XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta su sicurezza e degrado delle città

Resoconto stenografico



Seduta n. 32 di Giovedì 14 dicembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori
Causin Andrea , Presidente ... 3 

Seguito dell'esame della relazione sull'attività della Commissione (rel. Morassut)
Causin Andrea , Presidente ... 3 
Morassut Roberto (PD)  ... 4 
Causin Andrea , Presidente ... 7 
Castelli Laura (M5S)  ... 7 
Quaranta Stefano (MDP)  ... 8 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 8 
Causin Andrea , Presidente ... 11 
Morassut Roberto (PD)  ... 11 
Mannino Claudia (Misto)  ... 11 
Causin Andrea , Presidente ... 12 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 12 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 14 
De Maria Andrea (PD)  ... 15 
Miccoli Marco (PD)  ... 15 
Gelmini Mariastella (FI-PdL)  ... 15 
Piso Vincenzo (SC-ALA CLP-MAIE)  ... 16 
Causin Andrea , Presidente ... 16 
Piso Vincenzo (SC-ALA CLP-MAIE)  ... 16 
Causin Andrea , Presidente ... 17 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 17 
Causin Andrea , Presidente ... 17 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 17 
Mannino Claudia (Misto)  ... 17 
De Maria Andrea (PD)  ... 18 
Causin Andrea , Presidente ... 18 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 18 
Morassut Roberto (PD)  ... 18 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 18 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 19 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 20 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 20 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 20 
Gandolfi Paolo (PD)  ... 20 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 20 
Gandolfi Paolo (PD)  ... 20 
Causin Andrea , Presidente ... 20 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 20 
Miccoli Marco (PD)  ... 20 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 20 
Miccoli Marco (PD)  ... 20 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 21 
Morassut Roberto (PD)  ... 21 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 21 
Mannino Claudia (Misto)  ... 21 
Morassut Roberto (PD)  ... 21 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 21 
Causin Andrea , Presidente ... 21 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 21 
Causin Andrea , Presidente ... 21 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 21 
Causin Andrea , Presidente ... 22 
Morassut Roberto (PD)  ... 22 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 22 
Miccoli Marco (PD)  ... 22 
Causin Andrea , Presidente ... 22 
Morassut Roberto (PD)  ... 22 
Miccoli Marco (PD)  ... 22 
Causin Andrea , Presidente ... 22 
Morassut Roberto (PD)  ... 22 
Causin Andrea , Presidente ... 22 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 22 
Morassut Roberto (PD)  ... 22 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 22 
Miccoli Marco (PD)  ... 22 
Morassut Roberto (PD)  ... 22 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 22 
Causin Andrea , Presidente ... 23 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 23 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 23 
Causin Andrea , Presidente ... 23 
Morassut Roberto (PD)  ... 23 
Rampelli Fabio (FdI)  ... 23 
Miccoli Marco (PD)  ... 23 
Morassut Roberto (PD)  ... 23 
Miccoli Marco (PD)  ... 23 
Causin Andrea , Presidente ... 23  ... 23

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANDREA CAUSIN

  La seduta comincia alle 9.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso.

Seguito dell'esame della relazione sull'attività della Commissione (rel. Morassut).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame della proposta di relazione sull'attività della Commissione, di cui all'articolo 2, comma 4, della delibera istitutiva della nostra Commissione.
  Propongo che anche per la seduta odierna sia pubblicato il resoconto stenografico.
  Vorrei soltanto dire due parole di contestualizzazione sul lavoro che abbiamo svolto, perché dopo circa un anno di attività, oggi arriviamo a tirare le somme dell'attività della Commissione. Devo dire che nelle ultime settimane è anche emersa questa consapevolezza che la Commissione ha svolto un lavoro importante nel merito dell'argomento che abbiamo affrontato, ma anche per il metodo che abbiamo deciso di seguire per la nostra indagine. La Commissione, come sapete, e se siete qui ne siete consapevoli, ha affrontato il tema della situazione del degrado e del rischio connesso in modo particolare alle condizioni di vita delle persone nelle periferie delle grandi città italiane. Lo ha fatto, credo, in modo serio, coinvolgendo nelle attività soggetti istituzionali e associativi, rappresentanti delle categorie economiche, comitati, singoli cittadini, forse anche in modo anomalo, ma non è che l'opinione di un singolo sia stata a volte meno importante per farci un'idea dei problemi di quella dei soggetti istituzionali.
  Congiuntamente, e questo credo sia l'aspetto innovativo del nostro lavoro, abbiamo scelto di comprendere le cose sul campo, con visite e sopralluoghi nelle grandi città. Abbiamo potuto toccare con mano la portata dei problemi e dei fenomeni che ci sono stati di volta in volta sottoposti durante le audizioni, raccontati e segnalati anche attraverso l'attività ordinaria di trasmissione di documentazione.
  Penso che l'accoglienza civile e costruttiva che abbiamo trovato in tutte le città, in tutte le visite che abbiamo fatto, sia stata la misura della serietà del lavoro fatto e del compito che ci ha chiesto di affrontare il Parlamento italiano. Lo abbiamo evidenziato nella relazione, che tra poco andremo ad approvare, ma è un concetto che voglio ribadire in questa fase finale dei lavori.
  Credo, e non mi stancherò di ripeterlo anche pubblicamente, che sarebbe presuntuoso ritenere che un anno di lavoro su un tema così grande, delicato e complesso possa aver consentito alla Commissione di avere un quadro completo ed esaustivo dei problemi che caratterizzano le città italiane e le persone che vivono in questi tessuti urbani. Sarebbe ancora più presuntuoso, e questo è un po’ lo spirito con cui abbiamo affrontato questa fase delicata delle conclusioni, in cui si sono confrontate visioni diverse sulle soluzioni, ritenere che questa Commissione in così poco tempo possa essere stata in grado di tracciare in modo esaustivo, dettagliato e prescrittivo le scelte e le azioni di contrasto al degrado e le scelte di indirizzo sulla rigenerazione urbana. Se qualcuno di noi pensasse questo, Pag. 4sarebbe veramente presunzione e sarebbe forse anche togliere un compito a chi dovrà seguire questo tema dopo di noi. Certamente, invece, possiamo affermare che la Commissione d'inchiesta di cui siamo stati e siamo ancora componenti ha avuto un ruolo determinante per riportare al centro dell'agenda politica e del dibattito dell'opinione pubblica, questo tema, che era un po’ «addormentato» in Italia. È una questione urgente, e credo che, soprattutto per merito del nostro lavoro, le periferie nei prossimi anni, perlomeno io me lo auguro, potranno tornare a essere un tema centrale dell'agenda politica del Paese.
  Come sapete, la Commissione rimarrà insediata fino all'insediamento delle nuove Camere – lo abbiamo ricordato nello scorso Ufficio di presidenza – ma di fatto l'attività ordinaria viene congelata con lo scioglimento delle stesse, previsto verso la fine dell'anno. È realistico pensare, quindi, che l'approvazione della relazione di oggi e il convegno che faremo martedì 19 siano di fatto le ultime attività «pubbliche» e istituzionali della Commissione. Voglio perciò cogliere l'occasione, prima di cedere la parola per l'illustrazione delle linee evolutive della relazione, per ringraziare tutti voi per il lavoro svolto, non solo per il risultato cui siamo giunti, ma per uno stile che ha consentito, credo, a ciascuno di noi di costruire relazioni di rispetto, di stima e anche di amicizia. È una cosa non scontata nell'attività parlamentare.
  È stata appunto una dinamica non scontata, che credo sia servita ad affrontare le grandi questioni che abbiamo incrociato con un principio di realtà e buon senso, a volte andando oltre le naturali diversità politiche che caratterizzano naturalmente le nostre appartenenze. È stato un metodo che ci ha consentito di trasformare questa materia da possibile e probabile terreno di scontro, cosa che comunque sarà legittimo che sia in campagna elettorale, in un campo di ricerca e di inchiesta nell'ambito del lavoro specifico della Commissione.
  Desidero infine ringraziare tutto il personale di segreteria di supporto che ha seguìto il lavoro della Commissione, che ha avuto un ruolo attivo anche di suggerimento sulle attività e sulle modalità che abbiamo scelto.
  Desidero ringraziare in modo particolare, il dottor Renna e il dottor Scotto, che hanno coordinato le attività della Commissione in modo appassionato, lasciandosi coinvolgere anche nell'importanza del tema trattato.
  Ringrazio tutti i commissari per l'impegno profuso nel lavoro della Commissione, nelle missioni nelle città e nel delicato lavoro di queste settimane.
  Ringrazio i consulenti per il contributo che hanno apportato al dibattito e alla redazione della Commissione, e mi scuso – credo di doverlo fare anche a nome della Commissione – se la brevità del tempo a disposizione a volte non ha consentito di sviluppare a pieno il valore delle competenze che i consulenti potevano apportare. Questa possibilità, l'avranno sicuramente nel prosieguo delle attività delle istituzioni italiane nei prossimi anni. Anche perché non finiscono con il 27, le istituzioni repubblicane, non cessano, ma vengono grazie al cielo rinnovate.
  Consentitemi infine un ringraziamento particolare a Roberto Morassut e a Laura Castelli; a Roberto, per aver saputo assumere il difficile compito di compiere una sintesi non scontata, che ci porta oggi ad approvare un documento finale della Commissione; a Laura, perché credo che il confronto con Roberto e Laura sia stato un sostegno continuo nell'attività e nella conduzione della Commissione. Mi fermerei qui.
  Darei a questo punto la parola al relatore Morassut per l'illustrazione. Poi la procedura prevede che ci siano eventualmente dichiarazioni di voto, e la votazione della relazione e delle linee evolutive, che abbiamo deciso di tenere larghe per mantenere in risalto il lavoro di attività di inchiesta della Commissione.

