XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 67 di Mercoledì 29 novembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Coppola Paolo , Presidente ... 2 

Audizione del responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano, Mariano Corso e della direttrice dell'Osservatorio, Chiara Sgarbossa:
Coppola Paolo , Presidente ... 2 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 2 
D'Incà Federico (M5S)  ... 3 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 3 
Coppola Paolo , Presidente ... 3 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 3 
D'Incà Federico (M5S)  ... 4 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 4 
Coppola Paolo , Presidente ... 4 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 4 
Coppola Paolo , Presidente ... 5 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 5 
Coppola Paolo , Presidente ... 5 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 5 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 6 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 6 
D'Incà Federico (M5S)  ... 6 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 6 
D'Incà Federico (M5S)  ... 6 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 6 
D'Incà Federico (M5S)  ... 7 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 7 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 7 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 7 
Coppola Paolo , Presidente ... 8 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 9 
Coppola Paolo , Presidente ... 9 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 9 
Coppola Paolo , Presidente ... 9 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 9 
Coppola Paolo , Presidente ... 9 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 9 
Coppola Paolo , Presidente ... 9 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 9 
Coppola Paolo , Presidente ... 9 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 9 
Coppola Paolo , Presidente ... 10 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 10 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 10 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 10 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 11 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 11 
Coppola Paolo , Presidente ... 11 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 11 
Coppola Paolo , Presidente ... 11 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 12 
Coppola Paolo , Presidente ... 12 
Sgarbossa Chiara , direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 12 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 12 
Sgarbossa Chiara , direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 12 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 12 
D'Incà Federico (M5S)  ... 12 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 12 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 13 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 13 
Coppola Paolo , Presidente ... 13 
Sgarbossa Chiara , direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 13 
Coppola Paolo , Presidente ... 14 
Sgarbossa Chiara , direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 14 
Coppola Paolo , Presidente ... 14 
Sgarbossa Chiara , direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 14 
Coppola Paolo , Presidente ... 14 
Sgarbossa Chiara , direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 14 
Coppola Paolo , Presidente ... 14 
Sgarbossa Chiara , direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 14 
Coppola Paolo , Presidente ... 15 
Sgarbossa Chiara , direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 15 
Coppola Paolo , Presidente ... 15 
Sgarbossa Chiara , direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 15 
Coppola Paolo , Presidente ... 15 
Sgarbossa Chiara , direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 15 
Corso Mariano , responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 15 
Coppola Paolo , Presidente ... 16 
Sgarbossa Chiara , direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 16 
Coppola Paolo , Presidente ... 16 
Sgarbossa Chiara , direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano ... 16 
Coppola Paolo , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO COPPOLA

  La seduta comincia alle 15.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante trasmissione diretta attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e diretta streaming sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano, Mariano Corso e della direttrice dell'Osservatorio, Chiara Sgarbossa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano, Mariano Corso e della direttrice dell'Osservatorio, Chiara Sgarbossa, che ringrazio per la presenza.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Si tratta di un'audizione di natura prettamente conoscitiva, per la quale chiedo al professor Corso di fornire un quadro esplicativo quanto più ampio possibile dell'esperienza maturata dall'Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità.
  Cedo dunque la parola a Mariano Corso per lo svolgimento della relazione introduttiva, al termine della quale seguiranno eventuali domande o richieste di chiarimento da parte dei commissari.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Ringrazio innanzitutto la Commissione. Vi presenteremo alcuni dei dati, delle principali evidenze del lavoro svolto ormai da circa dieci anni sull'innovazione digitale nel settore della sanità.
  La prima nota che farei, secondo me importantissima anche per interpretare lo stato degli investimenti e dei costi in tecnologie digitali nel settore della sanità, è legata ad alcune condizioni strutturali del Sistema Sanitario Nazionale, che richiedono di guardare al tema della spesa sanitaria con un'attenzione, con un'ottica molto diversa da quella che si utilizza in altri settori. Mi limito a tre fatti sostanziali.
  Primo elemento strutturale, spesso ricordato, è il tema dell'andamento demografico. Siamo il secondo paese più anziano del mondo, il più anziano in Europa. Questo implica una sicura crescita della domanda di cura nei prossimi anni. Sappiamo che un anziano costa al Sistema Sanitario Nazionale circa un ordine di grandezza in più di un giovane. I cittadini non vanno contati, ma vanno pesati quando si parla di spesa sanitaria. Dicevo che in Italia abbiamo la speranza di vita più lunga, ma abbiamo anche una delle più basse speranze di vita in salute. L'incrociarsi di queste due dinamiche rende il nostro Paese Pag. 3particolarmente esposto alla della crescita della domanda di cura.

  FEDERICO D'INCÀ. Qual è l'età media?

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Vi forniremo tutti i dati. Nel 2080, gli ultraottantenni saranno il 13,3 per cento, il 31,3 per cento saranno gli over 65, mentre, come vi dicevo, l'aspettativa di vita in buona salute a 65 anni è tra le più basse dell'OCSE, con 7 anni per le donne e 8 per gli uomini. Parliamo di una bomba demografica dal punto di vista della domanda di cura. Al di là dell'età media, il problema è che la natalità bassa più la speranza di vita elevata fanno sì che si sposti molto la demografia verso gli anziani, anziani peraltro non in buona salute. Questo ci dice anche che dobbiamo avere una forte previsione di aumento di spesa.
  Secondo elemento strutturale, abbiamo già un sistema sanitario molto «economico». La nostra spesa sanitaria pro capite è tra le più basse d'Europa. Se togliamo la spesa out of pocket, siamo poco più su dei 3 mila dollari, a parità di potere d'acquisto. Per darvi un'idea, in Germania siamo sopra i 4.800. Vuol dire che spendiamo poco, ma siamo destinati a un forte aumento.

  PRESIDENTE. Spendiamo poco come spesa pubblica o come spesa pro capite?

