XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito

Resoconto stenografico



Seduta n. 98 di Mercoledì 18 ottobre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 2 

Audizione del professor Stefano Silvestri, igienista del lavoro presso ISPO:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 2 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 2 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 3 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 3 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 4 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 4 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 4 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 4 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 4 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 4 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 4 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 4 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 4 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 5 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 5 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 5 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 5 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 5 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 5 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 5 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 5 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 6 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 6 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 6 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 6 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 7 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 7 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 7 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 7 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 8 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 8 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 9 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 9 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 9 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 14 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 14 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 14 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 14 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 14 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 14 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 14 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 15 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 15 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 15 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 15 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 15 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 15 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 15 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15 
Lacquaniti Luigi (MDP)  ... 15 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 16 
Lacquaniti Luigi (MDP)  ... 16 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 16 
Lacquaniti Luigi (MDP)  ... 16 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 16 
Lacquaniti Luigi (MDP)  ... 16 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 16 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 16 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 16 
Silvestri Stefano , Igienista del lavoro presso ISPO ... 16 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIAN PIERO SCANU

  La seduta comincia alle 14.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione diretta attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e diretta streaming sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati. Non essendovi obiezioni, ne dispongo l'attivazione.

Audizione del professor Stefano Silvestri, igienista del lavoro presso ISPO.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca del professor Stefano Silvestri, igienista del lavoro presso ISPO, ora in pensione. Le do il benvenuto e la ringrazio, oltre che a titolo personale, naturalmente anche a nome dei colleghi e degli altri consulenti oltre che degli uffici.
  Il dottor Silvestri interviene nell'ambito degli approfondimenti che la Commissione sta conducendo sul tema della sicurezza sul lavoro dei dipendenti della Difesa, con particolare riguardo alla prevenzione oncologica.
  Prima di dargli la parola, ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera, e che, ove necessario, su sua eventuale richiesta, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
  Grazie ancora per la sua disponibilità, siamo contenti che con immediatezza abbia voluto accogliere il nostro invito. Le chiederei la cortesia di fare alla Commissione una sua breve presentazione e poi magari di iniziare a commentare le diapositive, per la cui visione ci siamo già organizzati.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Buonasera a tutti. Ho accolto con piacere l'invito a partecipare a questa audizione. Vengo da Firenze, ho operato nella mia vita lavorativa sempre nella città di Firenze per quanto riguarda il lavoro stabile alle dipendenze del Sistema sanitario nazionale.
  Dai primi anni ’90 ho comunque svolto anche attività libero professionale in consulenze tecniche per Procure della Repubblica in tutta Italia e anche perizie per i giudici, sempre in ambito di indagini su malattie professionali, quindi contratte durante il lavoro.
  La mia attività lavorativa è iniziata a Firenze nel 1973-1974, all'allora nascente Servizio di medicina del lavoro, dove ho operato per circa vent'anni occupandomi sempre di igiene del lavoro, di valutazioni e di interventi di prevenzione sempre in luoghi di lavoro.
  Dal 1983, dopo che venne alla ribalta il problema dell'amianto nelle Ferrovie dello Stato, mi sono occupato molto di questo fattore di rischio, effettuando sia indagini, sia sopralluoghi, sia interventi di prevenzione, che anche campionamenti ed analisi di fibre aerodisperse, mediante microscopia ottica prima e microscopia elettronica dopo, presso l'Anatomia patologica di Firenze, dove ho partecipato a un progetto di ricerca sulla ricerca delle fibre minerali nel tessuto polmonare di persone decedute per malattie correlate con l'esposizione all'amianto.
  Nel 1994 sono passato all'Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica, che è un istituto di ricerca della Regione Toscana, dove mi sono occupato a tempo pieno della registrazione e della ricostruzione della storia lavorativa di casi che Pag. 3erano affetti da mesotelioma, il tumore causato in gran parte dei casi dalla pregressa esposizione all'amianto.
  In realtà, questo lavoro di valutazione dell'esposizione l'avevo già iniziato nel 1988, quando in Toscana è nato il primo Registro regionale dei mesoteliomi maligni.

  PRESIDENTE. Il primo in Italia?

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Il primo in Italia. Durante questa attività ho analizzato per l'Istituto di Firenze circa 2.000 casi di mesotelioma e per il resto d'Italia potrei tranquillamente dire forse un altro migliaio o anche di più. Questo sempre riguardo alla ricostruzione dell'esposizione in base alle storie di lavoro.
  Lo stesso ho fatto quando ho fornito delle consulenze tecniche in ambito di magistratura non soltanto in Toscana, ma in particolare fuori della Toscana, dal Piemonte alla Sicilia.

  PRESIDENTE. Grazie, dottore, ci sta confermando quanto già sapevamo, cioè quanto sia ampia e consolidata la sua esperienza, oltre che la sua preparazione.
  Come le è ben noto, noi ci occupiamo delle patologie alle quali si espongono o sono stati esposti coloro che servono il Paese nell'ambito delle Forze armate. È tristemente nota la presenza nel passato (vedremo se disgraziatamente ci dovessero essere riferimenti anche al presente) di ingenti quantità di amianto nelle navi che la nostra Marina militare utilizzava, quindi le sarei grato se volesse restringere la trattazione dell'argomento nello specifico a questo tipo di spaccato che noi vorremmo approfondire.
  Ci dica tutto quello che può dirci relativamente alla presenza di amianto in ambito militare, al tipo di trattamento che storicamente è stato riservato al personale, alle evoluzioni che ci auguriamo ci siano state sia nella prevenzione che nella cura, e soprattutto per noi è importante conoscere, grazie alla sua esperienza, quali lei ritiene siano le lacune e le criticità da affrontare e da superare. Prego.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Il primo in Italia. Durante la registrazione dei casi di mesotelioma mi sono imbattuto varie volte in casi che avevano lavorato o fatto semplicemente il servizio militare nei vari ambiti dell'Esercito.
  La Marina occupa un posto a parte, perché già conoscevamo il tipo di isolamento termico e acustico e dal fuoco di cui necessitano le navi in generale. Più difficile è stata l'individuazione dell'esposizione per altri tipi di militari, in quanto non abbiamo prove scientifiche della presenza di amianto nei mezzi militari, quindi non siamo mai riusciti ad avere relazioni e l'unico documento che ho trovato, documento ovviamente a posteriori, che non descrive esattamente quale tipo di bonifica sia stata fatta, è un documento acquisito durante l'indagine sulla Marina militare commissionata dalla Procura di Torino, in cui si fa presente che presso l'Arsenale militare di Augusta sono stati bonificati i motori di 250 carri armati.
  Questo è un documento, però non viene specificato che tipo di bonifica sia stata fatta, né che tipo di materiale contenente amianto fosse presente all'interno di questi motori. Potevano essere anche semplicemente delle guarnizioni della testa, che non hanno mai spolverato, se non il meccanico che andava a rimuovere la testata per rifare il motore, quindi non chi occupava il carrarmato.
  La definizione dell'esposizione di militari non marinai è stata quindi sempre problematica, salvo per quei casi in cui sono state raccolte le informazioni direttamente dal caso, però mai comprovate da documentazione e da prove scientifiche che la presenza dell'amianto ci fosse effettivamente.

