XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta su sicurezza e degrado delle città

Resoconto stenografico



Seduta n. 29 di Martedì 28 novembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori
Causin Andrea , Presidente ... 2 

Seguito dell'esame della relazione sull'attività della Commissione (rel. Morassut)
Causin Andrea , Presidente ... 2 
Morassut Roberto (PD)  ... 2 
Castelli Laura (M5S)  ... 4 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 6 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 7 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 8 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 8 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 8 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 8 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 8 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 8 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 8 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 8 
Castelli Laura (M5S)  ... 9 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 9 
Morassut Roberto (PD)  ... 9 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 9 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 9 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 10 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 10 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 10 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 10 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 10 
Causin Andrea , Presidente ... 10 
Morassut Roberto (PD)  ... 10 
Causin Andrea , Presidente ... 11 
Morassut Roberto (PD)  ... 11 
Causin Andrea , Presidente ... 11 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 11 
Causin Andrea , Presidente ... 12 
Morassut Roberto (PD)  ... 12 
Causin Andrea , Presidente ... 12 
Morassut Roberto (PD)  ... 12 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 12 
Causin Andrea , Presidente ... 12 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 12 
Causin Andrea , Presidente ... 12 
Morassut Roberto (PD)  ... 13 
Causin Andrea , Presidente ... 13 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 13 
Causin Andrea , Presidente ... 13 
Miccoli Marco (PD)  ... 14 
Morassut Roberto (PD)  ... 15 
Causin Andrea , Presidente ... 15 
Morassut Roberto (PD)  ... 16 
Causin Andrea , Presidente ... 16 

(La seduta termina alle 12.35) ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANDREA CAUSIN

  La seduta comincia alle 11.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso.

Seguito dell'esame della relazione sull'attività della Commissione (rel. Morassut)

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame della proposta di relazione sull'attività della Commissione (rel. Morassut), di cui all'articolo 2, comma 4, della delibera istitutiva della nostra Commissione.
  Propongo che anche per la seduta odierna sia pubblicato il resoconto stenografico.
  Ricordo che nella seduta dello scorso 23 novembre il relatore Morassut aveva proseguito l'illustrazione dello schema di relazione.
  Do la parola al relatore Morassut perché prosegua la sua illustrazione delle linee generali dello schema di relazione.
  Oggi, come d'accordo, dovremo soffermarci sulla questione più delicata e anche più politica che attiene alle conclusioni. Se siete d'accordo, farei riprendere al collega Morassut lo schema che ci ha già anticipato per e-mail, che riprende il lavoro svolto dalla Commissione.

  ROBERTO MORASSUT. Prima di affrontare direttamente la parte delle conclusioni, vorrei specificare che la bozza oggi in esame rappresenta ancora una prima traccia di lavoro, che in molte parti si trova al livello schematico e che, ancorché integrata con elementi emersi nelle precedenti sedute, richiede ancora di essere rivista e implementata. Per questa ragione, anche nella seduta odierna si tratterà delle sole conclusioni, riservandomi di presentare la relazione in una veste più completa in una prossima seduta, nella quale potrà essere anche allegata al resoconto della seduta.
  Prima di affrontare il punto specifico delle conclusioni, però, vorrei dare una brevissima informativa sullo stato della relazione su una questione che affronteremo poi il giorno 30. Lo stato di avanzamento, in fase di trasmissione da parte degli uffici a tutti i commissari e ai consulenti, ha recepito le osservazioni delle sedute precedenti e i contributi nel frattempo presentati. In particolare, segnalo il contributo presentato dall'onorevole Mannino sull'abusivismo, le osservazioni che erano state avanzate in particolare sulla parte rigenerazione dal professor Storto e da altri nelle due sedute precedenti. C'è un lavoro che si sta completando da parte dell'onorevole Gasparini sull'abitare. L'onorevole Santerini ha aggiornato la parte sul sociale. L'onorevole De Maria, il colonnello Nucci e gli altri consulenti del settore hanno aggiornato la parte sulla sicurezza. Anche l'architetto Giannino ha integrato la parte bandi con i contributi della dottoressa Prezioso e con le indicazioni dell'onorevole Castelli. Sulle città c'è stato un secondo aggiornamento per Roma e si sta integrando con il recepimento delle audizioni. Lo stesso è in corso d'opera per le altre. Immagino che alla fine, per la parte redazionale e per una certa omogeneizzazione dei testi, bisognerà fare un lavoro insieme agli uffici. Mancano allo stato attuale, ma forse le mie informazioni non sono ancora complete, le schede Pag. 3delle città sulla rigenerazione: in particolare, Venezia, Palermo, Genova, Bari e Bologna, ma forse qualche informazione mi difetta; soprattutto, alcune didascalie dell'album fotografico.
  Detto questo, passiamo alla parte sulle conclusioni. Di questa parte avevamo parlato già precedentemente e, come avevamo detto al termine dell'ultima riunione, ho cercato di sintetizzare in una scaletta, che vi è stata trasmessa, i temi sui quali articolare la stesura della parte conclusiva, che ovviamente dovrà avere il pregio della sintesi e della chiarezza, ma naturalmente anche un suo corpo non troppo sintetico, ma di sufficiente esposizione degli argomenti. Per quello che riguarda la parte conclusiva, ricordo che si è convenuto di approvare un indice a partire da uno schema di questioni, che vado a sottoporvi come sintesi della prima discussione, che poi affronteremo ancora meglio nelle prossime riunioni. Resta inteso che tale indice sarà poi affidato, per essere scritto per esteso, a un gruppo di consulenti, magari coordinato dal professor Roma, e agli uffici, come avevamo stabilito inizialmente.
  I temi individuati per le conclusioni sono i seguenti, con premessa generale riferita all'Agenda urbana europea da declinare in Italia e che avevamo scelto come asse di riferimento.
  1) Costituzione di una cabina di regia per le città. È un tema di cui abbiamo parlato: si tratta di definirlo in maniera un po’ più articolata. C'è la necessità che le politiche urbane ritrovino un punto di riferimento istituzionale nazionale di coordinamento tra i vari livelli dell'ordinamento e i ministeri.
  2) Stabilizzazione della Commissione, che diventa bicamerale, organismo parlamentare di aggiornamento del monitoraggio delle situazioni delle città e del disagio e della sicurezza nelle periferie per sviluppare il lavoro iniziato quest'anno.
  3) Stabilizzazione dei bandi per le periferie in un'ottica di programmazione decennale – per chiarezza, abbiamo usato l'espressione, sintetica ma efficace, di «piano Marshall delle periferie» – e di messa a fuoco delle realtà più critiche attraverso il contributo dell'Istat in funzione dell'identificazione di indicatori di disagio per individuare le realtà urbane più depresse e in difficoltà, in una logica di intervento pubblico-privato dei finanziamenti e delle risorse europee, sviluppando tendenze già largamente sperimentate nel corso degli ultimi anni.
  4) Necessità di sollevare all'attenzione del Parlamento, del Governo e dei governi successivi la necessità di pervenire finalmente a una riforma organica della legislazione urbanistica per aderire a una vera azione di rigenerazione che superi la logica espansiva della legge urbanistica n. 1150 del 1942. È utile, in questo quadro, anche un'analisi dei documenti e dei contributi pervenuti da parte di Inu, Anci e Ance, e da parte di esperienze di amministrazioni comunali, nel quale declinare i vari temi accennati nella parte di rigenerazione urbana della relazione.
  5) Necessità di una legge organica sull'edilizia residenziale pubblica e sull'edilizia residenziale sociale, sulla cui distinzione tipologica ci ha sollecitato il professor Storto nella pregressa riunione, in maniera che siano messi a fuoco i contenuti di base, già accennati e indicati molto bene nella parte «abitare», curata dall'onorevole Gasparini, che naturalmente parte dalla condivisione del fatto che in Italia dal 1998 abbiamo esaurito una stagione, che non si è più riaperta in modo esteso e organico su tutto il territorio nazionale.
  6) Necessità di una riforma del codice penale sul tema dei reati urbani, categoria che andrebbe ulteriormente messa a fuoco in questa parte delle conclusioni, interessante proposta avanzata dal presidente Causin che va ulteriormente dettagliata, al cui interno sicuramente possiamo ritrovare la tematica dei roghi tossici e della sollecitazione che la nostra Commissione ha rivolto alle autorità esecutive del Governo sulla possibile applicazione delle norme sulla «Terra dei fuochi» in Campania per la repressione del fenomeno. Si tratta di uno dei possibili temi, ma naturalmente ce ne sono altri.
  7) Legge quadro di riforma dell'ordinamento delle polizie locali, proposta elaborata Pag. 4 all'interno della sezione «sicurezza» del documento.
  8) Normativa su associazioni culturali e somministrazioni. Ricorderete che questo è un tema particolarmente serio, sollevato durante la nostra visita a Genova, dove un'intera parte della città, in particolare a Sampierdarena, soffre di questo fenomeno, la proliferazione di locali che si presentano come associazioni culturali, ma in realtà sono luoghi di somministrazione di alcolici e di attività che ledono gli elementi basilari della convivenza civile.
  9) Collegato a questo, c'è il tema delle case da gioco. La normativa attualmente consente con procedure molto accelerate dal punto di vista edilizio l'apertura di tantissimi di questi stabilimenti in periferia, che hanno proliferato. Forse vi andrebbe rivolta una particolare attenzione.
  10) Necessità di esaminare le schede degli uffici sulle proposte emerse nelle audizioni. Questo è un punto che pongo parenteticamente. Gli uffici hanno fatto un preziosissimo lavoro di sintesi tematica delle varie proposte, che bisognerebbe poi riorganizzare nelle conclusioni.
  11) Propongo parenteticamente il punto undicesimo. Ne avevamo parlato in una riunione informale della Commissione, ma su questo si tratta di capire se il nostro orientamento anche politico è condiviso da tutti: mi riferisco all'introduzione di una sorta di meccanismo assicurativo, un contributo minimo per il rinnovo urbano nella forma di una minima quota per metro quadrato sulla proprietà, per esempio un euro per metro quadrato per anno, risorse da allocare in un fondo pubblico, forse la stessa Agenzia per le città, come assicurazione per il recupero e il risanamento energetico ed edilizio. Si potrebbe contare, in questo modo, su una quota di 4-5 miliardi annui da destinare a contributo a basso tasso per interventi di risanamento. Costerebbe meno del canone Rai, ed è una proposta che si sottopone all'attenzione della Commissione nel nostro dibattito.
  12) Potenziamento degli organici delle Forze dell'ordine, con particolare attenzione al tema dei roghi tossici, e uso delle norme della Terra dei fuochi. Nella finanziaria che il Parlamento si appresta a discutere sono previste risorse per il potenziamento delle Forze dell'ordine.
  13) Tema dei Rom. Su questo ho lasciato le questioni aperte. Una certa discussione di merito dobbiamo farla ancora più approfonditamente. Su questo punto ci è pervenuto un contributo dell'onorevole Santerini, che abbiamo allegato alla scheda, che pone la questione articolandola in tre aspetti, peraltro accennati nella parte sociale: attuare la strategia nazionale di inclusione di rom, sinti e camminanti 2012-2020 approvata dal Consiglio dei ministri nel febbraio 2012, in attuazione della comunicazione n. 173 del 2011 della Commissione europea, cioè cosa significhi nel concreto superare i campi rom e con quali misure; ampliare i servizi di welfare a sostegno delle misure contro la povertà; contrastare le disuguaglianze nelle periferie attraverso la scuola. Questi due punti non riguardano i rom, ma sono relativi alle proposte sul sociale.
  Questi, molto sinteticamente, sono i punti sui quali la nostra discussione si è concentrata. Se li approfondiamo, li affidiamo poi a un gruppo redazionale che verificheremo nel corso del lavoro.