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Spendiamo poco come spesa sanitaria pubblica. Questo è un tema importante. Il nostro è anche un sistema efficiente, perché è un sistema universalistico. Uno dei modelli più costosi è quello americano, dove la spesa pro capite è estremamente elevata. Questo è dovuto anche a una frammentazione legata al sistema stesso.
  Terzo elemento importante, il livello qualitativo è in declino e non deve essere peggiorato. Negli ultimi anni c'è stato un continuo declino nella qualità percepita da parte dei cittadini. Nell'ultimo Rapporto dell'Euro Health Consumer Index, incluso nei documenti per la Commissione, si mette in luce come in pochi anni l'Italia sia passata dal quindicesimo al ventiduesimo posto su trentaquattro nazioni censite a livello europeo per la qualità percepita dei servizi, tra l'altro perdendo molto su temi come la prevenzione, su cui effettivamente ci sono stati uno scarsissimo investimento e attenzione.
  Tutto questo ci porta a dire che il vero obiettivo da cui bisogna partire è la sostenibilità e certamente non il taglio della spesa sanitaria, che è molto difficile possa esserci. Negli ultimi anni, sono cresciuti due fenomeni molto preoccupanti. Uno è la spesa out of pocket, che oggi conta circa il 25 per cento della spesa sanitaria nazionale. La spesa pubblica totale è intorno ai 120 miliardi, e circa 30 miliardi in più sono spesi dalle famiglie, o direttamente o attraverso le assicurazioni sanitarie. Tagliare la spesa pubblica rischia di voler dire semplicemente scaricare ulteriori oneri sulle famiglie con serie conseguenze di tenuta sociale ed equità.
  Il problema fondamentale, su cui il nostro osservatorio cerca di lavorare, è dunque la progressiva divaricazione tra bisogni e risorse disponibili. È un po’ il cuore del dibattito sull'innovazione pubblica. Il fatto di avere da una parte, una crescita prevedibile dei bisogni dei cittadini e, dall'altra parte, una difficoltà o impossibilità di aumentare le risorse in campo, crea uno spazio nel quale si deve inserire l'innovazione. Innovazione tecnologica, organizzativa, farmaceutica, che interagisce con le prime due, e in certi casi anche una capacità di innovazione istituzionale.
  Sono tre le leve su cui raccomandiamo di agire in modo coordinato: l'inserimento di nuovi modelli basati su innovazione organizzativa e tecnologica; l’empowerment del cittadino e del paziente, di cui – se volete – dopo parleremo, nel senso che una parte importante deve essere quella di investire in competenze dei cittadini; un aggiornamento delle capacità e delle competenze degli operatori sanitari. Questo è quello di cui si occupa il nostro Osservatorio. Pag. 4
  Uno degli contributi che ogni anno cerchiamo di fornire, anche consentire di partire con misure attendibili, è lo stato della spesa digitale in sanità, in termini sia quantitativi sia qualitativi. Vi presento le stime su quanto è stato speso nel 2016, sono dati che abbiamo pubblicato prima dell'estate.
  La spesa in digitale nel nostro Paese è stimabile in questo modo. Complessivamente, parliamo di 1,27 miliardi, di cui il 70 per cento, quindi 870 milioni, è speso dalle strutture sanitarie, dalle aziende sanitarie; 310 milioni a livello di regioni; medici di medicina generale e Ministero della salute, pochissimo. Il 70 per cento della spesa oggi è indirizzato a livello locale fatto che, anche alla luce di come oggi funzionano le tecnologie digitali, costituisce un punto di debolezza incredibile, una frammentazione che porta evidentemente a fenomeni di inefficienza e di non interoperabilità.
  La domanda è: questi 1,27 miliardi sono tanto o poco? Molto poco. Vi do dei parametri. Se rapportati ai cittadini, vuol dire che in Italia spendiamo 21 euro a testa, circa l'1 per cento della spesa sanitaria, anche con grandi differenze. Nella provincia autonoma di Bolzano il 4 per cento della spesa complessiva sanitaria è destinato alla spesa per il digitale. La media italiana è l'1 per cento. Possiamo pensare che in alcuni territori si sia ben al di sotto di questo dato. Raccomandazioni e benchmark dicono che bisognerebbe stare almeno tra il 2,5 e il 3 per cento.

  FEDERICO D'INCÀ. La media, scusi, è dell'1 per cento?

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Parliamo di 1,27 Miliardi su una spesa pubblica complessiva che si aggira sui 120 Miliardi (al netto della spesa out of pocket).

  PRESIDENTE. No, la media della spesa.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. È l'1 per cento della spesa. È proprio il mix di spesa. Un sistema, qualunque tipo di impresa, qualunque tipo di servizio che nel suo mix ha una spesa in tecnologia, indipendentemente dal fatto che sia investimento o spesa per funzionamento, sotto l'1 per cento, evidentemente non usa le tecnologie adeguate. Basta vedere il confronto con gli altri Paesi: 21 euro per cittadino in Italia, contro i 70 della Danimarca, che pure non ha gap da superare.
  Peraltro, l'abbiamo anche espresso in commissione per la spending review, al commissario: pensare di orientare delle politiche al contenimento della spesa digitale in sanità, che è l'1 per cento della spesa totale, e che invece è uno dei pochi fattori che può aiutare a rendere sostenibile il 99 per cento, vuol dire farsi davvero del male. Le evidenze sono forti. Ovviamente poi, il fatto che la spesa sia molto insufficiente non vuol dire poi che non sia ottimizzabili in termini qualitativi. Il primo dato – ve lo dicevo – è la frammentazione che emerge chiaramente da questi numeri. Una conseguenza è anche su che cosa si spende. Vi do anche un'indicazione sui trend di questa spesa negli ultimi sei anni.
  Qui si vede anche un fenomeno piuttosto preoccupante. Nonostante la crescita di consapevolezza, che è stata evidente soprattutto con l'ultimo Governo – c'è stato proprio un cambiamento di passo in termini di proposizione, abbiamo avuto il patto per la sanità digitale, il piano nazionale delle cronicità, una serie di elementi normativi interessanti – quello che è arrivato in termini di reale investimento di risorse è stato modesto, tant'è vero che questo fenomeno di declino nelle risorse investite non si è affatto fermato. C'era stato un momento interessante tra il 2013 e il 2014, in cui sembrava che ci fosse un'inversione di tendenza. In particolare, anche la legge di stabilità e le nuove regole sul procurement hanno creato un ritardo negli investimenti, che ha portato a ulteriori elementi di contrazione degli investimenti e della spesa. Nel grafico vedete l'andamento del fenomeno.
  L'Osservatorio ogni anno misura anche dove vengono indirizzate queste risorse. Pag. 5Evidentemente, questo richiederebbe maggiore tempo per essere analizzato. Mi limito a dare due elementi. Quella su cui si investe di più è un'informatica che definirei 1.0, anche perché le scelte vengono fatte a livello di azienda, il che vuol dire, comprensibilmente, investire in sistemi dipartimentali, in cartella clinica elettronica. Temi importanti però come, ad esempio, la telemedicina o i big data, che richiedono, per loro natura, livelli decisionali più alti, almeno regionali, non trovano attenzioni sufficienti.
  Abbiamo provato negli anni, come Osservatorio, andando ad analizzare le best practice e stimare il livello attuale di digitalizzazione, in modo da fare una serie di stime sui risparmi conseguibili. Ciò serve a sostanziare il concetto che cercavo prima di esprimere, che se si vuole conseguire dei veri risparmi è opportuno occuparsi di come il digitale possa comprimere il 99 per cento e non cercare di tagliare proprio quell'1 per cento che rappresenta il possibile driver di efficienza. Portando il livello di digitalizzazione da quello attuale a quello possibile alla luce dei benchmark – si tratta di stime fatte nel 2013, ma purtroppo sono ancora abbastanza indicative dello stato attuale – sulla sinistra vediamo i risparmi potenziali per le strutture sanitarie, quindi per il Sistema Sanitario Nazionale. Attraverso la medicina sul territorio e l'assistenza domiciliare si potrebbero risparmiare – parte gialla in alto nel grafico – circa 3 miliardi l'anno. Questo è dovuto soprattutto alla deospedalizzazione.
  La cartella clinica elettronica, che porta un efficientamento delle strutture, potrebbe dare 1.390 milioni. Anche sulla dematerializzazione delle immagini si è fatto molto, ma ci sono molte strutture in cui non è ancora una realtà. C'è poi la gestione informatizzata dei farmaci, la consegna referti via web, le prenotazioni on line. Sommando tutti questi principali ambiti, si parla di circa 7 miliardi l'anno di possibile efficientamento. D'altra parte, se ci pensate, sappiamo che un'organizzazione può avere degli incrementi di produttività ben oltre il 5-6 per cento quando si passa a una sua digitalizzazione. Non sono, quindi, numeri di cui stupirsi.
  Vorrei, però, brevemente anche porre alla vostra attenzione la seconda colonna. Lì abbiamo stimato i costi nascosti per i cittadini, cioè l'inefficienza dei servizi, anche di servizi molto semplici, come il ritiro dei referti, le prenotazioni on line o l'assistenza domiciliare. Portano dei costi indotti sui cittadini che potrebbero essere fortemente efficientati. Lì parliamo di un beneficio sul sistema complessivo stimabile in oltre 7 miliardi. Questa stima nel 2013 ci portava a 7,6 miliardi.