  ROBERTO MORASSUT. Mi unisco, ovviamente, alle tue parole di introduzione e di ringraziamento a tutti i componenti della Commissione e ai consulenti, che ci hanno aiutato per produrre un lavoro che credo sarà importante per il Parlamento, che contiene tanti spunti, tanti elementi di informazione, Pag. 5 forse dopo tanto tempo un primo, se pur parziale, tentativo di restituire una radiografia e una lettura più completa della situazione non solo delle nostre periferie, ma delle aree di disagio della nostra città.
  Il primo rilievo che mi sento di fare è che la chiave interpretativa che abbiamo offerto, sia nella relazione sia nelle linee evolutive e più volte ribadita e sottolineata anche nelle varie sezioni tematiche, nelle parti relative alle città, è appunto quella di considerare in maniera più complessa del passato l'idea stessa e la concezione stessa del termine periferia e di collegarle a una più vasta questione urbana, dove i problemi di disagio si intrecciano spesso anche al di là della loro perimetrazione territoriale.
  Detto questo, in una certa misura do per acquisiti molti materiali, anche perché ci sono state una trasmissione e una restituzione abbastanza intense, attraverso richieste di emendamento e integrazioni sia dei commissari sia dei consulenti sia nel dibattito.
  Anche per quanto riguarda le linee evolutive, abbiamo distribuito – non ricordo bene il giorno – questa ultima bozza che vi sottoponiamo, poi integrata sulla base della discussione che abbiamo svolto nelle ultime plenarie, che abbiamo messo a punto ulteriormente nell'Ufficio di presidenza, non sul piano dei contenuti, ma su quello del metodo, che quindi contiene queste integrazioni.
  Per brevità e per rapidità, cerco di sintetizzarle. Se dimentico qualcosa, me lo direte, ma in particolare si era richiesto di mettere meglio in luce il carattere di quest'agente centrale sul quale dovrebbero a nostro parere gravitare con più nettezza le attività di coordinamento sulle politiche urbane. Su indicazione dell'onorevole Gasparini, abbiamo meglio messo a fuoco questo tipo di organismo e le sue funzioni, individuando nel Cipu il punto di appoggio, il punto di propulsione di quest'azione, sul piano istituzionale di coordinamento, senza nulla togliere ovviamente all'articolazione dell'ordinamento dato (i ministeri e le competenze date formali), e anche di promozione delle politiche urbane. Un secondo punto era stato sollevato, ed è stato integrato nella parte che riguarda le politiche abitative, dall'onorevole Mannino, che chiedeva una maggiore articolazione e più dettagliata accentuazione delle linee di azione di contrasto al tema dell'abusivismo edilizio. Se volete, posso leggere questo passo, ma lo trovate a pagina 9, quando con un'articolazione in sei punti si fa riferimento a un'azione più continua di ritorno alla legalità sul tema dell'abusivismo edilizio al fine di contribuire alla risoluzione delle complesse questioni legate appunto al risanamento urbano in periferia. Si elencano cinque misure, che sono quelle proposte, e mi pare possano essere acquisite come linee evolutive, dall'onorevole Mannino. Ci sono poi due punti sui quali abbiamo discusso in maniera un po’ più approfondita, che riguardano, nell'ambito delle politiche della sicurezza, il tema dei rom e quello sia delle valutazioni della storia di alcuni interventi urbanistici, legati soprattutto ai piani pubblici, sia delle soluzioni per superare le condizioni di disagio che abbiamo riscontrato all'interno di quartieri di iniziativa pubblica, anche ampiamente documentati nel volume fotografico allegato alla relazione. Abbiamo discusso tra noi su questo in maniera molto articolata. In particolare, il collega, l'onorevole Rampelli, ha sollevato su questo la necessità di una più netta valutazione anche di carattere culturale su certe esperienze, in particolare i grandi piani pubblici del Dopoguerra, e una maggiore radicale opzione nella direzione di un superamento e di interventi radicali di demolizione.
  Abbiamo tutti misurato la tragicità di certe esperienze, alle dighe di Genova, a Corviale a Roma, allo Zen di Palermo, a Scampia, dove peraltro è già in atto un programma di demolizione e ricostruzione, quindi parliamo di cose non astratte, ma in alcune parti del Paese già operative, naturalmente con tutte le difficoltà che ne derivano, ma che sono operative.
  Su questi due punti, quindi, proprio per evitare di trascurare qualcosa, vorrei leggervi le poche righe che abbiamo modificato dall'impianto iniziale della relazione, Pag. 6in maniera che si possa su questo misurare meglio tra noi la rispondenza al tipo di dibattito che c'è stato.
  Per quanto riguarda la parte Rom, che direi affrontata sia nella parte sicurezza sia nella parte sociale – ovviamente, c'è un tema di legalità, ma anche uno di integrazione – vi leggerei un piccolo capoverso, quello finale, del paragrafo delle linee evolutive sulle politiche attive per il sociale, che penso possa raccogliere il senso di questa discussione, e che si aggiunge ad altri passi che vi invito a leggere, che non leggo per brevità, anche nella parte sulla sicurezza.
  La Commissione a pagina 16 afferma questo: «La presenza dei rom e sinti abitanti nei campi e in situazioni di precarietà, per metà italiani non più nomadi e per metà minori, è potenziale fonte di conflitto sociale nelle periferie. La Commissione ha affrontato il tema dell'illegalità e degli alti tassi di fenomeni criminali sia in insediamenti regolari sia nelle baraccopoli, causa di degrado, come la produzione di rifiuti negli insediamenti abusivi, i roghi dei residui di materiali ferrosi e le forme di abusivismo commerciale. Di fronte a reali problemi sociali, condizioni di vita inaccettabili, scarsa scolarizzazione e illegalità, le istituzioni devono sia garantire la sicurezza ai cittadini, anche attraverso i nuovi comitati metropolitani, sia agire concretamente a favore dell'inclusione, dell'inserimento sociale e della scolarizzazione. Si tratta di attuare le strategie nazionali di inclusione di rom, sinti e camminanti 2012-2020, approvato dal Consiglio dei ministri nel febbraio 2012, in attuazione della comunicazione n. 173 del 2011 della Commissione europea. Rom e Sinti hanno chiesto da tempo il riconoscimento come minoranza storico-linguistica anche al fine di contrastare il diffuso antigitanismo. Tale strategia comporta, a ben vedere, un'azione coordinata tra inclusione sociale per il miglioramento delle condizioni di vita di queste popolazioni e adozione di misure rigorose di tutela della sicurezza pubblica dei cittadini laddove si manifestino pratiche illegali, criminali o lesive della pubblica convivenza, come nel caso dei roghi tossici, del traffico illegale di rifiuti, di pratiche di microcriminalità diffusa, di abbandono dei minori o loro instradamento a condotte illegali o all'abbandono scolastico. La Commissione considera pertanto decisiva, per restituire fiducia alle istituzioni in relazione al tema delle periferie, l'attenzione verso queste problematiche nonché la capacità di contemperare il massimo impegno per l'inclusione dei nuclei familiari che restano nel campo della legalità per il contrasto netto e determinato per gli elementi portatori di condotte illegali o addirittura criminali».
  È ben chiaro, quindi, il punto di incontro tra le due esigenze che solleviamo.
  Sulla questione che riguarda la vicenda degli interventi nelle periferie per i grandi piani nell'edilizia abitativa pubblica, abbiamo inserito queste formulazioni. Tralascio tutta la riflessione sul rilancio delle politiche per l'edilizia residenziale pubblica, che ci trova d'accordo, e anche su alcune misure. Leggo quindi soltanto questo capoverso. «Sui risultati della lunga stagione che ha caratterizzato le politiche e l'azione per l'ERP in Italia, cambiando il volto delle città e delle loro periferie, la Commissione ha svolto un dibattito interno. Gli esiti della conclusione di quella stagione sono raccontati nei loro attuali problemi in molte parti della relazione relative ai sopralluoghi compiuti. In particolare, si è dibattuto, anche e soprattutto in funzione delle scelte future migliori di carattere urbanistico, sociale e architettonico, sul bilancio di una stagione che ha visto sorgere grandi complessi popolari pubblici in quasi tutte le realtà metropolitane che hanno impegnato risorse intelligenze e che oggi rappresentano in molti e rilevanti casi luoghi di profondo disagio, veri e propri punti di concentrazione di quasi tutte le difficoltà e dei problemi rilevati nel corso del lungo viaggio d'indagine e di ricerca compiuto dalla Commissione. Tra i casi più noti: Zen a Palermo, Scampia a Napoli, Corviale a Roma, le Dighe a Genova. Nel corso del confronto, si sono manifestate due diverse opzioni di analisi e di azione possibile. Da un lato, è stata espressa la necessità di interventi radicali di demolizione, Pag. 7 e alcuni sono in corso, come nel caso di Napoli, e di ricostruzione per comparti dei comprensori, con criteri urbanistici e con tipologie edilizie più a misura d'uomo, con densità basse e una logica finalizzata alla creazione e ricostruzione di un'identità dei luoghi, oggi incontestabilmente compromessa dal degrado, dal gigantismo e dalla serialità costruttiva dei complessi. Dall'altro, pur non contestando la situazione di assoluto degrado e di emergenza presente in queste realtà e che riproduce una catena negativa comunicativa che ostacola i tentativi di rinascita delle comunità locali insediate nei quartieri, si ritiene che sia possibile intervenire per risanare i complessi esistenti con vigorosi interventi di recupero edilizio, energetico e funzionale, con la densificazione dei servizi pubblici e privati, con una lotta serrata alle occupazioni abusive degli alloggi e alla criminalità, con un sostegno alle numerose e importanti esperienze associative che si producono all'interno dei quartieri e che mirano a risanare ed elevare il tessuto sociale con attività sociali, culturali, sportive e formative, ma soprattutto con azioni mirate a creare occasioni di lavoro e di sviluppo economico e strutture per la formazione universitaria nei contesti urbani in cui si inseriscono queste realtà. Particolarmente interessante appare, da questo punto di vista, l'esperienza del quartiere romano di Corviale, dove esiste una visibile presenza di queste realtà vive, che svolgono in forma sussidiaria una pregevole ed efficace azione di contrasto al degrado e all'emarginazione. La Commissione non ha sciolto l'alternativa suddetta né avrebbe potuto farlo con un improbabile voto di maggioranza o minoranza, ma la consegna nella sua interezza e urgenza al futuro Parlamento, suggerendo la valutazione più concreta dei casi specifici, che possono consentire di meglio comprendere dove è più adatto un intervento radicale e dove uno di risanamento. Resta intatta, in ogni caso, la necessità che all'interno dei futuri programmi e bandi per le periferie – questo mi sembra un dato comune – siano messe al centro azioni e interventi specificatamente indirizzati ai quartieri di edilizia residenziale pubblica, sorti numerosi nel corso del Novecento, prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale, che oggi richiedono un'estesa azione di rigenerazione o radicale sostituzione».
  Concludo, ma voglio fare una sola riflessione politica e istituzionale. È chiaro che nei contenuti di questa relazione, e soprattutto nelle linee evolutive, abbiamo tenuto una barra equilibrata, anche nel rispetto del lavoro delle istituzioni. Che sia il Governo o che siano amministrazioni locali, emergono elementi di valutazione e suggerimenti. Nell'un caso, per esempio per il Governo, si è sottolineato come la politica dei bandi debba uscire dall'episodicità e dalla diffusione a pioggia, ma debba assumere carattere più strategico e compatto. Nel caso delle amministrazioni pubbliche, si è sollecitato, come per Roma e altre amministrazioni, a dettagliare i programmi di recupero per le periferie di fronte alle richieste di fondi. Mi pare che abbiamo tenuto alla fine un equilibrio abbastanza centrale.

  PRESIDENTE. Ringrazio ancora Roberto Morassut. I capigruppo potranno esprimersi per dichiarazione di voto. Dopo l'espressione dei capigruppo, non escludo che, se altri colleghi vogliono intervenire, vista anche la modalità con cui abbiamo gestito la Commissione, si possa fare.
  Do la parola a Laura Castelli.

