XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta su sicurezza e degrado delle città

Resoconto stenografico



Seduta n. 30 di Giovedì 30 novembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori
Causin Andrea , Presidente ... 3 

Seguito dell'esame della relazione sull'attività della Commissione (rel. Morassut)
Causin Andrea , Presidente ... 3 
Morassut Roberto (PD)  ... 3 
Mannino Claudia (Misto)  ... 4 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 6 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 7 
Causin Andrea , Presidente ... 8 
Mannino Claudia (Misto)  ... 8 
Piso Vincenzo (SC-ALA CLP-MAIE)  ... 9 
Morassut Roberto (PD)  ... 10 
Piso Vincenzo (SC-ALA CLP-MAIE)  ... 11 
Causin Andrea , Presidente ... 11 
Morassut Roberto (PD)  ... 11 
Mannino Claudia (Misto)  ... 11 
Morassut Roberto (PD)  ... 12 
Causin Andrea , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANDREA CAUSIN

  La seduta comincia alle 8.55.

Sulla pubblicità dei lavori

  PRESIDENTE. Comunico che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso.

Seguito dell'esame della relazione sull'attività della Commissione (rel. Morassut)

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame della proposta di relazione sull'attività della Commissione (rel. Morassut), di cui all'articolo 2, comma 4, della delibera istitutiva della nostra Commissione.
  Propongo che anche per la seduta odierna sia pubblicato il resoconto stenografico.
  Ricordo che nella seduta dello scorso 14 novembre il relatore Morassut aveva proceduto a una prima illustrazione dello schema di relazione.
  Do la parola al relatore Morassut perché prosegua la sua illustrazione delle linee generali dello schema di relazione.

  ROBERTO MORASSUT. La bozza di relazione oggi in esame rappresenta ancora una traccia di lavoro che, ancorché integrato con elementi emersi nelle precedenti sedute, richiede ancora di essere rivisto e implementato. Per questa ragione anche nella seduta odierna mi limiterò a dare conto delle integrazioni intervenute nel testo, riservandomi di presentare la relazione in una veste più completa in una prossima riunione, nella quale potrà essere anche allegata al resoconto della seduta.
  Credo che i materiali aggiornati siano stati diffusi, forse nella giornata di ieri, ai componenti della Commissione e ai consulenti. Questi materiali che sono stati divulgati contengono le integrazioni prodotte, come ho detto in apertura, dalla discussione nelle precedenti riunioni per le varie parti tematiche, le integrazioni nel frattempo pervenute per iscritto da alcuni componenti, per esempio la parte sull'abusivismo inviata dall'onorevole Mannino, e le integrazioni per quanto riguarda le città sia per la parte sulla parte rigenerazione sia per la parte monografica.
  Senza tornare sui contenuti che abbiamo già ampiamente illustrato tematicamente nella prima riunione, credo che adesso si tratti di mettere ulteriormente a fuoco le integrazioni inserite e quelle ulteriori che si ritenga di dover inserire, ovviamente dando per chiarito che sull'aspetto formale di omogeneizzazione e di limatura dei testi, la settimana che resta fino alla definitiva approvazione finale, comporterà ulteriore lavoro di riequilibrio delle varie parti. Tra i contributi pervenuti, c'era anche quello della professoressa Prezioso, elaborato insieme alla parte sulle politiche pubbliche per le periferie, sulla parte tematica. Se mi sfugge qualcosa, lo vedremo insieme. Credo che ci sia un aggiornamento in corso sulla parte «abitare», che sta per arrivare, e così per le altre cose. Si tratta di capire, oggi, ulteriori integrazioni, soprattutto sul piano dei contenuti e delle inclinazioni dei testi. Si è provveduto, per esempio, e si sta provvedendo in corso d'opera, in work in progress, a dare ai testi una maggiore relazione tra loro e anche tra i materiali che hanno attraversato il lavoro della Commissione in termini di audizioni, Pag. 4di consegna di documenti, di cronaca dei sopralluoghi. Stiamo facendo un lavoro di intreccio più ravvicinato tra la parte generale di indagine e di analisi, che pervade un po’ tutto il testo, e le testimonianze. Su questi aspetti vi invito a sottoporre ulteriori sollecitazioni e a fare ulteriori proposte.
  L'ultima cosa che voglio dire è relativa alle «conclusioni». Questo infatti non è un rapporto conclusivo. In questa parte finale, che dovrebbe raccogliere per punti sintetici gli indirizzi che la Commissione ritiene di consegnare al Parlamento, ovviamente in maglia larga, non larghissima ma larga, senza troppi elementi di dettaglio ma chiari nei loro contenuti, abbiamo fatto un primo lavoro di selezione dei contenuti, molto per punti, con una scheda che è stata diffusa e discussa in una precedente riunione, due giorni fa, di carattere più strettamente politico. Poi abbiamo avuto su questo anche schede specifiche sui singoli punti delle cosiddette parti conclusive da parte del professor Roma, come traccia generale, da parte del professor Storto e di Daniela Gasparini sulla parte «abitare», e altri materiali, che non abbiamo rigirato perché sono in fase di allestimento. Su questi materiali si tratterà, insieme al lavoro che va fatto, come ho detto, di pulitura e aggiustamento formale del testo, di scrivere un paragrafo finale non troppo ampio, ma sufficientemente chiaro, di rapporto sintetico finale della Commissione.
  Non uso il termine «conclusioni», perché è del tutto evidente che questo è un lavoro aperto. Permettetemi anche questa considerazione, che ha per certi aspetti un valore anche politico: il lavoro di questa Commissione – io, almeno, l'ho interpretato così – non è finalizzato a offrire una ricetta. Non stiamo dando un decalogo politico. Questo non può che, ovviamente, essere compito di un'autorità di governo. Noi abbiamo fatto un lavoro di indagine e possiamo indicare delle criticità, dei campi di indagine che sollevano punti di azione del Parlamento, dentro il quale poi le forze politiche saranno chiamate a confrontarsi. Credo che dobbiamo rispettare questo limite di naturale carattere istituzionale della Commissione, in maniera che, soprattutto su questa parte conclusiva, vi possa essere una convergenza di valutazioni di tutti, su una parte finale a maglie abbastanza larghe sul piano del dettaglio, ma chiara sul piano delle indicazioni e dei problemi: mi pare sia stato abbastanza condiviso da tutti quali siano le questioni essenziali. Mi fermo qui.

