ambito delle missioni umanitarie. Con una forza di duecento uomini e una portaerei al sostegno medico – è strano persino pensarlo – la questione si sposta nell'ambito dell'ingaggio militare a tutti gli effetti. Non parliamo, infatti, di un contingente di dieci uomini che protegge una scuola, ma di duecento uomini. A questo proposito, il Ministro Pinotti ha fatto un accenno alle coperture giuridiche, ma non ha detto quali sono. Qual è l'ambito nel quale si muovono questi uomini? La domanda che sta su tutte è: con quale mandato state inviando un contingente di trecento uomini, tra medici e militari, con delle attrezzature militari a sostegno, quale la nave, in Libia, in questo momento? Lo chiedo per tutto quello ci siamo detti fino a oggi e perché non si può venire qui a dire che ci sono le coperture giuridiche. Quali sono queste coperture e qual è il mandato del Parlamento? Potrei enunciare tutte le vostre dichiarazioni e quelle del Presidente Renzi, in cui si garantiva il passaggio parlamentare. Non si tratta di un'informativa, ma di un passaggio parlamentare per l'apertura di un nuovo scenario di conflitto, che è vero. Non è un sostegno temporaneo a una missione specifica.
  Queste sono le domande che vorrei farvi. Spero ci sia una risposta.

  NICOLA LATORRE, Presidente della Commissione difesa del Senato. Vorrei, innanzitutto, ringraziare i Ministri, perché hanno svolto una informativa puntuale, che conferma la necessità e l'opportunità di condividere questa decisione.
  Stiamo parlando, ovviamente, di una missione umanitaria che rientra, peraltro, in decisioni che sono state già assunte allorquando preannunciammo, in queste occasioni e anche in Parlamento, che sull'onda di una formale richiesta del governo libico internazionalmente riconosciuto ci saremmo messi a disposizione anche per attività umanitarie.
  Da questo punto di vista, non mi pare, dunque, che ci siano, anche sul piano formale, ulteriori passaggi da fare. Tuttavia, mi permetto di fare una proposta. Sarebbe, infatti, opportuno rafforzare questa iniziativa anche con un voto da parte delle nostre Pag. 12Commissioni, posto che di fronte a passaggi più impegnativi di questi – penso a quello che accadde in occasione della nostra missione in Libano o a quello che accadde tre estati fa, per la missione in Iraq per la fornitura di materiale bellico ai Peshmerga – adottammo, con il voto di una risoluzione delle Commissioni, una formale assunzione di responsabilità anche del Parlamento.
  Ho molto apprezzato non solo la puntualità con la quale il Ministro della difesa ci ha fornito i dati relativi a questo impegno, ma anche le considerazioni di carattere politico più generali svolte dal Ministro Gentiloni, che confermano come questa decisione comunque coincida con una fase estremamente delicata della vicenda libica. È inutile, infatti, nascondersi che siamo di fronte a rischi seri di una tensione che può anche degenerare in una forma di guerra civile, in quella realtà, consolidando una spaccatura del Paese che metterebbe in discussione uno degli obiettivi fondamentali sui quali stiamo lavorando – devo che dire il nostro Paese lo sta facendo in maniera estremamente seria e rigorosa – che è quello di stabilizzare la Libia e, soprattutto, di evitare che si formalizzi, appunto, una divisione di quel Paese.
  Questa missione si colloca in questa cornice. Ovviamente, una missione di questo tipo non può rinunciare anche alla presenza militare di quanti devono, nella forma di force protection, tutelare il personale medico e infermieristico che sarà impegnato in quell'area.
  A questo proposito, mi permetto di approfittare di questo intervento per avanzare una proposta, nelle more dell'iniziativa in corso, che mi auguro sia anche accelerata nelle prossime ore, ossia di prendere in considerazione l'opportunità, nel prossimo Vertice di Bratislava dell'Unione europea, di proporre, anche con riferimento all'articolo 44 del Trattato dell'Unione europea, che il Consiglio affidi lo svolgimento di una missione nell'ambito europeo a un gruppo di Stati membri. L'ipotesi è che questa force protection sia costituita non soltanto da militari italiani, ma possa contemplare la presenza anche di altri Paesi europei, fondamentalmente per due ragioni.
  Anzitutto, anche sull'onda delle considerazioni – ne discuteremo, credo, molto presto – volte a rilanciare l'iniziativa sulla difesa europea, può essere un'occasione preziosa anche per dare concretamente corso a questa idea. Credo che il nostro Paese, su questo aspetto, sia uno di quelli che ha una maggiore sensibilità.
  In secondo luogo, è anche un modo per evitare che l'Italia si occupi di proteggere la nostra iniziativa nella Tripolitania e altri Paesi magari siano presenti in maniera virtuale in questo tipo di lavoro, giocando su più tavoli. Senza ipocrisie, mi riferisco anche all'atteggiamento francese.
  Penso che prendere in considerazione un'ipotesi di questo tipo, non facile da realizzare, possa comunque contribuire, come iniziativa politico-diplomatica, anche a creare attorno a quest'iniziativa stessa un clima che aiuta a superare questa fase delicatissima nella vicenda libica contro un'eventuale degenerazione. Da questo punto di vista, ho apprezzato la presa di posizione dei Paesi dell'Unione europea con gli Stati Uniti tesa a rimarcare la condanna per quello che sta accadendo, ma anche a fermare eventuali iniziative che possono soltanto esasperare questa tensione e produrre un'ulteriore evoluzione nella direzione peggiore.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Latorre. Naturalmente, anche sulla base della proposta del presidente riuniremo gli Uffici di Presidenza delle Commissioni separatamente, Camera e Senato, al termine di quest'audizione e valuteremo come proseguire i nostri lavori.

  MARIO MAURO. Ringrazio i Ministri per la puntuale informativa che hanno svolto. Ho due brevi domande da porre.
  Quella per il Ministro Gentiloni riguarda il ruolo di Haftar e la nostra strategia sul tema Haftar. Il Ministro Gentiloni ha fatto cenno a una posizione netta, ferma, di Paesi che hanno, se non intimato, comunque chiaramente espresso il loro pensiero su una dovuta marcia indietro di Pag. 13Haftar in questo momento: è sempre stata questa la nostra posizione nei confronti di Haftar? Ci possono essere, cioè, dei misunderstanding sull'atteggiamento da noi tenuto nei confronti di Haftar, per esempio, nel momento in cui abbiamo avuto maggiore vicinanza al Governo di al-Sisi, alcuni mesi fa? Questo fatto può aver influito sulle vicende del caso Regeni o il caso Regeni può aver influito su questi nostri rapporti con l'Egitto e anche con la posizione di Haftar?
  Ho, poi, una domanda per il Ministro Pinotti: signor Ministro, conferma la circostanza della presenza del nostro contingente all'aeroporto di Pratica di Mare questa mattina, e che, quindi, questa partenza è già avvenuta?