  LAURA CASTELLI. Le problematiche sono veramente quelle emerse. Sulla questione della cabina di regia in realtà emerge che ci sono già dei nuclei, quindi secondo me dovremmo fare lo sforzo di capire nei nuclei già esistenti che cos'è che non funziona – qualcosa l'ho fatto inserire in relazione – per cercare di non fare semplicemente un esercizio di nuova cabina di regia, nel senso di efficientare ciò che c'è e dare una direzione. La dottoressa Giannino, che ho visto dopo che ci eravamo parlati sulla cabina di regia, mi ha detto che ci sono già dei nuclei che vanno solo efficientati. Da questi tavoli sono emersi problemi reali che andrebbero risolti. La collega diceva che il Cipu è uno dei tavoli che già esistono e che la dottoressa Giannino sottolineava come vivente di alcuni problemi: piuttosto che crearne uno nuovo, chiamarlo in maniera nuova, proviamo a efficientare quello che c'è già, facciamo una Pag. 5verifica, per evitare di passare per quelli che fanno sempre una cosa nuova.
  Quanto alla riforma del codice penale sui reati urbani, ho mandato adesso via e-mail a Morassut un emendamento, che abbiamo studiato con gli uffici, che ha quest'obiettivo: quello della flagranza di reato sia per visione – si vede chi commette il reato – sia per utilizzo di telecamere. Sempre più è emerso l'utilizzo in alcuni comuni di telecamere sulla gestione del fenomeno dell'abbandono di rifiuti. Personalmente, per provare a vedere che cosa dicevano gli uffici, l'ho presentato come emendamento nel disegno di legge fiscale, e ovviamente era inammissibile, ma facciamolo vedere ai nostri esperti. Potrebbe essere assunto per una parte, quella che andrebbe a coprire la flagranza di reato.
  Quello delle case da gioco è un tema che ho seguìto, anche perché la competenza diventa regionale. Molti di voi conosceranno la lotta che c'è stata in conferenza Stato-regioni su questo punto: alcune regioni hanno emanato leggi regionali molto più restrittive rispetto alla linea che si è data poi lo Stato, ma siccome la competenza è regionale, prevalgono tutte quelle questioni sulle distanze e così via. Il dibattito è stato ampio. Il mio consiglio è, prima di tentare un'altra norma, di provare a capire anche la risoluzione finale di questo rapporto molto conflittuale tra Stato e regioni, per capire come affrontare il tema. Ho anche partecipato ad alcune conferenze Stato-regioni, e la conflittualità è stata ampia. Io, per esempio, vivo in una regione che ha deciso di fare una legge regionale sul gioco d'azzardo molto restrittiva e mi rendo conto che fare un ragionamento su una competenza «a cavallo», potrebbe portare a problemi complessi. Mi permetto di ricordare la questione di quelli che da centri massaggi diventano centri di prostituzione, su cui c'è un lavoro in essere in Commissione attività produttive, testo unificato che è stato redatto partendo da questo problema. Se non si definisce che cos'è un centro estetico, tutte le volte che il centro estetico viene chiuso per la retata e si capisce che non lo è davvero, dopo due giorni viene riaperto. Ce l'hanno raccontato anche le inchieste di Torino. Li hanno chiusi e poi si riaprono. Quella norma doveva uscire dalla Commissione a breve, ma è ancora uscita. Se la Commissione se la sente, visto che quello è stato un lavoro fatto veramente con tutti, maggioranza e opposizioni, si potrebbe pensare di dire che è un buon lavoro che risolverebbe anche questo problema. So che la Commissione ha lavorato in maniera unitaria su questo. Anche a noi, che avevamo una linea un po’ più restrittiva, il testo unificato finale piace, quindi potrebbe essere utilizzato per risolvere questo problema.
  Mi piace l'idea delle pensioni per gli edifici. Da membro della Commissione bilancio, ricordo che sulla questione del risanamento energetico degli edifici ci sono molte norme. Proviamo a non fare l'ennesima. Quest'anno ci sono anche le aree verdi, iniziative del genere ogni tanto emergono. Piuttosto, mi viene in mente che molti comuni ci hanno chiesto un margine di manovra sugli edifici commerciali abbandonati. Tante volte ci è capitato di trovare comuni, forse anche nella provincia di Bologna, che ci parlavano di qualche ex azienda rimasta sul territorio, che non si può utilizzare, che crea un disastro anche in termini sociali. Non so esattamente quale norma si potrebbe provare a inventare, ma nell'ottica di che cosa fare degli edifici, si può pensare anche ai comuni, che a volte hanno le mani legate. Non so se riusciamo a fare un check con quello che abbiamo raccolto. Magari proverò a proporre qualcosa.
  Quanto al punto 13), credo che non troveremo mai una linea di convergenza su come gestire la chiusura, fatta salva tutta la parte sociale, su cui si può essere ideologicamente d'accordo o meno. Nell'idea di una soluzione post-ideologica, pratica, secondo me l'obiettivo deve essere comunque il 2020. L'ho inserito anche nella relazione per Torino: l'unica cosa che vedo è questa dei patti sociali, di un momento in cui gli enti, insieme a chi sta in queste aree, fanno un patto sociale in cui qualcuno si dà qualcosa e viceversa. Sulla questione della povertà il mio pensiero è che oggi abbiamo capito che si può anche introdurre uno Pag. 6strumento, ma se si decide di metterci dei fondi non per quello che serve, ma per vedere che cosa succede, non si risolve. Secondo me, dal punto di vista finanziario, il problema sulla povertà è che non si è capito quale sia la platea a cui servono quegli strumenti e per cui si è deciso quell'investimento, che comunque torna in termini di qualunque moltiplicatore, perché incide su qualunque moltiplicatore, dalla salute ad altro. Si decide, invece, di metterci dei soldi limitati, nella logica del «chi prima arriva, meglio alloggia». Il problema è anche questo, e secondo me va affrontato. I comuni ce l'hanno detto. Oggi, gli strumenti di sostegno alla povertà scaricano sui comuni la responsabilità dei costi sociali. Secondo me, si potrebbe provare a inserire come difficoltà degli enti locali, che oggi hanno problemi contabili e che si trovano uno strumento limitato nella quantità, che peraltro sono disincentivati a fornire, perché più lo forniscono e maggiori sono i costi sociali di welfare che devono affrontare.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. A proposito della relazione sull’«abitare», mi scuso, ma il dottor Storto ha avuto un impedimento. In ogni caso, la sta chiosando, sta inserendo le cifre e tra domani e dopodomani dovrebbe essere conclusa. Nella sostanza ci dovremmo essere. Vorrei meglio esplicitare alcuni punti nelle conclusioni finali. A fronte di una legislazione che prevede in pratica venti modelli diversi gestionali delle case, occorre fare un tentativo di una legge quadro che indichi i livelli minimi di affitto e le regole per l'accesso alla casa pubblica, ovviamente da far poi regolare alle regioni. Il secondo passaggio è quello economico. Torno al tema richiamato l'altro giorno: tutte le foto del nostro libro di fotografie fanno prevalentemente vedere edilizia oggi esistente allo sfascio. C'è un problema di manutenzione. Su questo la quantificazione grosso modo fatta è che servirebbe un piano decennale di almeno 200 milioni all'anno per riuscire a recuperare tutta l'edilizia oggi allo sfascio, per i motivi che sappiamo, e cioè che non pagano l'affitto e così via. Il terzo passaggio è quello del modello gestionale. È emerso che il modello gestionale non permette l'azione sociale necessaria nelle case di edilizia economica popolare, dove sappiamo che sono fortemente concentrati i problemi di fragilità sociale e di delinquenza. C'è un problema di presidio diverso di queste realtà. Non abbiamo trattato un tema, che ho seguìto in prima Commissione, concernente la radicalizzazione jihadista. Uno degli aspetti che emergono riguarda le periferie e l'attenzione a prevenire alcuni fenomeni di emarginazione. Non abbiamo neanche trattato il tema della libertà religiosa, giustamente, che avremo in Assemblea in questi giorni, ma attenzione, perché è uno dei temi. Se è vero che nelle preferire riguarda il rapporto con la presenza di tanti immigrati, il problema della libertà religiosa e del rischio della radicalizzazione jihadista sono presenti. Allora, dico che senza trattare questo tema occorre che ci sia un modello diverso di gestione. L'ho già raccontato l'altra volta e non mi dilungo su questo passaggio, ma lo considero importante, unitamente al tema fondo affitti.
  Per quanto mi riguarda, i punti sono questi tre, che evidenzierei per cercare di sistemare ed evitare che si spacchi ancora tutto e siamo in una certa situazione tra dieci anni. Proviamo a cambiare passo, in prospettiva dandoci delle regole. La questione non risolta, invece, e secondo me difficilmente risolvibile, che si intreccia con la relazione più urbanistica, è quella di come rispondere ai 650.000 bisognosi di casa e al fatto che nel 2020 non si deve più avere un rom per strada. Allora, occorre fare nuove case di edilizia? Bene. Così tante? No. In ogni caso, se le si realizza, si deve riusare il patrimonio esistente. Mi riallaccio un po’ a quello che diceva Laura Castelli. La mia è un'utopia, forse anche un po’ troppo comunista, anche se non lo sono più da tantissimi anni, ma se si lascia dismesso uno spazio, una fabbrica, un capannone per trent'anni, solo perché ne fanno speculazione finanziaria, fino a quando il pubblico resta lì così? C'è un problema sociale. Se esiste un piano regolatore per lo sviluppo della città e si è pensato che in quella città ci dovesse essere Pag. 7la residenza, poi l'occupazione, è il pubblico ad aver deciso che un dato terreno è diventato di un valore anziché di un altro. Se, però, non si è in grado, se non si vuole, se si fa solo un discorso finanziario, che cosa si può fare? A questo punto, bisogna riusare, ma non si può pensare di comprare sul mercato aree dismesse private e poi fare edilizia popolare. Non sta in piedi economicamente. È una questione importante, anche se non la trattiamo. Il dottor Storto dice che i comuni devono mettere a disposizione delle aree. I comuni, più o meno tutti, stanno ragionando a suolo consumo zero adesso. C'è la legge. Già i comuni non mettono a disposizione gli spazi per l'ERP, perché si trovano addosso tutti i temi sociali, ma poi oggettivamente è così. Non credo che possiamo risolvere questo tema sollevato da Laura: come si riconverte la città? Si prende atto di nuovi bisogni, come quello dell'edilizia economica popolare o dell'ERS o altro, perché di questo si tratta, di nuove case in affitto... Non sono sufficienti, se penso a Milano. Durante l'audizione del direttore Reggi, abbiamo visto che gran parte degli edifici, essendo così grandi, vengono riconvertiti in maniera intelligente laddove serva per accorpare questura, prefettura... Esatto. Anche questo forse va rivisto, ma non mi pare che sia così tanto, se non le caserme, che a Milano sono due.
  Quanto al tema cabina di regia, sapete che ho una relazione continua con Walter Vitali, direttore di Urban@it. Lui è stato parlamentare e ha vissuto nell'altra legislatura il fatto che il Parlamento ha chiesto al Governo di istituire un soggetto che facesse l'agenda urbana, il Cipu, che non ha funzionato perché aveva dei difetti, ma anche per una scelta politica – va detto – del Governo Renzi di accentrare nella Presidenza del Consiglio. Allora, vi consegno questa paginetta: che cos'è il Cipu? Vi consegno anche una proposta, dettata dall'esperienza in questo caso, su cosa dovrebbe essere per funzionare. Questo mi pare utile e importante. Sono d'accordo con Laura che alla fine potrebbe essere interessante nella relazione finale dire che il Parlamento nella XVI legislatura ha approvato una mozione con cui faceva questa richiesta, che ha prodotto quello che ha prodotto, ma che non ha funzionato e che, per funzionare, occorrono una serie di passaggi. Forse si rende tutto più semplice dicendo che questo ci vuole.
  Non aggiungerei altro. Su alcune cose le nostre sono sollecitazioni su questioni già aperte. Penso alla legge sulla polizia locale, che ho seguìto, che ci è arrivata e abbiamo ripresentato. Era stata già mediata tra tutte le forze politiche al Senato. Si tratta di aggiornarla. È giusto inserirla, ma non è una novità. Per me, avrebbe già dovuto essere fatta tre legislature fa.
  Mi domando se siano emerse cose in queste nostre visite che rendono necessario, invece, un pensiero ulteriore, che vada oltre. Vorrei un capitolo in cui la premessa dicesse che bisognerebbe già avere delle cose, che cosa poi avviene e che cosa sarebbe utile. Non sono in grado, ma visto che c'è chi sta seguendo il tema sicurezza e altro, forse potrebbe essere interessante fare una cosa di questo tipo.

