XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta su sicurezza e degrado delle città

Resoconto stenografico



Seduta n. 24 di Martedì 10 ottobre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Causin Andrea , Presidente ... 2 

Audizione della prefetta di Roma, Paola Basilone.
Causin Andrea , Presidente ... 2 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 2 
Miccoli Marco (PD)  ... 5 
Causin Andrea , Presidente ... 5 
Morassut Roberto (PD)  ... 5 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 6 
Piso Vincenzo (Misto-UDC-IDEA)  ... 7 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 8 
Piso Vincenzo (Misto-UDC-IDEA)  ... 8 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 8 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 9 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 9 
Piso Vincenzo (Misto-UDC-IDEA)  ... 9 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 9 
Piso Vincenzo (Misto-UDC-IDEA)  ... 10 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 10 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 10 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 11 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 11 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 13 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 14 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 14 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 15 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 15 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 15 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 15 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 16 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 16 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 16 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 16 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 16 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 16 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 16 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 16 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 16 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 16 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 16 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 17 
Morassut Roberto (PD)  ... 17 
Causin Andrea , Presidente ... 17 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 17 
Causin Andrea , Presidente ... 17 
Miccoli Marco (PD)  ... 17 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 19 
Gasparini Daniela  ... 19 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 19 
Gasparini Daniela  ... 19 
Santerini Milena (DeS-CD)  ... 19 
Gasparini Daniela  ... 19 
Mannino Claudia (Misto)  ... 20 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 20 
Piso Vincenzo (Misto-UDC-IDEA)  ... 22 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 22 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 22 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 22 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 22 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 22 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 22 
Morassut Roberto (PD)  ... 23 
Basilone Paola , prefetta di Roma ... 23 
Causin Andrea , Presidente ... 23 

Audizione del presidente del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali, Gianmario Gazzi.
Causin Andrea , Presidente ... 23 
Gazzi Gianmario , Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali ... 23 
Morassut Roberto (PD)  ... 26 
Gazzi Gianmario , Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali ... 26 
Mannino Claudia (Misto)  ... 26 
Gazzi Gianmario , Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali ... 26 
Mannino Claudia (Misto)  ... 27 
Gazzi Gianmario , Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali ... 27 
Causin Andrea , Presidente ... 27 
Gazzi Gianmario , Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali ... 27 
Causin Andrea , Presidente ... 27 

Esame di una proposta di modifica del Regolamento interno
Causin Andrea , Presidente ... 27 
Mannino Claudia (Misto)  ... 28 
Causin Andrea , Presidente ... 28

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANDREA CAUSIN

  La seduta comincia alle 10.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, in seguito, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione della prefetta di Roma, Paola Basilone.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della prefetta di Roma, Paola Basilone, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Sono inoltre presenti il capo di gabinetto, Lucia Volpe, e il vice prefetto aggiunto, Maria Pia Terracciano, che ringrazio per la loro presenza.
  Do la parola al prefetto Basilone, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. Presidente, grazie per avermi dato l'opportunità di intervenire fornendo anche il mio punto di vista sulla problematica dei roghi tossici, oggetto dell'audizione.
  Affronterei la questione evidenziando, come sicuramente avranno già fatto anche le altre personalità o le altre autorità che sono state audite, la complessità di questo fenomeno. La provincia di Roma ha un'estensione territoriale molto vasta: la sola Urbe ha una popolazione di diversi milioni di persone. Urbanisticamente, la città si compone di un centro storico molto importante, sede di testimonianze storiche e di reperti archeologici che attraggono ogni anno milioni di turisti. Fuori dal centro si estende una periferia molto vasta, che definirei disomogenea per concentrazione di popolazione e problematiche esistenti, con molti tratti con soluzioni di continuità, che si snodano a macchia di leopardo sull'intero territorio. In queste zone, ci sono complessità di varia natura, che quotidianamente vengono segnalate dai comitati dei cittadini, che protestano, giustamente, per situazioni di degrado urbano e problemi di criminalità comune. Negli ultimi tempi, e in particolare nell'ultimo anno e mezzo da prefetto di Roma ho assistito a una concentrazione della protesta sul fenomeno dei roghi tossici, che vengono segnalati quasi sempre in prossimità dei campi rom: a volte si sviluppano all'interno dei campi e altre volte nelle aree immediatamente adiacenti. La presenza dei nomadi nella Capitale è variegata. Sul territorio ci sono sette «villaggi della solidarietà» – così chiamati nel 2009 dopo l'intervento straordinario, che allora fu delegato ai prefetti – e sono campi autorizzati. Poi ci sono altrettanti campi «tollerati». Il dato più significativo riguarda il numero enorme di insediamenti abusivi, che si distribuiscono sul territorio a macchia di leopardo. Ce ne sono tanti e questi campi sono ovviamente fuori controllo. I nomadi si insediano in un territorio per un certo determinato periodo poi scompaiono per andare in altre zone del territorio: ciò rende il controllo sugli insediamenti abusivi particolarmente complesso, come accade peraltro anche per i campi autorizzati. Dopo l'intervento straordinario, quando furono dati ai prefetti i poteri Pag. 3per gestire questo fenomeno, si tentò e in parte si riuscì, almeno in questa provincia, di fare una sorta di normalizzazione. Furono avviate bonifiche e anche intraprese azioni, come la regolarizzazione e le borse lavoro. Poi la normalizzazione di questi campi è stata praticamente vanificata, per cui, nel corso del tempo, queste situazioni si sono complicate e sono diventate delle criticità.
  Nel corso di questo anno e mezzo, sul solco di quello che era stato precedentemente fatto dal prefetto Gabrielli, ho continuato a occuparmi della vicenda. Erano stati istituiti tavoli tematici aventi ad oggetto varie problematiche di questa città, è proseguita l'attività del tavolo monotematico sui roghi tossici, che ha il compito di intercettare le dinamiche che favoriscono la concentrazione di cumuli di spazzatura, che rappresenta, unitamente ad altre criticità di cui parlerò in seguito, il cuore del problema.
  È stata costituita una task force con la polizia municipale, la polizia provinciale, la regione e le forze di polizia. Il lavoro svolto all'interno del tavolo tematico, ha evidenziato un collegamento diretto tra il fenomeno dei roghi tossici e una complessa filiera di commercio di rottami. In primo luogo si è tentato di individuare i luoghi dove i rom vanno a comprare il ferro e altro materiale che smontano e riutilizzano, prendendone una parte e vendendola. La task force ha portato a importanti risultati, con l'intercettazione del passaggio dei furgoncini che usano le discariche, per comprare a bassissimo costo tutto questo materiale, considerato dai rottamatori non di pregio e che i rom vendono a basso costo. Per questa attività vengono utilizzati furgoni molto piccoli, difficilmente intercettabili; spesso viaggiano su furgoncini di piccola cilindrata, su cui caricano il materiale, a volte anche con le famiglie al seguito: così da far credere trattarsi di commercio per soddisfare il fabbisogno di una famiglia. Si è potuto verificare invece che tutti i furgoni dopo aver raccolto il materiale tornano nei campi, per estrarre, spesso da materiale plastico, il rame o l'elemento ferroso da rivendere. Il materiale inutilizzato viene accumulato e bruciato, generando i roghi. Questa è solo una parte del problema. In merito alle responsabilità di chi appicca il fuoco, si è potuto osservare che i fuochi molto spesso vengono appiccati dai minorenni, con la consapevolezza che se il fuoco viene appiccato dal minore, egli non è imputabile: ciò evidenzia anche una certa «cultura» sulle modalità di trattamento e di commercializzazione di questo materiale. Le rare volte in cui sono stati colti in flagranza di reato si è trattato di constatare che si trattava di minori e non imputabili. Un'altra criticità alla base dello smaltimento illecito di rifiuti è rappresentato dagli «ingombranti»: come noto, quando viene sostituito un elettrodomestico, la grande distribuzione si impegna a ritirare il vecchio e a smaltirlo regolarmente, prevedendo un sovrapprezzo per tale servizio. Tuttavia, in molte circostanze, per abbattere i costi di smaltimento, gli elettrodomestici usati, invece di essere regolarmente smaltiti, vengono venduti. Le ditte private che si appoggiano alla grande distribuzione li vendono a questi soggetti nomadi, i quali li smontano, ne traggono i materiali ritenuti utili e poi li abbandonano in strada. Altro elemento critico che favorisce gli accumuli di rifiuti è rappresentato dall'inosservanza delle norme in materia di smaltimento dei rifiuti nel campo dell'edilizia. La lavorazione per il rifacimento degli appartamenti, non regolarmente fatturata, molto spesso, genera questo fenomeno: i rifiuti provenienti da una ristrutturazione edilizia vengono abbandonati in strada Il fenomeno è complessissimo e genera non solo una situazione di criticità, come quella dei roghi tossici di cui oggi stiamo discutendo, ma anche quella dell'abbandono indiscriminato di rifiuti, con gravi problemi per l'amministrazione comunale, chiamata a dover pulire e bonificare le aree, con sforzi economici notevoli, poiché le risorse da destinare a tali attività, di competenza del sindaco, non possono ricadere sulla tariffa della TARI, ma sono a totale carico del bilancio dell'Ente comunale. Come emerso dai dati forniti dagli Osservatori istituiti nei diversi Municipi, l'amministrazione comunale ha già proceduto Pag. 4 ad una serie di bonifiche nelle aree adiacenti ad alcuni campi nomadi; bonifiche i cui effetti, tuttavia, nel giro di poco tempo sono stati praticamente vanificati da nuovi episodi: si tratta quindi di un fenomeno ripetitivo di fronte al quale oggettivamente ogni sforzo profuso per contrastarlo, viene vanificato nei fatti.
  Sulla base degli impegni assunti in seno al tavolo tematico che abbiamo costituito in Prefettura, l'amministrazione comunale ha assicurato il controllo dei mezzi che entrano ed escono da alcuni campi rom: il numero degli addetti della polizia municipale destinati a tale attività tuttavia, anche con il supporto delle forze di polizia, è risibile. Il numero delle pattuglie che svolgono il lavoro di controllo e di monitoraggio è basso: una goccia nel mare rispetto alla quantità di campi autorizzati e non autorizzati e insediamenti abusivi.
  Tramite le forze di polizia viene periodicamente fornito il supporto in tale attività di controllo, mediante le cosiddette operazioni di alto impatto, che prevedono l'ingresso e il controllo all'interno dei campi. Sono state poste in essere numerose operazioni di questo genere: ovviamente non si tratta di interventi costanti, ma vengono svolti solo periodicamente. Nell'attività ad alto impatto, si controllano le singole posizioni e, in caso di reperimento di merce rubata, si procede al sequestro della refurtiva.
  Come ho già detto, è molto difficile intervenire nel momento in cui viene generato il fuoco e si sviluppa il rogo, soprattutto è difficilissimo cogliere gli autori del reato sul fatto. È molto importante sottolineare che, per procedere alle denunce secondo l'articolo 256-bis del Codice dell'ambiente, che prevede peraltro una pena minima, che va da due a cinque anni – questa la pena edittale prevista per questo tipo di reato – bisogna cogliere il responsabile in flagranza perché, in caso contrario, chiunque può dire di non esserlo.
  Gli interventi fatti su questi roghi da parte dei vigili del fuoco sono tantissimi. Sulla base dei dati forniti è stata elaborata una statistica, confrontando gli anni precedenti con quello attuale: posso dire che nel complesso c'è una tendenza alla diminuzione molto lieve, ma, nello specifico, sono aumentati, nei mesi di luglio e agosto di quest'anno, i roghi nei campi, e questo è un dato molto interessante.
  In uno degli incontri che abbiamo fatto sul tavolo di monitoraggio è stato suggerito all'amministrazione comunale di mettere delle telecamere, almeno nelle zone più a rischio, quelle dove si sono verificati maggiormente questi episodi. Mi risulta che l'amministrazione comunale abbia investito 500.000 euro, distribuendoli per i municipi e dando a ciascun presidente di municipio il compito di verificare l'impiego di questi soldi. Ci risulta che molti di questi soldi siano stati dedicati alla videosorveglianza. La videosorveglianza non ha una funzione repressiva né potrebbe averla, ma una funzione preventiva, come deterrente, fermo restando che continueremo sul piano del controllo e della prevenzione, nei limiti di quello che è possibile in un contesto che ho detto essere molto complesso e molto complicato e che vede insediamenti riconosciuti e tollerati e una miriade di insediamenti abusivi e spontanei.
  Peraltro, ogni volta che si procede – mi limito alla provincia di Roma, ma probabilmente il dato potrebbe essere esteso in tutta Italia – con uno sgombero in qualunque parte di questo territorio, gli occupanti abusivi si riversano sulla città di Roma, che si presenta molto attrattiva, essendo una città che, data la sua connotazione di capitale d'Italia e di area molto vasta, diventa appetibile per consentire a queste persone di trovare un minimo di prospettiva «lavorativa»; anche per questo il fenomeno è in aumento e gli insediamenti sono molto estesi.
  Un altro intervento significativo è stato posto in essere per censire gli insediamenti abusivi disseminati nei pressi delle aree golenali. Si tratta anche di un problema di pericolosità perché, oggettivamente, gli insediamenti presenti sulle aree golenali generano anche rischi all'incolumità pubblica. Sono stati effettuati numerosi interventi: un'attività che è tutt'ora in corso. Soprattutto si è cercato di favorire il coordinamento tra i vari enti competenti a Pag. 5vario titolo della gestione del fiume: la polizia fluviale, la regione, il comune, la provincia e lo Stato. Le istituzioni coinvolte nella gestione della problematiche sono moltissime ed è stato fondamentale operare un coordinamento tra i diversi interventi. Questo ha portato alla predisposizione di un piano che sta funzionando, sulla cui base si procede allo sgombero e alla messa in sicurezza delle aree e degli occupanti
  Questa è in termini generali la situazione, sono disponibile ad entrare più nello specifico.

