XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 230 di Martedì 7 novembre 2017

INDICE

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

(Così rimane stabilito). ... 3 

Audizione del presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane, Gaetano Manfredi:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Manfredi Gaetano , presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane ... 3 
Bindi Rosy , Presidente ... 7 
Zaccaria Anna Maria , docente di sociologia del territorio presso l'Università degli studi di Napoli Federico II ... 7 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Gaetti Luigi  ... 10 
Piccolo Salvatore (PD)  ... 10 
Manfredi Gaetano , presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 11

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI

  La seduta inizia alle 14.50.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione in diretta streaming e sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane, Gaetano Manfredi, accompagnato dalla professoressa Anna Maria Zaccaria, docente di sociologia del territorio presso l'università degli studi di Napoli Federico II.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane, Gaetano Manfredi, rettore dell'università degli studi di Napoli Federico II, accompagnato dalla professoressa Anna Maria Zaccaria, docente di sociologia del territorio presso l'università degli studi di Napoli Federico II.
  L'audizione è dedicata a un'illustrazione delle risultanze del lavoro promosso dalla CRUI in sede di attuazione del protocollo d'intesa con la Commissione parlamentare antimafia, concordato in occasione degli incontri con i rettori dei principali atenei italiani, effettuati nel 2015-2016, per riflettere sul ruolo e sul contributo delle università italiane nel contrasto alle mafie.
  Nel ringraziarlo per la sua presenza e per tutta la collaborazione di questi anni, cedo pertanto la parola al professor Manfredi.

  GAETANO MANFREDI, presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane. Grazie signora presidente Bindi, onorevoli componenti della Commissione parlamentare antimafia, desidero innanzitutto ringraziarvi per l'opportunità di poter illustrare in questa sede le risultanze del lavoro avviato dalla Conferenza dei rettori delle università italiane dopo gli incontri che la Commissione parlamentare antimafia ha promosso con i colleghi rettori degli atenei italiani, prima a Cosenza nel 2015, poi a Milano nel 2016, allo scopo di riflettere sul ruolo che il mondo accademico può svolgere nel contrasto alle organizzazioni e alla cultura mafiosa.
  A seguito di questi incontri, è stata elaborata per la prima volta una comune piattaforma istituzionale, formalizzata nell'ambito di un protocollo d'intesa tra Conferenza dei rettori e Commissione antimafia. Il protocollo d'intesa prevede che i due organismi delineino obiettivi strategici comuni e sviluppino progetti lungo quattro linee di intervento, caratterizzanti il contributo che le università possono fornire nel contrasto alla cultura e ai poteri mafiosi: la ricerca, la didattica, la formazione specialistica e la divulgazione e la promozione della cultura della legalità.
  Le attività connesse dovranno valorizzare l'interdisciplinarietà degli approcci, le reti interuniversitarie di ricerca e le Pag. 4ricadute della ricerca in termini di policy e di supporto all'attività normativa.
  Fra gli obiettivi comuni che ci si è posti ricordiamo i seguenti, segnalando anche i risultati sinora raggiunti e i prossimi obiettivi che a breve ci impegniamo a conseguire. Il primo obiettivo riguarda la formazione specialistica. Mi pregio di segnalare il primo sforzo congiunto compiuto dalla Commissione antimafia e dall'università italiana, che ha condotto all'istituzione del dottorato di ricerca interdisciplinare Studi sulla criminalità organizzata presso l'università degli studi di Milano, il cui responsabile è il professor Nando Dalla Chiesa.
  Il dottorato è giunto già al secondo ciclo, il primo ciclo ha avuto un successo importante, con molti partecipanti anche di notevole qualità. Questo dottorato interuniversitario ha sede amministrativa a Milano, ma vi partecipano diversi atenei italiani sia del nord che del centro che del sud, quindi è una proposta corale di tutto il sistema universitario.