  MILENA SANTERINI. Intervengo su alcuni punti. Relativamente alla costituzione della cabina di regia, anch'io sono d'accordo a non creare una sovrapposizione con qualcosa di completamente nuovo. È troppo facile. Purtroppo, dobbiamo fare effettivamente la fatica di vedere quali novità porterebbe una cabina di regia, cioè dove sono i punti di non coordinamento o di mancato coordinamento tra diverse istanze. Noi abbiamo un Paese diviso, istanze di carattere nazionale, regionale, comunale e così via. Su questo chiederei che si faccia un collegamento con quello che abbiamo messo nella parte sociale, che anche nel linguaggio abbiamo definito agenzia sociale. A seconda di come esprimeremo il punto della cabina di regia, ovviamente cambieremo la parte dedicata a questo sul sociale o la inseriremo nella cabina di regia più complessiva, per non fare anche qui sovrapposizioni tra i diversi pezzi, cioè mettiamo cabina di regia in generale e poi mettiamo agenzia sociale di sviluppo nella parte sociale. Cerchiamo di farle coincidere. Raccomando, quando si stilerà questo punto, o di comprendere all'interno di Pag. 8questo punto anche l'idea di sviluppare delle agenzie sociali o dire che dovranno avere un ruolo anche di tipo sociale.
  Molto importante è il punto 8). Chiederei di dedicare esplicitamente un punto agli spazi del sociale nelle periferie. Abbiamo una richiesta unanime di convertire aree abbandonate e darle a canone agevolato a chi fa associazione, di farle riutilizzare, di facilitare la presenza di quelle risorse dinamiche attive nelle periferie. Partirei da qui, possibilmente dando riferimenti particolari di comuni e città che hanno fatto già una politica attiva in questo senso e definendo questo punto «aprire spazi sociali, facilitare l'uso di spazi sociali nelle periferie, agevolare un pagamento del canone, modalità per utilizzare aree abbandonate». È emerso a Napoli, a Genova, a Milano. All'interno di questo mettiamo, però, anche delle limitazioni, come questa sulle associazioni culturali che di fatto fanno altro. Parlo di spazi sociali in periferia per le associazioni, per le cooperative, per quello che sarà. È molto importante. Ci aspettiamo che estraiamo già nella parte «abitare» qualcosa su questo.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Scusami se ti interrompo, ma come si intreccia con la legge sul Terzo settore? Potrebbe essere anche interessante dire...