  MARCO MICCOLI. Intendo intervenire sull'ordine dei lavori.
  Avendo a disposizione il prefetto di Roma oggi in audizione, vorrei approfittarne. Nell'introduzione, lei ha parlato specificatamente di un'audizione relativa ai roghi tossici, però, in questa Commissione, abbiamo toccato una serie di temi inerenti alle periferie, di cui alcuni sono di attualità stretta su Roma. Mi riferisco all'emergenza abitativa, alle vicende che riguardano l'accoglienza e alle recenti tensioni che si sono prodotte sulle assegnazioni, per esempio, delle case dell'ATER. Vorrei sapere se potevamo utilizzare la presenza del prefetto anche per chiedere delucidazioni e informazioni su questi aspetti e non solo sui roghi tossici.

  PRESIDENTE. Questo dipende dalla disponibilità del prefetto. Alcune cose specifiche potrebbero essere anche oggetto di un contributo scritto.

  ROBERTO MORASSUT. Signor prefetto, abbiamo avuto in una delle ultime audizioni un incontro con il Ministro Minniti, che è venuto in Commissione ed è stato audito su una serie di questioni, in particolare anche sul tema dei roghi tossici.
  Purtroppo, come lei ricordava, benché sicuramente l'impegno delle forze dell'ordine, anche con difficoltà logistiche, di strumenti e di risorse, abbia prodotto risultati, delimitando per un attimo la complessità del fenomeno e anche dei luoghi, negli ultimi tempi, in alcuni campi, che sono specificatamente quello di La Barbuta, quello via di Salone e quello via Salviati, e in alcuni insediamenti non regolari, sempre sulla fascia sud-est di Roma, come quello a Torre Spaccata o anche, per esempio, come quello nei pressi dei rottamatori del parco di Centocelle, dove non ci sono rom, ma ci sono comunque attività di questo tipo, il fenomeno, soprattutto a causa dell'estate, è stato deflagrante e continua, nonostante gli interventi delle forze dell'ordine, le denunce e il fatto che la nostra Commissione sia stata già più volte in luoghi. In qualche maniera, questo dovrebbe rappresentare una sorta di deterrente, ma, in realtà, lo è soltanto in misura limitata, anche perché i fenomeni, purtroppo, si moltiplicano e proseguono stabilmente, senza apparente interruzione.
  Nell'audizione, il Ministro Minniti sostanzialmente ci ha detto che c'è la disponibilità del Governo a un intervento rafforzativo su alcune situazioni critiche purché questo avvenga nel quadro di una procedura, quella fissata dai canoni del recente decreto Minniti, cioè con riunioni su indicazione dei Comitati metropolitani, che, sulla base di una precisa valutazione, anche statistica e fenomenologica, possano chiedere al Governo, motivandoli, determinati interventi straordinari, persino, come ci ha detto il Ministro, con l'uso, se serve, dell'esercito. Ora, sappiamo bene che l'utilizzo dell'esercito va toccato con grande accortezza e grande prudenza perché l'esercito non ha poteri di polizia giudiziaria. L'esercito può rappresentare una sorta di deterrenza, come rafforzamento delle forze pubbliche a disposizione.
  Le rivolgo una domanda per rispondere anche ai cittadini che sono stati auditi perché, ormai, c'è una situazione di grande confusione nella città. Esistono le condizioni? C'è la possibilità, attraverso un intervento che nasca dal Comitato metropolitano, quindi da un'intesa dello Stato e del comune, che è l'istituzione che più deve motivare lo stato di emergenza e le difficoltà specifiche e descriverle in sede di quell'organismo, di chiedere l'intervento del Governo su alcune questioni specifiche, quindi non genericamente e sulla base di una complessità che sappiamo essere Pag. 6enorme, ma sulla base di specifiche situazioni critiche, di cui, come le ripeto, anche se non sono le sole, sicuramente le più eclatanti sono quella di La Barbuta, di via di Salone e di via Salviati? Siamo stati sul posto e siamo stati in via di Salone e non devo raccontarla qui, ma la situazione è davvero pazzesca. Non so perché era stato fatto un intervento di parziale rimozione per una situazione sicuramente abusiva, che sembrava, tutto sommato, gestibile. Ad agosto, la mattina dopo che ce ne siamo andati, hanno ripreso a portare masse di materiale e bruciarle, quasi come se quella fosse una sfida allo Stato perché eravamo stati lì con le forze dell'ordine, la polizia municipale e il comune.
  Come Comitato metropolitano, si può chiedere al Governo un intervento straordinario di vigilanza h24 e un intervento di forze maggiori su alcune situazioni? Certo, ad appiccare i roghi sono i minori e lo capisco, ma i minori hanno pure dei padri e delle madri o c'è comunque dietro una rete di legalità, che, adesso, non so che cosa possa essere, e il minore è chiaramente usato come elemento per varcare i limiti della legge. È possibile che ci si debba arrendere a ciò?
  Queste sono le criticità sulle quali chiediamo se le autorità dello Stato, ma anche noi della Commissione per quello che possiamo fare, possano intervenire per evitare che questo flagello continui con le caratteristiche di una sfida vera e propria.