  PRESIDENTE. Che non comprendono i 7 precedenti.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Che non li comprendono, che si sommano, quindi siamo sui 14 miliardi.

  PRESIDENTE. I 7 precedenti sarebbero sulla spesa pubblica e i 7,6 in aggiunta sarebbero...

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Sulla spesa che oggi rappresenta degli oneri per il cittadino. È un costo nascosto dalla nostra non digitalizzazione della sanità. Stiamo parlando di un'emergenza e anche di un investimento che porterebbero dei sicuri ritorni.
  Vi dicevo della maggiore attenzione anche a livello nazionale di questi anni al tema della digitalizzazione. C'è stata un'enfasi molto forte sul Fascicolo Sanitario Elettronico, enfasi che inizialmente noi stessi non abbiamo compreso perché, come vi mostravo prima, ci sono una serie di ambiti di investimento molto importanti, prioritari, che possono dare benefici concreti e immediati dal punto di vista delle esigenze del cittadino e del Sistema Sanitario Nazionale.
  Il Fascicolo Sanitario Elettronico può essere una piattaforma essenziale per guidare la digitalizzazione del sistema sanitario, Pag. 6 la presa in carico, se però viene gestito non tanto come sistema fine a se stesso, come repository di documenti e di dati, quanto piuttosto come piattaforma di servizi disegnati attorno al cittadino, anche indipendentemente dal fatto che il cittadino vi acceda, ma che permettono l'integrazione soprattutto tra ospedale e territorio. Laddove il Fascicolo Sanitario Elettronico è stato interpretato in una logica di adempimento, i risultati a nostro parere sono piuttosto scarsi. Dove, invece, le regioni sono state capaci di usarlo come piattaforma di aggregazione di servizi e flussi di comunicazione tra gli operatori nonché di empowerment del paziente, sono stati investimenti che hanno generato una serie di successivi opportunità e servizi.
  Per riuscire a sintetizzare tutto questo, abbiamo sviluppato, lavorando con alcune regioni, quello che chiamiamo l’e-health journey, un modello di maturità utile a mappare lo stato attuale di digitalizzazione di un Sistema Sanitario Regionale e tracciare la roadmap di trasformazione digitale. Quello che riterremmo necessario, e da questo punto di vista il piano triennale può essere un'ottima occasione, è che ciascun territorio, ciascuna regione faccia un punto dell'attuale stato di digitalizzazione su una serie di dimensioni, che vanno dalle infrastrutture ai servizi al cittadino, ai processi interni clinico-assistenziali, ai servizi amministrativi e a quelli di governance e monitoraggio dei dati, che, in funzione dello stato attuale sviluppino una loro road map.
  Il problema è che oggi abbiamo una eterogeneità di situazioni molto elevata, che richiederebbe lo sviluppo di piani coerenti con le condizioni di partenza, oltre che con le specificità del territorio. In alcune regioni, questo si sta attuando. In molte, non si riesce ad avere questa capacità progettuale.
  Come ogni anno abbiamo coinvolto nella nostra analisi una community di esperti e dirigenti del mondo della sanità. Alla domanda su quali siano le principali barriere che oggi impediscono la piena digitalizzazione della Sanità, anche laddove i benefìci sono ormai chiari, emergono tre elementi sostanziali.
  Uno è dato dalle scarsità risorse economiche disponibili, il secondo dalla scarsa cultura digitale degli operatori sanitari e il terzo da una scarsa conoscenza delle potenzialità degli strumenti digitali da parte di decisori e policy maker.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Scusi, a chi è stata fatta questa domanda?

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Si tratta di direttori generali di aziende sanitarie, medici internisti, quindi medici ospedalieri, e medici di medicina generale. Parliamo di oltre mille...

  FEDERICO D'INCÀ. Quali sono le regioni che hanno utilizzato il Fascicolo Sanitario nella maniera corretta e chi, invece, non lo ha fatto?

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Rispondo alla prima domanda.

  FEDERICO D'INCÀ. Perché è più breve come risposta, immagino.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Intanto, sul sito fascicolosanitario.gov.it vedete anche lo stato di attuazione dei Fascicoli. Questa è storia.
  Alcune regioni, in particolare Lombardia ed Emilia-Romagna, partivano già da Fascicoli Sanitari presenti. Su queste è difficile misurare l'incremento. Sicuramente, si sono trovate in vantaggio, come in parte il Trentino.
  Le regioni che hanno avuto, a mio parere, degli incrementi maggiori, quindi hanno interpretato l'obbligo in modo virtuoso, sono state soprattutto il Veneto, che ha addirittura rifiutato il termine di «Fascicolo Sanitario Elettronico», ha creato una piattaforma di servizi costruiti attorno al cittadino, che ha chiamato «sanità a chilometro zero», quindi ha fatto anche Pag. 7una forte promozione presso il cittadino del significato di questa piattaforma di servizi non chiamandola «fascicolo».
  Il Veneto, quindi, sicuramente ha fatto un lavoro interessante, così come la Valle d'Aosta, che ha avuto anche una notevole velocità di implementazione. È chiaro che parliamo dei numeri della Valle d'Aosta, che però ha fatto un'intelligente riuso della piattaforma utilizzata dal Trentino, a sua volta mutuata in parte anche dall'architettura dell'Emilia-Romagna, e ha gestito adeguatamente il progetto. È, quindi, arrivata a una capillarità di presenza dei servizi sul cittadino – pur in una situazione orografica non banale – che è tra le migliori in Italia, il tutto in un numero di mesi assolutamente ragionevole. Si può fare, ma stiamo parlando della popolazione di un quartiere cittadino.