  PRESIDENTE. Scusi, se la posso interrompere, mi aiuterebbe. Mi sembra un po’ originale che non siano state individuate o meglio non siano emerse delle prove scientifiche riguardo alla presenza dell'amianto nei carri armati, visto che immagino che lo Stato Maggiore abbia disposto la bonifica di 250 motori, quindi dinamicamente cosa è accaduto, che lo Stato Maggiore si è reso Pag. 4conto che c'era l'amianto e, in conseguenza di ciò, responsabilmente ha disposto la bonifica?

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Esatto.

  PRESIDENTE. Quindi siamo comunque di fronte ad un'evidenza scientifica e ad una presenza oggettiva.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Difatti è quello che ho detto: l'unico documento comprovante la presenza dell'amianto è quello acquisito ed è agli atti presso la Procura di Torino.

  PRESIDENTE. Bene, grazie.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Negli allegati alla prima consulenza che io ho consegnato. In ambito navale la questione invece è stata diversa, anche perché le navi sono state costruite in cantieri che non costruivano soltanto navi militari, quindi a seconda delle commissioni, alcuni cantieri più indirizzati alla costruzione di navi militari, altri che invece incidentalmente si trovavano a costruire dei mezzi navali, cosa accaduta per esempio a Monfalcone, dove si fanno navi commerciali, adesso soltanto navi da crociera, ma durante gli anni ’70 e ’80 hanno prodotto sommergibili, perché avevano la tecnologia per poter addirittura intervenire su questo tipo di mezzi, che è una tecnologia completamente diversa da quella disponibile invece in altri cantieri, dove si costruiscono le navi.
  Uno dei cantieri che ha prodotto varie navi militari, compresa la Vespucci, è stato il cantiere navale di Castellammare di Stabia, dove sono state prodotte anche navi importanti a cavallo tra il 1800 e il 1900, dove veniva utilizzato un coibente senza amianto, prodotto in Italia da una ditta presente in Piemonte, che si chiamava martinite. Presso la Biblioteca comunale di Torino è conservato un opuscolo della ditta Martiny che descrive molto bene questo tipo di materiale, che era un materiale contenente lana di roccia, con la lista delle navi che ormai ovviamente non esistono più, che erano state coibentate con questo tipo di materiale.
  Se quindi questo tipo di coibente fosse stato sviluppato e avesse avuto dei rappresentanti ...

  PRESIDENTE. Un impiego più diffuso.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Più importanti di quelli dell'amianto perché la Martiny non era una multinazionale, forse si sarebbero risparmiate migliaia di vite, e non soltanto in Italia, però purtroppo chi vendeva l'amianto ha vinto, tant'è vero che poi la Martiny circa trent'anni fa ha chiuso.

  PRESIDENTE. Scusi se salto, ma la sua presenza ci offre un'opportunità molto importante. Per quelle che sono le mie modeste conoscenze mi pare che negli Stati Uniti d'America si sia avuta contezza della pericolosità (per usare un eufemismo) dell'amianto intorno agli anni ’20 e che però di fatto nel nostro Paese questa contezza, questa sensibilità sia arrivata molti decenni dopo.
  Per la sua esperienza e la sua conoscenza ci può dire, anche alla luce di atti normativi che sono stati assunti, adottati, di procedimenti pubblici che sono stati avviati, più o meno a quando può risalire la piena presa di coscienza dei tragici danni provocati dall'amianto nel nostro Paese?

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. È un mondo un po’ variegato, perché dipende anche dal tipo di patologia. Le prime asbestosi sono state diagnosticate alla fine del 1800, e ai primi del 1900 anche qui in Italia ci fu addirittura un processo.
  L'asbestosi è una malattia più simile alla ben nota silicosi, che insorge in coloro che hanno respirato ingenti quantità di polveri contenenti fibre di amianto e per un lungo tempo, quindi è una malattia fortemente dose-correlata, anche se poi gli studi hanno dimostrato che tutte le patologie da amianto sono dose-correlate, ma comunque l'asbestosi è fortunatamente oggi qui da noi una malattia del passato, perché quelle esposizioni Pag. 5 così pesanti si realizzavano quando non si prendeva alcun provvedimento per il contenimento della polvere, né tantomeno l'indossare delle semplici maschere.
  L'asbestosi, poi il tumore del polmone alla metà degli anni ’30, il mesotelioma nel 1960 e, come traduzione dalla comunità scientifica alla conoscenza che non poteva essere ignorata, il 1965, quindi sono già ormai diversi anni.
  L'amianto è un materiale stupendo da un punto di vista tecnologico e aveva un altro pregio, quello di essere molto diffuso e di costare poco, quindi le resistenze per passare ad altri tipi di materiali sono state notevoli, nascondendo anche in alcuni casi (si parla di grandi gruppi, grandi vertici) i rischi derivanti dall'inalazione di fibre di amianto. La stessa cosa non si può imputare a un artigiano saldatore, che utilizzava cartoni d'amianto per non sciupare la parete su cui saldava.

  PRESIDENTE. Se la conoscenza diffusa risale agli anni ’60, secondo lei i cantieri nei quali si costruivano navi militari hanno interrotto negli anni ’60 di utilizzare l'amianto, oppure...?

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. No.

  PRESIDENTE. Ci dica questo.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. No, diciamo che i primi provvedimenti (questo è diffuso un po’ in tutti i cantieri di quella che oggi è la Fincantieri, che ha riunito tutti i grossi cantieri navali di costruzione di natanti in ferro)... fino al 1973 la spruzzatura dell'amianto, che è una delle operazioni durante l'allestimento della nave più rischiose per coloro che l'hanno fatta e coloro che erano lì vicino, veniva effettuata durante il normale orario di lavoro, quindi, se la ditta, che era solitamente in appalto e che spruzzava l'amianto, stava spruzzando, altri lavoratori del cantiere...