  Il secondo obiettivo è l'individuazione di importanti tematiche di interesse della Commissione antimafia, da approfondire attraverso un approccio scientifico interdisciplinare. Anche in questo caso mi pregio di segnalare un progetto di ricerca condiviso e cofinanziato dalla Commissione e dall'università Federico II, il cui titolo è Area grigia e ordini e collegi professionali. Criticità e prospettive di riforma per un nuovo ruolo delle università italiane.
  Il progetto di ricerca è in corso ed è sviluppato da studiosi e da esperti del settore, tra cui anche magistrati, che fanno capo al Laboratorio interdisciplinare di ricerche su mafia e corruzione, che opera nel dipartimento di Scienze sociali dell'università di Napoli Federico II, il cui responsabile è il professor Stefano D'Alfonso, che è qui presente.
  Auspichiamo che a stretto giro altri progetti di ricerca vengano avviati e, pur nella piena autonomia di ricerca garantita ad ogni studioso, si possano individuare tematiche di comune interesse anche a partire dalle criticità che emergono nelle attività di inchiesta della Commissione. Ci siamo già confrontati con la presidente in relazione a varie iniziative già in corso in Italia e si pensava di affrontare temi come quello dei comuni sciolti per mafia, del rapporto tra mafia e corruzione, tra mafia, appalti ed economia, temi di grande rilevanza che saranno curati da altre università distribuite sul territorio nazionale.
  Come si è avuto modo di evidenziare dal confronto costante con la presidente Bindi, si ritiene che si debba valutare la possibilità di impegnare gli atenei considerando le maggiori criticità che sono emerse nei vari territori. In tal senso si segnala che la CRUI e la Commissione hanno sin dall'inizio espresso la necessità di avere una fotografia dettagliata delle ricerche scientifiche sinora pubblicate o in corso in Italia in tema di lotta alle mafie e temi connessi.
  In risposta a queste esigenze è stata prevista nell'accordo un'anagrafe della ricerca su questi temi. A breve la CRUI provvederà alla somministrazione dei questionari e alla successiva condivisione dei risultati con la Commissione (su questo stiamo già lavorando).
  In ultimo, il protocollo d'intesa prevede la creazione di un'anagrafe della didattica, al fine di avere un quadro completo sugli insegnamenti in particolare nei corsi di laurea, nei master universitari, nelle scuole di specializzazione, nei corsi seminariali e nelle attività convegnistiche. Questo per avere un quadro complessivo dell'attività svolta in Italia e diffondere best practices da un'università all'altra.
  Questa attività è stata completata e in questa sede ne illustreremo i risultati molto interessanti anche con spunti di riflessione. La professoressa Zaccaria alla fine del mio intervento illustrerà rapidamente questi risultati.
  Preliminarmente all'illustrazione dei risultati che farà la professoressa Zaccaria, vorrei fare una riflessione di carattere più ampio. La finalità di questa attività è stata proprio quella di creare una vera e propria anagrafe della didattica sul tema delle mafie, che si fondi su una sistematizzazione degli ambiti di insegnamento, Pag. 5su una loro valorizzazione all'interno delle discipline alte della cultura e della dignità accademica e della promozione delle eccellenze nella formazione, con riferimento sia alla formazione di base che alla formazione specialistica.
  In alcune parti del Paese, in particolare al Meridione, l'università, nonostante la difficoltà degli atenei, rappresenta per i giovani una delle principali opportunità formative di crescita civile e professionale, quindi le strutture universitarie finiscono per diventare – a volte involontariamente – un presidio di legalità sul territorio e un possibile antidoto ai mali endemici che affliggono da troppo tempo il nostro Paese.
  Abbiamo perciò apprezzato e condiviso sin dall'avvio del confronto l'iniziativa politica della presidente Bindi di voler portare il tema dell'antimafia e del contrasto ai poteri mafiosi al di fuori degli ambiti tradizionali, confinati per comodità professionale o a volte per pigrizia intellettuale nel recinto della sola attività repressiva della magistratura e delle forze di polizia, attività obbligata e meritoria, e di farne invece oggetto di un tema più alto e più vasto, portando all'attenzione della cultura, della scienza e dell'alta formazione nazionale tutte queste tematiche.