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. Sicuramente riuniremo il Comitato metropolitano. Ho chiesto al sindaco di darmi una data per la convocazione compatibile con la sua agenda. All'ordine del giorno verranno portati due argomenti: sicuramente uno è l'emergenza abitativa, che costituisce l'altra grande criticità di questa città, e l'altro è rappresentato dai roghi tossici, quindi da tutta la problematica dei campi nomadi.
  Per quanto riguarda quest'ultima problematica, in particolare, sicuramente dovrà essere fatta un'attenta valutazione per cercare di capire quali, tra le tante situazioni difficili, presentino maggiori criticità. Cercheremo di capire dov'è più necessario e urgente l'intervento. I campi di La Barbuta, di via di Salone, di via Salviati e di Torre Spaccata sono quattro aree caratterizzate da insediamenti enormi.
  Voglio riportare un'esperienza personale: durante il mio incarico di prefetto di Torino, vi è stato un importante intervento dello Stato, che ha stanziato cinque milioni di euro per il superamento di un importante insediamento nomade presente nel capoluogo; sono stati necessari due anni per intervenire su un solo campo abusivo e cinque milioni di euro per superare senza alcuna coercizione una situazione molto problematica. Grazie al grande impegno dello Stato e dell'amministrazione comunale ci siamo riusciti. Un intervento su quattro insediamenti, richiede un impegno economico significativo perché bisogna essere consapevoli che si devono poi affrontare problemi per l'accompagnamento delle famiglie degli occupanti verso una loro stabile sistemazione, per cui è necessario individuare soluzioni abitative. Ci vuole un grande sforzo, anche perché, generalmente, sorgono delle difficoltà per trovare appartamenti in affitto per queste persone. Nel caso di Torino che ho citato, sono stati conclusi accordi di riammissione con i Paesi di origine degli occupanti, che hanno richiesto l'investimento di ingenti risorse per finanziare un progetto lavorativo. Alcune persone hanno accettato di aderire a tali progetti. Partendo dai quattro campi nomadi più critici, proviamo a focalizzare l'intervento su uno di questi per realizzare un progetto sperimentale, com'è stato fatto a Torino. Ci vogliono molti soldi e un investimento notevole per fare questo genere di cose, se parliamo di insediamenti che sfiorano le 1.000 persone. Più o meno, lo abbiamo quantificato e tanto è costato spostare 600 o 700 persone, con modalità che non hanno suscitato alcuna critica perché tutto si è svolto regolarmente soprattutto nella gestione dei bambini grazie al grande affiancamento degli assistenti sociali. Sicuramente questo è uno degli obiettivi che ci siamo dati anche per Roma. Lo faremo a breve, anche avvalendoci di alcune associazioni che si sono occupate nel tempo di queste situazioni. So che c'è stata Pag. 7un'esperienza abbastanza buona sul Camping River, che verrà chiuso, con un'associazione che ha fatto di quel campo un modello virtuoso, ma, nonostante ciò, il campo è stato tolto, con un esborso di soldi da parte del comune. Sicuramente dobbiamo dare questo segnale, anche se le dico sinceramente che è molto difficile farlo perché, in una situazione così complicata, ci sono sicuramente nuclei familiari che sono ben disposti a uscire da una situazione di degrado, come ho verificato personalmente, non a Roma, ma a Torino, e ci sono altre situazioni in cui le persone sono impenetrabili perché hanno un loro modus di vita, costumi, tradizioni e regole che non facilmente si associano al nostro modo di vivere. In questa situazione di difficoltà, alcuni se ne sono andati per non «subire» questo programma. Senz'altro lo faremo, anche a costo di verificare se, su alcune specifiche situazioni, anche perché non è possibile farlo su tutto, ci possa essere l'impegno dell'esercito, che dobbiamo verificare con molta attenzione. L'esercito oggi ci garantisce la vigilanza sugli obiettivi sensibili: tutto il personale è impegnato nel programma «Strade sicure» e garantisce la vigilanza sugli obiettivi sensibili, che a Roma sono tantissimi, per cui ci sono circa 1.900 addetti a presidio, il che penso sia abbastanza visibile nella città.
  Ogni turno in ogni situazione di vigilanza fissa o dinamica prevede un impegno di almeno venti uomini da impiegare. Bisogna anche quantificare il numero perché i campi di La Barbuta, di via di Salone e di via Salviati hanno una dimensione abbastanza estesa, quindi bisogna tarare su quello il numero delle persone necessarie. A mio avviso, bisogna farlo dopo aver inquadrato il problema dei campi e dopo aver affrontato la bonifica dei rifiuti presenti, anche perché non è utile fare la vigilanza in questi siti dove tutto è rimasto com'era. Dovremmo procedere a una bonifica di questi luoghi e in seguito monitorarle e controllarle. Nel campo di via Salviati mi risulta che ci siano cumuli di spazzatura. Tra l'altro, tra questi cumuli di spazzatura o di materiale che si trovano lì da anni, ci sono anche rifiuti speciali, quindi, quando si procede alla rimozione, bisogna verificare il tipo di rifiuto. Ho letto il progetto che è stato realizzato sulla Terra dei fuochi a Napoli, dove, a parte il grosso investimento dello Stato sui PON, quindi su fondi europei, dieci dei tredici milioni sono stati destinati alle bonifiche, quindi con un fortissimo impegno.

  VINCENZO PISO. Grazie, prefetto, per la sollecitudine con la quale ha risposto alla nostra necessità di avere un colloquio su questi temi. In pochi giorni, lei si è resa disponibile e credo che questo vada assolutamente a suo merito.
  Come ricordava poc'anzi il collega Morassut, abbiamo avuto recentemente un'audizione con il Ministro Minniti, che ci ha rappresentato una serie di questioni, e una parte della sua relazione è stata dedicata all'aspetto dei roghi tossici, rispetto a cui ormai sembra acclarato esista una vera e propria filiera criminale, che guadagna su questo traffico. Chiaramente, anche il Ministro Minniti ha rappresentato la complessità di una possibilità di intervento su questo problema, dando disponibilità – lo ha ricordato anche il collega Morassut – per la possibilità di interventi speciali. Peraltro, il ministro ha ricordato che essenzialmente il fenomeno riguarda alcune grandi aree metropolitane, come Roma, Milano, Napoli e Torino.
  Ora facciamo un passo indietro. Nel 2014, l'Unione europea ha aperto una procedura, per quanto riguarda l'Italia, su roghi tossici e smaltimento dei rifiuti. Inoltre, se non sbaglio, la prefettura di Roma (il prefetto Pecoraro) ha redatto un rapporto, anche perché, addirittura, la prefettura era praticamente al centro di questa indagine e la coordinava. Ho con me il protocollo dell'indagine svolta dal prefetto Pecoraro, in cui c'è scritto «Roma, 3 aprile 2014». Si tratta di una relazione inviata al Ministero dell'interno e, per conoscenza, al questore e al comando provinciale dell'Arma dei Carabinieri, con oggetto «campi nomadi, caso EU Pilot 6011/14/ENVI, roghi incontrollati e non autorizzati». Innanzitutto, vorrei sapere se rispetto alla relazione del prefetto Pecoraro, servita anche per tacitare l'intera Comunità europea, con la quale Pag. 8il nostro Stato aveva preso l'impegno di provvedere nella direzione di un risanamento di queste situazioni, lei mi può dire qualcosa.