  PRESIDENTE. ...respiravano l'amianto.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Avevano un'esposizione cosiddetta «indiretta», ma, siccome le navi sono ambienti angusti e difficilmente avevano un ricambio d'aria efficace, gli altri erano esposti.
  Questa spruzzatura veniva di solito effettuata con l'amianto di anfibolo, solitamente amianto blu, che è il più pericoloso tra tutti gli amianti. Se mi aveste chiesto la stessa cosa trent'anni fa, probabilmente vi avrei detto che tutti gli amianti sono uguali, ma oggi, dopo vari studi, possiamo dire che gli amianti non sono uguali e che l'amianto blu è sicuramente il più pericoloso.
  Il secondo è l'amianto cosiddetto «marrone», brown asbestos, e il terzo è il crisotilo, l'amianto bianco, che veniva prodotto anche in Italia, che, pur non essendo aria fresca, era un amianto che dal punto di vista del mesotelioma ha una pericolosità inferiore, pur non escludendo che anche il crisotilo sia un agente mesoteliomatogeno, perché hanno contratto mesotelioma anche coloro che sono stati esposti solo ed esclusivamente a crisotilo, molto meno di coloro che sono stati esposti all'amianto blu.
  Nelle navi di solito veniva utilizzato l'amianto blu a spruzzo. Questo amianto spruzzato sulle pareti tagliafuoco, quindi intorno all'apparato motore, veniva poi rivestito con cartoni di amianto oppure con un intonaco di cemento-amianto per dargli stabilità meccanica. Questo intonaco di cemento-amianto nel cantiere navale di Marghera ad esempio veniva poi nella sala macchine forato con fori di 8 millimetri ogni 5 centimetri a maglia, perché così facendo aumentava il fonoassorbimento del rumore del motore.

  PRESIDENTE. E quindi questo produceva...

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Naturalmente. Questo però durante la fase di costruzione della nave. Durante l'utilizzo delle navi in generale, quindi militari e commerciali, vi erano gli interventi di manutenzione, perché una nave non può fare manutenzione soltanto quando è in cantiere o soltanto quando è in Pag. 6disarmo, perché durante la navigazione spesso c'è necessità di intervenire.
  Questi tipi di interventi sono quelli... oltre a vivere in ambienti poco ventilati, in una struttura di metallo che comunque ha delle vibrazioni e che quindi può mobilizzare parte del coibente anche durante il normale uso, senza andare a disturbarlo meccanicamente, quindi coloro che hanno frequentato mezzi navali sono stati soprattutto a rischio di contrarre delle patologie asbesto correlate.
  Diciamo che un marinaio di coperta, cioè colui che non effettua interventi diretti di manutenzione, ha un'esposizione superiore a quella della popolazione generale, ma non un'esposizione da asbestosi. Con questo non è escluso che negli anni il rischio di esposizione si possa essere tramutato in rischio di malattia.

  PRESIDENTE. Lei, dottore, ha avuto contezza di casi di mesotelioma occorsi a persone che lavoravano nella Marina militare o nell'Esercito?

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Sì.

  PRESIDENTE. Ce ne può parlare?

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Sì, certo. Qui ho portato una tabella, perché credo che le storie di lavoro di tutti noi siano molto variegate, così come lo sono anche coloro che hanno fatto il militare nella Marina militare, il che vuol dire a 20 anni, quindi può darsi che a 15 anni abbiano iniziato anche a fare un altro tipo di lavoro.
  L'importante è avere la storia dei lavori di tutti questi casi, e poi tentare una suddivisione, perché uno può essere stato solo ed esclusivamente alle dipendenze della Marina militare, ma può aver lavorato anche da altre parti, ed era molto frequente che coloro che avevano fatto il militare in Marina militare o avevano magari fatto anche qualche anno di ferma venissero facilmente assunti dal cantiere navale che si trovava vicino all'Arsenale o vicino alla sede dove loro erano, per esempio a Livorno, a La Spezia o a Taranto.
  È vero che magari un marinaio di coperta per due anni (questa era la ferma del servizio di leva) può essere stato a bordo di navi militari, ma, se poi viene assunto dal cantiere navale e lavora per quarant'anni nel cantiere navale, non posso imputare a quei due anni lì l'unica esposizione o la prima e quella che ha indotto, perché, visto che le ricerche e la sorveglianza epidemiologica ci dicono che anche il mesotelioma è una malattia dose-dipendente, cioè coloro che ne hanno respirato di più hanno più rischio di sviluppare la malattia, è chiaro che i 40 anni nel cantiere pesano da un punto di vista della dose.
  Con questa prima suddivisione, perché questi sono i casi che furono individuati con la prima richiesta del 2007 ai vari Registri regionali e che io riuscii a classificare, trovai 198 casi di mesotelioma che avevano fatto il servizio di leva, però altri lavori con possibile esposizione, 27 casi servizio di leva più la ferma, cioè coloro che rimanevano in ambito militare dopo aver fatto il servizio, e in più avevano fatto altri lavori, quindi servizio di leva più ferma sono 31, che dovrebbero essere quelli che esclusivamente hanno avuto esposizione nella Marina militare. Poi ci sono casi con nominativi presenti nel file di cui non si è avuto ancora il cartaceo erano 99, però la consulenza doveva essere depositata e quindi questi casi rimasero un po’ nel limbo.
  Tra questi 99 casi ve ne sono sicuramente alcuni che non sono stati intervistati direttamente. Se posso, vorrei spiegare cosa significa questa carenza di informazioni su alcuni casi di mesotelioma. Intanto il mesotelioma è una patologia a prognosi infausta ancora oggi, che non consente una sopravvivenza molto lunga. Se vi dico – stimando ovviamente, non con numeri – che un mesotelioma ha una sopravvivenza media di un anno, più o meno sei mesi, non sono molto al di fuori di ciò che effettivamente succede, quindi vi potete rendere conto che, se non sono solerte nell'intervistare questo caso, è chiaro che io non posso andare quando il paziente sta già male, perché ha serie difficoltà respiratorie. Pag. 7
  La morte per mesotelioma è infatti una brutta morte, le morti sono tutte brutte, ma quella per mesotelioma è praticamente per soffocamento, solo grazie agli interventi palliativi si riesce in qualche modo ad «alleviare» il trapasso di una persona, ma comunque chi gli sta accanto ha dei racconti e delle memorie allucinanti per aver seguito un familiare con questo tipo di patologia fino alla morte.

  PRESIDENTE. Quindi, scusi, se non ho capito male, lei ci vuol dire che la mancata precisione e fedeltà nel censire queste malattie potrebbe aver determinato la mancata conoscenza...

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Della storia dei lavori.

  PRESIDENTE. Esatto, ma anche del numero delle malattie, perché qui introduciamo un'altra...