  CLAUDIA MANNINO. Partendo dalle conclusioni, condivido le indicazioni e i suggerimenti dati dal dottor Roma, quindi sono d'accordo anche con l'idea di accorpare il punto relativo alle riforme normative, ma segnalo due cose. Probabilmente, all'interno di questa Commissione d'inchiesta, così come ha detto l'altra volta la collega Gasparini, e soprattutto all'interno di questi documenti che stiamo cercando di far approvare in maniera trasversale con l'impegno e la volontà di tutti, dovremmo anche avere un po’ il coraggio di osare.
  Poco fa, giustamente il dottor Roma parlava delle competenze regionali: se costituisce oggi un problema e se siamo d'accordo che costituisce un problema l’«anarchia» con cui le regioni, ma anche i comuni gestiscono il problema delle periferie, secondo me dobbiamo anche avere come Commissione d'inchiesta il coraggio di metterlo per iscritto, anche alla luce dei risultati referendari, ferma restando la volontà politica di portare avanti questa riforma, come le altre riforme che si propongono.
  Sempre nell'ottica dell'osare – mettiamola così – in questi punti conclusivi mi piacerebbe, anche secondo la logica di presentare bene questo lavoro, che emergessero le inchieste. Questa è una Commissione d'inchiesta e credo che in molti si aspettino che, quantomeno nelle conclusioni, ci siano dei concetti di inchiesta. Ora, la riforma normativa, la stabilizzazione della Commissione, la stabilizzazione del bando, la programmazione pluriennale, la cabina di regia, le criticità legate alle sale da gioco, sono tutte soluzioni. Non c'è, in questa fase conclusiva, la crisi. Mi piacerebbe leggere qui un punto relativo proprio sui principali temi che abbiamo visto, come le occupazioni abusive degli immobili. Vorrei una proposta oggettiva nelle conclusioni sulla soluzione sull'occupazione abusiva degli immobili, Pag. 5 sull'abusivismo edilizio, così come c'è quello sui rom, così come c'è quello sulle sale da gioco. Vorrei che si esprimesse in maniera chiara anche una criticità, eventualmente, sul codice dell'edilizia, se c'è, o sull'intreccio di queste normative. Diversamente, rischiamo di avviare o di far passare un messaggio secondo il quale dobbiamo iniziare a elaborare queste cose, ma lasciando tutto quello che già c'è, mentre quello che già c'è va criticato, se lo vogliamo criticare.
  Ovviamente, anche quello che ho detto sarà oggetto di revisione, alla luce delle conclusioni, nel senso proprio di testo conclusivo. In ogni caso, ribadisco le mie perplessità, difficoltà – leggetele come richieste di aiuto – sul documento conclusivo, che sicuramente è a supporto di tutto l'altro lavoro, ma chiedo veramente l'aiuto, o comunque la volontà di confronto dei tecnici. Chiedo, cioè, che i tecnici, soprattutto quelli che hanno competenza in materia urbanistica, si confrontino e leggano insieme le introduzioni e il primo capitolo sulla rigenerazione urbana. Lo dico non perché non condivida quello che c'è scritto, ma perché ci sono alcune parti – non voglio essere critica, ma ho veramente difficoltà io a inquadrarle – che non condivido. Ve ne leggo una su tutte. Quando si dice che il cambiamento che si è avuto dall'espansione urbana verso la trasformazione urbana, con tutti i concetti di recupero dei centri storici, a un certo punto si dice che questo ha determinato la perdita di efficacia del principale strumento dell'urbanistica italiana, il PRG, nato per regolare la trasformazione dei suoli agricoli periurbani in suoli urbani. Ora, non siamo all'università, qui, quindi non stiamo a dettare concetti e declinazioni, ma non è così. Il piano regolatore non è nato per trasformare i suoli agricoli. Chiedo aiuto perché io sono un architetto, non sono un urbanista, tantomeno sono un docente di urbanistica o uno storico dell'urbanistica, ma per quel che mi risulta non è così. Allo stesso modo, giustamente è stata fatta un'importante analisi su alcuni obiettivi che a livello europeo abbiamo preso sulla qualità dell'aria, gli strumenti delle smart cities, della smart mobility, gli obiettivi di efficienza degli immobili in termini di inquinamento di CO2 e così via. Secondo me, questa parte va molto semplificata, per due motivi.
  In Italia, ma voglio solo fare un esempio, la provincia di Bolzano – mi stupisco che qui non ci sia, visto che si parla tanto di efficientamento degli edifici e di politiche che si devono avviare – ha l'agenzia di CasaClima, che ha proprio gli obiettivi che qui abbiamo declinato in quaranta pagine. Basterebbe dire, se siamo d'accordo, che tutte le regioni si devono dotare di uno strumento, di un'agenzia regionale, o forse nazionale – non lo so – per raggiungere obiettivi di efficientamento energetico sul modello CasaClima, che è un'agenzia a totale partecipazione pubblica, senza perderci in tanti discorsi anche sulla qualità dell'aria.
  Qui mi collego a un altro tema presente nel primo capitolo, quello delle aree industriali dismesse. È verissimo che il principale polo delle aree industriali dismesse è il triangolo del Settentrione. Visto, però, che parliamo molto e giustamente della qualità dell'aria, dovremmo parlare, se abbiamo questo livello di declinazione, di piani della qualità dell'aria che non sono stati fatti, della procedura pilot che abbiamo dalla parte della Commissione europea, ma anche dei poli industriali che ci sono e che non sono mai stati ammodernati, Ilva, Gela, Milazzo, le zone militari, che sono aree fortemente inquinate. Questo focus sulle aree industriali dismesse, che esulano dal concetto di periferia, o lo inquadriamo nelle periferie o lo dobbiamo generalizzare e ampliare alle altre aree di forte inquinamento del suolo e dell'aria presenti, non sono solo nel triangolo settentrionale.
  C'è poi una serie di affermazioni prettamente urbanistiche su cui mi piacerebbe che i tecnici si riunissero e si confrontassero. Ho come l'impressione che alcuni si siano occupati di certe parti senza verificare se le cose siano state ripetute, coordinate e se siano corrispondenti ai concetti comuni.