  LAURA CASTELLI. La dichiarazione di voto è, ovviamente, favorevole. Questo «ovviamente» è derivato, come è stato detto, dalla modalità di lavoro. Penso che anche sulle cose un po’ più ostiche ci siamo chiesti che cosa fosse giusto mettere e che cosa no, cercando di fare un lavoro il più unito possibile, nelle more del fatto che chiunque interpreterà questo documento nelle legislature successive, lo farà a proprio modo. Credo, però, che questo sia un lavoro che possa considerarsi quasi senza colore politico e che, appunto, lasci anche l'interpretazione a chi verrà dopo. E penso che sia abbastanza responsabile. Non è successo sempre così nelle Commissioni di questo tipo. Pag. 8
  Visto che è una dichiarazione di voto, posso dire che mi auguro che questo lavoro non diventi uno strumento contro le campagne elettorali degli uni contro gli altri. Sarebbe da utilizzare in maniera positiva, anche raccontando come il Parlamento possa essere messo al centro, a differenza di come è stato negli ultimi anni di questa Repubblica. Spero che ci sia un voto unanime di tutta la Commissione, con tutte le differenze che ovviamente ci sono – ribadisco – nell'interpretazione dei singoli partiti e dei movimenti. Credo che meglio di così non si potesse fare.
  Anche aver fatto uno sforzo in più, producendo due strumenti nuovi, da una parte il docu-film e dall'altra il libro fotografico, vuol dire proprio che chi ci ha lavorato ci ha tenuto e aveva voglia di dare qualcosa in più rispetto al solito mucchio di carta, che spesso poi non si riesce neanche a tramandare. E sono strumenti che – ribadisco – anche durante la campagna elettorale si potranno utilizzare per far passare un messaggio, che sta a cuore a tutti.

  STEFANO QUARANTA. Vorrei esprimere sinceramente la mia soddisfazione per questo lavoro.
  Abbiamo intrapreso un percorso che tutti valutavamo necessario, perché il tema delle periferie era diventato centrale nel dibattito politico e perché chi, come noi, vive le città, ha una certa sensibilità rispetto anche alla vita vissuta, si rendeva conto come questo tema, per quanto centrale, fosse abbastanza trascurato negli ultimi anni dalla politica nel proporre delle soluzioni.
  Abbiamo intrapreso un percorso che era dagli esiti non scontati. Ricordo tutte le difficoltà che abbiamo avuto inizialmente, anche solo nel circoscrivere la materia, nel provare a capire quale potesse essere effettivamente il ruolo di questa Commissione, se un ruolo semplicemente di ricognizione o di proposte, e come le proposte potessero essere unitarie, o comunque vissute dalla Commissione nel suo insieme come contributi positivi. Mi pare che alla fine siamo riusciti a fare un buon lavoro. Mi pare che stiamo offrendo uno spaccato attuale e molto documentato della situazione. Abbiamo avuto la capacità di evidenziare le priorità anche per interventi successivi. Credo, come ricordava Morassut anche nella sua relazione, che abbiamo avuto l'equilibrio e la capacità di evidenziare anche le differenze, laddove c'erano, o di prospettare in certi casi soluzioni a volte alternative. Mi pare che consegniamo un lavoro utile, che secondo me dovrebbe avere una continuità nelle prossime legislature. Effettivamente, è un tema centrale. Anche ricollegare il nostro lavoro all'Agenda europea, ad esempio a come il tema della demografia si sta sviluppando nel mondo in relazione alle città, credo sia utile, perché ci dà alcuni strumenti operativi, ma ci consente anche di fare un ragionamento di carattere più generale, più culturale, di offrire anche spunti di riflessione alla politica in quanto tale. Naturalmente, ogni forza politica avrà le sue soluzioni, ci saranno accentuazioni diverse, ma mi sembra che davvero sia stato colto lo spirito iniziale della Commissione da parte di tutti. Tutti hanno dato un contributo. Il nostro voto è sicuramente favorevole. Siamo soddisfatti del lavoro svolto.

  FABIO RAMPELLI. Preliminarmente, voglio confermare quello che ho già detto in altre circostanze, e cioè l'apprezzamento assoluto per il lavoro svolto da questa Commissione, nessuno escluso. Penso si sia creato un buon clima nel rispetto delle differenti opinioni, o comunque diverse sensibilità. Questo è testimoniato anche dal tentativo, nella rielaborazione più recente, di integrare le osservazioni fatte nel corso dei nostri lavori di Commissione, in particolare in ordine ai modelli urbanistici di riferimento, alla possibilità di avviare alcuni discorsi, per le competenze dello Stato, quindi limitate. Forse, appunto, manca uno strumento che possa essere suggerito, una sorta di linee guida, che lo Stato, il prossimo Governo potrebbe fornire «gratuitamente» agli enti locali, agli enti sovraordinati, in particolare alle regioni, per poter attivare piani di rigenerazione comprensivi anche dell'ipotesi della sostituzione edilizia, e quindi della demolizione e ricostruzione attraverso la nascita di modelli di Pag. 9edilizia residenziale pubblica differenti e a misura d'uomo.
  Allo stesso modo, anche sul capitolo «sicurezza» noto che ci sono stati degli sforzi. Mi fa piacere, li apprezzo e ringrazio sia il presidente sia il vicepresidente, che ci hanno lavorato e che hanno tentato di recepire queste indicazioni e questa sensibilità. Non ho capito con precisione se sia effettivamente prevista la fase dell'atterraggio in Assemblea di questo lavoro. Mi pare che stiamo andando velocemente verso lo scioglimento della legislatura. Se la risposta fosse negativa, e quindi non ci fosse la possibilità di un ulteriore approfondimento al cospetto del Parlamento italiano, dunque non ci fosse la possibilità neanche di rimettere le mani, emendare, limare, migliorare, almeno dal mio punto di vista, questo testo, io non sono nelle condizioni di votarlo positivamente. Spiego brevemente perché.
  La prima questione è di impostazione generale, ma tutto sommato non sarebbe così decisiva, tale da motivare un voto negativo. C'è un'emergenza in corso. Non credo che qualcuno di noi possa sottrarsi a questo tipo di valutazione, l'abbiamo potuta constatare. E questa emergenza, paradossalmente, è stata percepita maggiormente dalla Commissione nelle sue ricognizioni che dalle istituzioni, che ci sono sembrate abbastanza distanti o, se preferite, distratte. Non ho nessun desiderio di procurare allarmismi o incutere paura. Non siamo i primi che fanno indagini sulle periferie urbane. Magari non le ha fatte il Parlamento, ma fior fiore di istituti, centri studi, facoltà universitarie si è avventurata in questa materia scivolosa, abbiamo trattati con migliaia di pagine che ci spiegano nel dettaglio quali possono essere le criticità, e talvolta anche quali possano essere le soluzioni. Dobbiamo comunque dare un segnale in più. Io sarei partito dall'emergenza periferie, non quindi semplicemente da un tentativo di ripensare le periferie con la condivisibile valutazione secondo la quale tutto è periferia o niente è periferia. Di fatto, le criticità sorgono diffusamente nel contesto urbano, e non soltanto nelle aree di bordo delle grandi città.
  C'è un altro aspetto a mio giudizio non trattato in maniera sufficiente, pur apprezzando gli sforzi, come già ho detto, e pur comprendendo che questa non può essere la mia relazione personale o della mia parte politica. Essendo una relazione di sintesi, deve prevedere la sovrapposizione delle diverse opzioni e convinzioni. Si cita molto poco il tema, comunque dirimente nella società, e a maggior ragione nelle periferie urbane, dell'immigrazione. Ci sono dei passaggi, ma se leggete per intero le diciassette pagine della relazione, in ogni capitolo si torna insistentemente su alcune convinzioni, mentre il tema dell'immigrazione, del nomadismo o della sicurezza sono un po’ circoscritti. È come se si dovesse per forza prendere atto che c'è una condizione di questo tipo, ma si continuasse a percepire che non è questo il problema principale. Ritengo, invece, che questo sia il problema. Questo è il problema principale. Da questa relazione non emerge che questo è il problema principale. La qualità della vita, della salute, della sicurezza, la libertà dei cittadini, e soprattutto dei cittadini più deboli di vivere il proprio quartiere è il primo diritto inviolabile, che invece è costantemente violato. Mi domando come, esaminando la materia delle periferie e delle criticità delle periferie urbane, si possa continuare a partire da problemi di carattere sociologico, urbanistico, territoriale, economico-finanziario, e non invece dal primo punto all'ordine del giorno, dal primo capitolo, da quello che non è un problema, ma un dramma vissuto da centinaia di migliaia di famiglie, di fronte alle quali lo Stato, o l'amministrazione pubblica comunemente intesa, risulta latitante, o comunque assolutamente inefficace rispetto ai livelli minimi che si attende un cittadino. Lo devo dire e confermare anche di fronte alle assolutamente condivisibili aggiunte e riformulazione dei capitoli ora elencati e letti dal collega Morassut.
  Poi c'è il tema, che non compare in maniera diffusa ed efficace né nella parte dei nuovi modelli abitativi né in quella della sicurezza, delle occupazioni, con la ciliegina sulla torta data dal fatto che si cita Pag. 10– sinceramente, chiedo che venga espunto dalla relazione – positivamente l'esperienza di Minniti. Noi siamo una Commissione d'inchiesta. Non credo che possiamo esprimere giudizi, almeno non se si vuole fare una relazione unitaria, sicuramente. Tanto per cominciare, Minniti rappresenta un Governo, quindi è semplicemente un esecutore di indicazioni che vengono dal Governo in quanto tale, dal Capo del Governo, ed è erede anche delle politiche precedenti. Comunque un giudizio positivo, una citazione del Ministro dell'interno la giudico assolutamente fuori luogo. Oltretutto, sono personalmente molto deluso dall'operato del Ministro dell'interno, non in generale – non sarebbe questa la sede opportuna per mettersi a parlare dell'efficacia del Governo sulla sicurezza – ma soprattutto per quello che Minniti è venuto qui a dichiarare, dichiarandolo soltanto in buona sostanza, perché poi non è successo assolutamente nulla. L'abbiamo potuto constatare anche dall'audizione del prefetto di Roma Basilone, la quale candidamente qui ha detto: «Non m'ha chiamato nessuno. A me nessuno ha detto che dovevamo chiedere esplicitamente la presenza dell'esercito». Lo ha detto qui, davanti a noi, non ero solo. Non ci siamo presi un caffè, un tè, un aperitivo: lo ha detto alla Commissione. Minniti quindi non ha trasferito l'informazione al prefetto Basilone, e non solo. Non l'ha trasferita evidentemente neanche al Capo della polizia, che una settimana ha detto che non serve l'esercito per fermare i roghi tossici, che è una competenza della pubblica sicurezza, e quindi della polizia. Ha smentito non solo la Commissione, ma anche Minniti. C'è un po’ di confusione sotto le stelle... A Ostia peggio ancora.
  Gabrielli, infatti, è stato l'unica persona che abbiamo audito in questa Commissione che non ha citato la particolarità di Ostia. Lo ha fatto Pignatone, lo ha fatto Basilone, lo ha fatto Minniti, non lo ha fatto il Capo della polizia. C'è anche lì qualcosa che non funziona. Dicevo che il tema delle occupazioni è paradossalmente il tallone d'Achille proprio del Ministro Minniti. Per questo ritengo inopportuno che ci sia una sua citazione. Ieri l'ho detto in Aula, dove ho fatto un question time. C'è una sentenza del tribunale civile di Roma del 9 novembre appena trascorso, che in buona sostanza costringe lo Stato a risarcire i privati il cui diritto alla proprietà è stato violato dalle occupazioni mentre lo Stato si voltava dall'altra parte. Che cosa significa, questo? Significa, e lo dice esplicitamente la sentenza, che c'è una prevalenza del diritto alla proprietà rispetto a quello dell'ordine pubblico, che è esattamente l'opposto di quello che ha scritto Minniti sul cosiddetto decreto sicurezza citato in questa relazione. Non serviva una scienza per capire che, se c'è un diritto costituzionale alla proprietà privata, questo diritto deve essere fatto rispettare dalle istituzioni coinvolte nella difesa di questo diritto da parte dei cittadini. Penso che anche lì sia stato preso un abbaglio, che ci sia ancora molta promiscuità tra alcune aree culturali, poi materializzate in alcune forze politiche. Sui movimenti di occupazione spero, perché comunque una variazione sul tema c'è stata nel corso del tempo, che le cose piano piano si vadano stabilizzando, ma adesso non è ancora così. Ricordo a me stesso che ci sono, solo sul patrimonio dell'edilizia residenziale pubblica in Italia – forse, questo è un numero che dovremmo recuperare e che non ho inventato io, ma che sta sempre nelle ampie relazioni dei centri studi preposti – 48.000 immobili occupati abusivamente, 48.000. E dobbiamo aggiungere i privati, che sono qualche altro migliaio. È una situazione inquietante. Siamo proprio nella totale assenza di possibilità, da parte di un cittadino, di vedere rispettato un suo diritto. Per carità, ci possono essere le ragioni più disparate, ma prima vengono i diritti stabiliti dalla Costituzione italiana e poi vengono le ragioni più disparate. Questo è quello che io, noi abbiamo sempre detto. Oggi, lo dice anche un tribunale della Repubblica italiana.
  Penso, quindi, che questo concetto debba essere recuperato e si debba procedere a velocità supersonica al recepimento dal punto di vista legislativo, ma soprattutto da un punto di vista operativo. Non credo che, dal punto di vista legislativo, dobbiamo riaffermare che è vietato occupare la casa Pag. 11di altri o, men che meno, il patrimonio immobiliare pubblico, che appartiene a tutti, quindi non è di una persona in particolare, ma è di tutti i cittadini. Ci sono leggi che già lo dicono, già dichiarano illegale l'occupazione abusiva. Lo Stato, molto semplicemente, deve attivarsi intanto per risarcire – non so quanti miliardi costerà quest'operazione – i privati che sono stati violati in questo loro diritto; domani, per intervenire immediatamente ed evitare che si creino addirittura movimenti culturali estesi di massa intorno a fenomeni di illegalità conclamata. Siccome questa «roba», l'abbiamo vista quando abbiamo attraversato le periferie delle città, penso che sia indispensabile darne adeguata notizia. Penso che tutti noi siamo rimasti allibiti quando abbiamo visto che c'erano dei palazzi occupati, interi palazzi circondati da rifiuti, scarti, di cui non avevano una vera notizia neanche le forze dell'ordine. Questo è un fenomeno importante, che ritengo si sarebbe dovuto recuperare nella relazione. Se c'è spazio, si può sempre tentare di farlo. Mi taccio, perché non voglio rubare troppo tempo. Lasciamo perdere, se no andiamo troppo distanti.
  Ritengo che non ci siano le condizioni, in questo momento e su questo testo, per quello che riguarda Fratelli d'Italia, per approvare questa relazione. Purtuttavia, apprezzando gli sforzi, se c'è un margine per intervenire, soprattutto sui temi trattati, l'eliminazione dei riferimenti al Governo, che giudico impropri, la presenza più significativa del tema delle occupazioni – non li ho neanche visti, ma sono sicuro che da qualche parte ci sia un riferimento, li avevo visti nella relazione precedente, non li ho visti in questa – se si potessero un po’ ampliare e rendere un po’ più importanti rispetto all'attuale versione, a mio giudizio sarebbe meglio. Non credo invece che si possa fare granché per quello che ho detto al principio, perché la relazione andrebbe ricostruita completamente: partire dall'emergenza qualità della vita, della salute e della sicurezza, non in termini di pistoleri, ma sicurezza sociale nelle periferie. Il tema della sicurezza sociale, insieme a quello della qualità della vita e della salute, dovrebbero essere i primi punti su cui articolare, dal mio punto di vista, la relazione. Resta importante, ma è meno importante rispetto alla dignità della persona.