  MILENA SANTERINI. Giusto. Aveva proposto qualcosa anche Retake. Io l'avevo messo nel sociale, ma come citazione di Retake. A questo punto 8), quindi, bisogna lavorare un po’, perché è un po’ nuovo, secondo me molto importante.
  Quanto ai rom, secondo me non c'è da sposare né una visione buonista né una «cattivista». Semplicemente, l'attuazione della Strategia nazionale di inclusione dei rom, che ricordo è stata approvata perché siamo sanzionati dall'Unione europea, sostanzialmente coincide con il superamento dei campi. Stiamo parlando di superamento dei campi. Stiamo parlando di includere. La proposta del testo è molto banale. Da una parte, è di de-etnicizzare, che vuol dire che i rom sono in gran parte italiani, che anche quelli non italiani sono da decenni qui. Stiamo parlando di trattare i bambini come bambini, che devono andare a scuola, le donne come donne. Inserirei, ma sicuramente ci sono già, i patti sociali. Una strategia di inclusione non è una strategia di assistenzialismo, ma una strategia per dare e ricevere, che vuol dire patti. Ricordo che abbiamo fatto i patti di legalità nei campi rom quindici anni fa a Milano, e li abbiamo chiamati patti di legalità, quindi mi spingo oltre alcuni colleghi. Vuol dire che si dà una possibilità di inclusione e si chiedono i diritti e i doveri di tutti i cittadini. Va benissimo magari mettere più in evidenza il discorso dei patti sociali.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Non so se i patti di legalità a Milano abbiano funzionato o meno, all'apparenza no. È una questione complicatissima. Ho già raccontato che abbiamo fatto con la Comunità di Sant'Egidio un accordo per inserire i rom nelle case di cooperativa, ed è un problema, un problema di convivenza.

  MILENA SANTERINI. È andata benissimo.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Gandolfi raccontava che a Reggio Emilia hanno fatto piccoli campi rom, e ad esempio proprio i rom sinti non vogliono andare in appartamento, perché sono vecchi giostrai.

  MILENA SANTERINI. Daniela, posso finire?