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  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Ieri, ho avuto una riunione al mio partito, ma comunque chi parlava era il vicepresidente dell'Anci nazionale, Matteo Ricci, e quello che mi ha scioccato della sua relazione è stato che c'è un accordo – pare – tra Governo e Anci perché il prossimo fondo periferie, quello previsto, non chiaro, sia dato ai piccoli comuni. Ora, a questo punto mi sono chiesta: di che cosa stiamo parlando? In questo Paese non c'è ombra di dubbio che manchino politiche per le città. C'è un problema di aree interne, c'è un problema di montagne, c'è un problema di città metropolitane, c'è un problema di province, c'è un problema del sud, del nord e del centro. A questo punto, è come se periferie fosse tradotto come «un po’ di soldi a tutti». Certo, il disagio ce l'hanno tutti, diverso, ma oggettivamente lo spopolamento delle montagne comporta dei problemi enormi, diverso da quello che abbiamo visitato fino a oggi.
  Dopo quella relazione mi viene da dire che un tema che abbiamo posto, che abbiamo discusso, ma non abbiamo mai messo fuoco è: dopo questo lavoro fatto, possiamo meglio aiutare a definire che cos'è periferia senza fare stigma? Per questo mi preoccupa l'ultima tua proposta.
  Ribadisco il concetto che le periferie sono il luogo della disorganizzazione sociale, edilizia e urbana, sono il luogo dove c'è maggiormente edilizia popolare, sono il luogo dove c'è maggior crisi per il lavoro, sono il luogo dove c'è il conflitto nato con l'arrivo di molti immigrati. Piaccia o meno, quello è il luogo dello scontro sociale. Si tratta della classe media impoverita contro i nuovi poveri.
  A mio avviso, diventa allora importante a questo punto ragionare un attimo su questo tema. Dopo questa visita andiamo meglio a focalizzare quali sono i criteri per i quali un luogo si può riferire periferia, sennò ci troviamo il prossimo anno che il bando periferie sarà per i piccoli comuni. Va bene, sono anch'essi delle periferie, per un verso. Ci sono periferie dai centri ricchi, che producono innovazione, ci sono periferie che non hanno reti di trasporto, ma allora è tutta periferia. Ora, il problema sono solo le città o politiche territoriali.
  Forse, varrebbe la pena, anche relativamente a tutti i testi che abbiamo scritto, meglio focalizzare anche le missioni. Siamo andati nei luoghi delle maggiori contraddizioni, sostanzialmente, quindi varrebbe la pena ragionare se e come focalizzare questo tema, anche perché di conseguenza vengono gli altri. A me verrebbe da proporre alla Commissione, nella parte finale, di dire che nel prossimo bando periferie i soldi, che non sappiamo ancora in quale ammontare, se abbiamo visto in giro le cose che abbiamo visto tutti insieme, ma che conosciamo, che tutti noi conosciamo, occorrono per le manutenzioni delle case esistenti. Bisogna fare ordine. Non possiamo continuare a implementare il disordine. Mi verrebbe da dire, quindi: va bene, servirebbe questo, ma intanto cominciamo a fare ordine in attesa di mettere a fuoco certe cose. Erano girate delle cifre, ipotesi sull'esigenza di ristrutturare e poi gestire meglio certe porzioni di città: questo si porta dietro tutto il tema della sicurezza. Io, questa parte, la metterei lì.