  MASSIMO ARTINI. Io eviterò di replicare una serie di domande che sono già state poste. Mi preme, invece, rivolgere una domanda al Ministro degli affari esteri riguardo la politica sull'area libica.
  Qual è la visione del Governo dopo le elezioni statunitensi che si terranno a novembre? Relativamente alla Clinton, lo stesso Obama – ci sono state anche alcune dichiarazioni dell'attuale Presidente degli Stati Uniti – ha fatto riferimento ad un suo convincimento verso una posizione più vicina a quella dell'idea francese. Quanto a Trump, non è dato conoscere il suo tipo di approccio. Dunque, dopo l'8-9 novembre, quale sbocco potrà avere ciò che stiamo facendo parallelamente con gli americani?
  Un'altra domanda è relativa all'impiego delle nostre navi nel Mediterraneo qualora, dopo gli ultimi attacchi e la conquista di alcune zone, come Ras Lanuf e la zona della mezzaluna petrolifera, Tobruk iniziasse a vendere petrolio. Se non ricordo male, nell'approvazione dell'ultimo decreto-legge sulle missioni internazionali si trattò proprio di questo, dicendo che era stato esteso il contrasto alla vendita di petrolio da parte di organizzazioni diverse dalla National Oil Corporation (NOC). Vorrei comprendere quale sarebbe la nostra reazione qualora, di qui a breve, succedesse questo tipo di fatto.
  In ultimo, devo ammettere di essere rimasto molto colpito e «contento» della proposta avanzata dal presidente Latorre di far seguire a queste comunicazioni una risoluzione. D'altronde, penso sia nel potere di tutti i parlamentari farlo. Se non venisse fatta è anche forse mancanza di volontà.
  Al riguardo, mi chiedo se ci sia la volontà da parte dei Ministri di seguire già da adesso – inserendo nella risoluzione il mandato, i numeri e le tempistiche – quel percorso tracciato nella legge quadro sulle missioni internazionali, per quanto questa entrerà in vigore solo alla fine dell'anno. Non è dato sapere, infatti, quanto può durare questa presenza. Per il resto, mi sembra che sia il numero sia di medici, sia quello degli uomini inviati a protezione, 65 in realtà, siano più che ragionevoli.

  MICHELE PIRAS. Come hanno già detto altri colleghi prima di me, anch'io tengo a ribadire il fatto che trovo piuttosto singolare, per quanto quest'occasione si ripeta da qualche tempo, che il Parlamento oggi si riunisca apprendendo delle notizie dai giornali piuttosto che direttamente dalla fonte, ovvero dal Governo.
  Oggi, la Ministra Pinotti ha chiarito i termini di una missione che ci veniva presentata in tutt'altra maniera dai giornali e che non poco ha allarmato l'opinione pubblica, almeno quella sensibile al fatto che questo Paese continui a rispettare l'articolo 11 della propria Costituzione e abbia un atteggiamento che faccia prevalere i temi della diplomazia e del lavoro diplomatico su quelli della presenza militare sul terreno.
  C'è stato, dunque, un chiarimento, ma va ricordato che l'atteggiamento di questo Governo non sembra affatto dissimile da quanto successe ormai più di cent'anni fa. Vorrei tornare su quello che successe più di cent'anni fa, perché mi sembra un punto cruciale rispetto anche ai rischi che corriamo con questa missione.
  Sembra di tornare ai tempi di Giolitti e all'atteggiamento che aveva nei confronti delle Camere, perché anche quell'operazione del 1911 venne fatta con scarsissimo riguardo nei confronti del Parlamento; andrebbe inoltre ricordato che la memoria delle atrocità compiute dagli italiani sul Pag. 14terreno libico è ancora forte in quella terra e tra gli stessi libici.
  A nostro avviso, avere – il senatore Gasparri parlava di boots on the ground, per dirla con gli americani – un centinaio di unità di paracadutisti italiani a protezione di un ospedale da campo, impegnati in un'operazione di difesa che evidentemente potrebbe comportare anche l'ingaggio di scontri a fuoco con i locali, è un elemento di grandissima preoccupazione sia per quello che potrebbe succedere ai nostri militari, sia per quello che potrebbe succedere in futuro su un terreno, che da ogni parte, ivi compreso in quello che ci riferisce il Ministro degli esteri, non è stabile, non è in via di stabilizzazione e non vi è ancora un'autorità consolidata sul territorio.
  Io credo che – si tratta di una considerazione che il mio gruppo vuole sottolineare – non sia un fatto qualsiasi quello che si sta verificando. In quest'occasione e per il futuro – anche di fronte a missioni che potrebbero essere presentate come meritorie come quella della costruzione di un ospedale da campo, e non quindi dell'ingaggio immediato in operazioni belliche – varrebbe la pena che il Parlamento venisse coinvolto prima dell'imbarco dei nostri militari.
  Vorrei chiedere anch'io alla Ministra se corrisponde a verità che le operazioni di imbarco, così come ci riferiscono i giornali, siano già iniziate nelle scorse settimane e, dunque, noi oggi veniamo a discutere di una cosa che, di fatto, è già superata.

  PIA ELDA LOCATELLI. Io sono molto d'accordo, invece, su quest'intervento che stiamo avviando. Aggiungo anche che non ci sarebbe bisogno dell'assunzione di una decisione formale attraverso una risoluzione, pur ritenendo che sia comunque cosa opportuna. Avevamo, infatti, già deciso di rispondere positivamente alle richieste che ci fossero venute dal governo al-Sarraj e lo stiamo facendo.
  Sono d'accordo, in particolare, perché nel passato ci eravamo candidati a guidare una presenza internazionale in Libia (anche se non la avevamo precisata in maniera così esplicita) e alla fine avevamo assunto una posizione giustamente molto prudente.
  Adesso mi pare che andiamo in Libia a fare le cose che sappiamo fare: addestrare; un intervento umanitario; continuare un'azione che abbiamo già iniziato qui in Italia con i militari al Celio. Soprattutto, cosa importantissima, c'è quest'iniziativa di lavoro sottotraccia di coinvolgimento delle diverse parti. Credo che questo sia il nodo più difficile da sciogliere rispetto alla futura stabilizzazione della Libia.
  Va bene, dunque, votare una risoluzione. Non è necessaria, ma è opportuna. In questo modo, rendiamo anche il compito più facile al Governo. Dovremmo però ricordarci che quando assumiamo alcune decisioni, poi i comportamenti devono essere coerenti; non è che ogni volta ci si viene a rimproverare o ci si dimentica di decisioni che avevamo assunto e si ricomincia daccapo.
  Soprattutto, è giusto quest'approccio olistico e che non ci limitiamo a creare un ospedale. Non basta un ospedale. Sicuramente serve, ma è bene soprattutto che ci veda protagonisti il discorso di coinvolgimento delle varie fazioni libiche, che è la cosa più difficile da fare.