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Il numero può essere sotto e anche sovrastimato a volte, perché dipende dalla diagnosi del patologo. Naturalmente non è bianco o nero, mesotelioma/non mesotelioma da un punto di vista diagnostico, il mesotelioma può essere certo, probabile o possibile, perché la diagnosi è molto difficile. Vi sono dei panel di patologi che si incontrano periodicamente per confrontarsi sui vetrini di pazienti particolarmente difficili, però spesso siamo a una sottostima perché, se la patologia insorge in persone molto anziane, si evita di fare un prelievo istologico, quindi la diagnosi è soltanto radiologica.
  Una diagnosi radiologica può avere delle incertezze, perché un adenocarcinoma del polmone, che è un tumore periferico, può da un punto di vista radiologico, quindi in una diagnosi per immagini, essere confuso con un mesotelioma, che è un ingrossamento della pleura viscerale e parietale (sono i due foglietti che consentono lo scorrimento tra gli organi, i polmoni devono muoversi all'interno della cassa toracica, quindi questi due foglietti lubrificati servono a non creare attrito tra il polmone che si muove e la cassa toracica che si dilata, ma sostanzialmente è ferma).
  Un ingrossamento della pleura può quindi essere confuso, visto che non ho un prelievo fatto con un ago-biopsia e un vetrino, che mi dà una diagnosi sicuramente più attendibile rispetto a una diagnosi per immagini. Può darsi quindi che i casi di novantenni si perdano per questo tipo di problema, cioè perché non viene portata a fondo una diagnosi.
  Di recente a Monfalcone è morto un centenario sul quale è stata fatta l'analisi del tessuto polmonare, il mesotelioma sicuramente non gli ha anticipato la morte, altrimenti non sarebbe arrivato a cent'anni, ma era ben carico di sostanze minerali nell'apparato respiratorio, perché sono state fatte le analisi sia dei corpuscoli che delle fibre.
  Ciò che compensa oggi la mancata segnalazione, sulla quale spenderò due parole, sono anche le schede di dimissione ospedaliera, che sono un'altra fonte di dati per i Registri regionali, che possono incrociare, laddove esistono, anche con dei Registri tumori, quindi alla fine un caso si può benissimo individuare. Gli strumenti per individuarlo ci sono, anche se il patologo che ha fatto la diagnosi non ha segnalato in tempo, e su questo vi dico due cose.
  Il problema è che le schede di dimissione ospedaliera alcuni Registri regionali le vedono dopo un anno, quindi io vedo il codice corrispondente alla malattia, ma lo vedo dopo un anno, per cui nel momento in cui mi attivo per chiedere il consenso informato, parlare prima con il medico curante, conoscere le condizioni del paziente, scrivere alla famiglia per chiedere l'autorizzazione a fare un'intervista che dura più di un'ora, naturalmente se il caso mi viene segnalato dopo un anno, difficilmente riesco a intervistarlo in maniera «serena». Ecco che la tempestività della segnalazione è uno dei buchi neri presenti nel sistema di sorveglianza epidemiologica.
  La tempestività della segnalazione deve avvenire, anche se non lo è... badate bene, non sto parlando del 50 per cento dei casi, sto parlando di una percentuale molto minore, ma il sistema diagnostico, che può essere delle Anatomie patologiche, ma anche Pag. 8 delle Radiologie, ma anche di reparti ospedalieri, non sempre rispetta l'obbligo di referto.
  Dato che il mesotelioma è una malattia causata nella stragrande maggioranza dei casi da terzi, l'analogia tra un ferito da arma bianca o da arma da fuoco che giunge al pronto soccorso e che il medico constata immediatamente e immediatamente chiama l'ufficiale di polizia giudiziaria o gli telefona addirittura (non gli manda un fax o una mail, ma lo fa subito), ma la stessa cosa per alcuni casi non succede per i mesoteliomi, alcune Anatomie patologiche ritardano l'invio, commettendo omissione di referto. Questo comporta a sua volta un altro tipo di reato da parte del responsabile del COR, il quale, se non segnala l'omissione di referto, fa omissione d'atti d'ufficio.
  Come dicevo, il caso non segnalato ha questo handicap di non poter raccogliere direttamente le informazioni dal paziente. Quindi si raccolgono da chi? Dal coniuge, laddove sia vivo, dal figlio, ma il figlio, se è nato quando il paziente aveva già trent'anni, non può sapere che cosa ha fatto nei trent'anni precedenti.
  Questo problema si nota ancor di più oggi, perché il panorama dei mesoteliomi che insorgono in questo Paese sta cambiando, cioè i casi di coloro che hanno contratto mesotelioma in comparti produttivi classici tipo cemento-amianto, cantieri navali, Ferrovie dello Stato oggi sono in netto calo. Complessivamente il numero dei casi è piuttosto stabile, perché oggi contraggono mesotelioma coloro che hanno fatto opere di manutenzione sull'amianto, quindi muratori, idraulici, elettricisti, persone che incontrano in maniera fortuita questo tipo di materiale, che non lo usano come materia prima.
  Quando l'intervista non può essere somministrata direttamente al caso e viene somministrata alla moglie, la moglie quindi difficilmente può riferire con esattezza quali fossero le attività del marito, perché non conosco un muratore che la sera a cena parla di aver tagliato 10 tubi di eternit o installato una tettoia, giustamente forse parla d'altro. L'informativa che può essere fornita da un parente stretto, quindi di solito è carente di dettagli.
  Oggi, quindi, la mancata segnalazione di un caso è più grave che nel passato, quando bastava il nome della ditta per poter in qualche modo stabilire un'esposizione di tipo certo o di tipo probabile, che sono molto vicini tra di loro rispetto a un giudizio qualitativo sull'esposizione.
  Abbiamo anche la classificazione di esposizione possibile, che è ben al di sotto da un punto di vista della prova rispetto all'esposizione certa e probabile, perché la possibile viene data d'ufficio a un muratore del quale non sappiamo se abbia lavorato effettivamente l'amianto, ma sappiamo che ha un mesotelioma, quindi un indicatore, una patologia che indica che con molta probabilità una pregressa esposizione l'ha avuta, non abbiamo la certezza scientifica che abbia lavorato effettivamente l'amianto, però ha lavorato in un comparto dove l'amianto c'era.

  PRESIDENTE. Un suo punto di vista, dottore, per tornare al discorso di competenza della Commissione: lei ritiene che la Marina militare negli anni abbia affrontato, in termini di prevenzione e di lotta, in maniera adeguata il problema della presenza dell'amianto?