  Ritengo infatti che il mondo dell'università, almeno in termini strutturali, di sistema, al netto delle tante e pur lodevoli attività delle singole sedi, abbia rivelato in passato una minore prontezza in questa forma di mobilitazione civile e di promozione dei percorsi di educazione alla legalità, soprattutto a fronte delle numerose iniziative promosse dal MIUR nell'ambito della scuola. Basti citare, a mero titolo esemplificativo, la giornata che da quindici anni coinvolge migliaia di studenti nel ricordo di Giovanni Falcone a conclusione dell'anno scolastico, ogni 23 maggio, diventata ormai una data simbolo del riscatto civile, molto più che di valenza politica, che riecheggia quasi la data simbolo del riscatto nazionale del 24 maggio di oltre cento anni fa.
  A questo proposito desidero sottolineare che la Conferenza dei rettori da due anni ha aderito a questa giornata, quindi partecipiamo come università italiane a questa iniziativa.
  In qualità di rettore di una grande università del sud e di presidente della Conferenza dei rettori, che riunisce le massime dignità accademiche del sistema universitario italiano, ritengo pertanto che occorra muoversi nell'ottica di un unico percorso formativo lineare, che in armonia con lo spirito della Costituzione accompagni l'educazione alla legalità e ai sentimenti di giustizia nelle sue numerose declinazioni, dall'insegnamento scolastico fino ai gradi più alti degli studi e dell'istruzione universitaria, e in tutte le istituzioni di alta cultura del nostro Paese.
  Da questo punto di vista, prima di entrare nel merito delle attività della CRUI che descriverà la professoressa Zaccaria, mi sia consentito fare una breve premessa, che al contempo è un'ispirazione e anche un'aspirazione che nutro come rettore della università degli studi di Napoli Federico II, ormai prossima a celebrare tra pochissimi anni gli otto secoli dalla sua fondazione.
  Da uomo di scienza e di tecnica ritengo infatti che occorra una riflessione preliminare sull'idea stessa di legalità formale e sostanziale, e sul significato di un termine molto utilizzato dalla politica, spesso abusato dalla burocrazia, spesso malinteso e trascurato alla prova dei fatti dalla cosiddetta «società civile» e dagli attori della vita sociale ed economica, tanto più in un periodo così complesso della nostra vita repubblicana.
  Per questo mi piace ricordare (mi consentirete questa piccola divagazione) che quasi 240 anni fa un grande illuminista napoletano, Gaetano Filangieri, dava alle stampe la sua celebre Scienza della legislazione, con cui si diedero per la prima volta le coordinate filosofiche per l'organizzazione delle società su base razionale e per l'individuazione della legislazione come materia di elaborazione scientifica, ispirata ai valori universali dell'illuminismo.
  Quell'opera ha reso Filangieri, sulla scorta dell'insegnamento di Giambattista Pag. 6Vico, un altro illustre docente del nostro ateneo, uno dei più grandi filosofi della politica di sempre. Essa fu considerata sin dalla sua uscita, nel 1780, un capolavoro tradotto in tutta Europa, che ispirò Benjamin Franklin e gli altri padri fondatori della Costituzione degli Stati Uniti d'America nel 1787.
  Due secoli e mezzo dopo la Scienza della legislazione, occorre forse pensare oggi a una rinnovata scienza della legalità, con cui rifondare le basi dell'organizzazione sociale in chiave di doveri attivi di cooperazione all'interno di tutti i rapporti civili, etico-sociali, economici e politici, soprattutto al di qua del confine di ciò che è lecito o – peggio – penalmente rilevante.