  PAOLO ALLI. Io non credo che siamo un passo indietro rispetto a un anno fa, come qualcuno ha detto. Mi sembra che oggi cominci a esserci un interlocutore, per quanto ancora debole, e questa è la condizione fondamentale per poter lavorare e andare in una direzione di reale stabilizzazione della situazione in Libia. Ritengo che l'impegno che l'Italia ha avuto verso questo Paese sia innegabile. Anche in quest'occasione, credo che il Governo si sia mosso e si stia muovendo nella giusta direzione.
  Penso, però, che si debbano concentrare molto gli sforzi sul coinvolgimento della comunità internazionale in un consenso ampio, in un'azione condivisa. Non penso, per quanto stiamo di fatto avendo un ruolo di primo piano, di protagonismo attivo – l'annuncio del prossimo reinserimento dell'ambasciatore è sicuramente positivo in questa direzione – che da soli o con gli americani, tra l'altro in un momento di Pag. 15debolezza essendo ormai prossime le elezioni presidenziali, possiamo risolvere granché.
  Le mie due domande sono precise e puntuali. Altri colleghi hanno parlato dell'Egitto, io chiedo se e come sta evolvendo la posizione dell'Egitto rispetto alla vicenda libica. Credo che questo sia l'elemento chiave rispetto al tema Haftar. Io non mi appassiono alla questione se il caso Regeni abbia influito o meno – mi sembra del tutto secondario – ma bisogna cercare di capire se l'Egitto cambia posizione rispetto a una situazione in cui, pur di difendere il proprio confine, è disponibile anche a vedere la Libia spaccata in più parti, cosa a cui abbiamo sempre detto di essere contrari.
  In secondo luogo, il Ministro Pinotti ha parlato della NATO con riferimento ai fenomeni migratori. La NATO sta osservando la situazione in Libia con grande attenzione sotto tutti i profili. La domanda è: si intravedono ulteriori possibili interventi non militari da chiedere all'Alleanza atlantica come supporto alle azioni umanitarie e di altro genere, di intelligence, che tra l'altro rientrano tra le caratteristiche che la NATO ha sviluppato negli ultimi vent'anni?
  Per quanto riguarda la proposta di votare una risoluzione, io concordo, anche se ovviamente non sarebbe necessario. Credo, però, che sia un passaggio utile per rinforzare la posizione del Governo.

  ERASMO PALAZZOTTO. Intervengo solo per alcune puntualizzazioni. Io credo che noi abbiamo il dovere, soprattutto in questa sede, di provare a uscire fuori da un racconto giornalistico e spesso anche semplificato della realtà, altrimenti rischiamo di finire dentro delle contraddizioni evidenti.
  Noi abbiamo discusso del contesto libico per un anno immaginando che il problema più grande in Libia fossero gli islamisti di Tripoli, che invece sono miracolosamente spariti e che sono uno degli assi portanti del Governo al-Sarraj che noi sosteniamo. Per un anno, invece, abbiamo sostenuto ufficialmente il governo di Tobruk, che era nelle mani salde del generale Haftar, che oggi si rivela essere il problema più grande in Libia, molto più dell'Isis. Infatti, se dobbiamo dirla tutta, l'Isis aveva un insediamento territoriale limitato nella sola città di Sirte, mentre il generale Haftar, come sta dimostrando, ha un ampio controllo, un'ampia forza militare dispiegata nel Paese e gode, come ci ha detto il Ministro Gentiloni, anche di diverse milizie di mercenari stranieri che ha arruolato in tutto il continente subsahariano.
  Allora, dovremmo parlare di un contesto libico provando a ragionare di che cosa abbiamo sul campo, non come se quei confini fossero così marcati e tutto fosse così chiaro. Io proverei, in questo contesto, nelle comunicazioni ufficiali, più che a discutere delle dimensioni del contingente dell'ospedale militare e del numero soldati, della questione politica che sta dietro quest'intervento.
  Noi abbiamo iniziato un'operazione militare – dobbiamo chiamare le cose col proprio nome – nel mese di agosto, insieme all'esercito americano. Sono stati compiuti circa 143 raid su Sirte, con diverse vittime, immagino anche tra la popolazione civile. Noi abbiamo supportato quest'iniziativa in diverse forme, non è ancora chiaro se con corpi speciali italiani sul campo. Diverse sono le informazioni giornalistiche e le dichiarazioni di miliziani libici sui soldati italiani che combattevano insieme a loro; ci sono poi state le smentite, ma in questi casi c'è anche il segreto militare.
  Il punto vero è che siamo entrati dentro il pantano libico. Siamo in questo momento dentro quel conflitto; ci siamo entrati con tutte e due le scarpe e non abbiamo idea di che cosa stiamo andando a fare. Andiamo a tentoni: apriamo un ospedale militare; diamo un supporto logistico, ma io vorrei che qui qualcuno mi dicesse qual è l'idea su come si esce dal pantano libico, qual è il progetto politico per la Libia, non quanti medici mandiamo.
  L'invio dei medici diventa una cosa secondaria rispetto al perché noi stiamo mettendo boots on the ground in Libia. Qual è il contesto di legalità internazionale? C'è un mandato dell'ONU su un intervento militare in Libia? No. È una scelta del nostro Governo, con un governo che controlla Pag. 16 poco meno di un quarto del territorio libico, perché il resto è controllato da Haftar. La stessa Misurata non è controllata dal governo, ma è alleata del Governo al-Sarraj.
  L'insediamento dell'ospedale militare – chiamiamo le cose col proprio nome – è un'operazione militare, non un'operazione umanitaria. Gli ospedali umanitari li realizza Emergency in zone di conflitto. Noi stiamo andando a realizzare un ospedale che è di supporto logistico per curare i miliziani che combattono a Sirte. Sono cose diverse. Andiamo a curare e a supportare milizie organizzate, pagate, mercenari, perché questo è il contesto libico.
  Sarebbe auspicabile avere chiarezza rispetto a cosa noi andiamo a fare realmente in Libia, sapere se per esempio si porrà il tema di una risoluzione dell'ONU sulla Libia, che in qualche modo legittimi, autorizzi e disegni i confini di un mandato internazionale su che cosa si va a fare in Libia.
  Per quanto riguarda noi, al di là della risoluzione – lo diceva prima il collega Artini – abbiamo in vigore una legge quadro sulle missioni che prevede un determinato iter autorizzativo per le operazioni militari di questo tipo: sarebbe auspicabile che il Governo venisse in Parlamento, applicasse quella legge e si seguisse tutta la procedura, consentendo a questo Parlamento di pronunciarsi e alla maggioranza politica di assumersi la responsabilità, dicendo le cose come stanno, ossia di essere andati a mettere i piedi nel pantano libico.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Palazzotto. Solo per precisione vorrei ricordare che noi abbiamo sì approvato la legge quadro, ma questa entrerà in vigore a partire da gennaio.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Noi ci siamo lasciati, all'ultima seduta delle Commissioni congiunte esteri e difesa di Camera e Senato, con un'audizione sulla Libia. Riprendiamo con un'audizione sulla Libia, a testimonianza, da un lato, dell'importanza strategica di questo paese nel quadro regionale, e in particolare per l'Italia e, dall'altro, a mio giudizio, anche dell'impegno italiano, del Governo e del Parlamento in un dialogo continuo ad accompagnare una situazione certamente preoccupante che ci riguarda da vicino e ha bisogno di un sostegno.
  In questo senso, io vorrei ringraziare i Ministri per le novità che ci hanno fornito sulla vicenda del processo politico, che richiede ogni volta un continuo aggiornamento e che ci ha testimoniato come, nelle molte difficoltà che vediamo anche in questi giorni, sta però procedendo. Se confrontiamo la situazione com'era anche solo un anno fa alla situazione di oggi, ci rendiamo conto che certamente non è ottimale, ma è in evoluzione che, speriamo, possa essere effettivamente positiva.
  Proprio perché non è la prima volta che discutiamo di quest'argomento, io credo sia importante ricordare tutti che cosa abbiamo detto nel corso di queste settimane e di questi mesi. Abbiamo sempre affermato, su questo c'è stata una convergenza ampia, che, seguendo quanto contenuto nella risoluzione numero 2259 dell'ONU, noi volevamo come Paese sostenere il processo politico di riconciliazione nazionale libica e il governo emerso da questo processo di riconciliazione nazionale.
  Oggi discutiamo di come rispondere a una richiesta fatta da questo governo. Non di altro. Stiamo discutendo di come rispondere alla richiesta fatta dal governo libico di aprire un ospedale. Cerchiamo, dunque, di ricordare su che cosa stiamo discutendo e perché.
  In questo senso, io credo, e lo hanno detto altri colleghi, in una formazione più ampia della formazione di maggioranza. Anche questo è da notare. È un impegno a cui rispondere positivamente perché è in continuità con l'impegno preso dal nostro Paese con la risoluzione ONU, con l'impegno umanitario, caratteristico dell'Italia, nel quadro del conflitto libico con l'assistenza ai feriti e, più recentemente, appunto con l'invio di farmaci e di supporti sanitari a vari ospedali nel Paese. Oggi stiamo sostanzialmente reiterando una discussione sull'impegno dell'Italia verso un Paese che per noi è strategico. Pag. 17
  In considerazione di tutte queste cose e anche di alcune riflessioni poste dai presidenti Garofani e Latorre, a mio giudizio è molto opportuna l'idea della presentazione di una risoluzione che raccolga un consenso, immagino, più ampio della semplice maggioranza; che cerchi di rispettare la continuità col processo politico internazionale in cui l'Italia è coinvolta e con il processo di discussione che abbiamo fatto noi in Parlamento e con il Governo. Ed è una risoluzione che ci aiuta anche a rispettare la lettera della legge quadro, anche se poi questa, come ricordava il presidente Garofani, non ancora è in vigore, ma l'abbiamo approvata avendoci lavorato a lungo.
  Con i provvedimenti che annunciava il Ministro per il finanziamento specifico e il quadro giuridico della missione e con questa risoluzione che dà attuazione agli indirizzi oggetto della comunicazione di oggi, si comincia dunque a rispettare la lettera di una legge che, a gennaio, entrerà finalmente in vigore.