  Mi sono domandata a un certo punto se far venire qua la Commissione antimafia sull'uso di filiere malavitose della casa. Mi è stato detto che la Commissione antimafia aveva aperto un fascicolo, proposto da un senatore di Milano, Mirabelli, poi in realtà l'iniziativa è rimasta ferma, perché non si può definire – almeno, questo ho capito – sistema mafioso organizzato quello dell'occupazione delle case. Il prefetto Gabrielli, però, ci ha detto che nelle periferie la situazione di maggior tensione sociale è determinata dai gruppetti della «casa libera per tutti», «occupiamo le case per i poveri», che dietro hanno filiere di vario tipo, politico, ma non solo, quindi sono pericolosi. Poi, certamente, ci sono piccoli fenomeni malavitosi – così mi sentirei di definirli – di cultura mafiosa, che occupano le case in filiera. Conosco per esperienza personaggi con nome e cognome tutti uguali nelle case popolari della mia città, che dire che sono dei mafiosi in senso stretto mi sembrerebbe troppo, ma mi sentirei Pag. 7 di dire che è una rete organizzata malavitosa.
  Credo che sia necessario capire, proprio per il ragionamento che ho fatto prima, che cosa sono le periferie. Laddove ci sono queste situazioni di aggregazione umana così forte e mal gestita, è più facile che si insedino certe dinamiche, da cui anche tutto il tema della modalità per la gestione di questi problemi.
  Mi è sembrato che fosse emerso un tema l'altro giorno, che voglio riprendere per chiarezza.
  È inutile che pensiamo a nuovi strumenti. Il decreto Minniti è nuovissimo e i comuni stanno cominciando a utilizzarlo. De Magistris, quando è venuto qui, ci ha detto che era un po’ contrario ai Daspo, ai decreti, ma che aveva pensato di utilizzarli nei piani di rigenerazione urbana, cioè laddove ci sia un progetto strategico di riqualificazione di un quartiere. Disse che ci avrebbe mandato una nota. Non credo che ce l'abbia mandata, perché la solerzia degli uffici è tale che l'avremmo avuta.
  Quegli strumenti, si possono usare come memoria per una prossima Commissione d'inchiesta bicamerale, per capire come vengono utilizzati e come possono essere strumenti per la rigenerazione. Unitamente a questo, c'è il Comitato metropolitano. Torno su questo dopo l'altro giorno, dopo la nostra chiacchierata sui rom. Il problema è che ci sono questioni per cui, per debolezza politica, per mancanza di risorse, per non avere fastidi, per problemi elettorali, i comuni non se ne fanno carico. Va detto così, perché è evidente. Ci vuole un soggetto sovraordinato. Chi è questo soggetto sovraordinato? Le città metropolitane sono morte in questo momento, non hanno potere. Credo che dobbiamo provare a indicare che il Comitato metropolitano di nuova istituzione, per quanto riguarda il tema occupazioni abusive e rom, deve avere di fatto questo compito, con risorse adeguate. Questo fondo di cui Milena Santerini ci racconta sempre, intonso, mai utilizzato, per l'inserimento dei rom nella vita «civile», fuori dai campi, non viene utilizzato perché nessuno lo vuole utilizzare. Bisogna che sia utilizzato obbligatoriamente da qualcuno che ha una responsabilità di scala sovracomunale. Il sindaco metropolitano e il prefetto ce l'hanno. Entrambi rappresentano due punti istituzionali importanti, governo del territorio e sicurezza.
  Sono per mettere nelle conclusioni finali poche cose, ma su alcune cose bisogna provare a spingere: verranno poi riprese dai parlamentari o della Commissione bicamerale. Un tema che non ho capito quando è emerso – l'ho vista nell'elenco dell'altro giorno, l'hai ripresa anche tu adesso, ma non ricordo come sia nata – è quello delle sale da gioco. È stato fatto molto in questa legislatura, in questi giorni poi sono state ridotte le macchinette. È il problema da indicare tra le priorità? Mi sembra molto discusso e con tante azioni in questa legislatura. Servono dei pesi, secondo me, da evidenziare. Forse è stato «ben lavorato». Si tratta di capire, in prospettiva, se le azioni che abbiamo posto in essere in questo periodo hanno prodotto quel risultato, ma non lo considero alla pari degli altri come peso.