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Sarebbe interessante, perché ribadiamo che l'iniziativa va bene, ma in realtà non succede nulla.

  MILENA SANTERINI. No, un momento. Quella che hai citato è una delle esperienze pilota sperimentali più positive che esistano, così cominciamo un attimo a mettere a fuoco i problemi. Non ci sono stati problemi di integrazione dei rom in casa. Il problema è superare quell'ostacolo psicologico-politico per cui non gliela devi dare Pag. 9sennò gli altri cittadini dicono male. Una volta che hanno la casa, sono cittadini come tutti gli altri, e sono esperienze totalmente positive. Totalmente. Dobbiamo superare l'ostacolo politico del dire che si sta dando la casa ai rom, perché ci diranno che non la diamo agli italiani. Peccato che in gran parte siano italiani e in gran parte siano persone con un reddito basso, a cui dobbiamo, se hanno cinque figli, dare la casa come a tutti gli altri. Allora, attenzione, perché su questo non dobbiamo cedere alle sirene del discorso che non si può parlare dei rom se no si pensa che si fanno discriminazioni a sfavore degli italiani, assolutamente no. Quello che stiamo facendo per gli italiani, per i cittadini, è eliminare questi bubboni periferici e integrare le persone, mandare i figli a scuola, curarli. Su questo, scusate, ma la Commissione non può cedere a strumentalizzazioni politiche.

  LAURA CASTELLI. La domanda è: che cosa fai con quelli che non vogliono il patto sociale?

  MILENA SANTERINI. Non ci sono persone che non vogliono il patto sociale. Quello che si dimostra nel pezzo, se lo leggete, è che non abbiamo speso mai i fondi europei che avevamo per i rom. Le amministrazioni non spendono. Il vero problema è che non integrano.

  ROBERTO MORASSUT. Hai una tabella su questo?

  MILENA SANTERINI. Possiamo crearla. Il problema vero è che non si investe in integrazione. Sfatiamo questo mito. Il superamento dei campi è un dovere civico, ed è un dovere per i cittadini. Vogliamo veramente fare bene ai cittadini? Eliminiamo questi bubboni, scusate. Dobbiamo lavorare in questo senso e spendere. Le amministrazioni non hanno il coraggio di farlo.
  Cito positivamente il piano della Raggi sul superamento dei campi. Non è nuovo, purtroppo, perché l'hanno detto tutti i sindaci da vent'anni a questa parte, ma il problema è che ci vuole un forte lavoro di accompagnamento.
  È lo stesso discorso del REI. Non possiamo dare dei soldi. Dobbiamo accompagnare all'autonomia, e quindi ci vuole un lavoro lungo, lento. Vuol dire entrare nei campi, da persone che non hanno titolo di studio, che hanno in molti casi anche una cultura effettivamente un po’ da esclusi, quindi da gente che non si fida. Perché dovrebbero fidarsi se anche i bambini, quando vanno a mendicare, vengono picchiati? Scusate, perché dovrebbero fidarsi? C'è un gioco di esclusione continua, noi verso loro, loro verso noi. Si è creato un conflitto sociale veramente indegno del XXI secolo. Dobbiamo guardare ai rom non come a nemici o come a un oggetto di strumentalizzazione politica, cioè a quelli che ci danno la possibilità di scatenare la folla in periferia – diciamola tutta, scusate – al capro espiatorio del malumore sociale. Dobbiamo guardarli come persone che effettivamente hanno comportamenti illegali, mendicità, roghi tossici, quello che volete, su cui lo Stato deve avere un progetto di inclusione. Punto. Non c'è altro da dire se non questo, e bisogna avere il coraggio politico di farlo e di non usarli. Va benissimo il patto sociale. Va benissimo il patto di legalità. Certo che lo dovranno usare. Chi non rispetta la legalità, non avrà la casa, ma questo è normale, è nel patto che la Costituzione prevede per tutti i cittadini. In altre parole, trattiamo i rom come cittadini qualsiasi, con i loro diritti e i loro doveri.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Posso fare una proposta? Siccome tu hai dichiarato, e lo capisco, che comunque non succede nulla nonostante i fondi, allora che cosa potremmo fare e dire? Mi veniva in mente mentre tu parlavi che, siccome tutti questi sono nelle città metropolitane, in prevalenza, e siccome è stato istituito il Comitato metropolitano sui decreti Minniti, potrebbe essere interessante – valutiamolo – indicare sindaco metropolitano e prefetto come chi deve assumere questo tema, che è un tema sociale, di sicurezza, che richiede un ragionamento Pag. 10sui servizi con quelle risorse. E si devono fare garanti, se no non succederà nulla.

  MILENA SANTERINI. Non lo fanno. Ho capito, ma noi stiamo dando anche degli alibi politici. Chi tocca i rom, muore. I sindaci non lo fanno. Hanno paura di essere criticati dagli altri cittadini, e invece bisogna essere così lungimiranti da sapere che, quando si superano i campi e si opta per strategie di inclusione, è nell'interesse di tutti i cittadini. Dobbiamo essere onesti, se no diciamo bugie. Possiamo fare anche un discorso specificando che siano tavoli cui siedano i prefetti, ma ci sono già. Rispondo a Daniela: diamo un'idea più storica di come i processi si svolgono. A Milano la situazione è molto migliorata. Diciamolo. È la strada giusta. Mi dici che avete messo i rom nelle case cooperative: dimmi un problema che ne sia nato, uno.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Tutti gli abitanti attorno.

  MILENA SANTERINI. Ma non è vero, ma come idea.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Non ha funzionato.

  MILENA SANTERINI. Certo! Questo, però, si chiama razzismo preventivo. Sono persone come tutte le altre. Stiamo scherzando? Penso che, detta così, Laura, la condividiamo tutti.
  Forse converrebbe mettere insieme il 7) e il 12), se no li dettagliamo troppo. Per il tema polizia locale conviene un punto solo, ma è un suggerimento estetico.

  PRESIDENTE. Intervengo non come presidente, ma come commissario.
  È un'occasione di discussione, questa. Forse è la parte più delicata e più importante del lavoro che facciamo come commissari. Sull'analisi possiamo essere tutti d'accordo. L'obiettivo di queste tre o quattro cartelle che stiamo predisponendo è quello di lasciare una sorta di eredità al prossimo Governo e al Parlamento, una sorta di banca di proposte, che possono poi tradursi in interventi legislativi o in pratiche, da tradursi in azioni di governo. Vorrei intervenire in modo specifico soltanto su alcuni punti, dando per scontato che quelli su cui non intervengo sono condivisi o non ho le competenze per svilupparli ulteriormente.
  Sulla costituzione della cabina di regia si gioca, secondo me, una delle carte più importanti relativamente alla capacità operativa delle istituzioni democratiche di questo Paese di intervenire sul tema delle periferie. Nel nostro Paese, quando non si vuole fare una cosa, si fa un comitato di coordinamento non riconosciuto. Abbiamo tantissimi luoghi o presso la Presidenza del Consiglio o il coordinamento delle città metropolitane. Poi, di fatto, su quanto questi luoghi di coordinamento abbiano avuto la capacità di intervenire in modo pratico, efficace, sui temi che cambiano la vita ai cittadini, non dal mio punto di vista, ma da quello che abbiamo percepito in alcune periferie, il risultato è zero. Quello della cabina di regia è, secondo me, un tema che andrebbe declinato sotto forma di agenzia, sotto forma di ministero o sotto forma di ufficio di progetto incardinato presso la Presidenza del Consiglio. Deve esserci, secondo me, uno strumento forte e riconoscibile, con poteri di delega molto forti.
  Ho pensato in questi giorni a quali fossero le questioni che a noi sono state sottoposte. C'è il tema della sicurezza, sicuramente; il tema della qualità dei trasporti; il tema della «monnezza», dello stato dell'igiene e della pulizia dei quartieri; il tema della manutenzione del patrimonio pubblico-privato. Un po’ sullo sfondo c'è il tema della scuola, che però è sullo sfondo perché oggi ci sono pochi giovani. Paradossalmente, dal punto di vista demografico è un tema che emerge poco perché i giovani, soprattutto quelli in età scolare, hanno poca voce, anche perché sono pochi. I temi, sostanzialmente, sono questi. A me è rimasta impressa una cosa che ci diceva la ministra Fedeli fuori microfono quando l'abbiamo incontrata. Non so se c'eri anche tu, Roberto.