  PIERFERDINANDO CASINI, Presidente della Commissione affari esteri ed emigrazione del Senato. Io penso che sia molto importante l'idea del presidente Latorre, da noi condivisa, di votare una risoluzione successivamente a queste comunicazioni. Non si deve aver paura di un confronto in Parlamento e di un voto che, mi auguro, possa registrare una convergenza più ampia della maggioranza parlamentare. Ho apprezzato anche gli interventi del collega Cirielli e del collega Gasparri. Ho colto i nessi, la possibilità di raggiungere un'intesa.
  Vorrei dire una cosa all'onorevole Palazzotto. Il suo intervento è stato stimolante, ma i vicini si trovano, non si scelgono. Nel pantano libico ci siamo anche se non ci vogliamo essere. Se l'Isis si radica a 100 chilometri dalle coste italiane, non è che noi siamo nel pantano libico o che vogliamo andarci; noi ce lo troviamo. E tutti i problemi che la Libia può esportare, li esporta verso il nostro Paese in primo luogo.
  Il nostro Governo, i nostri Ministri (sia Gentiloni, sia la Pinotti) potranno avere tutti i difetti del mondo – la critica tante volte è il sale della democrazia – ma se c'è una critica che francamente non possiamo rivolgere loro è di essere stati omissivi verso il Parlamento. Guardando al passato muoverei piuttosto la critica opposta. In certe circostanze è pure necessario che il Governo vada avanti, lo dico io da parlamentarista convinto. Qui c'è anche una distinzione di ruoli. Vi viene mossa la critica di omissività verso il Parlamento, ma è una cosa lunare, a meno che noi non abbiamo un'idea della democrazia parlamentare completamente diversa da quello che si realizza in tutte le parti del mondo!
  Io sono d'accordo totalmente con quanto hanno detto, per cui non ripeto ciò che Gentiloni e la Pinotti hanno detto sul caso Libia. Secondo me, noi abbiamo anche il progetto che è chiaro: il governo al-Sarraj, appoggiato dalla comunità internazionale, deve acquisire una sua statualità riconosciuta e una sua operatività concreta.
  In secondo luogo, questo è essenziale, bisogna arrivare al controllo misto delle coste.
  In terzo luogo, dobbiamo fare un Piano Marshall non solo nei confronti della Libia, ma anche nei confronti degli altri paesi mediterranei. Questa è grossomodo una visione semplice, ma credo molto chiara che il nostro Paese dovrebbe esportare verso quei paesi europei che la politica del Mediterraneo l'hanno tuttalpiù ricordata, ma mai praticata.
  L'ultima considerazione che faccio, ma che è la ragione del mio intervento – per il resto, avrei sottoscritto quello di Latorre – è che io apprezzo molto la nostra collega Mogherini che parla di battlegroup o di iniziative per creare questa politica estera e di difesa comune, ma il punto vero è che soggetti politici importanti e paesi di primo piano fanno in teatri fondamentali per l'Europa politiche diverse.
  Si è parlato dell'Egitto. L'Egitto è un grande problema e sappiamo che dobbiamo fare i conti con quel paese. Il suo comportamento e il rapporto con Haftar non c'entra col caso Regeni; sono due cose completamente diverse. È un comportamento Pag. 18 che probabilmente mira alla tripartizione della Libia, ma abbiamo anche protagonisti e paesi europei di primo piano che tutto sommato appoggiano Haftar. Chi è, infatti, Haftar? Non può essere uno che agisce da solo se non ha sussidi, finanziamenti, risorse che gli derivano da complicità internazionali.
  Allora, il punto vero, più che tutte le dichiarazioni di principio, è che i nostri capi di governo, che peraltro hanno frequenti rapporti, si chiudano in una stanzetta e incomincino a capire se sulla Libia vogliono fare la stessa cosa. Se poi un protagonismo dei governi, magari spinto da un protagonismo di certe aziende di Stato, mira da parte di alcuni a fare una cosa e da parte di altri a fare l'opposto, ha fatto bene ieri il Ministro Gentiloni a provocare un documento firmato dei principali paesi.
  Questo documento ancora una volta smentisce quello che poi nei fatti alcuni fanno, cioè firmano i documenti, compreso l'Egitto, per avallare il governo al-Sarraj, e poi nei fatti agiscono in modo diverso. Questo è il problema. Sì, il battlegroup è importantissimo, ma se non chiariamo questi equivoci, le disquisizioni sull'esercito comune europeo sono ben poca cosa. Il problema sono gli intenti europei. Questo è fondamentale.