  Occorre ripensare al rapporto tra l'individuo e lo Stato e la sua autorità, ma anche con i corpi intermedi e con le formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità rifondando e allargando la nozione di patto sociale, per includervi organicamente anche le responsabilità sociali di fonte diversa da quella legislativa e, in caso di violazioni, le conseguenti sanzioni non solo penalistico-civili quanto soprattutto pubbliche e di carattere reputazionale e di perdita di opportunità.
  In quest'ottica in ambito formativo universitario penso specialmente ai codici di condotta e ai codici etici per i discenti, ma anche per i docenti, a una funzione dell'ente per prevenire e sanzionare malcostume e degrado, che pure esistono, ma il discorso può facilmente estendersi ai settori politici e amministrativi, come ad esempio i vari protocolli di legalità, i codici etici di autoregolamentazione, per arrivare in ambito pubblico e costituzionale fino a confrontarsi con la stessa idea di legislazione e di legge nel suo significato storico e nel suo valore attuale, nell'epoca della produzione normativa multilivello, nazionale, sovranazionale e internazionale.
  Dall'età dei diritti, che ha segnato la seconda metà del XX secolo, oggi bisogna forse entrare in una nuova età dei doveri, in cui l'educazione alla responsabilità sia parte integrante dei programmi di tutte le agenzie formative e, quindi, soprattutto del sistema di istruzione scolastico e ancora di più del sistema universitario, che forma i professionisti e la classe dirigente del Paese.
  Sono lieto di poterne parlare in questa sede parlamentare, che è la sede per eccellenza della legislazione e anche della sua tecnica, quasi un'ingegnerizzazione del problema, ma restando sempre convinto dell'importanza che venga la filosofia in soccorso dei Governi, come scriveva Gaetano Filangieri nella sua opera, un intero libro dedicato alle leggi che riguardano l'educazione, i costumi e l'istruzione pubblica.
  In esso Filangieri annota: «passando finalmente dai costumi all'istruzione pubblica, l'esperienza è quella che mi fa vedere nelle moderne società europee l'istruzione e i lumi diminuire i tristi effetti della corruzione», quindi già 250 anni fa si pensava che l'aspetto formativo fosse determinante per combattere queste piaghe.
  Se la lotta alla corruzione civile, morale ed economica si fonda anche sull'istruzione, l'università non può che fare la propria parte e non intende assolutamente sottrarsi a questa funzione pubblica. In tale prospettiva, entrando nel merito del lavoro della CRUI, le direttrici di intervento individuate sono state tre: la didattica, la formazione specialistica e la ricerca. Ora parleremo di didattica.
  In conclusione, nel ringraziarvi ulteriormente, auspico che nella prossima legge istitutiva della Commissione antimafia sia valorizzato il rapporto di supporto istituzionale, che istituzionalizza la relazione tra gruppi e centri di ricerca con la Commissione stessa, per fornire supporto alla sua attività.
  Le prime esperienze che abbiamo svolto in questi tre anni sono state estremamente positive, c'è stata grande partecipazione di docenti e discenti, con molti giovani ricercatori che hanno trovato opportunità importanti di ricerca in un settore strategico per il futuro del nostro Paese e della nostra società. Grazie.

Pag. 7

  PRESIDENTE. Grazie a lei, magnifico rettore, poi avremo modo di interloquire con la sua bella introduzione. Ascoltiamo i dati che sono non meno importanti, grazie.

  ANNA MARIA ZACCARIA, docente di sociologia del territorio presso l'Università degli studi di Napoli Federico II. Questi dati e le elaborazioni grafiche che vedremo sono il risultato di questa rilevazione della CRUI, quindi sono prodotti dall'ufficio statistica della CRUI.
  Noi li abbiamo analizzati come dati di un'esperienza pilota perché, come possiamo vedere dalla nota metodologica, il questionario somministrato on line è stato sottoposto a una compilazione di tipo spontaneo, quindi non tutti i soggetti interessati hanno probabilmente risposto alla compilazione del questionario che, come accennava il rettore, riguarda tre dimensioni principali: quella della didattica, gli insegnamenti, la presenza di strutture dedicate all'interno degli atenei e l'attività di divulgazione.