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. Non ne sono a conoscenza. Nessuno mi ha sottoposto il caso, ma mi farò carico di fare un approfondimento sulla questione.

  VINCENZO PISO. Si parla di coordinamento e di comitati e sottocomitati per ordine e sicurezza, ma poi uno si rende conto che evidentemente c'è qualcosa che non funziona probabilmente sul piano della comunicazione.
  Lei ha ricordato tutta una serie di difficoltà oggettive rispetto al fenomeno. Il territorio romano è vastissimo per cui c'è la difficoltà del controllo, anche per la dispersione dei campi rom. C'è il fatto per cui lo smaltimento dei rifiuti facilita una serie di attività parallele e, spesso e volentieri, illegali. Talvolta, nella sua parte terminale, tutto ciò viene gestito da minori che non sono imputabili. Ci sono alcune situazioni che rendono difficile l'intervento.
  Abbiamo constatato, facendo dei sopralluoghi, che sicuramente c'è uno scoramento da parte dei cittadini che abitano in quelle zone e sono costretti praticamente a vivere chiusi dentro casa, quasi non stop, anche perché la frequenza di questi roghi, specialmente negli ultimi tempi, è aumentata con cadenza di due o tre volte a settimana, per cui, un giorno sì e un giorno no, c'è un rogo.
  Tutto questo incide sulla salute e sull'ambiente e c'è sicuramente, come abbiamo detto all'inizio, una filiera criminale che deve essere, in qualche modo, attaccata. Rispetto a queste difficoltà, quali possibilità reali ci sono di colpire questo tipo di situazione cercando di ripristinare la legalità? Lo chiedo perché le uniche possibilità che vedo sono: iniziare a fare in modo che non ci sia la dispersione dei campi rom, che sicuramente rende il controllo difficile; aggredire la logistica che produce questi spostamenti; sviluppare un maggior controllo in loco, chiedendo l'intervento dei militari, che, per quanto riguarda la Terra dei fuochi, se non sbaglio, per tempi limitati, hanno poteri di pubblica sicurezza. Dobbiamo cercare di dare segnali in questa direzione perché quello di cui ci siamo resi conto è che sicuramente, a fronte di una illegalità che in queste zone è diventata diffusa, c'è l'impossibilità di ripristinare un rapporto sano fra cittadini e istituzioni. Ormai, c'è una sfiducia totale rispetto alla capacità di intervento dello Stato e questo produce di rimando tutta una serie di effetti assolutamente negativi.
  Lei faceva cenno poc'anzi al discorso dei minori e alla necessità di intervenire in maniera positiva con un'integrazione rispetto a queste comunità. Ho fatto per tanti anni il consigliere comunale a Roma. A oggi, dobbiamo riscontrare, per esempio rispetto ai minori, un fallimento delle politiche sulla scolarizzazione di questi minori. Il comune ultimamente ci è venuto a dire che, di fatto, c'è in termini percentuali un'ulteriore perdita dell'adesione di questi minori ai programmi di scolarizzazione. In quel caso, io – chiaramente si tratta della mia opinione – sarei dell'idea che forse bisognerebbe iniziare a incidere addirittura revocando la patria potestà. Lo dico perché, se non interveniamo in questo senso e in questa direzione, secondo me non riusciremo mai a dare risposte nette. Rimanendo semplicemente nella vicenda dei roghi e sulla base di quello che abbiamo constatato in maniera univoca come Commissione, quali interventi, in estrema sintesi, rispetto alla complessità del fenomeno, possiamo in qualche modo auspicare e sperare che lo Stato metta in opera rispetto al fenomeno? Che cosa si aspetta che questa Commissione possa dire o fare per dare una mano e cercare di porre rimedio a una situazione che, purtroppo, nell'ultimo anno è andata peggiorando, provocando tutto quello di cui abbiamo parlato fino ad adesso?

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. Onorevole, lei ha perfettamente ragione. Mi trovo con lei su tutto quello che ha detto, a parte il rapporto di Pecoraro, di cui non sono a conoscenza, ma sarà mia cura recuperarlo e aggiornarlo perché evidentemente Pag. 9 si partiva da un dato che è solo peggiorato e non migliorato.
  Detto ciò, voglio fare un piccolo inquadramento normativo perché gli interventi si fanno quando uno ne ha le competenze.
  Riguardo a tutta questa vicenda, sulla problematica ambientale, i poteri che sono attribuiti dalla norma alle istituzioni sono netti. Nel campo igienico-sanitario, la competenza è dei sindaci, che hanno il potere di ordinanza e devono intervenire con provvedimenti per rimuovere le situazioni che generano rischi per la salute pubblica, sia sotto il profilo dell'incidenza delle malattie, quindi per la profilassi, sia per quanto riguarda l'inquinamento. Queste sono competenze del sindaco ampiamente riviste e rimodulate nonché riconfermate nel testo del decreto Minniti, che, per la prima volta, ha delineato bene il quadro dei compiti dei sindaci nell'ambito della sicurezza urbana. Il secondo ente che può e deve intervenire, anche in via di surroga, è la regione. Tutta la materia ambientale prevede poteri dei sindaci e poteri surrogatori dalle regioni. Purtroppo, lo Stato in questo non c'entra e non può intervenire. Poi, le dirò quello che penso e che cosa posso suggerire.
  Detto ciò, nell'attività di contrasto e repressione posta in essere dalle forze di polizia, anche su impulso del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, il punto di riferimento è l'autorità giudiziaria. La repressione dei reati viene attuata da parte delle forze dell'ordine su delega dell'autorità giudiziaria. Tra l'altro, mi piace sottolineare che ci troviamo in un contesto normativo che ha previsto una forte depenalizzazione e un forte decremento dei reati per i quali è prevista la sanzione del carcere per evitare il sovraffollamento carcerario, per il quale l'Italia è stata oggetto di infrazione da parte dell'Europa, sono stati adottati alcuni provvedimenti per deflazionarlo. Vado a memoria perché non si tratta di un campo di cui mi occupo, però posso dire che, per i reati con pene di un massimo di tre o quattro anni, non c'è praticamente la possibilità di arresto, quindi i provvedimenti di fermo adottati dalle forze di polizia non vengono convalidati dal giudice, quando l'ipotesi di reato è lieve. Assistiamo anche a questo fenomeno, per cui si reprime da una parte e non si portano a conseguenza, dall'altra, quelli che sono definiti reati di minore entità...

  FABIO RAMPELLI. Se c'è la recidiva...

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. Nel caso in cui ci sia la recidiva, bisogna trovare gli autori dei fatti. Quest'estate, ci sono stati quattro arresti da parte delle forze dell'ordine, che si sono sostanziati in denunce, cioè i responsabili sono stati denunciati a piede libero.
  C'è da aggiungere un'altra cosa, ma la dico come dato statistico perché non me ne occupo direttamente: ammesso e non concesso che ci siano provvedimenti cautelari, i destinatari spesso vengono destinati agli arresti domiciliari nei campi stessi, con il paradosso che le forze di polizia devono recarsi nei campi per verificare se la custodia cautelare viene rispettata. A voler essere sinceri, questo è l'ambito entro il quale ci muoviamo: da una parte, c'è l'esigenza dello Stato di deflazionare alcune situazioni per evitare di esporsi a procedure di infrazione molto forti e, da un'altra parte, ci sono situazioni che incidono sulla carne viva della gente. Sono d'accordo con lei sulle difficoltà delle persone che vivono in prossimità dei campi e conosco bene la situazione perché ho ricevuto tutti i comitati cittadini che hanno chiesto di parlarmi e le persone che abitano in quelle zone vivono situazioni insostenibili.
  Che cosa penso che si debba fare? Questa è una mia idea: si potrebbe mutuare il progetto della Terra dei fuochi, ma non completamente, anche perché non ci troviamo nella stessa situazione, che presenta tra l'altro una genesi completamente diversa con problematiche legate alla criminalità organizzata alle spalle, un fenomeno che non attribuisco a questa città...

  VINCENZO PISO. Mi scusi, prefetto. Speriamo, però, che non si arrivi, anche in questo caso, a dover...

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. No. Lo voglio sottolineare...

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  VINCENZO PISO. Qualche preoccupazione c'è...