  FEDERICO D'INCÀ. Una domanda aggiuntiva è: perché l'Alto Adige è così indietro sul Fascicolo Sanitario Elettronico, mentre ha una spesa per il digitale del 4 per cento?

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. L'Alto Adige, in qualche modo, fa storia a sé. Non ha potuto/voluto adeguarsi da subito al Fascicolo Sanitario così come era stato «imposto», richiesto a livello centrale. Hanno scelto una strada diversa. Stanno, ad esempio, facendo servizi al top, allo stato dell'arte, sulla telemedicina. Hanno livelli di servizi digitali al cittadino molto elevati. Lo stato di digitalizzazione delle aziende è, invece, medio-basso, ma hanno avuto il coraggio e la visione di fare un piano industriale di analisi del punto di partenza e di sviluppo di un'architettura ad hoc per la digitalizzazione del sistema sanitario e anche per la vera integrazione delle strutture. Nominalmente, infatti, loro avevano solo un'azienda sanitaria, ma nei fatti erano ancora molto presenti le eredità delle aziende sanitarie preesistenti. Ritengo che sia un modello, quello dell'azienda sanitaria dell'Alto Adige, reso possibile anche da un investimento estremamente elevato che stanno facendo in questi anni. Partivano da un livello di digitalizzazione, soprattutto delle strutture, non elevato, ma stanno facendo un ottimo percorso. La situazione dell'Alto Adige non va confusa con quella di Campania, Calabria e Sicilia, che invece hanno lo stesso colore nella mappa, ma non nella realtà dei servizi.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Anche perché la spesa è più alta, diceva.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Loro hanno destinato una quantità di risorse enorme alla digitalizzazione. Hanno fatto un vero piano. Quel e-health journey che vi mostravo, loro lo hanno realizzato. Tra l'altro, lo hanno anche messo a disposizione delle altre regioni. È stata sicuramente un'operazione molto interessante. Il nostro Osservatorio è stato coinvolto, così come le migliori energie presenti nel Paese. È una questione sicuramente di risorse, ma anche di determinazione nell'utilizzarle.
  Come dicevo, in riferimento alle barriere, dobbiamo parlare non di contrazione della spesa, bensì di una più intelligente definizione del mix di spesa. Se si parte dal fatto che dobbiamo spostare il mix di spesa nell'ambito della sanità verso mix sostenibili, un'azienda che non spende il 2-3 per cento in nuove tecnologie difficilmente potrà sopravvivere. Questo vale oggi in qualsiasi settore ed in realtà, quello della sanità è un grande, un importantissimo settore industriale, quindi va modernizzato, c'è poco da inventare da questo punto di vista.
  C'è, però, anche un altro tema. Al di là delle risorse disponibili in questo momento, che sono tante, e faccio riferimento ad esempio al PON governance che dovrebbe essere una grande occasione per poi permettere anche di creare i piani di digitalizzazione, il problema diventa la capacità progettuale presente, soprattutto nelle specifiche regioni e nelle specifiche aziende. Paghiamo comunque una frammentazione del modello di governance.
  Non ultimo, purtroppo devo dire che la coincidenza di quest'emergenza di digitalizzazione Pag. 8 con le nuove norme sul procurement, che partono comunque da un'impostazione molto di controllo anti corruzione, ha creato un ritardo nell'avvio dei progetti di digitalizzazione. È un po’ il fenomeno che vi mostravo: nonostante gli obiettivi, nonostante la spinta, nonostante una rinnovata consapevolezza, in realtà i progetti hanno tardato a essere finanziati. Oggi, purtroppo, il sistema di procurement rappresenta un ostacolo allo sviluppo.
  Il nuovo sistema di procurement, soprattutto il nuovo codice dei contratti pubblici, ha in sé alcuni elementi di grandissimo interesse che forzeranno ad aggregare la spesa, e quindi saranno molto preziosi per quanto riguarda la sanità, ma l'effetto che oggi misuriamo «ai morsetti» è ancora di un eccessivo ritardo dei progetti.
  L'altro elemento fondamentale è la scarsa cultura digitale degli operatori sanitari, a tutti i livelli. Questo è anche legato a un fortissimo problema nel sistema educativo. Nel sistema delle professioni sanitarie, se si guarda il gap tra quello che dovrà essere il livello di cultura digitale degli operatori della sanità per sopravvivere nella sanità del futuro, senza andare al 4.0, e ciò che oggi si insegna ai vari livelli della professione, c'è un disarmante disallineamento. In pratica, non c'è alcuna presenza di sensibilità nelle scuole di specializzazione delle professioni mediche.
  Infine, c'è una conoscenza delle potenzialità degli strumenti digitali, anche nel management della sanità, molto bassa, oltre al fatto che il management della sanità purtroppo soffre di una forte discontinuità. Il turnover, lo spoil system legato al sistema con cui vengono effettuate le nomine nelle aziende sanitarie, rende queste fino a un certo punto delle aziende. Questa discontinuità fa sì che sia molto difficile attuare dei programmi seri di digitalizzazione, che richiedono continuità nell'operato.
  Concludiamo su questi tre elementi. Primo, riteniamo che si debba fare in modo di usare al meglio le limitate risorse economiche disponibili. Partendo dal fatto che sono limitate, il primo tema è però riuscire a utilizzarle. Qui in particolare c'è da sciogliere il nodo del procurement.
  Il primo investimento deve essere in competenze dei cittadini e degli operatori. Come ci dimostrano anche le esperienze internazionali, anche tutto il tema dell'appropriatezza delle cure si combatte avendo in rete un'informazione migliore per i cittadini. Oggi, purtroppo, le informazioni e i servizi presenti in rete sono caratterizzati da un livello di controllo qualità estremamente basso.
  Questo è dovuto al fatto che, mentre c'è un grande interesse dei cittadini, quindi c'è una domanda, non c'è un'offerta qualificata di informazione e conoscenza. I cittadini sono così in balia di un'informazione di qualità molto bassa. Investire in competenze sulla propria salute, fare empowerment sui cittadini è il primo elemento che permetterebbe di creare un sistema più sostenibile, in cui il cittadino innanzitutto è attivo nella cura della propria salute e nella prevenzione.
  Altro elemento sostanziale è che si sviluppino servizi digitali. Prima ho fatto l'esempio dell’e-health journey, che è una delle modalità possibili per fare questo. Bisogna partire dallo stato dell'arte, dalle esigenze vere dei cittadini. Facevo prima l'esempio virtuoso del Fascicolo Sanitario nel Veneto, che è stato sviluppato a partire da una serie di analisi focus group sui cittadini, utenti del servizio, e sugli operatori sanitari. Questo ha permesso di creare una vera piattaforma di servizi realmente domandati. Questa capacità di autonomia e responsabilità delle regioni e dell'azienda nel disegnare qualcosa di utile alle esigenze dei cittadini, rappresenta una vera priorità.
  Come vi dicevo, vi abbiamo preparato un set di informazioni. Al di là delle nostre ricerche, si forniscono anche alcune delle ricerche internazionali che costituiscono i benchmark più importanti.