  MILENA SANTERINI. Mi chiedo come armonizzare la proposta, che mi va bene perché è un po’ più concisa, con la traccia che avevamo di raccomandazioni, conclusioni, proposte, che corrispondeva anche alle parti dell'indice che ci eravamo dati precedentemente. Avevamo un indice con dei capitoli: possibilmente, chiedo a ognuno di questi corrispondano delle proposte. Dico «possibilmente», perché se lo vogliamo rielaborare in una forma un po’ più sintetica, anche un po’ più pensata, più ragionata, come ha fatto il professor Roma, a me va benissimo. Per quanto riguarda, però, il discorso sicurezza e sociale, avevamo due parti distinte. Partiamo da quello che ci ha detto il prefetto Gabrielli, che è quello che tutti sappiamo come buonsenso e come azione non solo sociale, ma soprattutto politica. Il sociale è sicurezza. Non lo dico io, ma il Capo della polizia, lo dice chiunque. Dovremmo riuscire a trattare il discorso sicurezza anche sul piano sociale, ma il sociale non si esaurisce nella sicurezza: faccio l'esempio degli asili nido o Pag. 8l'aspetto delle misure di sostegno al welfare.
  Sintetizzando, direi che se teniamo la traccia del professor Roma, allora aggiungiamo un punto 6, che tra l'altro ha un ottimo titolo che sta benissimo con questo: «Le politiche attive per il sociale», che quindi non si esaurisce in quel sociale che è nel punto 5: il sociale è il miglior controllo del territorio, certo, ma è un altro modo di vedere. L'asilo nido non lo rivedrei in quel modo. Rivediamo anche gli altri punti per essere sicuri che corrispondano ai capitoli, se no abbiamo poco tempo e rimettiamo in discussione tutto. Avevamo una traccia con dei capitoli a cui corrispondevano delle raccomandazioni. Aggiungiamo il punto 6, «Le politiche attive per il sociale».
  Inoltre, raccomando moltissimo – secondo me, manca, ne ho già parlato, io non l'ho fatto e alla fine rischia di rimanere fuori – di dare una particolare evidenza agli aspetti degli spazi per il sociale in periferia. Lo stiamo trattando da un certo punto di vista, cioè gli spazi nell'edilizia residenziale pubblica, ma per esempio tutto il discorso che ci hanno fatto a Napoli sul recupero di aree abbandonate dove lo mettiamo? Lo mettiamo nel rapporto pubblico-privato? Ho bisogno che a questo punto sia ben evidenziato da qualche parte, e soprattutto con riferimenti specifici anche dal punto di vista normativo se no rischia di restare fuori: non c'è più il fatto che in periferia dovremmo garantire il più possibile la presenza dell'associazionismo, dei cittadini, argomento di nuovo a cavallo tra l'urbanistico, il politico, il sociale. Questo punto va evidenziato. Vediamo dove metterlo, se nell'edilizia residenziale pubblica, nel sociale, o nell'abitare.
  La mia prima preoccupazione, presidente, era comunque quella di far coincidere l'indice su cui avevamo lavorato con un'eventuale nuova traccia o aggiungiamo il punto 6 e vediamo se gli altri punti vanno bene ugualmente.