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. È compito della magistratura eventualmente verificarlo.
  Non ci troviamo in quella situazione, però alcune cose del programma che è stato realizzato sulla Terra dei fuochi potrebbero essere mutuate, quindi si potrebbe, togliendo alcune cose, proporlo. Innanzitutto, bisognerebbe fare una mappatura e verificare, in questo ambito, di quali rifiuti stiamo parlando perché non sappiamo nemmeno quale sia l'entità dei rifiuti, che, come sapete, vanno trattati in maniera diversa, secondo la tipologia. Bisognerebbe fare un grosso investimento sulle bonifiche, perché, altrimenti, stiamo parlando del nulla, ma anche su tutti i sistemi di vigilanza per impedire che il l'abbandono dei rifiuti si ripeta. Le dico, però, che quello di via Salviati è un campo in parte tollerato, quindi non è nemmeno nei villaggi della solidarietà, ed è, in parte, abusivo perché si è allargato nel tempo.
  Dobbiamo essere anche consapevoli che bisogna fare delle deroghe perché dobbiamo trattare insediamenti abusivi. Questo deve essere anche un punto di forza: bisogna superare la questione relativa all'intervento legittimo fatto legittimamente, se vogliamo risolvere il problema.
  Sicuramente ci vuole un intervento straordinario dello Stato. Vi ripeto che, a Torino, per un campo di 700 persone, lo Stato ha investito 5 milioni di euro, senza le bonifiche, perché tutto è stato investito per superare il campo, ma tutto il problema della bonifica del territorio – quando ho lasciato la città – non era stato risolto.
  Per quanto riguarda le attività di repressione e di controllo, posso dire che le assicuriamo. Tra marzo e agosto, sono stati controllati 6.452 automezzi da parte dell'amministrazione comunale, tramite la polizia locale. Le forze di Polizia fanno periodicamente interventi, ma non abbiamo i dati, che, vista la brevità dei tempi, non mi sono stati inviati. Ricevo quotidianamente le ordinanze che vengono disposte dal questore e posso dire che gli interventi di alto impatto e di controllo sono molto frequenti.

  FABIO RAMPELLI. La ringrazio per la sua disponibilità e mi unisco al coro dei colleghi perché va detto che lei è sempre stata presente e disponibile, non solo a fare il suo lavoro, ma anche nella più difficile e dispendiosa attività di ascolto, che ci ha ricordato. La ringrazio anche e soprattutto per questo. Inoltre, quando c'è la disperazione nei cittadini, avere un'istituzione importante, come la prefettura, che è capace anche di rassicurare, di informare e di far capire qual è la strategia che si mette in campo di fronte ad alcuni fenomeni complessi è sicuramente un punto di vantaggio.
  Vorrei dire che siamo in presenza del più classico serpente che si morde la coda e dovremmo riuscire a capire come spezzare questa ruota. Ora, se Roma sta declinando, come dovrebbe essere e come si è accorto persino il Ministro Calenda a quattro mesi dal voto, vuol dire che la situazione è disperata. Mi consenta questa battuta che dico al presidente e non a lei, prefetto, che non c'entra niente, perché il mio è un intercalare di dialettica politica. Tutto ciò significa che effettivamente le cose non vanno bene, come lei, in parte, nelle sue considerazioni generali, ha confermato. Lei ha confermato la complessità della città di Roma, la sua estensione territoriale e molto altro che potremmo aggiungere e che sarebbe conseguenza diretta di questa premessa e l'abbiamo ascoltata supinamente. Ogni volta che c'è un'audizione di una qualunque autorità dello Stato o del territorio, si parte sempre da questo discorso. Si dà il caso che questo comunque sia il luogo nel quale fare le denunce e le analisi, ma poi bisogna elaborare anche le proposte per superare gli ostacoli.
  Nelle condizioni in cui si trova Roma, nonostante abbia – siamo in tema anche di referendum per l'autonomia – un residuo fiscale importante, teoricamente, se dovesse passare la logica per cui ognuno gestisce le proprie risorse, Roma potrebbe forse risolvere i propri deficit, ma questo è un altro problema.
  Mi pare evidente che l'amministrazione comunale, anche di fronte alle sue competenze Pag. 11 ordinarie, sulla materia dei nomadi non abbia le risorse per intervenire e per fare le bonifiche, che vengono definite dal sindaco Raggi, che abbiamo audito precedentemente, una materia estranea al contratto di servizio tra Campidoglio ed Ama. Non c'è questa possibilità, quindi il Campidoglio non può intervenire attraverso l'azienda preposta sulla bonifica dei campi nomadi, che dovrebbe essere una bonifica quotidiana. Lo dico perché già la parola bonifica dà l'idea di un intervento eccezionale, ma, in realtà, siccome i campi nomadi insistono sul territorio comunale, teoricamente, esattamente come sotto casa mia ogni giorno passano i camion compattatori che trasferiscono l'immondizia altrove, la stessa cosa dovrebbe quotidianamente avvenire per i campi nomadi.
  Il mio è un discorso semplice: se c'è un rogo, ci deve essere anche il combustibile, quindi l'unico modo per intervenire su questa materia e per cancellare i problemi che subiscono ormai da anni e con una frequenza in crescita i cittadini, soprattutto delle aree periferiche romane, è togliere il combustibile. Lo dico perché, se non si toglie combustibile, ci sarà sempre un rogo. È inutile appellarsi a problemi legislativi e a tutto quello che abbiamo ascoltato, se comunque – a breve, le commenterò, facendo anche proposte perché, secondo me, si può fare qualcosa di meglio – non si riesce a fare la cosa più semplice del mondo, cioè garantire o la costante e quotidiana pulizia e rimozione del combustibile, alias rifiuti, scarti, carcasse, rottami eccetera, quale possibilità di amministrazione ordinaria, ovvero quella di amministrazione straordinaria, se si decide di chiedere all'esercito di intervenire, anche soltanto con il Genio civile. Non penso sia necessario mettere i marò, che probabilmente saranno di fronte agli obiettivi sensibili della capitale, perché bastano le seconde linee dell'esercito per fare questo tipo operazione. Ora, se Roma non è nelle condizioni di farlo, perché non ha le risorse per pagare un'aggiunta al contratto di servizio ed estendere il contratto di servizio dell'Ama alla pulizia dei campi nomadi, si mette, non in maniera episodica, ancorché efficace, come lei ci ha raccontato da un punto di vista del controllo dei mezzi all'ingresso dei campi nomadi, una task force interforze davanti a ogni campo nomade e si perquisiscono ed eventualmente si requisiscono e sequestrano tutte le merci rubate o i rifiuti tossici, all'ingresso. Questa è un'altra soluzione per poter togliere il combustibile dai campi nomadi. In questo caso, tertium non datur, per cui non c'è altra roba su cui possiamo discutere: o si tratta di questo oppure ci si sta voltando dall'altra parte, a mio giudizio, rispetto alla possibilità di affrontare di petto questa materia.
  Il fatto stesso che una Commissione parlamentare d'inchiesta se ne debba occupare, interpellando il Ministero dell'interno, il prefetto di Roma e il sindaco è già mortificante perché è come se fossimo in Uganda piuttosto che nel settimo Paese industrializzato del mondo. Parliamo di un fenomeno per cui è assurdo che non si riesca a eliminarlo. Capisco la complessità dei campi nomadi e la questione della regolamentazione, della chiusura e di tutto il resto. Si tratta di una cosa complessa e ci vorrà del tempo, ma almeno i roghi tossici potremmo fermarli, posto che questi hanno un punto di partenza e un punto d'arrivo e che, come ho detto in altre audizioni, il rogo dura anche nel tempo. Lei, infatti, ci ha confermato che, teoricamente, potremmo anche procedere all'arresto di chi alimenta e accende gli incendi, ma non possiamo farlo perché i nomadi utilizzano i bambini.

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. Mi riferivo alle rare volte in cui siamo riusciti a...