  LUCA FRUSONE. Io ho sentito gli interventi di chi mi ha preceduto e se, da una parte, posso capire chi dice che il Governo non ha avuto un atteggiamento omissivo perché magari si era abituati in una certa maniera, dall'altra, credo che si debba anche permettere alle opposizioni di dire che i dati oggi forniti per noi non sono sufficienti.
  Si è parlato di cento unità di force protection, ma noi vorremmo sapere chi sono, quali sono le regole di ingaggio, qual è il mandato eccetera. Sinceramente, non dobbiamo continuare con queste pratiche solo perché negli anni passati non arrivava nulla al Parlamento. In realtà, si può sempre migliorare ed è quello che chiediamo da tre anni.
  Dall'altra parte, ci dobbiamo rendere conto anche di un'altra cosa. Ora c'è quest'ospedale. Oltre alle varie domande poste prima sul mandato, su tutto quello che c'è dietro l'utilizzo di soldati italiani all'estero, è evidente che stiamo palesemente appoggiando una delle due parti che è in Libia, anche se si tratta di una parte riconosciuta dalla comunità internazionale.
  Siccome abbiamo visto che ci sono stati veri e propri capovolgimenti nella situazione libica – è stato appunto ricordato che quelli che un tempo erano a Tripoli i nostri nemici ora sono componenti della coalizione che stiamo appoggiando – vorrei domandare se ci rendiamo conto che questa decisione ci farà scivolare lentamente in una guerra civile, che a questo punto è quasi inevitabile se Haftar continua con la sua galoppata. Tra poco probabilmente si avvicinerà proprio ai territori occupati dal governo al-Sarraj. A quel punto, che faremo? Realizzeremo un ospedale anche a Bengasi, tanto per fare uno a uno, palla al centro?
  Io credo che tra qualche mese verrà inoltrata anche una richiesta di qualche mezzo più operativo, come qualche elicottero NH90, e, poco alla volta, ci ritroveremo in un conflitto, in una guerra civile che non siamo stati in grado di evitare con la diplomazia anche per dubbie scelte. Se si continua così – da questo nasce la mia richiesta iniziale – il Parlamento verrà tenuto all'oscuro.
  Quello che sta succedendo oggi l'avevamo predetto già a marzo ed aprile, quando dicevamo: «Siamo in guerra e non lo sappiamo!». Oggi ripetiamo questa frase. Magari ci sono già delle forze italiane che si stanno preparando per una seconda fase, per questo lento scivolamento in una guerra civile, che naturalmente riporterà ulteriore confusione. Siamo di nuovo punto e a capo. Mi dispiace, ma passi in avanti non sono stati fatti. Si vede anche da questo metodo di mascherare interventi militari sotto forma di interventi umanitari. Sinceramente, bisognerebbe agire in maniera diversa.
  Ho apprezzato comunque il fatto che si sia parlato di una richiesta da parte del governo Haftar – chiamiamolo così, quello di Tobruk – di un'interlocuzione con l'Italia. Anche a questo proposito vorremmo Pag. 19sapere che cosa si farà. Questa dovrebbe essere la domanda centrale.

  FABRIZIO CICCHITTO, Presidente della Commissione affari esteri della Camera. Mi pare semplicemente lunare il fatto che si dica che il Parlamento non è informato. Francamente, c'è quasi un eccesso di informazione. Stiamo lavorando in diretta televisiva. Quello che dicono le televisioni e quello che dicono i giornali non è esattamente la realtà. Questa è la sede in cui queste rettifiche vengono fatte e noi stiamo agendo in una situazione nella quale tra le comunicazioni del Governo e le Commissioni parlamentari c'è un rapporto assolutamente stringente.
  È da ieri che dico: «Per togliere ogni pretesto ad altri dissensi è bene che si approvi una risoluzione». Scusatemi se aggiungo anche: «Che cosa altrimenti dovremmo fare? Dovremmo stare in una posizione totalmente contemplativa rispetto alla realtà libica?».
  Io colgo in tutti una divaricazione totale tra l'analisi e le conseguenze politiche.
  Tutti tra noi facciamo delle analisi drammatiche su che cosa sia Daesh, Isis – chiamiamolo come vogliamo – ma se oltre alle catastrofi che hanno combinato in Siria e in Iraq (alcune di queste, a parte il terrorismo, hanno avuto delle conseguenze anche sul terreno dei rifugiati e delle migrazioni), ne abbiamo una anche in Libia, il rischio è che i piedi sul terreno italiano siano posti dagli altri e non viceversa. Io starei molto attento.
  Noi siamo vitalmente impegnati e interessati a far sì che in Libia si determini, si rafforzi la componente del governo al-Sarraj e si apra un confronto con il generale Haftar e con chi gli sta dietro. Se noi non facessimo questo, allora sì che bisognerebbe attaccare il Governo per omissione e per irresponsabilità. Noi non stiamo decidendo un intervento militare. Ho visto che è stata evocata anche un'occupazione coloniale dell'Italia in Libia. Noi stiamo assumendo un atteggiamento difensivo per tutelare una componente statuale per la costruzione della quale c'è stato uno sforzo enorme e che va sostenuta.
  Se questa componente statuale va sotto per i colpi di Daesh o in una contrapposizione col generale Haftar, noi ci troviamo di fronte a un'ulteriore catastrofe. Secondo me, invece, bisogna procedere passo per passo e costruire le condizioni per il controllo del governo libico e della comunità internazionale sui quattro porti, determinanti anche per quello che riguarda i flussi di migrazione.
  Infine, faccio mio quello che ha detto in conclusione del suo intervento il presidente Casini. Diciamoci la verità, la politica estera della difesa europea è uno pseudo-concetto, nel senso che, specie nel Mediterraneo, vediamo che esistono tante politiche estere e della difesa quanti sono i principali Stati in campo. Formazioni tecniche della difesa, se non hanno un'ispirazione politica dietro le spalle, sono delle esercitazioni interessanti, ma di tipo burocratico-funzionale e non di tipo politico.
  Aggiungo, e concludo, che rispetto alla prudenza con cui si sta muovendo il Governo italiano, casomai qualcun altro forse potrebbe fare delle critiche di segno opposto a quelle che ho sentito fare oggi in quest'aula.