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Se mi consente, vorrei in un minuto completare quel ragionamento, perché, avendo fatto parte ormai da vent'anni di un organismo statale nazionale sul problema dell'amianto, prima la Commissione nazionale e adesso il tavolo istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per il Ministero della salute, occupandomi da vent'anni del livello di governo del problema, ritengo che due elementi potrebbero facilitare la registrazione e la segnalazione immediata di questi casi per poter arrivare a un'intervista diretta.
  Il primo è la consultazione in tempo reale delle schede di dimissione ospedaliera, cosa che oggi non c'è, perché i COR non possono accedere al network delle SDO, e l'altro è che le Anatomie patologiche dovrebbero lavorare in rete almeno a livello regionale, cioè Pag. 9tutte le Anatomie patologiche con dati consultabili non da tutti per un problema di privacy, ma dagli ufficiali di polizia giudiziaria o dal magistrato incaricati della sorveglianza di questa malattia.
  Dopo trent'anni di lettere fatte alle varie Anatomie patologiche, posso dirvi chiaramente che il fattore umano va superato, oppure anche eventualmente cogliere in flagranza di reato chi ha fatto omissione di referto, con la tecnica «colpirne uno per educarne cento», ma si va poco lontano secondo me. A Livorno, dove il medico del lavoro che segue i mesoteliomi può consultare ciò che succede nell'Anatomia patologica dell'ospedale di Livorno, non perdiamo più neanche un caso, perché lo vede direttamente, senza che il medico faccia il referto.
  Ritornando al problema della Marina militare, durante le indagini commissionatemi dalla Procura di Torino ho potuto sia consultare delle carte, sia fare dei sopralluoghi presso l'Arsenale militare di La Spezia e l'Arsenale militare di Taranto. Vorrei mostrarvi alcune foto per renderci conto di quello di cui stiamo parlando.
  Questa è la nave Alpino, varo nel 1967, quindi in un'epoca in cui nei cantieri navali veniva usato molto amianto, in servizio fino al 2006. Questa è una parte dell'apparato motore, quel tassello è stato fatto ad hoc per poter fare un prelievo al di sotto di quel rivestimento traslucido, che è un rivestimento in tela verniciata, e si è visto che la coibentazione della lamiera (qui siamo su una paratia) non era più in amianto, bensì in lana di roccia, quel giallo che si vede sotto sono fibre minerali artificiali classificate come possibilmente cancerogene dalla IARC fino al 2002 e poi declassate nella classe 3 per mancanza di evidenza di cancerogenicità. Sono fibre irritanti, ognuno di noi le conosce perché, se è venuto a contatto con le fibre di vetro, sa benissimo che fanno irritazione cutanea oppure delle mucose in generale.
  Questa nave quindi è stata sicuramente sottoposta a un intervento di bonifica, e ho un documento dal quale si può ricavare la data in cui anche questa nave è stata bonificata e che lascerò alla Commissione. La nave Alpino quindi è in disarmo.
  La nave Carabiniere, varo nel 1967, in servizio fino al 2008. Anche qui vediamo delle coibentazioni con cuscini, ovviamente qui lo stato di manutenzione non va osservato, perché queste sono navi che andranno alla demolizione, quindi tutte queste coibentazioni verranno rimosse prima del taglio delle lamiere. Anche in questa nave però si vede che la coibentazione di questi due tubi sopra è già in lana di roccia, questa sotto lo stesso, rivestimento esterno in tela non amianto e il sotto in lana di roccia (qui si vede il particolare, qui lo stesso, un altro punto di prelievo del campione), mentre accanto, sulla destra dell'etichetta, si vede quella scalfittura, che è il punto dove abbiamo prelevato il campione, che è stato confermato essere in amianto.
  Questo è un rivestimento in tela di amianto di una condotta per il trasporto di liquidi. Come potete vedere, la fibra di amianto si vede laddove è stato tagliato il rivestimento esterno, perché questo rivestimento, fatto verosimilmente da più mani di vernice date nel tempo, non poteva essere in grado di rilasciare fibra, quindi sono presenze in parti minori.

  PRESIDENTE. Scusi, dottore, visto che lei ci sta fornendo anche una ricostruzione temporale, queste sono state varate nel 1967...

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Sì, esatto.

  PRESIDENTE. La Alpino è stata ritirata nel...

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Nel 2006.

  PRESIDENTE. Invece la nave Carabiniere nel 2008.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Sì.

  PRESIDENTE. Quindi praticamente hanno lavorato per quarant'anni.

Pag. 10

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Sì.

  PRESIDENTE. Torniamo indietro, varate nel 1967. Lei ci ha detto poco fa che la piena contezza nell'ambito medico internazionale, quindi anche italiano, si è avuta intorno al 1965.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Sì.

  PRESIDENTE. Questo vuol dire che queste due navi sono state varate nella consapevolezza che contenevano amianto.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Esatto.

  PRESIDENTE. E sono state tenute in servizio per un certo numero di anni con consapevolezza, cioè sapendo che erano state per buona parte costruite con amianto. Giusto?

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Sì, giusto, certo.

  PRESIDENTE. Prosegua, prego.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Mi interessa fare una precisazione rispetto a questo, perché purtroppo le notizie che la popolazione in generale ottiene su questo fattore di rischio sono mediate dai media, presenza uguale rischio, cioè presenza uguale pericolo.
  Vorrei sottolineare la differenza che c'è tra la parola «pericolo» e la parola «rischio». Purtroppo noi siamo abituati a vedere vicino a un bosco il cartello con scritto «pericolo d'incendio», l'incendio è un pericolo in sé, è un pericolo in questa stanza, in macchina, a casa, nel bosco, dappertutto, ciò che cambia se in questa stanza ci sono mobili di legno o se ai bordi di un bosco ci sono le foglie secche è il rischio, quindi dovrebbe essere scritto «rischio di incendi», perché ci sono le foglie secche.
  Il discorso dell'amianto purtroppo sarebbe anche molto lungo, ma oggi su questa problematica ci giocano molti interessi, interessi economici, interessi di studi legali, interessi politici, di ogni genere, che a noi che ci occupiamo di questo problema e lo affrontiamo con criteri scientifici non fanno sorridere, perché è una materia molto seria, però ci fanno spesso saltare sulla sedia, perché il rischio amianto si può infatti misurare.
  Noi quindi non diciamo che in Italia oggi non c'è il rischio amianto, noi diciamo che c'è il pericolo amianto ed è diffuso sui mezzi di trasporto, perché il naviglio commerciale oggi ha più amianto di quello militare (e non lo denuncia). Quello che più appare, che sono le tettoie, è la presenza di un pericolo, ma non necessariamente di un rischio, perché se io faccio le misure vicino alla tettoia e non trovo fibre aerodisperse nell'aria, non posso dire che quel pericolo sta esplicando la sua azione dannosa nei confronti dell'ambiente e delle persone.
  Faccio una misura, ho gli strumenti per fare le misure, ho la microscopia elettronica molto sensibile, che può individuare se quel pelo che vedo è un pelo di gatto o una fibra di amianto, quindi se gli organismi deputati al controllo, che sono le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente o comunque anche altri organismi, fanno le misure e le fibre nell'aria non le trovano, significa che una condizione statica, pur essendo un pericolo, non esplica rischio di contaminazione dell'ambiente e quindi rischio di esposizione. Dal rischio di esposizione al rischio di malattia c'è anche lì un salto molto ampio.
  Questo tipo di presenza non dovrebbe far scattare il segnale di allarme come in un recente libro che mi è stato mandato in questi giorni sulle navi della Marina militare imbottite di amianto. Non lo sono, ma, se lo fossero ancora e facessi le misure senza trovare le fibre perché è tutto confinato, tutto verniciato, tutto stabilizzato, possono essere ancora imbottite, ma non esplicano il rischio.