  FABIO RAMPELLI. Questo è un altro punto. A monte, ho detto quello che penso e che non pretendo sia il verbo, ma, a valle, bisogna comunque prendere in flagranza di reato chi accende i roghi. Questa è una cosa che si può fare perché il rogo non è un borseggio e non è uno scippo, quindi non è un episodio criminale che si consuma nello spazio di pochi secondi e magari l'artefice del crimine poi scompare nella folla in una metropolitana o tra i turisti. Il rogo inizia in un determinato luogo, nei campi nomadi, Pag. 12 e dura qualche ora: con accorgimenti tecnici o di prevenzione e di conseguente repressione, dovrebbe essere più semplice di altri fenomeni cercare di circoscriverlo, prenderlo di petto e portarlo a soluzione.
  Poi ci sono una serie di argomenti, che corrispondono anche ad alcune domande.
  L'utilizzo dei minori nei campi nomadi per accendere i fuochi e per le attività illegali, costanti e quotidiane, che cito perché lei le conosce a memoria e noi le conosciamo tutti a memoria, da quelle apparentemente più innocue, come il rovistaggio che alimenta i roghi, a quelle più evidenti e più criminogene. Ora, questo dato è incontrovertibile perché i numeri che abbiamo avuto dai servizi sociali del comune di Roma dicono in maniera intellegibile che c'è un crollo della scolarizzazione, non una piccola riduzione rispetto ai numeri di qualche anno fa, ma un crollo. La media della scolarizzazione è al di sotto del 10 per cento nei campi nomadi regolari. In quelli tollerati, questo numero decresce e in quelli totalmente abusivi probabilmente siamo allo 0 per cento di scolarizzazione perché non passano neanche gli scuolabus del comune a prendere i bambini, che non sono censiti, per cui, teoricamente, quei bambini sono tutti fantasmi. Questo fenomeno si deve affrontare perché non è possibile e tollerabile che nella capitale d'Italia ci siano migliaia di bambini che vengono utilizzati e sfruttati, diventando manodopera della criminalità diffusa. Esiste o non esiste l'istituto della sottrazione della patria potestà? È stato attivato da qualcuno tale istituto? Ci sono stati tentativi anche di renderlo più efficace? Si tratta di un'attività utilizzata in maniera costante e continuativa da parte delle autorità preposte? Lo dico perché andare in giro per questi campi, anche in quelli regolari, durante l'orario scolastico, e vedere tranquillamente, com'è capitato alla nostra Commissione o a me, quando ci sono andato anche personalmente, senza l'ausilio e la presenza dei colleghi e l'autorità della Commissione, questi bambini che non sono a scuola e che nessuno fa niente è un altro fenomeno che rende evidente il fallimento dello Stato nel contenimento dello sfruttamento dei bambini. Le faccio queste osservazioni perché abbiamo ascoltato, come già ha detto il collega Morassut, il Ministro Minniti, che ha preso impegni solenni. In parte, però, il Ministro ha scaricato la responsabilità di questi impegni solenni sul prefetto, anche quando ha parlato di eventualità di prevedere l'eccezione all'impiego dell'esercito, quindi ha sempre detto «a discrezione delle prefetture». Ora, la mia domanda è: vi siete parlati? Il Ministro Minniti l'ha chiamata? Vi siete incontrati? Avete stabilito una strategia? Ha chiesto Minniti, non alla Commissione, ma a lei, dopo averlo detto in Commissione, di immaginare di perseguire questa strada? C'è un punto di caduta dopo il nostro lavoro oppure siamo alle battute giornalistiche? Mi auguro di no, ma i risultati fino a qui non ci sono.
  Lei ha fatto presente che il numero di nomadi...Chiamiamoli tali. Anche su questo vorrei aprire una parentesi: nei campi nomadi chi decide quali sono i nomadi? C'è una selezione? Mi definisco nomade e ho il diritto a stare in un campo nomadi? Penso che anche questo tipo di analisi vada fatta, perché abbiamo visitato campi nomadi dove non ci sono nomadi ma ci sono immigrati. Sono immigrati che provengono da Paesi dove non ci sono guerre, ma c'erano vent'anni fa (Bosnia, Serbia) e che andrebbero trattati con la fattispecie degli immigrati, non con la fattispecie dei nomadi. Dovremmo cercare di intervenire per sfoltire questa materia, anche da un punto di vista numerico. Quando ci si riferisce soltanto a quattordici campi, tra quelli regolari e quelli irregolari ma tollerati, si sa perfettamente che esiste un fenomeno dieci volte superiore che è al di fuori di questi quattordici campi. Vorrei avere qualche notizia anche sugli altri, sulle decine di migliaia di persone, perché, se non entra nella cultura generale e nella sensibilità di chi rappresenta le istituzioni repubblicane, questo problema alimenta delle false aspirazioni.
  Mi riferisco, per esempio, agli immigrati che vengono assegnati alla capitale, perché questo è un altro problema. Non vorrei estendere troppo la nostra conversazione, Pag. 13ma purtroppo le cose tra loro collimano, c'è una coincidenza, c'è un'adiacenza. Lei ha detto nella sua prolusione, prefetto, che tutti gli sgomberi che vengono fatti... Lei ha citato la provincia di Roma come area vasta di riferimento, ma sappiamo che il fenomeno è molto più esteso. Tutto quello che avviene in buona parte dello stivale in termini di sgomberi ha una ricaduta sulla capitale. Infatti, se ci si fa una passeggiata sul Tevere o sull'Aniene, cosa sono quelli? Campi nomadi? Centri di accoglienza improvvisati? Ricoveri abusivi? Villaggi sociali? Non so che cosa sono, comunque lì non si può camminare. In alcuni casi fortunatamente non è previsto che ci si possa camminare, perché parliamo delle sponde del fiume, ma lì ci sono migliaia e migliaia di persone di cui si disconosce il nome, il cognome, la provenienza, la fedina penale. Sono dei fantasmi. Ci sono i bambini. Chi affronta questo fenomeno? Non ne parliamo perché non sono nomadi? Molti sono nomadi, perché magari vengono da sgomberi di altre città, di altri accampamenti o di altri insediamenti. Penso che non si possa più chiudere gli occhi. Dovrebbe esserci almeno da parte delle autorità preposte, nero su bianco, una missiva al Governo, al Presidente del Consiglio e al Ministro dell'interno che dica: «Guardate, non ci date immigrati, anzi prendetevi degli immigrati e smistateli altrove». Infatti, il numero di immigrati e nomadi che compare non è quello vero della capitale d'Italia, ma ce ne sono decine di migliaia in più, perché ogni volta che c'è qualcuno che esce da un CARA, da uno SPRAR, da un centro d'accoglienza, da un campo nomadi in Italia si dirige all'80 per cento su Roma, al 10 per cento su Napoli e al 10 per cento su Milano. Questa è la distribuzione, questi sono i numeri. Qualcuno vuole ufficializzare questo fenomeno, per sottolineare che non è uno ghiribizzo di qualche populista quello di dire che Roma non può più accogliere immigrati, ma è una necessità oggettiva, perché, a fronte di un numero codificato di immigrati monitorati – non dico «regolari» perché di regolare qui non c'è più niente ormai, ma almeno codificati e identificati – c'è un numero dieci volte superiore di immigrati o nomadi che non sono codificati e identificati? Questi ultimi sono quelli che peggiorano la qualità della vita della città e che la riducono nelle condizioni di degrado in cui siamo. Ci sono anche tanti altri fenomeni, per carità, ma ora parliamo di questo.
  Penso che anche la prefettura e il prefetto potrebbero farsi parte diligente, se i dati che lei non ci ha dato ma che ha evocato sono confermati, per informare il Governo di questa impossibilità, perché non si sa più come regolarsi.
  Ho parlato delle perquisizioni, della task force, della flagranza di reato, degli impegni di Minniti, della sottrazione della patria potestà alle famiglie per i bambini che vengono sfruttati, delle bonifiche (eventualmente o le fa l'esercito o comunque lo Stato deve fare provvedimenti straordinari), degli stranieri presenti nei campi che vanno trattati da immigrati e non da nomadi. Penso che più o meno ci sia tutto. La ringrazio infinitamente per la pazienza e per la cortesia. Mi dispiace se ho usato magari qualche tono aspro, ma davvero qui non si sa più che cosa fare.