  PRESIDENTE. Io ho una serie di domande, la prima sui dati. Francamente, anche adesso stavo cercando di rivedere, ma non riesco a capire come funzioni il monitoraggio del Fascicolo Sanitario Elettronico. Dentro i dati ci sono delle cose che non riesco a spiegarmi. Nella Provincia autonoma di Trento, secondo il monitoraggio, intorno al 95 per cento dei cittadini Pag. 9avrebbe attivato il Fascicolo Sanitario Elettronico. Di questi, però, solo il 21 per cento lo ha utilizzato negli ultimi 90 giorni.
  C'è ancora un altro grafico sull'andamento del numero totale degli assistiti, e, di trimestre in trimestre, non cambia neanche di un'unità.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Natalità bassa.

  PRESIDENTE. Anche mortalità bassa, il che mi sembra particolarmente strano, ma può essere che da gennaio 2017 al 25 ottobre 2017 non sia cambiato neanche di un'unità il totale degli assistiti? Sono sempre 533.999. Sempre da questo monitoraggio, i cittadini che hanno prestato il consenso sono sempre 517.001. Passano i mesi, ma...

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Dove?

  PRESIDENTE. Nella provincia autonoma di Trento. Può essere anche che non muoia e non nasca nessuno, nei mesi, ma mi interessa che ai cittadini che hanno eseguito almeno un accesso al proprio Fascicolo Sanitario Elettronico da aprile 2017 sono sempre 53.500 esatti. Io ho una certa dimestichezza con i numeri.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. È difficile che non cambino di un'unità.

  PRESIDENTE. È molto difficile.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Ovviamente, non so rispondere, perché bisogna verificare l'attendibilità dei dati di monitoraggio.

  PRESIDENTE. Appunto, non avete mai avuto...?

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Il problema è che solo alcune regioni rispondono.

  PRESIDENTE. Questo è il monitoraggio su fascicolosanitario.gov.it, di cui avete mostrato, anche voi, alcune immagini. Io continuo a domandarmi: a quanto consta all'Osservatorio, avete avuto evidenze del fatto che questi dati non siano così veritieri?

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Il monitoraggio viene fatto grazie anche ad AgID, che si sta impegnando nel cercare di spingere soprattutto nell'avere dalle regioni i dati. Non sempre questo è facile. Purtroppo, in alcuni casi si fa proprio fatica ad avere le risposte dalle regioni.
  Detto questo, pur essendo stata attivata una serie di fascicoli, non sempre il cittadino, pur avendoli attivati, ha dato il consenso al fatto che i dati possano essere letti dagli operatori sanitari. L'introduzione successiva del codice della privacy ha creato una serie di adempimenti non banali. Inoltre, non è detto che il cittadino abbia necessità, voglia o capacità di accedere al Fascicolo.
  Qui c'è un problema forte di usabilità. Si è visto, ad esempio, in Lombardia in cui l'accesso al Fascicolo Sanitario era abbastanza macchinoso. Quando è stata radicalmente cambiata la modalità di accesso, password, rilascio delle credenziali, c'è stato un forte incremento.
  Al di là di questo, dipende molto dal tipo di servizi che ci sono sul Fascicolo. In molti casi, quando anche il cittadino va in rete, non trova un fascicolo completo, perché ad esempio magari si fanno degli esami presso delle strutture non pubbliche, quindi non si trovano i referti sul fascicolo, che quindi è incompleto. Il tipico servizio che c'è è la scelta/revoca del medico, ma capite che non avviene che ci si dica: «Questa settimana che faccio? Quasi quasi, cambio medico». Non è la prima esigenza, non è la killer application che me lo fa tenere a Pag. 10mente. Attenzione, in alcuni casi non è un problema. Il problema non dovrebbe essere tanto quest'estrema attenzione all'accesso al proprio Fascicolo. Il Fascicolo Sanitario Elettronico disegnato sicuramente attorno al cittadino, è, come dicevo, una piattaforma di servizi. Tuttavia dovrebbero essere innanzitutto gli operatori sanitari ad accedere al Fascicolo Sanitario Elettronico. Poi alcuni cittadini hanno esigenza e necessità, loro o dei loro familiari, i givers, di accedere; altri, no, e meno male.
  Abbiamo fatto anche una serie di analisi sui cittadini per capire quanto loro apprezzino e cerchino i servizi sanitari e quali sono quelli che trovano più utili. Abbiamo visto che c'è stata, negli ultimi anni, una vera e propria esplosione, sia di interesse sia di utilizzo dei singoli servizi sanitari. Non sempre questi servizi sanitari, però, sono adeguatamente inseriti e integrati dentro il Fascicolo Sanitario Elettronico.
  Il Fascicolo Sanitario Elettronico, come dicevo, dovrebbe essere, da una parte, una piattaforma di servizi e, dall'altra, una fonte di dati, poi resi interoperabili. Le due cose, tra l'altro, dati e servizi, sono tra loro correlate. L'importante è che questi ci siano. Poi chi li utilizza, quando, e quindi il modo in cui il cittadino accede, possono essere diversi.
  Nel caso del Veneto, ad esempio, hanno creato un’app mobile per cui ad alcune viste del Fascicolo accedono direttamente i cittadini, soprattutto a quelle legate a tutto il tema farmaceutico, ai referti, ma anche alle ricette. Hanno smaterializzato anche tutto il flusso delle ricette. Questo crea, a quel punto, una vicinanza e un'immediatezza di utilità del servizio agli occhi del cittadino.
  Come dicevo, è un'infrastruttura importante anche e soprattutto per mettere in relazione strutture e operatori, e per permettere continuità tra strutture e operatori ospedalieri rispetto al territorio.