  PRESIDENTE. Mi sembra che, oltre alle dichiarazioni di voto, ci siano due richieste da parte del collega Rampelli. Una è in merito alla possibilità di integrare alcuni punti nella relazione, e su questo darò la parola al collega Morassut prima di riprendere con le dichiarazioni di voto. Per quello che riguarda la richiesta tecnica di portare in Assemblea la relazione, se creiamo una situazione di consenso tra i nostri capigruppo, e credo che questo possa essere assolutamente fatto visto il clima anche di attesa che c'è intorno a questa relazione, si può provare a chiedere la calendarizzazione della discussione generale martedì sera, e a mettere poi la votazione in coda alla fiducia, che dovrebbe esserci mercoledì. C'è quindi la possibilità teorica, ma bisogna costruirla.

  ROBERTO MORASSUT. Per le integrazioni, se ci sono suggerimenti ulteriori, potete metterli nel dettaglio, e io sono disponibile, penso siamo tutti disponibili a valutarli. Su temi, che penso abbiamo comunque trattato (l'immigrazione, le occupazioni abusive, che tra l'altro tornano in molte parti della relazione), se si ritiene che ci sia bisogno di una maggiore accentuazione e chiarezza, sono disponibilissimo per quanto mi riguarda a discuterli e a vederli insieme.
  Quanto al riferimento al Ministero dell'interno, non so se ho visto male, ma ho trovato soltanto un punto in cui si fa riferimento al carattere positivo del decreto per la sicurezza. A quello ci siamo limitati. Non abbiamo fatto il peana del ministro. Sarebbe stato inopportuno. Io, almeno, suggerisco di mantenere questo punto.
  Sul resto sono assolutamente disponibile ad allargare le maglie, ad approfondire l'analisi delle questioni, ma sentiamo anche gli altri colleghi che cosa ne pensano, perché mi pare giusto.