  PRESIDENTE. Da dislessico e disgrafico, che ha utilizzato la strategia di non scrivere e di leggere poco nella propria vita, concordo. Bisogna che il documento sia asciugato il più possibile, ma mi pare di dover richiamare un aspetto importantissimo.
  Sulle raccomandazioni, la partita dei fondi europei credo che la Commissione la debba assumere. Possiamo parlare dell'universo mondo, ma se abbiamo fondi che nell'attività di programmazione delle pubbliche amministrazioni e dell'attività parlamentare non riusciamo a inserire come spesa, rischiamo di perdere un'occasione importante. Credo che sarebbe molto utile riuscire a fare una proposta di sintesi per le conclusioni sul tema dei fondi europei. Non so se anche Laura l'abbia evidenziata. Casomai, ne parliamo dopo anche con Laura Castelli.

  CLAUDIA MANNINO. Faccio solo un piccola considerazione su un argomento di cui non mi occupo, ma su cui avevo riflettuto nei giorni scorsi. Si parla, anche nel primo capitolo, di tutto il pacchetto della programmazione pluriennale europea, anche approfondita dal contributo della dottoressa Prezioso. Mi chiedo, e lo chiedo dal punto di vista tecnico, se, sulla falsariga del modello della PAC, fosse possibile e auspicabile inserire, sempre nell'ottica di non perdere fondi e soprattutto di sfruttarli bene e di non perderli alla fine, dopo che abbiamo presentato la programmazione, una sorta di condizionalità per l'utilizzo dei fondi. Visto che parliamo di materia urbanistica, la programmazione e gli impegni che prendiamo per il 2020 e per il consumo di suolo zero, altro concetto che un po’ si elude – gli impegni che abbiamo preso sono consumo di suolo zero al 2050, non una riduzione, come è scritto nel testo – potrebbero essere un obiettivo che subordiniamo all'utilizzo dei fondi già dalla programmazione europea per il 2020, che è tra meno di tre anni, è tra due anni; si potrebbero subordinare a una condizione, ad esempio l'aderenza ai piani regolatori, al di là di quello che è scritto, che sono uno strumento superato. Una cosa che ci siamo detti qui è proprio che molte situazioni di degrado – mi pare che a volte si perda il focus, che sono le aree degradate – sono anche dettate dal fatto che i comuni non hanno i piani regolatori, non hanno i piani Pag. 9aggiornati, fanno le variazioni di programmazione. Probabilmente, ponendo un vincolo, forse cambieremmo la marcia al sistema delle varianti di PRG, che sappiamo sollevano notevoli polemiche e discussioni.

  VINCENZO PISO. Un ringraziamento va ai colleghi che hanno lavorato fino adesso fattivamente a questa relazione. Secondo me, chi lavora ha sempre ragione.
  Purtroppo, ho finito di leggere la relazione, o le relazioni che mi sono arrivate, ieri, per cui adesso farò semplicemente considerazioni di carattere generale, ma mi riservo in brevissimo tempo di entrare più nel particolare anche su una serie di situazioni che sono state sollevate adesso. Sicuramente, la relazione è ipertrofica, a mio modo di vedere, e va asciugata. Sinceramente, sul tema dell'impostazione a carattere generale avrei eseguito un altro tipo di metodo. Questa Commissione è stata istituita anche perché si è avvertito uno scollamento pesante tra le istituzioni e le aree più marginali del nostro Paese. Questa Commissione ha fatto un lavoro notevolissimo di ascolto sul territorio, che sinceramente mi sembra emergere poco per quanto riguarda la relazione. Che cosa intendo dire? Avrei utilizzato di più, come una sorta di punteggiatura, quello che i cittadini hanno evidenziato, e avrei utilizzato il lavoro della Commissione come un lavoro di cucitura di questi temi, dando un senso e una direzione a quello che il territorio ha fatto emergere. Cercherò, nei limiti delle mie possibilità, di lavorare proprio in questo senso e in questa direzione, cioè di raccogliere in termini – già l'ho detto in interventi precedenti – quasi paradigmatici ciò che è emerso sul territorio, cercando di cucirlo in una proposta d'assieme.
  Inoltre, la relazione, credo anche per ovvi motivi, per le competenze di alcuni colleghi – peraltro, condivido molte delle cose che sono dette anche sul piano prettamente urbanistico – mi sembra molto incentrata intorno al tema dell'abitare, ma mi sembra che sia un po’ carente relativamente al contenuto, alle politiche che andrebbero sviluppate rispetto a chi vive all'interno di questi contesti. Forse, questo ragionamento andrebbe implementato.
  Anche sul piano della sicurezza ho letto questa necessità di intervenire con ascolto. Anche lì forse manca qualcosa che va messo sul piatto. Sono considerazioni derivanti da una prima lettura – me ne scuso, la responsabilità è assolutamente mia – probabilmente anche un po’ superficiale. Per questo chiedo, al di là di queste considerazioni di carattere generale, che ci possa essere un po’ più di tempo.
  Voglio fare un'annotazione sulle risorse. Credo che abbiamo la necessità di dare indicazioni, poche ma precise, al Governo sulle tempistiche, ma anche molto stringenti. Lo dico da ex amministratore locale, e so di incontrare in questo una certa sensibilità negli interlocutori che ho dinanzi: non se ne può più di risorse sprecate per foraggiare interventi a qualsiasi livello, infrastrutturale e non, che non servono assolutamente a nulla. Abbiamo la necessità di concentrare le poche risorse che abbiamo per progetti che abbiano un senso e siano in relazione chiara con chi abita all'interno di certi contesti. Troppe volte abbiamo utilizzato male una montagna di risorse, che poi non hanno dato il ritorno che ci aspettavamo. Credo che in questo senso la Commissione debba dare – anche a questo si riduce la capacità di intervento, cioè nell'utilizzo intelligente delle risorse che sono a disposizione – indicazioni molto stringenti. Anche su questo, chiaramente, spero di poter dare un contributo reale, al di là delle chiacchiere.
  Va benissimo, il Governo ha fatto un intervento encomiabile in termini di risorse, ma ribadisco che il problema è poi vedere come queste risorse vengono utilizzate. Il tema è quello. Sono stanco di vedere risorse utilizzate per fare giardinetti e cose simili. Vorrei che queste risorse venissero concentrate per fare qualcosa di serio. Nelle nostre città, specialmente nel centro-sud, manca l'ABC! È inutile che parliamo dell'universo mondo se prima non ci dotiamo del minimo indispensabile. Sono stanco, e non perché sia contrario, di sentir parlare di piste ciclabili. Non ne posso più. Voglio sentir parlare di trasporto di superficie di massa, e su quello voglio che siano concentrate più risorse possibili! Non se ne Pag. 10può più di sentire – scusatemi – stupidaggini. Voglio vedere un salto di qualità nelle nostre città, e questo si farà soltanto se saremo capaci di guardare in faccia la realtà, e non di raccontarci barzellette!
  Questa Commissione, secondo me, in questo senso ha una responsabilità fortissima, e deve sfruttarla fino in fondo, se no sarà inutile. Scusate il tono polemico.