  PRESIDENTE. Grazie. Do ora la parola ai colleghi che intendano formulare domande o osservazioni. Prego, onorevole Bruno Bossio.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. È interessante questa presentazione sulla realtà nazionale.
  C'è, però, una questione che vorrei approfondire maggiormente. Relativamente al discorso dell'inevitabile aumento della domanda, e comunque della spesa sanitaria, visto questo mix positivo per le aspettative di vita, ma negativo rispetto alla salute, come il tema della sanità digitale, che in quei due specchietti mostra i risparmi che si generano sia per la pubblica amministrazione che eroga il servizio sia per il cittadino, può essere ulteriormente utilizzato per la predittività dei dati? Come si utilizzano, sostanzialmente, questi dati, se ci sono dati che possono essere utilizzati già, in quali regioni, e come bisogna andare in questa direzione nelle altre regioni?
  Il tema della prevenzione spesso viene confuso col fatto che, invece di andare in ospedale, si va all'ambulatorio territoriale, mentre il tema della prevenzione dovrebbe essere relativo anche a che cosa si investe in prospettiva per la cronicità e alcune situazioni a livello territoriale. Il Fascicolo Sanitario Elettronico può essere utilizzato da questo punto di vista? La Regione Veneto è quella che ha meglio utilizzato il Fascicolo, soprattutto relativamente alla diffusione verso il cittadino, sostanzialmente.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Lo dicevo soprattutto relativamente al progetto. Alcune regioni, come Emilia-Romagna e Lombardia, sono partite con investimenti assai prima. Il Veneto ha la particolarità di aver investito in tempi recenti, e ancora di più, la Valle d'Aosta, e quindi di aver anche potuto utilizzare l'esperienza di altre regioni e fare un progetto molto veloce.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. A me interessa capire: dove il Fascicolo Sanitario Elettronico funziona di più per due leve? Primo, vorrei capire quanto può essere riutilizzato questo repository di dati ai fini della prevenzione; se c'è qualche regione che lo fa o se si può andare nella direzione Pag. 11dell'utilizzo, per esempio, di SPID per l'identificazione. Mi pare che il tema di SPID, che si è posto nelle audizioni qui in Commissione, sia con Piacentini sia con lo stesso direttore di AgID, Samaritani, fosse come si può far fare un salto qualitativo anche da un punto di vista dell'utilizzo e se questo può essere uno degli strumenti. Si dice che il Fascicolo Sanitario deve essere servizio prima ancora che adempimento: qual è il progetto? O si può costruire meglio un progetto che va in questa direzione?
  Vorrei anche capire meglio l’e-health journey, perché non sono riuscita molto a capire di che cosa si tratta e come può essere riusato.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Sicuramente, il fatto di riuscire ad avere i dati del cittadino utilizzabili, aggregabili, che è una delle grandi prospettive a livello anche scientifico, consente di andare verso una medicina preventiva, una medicina di precisione. Che cosa vuol dire? Riuscire, partendo da dati clinici, a capire quali sono le popolazioni su cui intervenire in termini di prevenzione. Da questo punto di vista, è fondamentale che i dati raccolti, che oggi è possibile anche analizzare con nuove strumentazioni, possano anche essere resi disponibili a chi sta sviluppando questo tipo di servizi.
  Il problema, anche qui, è di destinazione d'uso dei dati, e quindi di livelli di consenso. Anche in questo caso, è stato fatto un lavoro da parte di alcune regioni con il Garante per poter a priori, by design, identificare delle modalità per rendere i dati utilizzabili senza ledere i diritti alla privacy. Questo richiede alcune attenzioni, è molto collegato al corretto sviluppo, come giustamente diceva, del Fascicolo Sanitario Elettronico. Nel caso del Veneto che prima citavamo, è stato costituito un gruppo di data scientist che prepara i diversi livelli, i cosiddetti data lake, insiemi di dati che poi possono essere utilizzati con finalità di ricerca, di prevenzione. Bisogna anche, dove possibile, tornare indietro, perché possano diventare elementi che permettano di tornare sul cittadino con una finalità di tipo preventivo e di cura, non soltanto di ricerca sui grandi numeri.
  SPID è fondamentale per due motivi, per due interessanti prospettive. Come vi dicevo, l'accesso al Fascicolo Sanitario è reso molto complesso per il fatto che la maggior parte dei cittadini non ha un bisogno frequente di accedervi, non solo perché non ci sono tutti questi servizi di uso quotidiano, ma perché sta bene. Questo è un fatto positivo. Le credenziali di accesso costituiscono uno dei fattori che, ad esempio, in Lombardia è stato uno degli ostacoli all'utilizzo.
  L'uso di SPID, evidentemente, da questo punto di vista facilita moltissimo il cittadino, che a questo punto utilizza le stesse credenziali, oltretutto credenziali sicure, quindi con tutti i vantaggi, per accedere al Fascicolo Sanitario Elettronico. Questo è molto intelligente.
  È molto intelligente anche da un altro punto di vista: l'infrastruttura di autenticazione è uno dei servizi che va sviluppato dal punto di vista di progetto. Recepire il servizio SPID messo a disposizione consente di snellire il progetto, e quindi di renderlo qualitativamente più adeguato per il cittadino, ma anche più veloce ed efficiente per la singola struttura che se ne occupa. Non si tratta solo di SPID. Anche PagoPA, tutti i servizi di pagamento, uno dei servizi importanti che migliora al tempo stesso il servizio per il cittadino e l'efficienza dei processi lato azienda e Sistema Sanitario.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. La domanda, però, era: si può rendere obbligatoria questa cosa?

  PRESIDENTE. Lo è.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Lo è già? Le regioni che hanno il Fascicolo Sanitario utilizzano SPID?

  PRESIDENTE. No. Come abbiamo, purtroppo, scoperto nella nostra Commissione, il fatto che sia obbligatorio, non vuol dire venga rispettato.

Pag. 12

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Il problema è, per chi ce l'ha già, che è difficile obbligare a cambiare, ma almeno affiancare come metodo di autenticazione.

  PRESIDENTE. Prego, dottoressa Sgarbossa.

  CHIARA SGARBOSSA, direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Per quanto riguarda il caso lombardo, ci sono diverse modalità di accesso: col lettore di smart card, che era la vecchia...

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Solo, però, in digitale, chiaramente.

  CHIARA SGARBOSSA, direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Sì, lo SPID, o con la One Time Password inviata sul cellulare. È, però, il sistema della Regione.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Soprattutto, però, per chi parte subito, avere già pronto SPID evidentemente semplifica moltissimo la vita, anche al cittadino.
  Quanto al journey, questo è l'esempio di un e-health journey per una regione. In realtà, sono stati sviluppati nell'ambito della ricerca dell'osservatorio anche dei journey per le singole aziende sanitarie.
  Sono dei modelli di maturità, sviluppati mettendo a confronto le situazioni delle diverse strutture e vedendo i benchmark. L'idea è di identificare gli assi di sviluppo della digitalizzazione, in questo caso per una regione. Qui parliamo di servizi infrastrutturali, di servizi al cittadino, di servizi clinico-sanitari, quindi soprattutto delle strutture, di servizi amministrativi e di strumenti di governance e monitoraggio. Si va a vedere, sulla base di alcuni livelli definiti di digitalizzazione, qual è lo stato attuale, per evitare che la singola struttura o la singola regione vada molto avanti su una certa dimensione di digitalizzazione, magari perché molto spinta, anche in buona fede, ma molto spinta dal fornitore di turno, mentre non si è ancora posta il problema di creare condizioni coerenti da un'altra dimensione di digitalizzazione.
  Andare molto avanti su una dimensione senza portarsi dietro le altre fa sì che l'effetto complessivo, l'efficacia complessiva sia minore. Questo tipo di modello aiuta, intanto, a guidare la diagnosi, e poi a supportare almeno i decisori nello sviluppare delle road map coerenti. Poi, è chiaro che questi strumenti consentono anche di confrontarsi con gli altri. Si trova chi è più avanti e si creano anche delle possibilità. Quello che cerchiamo di fare, a volte, è creare delle possibilità di confronto, col riuso intelligente non tanto di soluzioni, ma di esperienze, tra le tra le regioni, tra le strutture sanitarie. Penso che questo, nell'ambito pubblico, dovrebbe essere in tutti i modi favorito.