  Gli atenei interessati dalla rilevazione sono stati in totale 81, 61 hanno risposto, ma soltanto 57 hanno risposto in maniera positiva ad almeno una sezione, quindi i dati di cui parleremo sono i dati forniti da questi 57 atenei e la situazione restituita è quella relativa all'anno accademico 2015-2016. Questo vuol dire che, probabilmente, atenei o soggetti o strutture di ateneo che si sono occupati di queste attività o hanno tenuto insegnamenti in passato, per esempio negli anni ottanta o novanta, e poi hanno smesso, presumibilmente non hanno compilato questo questionario.
  La rilevazione di tipo spontaneo ha quindi oscurato situazioni che forse avrebbero aggiunto elementi di positività a questa ricerca.
  Questo dunque è il totale delle segnalazioni ricevute. Per quanto riguarda le strutture dedicate e ulteriori strutture, sono 43 in tutto, 13 corsi di insegnamento specialistici sul tema della legalità, più altri insegnamenti affini, e una grande produzione di eventi e di attività, quindi 57 atenei hanno segnalato 627 dati relativi a insegnamenti, a presenza di strutture o ad attività di divulgazione.
  Questo è un dato interessante, perché ci dice che lo sviluppo delle strutture dedicate è esponenziale negli anni, ma soprattutto è accelerato a partire dal 2010 fino ad oggi, perché il maggior numero di centri e di strutture creati su questi temi si concentra nell'arco temporale 2011-2016. Questo trend ci dice che c'è una maturazione di interesse scientifico, ma anche di impegno scientifico e didattico degli atenei su questi temi.
  Entrando più nel dettaglio della distribuzione delle attività e delle strutture, vediamo che queste si concentrano soprattutto al nord e vedono come protagonisti soprattutto gli atenei di grandi dimensioni o di dimensioni maggiori, i mega atenei. Soprattutto al nord vediamo che la presenza di mega atenei concentra un gran numero di attività su questo tema, ma sono significative anche le attività prodotte e le strutture dedicate al sud, un po’ meno al centro. L'elemento della presenza di un grande o di un mega ateneo facilita quindi la produzione di strutture e di attività dedicate.
  La distribuzione geografica delle attività è coerente con il dato che abbiamo visto prima: si concentrano soprattutto in Lombardia, ce ne sono molte anche in Campania, nel Lazio e poi a scendere. Ovviamente questo non significa che le altre regioni non siano interessate a questo tipo di intervento o di creazione di attività, ma semplicemente che in questi atenei ci sono degli attrattori più forti, che dipendono dalla dimensione dell'ateneo, ma anche dalla presenza di gruppi di ricerca costituitisi negli anni, quindi di poli leader che trainano la programmazione didattica degli atenei su queste attività.
  Questo dato si comprende meglio se viene considerato in relazione alla composizione e ai caratteri degli atenei presenti nelle regioni, e diventa ancora più significativo se il numero degli studenti è maggiore oppure se l'ateneo ha sedi dislocate sul territorio, quindi un'analisi più approfondita potrebbe rendere ancora più Pag. 8efficace l'informazione fornita da questo dato.
  Oltre a queste variabili strutturali, altre variabili possono entrare in gioco per darci una misura più coerente e significativa del contributo degli atenei su questo piano, come la ricaduta sul territorio, cioè la ricaduta esterna. La forza di un ateneo nel produrre questo tipo di attività dipende quindi anche dal rapporto con il tessuto economico locale, con il tessuto culturale locale, dimensione su cui torneremo.
  Entrando nel merito dell'offerta formativa, come si accennava prima, l'unico corso di dottorato di ricerca è quello dell'università di Milano, ma nove atenei hanno interi corsi di formazione specialistica dedicati a questo tema e poi abbiamo due corsi di alta formazione e molti master, cioè in proporzione i master di secondo livello sono abbastanza diffusi, e questo anche geograficamente su tutto il territorio.