  CLAUDIA MANNINO. Ci terrei a sottolineare due cose. Pag. 12
  La prima è stata già detta: nell'ambito dell'indagine abbiamo avuto, ovviamente, pochissimo tempo, e quindi abbiamo cercato di mettere dentro questa relazione più temi possibili da segnalare al Governo che verrà. Ovviamente abbiamo fatto i conti anche con i tempi a nostra disposizione.
  Permettetemi questa critica. È pur vero, e lo abbiamo scritto, che non siamo riusciti ad analizzare tutte le città metropolitane, purtroppo, e sicuramente la vicinanza geografica con la realtà di Roma ci ha aiutato a conoscere a Roma, ma credo che sarebbe stato interessante e credo che possa essere un obiettivo della futura Commissione d'inchiesta sulle periferie indagare anche le altre città che non abbiamo potuto inserire. Credo che come componenti della Commissione e anche come rappresentanti ognuno dei propri territori, con cui abbiamo cercato di coordinarci, di conoscerli, abbiamo potuto vedere con i nostri occhi le diverse tematiche e i diversi pesi che hanno nei vari territori. Consapevole del fatto che questa relazione è multitematica e che molti di questi temi potrebbero e devono essere approfonditi, credo nel complesso di poter valutare positiva questa relazione, anche perché è riuscita a portare al suo interno due argomenti secondo me molto importanti e che fanno capire ai cittadini che si ostinano a rispettare le leggi, a gestire la loro edilizia nel rispetto delle regole che ci siamo dati, che stiamo dando loro il giusto riconoscimento. Giudico la sezione che è stata inserita sull'abusivismo edilizio molto importante. Quella ci ha fatto anche capire un altro problema che è stato affrontato anche in altri capitoli, quello del turnover. Molti dei problemi che abbiamo inserito qua dentro sono anche figli della difficoltà con cui gli enti locali, le nostre amministrazioni, devono gestirli e che, con l'evolversi degli anni e con una politica inserita in un contesto europeo, sono sempre più burocratizzati, richiedono sempre maggiore competenza, professionalità, strumenti e aggiornamenti. Di conseguenza, gli enti locali spesso, soprattutto quelli medio-piccoli, non riescono a seguire il ritmo di queste cose. Aver potuto mettere in questa relazione le difficoltà degli enti locali a gestire certi fenomeni credo sia un indirizzo da dare al futuro Governo.
  Concludo dicendo che il mio voto è favorevole a questa relazione e agli altri elaborati che la accompagnano. Probabilmente, com'è stato detto dal presidente, questa relazione sarà oggetto delle campagne elettorali, ma credo che un grande merito della Commissione, che probabilmente – permettetemi questo parere – ci ha portato in campagna elettorale molto prima, sia quello di averci fatto visitare i territori. La nostra presenza, la presenza della Commissione, il coinvolgimento degli enti locali, delle associazioni e la partecipazione dei cittadini durante gli incontri pubblici che abbiamo avuto credo abbia un po’ cambiato e dovrebbe continuare a cambiare l'opinione che i cittadini hanno delle istituzioni. Credo che questo sia un modus operandi che dobbiamo continuare a declinare, a prescindere da chi continuerà a essere presente in questo Parlamento nella futura legislatura. È proprio il distacco tra i vari enti a essere stato probabilmente la causa di molti problemi.
  A tal proposito, mi fa anche piacere che nella relazione sia stato evidenziato il ruolo ancora scarso dalle città metropolitane, che devono cominciare a svolgere il loro ruolo effettivo, e l'assenza delle unioni dei comuni, che possono invece aiutare le amministrazioni a gestire e a organizzare servizi a rete, in realtà onerosi e particolarmente burocratizzati, ma che sono anche servizi essenziali. Molti problemi che abbiamo visto potrebbero essere risolti con un maggiore impegno sul ruolo della città metropolitana e delle unioni dei comuni.
  Il mio voto è favorevole a questa relazione, con l'auspicio che venga portata avanti.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola alla collega Gasparini, intervengo per esprimere un parere favorevole per il gruppo di Forza Italia, ma sono già intervenuto prima.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Credo che dobbiamo avere l'orgoglio di aver lavorato in questa Commissione, e così l'ho percepito anche dopo questi cinque Pag. 13 anni di esperienza, con uno spirito istituzionale. Credo che questo sia un valore aggiunto da dare a questo nostro lavoro. Affrontare il tema delle città e delle loro periferie vuol dire affrontare il tema dell'organizzazione dello Stato. Come ci siamo detti in queste settimane, questo nostro lavoro, che giunge al termine di una legislatura, ha un valore in più, come sta avvenendo nel dibattito di questa mattina nel momento dell'approvazione dei documenti, se vede le forze politiche impegnate in questo Parlamento e nel futuro a portare avanti questo lavoro che abbiamo impostato. In realtà, abbiamo insediato la Commissione in una stagione in cui già il Governo aveva avviato i bandi per le periferie. Abbiamo sentito anche nelle audizioni il lavoro svolto per lo sport, per la cultura e nel rapporto con i comuni.
  Quella emersa dal nostro lavoro è la complessità dello Stato nel rispondere al tema delle città e della loro trasformazione. Abbiamo visto, guardando e ascoltando nelle missioni, tutti i problemi che una città può vivere, dall'immigrazione ai rom, alle case occupate, ai servizi sociali, alle reti sociali. Di fatto, la nostra è stata una ricognizione molto complessa, di difficile soluzione, nel senso che non potevamo certo dare suggerimenti puntuali al Governo e al Parlamento. Credo, però, che abbiamo fornito una fotografia della complessità che i territori stanno vivendo e abbiamo – così lo leggo – sottolineato anche con il documento finale che occorre una nuova politica per le città. Le tensioni che stanno vivendo, in particolar modo le grandi aree metropolitane – su questo non c'è ombra di dubbio – sono nuove, legate all'immigrazione, alle trasformazioni. Sono tensioni già vissute. Negli anni Settanta, è stato uguale nelle grandi città. Oggi sono diverse e non sono lette in maniera coerente.
  Quello che mi sento di dire è che da questo lavoro è emersa l'esigenza di riformare le funzioni dello Stato. L'abbiamo anche indicato nella relazione finale. Rampelli dice: «Lo Stato dovrebbe»: lo Stato chi? È quello che mi viene da dire su alcuni temi, e penso al tema dell'occupazione abusiva che sottolineava. Chi è questo Stato? Dovrebbe essere il padrone di casa. Un privato certamente deve essere assistito dalle forze dell'ordine nel caso di occupazioni abusive, ma quello che è emerso nelle analisi dei 48.000 casi di occupazioni abusive di case pubbliche è che è la gestione da parte pubblica a non aver funzionato e che non sta funzionando. Si chiamano in causa regioni, enti locali, una serie di responsabilità diffuse, che credo debbano essere riportate a sintesi e rilette per trovare in prospettiva soluzioni permanenti.
  La prima parte della relazione credo che evidenzi in maniera puntuale gli strumenti, chiedendo una nuova organizzazione dei ministeri e soggetti che tengano insieme Stato, regioni ed enti locali. Se vogliamo far sì che le periferie diventino luoghi policentrici di una città ampia, come sono ormai le grandi aree urbane, con i giusti servizi e le giuste risposte, come i centri storici delle città, credo che occorra far sì che tutte le istituzioni trovino il modo per rigenerarsi, riorganizzarsi e rispondere ai temi che una società come la nostra mette in evidenza. Qui dentro ci sono tutti i temi sociali che sono stati evidenziati, sia nei dossier sia nella relazione finale.
  Per quanto mi riguarda, per quanto riguarda il Partito Democratico, c'è certamente pieno sostegno a questo documento con un voto favorevole senza ombra di dubbio, con l'auspicio che il lavoro possa continuare nella prossima legislatura.
  Sono d'accordo nell'affrontare quello che è stato poc'anzi richiesto e nell'aggiungere in maniera più puntuale, anche se già c'è, la questione delle occupazioni abusive nel documento finale, che è un tema di allarme sociale. Se è stato sottolineato che non è così evidente nella relazione, credo che sia giusto evidenziarlo. È uno dei temi che ci è stato sottoposto con maggior forza anche nelle nostre missioni.
  Complessivamente, dobbiamo essere orgogliosi del lavoro svolto, in così poco tempo oltretutto, perché ci siamo insediati il 25 novembre, con uno stile istituzionale con cui offriamo una fotografia, un problema e un metodo alla futura Commissione bicamerale, Pag. 14 come mi auguro sarà. Abbiamo parlato con le istituzioni, ma abbiamo anche parlato con i cittadini. Credo che questo sia un ruolo importante del Parlamento, dei parlamentari, di essere coloro che controllano se le leggi fatte in quella legislatura o in quelle precedenti abbiano riportato il risultato. Per fare questo, occorre sentire chi è responsabile delle istituzioni, ma anche chi subisce i vantaggi o svantaggi di leggi giuste o leggi che non colgono nel segno le soluzioni dei problemi.
  Voglio anch'io ringraziare tutti. È stata un'esperienza bella sul piano personale per il clima che si è creato, credo un clima frutto della nostra volontà personale, che ha coinvolto tutti. Se penso a Renna, ad Antonello, alle persone che qui hanno lavorato con noi, ho visto qualcosa cosa di più di un accompagnamento a definire documenti o proposte per il Parlamento. Ho visto un coinvolgimento puntuale, e lo ha dimostrato il libro delle fotografie ad esempio, una speranza di cambiamento. Questo mi sembra bello.
  Alla fine, tra noi, ma anche tra le persone che con noi hanno lavorato su questi temi, siamo riusciti a dire che cambiare si può e che si tratta di uscire dalle speculazioni qualche volta elettorali e, meglio, diventare quelli che siamo, delle istituzioni.

  MILENA SANTERINI. Penso che questa Commissione abbia affrontato un compito molto difficile, soprattutto perché forse siamo partiti con l'idea di alcuni punti limitati, e poi il lavoro di visite, di ascolto, di riflessione, è aumentato esponenzialmente. Di fatto, trattando il tema delle periferie, abbiamo veramente ripercorso la storia italiana, abbiamo affrontato la storia d'Italia.
  In questo senso, se c'è un limite di questa relazione, di questo documento, a cui ovviamente do un parere positivo, favorevole, è quello di avere detto troppo. Ci siamo trovati a non poter del tutto scegliere per tanti motivi, appunto per il tempo, ma anche perché dentro il tema periferie c'è la casa, c'è il lavoro, ci sono i trasporti, c'è la sicurezza, c'è l'ambiente. Abbiamo ripercorso la storia italiana.
  Ritengo anche che dobbiamo tenere un tono alto, che non vuol dire non concreto, ma vuol dire entrare nel merito di tutte le questioni: non è un rapporto che è un capo d'accusa. Dovremmo farlo con tutti i governi del dopoguerra. Direi di più. Dovremmo toccare con mano il fatto che abbiamo un sistema, dal punto di vista istituzionale, politico e amministrativo, con enormi scollature. Il nostro problema è il coordinamento tra le istituzioni. Individualmente, singolarmente le istituzioni sono anche relativamente impegnate. A parte che non possiamo fare un discorso unitario, perché dipende dalle città e dai periodi, ma abbiamo livelli sovrapposti e quasi mai coordinati. È chiaro che non è il punto che possiamo affrontare noi come Commissione, ma è uno degli aspetti rilevanti.
  A me pare che uno degli aspetti più importanti che abbiamo rilanciato sia quello di una nuova energia contro una rassegnazione e un'inerzia, quella rassegnazione e quell'inerzia che viene a tutti i cittadini e anche a noi politici di fronte a problemi troppo vasti, di fronte alla mancanza di coordinamento, di fronte a problemi istituzionali di vecchia data. Aggiungo anche di fronte ai cittadini. Non possiamo sempre e soltanto santificare i cittadini e dire che sono le istituzioni e i governi che hanno sbagliato. C'è, ovviamente, necessità di una cooperazione, di una partecipazione, di cui spesso i cittadini danno prova, e sono delusi dai poteri locali o nazionali, ma molto spesso dobbiamo dire che c'è un'Italia in cui non dobbiamo chiamare a responsabilità soltanto i poteri locali o nazionali, ma tutti. L'Italia la fanno anche i cittadini delle periferie, così come dei centri. Non possiamo dividere tra i cittadini buoni e le istituzioni, che dal dopoguerra a oggi in pratica avrebbero completamente fallito. Questo quadro non corrisponderebbe assolutamente alla realtà.
  Possiamo fare qualche limatura, ma di fatto il rapporto non serve per puntare il dito su questo o su quell'altro governo. È un rapporto che vuole essere costruttivo, e io ritengo che lo sia, certamente con il limite di essere un po’ sovrabbondante, di avere delle contraddizioni probabilmente Pag. 15all'interno, appunto di dire troppo, quando non c'è tempo e non c'è modo di scegliere in maniera più incisiva.
  Comunque, il rapporto sceglie, e sceglie sicuramente di fare un discorso sulla rigenerazione urbana. Il messaggio fondamentale che ne deriva è quello di un maggiore interesse, un maggiore ascolto dei cittadini che hanno problemi di disagio, che vivono male in periferia. Il messaggio che lanciamo è che è necessaria una nuova assunzione di responsabilità, che noi siamo disponibili a prenderci.

  ANDREA DE MARIA. Visto il modo in cui abbiamo lavorato, ci tengo molto anch'io a ringraziare il presidente e i due vicepresidenti, Renna e Scotto per il lavoro che hanno fatto. Ci tenevo a dirlo, perché penso che abbiamo lavorato molto bene in tempi brevi. Credo che sia anche giusto riconoscere il lavoro di chi ha coordinato.

  MARCO MICCOLI. Intervengo per tre osservazioni velocissime perché tra poco saremo tutti chiamati a un altro impegno.
  La mia non è una dichiarazione di voto, perché ovviamente mi riconosco nella dichiarazione di voto della mia capogruppo del Partito Democratico. Mi voglio unire all'apprezzamento e ai ringraziamenti, ma ci tengo a sottolineare una cosa che secondo me dovrebbe emergere.
  Mi ha colpito molto l'accoglienza nei sopralluoghi. Mi ha colpito molto l'interesse che ha suscitato la Commissione. Credo che dovremmo sottolinearlo, enfatizzarlo nella presentazione. Veramente sono rimasto colpito dal livello di collaborazione dei comitati e dei singoli cittadini, anche nelle situazioni più disagiate. Ho notato che dentro il corpo vivo delle periferie c'è un elemento di speranza dettato proprio da quest'impegno che abbiamo riscontrato in molti, in molti luoghi dove siamo stati. Dico una cosa solo sul metodo per cui dobbiamo chiudere questa vicenda della Commissione. Ho ascoltato con attenzione l'intervento dell'onorevole Rampelli. Devo dire che legittimamente Rampelli ha posto dei punti, ma vorrei sottolineare un aspetto: non avrei scritto così il documento. Nemmeno io lo avrei scritto così. In alcune parti fatico, per il mio approccio culturale, per la mia storia, a riconoscermi completamente. Penso, per esempio, proprio al capitolo sulla sicurezza. Non è vero che rom e clandestini non sono citati in quel capitolo. Purtroppo, sono citati troppo, per quanto mi riguarda.
  Credo che quello che abbiamo raggiunto nella stesura di questa relazione sia un equilibrio difficilmente mutabile. Lo dico apprezzando il lavoro di sintesi che è stato fatto, lo sforzo che tutti hanno fatto nel potersi riconoscere in questo documento, e quindi anche nei passi indietro che sono stati fatti. Il mio suggerimento è che, per non riaprire una discussione, non possiamo rimettere mano a questa sintesi, che per quanto mi riguarda è il massimo che posso non dico tollerare, ma quantomeno concepire relativamente alla stesura del documento finale.