  PRESIDENTE. Scusi, dottore, io non ho letto questo libro, ho visto solo la copertina per adesso...

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Anch'io.

Pag. 11

  PRESIDENTE. Allora come fa lei a dire che ciò che c'è scritto non corrisponde a verità?

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Perché ho fatto dei sopralluoghi sulle navi, queste sono navi in disarmo, ci sono navi ancora attive che sono state trattate negli anni, sono state confinate e sono state fatte anche le misure, e poi ormai nelle navi della Marina militare è una presenza in parti minori.
  Quando c'era il problema delle Ferrovie dello Stato, ciò che ha causato serie patologie nelle Ferrovie dello Stato sono state le coibentazioni delle casse delle carrozze, ma non le guarnizioni di accoppiamento di due tubi, perché le coibentazioni delle casse rilasciavano fibre in aria, mentre le guarnizioni soltanto nei momenti in cui io facevo manutenzione.

  PRESIDENTE. Benché lei da buon toscano, tanto più fiorentino doc, sia non solo loquace, ma anche bravissimo nell'eloquio, provo a fare una prima sintesi per essere sicuro di aver capito bene. Se così non fosse, la colpa sarebbe mia, non sua.
  Mi pare di aver capito che lei abbia esplicitamente riconosciuto che per diversi decenni la Marina militare abbia colpevolmente – avverbio che aggiungo io – permesso che gran parte del personale potesse lavorare a bordo delle navi senza aver preso le necessarie precauzioni.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Concordo.

  PRESIDENTE. Concorda. Ma che da un certo numero di anni questo problema... intorno a quale anno possiamo dire che è iniziato a venir meno il problema? Per noi questo è importante, noi non siamo il pubblico ministero di nessuno, saremmo felicissimi se saltasse fuori che tutti hanno fatto il loro dovere, però, siccome i morti ci sono e di qualcosa sono morti, visto che sono morti per mesotelioma, si impone da parte nostra (in questo senso lei ci potrebbe essere di grandissimo aiuto) l'obbligo di cercare di far emergere la verità.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. La verità è che la Marina inglese smette di spruzzare nel ’63 e qui in Italia si smette di spruzzare nel ’77.

  PRESIDENTE. Quattordici anni dopo.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Quattordici anni dopo, ma perché smettono i cantieri. Poi continuano a utilizzare amianto in parti minori, con materiali sempre pericolosi, ma con meno rischio di rilascio di fibre.
  La Marina militare inizia a prendere provvedimenti con l'emanazione di due primi provvedimenti italiani in ambito d'amianto, cioè nel 1986 c'è una circolare che limita l'uso della crocidiolite, dell'amianto blu, e una circolare del 10 luglio 1986, emanata sempre dal Ministero della sanità, che obbliga le varie strutture regionali a effettuare un censimento di scuole e ospedali per l'individuazione di materiali contenenti amianto.
  La Marina militare si allerta dopo la circolare 45 del 1986 e la circolare sulla crocidiolite. A titolo di cronaca, il 1986 è l'anno in cui la popolazione italiana viene a sapere che l'amianto è cancerogeno, perché Tito Cortese nella trasmissione Di Tasca Nostra dice che l'amianto è cancerogeno. A quel punto, tutti ci credono perché l'ha detto la televisione, mentre quando lo dicevamo noi dei servizi di medicina del lavoro nessuno ci credeva, io vi posso testimoniare personalmente che dopo quella trasmissione abbiamo trovato migliaia di porte aperte rispetto a prima della trasmissione, quando ci sminuivano e dicevano «non fa niente, anzi se non lo uso, mi brucio».

  PRESIDENTE. «Ce ne fosse...!».

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. «Ce ne fosse come l'amianto» oppure «questo è asbesto, non è amianto», ci sono diverse battute di quel periodo. Comunque le maestranze, che sono anche dei dipendenti civili che lavorano all'interno del personale militare, sono a loro volta allertate e c'è un episodio all'Arsenale militare di La Spezia di opposizione Pag. 12da parte delle maestranze ad utilizzare materiali contenenti amianto.
  Da un documento viene fuori che ve ne sono 80 tonnellate all'interno dell'Arsenale militare di La Spezia nel 1987-88. Navalcostarmi si rifiuta di prendere provvedimenti su questi materiali, perché dice che sono dei materiali non usurati, dei materiali nuovi che dobbiamo continuare a utilizzare sulle navi nonostante l'opposizione delle maestranze. Questo è documentabile. Ci sono dei documenti che sono agli atti delle indagini che ho fatto.

  PRESIDENTE. Quindi possiamo dire (la scelta delle parole naturalmente ricade sotto la mia responsabilità) che, se ci fosse stato un maggior rigore dal momento in cui il mondo scientifico ha avuto la piena contezza della gravità di questo minerale, sarebbe stata risparmiata una strage.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Sì, sì, concordo su questo. Quel materiale di cui vi parlavo prima, tra l'altro, nel 1950 viene approvato dall'UNAV, che è l'UNI in ambito navale. La martinite sottoposta a test dell'UNAV riceve un benestare per l'utilizzo nelle porte tagliafuoco, quindi i cantieri navali durante i dibattimenti processuali dichiarano: «dovevamo rispettare le norme SOLAS che nascono all'inizio del ’900, dopo la tragedia del Titanic», ma le norme SOLAS non parlano di amianto, parlano di materiali che hanno caratteristiche particolari, alle quali rispondeva per esempio la martinite, che era stata utilizzata 50 anni prima, ma 50 anni dopo non viene utilizzata.
  Passano un po’ di anni, quindi nel 1988 Navalcostarmi non vuole ritirare questi materiali, non li vuole smaltire come rifiuti, c'è un problema che viene fuori anche sulla stampa nella città di La Spezia, dopodiché si arriva al 1991 con il decreto legislativo 277.
  Ho dimenticato che l'Unione europea nel 1984 emana la direttiva CEE n. 477 per la limitazione delle esposizioni nell'ambito lavorativo, che viene completamente disattesa, anche perché viene recepita in Italia soltanto nel 1991, dopo un deferimento dell'Italia alla Corte per non aver recepito questa direttiva.
  Nel 1992 viene fuori la legge di messa al bando, con normative anche tecniche che si accavallano e che danno varie possibilità e indicazioni tecniche su come procedere. La Marina militare inizia durante le ristrutturazioni delle navi del 1990-1991 a dare indicazioni di non utilizzare più materiali contenenti amianto.

  PRESIDENTE. Quindi sono passati almeno trent'anni, giusto?

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Sì, siamo al 1990.

  PRESIDENTE. Dal 1965 al 1992-1995, sono passati almeno trent'anni...