  Un altro elemento interessante è che 24 atenei da soli offrono complessivamente 65 insegnamenti che affrontano il tema da vari punti di vista, dal punto di vista storico, dal punto di vista giuridico, dal punto di vista dei rapporti internazionali, quindi una dimensione veramente multidisciplinare che, probabilmente, se sviluppata in maniera più coordinata, potrebbe riuscire a coprire con maggiore profondità questi ambiti e a dedicarsi anche ad altre dimensioni che interessano il tema.
  Quali sono i corsi coinvolti, altro dato interessante? Come vedete, la maggioranza dei corsi di studio coinvolti sono corsi di laurea magistrale e triennale, dato molto importante perché vuol dire che in questi corsi si copre una popolazione di studenti abbastanza ampia, quindi si fa un grosso lavoro di informazione, formazione e sensibilizzazione su questi temi.
  Meno sviluppata è invece l'istituzione di corsi di formazione alta, che creano skills, specializzazioni, studiosi maturi ed esperti su questo tema. Questo è un elemento su cui si potrebbe lavorare, ma si vede bene la funzione degli atenei in termini di sensibilizzazione e divulgazione del tema soprattutto ai giovani, che sono il riferimento principale.
  Un altro dato degno di nota riguarda l'impegno delle varie aree disciplinari che, come vedete, è abbastanza ben distribuito. Sebbene la lotta alla criminalità e la promozione della legalità abbiano una matrice giuridica importante, questo dato ci dice che questo tema è stato sdoganato ed è diventato un tema politico, culturale, sociale, economico, psicologico, antropologico, e la possibilità di affrontarlo da più punti di vista, ovviamente, diventa un elemento produttivo non solo dal punto di vista dell'orientamento delle misure di contrasto, ma anche dal punto di vista dello studio, degli approfondimenti scientifico-disciplinari e quindi della conoscenza del fenomeno.
  Venendo alle attività, su questo la produzione degli atenei che hanno risposto è veramente molto varia e molto articolata. L'attività prevalente è quella seminariale, che copre il 37 per cento degli eventi e delle attività. Il fattore debole è rappresentato dalle attività o dagli eventi che coinvolgono il territorio in maniera diretta, quindi, ferma restando la fonte del dato che potrebbe essere parziale, sul fronte divulgativo e dell'impatto esterno bisognerebbe lavorare di più.
  Un altro dato interessante che è emerso, che non ho presentato perché non ho avuto il tempo di lavorare con interesse, su cui aggiungo soltanto una nota, è che sono ricorrenti le figure di esperti che partecipano a queste attività, cioè uno stesso esperto si ritrova spesso in tutte le attività. Non so se questo sia un fattore di forza o di debolezza, però, come dice la presidente, su questo forse bisognerebbe... C'è una lista di partecipanti molto lunga, però le ultime posizioni registrano una o due presenze, quindi su quello forse bisognerebbe lavorare di più.
  Alle elaborazioni fornite dalla CRUI abbiamo aggiunto due nostre, che ci sembrano interessanti, fatte all'ultimo momento, cioè che network si crea intorno a questo tipo di attività, quali sono gli enti o Pag. 9le istituzioni che collaborano più spesso con gli atenei in queste attività o nei corsi di insegnamento, innanzitutto il tessuto associativo perché si tratta soprattutto di associazioni dedicate, ma è interessante anche il dato che riguarda le università ed evidenzia forme di collaborazione e di interazione tra gli atenei che hanno risposto, che è un elemento positivo, e poi le regioni che spesso entrano con partnership non sempre economiche, ma collaborano alla redazione e al sostegno di alcuni progetti.