  MARIASTELLA GELMINI. Mi associo alle riflessioni che ho ascoltato sui meriti di questa Commissione, del presidente, di tutti coloro che ci hanno lavorato. Penso che questa sia stata una delle innovazioni più importanti di questa legislatura nei confronti dei cittadini. Lo dico anch'io riconoscendo nel documento luci e ombre. È molto difficile fare una sintesi che contemperi tutte le emergenze, tutte le proposte e le sensibilità politiche.
  Il fatto, però, che sia stata costituita questa Commissione, che il tema delle periferie per la prima volta assuma una sua centralità e un suo protagonismo, è un messaggio molto importante per chi sta fuori. La sensazione che i cittadini hanno avuto è stata di un'attenzione solo emergenziale. Quando c'è un fatto di cronaca, quando si verifica un evento particolare, si parla delle periferie. Quella che è mancato forse negli ultimi vent'anni è una progettualità, una programmazione, interventi pianificati all'interno di una regia.
  Qui abbiamo lavorato anche tra sensibilità diverse, con accenti diversi su alcuni temi. Penso al tema dell'abusivismo o dei rom, su cui è chiaro che ci sono posizioni diverse. Il fatto, però, che oggi il Parlamento possa dire di aver affrontato questo Pag. 16tema con sopralluoghi e con audizioni molto variegate, e che abbia prodotto, pur nell'imminenza di una campagna elettorale, un documento unitario, credo sia positivo. Non era scontato arrivarci, essendo noi molto sensibili a quello che sta fuori e, evidentemente, anche alle scadenze della politica.
  Penso che sia giusto così, non tanto perché le posizioni siano omogenee, ma perché il compito di questa Commissione è proprio quello di fornire un primo inquadramento dei temi e uno sforzo a una pianificazione, che poi dovrebbe riguardare i diversi ministeri, le diverse aree di competenza, i diversi livelli di governo. È forse quello che non siamo ancora riusciti ad affermare come metodo. In genere, si assiste a un rimbalzo di competenze da un ente a un altro, da un livello governativo a un altro. Se affermiamo, invece, indipendentemente dal colore politico, che le periferie rappresentano un punto dell'agenda paese, e uno dei primi punti, perché riguarda milioni di cittadini, credo che questo possa aiutare a fare un ragionamento di governance e di pianificazione, ma anche di recupero delle risorse.
  Il bando che è stato fatto secondo me non è sufficiente. È ancora improntato forse a una logica parziale, ma è meglio che ci sia piuttosto che il contrario. Vedo questo documento come un punto di partenza. Se fosse un punto d'arrivo, sarebbe sbagliato. Se è un punto di partenza per dare dignità alle persone che vivono in questi territori, alle persone che vivono problematiche molto complesse, avremmo fatto un passo avanti.
  Su questo sono assolutamente fiduciosa, quindi faccio i complimenti al presidente e a tutti coloro che si sono maggiormente spesi per costruire questo documento.

  VINCENZO PISO. Innanzitutto, credo che quello che emerge da questa nostra indagine sia che non esiste una questione periferie, ma una questione urbana, che forse andrebbe affrontata. Forse, anche noi, nel lessico, in come ci proponiamo, dovremmo per primi attuare un cambiamento che va in questa direzione. Se è vero quello che emerge, non solo dalla nostra indagine, ma da indagini svolte anche a livello decisamente superiore, sul fenomeno delle grandi città, dello sviluppo delle grandi città nel mondo, è evidente che siamo di fronte a una realtà che sta prendendo piede su scala mondiale. Forse, di questo, se vogliamo stare con un piede nel futuro, dovremmo prendere atto e iniziare proprio da questa Commissione a cambiare proprio il tipo di approccio e di lessico su questa grande questione.
  Per quanto riguarda i discorsi di merito, stenderò una piccola relazione, che poi allegherò.
  Voglio capire, anzitutto, quali sono le tempistiche della relazione, ferma restando l'incertezza nella quale ci muoviamo. Poi vorrei capire come si svilupperà l'iniziativa del 19. Sinceramente, ho visto come è stato collocato il collega Rampelli, che ha avuto il buon gusto di non dire nulla, ma dirò io al posto suo. Credo che tutti coloro che devono intervenire nell'ambito di quest'incontro del 19 dovrebbero avere la possibilità di parlare a tutto tondo e di non essere collocati in un ambito particolare, che può essere soltanto per il collega Rampelli o per chi proviene da destra nell'ambito della sicurezza.
  Non abbiamo storicamente...

  PRESIDENTE. Ti fermo un attimo. Anche a difesa degli uffici, dico che hanno chiamato tutti i commissari parecchie volte per capire chi volesse intervenire e dove, hanno interagito con le segreterie. Se non c'è nessuna interazione, non è che le cose si possono bloccare. Mi pare corretto evidenziarlo, se no sembra che sia una disattenzione della conduzione della Commissione, come assolutamente non è.
  Poi io sono disponibile, faccio a meno di intervenire io, intervenite voi.

  VINCENZO PISO. Presidente, non intendevo dire questo. Ho detto un'altra cosa. Per me, va benissimo la scaletta. A me proprio non interessa questo tipo di polemica. Non è nel mio stile. Stavo dicendo un'altra cosa: e non è assolutamente mia intenzione dire alcunché su uffici che si sono comportati in maniera eccezionale. Pag. 17Lo dico proprio in termini di stima personale. Io sto dicendo un'altra cosa.
  Credo, relativamente alla scaletta, agli interventi, probabilmente c'è la necessità di non incastrare i colleghi che avranno il compito di parlare all'interno di un ambito ristretto. Chiedevo se fosse possibile fare in modo che i colleghi possano parlare un po’ a tutto tondo e non essere legati ad ambiti particolari della relazione.
  Inoltre, vorrei capire anche l'intervento dei cittadini come è previsto, se è previsto.

  PRESIDENTE. La riunione è aperta. Parteciperanno tutte le associazioni che abbiamo incrociato, quelli che vogliono venire. Sono invitati tutti. Devono accreditarsi. Poi, chiaramente, nell'economia di tempi, essendoci anche la Presidente della Camera e il ministro dell'interno, sarà un dibattito pubblico, per cui i cittadini possono intervenire. C'è anche uno stile protocollare della Camera che dobbiamo rispettare, ma non è che non abbiamo dato voce ai cittadini. È un momento di restituzione della Commissione. Non è un momento di ascolto, questo. Sono invitati, ma dal punto di vista anche protocollare, in un'attività ufficiale della Camera dei deputati, di una Commissione d'inchiesta, questa è una restituzione del lavoro, non un'audizione dei cittadini. Queste sono cose che abbiamo fatte ripetutamente in questa sede, le abbiamo fatte ripetutamente sul territorio. Se vogliamo trasformarla in un'altra audizione, per carità, ne discutiamo, ma mi pare che ci sia anche la volontà da parte delle persone che abbiamo invitato di capire che tipo di lavoro è stato fatto, a che tipo di conclusione siamo giunti.

  FABIO RAMPELLI. Penso che ci possa essere anche una via di mezzo. A maggior ragione perché abbiamo fatto il lavoro che in premessa ha dettagliato, fino al punto di ascoltare singoli cittadini, e non solo organizzazioni, istituzioni, autorità e comitati, una finestra in cui qualcuno – non so dire chi, perché bisogna capire quale possa essere la formula più idonea – manifesti anche le note forme di apprezzamento per quest'attività della Commissione, oltre magari a dare il suo punto di vista, penso che possa essere utile alla Commissione e al suo lavoro, che lo valorizzi ulteriormente.
  Se lei si mette, presidente, dalla parte di questi comitati, potrebbe magari sentirsi escluso nel momento decisivo in cui intervengono le istituzioni più prestigiose.

  PRESIDENTE. Valutiamo di capire se c'è il modo per inserire una o due testimonianze.
  Ho avuto modo di vedere in anteprima il docu-film, quello realizzato dalla Rai, che ci ha seguìto: tutta la parte testimoniale è all'interno del documentario, sono i cittadini che parlano prevalentemente, nonché il presidente dell'Istat Alleva. Anche nella relazione fotografica che verrà presentata ci sono tutte immagini che abbiamo preso, e sono testimonianza del lavoro fatto.
  Dopodiché, vogliamo individuare una o due persone che possono dare una testimonianza? Valutiamolo. Sono aperto a tutto.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Io ho qualche perplessità. Rischiamo di fare dei torti. Un conto è se le associazioni di tutta Italia che sono intervenute e abbiamo ascoltato sanno e vengono messe nelle condizioni di intervenire, altro conto è che siano invitate e facciano la testimonianza, sennò alla fine di fatto si tratterà solo delle associazioni romane. Per carità, è sicuramente la città più complessa d'Italia, ma a questo punto è un problema per gli altri.
  Credo che il problema di ascoltarli tutti, però, sia aperto. È vero che si scioglie il Parlamento, ma noi restiamo in carica, e nulla vieta, presidente, di organizzare un altro evento con tutte le associazioni, facendo parlare le associazioni e i cittadini, che potrebbe essere interessante e utile. Per preservare il 19 come momento istituzionale, a gennaio si potrebbe pensare a un momento in cui restituiamo questi temi ai cittadini e alle loro organizzazioni.

  CLAUDIA MANNINO. Credo che soprattutto sulla realtà romana – ho sollevato la questione più volte – abbiamo fatto tantissimo. Abbiamo fatto tantissimi sopralluoghi Pag. 18 e tantissime audizioni. Risentire soggetti che abbiamo già sentito mi sembra proprio una scorrettezza nei confronti degli altri territori, soprattutto di quelle città che non abbiamo sentito. Se dovessi aprire una parentesi, l'aprirei per quelle città metropolitane che non siamo riusciti a visitare, se dobbiamo trovare nell'arco di un'ora e mezza, con tutti gli interventi e il docu-film, anche lo spazio per sentire ulteriori persone. Proprio nell'ottica di un lavoro su scala nazionale, se dovessi aprire, aprirei a qualcuno che rappresenti le città che non abbiamo visto. Questa è la prima considerazione.
  Inoltre, se invece sono ulteriori audizioni rispetto a quelle che già abbiamo tenuto, credo sia ancora più scorretto, sia perché ne abbiamo fatte tante, sia perché anche in altre città magari nel frattempo sono emerse altre criticità, come abbiamo letto anche sui giornali, e magari questa richiesta deriva proprio dallo spirito con cui ha lavorato questa Commissione. Vuol dire che questa è proprio un'esigenza molto sentita.
  L'auspicio è che questa Commissione continui a lavorare anche nella prossima legislatura. Comunque, niente vieta, così come qualcuno già sta facendo, di organizzare incontri sui territori per continuare ad ascoltare, con una rappresentanza la più ampia possibile, i territori che si sentono non ascoltati.