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. Faccio una sintesi, perché se volessi approfondire ogni cosa potremmo parlare per due giorni di seguito.
  Per quanto riguarda la situazione ordinaria, lei afferma che la spazzatura dai campi dovrebbe essere raccolta tutti i giorni e io sono d'accordo con lei. In quest'ambito potremmo incidere sul cosiddetto «contratto di servizio» tra il comune di Roma e Ama. Il problema è che prima si deve procedere con la rimozione dei rifiuti presenti. Per questo motivo ho parlato di un programma straordinario. Per giungere a una situazione di ordinarietà bisognerebbe prima togliere quei cumuli di immondizia che lei ha già visto e di cui siamo tutti a conoscenza. Insisto sul punto: ci vuole un intervento economico straordinario. Per quanto riguarda le task force, il Comitato metropolitano, che a breve costituiremo, deciderà alla luce di tutti i contributi che arriveranno, dal sindaco, ma anche dalla regione e dalle forze di polizia. Da parte mia non vi è alcuna pregiudiziale su come Pag. 14affrontare questa problematica. Decideremo assieme perché il problema della sicurezza dei cittadini che vivono nelle periferie è urgente quanto la sicurezza dei cittadini contro gli attacchi di terrorismo. Bisogna fare una ponderata valutazione e verificare.
  Il genio militare può intervenire a smaltire? Le dico di no perché, siccome si tratta di rifiuti, ci vogliono ditte specializzate che sappiano identificare in tutti quei cumuli di spazzatura che cosa è rifiuto speciale, che cosa va portato in discarica speciale e che cosa va portata in discarica ordinaria. Nella generalità dei casi, la carcassa della macchina e il frigorifero smontato rappresentano una minima parte dei rifiuti abbandonati, ma la magna pars dei cumuli di spazzatura è costituita da una stratificazione di rifiuti di vario genere che vanno catalogati, perché tra di essi ci può essere di tutto. Ribadisco che è necessario prima procedere con una bonifica per riportare la situazione alla normalità; quello che dice lei è auspicabile, ma ci metteremo di buzzo buono.
  Per quanto riguarda l'impiego dei minori nei campi rom, ricordo che il controllo della scolarizzazione è compito primario dei servizi sociali. Non lo dico per fare un discorso su quello che spetta a me e quello che non spetta a me: ma non posso fare interventi senza competenze. Ci abbiamo provato con i minori stranieri non accompagnati, di cui ci siamo occupati in questi ultimi quattro anni. In tale ambito l'intervento spetta ai servizi sociali del Comune, perché è la norma che attribuisce la tutela ope legis al sindaco del comune dove il minore viene rintracciato, e al tribunale dei minorenni. Non possiamo intervenire sui minori, perché la norma non lo prevede. Possiamo svolgere un'attività di endorsement nei confronti del sindaco competente e dei servizi sociali affinché se ne facciano carico, ma non possiamo intervenire sui minori. Nessuno di noi può farlo.

  FABIO RAMPELLI. La interrompo brevemente per capire (ammetto la mia ignoranza): il tribunale dei minori non risponde al sindaco. Il sindaco ha dei dati – ce li abbiamo anche noi, perché ce li ha trasmessi ufficiosamente il comune di Roma, però portano il marchio di Roma capitale – e sono quelli che le ho citato. Che cosa deve accadere per entrare nei campi nomadi e attivare i processi di sottrazione della patria potestà?

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. È necessaria una relazione da parte dei servizi sociali. Come ho già detto non è una materia di competenza della prefettura, mi baso sull'esperienza vissuta quando ho esercitato le funzioni di commissario straordinario nei comuni. La procedura prevede una segnalazione dei servizi sociali all'autorità giudiziaria minorile mediante delle relazioni a cui fa seguito una lunga analisi da parte dell'autorità giudiziaria che adotta la decisione in merito alla sottrazione del minore alla patria potestà. Come ho già detto più volte, è un compito di cui si occupano precipuamente i servizi sociali dei comuni. Il comune fa la segnalazione, che viene mandata all'autorità giudiziaria minorile, la quale, sulla base di perizie di psicologi, decide che sia sottratta la patria potestà ai genitori. Noi non possiamo proprio occuparcene. Avremmo voluto, perché ci sono una serie di situazioni riguardanti i minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio. Possiamo dare solo assistenza, ma se arriva un minore straniero non accompagnato nel territorio del comune di Guidonia (un esempio a caso) chi assume la potestà e la tutela è il sindaco della città, che deve provvedere all'assistenza, anche economica. Questo prevede la normativa. Noi non possiamo fare nulla, né sull'abbandono scolastico né sulla destinazione dei minori nelle strutture né su tutto ciò che riguarda i minori in genere, purtroppo. Dico «purtroppo» perché a volte avremmo voluto farlo ma non è stato possibile. Possiamo intercedere, sollecitare il sindaco affinché si attivi, attività che stiamo facendo e che abbiamo già posto in essere in materia di minori stranieri non accompagnati.
  Per quanto riguarda il numero degli immigrati cosiddetti transitanti presenti nella Capitale, è un argomento da tempo all'attenzione della prefettura... sono situazioni che vengono definite in vario modo: trasparenti, Pag. 15 invisibili. È un problema di cui mi sono occupata, proprio in relazione alle assegnazioni dei migranti alla provincia di Roma, che venivano dati in base a una proporzione numerica. Dividendo il numero degli abitanti per il fondo sociale che stanziato dalla regione si definiva una certa quota per abitante. Abbiamo rappresentato, insieme al sindaco di Roma, la peculiarità di questa città, che, oltre al numero degli assegnati, ha un numero infinito di invisibili, che vivono, come ha osservato lei, senza che nessuno li possa censire. A tale scopo è stata istituita una cabina di regia, che abbiamo già attivato; in seguito alla situazione rappresentata non vengono più assegnate alla provincia di Roma quote di migranti, se non quelli rientranti nel programma della relocation, quindi prendiamo in carico solo quelli che arrivano anche dalle altre Regioni e che devono essere ricollocati negli altri Paesi dell'Unione europea.
  Per quanto riguarda il censimento dei cosiddetti invisibili, è un'attività molto difficile. Le forze di polizia quando ne fermano qualcuno in occasione della normale attività di controllo del territorio lo identificano e una volta accertata l'irregolarità della presenza sul territorio consegnano il foglio di via. Questa è la situazione. Soprattutto se non hanno precedenti penali, non possono essere arrestati e condotti nei CIE; vengono identificati e viene assegnato loro un termine entro cui devono lasciare il territorio italiano, dopodiché è finita lì. Si può immaginare che la questura ipotizzi approssimativamente il numero dei cosiddetti invisibili presenti sul territorio, ma è molto difficile proprio per la loro condizione. Sono d'accordo quando lei dice che questa situazione va a incidere pesantemente sul degrado della città, perché sono tutte persone che vivono in strada, spesso nascosti lungo gli argini del Tevere ed è una situazione terribile. La materia del degrado urbano rientra tra quelle attività che il decreto Minniti sulla sicurezza urbana attribuisce al sindaco. Contro il degrado e contro tutti questi fenomeni, il sindaco può adottare le famose ordinanze di allontanamento, che poi si possono tradurre, in caso reiterazione, in un provvedimento di DASPO che può emettere il questore, comminando una multa che va dai 100 ai 500 euro. Il problema semmai è ottenere il pagamento effettivo della sanzione, perché costoro sono senza tetto, senza fissa dimora, non hanno reddito, quindi non sappiamo questi soldi come devono essere versati. Al momento il comune di Roma non ha ancora adottato il regolamento sulla materia. Per quanto riguarda gli ordini di allontanamento, la polizia municipale ne ha rilasciati 170 al 30 settembre.
  Ho risposto a tutto?

  FABIO RAMPELLI. Non mi ha risposto sulle perquisizioni all'ingresso dei campi rom.

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. È il comune che se ne occupa. Se ne sta occupando la polizia municipale. Abbiamo i dati, ve li leggo.

  FABIO RAMPELLI. La polizia municipale è oggettivamente impossibilitata a essere efficace.

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. Il sindaco lamenta che le pattuglie della polizia municipale da destinare a tale attività sono poche. Ha cinque pattuglie che adopera per la vigilanza di questi campi, anche se noi garantiamo un supporto con le forze di polizia.
  Questa attività spetta alla polizia municipale che controlla i mezzi che entrano ed escono dai campi. Le forze di polizia in via ordinaria svolgono attività di polizia giudiziaria su delega del magistrato; in occasione delle operazioni cosiddette di alto impatto, di cui ho già parlato, procedono a perquisire i campi, i moduli abitativi, le roulotte, anche se ritengo che, in via sistematica, questo sia un compito proprio della polizia municipale, che, dai dati forniti dal Comune risulta che abbia controllato 6.486 automezzi, ha effettuato 482 contestazioni per infrazione al codice della strada, dieci ritiri di patenti, 34 tra fermi amministrativi e sequestri veicoli. Pag. 16
  Voglio citare anche un altro espediente utilizzato dai nomadi nell'attività di recupero illecito di rifiuti che è quello di servirsi di furgoni non intestati a loro ma a terze persone, per cui la confisca del mezzo il più delle volte non si può fare, perché non sono loro i proprietari del mezzo. Anche se vengono fermati con tali mezzi, il fatto di risultare intestati a terze persone impedisce il sequestro.

  FABIO RAMPELLI. Quindi, ci arrendiamo?

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. No, non ci arrendiamo, onorevole Rampelli. Non ci arrendiamo mai, facciamo tutto quello che è possibile fare, ovviamente ciascuno nei limiti delle proprie competenze. Lei sa che noi non smettiamo mai. In una complessa situazione, dove ci sono tanti altri problemi, facciamo il massimo dello sforzo.

  FABIO RAMPELLI. Per perquisire i furgoni all'ingresso dei campi nomadi, se non ho capito male, serve ogni volta un'autorizzazione.