  PRESIDENTE. Rimangono gli ultimi tre interventi. Raccomando massima sintesi per poter poi dare la parola ai Ministri per le repliche.

  CRISTINA DE PIETRO. Pur nella molteplicità di cause che hanno portato a questa situazione di conflitto protratto così a lungo nel tempo, ritengo che rivesta un particolare peso la condotta di numerosi attori esterni, che hanno alterato in maniera significativa gli equilibri tra le forze locali. Condivido appieno le riflessioni del presidente Casini che, in parte, ha già fatto riferimento ad alcuni di questi attori. L'argomento è vasto e dalle implicazioni importanti. Per motivi di tempo, toccherò solo un paio di aspetti che in particolare desidero portare alla vostra attenzione.
  La Turchia di Erdoğan ormai da tempo mostra un crescente interesse a proiettare la sua influenza nell'area, a voler per così Pag. 20dire modellare lo scenario libico in base a una sua agenda strategica caratterizzata da interessi nazionalistici, spesso in forte agonismo con altri attori regionali e internazionali.
  Ministro Gentiloni, le chiedo quale sia la sua percezione rispetto all'attuale ruolo giocato dalla Turchia in Libia e, soprattutto, se ritenga la condotta della Turchia compatibile con le linee d'azione condivise tra Italia, Stati Uniti e altri paesi della comunità internazionale coinvolti nello sforzo di pacificazione della Libia in accordo con quanto sancito dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
  Passo velocemente a un altro aspetto a mio avviso degno di nota data la preoccupazione che desta la condotta del generale Haftar. In primis, il palesarsi di legami sempre più stretti con la Russia apre la strada a riflessioni dalle tinte – oserei dire – fosche. Al di là dei comunicati e delle speculazioni giornalistiche a seguito dei recenti incontri del generale Haftar a Mosca, la reale natura e gli esatti contorni di questo relazionarsi restano un quesito aperto.
  Tra i vari timori che aleggiano spicca quello relativo a un potenziale flusso di armi che dalla Russia potrebbero arrivare in Libia. Signori Ministri, ritenete fondati i timori di chi vede profilarsi all'orizzonte un ulteriore elemento di destabilizzazione del già tormentato scenario libico? A vostro giudizio, che cosa dovremmo aspettarci nel medio termine rispetto a questa particolare dinamica?
  Un ultimo punto, infine, è sempre in relazione al generale Haftar. Abbiamo assistito tutti con sconcerto agli sviluppi delle ultime 72 ore della cosiddetta zona della mezzaluna petrolifera. Oltre alle evidenti implicazioni di natura economica legate al controllo della produzione petrolifera e a una potenziale futura ripresa del ritmo della stessa, è evidente quanto questi eventi complichino i già faticosi tentativi in atto volti a raggruppare e in qualche modo controllare le varie fazioni armate operative in quella zona.
  Faccio riferimento al fatto che, secondo una nota di ieri del Consiglio di Presidenza del governo di riconciliazione nazionale, l'accaduto ai terminal petroliferi viene descritto come un evento che contrasta con il processo di riconciliazione nazionale e infrange le speranze per il raggiungimento della stabilità del paese, anche con riferimento all'appello che è stato fatto a fazioni affinché intervengano in quell'area. Chiedo al Ministro Pinotti quali potrebbero essere le eventuali ripercussioni sull'attività in atto che vedono il sostegno e il coinvolgimento italiano.

  TRIFONE ALTIERI. Per essere breve, non ripeterò le ragioni già esposte nelle nostre precedenti riunioni rispetto alla centralità e all'importanza della questione libica per il nostro Paese e per la sicurezza nazionale. Proprio per queste ragioni, ritengo che il tema centrale, o meglio la questione, oggi, non sia l'omissività del Governo, ma bensì la sua remissività, l'atteggiamento che in questi mesi è stato troppo timido e tiepido rispetto a un tema vitale per la sicurezza nazionale del nostro Paese.
  Siamo passati dalla leadership nella missione in Libia a un ruolo umanitario con un ospedale da campo. Siamo passati dall'annuncio di inviare in Libia 5.000 uomini fatto dal Ministro Pinotti all'inizio dell'anno...

  ROBERTA PINOTTI, Ministra della difesa. Mai fatto!

  TRIFONE ALTIERI. Fatto anche in trasmissioni televisive. Prendo, comunque, per buona l'interpretazione autentica del Ministro, e quindi ho sentito e ho letto male, ma si è parlato di leadership di missione con invio di un contingente italiano corposo, probabilmente di 5.000 uomini. Siamo, invece, arrivati a mandarne poche centinaia a sicurezza dell'ospedale da campo.
  Io ritengo che sia arrivato il momento, Ministro Pinotti e Ministro Gentiloni, che il Governo faccia il ruolo dell'Italia in una questione così centrale. Forse siamo vicini alla chiusura di una questione molto problematica per il nostro Paese. Penso che si Pag. 21debba fare di più di un ospedale militare. Ritengo che oggi sia centrale, così come ha detto lo stesso presidente Casini, il problema dei migranti, di come bloccare i flussi che già negli scorsi giorni sono aumentati.
  Quale sarà il ruolo dell'Italia su questo tema? Quale sarà l'impegno dell'Italia nel contrasto delle organizzazioni criminali che gestiscono la tratta degli esseri umani? Quale sarà il contrasto del nostro Paese contro gli scafisti, per evitare di avere un nuovo problema sulle nostre coste? Questi sono i temi centrali su cui il Parlamento dovrebbe discutere.
  Ritengo che oggi sia arrivato il momento di fare un salto di qualità e, permettetemi, anche un salto di coraggio e di presa di responsabilità rispetto a quanto avviene molto vicino a noi, in Libia, con un atteggiamento più importante e più decisivo da parte del nostro Paese.