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Questo durante le ristrutturazioni delle navi, poi, per quanto riguarda un programma di bonifica, partono nel 1995, tant'è vero che una rappresentanza militare della Marina militare presenta un lavoro sulle bonifiche a La Spezia alla prima Conferenza governativa tenutasi a Roma nel marzo del 1999.
  Per quanto riguarda dopo il bando, vorrei segnalare anche dopo il bando qualche problema...

  PRESIDENTE. Dopo il 1992?

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. La legge 257 all'articolo 9, che io reputo uno dei più importanti, dice che annualmente le ditte che fanno bonifiche e chi utilizza amianto in maniera diretta e indiretta deve comunicare all'ASL competente per territorio (nessuno escluso, non c'è una clausola che dice che le Forze armate non debbano farlo), coloro che utilizzano amianto nei processi produttivi (attenzione: non la tettoia che fa parte della struttura) devono comunicare annualmente all'ASL e alla regione i tipi e i quantitativi di amianto utilizzati, cosa sono, il loro stato.
  A me non risulta che la Marina militare, pur avendo amianto nei motori delle navi e facendo parte del processo produttivo della Pag. 13nave, non del riscaldamento della nave, ma di ciò che deve fare la nave, la propulsione, di spingerla, quindi assimilabile a un processo produttivo, abbia mai inviato una relazione articolo 9 all'ASL...

  PRESIDENTE. Quindi disattendendo l'articolo 9.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Hanno rispettato l'articolo 9 le ditte che hanno lavorato per la Marina militare nelle bonifiche.

  PRESIDENTE. Quindi però, se ciò che sa lei corrisponde alla realtà, lei ha detto che non le risulta che la Marina militare abbia mai segnalato...

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. L'utilizzo indiretto...

  PRESIDENTE. L'utilizzo indiretto dell'amianto a mente della previsione normativa articolo 9 della 257, se le sue informazioni fossero vere, saremmo di fronte ad una grave negligenza.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Sì. L'articolo 9 è sanzionato amministrativamente, ma il problema qual è? È quello della impossibilità da parte pubblica di un governo reale di questo tipo di problema, perché, fino a che la parte pubblica non sa quanto ce n'è (si può solo stimare), non sappiamo neanche dove poterlo mettere. Non so se mi spiego.

  PRESIDENTE. Lei che consiglio ci darebbe?

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Questa faccenda del rispetto dell'articolo 9 secondo me è soltanto un adempimento di legge, quindi un richiamo alla norma forse potrebbe essere importante...

  PRESIDENTE. Oppure una trasformazione in reato penale, visto che adesso è perseguibile soltanto in via amministrativa...

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Personalmente...

  PRESIDENTE. Si è dimostrato che sarebbe relativamente efficace in termini di deterrenza l'articolo 9?

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Non tanto in termini di deterrenza, non cambia niente rispetto al rischio presente sulle navi, perché ormai loro hanno un censimento, cioè i dati ce li hanno, è che non li comunicano, è che gli organismi deputati al governo della fuoriuscita dell'amianto, che sono le regioni, se non hanno queste informazioni, non possono fare della programmazione, però i censimenti ce li hanno, se li sono fatti fare dal RINA, quello che era il Registro italiano navale, quindi i censimenti ci sono di tutti i materiali nave per nave, sono anche piuttosto precisi perché io li ho verificati di persona durante i sopralluoghi ed effettivamente ciò che indicano nel censimento è quello che effettivamente è presente sulla nave.
  Fanno le misure, le misure danno delle concentrazioni pari a quelle che si trovano fuori, quindi non è tanto questo quanto purtroppo... dico purtroppo perché poi anche i NAS, nel 2012, in preparazione della seconda Conferenza governativa, fecero una ricognizione a livello nazionale sul rispetto dell'articolo 9 e venne fuori un disastro, ma anche da parte delle stesse regioni.
  La risposta qual è? È quella dell'informatizzazione: nel momento in cui tutte le regioni seguono un processo di informatizzazione della comunicazione con l'esterno, avremmo la possibilità di tracciare anche una piccola guarnizione, dal momento in cui viene rimossa a quando va a finire allo smaltimento.

  PRESIDENTE. Scusi, dottore, noi stiamo per concludere, perché siamo andati anche un po’ oltre, non le vorrei estorcere nulla perché non mi permetterei mai, è una considerazione che faccio a braccio, in maniera estemporanea. Il legislatore volle l'articolo 9 non soltanto ai fini della predisposizione di una sorta di catasto, ma fondamentalmente volle quell'articolo per fare in Pag. 14modo che non sfuggisse nulla ai fini anche dello smaltimento.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Certo.

  PRESIDENTE. Per cui chi non rispetta l'articolo 9 non solo determina la mancata tenuta della contabilità, ma potenzialmente potrebbe determinare una pericolosissima fonte di inquinamento da amianto.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Concordo. Purtroppo coloro che non comunicano l'utilizzo indiretto dell'amianto nei processi produttivi è per noi un dato sconosciuto, che potrebbe essere sconosciuto anche alle maestranze che lavorano in quella azienda.

  PRESIDENTE. Esattamente.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Queste sono navi ancora in servizio.
  Vorrei spendere due minuti...

  PRESIDENTE. Sì, stiamo concludendo, però due minuti con lei sono preziosi.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Qui in questa diapositiva (se si spegne la luce si vede meglio) si può vedere un rivestimento di tutte le pareti della nave con teli di polietilene. Questo si chiama confinamento statico ed è richiesto insieme a un confinamento di tipo dinamico, cioè all'estrazione di aria che viene fatta passare attraverso dei filtri per tenere quell'ambiente in depressione, qualora si faccia una rimozione di amianto friabile e non sia contenibile lo spolveramento di questo materiale.

  PRESIDENTE. Quindi quando c'è il rischio di inalazione.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. No, quando c'è il rischio di dispersione in aria, perché gli operatori che fanno le bonifiche sono protetti dalle protezioni individuali...

  PRESIDENTE. Hanno le maschere, giusto.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Però quello che è stato notato con grande stupore quando abbiamo fatto questi sopralluoghi su queste navi in bonifica è che questo tipo di bonifica viene effettuato con una sorta di eccesso di zelo, portando le spese di bonifica a livelli estremamente elevati. Prendetela come battuta, ma per bonificare una bistecchiera abbiamo speso quanto per rifare un cacciatorpediniere.
  Ora sto esagerando, ovviamente...