  Ovviamente sono pochi gli enti e le istituzioni esterne che sostengono economicamente la struttura o l'evento, il che da un lato si legge come dato positivo perché gli atenei comunque fanno anche senza un supporto economico consistente. In questo quadro vediamo che ci sono soprattutto regioni e fondazioni, e che l'autofinanziamento delle università è registrato in pari misura a quello di organismi politici o nazionali (si tratta probabilmente di progetti cofinanziati o qualcosa del genere).
  Questo è un dato interessante dal punto di vista sociologico, perché ci racconta qualcosa su cui forse varrebbe la pena di lavorare di più, che è l'impatto esterno delle attività degli atenei su questo tema, l'impatto esterno che vuol dire coinvolgimento del territorio dal punto di vista non solo degli interessi organizzati, ma anche degli enti locali e dei vari livelli di governo.
  Dico questo perché questo studio pilota ha restituito una serie di dati interessanti su cui si può lavorare, e, come diceva prima il rettore, merita una messa a sistema, che procede attraverso una rilevazione più puntuale, magari campionaria o ruotata, che ci dia la possibilità di monitorare le attività dei vari atenei e di mettere a sistema e far incrociare le attività, per individuare buone pratiche da diffondere o da replicare sul piano della didattica, ma anche della ricerca scientifica.
  Ci sembra importante cercare di capire sia l'impatto interno di queste attività, sia l'impatto esterno, intendendo con impatto interno cosa produce in termini di formazione di studiosi, per esempio si potrebbe contare il numero di tesi di laurea su questi temi o il numero di progetti di ricerca (questo è stato già avviato), il numero di studenti che proseguono nell'alta formazione su questi temi, che potrebbero essere indicatori di impatto interno.
  Per quanto riguarda l'impatto esterno, un indicatore potrebbe essere la stessa rete, lo stesso network che gli atenei sono capaci di creare intorno a queste attività, che ovviamente più è esteso in termini di dimensioni e di attori partecipanti, più presumibilmente può misurare un impatto anche esterno sul territorio, sul piano non solo economico, ma anche sociale e culturale, delle attività degli atenei per la legalità. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Io credo che aver dedicato una buona parte delle nostre energie in questa legislatura, come Commissione, a stabilire un rapporto con le università italiane e a fare la nostra parte perché si avviasse una collaborazione che ritengo non si possa limitare a questi anni, ma possa avere una continuità, ascoltando sia il rettore che l'illustrazione dei dati da parte della professoressa Zaccaria, ci conferma che non è stata un'energia sprecata, ma ha dato i suoi frutti, abbiamo intercettato un percorso che nelle università italiane in questi anni si è incrementato, abbiamo contribuito ad alimentarlo e ad incrementarlo.
  Siccome nella nostra relazione finale ci sarà una parte che potremmo definire «le consegne date al futuro», sicuramente recepiremo, magnifico rettore, le sue indicazioni, che tutti noi condividiamo, perché il nostro obiettivo è che questo tema così importante per la vita del nostro Paese non sia affidato alla buona volontà di qualche rettore, di qualche professore o dei nomi che ritornano a conclusione di tutti i seminari, ma debba diventare un elemento strutturale della formazione di base e della formazione specialistica delle università italiane.
  Questo è il nostro obiettivo e credo che su queste basi, che ci sono state illustrate oggi, ci siano tutte le condizioni perché questo possa avvenire, grazie anche al rettore Manfredi per la collaborazione di questi anni. Pag. 10
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire.

  LUIGI GAETTI. Grazie. Io, più che una domanda, volevo fare una riflessione, nel senso che stiamo audendo come Comitato i responsabili dei vari ordini professionali (commercialisti e avvocati, prossimamente medici ed altri), ed è emerso, soprattutto audendo i responsabili degli avvocati, che molti figli di mafiosi e soprattutto ’ndranghetisti stanno frequentando l'università per acquisire informazioni in giurisprudenza, medicina o farmacia. A Milano numerose farmacie sono state comprate da questo gruppo, e abbiamo visto il problema dei medici dell'ASL di Pavia.