  ANDREA DE MARIA. Relativamente a chi interviene martedì, vorrei segnalare che martedì arriviamo con la relazione già approvata. Non so chi altri dobbiamo sentire. Abbiamo sentito e poi abbiamo prodotto una relazione, e martedì la illustreremo. Secondo me, è naturale che la illustri la Commissione. Di interlocuzioni ne abbiamo fatte abbondantemente, non è che martedì si fa una discussione per cambiare nuovamente il testo. Si illustrano i contenuti del testo.
  Vorrei anche segnalarvi che, rispetto a come sono collocati gli interventi, i capigruppo vanno trattati tutti in modo uguale. Mi pare che lo schema sia tale per cui nella parte iniziale ci sono presidente e vicepresidenti, poi quelli di noi che hanno seguìto delle parti specifiche, compresi i capigruppo, collocati nella loro parte specifica. Dopodiché, possiamo parlare di quello che vogliamo. Se, però, il criterio è questo, e cioè presidenti e vicepresidenti, la Boldrini e Minniti, poi quelli di noi che hanno seguìto dei temi, compresi i capigruppo collocati lì, per me si lascia così. Non è che un capogruppo si sposta e un altro no. Se si va per capigruppo, c'è un capogruppo che rappresenta il gruppo più grande se c'è un criterio di presenza dei capigruppo nella parte in cui ci sono vicepresidenti, presidente e la Boldrini, se no i capigruppo li trattiamo tutti uguali. Mi pare corretto che chi ha lavorato venga collocato nel tema che ha seguìto, dopodiché quando uno parla penso sia libero di dire quello che crede.

  PRESIDENTE. Proporrei, però, per una questione anche procedurale, se c'è la volontà di discutere un attimo del convegno, di fermarci dopo, perché è una questione da Ufficio di presidenza. Adesso proseguirei sulla questione dell'approvazione della relazione.
  Non so se si sono espressi tutti.

  FABIO RAMPELLI. Vorrei solo dire, in base anche alla risposta data dal vicepresidente subito dopo la mia dichiarazione, che ho appuntato delle possibili integrazioni. Le leggo? Le consegno?

  ROBERTO MORASSUT. L'onorevole Miccoli ha sollevato un tema di equilibrio. Sintetizzo. Valutiamo il carattere di queste proposte. Io non ce le ho davanti, non so che cosa contengano, quindi ascoltiamo sicuramente.

  FABIO RAMPELLI. Siccome quando ho preso la parola, ho detto che il tema della sicurezza era stato affrontato, ma come se fosse – l'impressione era questa – recluso in un recinto, cioè come se non fosse comunque un problema che poi si diffonde nella fattispecie delle periferie trattate in maniera ampia.
  A pagina 3, terzo capoverso, ad esempio, a un certo punto si dice che «In particolare, sono obiettivi generali per l'intervento Pag. 19nelle periferie» e comincia una lunga serie di elencazioni: l'inclusione sociale, il lavoro, la valorizzazione delle competenze. Nella declaratoria delle criticità e delle necessità di intervento manca clamorosamente quell'aspetto. Chiedo che possa essere inserito al primo punto («In particolare, sono obiettivi generali per l'intervento nelle periferie») «la tutela della sicurezza sociale, della qualità della vita e della salute» e poi il resto, l'inclusione sociale, il lavoro, la valorizzazione delle competenze. Penso che sia stata una dimenticanza. Manca completamente uno degli aspetti poi riproposti nel documento successivo... Sono laico, nel senso che per me può essere ricompreso anche nelle definizioni di qualità della vita e della salute, ma se vogliamo fare riferimento anche alla sicurezza del cittadino, diventa più esplicito quell'aspetto. Potremmo metterli entrambi.
  In ogni caso, questa è un'indicazione. L'elenco è lungo, e quindi l'assenza si nota. Se si dice una cosa, è un conto; se si dicono dieci cose, come mai non c'è?
  Quanto a pagina 4, non ho fatto una proposta specifica, perché non ho avuto il tempo di scriverla. Al secondo capoverso si parla di «programma pluriennale per l'intervento urbano». Siccome abbiamo discusso anche delle competenze dello Stato in relazione alla materia, in particolare, della rigenerazione urbana, forse andrebbe scritto da qualche parte che il Parlamento, il futuro Governo potrebbe prendere l'iniziativa, come accadde per il piano casa, di citare linee guida che poi passeranno per la conferenza Stato-Regioni, quindi non sono norme dirigiste.
  Comunque, il suggerimento agli enti locali per intervenire in una determinata direzione, se vogliamo occuparci di questa materia, che non è una competenza dello Stato se non in maniera limitata sulle leggi quadro, penso che dovremmo esplicitarlo. Che cosa fa? Come si conclude questo itinerario?
  Si parla di un piano strategico per le città, che è anche una bella definizione, ma un piano strategico non necessariamente rappresenta linee guida. Da qualche parte prevedrei delle linee guida da offrire al recepimento degli enti locali e delle regioni.
  A pagina 5, abbiamo al quarto capoverso l'identica riproposizione di una lunga declaratoria di questioni. «Si propongono, quindi, per i futuri bandi di rilievo nazionale caratteri e contenuti indirizzati a...». Introdurrei anche qui: «indirizzati a garantire la dignità della persona, la sicurezza, la qualità della vita, della salute e del decoro urbano», un po’ più articolata.
  Qui c'è poi un richiamo a pagina 9, sul ritorno delle politiche abitative. Al terzo capoverso, al punto 2) si tira in ballo la legge sul consumo di suolo: «Completare – tra gli auspici – l'approvazione della legge sul consumo del suolo». Chiederei di aggiungere: «distinguendo il suolo compromesso da utilizzare per la rigenerazione e la riqualificazione dal suolo di pregio». Se si vuole riqualificare e rigenerare e si ha la legge approvata che dice che non si può più consumare niente, che si fa? Come lo si fa? La proposta attuale non lo prevede... Io penso che non si debbano fare appelli dogmatici. Se si va sulla strada della rigenerazione urbana e della riqualificazione, bisogna consumare suolo. È un dato di fatto. Non è un'osservazione unilaterale... No, consumare suolo compromesso. È lì che si interviene per realizzare i servizi, altrimenti non si può. Come li si qualifica? Questa ce l'ho fatta, ve la porto.
  Anche a pagina 12 – avevo detto anche questo, ma mi rendo conto che può o non essere condiviso o essere sfuggito – c'è una lunga elencazione di punti. La materia è il ritorno delle politiche abitative.
  Nessuno si è espresso. Chiedo la possibilità di contemplare il principio della casa a riscatto per alleggerire il peso della manutenzione ordinaria e straordinaria sulla pubblica amministrazione e valorizzare gli inquilini in regola con gli affitti. Comprare vedendo conteggiati i canoni pagati come rate sull'acquisto, come acconto sull'acquisto.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Rampelli, quello di cui stai parlando sono i patti a futura vendita. Questo già è norma da pochissimo attivata, da tre o quattro anni, per il nuovo. Il problema che Pag. 20emerge dall'analisi del tema patrimonio edilizio pubblico è che mancano case in affitto. Le vendite già fatte, come certifica la Corte dei conti, di fatto non sono servite per fare nuove case. Mettere in vendita gli alloggi per avere soldi e costruire nuovi alloggi non ha funzionato. Peggio ancora, potendo vendere, ad appartamento venduto e l'altro no, si è destato un conflitto tra abitanti pazzesco. Abbiamo visto a Milano un caso incredibile, a San Siro, perché un po’ comperato e un po’ no. Nella relazione sulla casa abbiamo detto che si può fare, ma in condomini interi. La vendita del patrimonio pubblico in assenza di case in affitto a sufficienza per rispondere al bisogno abitativo di persone in difficoltà anche economiche è un problema. Non lo neghiamo, nel documento, ma diciamo che, se si fa, si faccia per un intero palazzo. Se si fa a macchia di leopardo, è un disastro.

  FABIO RAMPELLI. Io lo pensavo anche sul patrimonio pregresso, ove possibile. Capisco anche le osservazioni che venivano fatte poco fa, perché sono assolutamente lineari, ma non vorrei che, all'interno dello stesso edificio, a causa di qualcuno che o non paga l'affitto o si comporta male o non ha intenzione di vendere, sia penalizzato chi paga l'affitto da sempre, che si vede tolto un diritto. Le formule che proponi per me vanno bene.
  Non trovo invece la parte dedicata alle occupazioni, e quindi non ho potuto emendarla. A che punto è?

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Pagina 12, punti c) e d)... Sono tre punti.

  FABIO RAMPELLI. Se mi date qualche minuto, provo a elaborare un'integrazione. Mi sembra veramente molto stringata, questa parte. È l'unico riferimento su diciassette pagine. Sono tre righe. Abbiamo 60.000 case occupate in Italia. Si può far finta che non esista, questo fenomeno?

  PAOLO GANDOLFI. Il vicepresidente Morassut prima ha letto un'ottima sintesi di un tema caro anche al collega Rampelli, relativo ai grandi quartieri popolari e alla loro criticità. Solo una parola, secondo me, non va bene: è identitario. Si dice che quei quartieri hanno un problema di identità: credo che, se un problema non ce l'hanno, sia proprio quello. Ci si fa un «pelino» ridere dietro. Tutti noi sappiamo che cosa sono. Ognuno dei cittadini di quei quartieri può avere tanti problemi a vivere lì, ma certo quello di vivere in un quartiere che non abbia una sua identità e riconoscibilità. È l'esatto contrario. È un fatto puramente disciplinare. Non cambia niente, tant'è vero che, se non ci fossero state queste modifiche, non lo avrei segnalato.

  FABIO RAMPELLI. Modifichiamo la parola «identitario».

  PAOLO GANDOLFI. Io la eliminerei. Non sono problemi identitari, al contrario. Probabilmente, saranno identitari quelli che vengono costruiti dopo.

  PRESIDENTE. Accoglierei la proposta di Gandolfi.

  FABIO RAMPELLI. Nel decreto sicurezza è scritto che il diritto di proprietà è subordinato a una serie di punti. Ce ne sono tre: il primo in classifica è proprio l'ordine pubblico; il secondo sono le questioni di salute, e siamo anche d'accordo; il terzo sono questioni ambientali legate al territorio.
  Il primo è che, se c'è un problema di ordine pubblico, si perde il diritto di proprietà. Si deve aspettare che lo Stato provveda a dare immobili in cambio e via discorrendo. Non è vero che la legge già lo prevede. Non lo prevede, perché dal decreto sicurezza in poi c'è quest'anomalia.