  ROBERTO MORASSUT. Sì.

Pag. 11

  PRESIDENTE. Prima dell'audizione, Fedeli diceva che tutti i ministeri bene o male hanno deleghe, competenze e denaro che vanno nella direzione di intervenire su problemi che attengono alla vita delle periferie, ma di fatto i soldi vengono spesi male e vengono spesi troppo.
  La mia convinzione è che una cabina di regia serva anche per ottimizzare la spesa pubblica, cioè per renderla più qualitativa, più efficace. Questo è il primo punto su cui andrei sicuramente a incidere in maniera un po’ più forte.
  Sulla questione della stabilizzazione dei bandi del «piano Marshall» non ho un'idea, ma vorrei lanciare delle provocazioni di discussione alla Commissione. Il primo tema è quello della perimetrazione delle aree. Sto facendo una riflessione di questo tipo: che si possa in futuro agire come si è agito con la legge 488 sulle aree economicamente depresse. Siccome i fondi, per quanti siano, sono sempre pochi, dovremmo utilizzare la strumentazione che ci ha dato l'Istat, che è a disposizione, sicuramente insieme ad altre componenti di carattere oggettivo, perché questo piano Marshall che auspichiamo che il Governo possa adottare nei prossimi dieci anni venga localizzato. Ho una mia idea, che posso anche capire non sia condivisa o condivisibile, ma per esempio mi concentrerei sulle grandi aree metropolitane, che sono un motore di sviluppo economico, sociale. Quella di Cosenza – ne parlavo l'altro giorno col sindaco – è una periferia problematica. Ci sono stati interventi importanti. Sto parlando della periferia di una città che fa 70-80.000 abitanti, che ha avuto interventi di riqualificazione della periferia. Lì c'è una periferia problematica, ma la mia impressione è che, se vogliamo veramente cambiare il volto del Paese, dobbiamo agire sui nuclei urbani più importanti dal punto di vista numerico, che sono quelli delle città e delle città metropolitane. Venezia è una città piccola di per sé, che complessivamente conta 270.000 abitanti, ma se si considera l'area metropolitana è un nucleo abitativo di un milione di abitanti, significativo, tant'è vero che quello forse è stato l'unico escamotage per farla rientrare nell'OCSE. Quando è venuta l'OCSE, si sono messi a ridere quando abbiamo chiesto di inserire Venezia tra le città che entravano nel loro circuito di interventi. Dal punto di vista numerico, non rappresenta un agglomerato urbano di popolazione interessante a livello mondiale. Abbiamo raccontato che si arrivava fino a Chioggia e a Portogruaro. Abbiamo raccontato questa bugia, ma di fatto l'area metropolitana oggi, anche dal punto di vista legale, quella che conosco, è di un milione di abitanti. Le città metropolitane sono di dimensioni urbane mediamente superiori al milione. Una delle mie idee, ma provoco sapendo di provocare, è: delimitazione fisica su criteri oggettivi delle aree problematiche come ambito di intervento e, possibilmente, concentrazione sulle aree urbane più importanti del Paese.
  Il terzo punto è provare a dare un'indicazione forte sul bando, che abbia una dinamica di coprogettazione in cui possano intervenire, alla stregua di quello che fanno i fondi europei, con il cofinanziamento, con la partecipazione, anche le realtà associative con una dimensione operativa all'interno di queste aree delimitate. Provoco. Si può pensare ai contratti di quartiere o a quello che abbiamo visto ad Altobello o in altre zone.

  ROBERTO MORASSUT. L'avete citato nel lavoro su Venezia?

  PRESIDENTE. Sì, l'abbiamo citato. Roberto e io abbiamo visto un contratto di quartiere che ha consentito di riqualificare l'area più malfamata della città, che però mi dicono che ha riguardato anche altre città, è una legge nazionale. Quello è un modello interessante: fondi pubblici, ruolo dell'amministrazione comunale, fondi locali e ruoli dei cittadini, privati, comitati, organizzati o meno, nell'indicazione delle attività da realizzare.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. C'è il ruolo della città metropolitana, legge 56. Se non c'è quello, quello che tu stai auspicando, che condivido...

Pag. 12

  PRESIDENTE. Mi piacerebbe dibatterlo. Ho quest'idea delle città metropolitane, ma anche parlando all'interno del mio partito, tanto per essere molto chiari, qualcuno dice di no, perché bisogna dare i soldi a tutte le città, possibilmente anche ai comuni piccoli, però dobbiamo metterci d'accordo su questo.
  Quanto alla legge organica su Erp ed Ers, secondo me la relazione finale dovrebbe dire qualcosa di molto forte sul tema delle occupazioni abusive. Abbiamo appurato che gli strumenti legislativi per liberare un immobile ci sono tutti, ma di fatto, se si occupa un immobile, non si riesce a liberarlo. Bisogna capire qual è l'inghippo, non so se a livello di raccomandazione.

  ROBERTO MORASSUT. Purtroppo, il reato è stato depenalizzato tre anni fa.

  PRESIDENTE. Esatto. O si reintroduce il reato o c'è un patto tra le forze dell'ordine, la procura, le istituzioni locali e gli Ater per cui si agisce immediatamente quando si ha notizia di un'occupazione dell'immobile e si rende in disponibilità in un tempo limite. Quelli che abbiamo sentito in Commissione, che arrivano anche a 48 mesi, sono tempi assolutamente...

  ROBERTO MORASSUT. Possiamo sollevare il tema di riflettere sull'efficacia...

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. L'ho già scritto e verrà meglio specificato. In realtà, il problema è tutto gestionale. Nelle case popolari, specialmente quelle gestite da Ater, Aler e altri, non sanno neanche chi hanno. È chiaro che, se avessero una gestione, un presidio di gestione, lo saprebbero in 48 ore e li butterebbero fuori. C'è già nel tema casa. Se vuoi, lo mettiamo nell'elenco lungo, ma nel tema casa questo c'è.

  PRESIDENTE. Lo espliciterei in modo forte. L'informatizzazione, per esempio, e avere l'elenco.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Lì proporremo che ci sia una valutazione sui direttori. Ho scoperto che le regioni, o almeno la mia, che conosco bene, fa le valutazioni sui dirigenti sanitari, ma non sui dirigenti delle società, neanche dell'Aler. È assurdo. Gestioni incomprensibili.