  ROBERTO MORASSUT. Vorrei superare alcuni corti circuiti informativi. Per la verità, qui ci sono parlamentari e consulenti, la gran parte dei quali i materiali li ha avuti, perché hanno emendato il lavoro. Ci sono stati degli scambi, i documenti sono girati. Se c'è una parte di consulenti che non ha avuto il materiale, è bene che li abbia subito. Ex malo bonum, nel senso che chi non ha avuto i materiali, adesso li avrà completi e potrà – questo è il suggerimento che do a tutti – emendare.
  Adesso, siamo in una fase in cui dobbiamo stringere. E per stringere, che cosa dobbiamo fare? Sicuramente, asciugare un po’ il testo e riequilibrarlo. Questo l'ho detto in premessa. Attenzione, però, che asciugare non vuol dire scadere nella banalità. Nessuno lo ha detto, ma segnalo un tema – almeno, questa è la mia opinione – e cioè dobbiamo rappresentare quanto ascoltato, ma lo dobbiamo concettualizzare. Non possiamo fare una cronaca... «Questo ha detto questo», «Quello ha detto questo». Diventa soltanto un diario di bordo, un cahier de doléances. Abbiamo il dovere, perché siamo una Commissione tecnica e politica, di concettualizzare, e nel concettualizzare questi temi, avere l'equilibrio che può soltanto venire dal buon senso delle persone. Vi prego di fare questa considerazione, perché siamo in campagna elettorale e, se ognuno comincia a tirare la giacchetta da una parte o dall'altra nella tentazione che poi la Commissione periferie possa essere uno strumento, si è fuori strada.
  Con il buon senso, dobbiamo tenere questa concettualizzazione a una maglia sufficientemente larga per farci entrare le impostazioni politiche e anche culturali qui presenti, ma anche abbastanza vicina a una indicazione che non può essere vincolante – non sappiamo quali saranno il Parlamento e il Governo che seguiranno – ma che sia una matrice alla quale poi il prossimo Parlamento o Governo possa attingere per avere indicazioni, che sono quelle contenute nei temi. Uno di questi, ma apro e chiudo la parentesi immediatamente, è sicuramente il nodo delle politiche urbane intese in senso fisico. Bisogna che ci intendiamo. Se la periferia è i campi rom, i problemi affastellati genericamente, ripeto – nessuno lo ha detto – che ci può essere questo rischio di rappresentazione. Attenzione, perché la vita migliora se si cambia la qualità e la natura fisica dell'organizzazione anche spaziale dei luoghi. Quel tema credo che vada in qualche maniera affrontato, partendo dal presupposto che qui non si tratta – almeno, non la penso così, e ho seguìto un po’ direttamente la parte sulla rigenerazione – di mettere da parte il piano regolatore, ma sono d'accordo con quello che diceva Mary Prezioso: siamo un Paese che deve adeguare la sua normativa e deve approcciare il tema della pianificazione e della programmazione delle città nella direzione del recupero, della trasformazione, della rigenerazione, non dell'espansione.
  Non c'è dubbio, la legge 1150 pianificava l'intero territorio, quindi si occupava anche di consumare il suolo. Questo è indiscutibile. È un dibattito che faremo in sede politica, sulla base dei testi, integrati nel frattempo da tante osservazioni. Io, per esempio, per la parte che ho seguìto più direttamente, ho integrato tutte le osservazioni che il professor Storto aveva fatto l'altra volta su alcuni punti contraddittori contenuti nel primo testo, che riguardavano la descrizione e la definizione della rendita, le politiche dell'abitazione, alcune cose che avevamo messo in indice. Sono state tutte messe dentro, e ognuno le può controllare.
  Utilizziamo i prossimi giorni, avendo tutti i materiali, per lavorare nel concreto in emendamenti, indicazioni specifiche, puntuali o anche di impostazione, in maniera che poi si possa avere su carta, su cose tradotte, le cose qui dette in aspetti da mettere a posto, naturalmente ispirandoci tutti alla sintesi. Ho visto alcuni contributi Pag. 11pervenuti su alcune città che sono di 60 pagine, con articoli di giornali dentro. Un po’ di sintesi va fatta anche a monte.
  L'ultima cosa che vorrei dire riguarda le conclusioni. Ribadisco il concetto: non si tratta di conclusioni. Non diamo l'abbecedario. Indichiamo dei campi critici che devono stare un po’ a metà. Bisogna indovinare l'altezza giusta. L'unica cosa che possiamo fare sbagliata è disperdere non dico l'unitarietà, ma il fatto che questa Commissione esca con un patrimonio di lavoro comune, sul quale poi ci sarà una discussione in Assemblea dove penso che tenteremo di discutere questa relazione. Nella discussione in Assemblea, giustamente, emergeranno fatalmente diversi approcci, diverse accentuazioni di un punto nell'altro, ma dentro una cornice che penso alla fine risponda abbastanza. Non è che girando per l'Italia o ascoltando qui i comitati abbiamo trovato divergenze così laceranti. Non mi pare. Certamente, ci sono accentuazioni sui temi della sicurezza o su alcune impostazioni culturali, che poi faranno la loro strada come dovranno, ma dobbiamo offrire un patrimonio di lavoro comune. L'invito è cercare di stare in una collaborazione che abbia questi obiettivi: sintesi, cronaca delle cose recepite, ma concettualizzazione, cioè non banalità della comunicazione. Si deve cercare di tenere un perimetro largo.
  Per le conclusioni, alcuni materiali già ci sono, alcune cose sono state dette qui, altri perverranno con gli emendamenti a seguito della trasmissione immediata dei testi: va allestito un gruppo di lavoro – lo valutiamo – con il professor Roma, che si è già impegnato su questo, con altri, per scrivere queste quattro cartelle sui cinque o sette punti, che più saranno in sintonia con le tracce tematiche, meglio sarà.