  PRESIDENTE. No, certo. Siccome questo elemento che lei sta citando con grande onestà intellettuale in parte ci era già noto, quindi lei sta confermando che verosimilmente in ambito militare sarebbero state spese, per attuare delle bonifiche, ingenti somme di denaro, decisamente superiori a quelle effettivamente necessarie.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Sì, posso affermarlo, e, se posso dire anche il motivo per il quale abbiamo assistito ad alcuni ritardi, è che la Marina militare ha prodotto il primo opuscolo informativo a stampa per i propri dipendenti nel 2007, facendoselo preparare dal professor Tomei dell'Università La Sapienza di Roma, quindi con molti anni di ritardo anche rispetto a quanto previsto dalle leggi.
  Il professor Tomei era un componente della Commissione nazionale amianto, nella quale già ero presente anch'io, ma la Commissione nazionale amianto non è mai stata interpellata dalle Forze armate. La Commissione nazionale amianto avrebbe risposto positivamente, come abbiamo sempre risposto a tutti coloro che ne hanno fatto richiesta, perché naturalmente raggruppava (me escluso) i massimi esperti sulla problematica dell'amianto, quindi avrebbe sicuramente consigliato le misure giuste per poter effettuare questo tipo di lavoro, cioè non si fa un sacco con i guanti dentro una capannina in depressione, per intenderci, cioè non c'è bisogno di tutto questo tipo... Pag. 15
  Fate conto che la preparazione di un ambiente confinato in una sala macchine di una nave militare comporta per un'ora di lavoro di bonifica circa un mese di tempo. Sono ore di lavoro che ovviamente vengono pagate.

  PRESIDENTE. Scusi, dottore, vorrei esplicitare con parole mie.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Sì.

  PRESIDENTE. Le Forze armate per definizione sono un apparato servente dello Stato. Esiste una Commissione...

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Statale.

  PRESIDENTE. Che è una Commissione statale. Le Forze armate e la Marina militare non si sono mai servite della Commissione statale per poter regolamentare, anche in termini di prevenzione, di diffusione, di profilassi regolamentare, la presenza, l'utilizzo, lo smaltimento e quant'altro dell'amianto nei propri mezzi. È così? E si è affidato ad una persona che, ancorché... però rappresentava sé stessa.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Sì, privata. Purtroppo devo constatare che la storia non insegna niente.

  PRESIDENTE. Perché si continua a fare così, quindi...

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. No, è che avevamo già l'esempio: le Ferrovie dello Stato fino a una certa data piuttosto recente sono state sorvegliate da un servizio sanitario interno, la vigilanza poteva essere fatta soltanto dall'Ispettorato del lavoro...

  PRESIDENTE. Quindi giurisdizione domestica.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Giurisdizione domestica. Andiamo un po’ a contare il numero dei mesoteliomi insorti tra personale delle Ferrovie dello Stato, delle Officine Grandi Riparazioni. C'era quindi già una dimostrazione che il problema è arrivato a soluzione quando si è spostato nei confronti dell'azienda sanitaria. Partendo da Firenze, per una denuncia fatta a Firenze, si è estesa in tutta Italia, e il problema è arrivato a risoluzione.

  PRESIDENTE. Quando è caduto il cortile o il recinto, che dir si voglia. Giusto?

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Sì, va bene, è vero, anche perché vorrei precisare rispetto a quello che avevamo detto prima che i morti che vediamo oggi sono stati esposti 30-40 o anche 50 anni fa, quindi è chiaro che quello che succede oggi, pur essendo sotto controllo, lo potranno vedere i nostri figli, se ci sono.

  PRESIDENTE. Infatti bisogna che non succeda.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Ecco perché oggi noi lavoriamo sul principio di precauzione. Vorrei dire un'ultima cosa: sono stato impressionato negativamente da quando è stato deciso che la vigilanza interna venisse affidata agli stessi militari, impedendo la vigilanza da parte delle aziende sanitarie. Se funziona male nelle aziende sanitarie con i loro Servizi di prevenzione e protezione, perché solo talvolta l'SPP denuncia il direttore generale della ASL, in ambito militare, dove la gerarchia è decisamente più rispettata, sinceramente un sergente anche con la qualifica di UPG a denunciare il generale o a fargli una contravvenzione ce lo vedo male...

  PRESIDENTE. Grazie infinite. Una domanda dal collega Lacquaniti.

  LUIGI LACQUANITI. Grazie presidente, ringrazio il dottor Silvestri per questa ampia esposizione. Devo dire che i dati e le informazioni che ci ha fornito sono un'autentica Pag. 16 miniera, al punto che (lo dico sorridendo, presidente) mi domando perché abbiamo audito soltanto adesso il dottor Silvestri.

  PRESIDENTE. Le cose più preziose si lasciano alla fine.

  LUIGI LACQUANITI. Fra le tante cose che mi hanno incuriosito di quello che ha detto, mi ha incuriosito proprio quest'ultima informazione che ci ha dato. Le domande sono due. Una è più generica, cioè nella sua attività professionale decennale (mi pare di capire) che ha svolto, come può valutare la collaborazione che ha avuto da parte delle Forze armate, cioè una collaborazione soddisfacente o insoddisfacente. Mi rendo conto che la domanda è generica.
  Riguardo a quest'ultimo punto, riguardo alle bonifiche, la domanda che le faccio è un'informazione che mi sfugge: le bonifiche effettuate sono state effettuate per così dire «in casa» dalle Forze armate o hanno utilizzato dei fornitori esterni alle Forze armate?

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Solo ditte private in appalto, perché le bonifiche non possono essere fatte da tutti, le bonifiche devono essere fatte da ditte iscritte all'Albo in categoria A o in categoria B o entrambe, e c'è una diversità tra queste due categorie, perché una può fare soltanto materiali compatti, quindi eternit, mentre chi interviene su materiali friabili deve possedere sia le conoscenze che un'attrezzatura decisamente più sofisticata, che le Forze armate non hanno. Quindi, tutte le volte che loro devono intervenire su un motore, prima fanno intervenire la ditta di bonifica e, una volta bonificato, allora intervengono anche i loro dipendenti.

  LUIGI LACQUANITI. Quindi lei ci sta dicendo che questa attività di bonifica, che è intervenuta con così ampio ritardo, al punto che possiamo desumere (prima è stata utilizzata l'espressione strage) che questa strage non sarebbe stata... è stata invece svolta spesso, se ho ben capito, in maniera esorbitante, per questa attività di bonifica ci si è serviti dell'apporto di ditte esterne naturalmente con fondi pubblici.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Naturalmente.

  LUIGI LACQUANITI. Volevo avere questa conferma.

  PRESIDENTE. Grazie, dottore, la ringrazio molto con vera riconoscenza a nome dell'intera Commissione perché, come chiosava poco fa il collega Lacquaniti, davvero ci ha messo nella condizione di poter fissare meglio alcuni concetti che già avevamo, ma di apprenderne di nuovi, ed essendo noi prossimi alla predisposizione della relazione conclusiva, le posso assicurare che le cose che ci ha detto saranno – in maniera mi auguro efficace – inserite e contenute in questa relazione.
  Grazie ancora e buon lavoro.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Lascio alcuni documenti.

  PRESIDENTE. Tutto quello che può. Grazie infinite.

  STEFANO SILVESTRI, Igienista del lavoro presso ISPO. Ce l'ho in formato digitale, su questa chiavetta.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il nostro ospite, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.