  PRESIDENTE. Penserei a dieci righe in cui esplicitiamo le questioni. Peraltro, sulla questione delle occupazioni abusive nell'analisi della Commissione abbiamo riscontrato che ci sono due tipi di occupazione: lo «sfigato» con due figli, senza capacità di reddito, che non ha avuto la risposta dall'amministrazione comunale, che a un certo punto sfonda la porta, va dentro e si risolve il problema abitativo; in un'altra parte abbondante delle occupazioni abusive c'è un numero molto grande di nuclei familiari gestiti da organizzazioni criminali o da organizzazioni non criminali, che fanno entrare questi nelle case abusive e poi ne riscuotono per nome e conto dell'Ater gli incassi, come per Ostia. Se, però, si ha una norma che consente di liberare subito l'appartamento occupato, si rompe anche il circuito criminale, che a quel punto non è efficace. Lo espliciterei.
  Sempre sulla questione delle case popolari, c'è un tema di cui ho parlato con Laura, ma emerso anche in audizione a Torino con la Appendino: come utilizzare il patrimonio degli NPL residenziali delle banche in sofferenza. Oggi, la gran parte dei crediti incagliati è relativa al valore immobiliare. È il classico appartamento che la banca oggi ha a perizia a 100.000 euro, che ha fatto le tre aste, che va a 30.000 euro, e non si riesce a vendere. Bisognerebbe capire se, attraverso l'intervento della Cassa depositi e prestiti o di un altro modello di finanza, che può essere finalizzato al sistema del rent to buy, cioè all'affitto e al riscatto finale, si può creare un soggetto pubblico-privato che possa acquistare questo stock enorme di patrimonio immobiliare privato, che elimina anche il tema del consumo del suolo. I costruttori delle cooperative ci ammazzano, ma potrebbe essere un'idea.

Pag. 13

  ROBERTO MORASSUT. Sono gli asset che sono nelle banche?

  PRESIDENTE. Sì. Oggi, le sofferenze delle banche italiane sono dovute a questo stock di immobili.
  Chiaramente, non può riguardare un immobile occupato da un nucleo familiare con un disabile, con un minore, magari esecutato, ma ci può essere il classico caso di una palazzina di cui la banca ha venduto tre appartamenti, e magari ce ne sono altri dieci o dodici che non sono stati venduti e hanno perso il valore patrimoniale iniziale a cui la banca li aveva iscritti in seconda ipoteca. Oggi, quindi, c'è la possibilità, con un soggetto che abbia capacità finanziaria (fondi privati o fondi pubblici), di acquistare questo stock immobiliare a sconto, avere un prezzo d'acquisto molto basso, e poi utilizzare il sistema di ricollocazione di questi immobili attraverso strumenti nuovi, come quello dell'affitto a riscatto, del rent to buy. Ne avevamo parlato, era venuto fuori anche a Torino. Sono tutti argomenti di discussione. Parliamone. Se è una cosa intelligente, magari non in modo definito, ma come titolo, come linea di direzione, possiamo utilizzarla... È stato un fallimento, perché sei o sette anni fa non si comprava a sconto. Oggi, il vantaggio è che, se si chiede a una piccola banca di credito cooperativo di aprire i bilanci, di dire quanti appartamenti ha, li vende al 30 per cento del valore a cui sono iscritte le ipoteche. E si salvano le banche.
  Sulla questione della riforma del codice penale per i reati urbani, nel dettaglio la proposta era quella di attribuire la facoltà al giudice penale di pace di intervenire per direttissima su una serie di microreati urbani, che però andrebbero ridefiniti. Si potrebbe utilizzare anche il sistema della cella di sicurezza, la cauzione o un'ammenda. La dettagliamo. Anche su questo so che possono esserci visioni differenti, ma è anche un modo per dare più strumenti anche alle forze dell'ordine.
  Quanto alla questione rom, va benissimo la strategia 2020 di integrazione, ma alla base di tutto c'è la questione di riannodare il patto sociale, e lo si fa solo con il ripristino della legalità: azzeramento della dispersione scolastica e fine della catena criminale ed economica legata ai roghi, di cui i rom sono coprotagonisti oggi in Italia insieme agli italiani. Questa è la mia opinione... Va bene, sono l'anello basso, ma sono coprotagonisti di una catena criminale.

  MILENA SANTERINI. C'è anche il riciclaggio, lo spaccio, ma sono l'anello basso... Io ho parlato di patti di legalità.

  PRESIDENTE. Su questo vorrei essere chiaro. Sono uno che, anche per storia personale, non ha mai avuto pregiudizi sulla questione rom. Mi sono venuti frequentando i campi – devo dire la verità – ma non sono pregiudizi. È la constatazione che c'è una situazione di illegalità oggi non più tollerabile, come non sono più tollerabili altre situazioni di illegalità in Italia, ad esempio quella delle occupazioni abusive di cui abbiamo parlato prima. Sono situazioni esplosive nelle dimensioni delle periferie.
  Su questo penso che la relazione debba chiedere un intervento forte da parte dello Stato e delle forze dell'ordine perché si crei un ambiente ostile agli atti di criminalità. Su questo ho avuto tempo fa una discussione informale con due amici magistrati, due presidenti di tribunale, e mi hanno raccontato una teoria molto interessante: se c'è un patto tra istituzioni, procura e Ministero dell'interno e si crea un ambiente «ostile», il numero di reati o la propensione all'illegalità diminuisce. È chiaro che, se le forze dell'ordine dicono di non avere la dotazione di organico, il comune dice che non sa che fare, che non sa come spendere i soldi, la procura dice che non apre un ulteriore fascicolo perché ne ha già le stanze piene, alla fine il problema resta lì e diventa esplosivo. Se non mettiamo mano al fenomeno dei roghi tossici, qualcuno che «mena» qualcun altro verrà fuori sicuramente. Questo è quello che abbiamo percepito. Poi è sempre sbagliato che ci sia un fallo di reazione, ma le condizioni Pag. 14perché oggi avvenga un fallo di reazione le abbiamo viste e toccate con mano, quindi non possiamo girarci dall'altra parte e dire che non si deve intervenire. Accanto a questo va benissimo tutta la strategia di integrazione, ma ci deve essere anche una presa di posizione molto forte sul tema della legalità.
  Ultima questione è il tema dell'economia urbana. Lì abbiamo due strade, e una è quella del modello Palermo: facciamo fare l'evasione fiscale ai piccoli negozi di vicinato... Alleggerisco un po’, perché era venuta fuori quella battuta. Individuare modelli di decontribuzione perché siano sostenibili le attività di vicinato nelle aree di periferia che delimitiamo, potrebbe essere secondo me molto interessante. Una delle cose che abbiamo visto è che la percezione di insicurezza e i fenomeni di illegalità emergono contestualmente a un moto di spopolamento delle attività economiche. Se non ci sono più attività economiche legali, queste vengono soppiantate dall'economia illegale. Bisogna capire quali strumenti, anche dal punto di vista fiscale, abbiamo per sostenere e favorire i piccoli negozi di vicinato. Tra le idee che proponevo c'erano misure economiche di sostegno per l'acquisto di sistemi di sorveglianza e videosorveglianza dei negozi, telecamere o sistemi di allarme. Capisco che aprire un negozio di vicinato a Torino non è la stessa cosa che aprirlo a Napoli, a Roma o a Palermo.