  VINCENZO PISO. Non vorrei essere stato frainteso. Sono d'accordissimo sul concettualizzare. Non sono un fautore dell'istituzione spugna, che va a sentire la gente e, siccome la gente le dice che lì bisogna applicare la pena di morte, si applica la pena di morte. È lontanissima, questa concezione della politica, dalla mia storia, dalla mia cultura politica. Bisogna concettualizzare, e anzi secondo me bisognerebbe cercare di concettualizzare in maniera stringente. Forse, c'è una parte sulla quale mi sento meno d'accordo rispetto a quello che hai detto. Tu hai detto che non possiamo imporci al Governo. Certo, è chiaro. Questo è evidente. Possiamo, però, dare linee d'azione piuttosto stringenti, dicendo perlomeno di evitare situazioni che abbiamo vissuto anche sulla nostra pelle in passato. Secondo me, questo discorso va fatto. Vanno dati dei paletti alle istituzioni, vanno date indicazioni chiare, nette, su un certo tipo di lassismo.
  Voglio anche precisare che in ambito sicurezza, proprio per formazione personale, per una serie di motivi, non sono un forcaiolo. È chiaro, però, che in tema di libertà dell'individuo, deve anche esserci un richiamo in termini di responsabilità. Purtroppo, per quello che vediamo, il degrado è complessivo, culturale e si evidenzia anche rispetto alle persone. È evidente che bisogna intervenire, a mio modo di vedere, anche in quel tipo di contesto con intelligenza, con capacità di individuare progetti e programmi che possano cercare di sostenere situazioni che già in partenza si avviano male, assolutamente. Ci vuole, però, poi anche un corrispettivo sul piano della responsabilizzazione, sul piano della «capacità di sanzionare», perché abbiamo visto come atteggiamenti lassisti abbiano nel tempo prodotto situazioni incredibili.

  PRESIDENTE. Sul piano del metodo, mi pare di capire che ci diamo tempo fino a lunedì per eventuali emendamenti e integrazioni.

  ROBERTO MORASSUT. Assicuriamoci che tutti abbiano tutto. Professore, mi dispiace molto quello che è successo. Ha fatto bene a segnalarlo. La sua nota, dato che era su quell'argomento, mi sono preoccupato ed è stata inserita. Giustamente, lei ha bisogno di vedere tutto.

  CLAUDIA MANNINO. Tra i contributi arrivati, me ne è arrivato uno da parte dell'architetto Franco Mazzetto, che aggiornava sulla situazione dell'Ater Roma. Il Pag. 12giorno 21, è stato sostituito nell'arco di quattro giorni. Segnalava che quella programmazione di «bonifica» dell'Ater, per quello che è riportato nella relazione sul debito della regione nei confronti del comune, ovviamente non si sa oggi che percorso farà. Nel programma «casa» non so se questo materiale possa esserci utile.

  ROBERTO MORASSUT. Non mi pare di aver ricevuto nulla. Mazzetto è una persona serissima, ci ha dato un contributo importante, con dati e relazioni, acquisiti nella fase in cui lui era direttore generale di Ater Roma, e quindi sono stati lavorati e stanno dentro. Adesso, lui ci manda un contributo, non essendo più un funzionario pubblico: francamente, noi ci rapportiamo con le istituzioni. Lui dà valutazioni, che si possono esaminare, non ho nessun problema. Se ce lo trasmette formalmente, perché io non l'ho avuto.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 10.25.