  FEDERICO D'INCÀ. A quanto dovrebbe ammontare la spesa in più, nei prossimi anni, per la sanità del nostro Paese, viste le premesse iniziali che ha definito? Queste spese possono essere compensate o ammortizzate a pieno attraverso l'utilizzo del digitale della sanità? Mi riferisco ai risparmi visti prima, ai «famosi» 6,8 miliardi. Avete una stima, una curva?

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. È difficilissimo fare queste previsioni. Non riesco a darle una stima di questo tipo. Stiamo parlando di una spesa reale intorno ai 150 miliardi, perché l’out of pocket va aggiunto, ovviamente, alla spesa sanitaria pubblica. È chiaro che questi 150 miliardi sono destinati a crescere – diciamocelo – e bisogna far sì che crescano nel modo più controllato possibile e che consentano comunque di erogare, a fronte di questo, una qualità del servizio elevata.
  Peraltro, il sistema sanitario è il settore che in termini di occupazione, di innovazione, di attrattività dei territori, costituisce forse il settore industriale più importante. Non deve neanche troppo spaventare Pag. 13il fatto che la spesa cresca: è un buon modo di spendere i soldi, di destinare il Prodotto Interno Lordo alle persone e l'indotto in termini di occupazione e sviluppo è tra i più alti. Vi dicevo che 150 miliardi è abbastanza poco rispetto al nostro Prodotto Interno Lordo. È giusto che si destinino più risorse alla persona. Il problema è rendere efficiente la macchina con cui poi il servizio si eroga. Quale dovrebbe essere un giusto mix? In questo momento specifico, in Alto Adige sono al 4 per cento, la media nazionale è vicina all'1 per cento, anzi meno, se teniamo conto anche dell’out of pocket. Il National Health Service (NHS) inglese raccomanda il 2,5 per cento. Vuol dire che deve essere tra le due e le tre volte maggiore la percentuale di spesa in digitale rispetto a quella attuale. Questo significa fare degli investimenti e poi, evidentemente, avere dei costi di gestione. Tra l'altro, mentre in molti settori questo crea un forte problema legato a effetti occupazionali, la cosa «bella» del settore sanitario è che è destinato ad aumentare l'occupazione. La domanda cresce talmente che non è che, a fronte di un buon livello di automazione, dobbiamo porci tanto il problema di come fronteggiare il tema occupazionale. In realtà, si tratta semplicemente di rendere sostenibile un settore comunque destinato a crescere, anche e soprattutto in termini di occupazione. Dovremmo vederlo in termini di politica industriale come un ottimo settore sul quale investire.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Nonostante i test di ingresso delle facoltà di medicina.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Sì, ma c'è anche un tema di mobilità internazionale. Facciamo il parallelo tra quello che è successo con la mobilità interregionale, con i flussi di pazienti che oggi lasciano le regioni del sud per farsi curare in regioni come la Lombardia e l'Emilia-Romagna – flussi veramente molto importanti quelli della mobilità passiva – e quello che sta in parte accadendo quando questo ci si porta sulla scala europea: il grande pericolo che oggi un flusso di italiani lasci il Paese per farsi curare o addirittura stabilirsi in settori più attrattivi dal punto di vista della capacità di assicurare cure, vuol dire importare servizi. Oltre che da un punto di vista sociale, da un punto di vista economico, è un gravissimo danno per l'economia del Paese.

  PRESIDENTE. Io ho due ultime domande. Vorrei sapere se avete misurato l'avanzamento del Piano strategico Crescita Digitale per la parte relativa alla sanità digitale, anche perché siete citati nel Piano. A proposito dei risparmi, voi li stimavate in 2,2 miliardi grazie al Fascicolo Sanitario Elettronico. Sappiamo che ora l'attuazione del Fascicolo Sanitario Elettronico non è al 100 per cento, ma magari di questi 2,2 miliardi qualcosa si inizia a vedere. Noi, però, non ne abbiamo finora avuto notizia.
  La seconda domanda è relativa alla parte di digitalizzazione un po’ più moderna. Purtroppo, molte delle cose di cui si parla il nostro Paese avrebbe dovuto farle un po’ di anni fa, anzi quasi tutte quelle di cui si parla. In sanità, invece, c'è la possibilità dell'applicazione dell'intelligenza artificiale, della robotica, dell’Internet Of Things applicato alla telemedicina. Avete una fotografia dello stato dell'arte? Ci sono casi, in Italia, eccellenze, in cui anche questo viene portato avanti o no?

  CHIARA SGARBOSSA, direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Sul Piano Crescita Digitale abbiamo fatto un monitoraggio nel 2016 attraverso la ricerca 2015-2016, quindi i dati non sono aggiornatissimi.
  Quanto al Fascicolo Sanitario Elettronico, in realtà eravamo nel mezzo del decreto che doveva essere firmato, e quindi la situazione era quella di alcune regioni già partite (Lombardia ed Emilia-Romagna), mentre altre proprio non avevano ancora iniziato. Il livello di attuazione, poi, doveva essere misurato dalla stessa AgID. Non è stato oggetto della nostra ricerca. Pag. 14
  Avevamo, invece, misurato il livello di dematerializzazione, ad esempio delle ricette elettroniche, un'altra delle azioni identificate nel Piano. Allora quasi tutte le regioni avevano avviato il progetto di dematerializzazione. A oggi, sappiamo che quasi tutte le regioni sono arrivate ai livelli definiti, all'80, al 90 per cento in alcune regioni, di ricette dematerializzate.

  PRESIDENTE. Parliamo di dematerializzato vero o di doppio canale?

  CHIARA SGARBOSSA, direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. In realtà, in tutti i casi, a parte che nella Provincia autonoma di Trento, esiste comunque il promemoria. L'unica realtà che ha dematerializzato completamente tutto il ciclo, per cui non esiste più la ricetta cartacea, è la Provincia autonoma di Trento.

  PRESIDENTE. Questo ha inficiato il raggiungimento degli obiettivi di risparmio o no? A parte forse il fatto che i promemoria costano meno delle ricette «rosse».