  ANDREA CAUSIN. Sarò telegrafico. Ringrazio per le comunicazioni i Ministri degli esteri e della difesa, comunicazioni che sono soddisfacenti e assolutamente coerenti con il percorso che abbiamo fatto finora. Non è la prima volta che si parla di Libia. Abbiamo molti elementi e molte informazioni. Abbiamo tenuto una posizione centrale dal punto di vista diplomatico e anche dal punto di vista militare con la missione EUNAVFOR MED.
  Chiaramente, ci troviamo forse di fronte a una prima iniziativa, con l'invio di questo contingente, in una situazione in forte evoluzione perché caratterizzata, sul piano sia militare che politico, da una serie di variabili indipendenti che mutano anche rapidamente. C'è la necessità di un monitoraggio continuo. Personalmente, ritengo che sia anche cacofonica una risoluzione. Se vogliamo farla, facciamola, ma credo che gli elementi siano noti, ci siano tutti, e che l'invio di questo primo contingente avvenga anche in una cornice di diritto internazionale assolutamente ben definita nella risoluzione dell'ONU.
  L'unica questione che a me sta a cuore è quella di monitorare con grandissima attenzione il tema della quota di contingente dedicata alla sicurezza. Si tratta di un terreno molto pericoloso. Sapendo come sta lavorando, anche sotto il profilo della raccolta di informazioni, la missione EUNAVFOR MED, saranno state fatte delle valutazioni sicuramente esaustive, ma va posta grandissima attenzione. Lì c'è una situazione che potrebbe evolvere, degenerare e potrebbe anche essere un elemento non sufficiente la quota di 100 militari dedicati alla sicurezza.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola per le repliche alla Ministra Pinotti e al Ministro Gentiloni, avverto i colleghi senatori che l'Ufficio di Presidenza delle Commissioni riunite esteri e difesa del Senato è convocato alle 15.30 nell'aula della Commissione difesa.
  Do la parola alla Ministra Pinotti.

  ROBERTA PINOTTI, Ministra della difesa. In alcuni interventi, più di uno – ha iniziato il senatore Gasparri – si rilevava il fatto che alcuni giornali avessero fatto anticipazioni giornalistiche. Io assicuro che questa non è un'offesa del Governo nei confronti del Parlamento. I primi a essere dispiaciuti del fatto che la prima data in cui le quattro Commissioni potevano essere riunite fosse questa – noi abbiamo dato la massima disponibilità e ci siamo riuniti – siamo noi. Quale interesse avrebbe il Governo a fare anticipazioni giornalistiche per fare un torto al Parlamento? Chi è abbastanza esperto di politica lo sa che è così.
  Non è un'operazione coperta. Ci sono state delle ricognizioni che alcuni giornalisti che erano in Libia hanno visto. Mettendo insieme diversi pezzi, sono stati costruiti degli articoli. Alcuni nell'intervento hanno raccolto le mie modifiche rispetto alle interpretazioni giornalistiche; altri, come l'onorevole Di Stefano, le hanno riproposte come se non ci fosse stata la comunicazione al Parlamento.
  Diversa è la missione da come l'hanno presentata i giornali. Non è mai stata prevista la portaerei Cavour, che pure è stata citata. La force protection non è di 200 persone, ma di 100. Quanto agli altri, si tratta di personale logistico. Pag. 22
  Francamente, dato l'indirizzo al Governo, non è compito di un Ministro decidere i numeri specifici. Io ho visto missioni internazionali a sufficienza e ho abbastanza esperienza di come le nostre Forze armate sanno programmare e operare per fidarmi della programmazione che, nel rispetto dei ruoli, deve spettare al Capo di stato maggiore della difesa e non al Ministro.
  Dato un obiettivo, è lui che traduce in numeri, contingenti e necessità, compreso il numero di persone necessarie per garantire la sicurezza, che non sono lì per ingaggiare una missione militare in Libia, ma per proteggere un ospedale militare in un territorio dove le tensioni, come in molti interventi è stato evidenziato, non sono sopite e dove evidentemente, se non ci fosse bisogno di sicurezza, non si chiederebbe un ospedale militare in luogo di uno civile. Se si chiede ai militari, è perché c'è bisogno di una cornice di sicurezza.
  Non c'è, quindi, nessuna omissione. Vi abbiamo comunicato tutti i numeri e quanto può essere fatto. Stiamo seguendo quello che è oggi il metodo della risoluzione Ruffino, attualmente in vigore. Il voto che le Commissioni hanno oggi deciso di fare è molto importante per noi. Non potevamo proporlo come Governo, perché non è una modalità già stabilita per legge, ma siamo ben felici che le Commissioni abbiano deciso questo.
  Sul discorso della vendita di petrolio che poneva l'onorevole Artini, preciso che le nostre navi nel Mediterraneo sono a supporto delle nostre piattaforme petrolifere. In caso dovessero esserci in Libia, a seguito degli interventi di Haftar, vendite non legittimate di petrolio, le autorità libiche dovranno occuparsene. Non è compito che riguarda le navi italiane, né quello che noi stiamo facendo.
  Rispondo ora al senatore Mauro e anche all'onorevole Piras: non sono già partiti, siamo pronti, ma non sono già partiti. Come sapete, e chi è stato ministro della difesa immagino lo sappia meglio di altri, i nostri soldati si preparano rispetto agli obiettivi militari e, nel momento in cui viene dato l'ordine, sono pronti a fare tutto quello che è richiesto. Trattandosi di un'operazione in cui i feriti ci sono già, è chiaro che sono predisposti, ma nessuno è partito. Come ho detto all'inizio di quest'audizione, noi siamo pronti, se il Parlamento ce lo dice, a essere operativi subito.
  Sugli assetti NATO cui faceva riferimento l'onorevole Alli, in realtà la richiesta è di supporto informativo. La NATO, quindi, in qualche modo collabora così.
  Onorevole Palazzotto, come dicevo, la cornice di sicurezza è necessaria. Non è un'operazione umanitaria? È un'operazione militare travestita da umanitaria? No, è un'operazione, come è stato detto qui, per realizzare un ospedale in Libia. Anche ad Amatrice i nostri militari sono andati, e certamente hanno fatto operazioni umanitarie, non una missione militare. Anche in Libia, quando diciamo che andiamo a costruire un ospedale, non andremo a fare altre cose. Questo sarebbe un grave affronto al Parlamento.
  Quello dell'embargo di armi che poneva la senatrice De Pietro è un tema che è nella nuova missione di EUNAVFOR MED. Sarà questa, quindi, che dovrà vigilare rispetto alle preoccupazioni che lei ha manifestato.
  Come diceva l'onorevole Causin, ovviamente bisogna fare attenzione, perché il territorio ha ancora delle difficoltà.
  La terza fase di EUNAVFOR MED, e rispondo all'ultima questione che poneva il senatore Gasparri, può entrare in vigore solo con risoluzione dell'ONU e richiesta del governo libico. Il motivo per cui non è partita la terza fase è che questa richiesta non c'è stata, ma io giudico che i passi di disponibilità che il governo libico sta dando rispetto a cose che finora non sono state fatte (addestramento congiunto, comandi, cabine di regia congiunte) siano comunque segnali che ci possono portare a quell'obiettivo, che era il punto tre della missione europea non italiana.