  MARCO MICCOLI. Intervengo su pochissimi punti, perché condivido la scaletta. Mi pare di capire che i temi siano quelli. La scaletta include quelli che sono stati oggetto non solo della discussione, ma anche del lavoro complessivamente svolto dalla Commissione. Mi soffermo su due punti, quelli che più mi riguardano essendo membro del gruppo sul sociale.
  Sulla vicenda rom dobbiamo fare una sorta di patto tra noi. Sarà un argomento scottante. Oggi, qui non sono presenti altri componenti della Commissione che hanno posizioni – parlo per me – molto diverse dalle mie. Dobbiamo fare una sorta di patto. Dal capitolo sui rom non possiamo scappare. Sarebbe paradossale che la Commissione periferie non affrontasse quel tema con un capitolo. È un capitolo molto complicato da scrivere – condivido quello che diceva la collega Santerini – ma penso anche che dobbiamo uscire con un impianto su cui siamo tutti d'accordo. Siccome ho sentito che su alcune cose siamo d'accordo, sono per esaltare quelle e poi per citare quelle che magari più ci possono dividere.
  I punti che fanno stare insieme, che abbiamo analizzato, sono il legare insieme appunto l'inclusione e la legalità. Non possiamo scappare dal legame di questi due aspetti. Quello che rassicura i cittadini, in questo caso, è il fatto che l'inclusione stia insieme alla legalità. Dobbiamo, secondo me, operare dentro quel confine, sapendo bene che il tema che spaventa, su cui si cavalcano le paure, è quello di certi concentrati nei luoghi in cui si vive. I grandi campi rom hanno determinato quella frattura tra i cittadini, gli abitanti, anche per le pratiche che dentro quei campi venivano effettuate. Sulla vicenda dei roghi sono d'accordo con Santerini. I roghi sono l'anello finale di un'economia di sistema che si crea. A capo di quest'economia di sistema non ci sono i rom. Basterebbe interrompere quel fenomeno in alto per interrompere i roghi. Il tema è di volontà politica e di intervento. È anche vero, però, che dobbiamo gestire questa fase. Sono d'accordo che il punto sia quello della strategia del 2020, e quindi dell'impianto presente nella 173 del 2011 della Commissione europea, da cui non possiamo scappare, ma è anche vero che lì si deve fare un percorso per arrivare a quei risultati. Poi se si tratterà del 2020 o del 2021, lo vedremo.
  La verità è però che abbiamo quest'obbligo, sostanzialmente di gestione, di capire come si sviluppa il tema dell'inclusione. Credo che potrebbe essere una distribuzione territoriale su un vasto territorio del Paese senza un concentrato numericamente forte di collocazioni in appartamenti in un contesto di residenza pubblica. In nessun quartiere ci sarebbe nessuna rivolta se ci fosse una ricollocazione minima di abitazioni per ricollocare Pag. 15i rom. Quello dei campi, però, è un tema che ci troveremo ad affrontare.
  Quello che abbiamo visto, almeno a Roma e in altre città, è che un campo determina condizioni di tensione quando non è governato. Abbiamo esperienze a Roma, e Roberto si ricorderà, la collega Santerini ancora di più, che sul campo di via Candoni, a Magliana, in un contesto anche difficile, si raggiunsero risultati importanti su scolarizzazione, attività all'interno del campo, carte d'identità emesse per tutti i componenti del campo. Fu un'esperienza che aveva non dico cancellato, ma ci è mancato poco, le tensioni in quel quadrante difficile. Stiamo parlando di Magliana. Che cos'è successo a Candoni? Quando c'è stata l'idea di semplificare la vicenda – successe al Casilino, uno dei più grandi campi di Roma, mi pare il più grande – si decise lo sgombero senza soluzione. Molti di quelli del Casilino piombarono a Candoni, la situazione esplose e vanificammo quell'esperienza. Credo che dobbiamo averlo presente.
  Non è impossibile governare le situazioni. Penso che dentro quest'alveo troveremo la soluzione per superare la vicenda. Il mix tra inclusione, ricollocazione in appartamenti pubblici, gestione di quello che rimane, il fatto che ci sia una tempistica – non si fa dall'oggi al domani, ma si costruisce dentro un percorso – ci può aiutare a trovare la soluzione, che è parallela al tema delle occupazioni, e mi riferisco alla vicenda sollevata dal presidente Causin. Ho ascoltato con attenzione. Quello delle occupazioni abusive è un tema che dobbiamo affrontare. Molto verte sulle periferie, e non solo, anche su altre zone delle città. Anche lì, però, abbiamo assistito a due fenomeni, che lui ha citato, che vanno analizzati. C'è un'occupazione dettata dalle necessità, che non va criminalizzata, ma risolta; c'è il tema per cui, come in ogni ambito, arrivano i criminali. La vicenda di Ostia con gli Spada è quella. La giornalista di Repubblica, Federica Angeli, sta sotto scorta per aver denunciato questo mercato. A Ostia gli Spada facevano proprio questo, occupavano e rivendevano gli appartamenti.
  L'altro giorno, discutevamo a Corviale e mi è capitato di ascoltare, tra i racconti, che lì c'è una famiglia di origini cingalesi che pensava di essere proprietaria di un appartamento avendo pagato 20.000 euro a un tipo che distribuiva gli appartamenti. È chiaro che abbiamo da gestire la criminalità che organizza, ma poi abbiamo la famiglia che ha pensato di comprare l'appartamento, che è stata oggetto di una truffa. Pensare di colpire le organizzazioni del malaffare senza risolvere il problema di chi dentro quella rete è caduto, e quindi pensare di risolvere senza dare certe risposte, ci porta – faccio l'esempio magro – a via Curtatone. Sgomberare via Curtatone senza avere una soluzione a disposizione ha portato a quello che abbiamo visto. Il tema dell'abusivismo, e quindi anche dell'illegalità, che poi si trasforma anche in malaffare, va risolto anche come questione di ordine sociale, che non possiamo eludere. Abbiamo l'esperienza della delibera della regione Lazio, che destinava una parte di fondi per risolvere anche il problema delle occupazioni. Stanziava i primi 40 milioni per i comuni, che a Roma ahimè non sono stati spesi, perché fossero spesi anche sul tema delle occupazioni, e quindi per la ricollocazione di famiglie che erano state costrette a occupare. Prenderei in esame quella delibera per possibili soluzioni. Essa sconfigge il malaffare e la criminalità che si inseriscono dentro la vicenda.

  ROBERTO MORASSUT. Non credo siano necessarie delle conclusioni. Si tratta solo di capire come procedere. Se siamo d'accordo, di mattina presto, alle 8.30, possiamo vederci prima dell'Assemblea per aggiornare la scaletta con il contributo della discussione di oggi. Poi possiamo passare alla fase redazionale, magari affidandola a un gruppo di lavoro che scrive, così alla prossima riunione avremo un testo. È una proposta di metodo.

  PRESIDENTE. Direi di sì. Se politicamente si vuole chiudere la discussione, i Pag. 16colleghi hanno bisogno di un testo da emendare.

  ROBERTO MORASSUT. Così il 30 possiamo sottoporre sia la relazione sia una traccia.

  PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi e dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 12.35.