  Questo è un problema importante, perché i figli dei mafiosi acquisiscono professionalità delle quali purtroppo non viene fatto buon uso, ma vengono utilizzate dal sistema per crescere.
  Questo voleva essere motivo di riflessione, quindi, visto che si fa divulgazione e insegnamento, sto interloquendo anche con persone della Chiesa per finanziare uno studio e ragionare su un patto economico della mafia, soprattutto della ’ndrangheta, nel mantovano, patto che ha fatto fallire molte ditte, cercando indicatori precisi in quanto credo molto nella possibilità di avere collaborazioni esterne.
  La mia riflessione riguarda quindi questi professionisti che, sapendo sempre di più, creeranno il problema di riuscire ad isolarli. Grazie.

  SALVATORE PICCOLO. Ho una domanda brevissima. Conosco bene l'impegno serio e le iniziative che il rettore Manfredi ha svolto su questa tematica, ma mi ha colpito che, su 81 atenei interessati, il 30 per cento non abbia risposto, quindi vorrei chiedere al rettore un giudizio su questo aspetto. È immaginabile che queste università distratte o indifferenti alla tematica insistano su parti del territorio nazionale dove l'incidenza, la visibilità e la presenza delle mafie è meno sentita? È un dato statistico possibile da leggere?

  GAETANO MANFREDI, presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane. In questa mancata risposta si combinano due aspetti diversi, nel senso che da un lato bisogna considerare che nel sistema CRUI, che raccoglie tutte le università pubbliche e private d'Italia, esistono anche alcuni atenei molto specialistici (i politecnici, ma anche tante piccole università private, come il Foro Italico a Roma che fa solo sport), quindi il tema non è centrale rispetto a tutte le competenze.
  La cosa che più si nota rispetto alla sua osservazione è che c'è una certa influenza geografica, nel senso che sicuramente c'è una presenza massiccia del sud, c'è una grande presenza del nord, dove la consapevolezza del peso della criminalità organizzata è molto forte, indipendentemente dal fatto che geograficamente è più un fenomeno del sud che del nord, anche se poi nei fatti non è più così, mentre nelle aree centrali probabilmente c'è una minore sensibilità, perché c'è una minore percezione dell'importanza del fenomeno.
  Come la professoressa Zaccaria ha sottolineato, in genere i motivi per cui un'università si attiva in questi settori derivano da una tradizione di ricerca, ossia da gruppi di ricerca che studiano questo fenomeno, o da attività di terza missione, quindi di rapporto con l'esterno, che sono molto sollecitate dal territorio. Se, quindi, nel territorio non c'è una grandissima sensibilità, questo non è di stimolo per l'università per fare un'attività del genere, che non è tradizionale, anche se ormai i grandi fronti di sfida dell'università italiana e mondiale sono proprio questi temi complessi, che sono fortemente interdisciplinari.
  In merito all'osservazione del vicepresidente Gaetti, la ’ndrangheta ha una sua particolarità perché investe molto sulla formazione dei figli, cosa che non avviene nella camorra campana, dove invece c'è molta subcultura, però, essendo l'università una istituzione democratica (almeno è quello in cui noi crediamo), nella democrazia gli strumenti di conoscenza possono essere utilizzati a fin di bene o a fin di male, quindi il nostro lavoro è cercare di rafforzare il comportamento etico delle persone e garantire una salvaguardia sociale, nel senso che, oltre al fatto repressivo, il problema Pag. 11 reputazionale è molto importante e, soprattutto nel rapporto con i professionisti, è estremamente determinante.
  Il lavoro che si sta facendo a Napoli insieme agli ordini professionali mira quindi ad isolare all'interno degli ordini comportamenti deviati, operazione non semplice, anzi molto difficile.

  PRESIDENTE. Ringrazio il magnifico rettore Manfredi, c'è ancora qualche mese per mettere a punto linee di ricerca, magari coinvolgendo anche altri atenei.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.