  PRESIDENTE. Prima di passare la parola al Ministro Gentiloni, ricordo ai colleghi delle Commissioni esteri e difesa della Camera di trattenersi per un rapidissimo Ufficio di Presidenza alla fine di questa seduta.
  Do la parola al Ministro Gentiloni.

Pag. 23

  PAOLO GENTILONI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Molte cose sono state dette anche dalla Ministra Pinotti nella sua replica. In generale, senza dire che ci parliamo troppo, condivido molto lo spirito di quanto detto dal presidente Casini e anche dal presidente Cicchitto. Penso che stiamo dando un esempio di buon collegamento tra il Governo e le Commissioni nell'ambito del dibattito che stiamo facendo. Anche se facciamo dei paragoni con le dinamiche in corso in altri Paesi, siamo sicuramente un esempio positivo di trasparenza e di confronto.
  Come diceva l'onorevole Quartapelle, stiamo mandando in Libia un ospedale, non una portaerei. È un'operazione che certamente ha dei riflessi di sicurezza e, quindi, deve avere una protezione militare, che sarà valutata dai militari. Diceva giustamente l'onorevole Causin che è una valutazione delicata, perché certo l'ambiente non è sicuro, ma stiamo costruendo un ospedale da campo. Non ci sono boots on the ground, forse ci sono meds on the ground, se vogliamo usare queste terminologie americane, mandiamo dei medici in Libia, con la necessaria protezione militare.
  Quanto alla coerenza o incoerenza rispetto al generale Haftar, alle dichiarazioni di ieri dei sei paesi, sappiamo tutti che nel grande gioco della politica estera, di interessi politici ed economici che si incrociano, ci possono essere atteggiamenti ambigui e contraddittori, il che non toglie però che le prese di posizione politiche ufficiali hanno un valore. E io sto alle dichiarazioni che hanno fatto i governi.
  Per rispondere anche ai quesiti dell'onorevole Artini e del senatore Mauro, che cosa hanno detto ieri i sei governi coinvolti? Hanno detto anzitutto che le infrastrutture, la produzione e l'esportazione di petrolio devono rimanere sotto il controllo esclusivo della National Oil Corporation, che agisce sotto l'autorità del consiglio presidenziale. In secondo luogo, fanno appello a tutte le forze militari che si sono mosse verso la «mezzaluna petrolifera» chiedendo di ritirarsi immediatamente, senza precondizioni. Questi sono i due passaggi fondamentali di quel comunicato.
  Tutti si atterranno a tutti i livelli a queste dichiarazioni? Sappiamo che ci sono interessi diversi e comportamenti contraddittori, ma questa è la posizione del nostro Paese e dei principali Paesi occidentali coinvolti.
  L'Europa può impegnarsi di più. Credo che quanto diceva il presidente Latorre vada considerato attentamente. Stiamo caricando il Vertice di Bratislava forse di troppe questioni. Quindi, forse non sarà a Bratislava, ma comunque la Ministra Pinotti e io stiamo lavorando anche sul tema della difesa comune, e questa può essere una delle cose da suggerire al resto dell'Europa.
  Quanto alla terza fase di EUNAVFOR MED, ha bisogno, come ha ricordato la Ministra Pinotti, della richiesta del Governo al-Sarraj e di una risoluzione delle Nazioni Unite, risoluzione che non è semplicissima, perché c'è una certa prudenza da parte di alcuni membri del Consiglio di sicurezza: anche qualora il Governo al-Sarraj chiedesse di passare alla terza fase di EUNAVFOR MED, ci vorrebbe un grandissimo lavoro diplomatico.
  Io non escludo che ci sia una disponibilità da parte di tutti i cinque membri permanenti, ma bisogna lavorarci, perché qualcuno ha paura che si ripeta quello che è accaduto nel 2010...

  ELIO VITO. Per interloquire, il Governo ha già dato l'assenso a dei documenti del Parlamento per lavorare a ciò, affinché si creassero le condizioni che il governo libico poiché è un'emergenza del nostro Paese...

  PAOLO GENTILONI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Le assicuro che noi ci stiamo lavorando sia con il governo libico sia con le rappresentanze, giusto per citare un esempio, di un Paese come la Russia alle Nazioni Unite, che legittimamente può avere delle riserve sulla base di quello che è successo cinque anni fa con la risoluzione che all'epoca fu adottata.
  Infine, quanto all'Egitto, penso che sia un errore mischiare, poi ognuno ovviamente Pag. 24 fa quello che crede, la questione delicatissima – e per noi importantissima – dell'omicidio terribile di Giulio Regeni con la questione libica. L'Egitto si muove sulla questione libica sulla base di una visione dei suoi interessi nazionali che noi, credo senza grandi difficoltà, possiamo intuire e che non sempre coincide con quello che per noi è l'obiettivo principale, e cioè tenere unita la Libia.
  Attraverso un intenso lavoro diplomatico, che continua nonostante le difficoltà tra i due governi create da quella dolorosissima e inaccettabile vicenda, dobbiamo insistere nel coinvolgimento anche dell'Egitto. In realtà, io non sono affatto convinto dell'idea che una linea di divisione sia negli interessi della sicurezza nazionale di quel grande Paese. So benissimo, però, che questa è spesso la percezione del gruppo dirigente egiziano. C'è, quindi, un terreno su cui noi e, ancora più di noi, gli Stati Uniti stiamo lavorando per avere un atteggiamento non dico favorevole, ma che, se non altro, accompagni questo processo.
  Finora ci siamo riusciti, nel senso che l'Egitto ha sempre formalmente sostenuto il governo al-Sarraj, ma sappiamo delle difficoltà e dei collegamenti con Haftar, e quindi dobbiamo continuare a lavorarci.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti. Avete sentito che è pervenuta da parte dei capigruppo della maggioranza la proposta di presentare una risoluzione che recepisca le informazioni che il Governo oggi ha reso a queste Commissioni.
  La proposta dei presidenti è di aggiornare i nostri lavori questa sera a fine lavori dell'Assemblea.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.55.