  CHIARA SGARBOSSA, direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Esatto. Diciamo che l'unico beneficio è, appunto, il promemoria che costa meno, perché è carta bianca anziché blocchetto di ricette «rosse», che avevano un costo superiore. In realtà, tutti i benefìci che potevano derivare, ad esempio, dal fatto che il cittadino non vada dal medico a ritirare la ricetta e vada direttamente in farmacia con la propria tessera sanitaria, nel momento in cui c'è il promemoria non vengono raggiunti, ma c'è comunque il beneficio legato al monitoraggio dei flussi. Inoltre, la ricetta può essere fruita in tutte le regioni italiane: anche se è stata fatta dal mio medico in Lombardia, posso andare in un'altra regione e viene riconosciuta.
  Quanto al tema della dematerializzazione delle cartelle cliniche e dei referti, un'altra delle azioni definite nel Piano, nel 2016 avevamo una stima di referti dematerializzati, per cui non esiste più una copia cartacea, pari al 40 per cento dei referti complessivi.

  PRESIDENTE. In Italia.

  CHIARA SGARBOSSA, direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Sì. Era, rispetto a quello che avevamo stimato nel 2012, un più 33 per cento di referti. I referti dematerializzati e poi consegnati on line erano il 16 per cento di tutti i referti consegnati on line, quindi comunque una percentuale non ancora soddisfacente, proprio per i risparmi di cui il professor Corso diceva in precedenza. Rispetto alla consegna digitale per tutti i referti, c'è ancora un bel gap da colmare.
  Per le cartelle cliniche dematerializzate completamente, per cui anche in questo caso non esiste più la copia cartacea, abbiamo dei livelli ancora molto bassi, pari al 9 per cento. Solo il 9 per cento delle cartelle cliniche è solo digitale. Ci sono dei casi di eccellenza, che posso citare, come quello dell'Humanitas, che attualmente ha tutte le cartelle cliniche elettroniche completamente dematerializzate, e quindi anche possibile utilizzare strumenti di analisi dei dati, con soluzioni anche di big data analytics più evolute rese possibili proprio dalla dematerializzazione di tutti questi dati e di queste cartelle cliniche elettroniche.
  Relativamente all'ambito della prenotazione e dei pagamenti on line, la quarta azione definita nel Piano, nel 2015 le prenotazioni effettuate on line sul totale erano solo il 12 per cento, comunque con un incremento del 71 per cento rispetto alla rilevazione del 2012; i pagamenti on line solo l'8 per cento. I pagamenti, quindi, avvengono per lo più o direttamente allo sportello o, eventualmente, anche tramite i POS automatici all'interno delle strutture sanitarie.

  PRESIDENTE. Questi erano i pagamenti realizzati, non quelli potenziali.

  CHIARA SGARBOSSA, direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità Pag. 15 del Politecnico di Milano. Quelli stimati sulle strutture sanitarie che abbiamo raggiunto con la ricerca.

  PRESIDENTE. Sono, quindi, quelli potenziali. L'8 per cento delle strutture, in pratica.

  CHIARA SGARBOSSA, direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. L'8 per cento dei pagamenti complessivi è stato effettuato on line.

  PRESIDENTE. Cerco di capire il motivo di una percentuale così bassa, se sono i servizi non abilitati o i cittadini che non li utilizzano.

  CHIARA SGARBOSSA, direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. No, è un dato di livello di utilizzo da parte dei cittadini, non di disponibilità da parte delle aziende sanitarie.

  PRESIDENTE. Perché la disponibilità c'è.

  CHIARA SGARBOSSA, direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. È più elevata dell'8 per cento. In realtà, su quello abbiamo un dato fatto sul nostro campione di rilevazione, ma i due dati sono diversi, perché ovviamente è un rapporto uno a molti. Non tutti i cittadini che vanno in una stessa azienda sanitaria che mette a disposizione il servizio, poi utilizzano il servizio.

  MARIANO CORSO, responsabile scientifico dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Le infrastrutture immateriali dell'Agenda digitale possono far sì che il cittadino acquisisca maggiore familiarità con l'uso di strumenti per la sanità per altri servizi pubblici. Dipende da come si leggono questi dati, che mostrano un incremento non piccolo da quando è stato fatto il Piano Crescita Digitale. È chiaro che in parte è un incremento legato anche alla crescente familiarità con le tecnologie digitali dei cittadini in generale, ma si vede che ci sono stati tutti cambiamenti piuttosto elevati.
  Tuttavia, il margine che rimane per arrivare vicini al 100 per cento – al 100 per cento non si arriva mai – è ancora estremamente elevato, che ci testimonia che una parte importante di quei benefìci potenziali sono tutti da cogliere. Poi, come dice il presidente, si aprono degli ulteriori benefìci di cui non si teneva conto allora, che sono le applicazioni – i benefici venivano dai benchmark effettivamente esistenti – quelle legate all'utilizzo delle tecnologie più innovative.
  Certamente, il cognitive computing, l'intelligenza artificiale legata all'utilizzo delle fonti di dati, oggi rappresentano una delle grandi prospettive. Un elemento molto importante è la lotta alla medicina difensiva, quindi il tema dell'appropriatezza. Questo è un esempio di come l'innovazione tecnologica, organizzativa e normativa possono lavorare assieme. Se si danno strumenti per migliorare e rendere più affidabile la diagnosi sulla base di un utilizzo dei dati e di strumenti che facciano uso anche dell'intelligenza artificiale, e poi si fa sì che con questo tipo di diagnosi vengano anche rese norme, linee guida, ad esempio attraverso i percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali informatizzati, si può evitare che gli operatori sanitari prescrivano medicinali ed esami in modo non appropriato. Questo succede spesso su pressione da parte del cittadino.
  Bisognerebbe investire, da una parte, in informazione e competenza del cittadino e, dall'altra, in strumenti tecnologici, che quindi permettono di fare una buona diagnosi, ma poi diventano anche strumenti normativi. La legge Gelli-Bianco è molto importante, perché pone i confini della responsabilità professionale, quindi può consentire di proteggere il medico che vada a riferirsi a delle buone pratiche, a delle linee guida a livello nazionale. Gli si danno gli strumenti, gli si danno le informazioni, lo si protegge dal punto di vista normativo: si evitano grandi sprechi di risorse, ma anche gravi rischi per il cittadino, perché la non appropriatezza Pag. 16 non solo crea costi, ma anche danno per la salute dei cittadini.

  PRESIDENTE. Chiedo ai nostri ospiti se abbiano documentazione in formato digitale da consegnare alla Commissione e se possiamo considerarla con un regime di pubblicità libero.

  CHIARA SGARBOSSA, direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. I rapporti di ricerca sono disponibili sul nostro sito, ma non possono essere divulgati.

  PRESIDENTE. Sono, quindi, riservati.

  CHIARA SGARBOSSA, direttrice dell'Osservatorio sull'Innovazione digitale in Sanità del Politecnico di Milano. Sì.

  PRESIDENTE. Magari ci specificate quali possono avere regime libero, quindi pubblico, e li pubblicheremo sul sito della Commissione, e quali invece hanno regime riservato, e quindi manterremo segreti, disponibili solo ai commissari.
  Ringrazio il professor Corso, la dottoressa Sgarbossa e tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.25.