  MARCO MICCOLI. Lo sgombero non è relativo al diritto di proprietà.

  FABIO RAMPELLI. Certo, lo sgombero.

  MARCO MICCOLI. È relativo allo sgombero. È chiaro che, se c'è un elemento di ordine pubblico: via Curtatone insegna proprio quello.

Pag. 21

  FABIO RAMPELLI. Va bene, non siete d'accordo.

  ROBERTO MORASSUT. Mi pare che una cosa più giusta sia dire: «tutelando sulla base delle leggi vigenti il diritto di proprietà».

  FABIO RAMPELLI. Anche il decreto Minniti è una legge vigente, quindi sono due leggi contrastanti: uno dice una cosa e una l'esatto contrario, perché subordina il rientrare nella proprietà a una serie di parametri presenti appunto nel decreto Minniti.

  CLAUDIA MANNINO. Non vorrei fare la nota stonata, ma sinceramente non sono d'accordo a questa specifica sulla garanzia della proprietà privata. C'è un articolo 42 della Costituzione che dice che, finché la proprietà anche privata ha una funzione sociale, ha diritto di essere. Non vorrei che poi innescassimo altri meccanismi che vanno in contraddizione anche con alcune posizioni. Ho presentato anche una proposta di legge sull'attuazione all'articolo 42 della Costituzione, e sinceramente non sono d'accordo.

  ROBERTO MORASSUT. Lasciamo allora solo gli alloggi privati.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Questo va inserito. Rampelli, il problema che è emerso è che, a prescindere dal decreto Minniti, di fatto, specialmente per gli alloggi pubblici, il pubblico non ha la gestione.

  PRESIDENTE. Scusate, ci sono colleghi che hanno espresso la necessità di andare in Commissione bilancio. Capisco l'importanza, ma abbiamo avuto due settimane di tempo per aprire questo dibattito. Collega Rampelli, può andare bene la formulazione del collega Morassut?

  FABIO RAMPELLI. Sulle occupazioni o si fanno le cose come si deve o è inutile farle. Questo è comunque un cancro del Paese. Dire e non dire non serve: sulla proprietà privata, se permetti, abbiamo evidentemente visioni difformi. Per me, la proprietà privata è sacra ed è garantita dalla Costituzione, quindi non esistono eccezioni. Ci sono occupazioni anche a Milano. Intanto, ce ne sono 4.500 sull'edilizia residenziale pubblica a Milano. Poi ce ne sono anche alcune private.

  PRESIDENTE. Collega Rampelli, domenica pomeriggio sono rimasto a casa a mandare proposte emendative alla relazione del collega Morassut, e ho inviata una su questo tema. Uno dei problemi che è stato sollevato è che, dal punto di vista della procedura di sgombero da parte dei tribunali, da parte delle forze dell'ordine, da parte delle istituzioni, tutti ci hanno detto di non avere gli strumenti o che sono inefficaci. La riformulazione secondo la quale vanno verificate quelle procedure per ottenere lo sgombero immediato è l'emendamento che ho apportato io, che ho scritto di mio pugno. Evidenzio un problema. Se oggi qualcuno occupa una casa privata o una casa popolare non avendo i requisiti e la sottrae a qualcuno che invece li ha, commette un'ingiustizia. Quell'immobile va restituito in modo veloce, non in quattro anni, come accade oggi, in libertà, per poterlo poi ridare al privato o rimetterlo nel mercato dell'edilizia pubblica residenziale.
  Poi non credo che la Commissione oggi sia in grado di avere una funzione legislativa, e quindi di trovare la norma. Siccome, però, quell'emendamento è stato recepito, penso che nella relazione ci sia una posizione netta sul tema degli sgomberi e delle occupazioni. Do l'interpretazione autentica di quello che ho scritto io.

  FABIO RAMPELLI. «Immediata riassegnazione di quelli liberi», non capisco dove sia scritto quello che hai appena detto. Dov'è? Sgomberi immediati per occupazione abusiva non l'ho visto da nessuna parte. Se non lo trovi... Io mi riferisco a tutte le occupazioni, preciso. Forse, sei tu che pensi soltanto a quelle. Quando ci sono 1.500 persone dentro, puoi avere un problema di dove collocarle, ma quando a Pag. 22Castel Volturno delle persone entrano dentro le seconde case dei casertani e si impossessano di una villa – chiamiamola villa, ma chi è stato a Castel Volturno, sa che ville non ce ne sono – di una seconda casa di villeggiatura, e di fatto non c'è alcuna possibilità da parte del privato di rientrare in possesso del proprio bene... Sì, perché si applica la norma Minniti.

  PRESIDENTE. Rampelli, i miei due emendamenti sono questi: «contrastare il fenomeno delle occupazioni illegali degli alloggi pubblici anche attraverso il ripristino degli alloggi idonei, l'immediata riassegnazione di quelli liberi e la messa a punto di sistemi informativi relativi all'utenza e monitoraggio dello stato e della situazione degli alloggi» e «definire nuove procedure tra enti locali, tribunali e forze dell'ordine affinché gli immobili pubblici e privati oggetto di occupazione abusiva possano tornare in disponibilità del proprietario in tempi rapidi».
  Vogliamo mettere: «in tempi immediati»?

  ROBERTO MORASSUT. O «nei tempi più rapidi».

  FABIO RAMPELLI. È un po’ più efficace «in tempi immediati».

  MARCO MICCOLI. È una forzatura inutile...

  PRESIDENTE. Mettiamo «nei tempi più rapidi».

  ROBERTO MORASSUT. Sì, «nei tempi più rapidi», se no è una formulazione bizantina.

  MARCO MICCOLI. Mi rileggi bene il testo?

  PRESIDENTE. Dice: «definire nuove procedure tra enti locali, tribunali e forze dell'ordine affinché gli immobili pubblici privati oggetto di occupazione abusiva possano tornare in disponibilità del proprietario in tempi rapidi».

  ROBERTO MORASSUT. O «nei tempi più rapidi».

  PRESIDENTE. Quello che è emerso durante le audizioni è che tutti hanno l'impianto normativo per poter fare questa cosa, ma nessuno lo fa. C'è un problema di tipo procedurale, un problema di coordinamento tra enti, ma la relazione non mette in dubbio che ci sia un tema di giustizia per cui un immobile spetta al legittimo proprietario.

  FABIO RAMPELLI. È l'illegale che viene tollerato. Nessuno può dire, neanche la Commissione, se avesse voluto, lo avrebbe potuto fare.

  ROBERTO MORASSUT. Penso che «nei tempi più rapidi» possa essere la formulazione ottimale

  FABIO RAMPELLI. Per me, è più efficace «tempi immediati».

  MARCO MICCOLI. Il prefetto, il questore, le forze dell'ordine, valutino le opportunità, nei tempi più rapidi possibili rispetto a quelle esigenze, non all'immediatezza a vanvera. Non credo che dobbiamo sollecitare forze dell'ordine, questori e prefetture a sgomberi insensati, che portano più problemi di quelli che procura l'occupazione stessa.

  ROBERTO MORASSUT. Diamo la possibilità al collega Misiani di votare. Proporrei «nei tempi più rapidi possibili».

  FABIO RAMPELLI. Siccome prima l'ho detto a microfono spento, adesso lo dico a microfono acceso, così rimane agli atti.
  Esiste un fenomeno di occupazioni abusive che è sceso di livello. Non si tratta più di grandi occupazioni di fabbricati interi, di palazzi. Si è arrivati all'occupazione delle case private delle famiglie, come ha confermato anche il Governo attuale in carica, quando lo abbiamo interpellato.
  Questo fenomeno non può essere accomunato al precedente. Secondo me, anche il precedente dovrebbe essere trattato con Pag. 23la disoccupazione immediata senza se e senza ma. Non possiamo farci trovare impreparati nei confronti di chi si vuole impossessare, vuole rubare la casa di un altro. È un fenomeno iniziato esattamente in questa stagione, dall'anno di grazia 2015. Abbiamo il dovere di dire parole chiare, decise, in modo che non esista un margine di interpretazione da parte di chicchessia. Se ho una mia casa improvvisamente occupata, perché magari vado in vacanza per un mese, e ci trovo qualcuno dentro, immediatamente, quando torno, le forze dell'ordine devono agire, senza contemplare esigenze di ordine pubblico, condizioni sociali, ambientali, salute o altro. Quella è casa mia e te ne devi andare. E lo Stato deve intervenire per mandarlo via.

  PRESIDENTE. Non trovo serio aprire un dibattito.

  FABIO RAMPELLI. No, non sono casi limite! A Castel Volturno ci sono centinaia di case così, e non solo a Castel Volturno. Ti devi informare. Succede anche in altre regioni del sud. Ti devi informare.

  MILENA SANTERINI. Dovremmo riaprire il discorso soprattutto sull'occupazione delle case pubbliche, allora, che sono mille volte di più e sono un fenomeno immenso e sono comunque nostre.

  PRESIDENTE. Scusa, collega Santerini, ma a me dispiace che domenica pomeriggio, invece di andare a fare la gita, sono stato a scrivere gli emendamenti alle relazioni, perché c'erano delle cose che volevo integrare. È per una questione di cortesia che abbiamo riaperto questa discussione, ma adesso dobbiamo arrivare a un voto, anche per rispetto dei colleghi che hanno altri impegni. Chiederei al relatore di farsi carico di una proposta, dopodiché votiamo: chi è favorevole, è favorevole, e chi è contrario, è contrario. A me dispiace, ma abbiamo anche convocato una conferenza stampa per la presentazione delle attività della Commissione, che sarà pur breve, ma sia per rispetto dei giornalisti sia per rispetto dei colleghi che devono fare altre cose, dobbiamo concludere.

  ROBERTO MORASSUT. Io ho due proposte, una più avanzata: «in tempi compatibili a garantire l'effettività del diritto di proprietà» e l'altra: «nei tempi più rapidi possibili». Se va bene la prima, la votiamo.

  FABIO RAMPELLI. Va bene, io mi astengo.

  MARCO MICCOLI. Se dopo tutti i cambiamenti si astiene...

  ROBERTO MORASSUT. Se si astiene, non vota contro.

  MARCO MICCOLI. Scegliamo la seconda, allora, «nei tempi più rapidi possibili». La valutazione spetta alle forze dell'ordine, al questore e al prefetto...

  PRESIDENTE. Ripeto che non si può riaprire il dibattito. Facciamo una proposta ultimativa del collega Morassut, che è: «in tempi compatibili a garantire l'effettività del diritto di proprietà».

  PRESIDENTE. Pongo in votazione la relazione per alzata di mano.

(È approvata).

  Ringrazio tutti i colleghi e dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 11.25.