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. I controlli nei mezzi li fa la polizia municipale, perché, essendo polizia municipale, rientra nei loro compiti. Per quanto riguarda invece la perquisizione vera e propria, se la fa la forza di polizia, deve avere una delega d'indagine, cioè deve essere motivata da un'indagine di polizia giudiziaria, non può fare la perquisizione nel furgone che transita. Comunque su questo mi riservo di approfondire, perché non è il mio campo.

  FABIO RAMPELLI. Paradossalmente, se le cose stanno così, è meglio non mettere la polizia municipale, perché, se la polizia municipale deve vedere da un punto di vista esteriore i furgoni con dentro la refurtiva o con dentro i rifiuti, senza poter procedere alla perquisizione e all'eventuale sequestro...

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. No, loro lo fanno...

  FABIO RAMPELLI. Però vedono dopo dieci minuti un fuoco che s'accende...

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. No, loro fanno le perquisizioni. Dicevo che il numero delle pattuglie messe a disposizione è esiguo rispetto alle necessità. Infatti, le ho comunicato dei dati: hanno controllato 6.405 automezzi, hanno fatto 482 contestazioni al codice della strada, hanno ritirato dieci patenti. Questo è il pattugliamento che fanno...

  FABIO RAMPELLI. Dai dati che lei ci sta fornendo, l'impressione è che la polizia municipale faccia controlli pertinenti alle proprie competenze, quindi assicurazione, stato del mezzo, patente eccetera, mentre il problema è il sequestro della refurtiva all'interno del furgoncino prima che entri dentro al campo nomadi.

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. No, hanno fatto nove sequestri penali di veicoli di provenienza furtiva tra marzo e agosto 2017, 141 rimozioni di veicoli abbandonati, 47 controlli di polizia ambientale con sedici sequestri, sequestri di carico di rifiuti, 22 accertamenti di reati ambientali connessi all'accensione dei roghi.

  FABIO RAMPELLI. Capisce bene che i numeri, rispetto ai 365 circa (perché la media più o meno è di uno al giorno nei vari campi della capitale), dimostrano il fallimento di qualunque tipo di strategia sia stata messa oggi in campo per tentare di contrastare questo fenomeno.
  Comunque, le vorrei ricordare – e poi concludo, perché penso di star abusando della pazienza dei miei colleghi e me ne scuso – che il Ministro Minniti ha dato una disponibilità a un intervento da parte dello Stato. Ci sono qui vari testimoni. Speriamo che possano essere rinforzate queste pattuglie di vigili urbani, perché penso che sia indispensabile farlo. Il Ministro Minniti ha dato questa disponibilità, addirittura immaginando che possa intervenire l'esercito. Pag. 17Se ci sono la polizia o i carabinieri è pure meglio.

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. Lo faremo senz'altro. Come ho detto, nel Comitato metropolitano affronteremo questi due argomenti.

  ROBERTO MORASSUT. Peraltro, in questi giorni è aperto un confronto tra il comune e lo Stato su questioni più generali che riguardano Roma. C'è un tavolo interistituzionale promosso dal Ministro Calenda su temi che non riguardano solo la sicurezza. Da quello che pare di capire, il sindaco ha posto sul tavolo dello Stato alcune priorità: questioni che riguardano i parcheggi, le periferie.
  Forse sarebbe il caso – mi rivolgo al presidente – di fare come Commissione un passaggio verso la sindaca Raggi, per riportare il senso di queste audizioni che abbiamo svolto sul tema dei roghi, dalle quali è emersa la necessità che il comune inneschi nell'ambito del comitato metropolitano e nel rapporto con lo Stato tutti gli indirizzi e le richieste per gestire l'emergenza. Credo che forse dovremmo fare un passaggio su questo.

  PRESIDENTE. Rispondo sulla questione del messaggio alla sindaca Raggi. Informalmente è già stato trasmesso la settimana scorsa, però non abbiamo riscontro. Sicuramente a questo punto, vista anche la disponibilità della prefetta ad accogliere il suggerimento del Ministro dell'interno di operare con misure di carattere straordinario...infatti, si fanno gli interventi e le azioni con le risorse a disposizione e mi pare che la prefetta sia stata molto chiara nel dire che tutto quanto è stato possibile fare è stato fatto; per fare di più, è necessario avere una disponibilità maggiore da parte del Ministero dell'interno sul piano delle risorse. Assumo l'impegno di attivare la Commissione nei confronti del comune di Roma, in modo che l'appello al Ministro dell'interno sia un appello congiunto tra prefetto e sindaco.

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. Facciamo il Comitato metropolitano, però, perché quello dovrebbe essere...

  PRESIDENTE. Il luogo deputato.
  Aggiungo una battuta sulla questione degli invisibili. C'è un dato che viene elaborato dai rapporti Caritas e da chi si occupa oggi di migranti. Sono quantificati intorno all'8-10 per cento dei migranti regolari. A Roma sono circa 400.000 i migranti regolari, quindi verosimilmente gli invisibili potrebbero essere intorno ai 40.000, che è un numero comunque importante. Alcune città hanno utilizzato modelli diversi, per esempio il censimento. Durante il sopralluogo a Genova, per esempio, abbiamo appurato che hanno quantificato in base alla produzione di rifiuti nella zona dei carruggi che in quell'area sono circa 12.000-15.000. Ci sono diverse modalità di censimento, però è assolutamente utile, secondo me, attivare meccanismi di monitoraggio anche su questo aspetto, perché chi è invisibile non si attiva sull'economia lecita, ma si attiva inevitabilmente su ambiti di economia illecita, se non illegale. Anche su questo sicuramente la Commissione dovrà fare un approfondimento anche sulla relazione finale.

  MARCO MICCOLI. Mi unisco agli apprezzamenti e ai ringraziamenti per la disponibilità all'audizione e alla collaborazione con la nostra Commissione. Proprio per questo mi permetto di deviare un po’ dall'argomento, anche se non è proprio una deviazione a 360 gradi. Parliamo di alcuni effetti prodotti da dinamiche che sono state toccate, non proprio dai roghi tossici, ma dalle questioni che venivano toccate inerenti all'accoglienza.
  Siamo abbastanza preoccupati da alcune dinamiche che si stanno producendo a Roma negli ultimi mesi relative all'emergenza abitativa, agli sfratti, alle assegnazioni e alle tensioni che si stanno procurando intorno a questi temi, in alcuni casi ad arte, da gruppuscoli e da formazioni politiche dell'estrema destra romana, peraltro note da tempo per attività di questo genere. Tali questioni si stanno accentrando su due argomenti: la vicenda degli sfratti e delle assegnazioni e quella dell'accoglienza e dei centri di accoglienza. Da qualche mese c'è un’escalation. Mi permetto di elencare alcuni episodi avvenuti di Pag. 18recente, che partono dal 6 dicembre 2016 a San Basilio, quartiere dell'estrema periferia est della capitale che abbiamo visitato: una trentina di residenti ha aggredito una donna di origine marocchina che era legittima assegnataria di una casa popolare. A supporto di questi riottosi è intervenuta Forza Nuova, una formazione di estrema destra, che su Roma adesso ha anche un'altra formazione politica (Roma ai romani) che si somma alle iniziative della prima. È successa la stessa cosa a Tor Bella Monaca il 30 giugno 2017, quando un cinquantaduenne di origini bengalesi viene picchiato da quattro ragazzi italiani perché destinatario anche lui di una casa popolare assegnata legittimamente. In quello stesso giorno ci sono state manifestazioni di Forza Nuova e Casa Pound di fronte al centro d'accoglienza SPRAR in via del Frantoio al Tiburtino, affidata al comitato provinciale della Croce Rossa. Cito anche gli incidenti accaduti in seguito, con l'aggressione – il prefetto la ricorderà – a un cittadino di origine eritrea, immigrato, accusato falsamente (poi è stata arrestata la donna che era stata oggetto di questa denuncia) di aver sequestrato e picchiato dei ragazzi. La stessa cosa è avvenuta al Trullo due volte, il 24 gennaio e il 28 settembre. Anche lì Forza Nuova e Roma ai romani hanno impedito prima a una famiglia di origini egiziane e poi a un'altra famiglia di prendere possesso legittimamente delle case loro assegnate.
  I protagonisti di queste vicende sono per lo più gli stessi. I nomi che appaiono nell'inchiesta sono praticamente sempre gli stessi. Sembra che i leader di queste formazioni a Roma possano agire liberamente. Sono stati più volte fermati e più volte rilasciati. Faccio anche i nomi: Giuliano Castellino...in carcere, ma da dicembre è stato protagonista di tutti gli incidenti che ho elencato, compreso l'assalto alla nostra sede del Partito Democratico al Nazareno.
  Al di là di questo aspetto, quello che preoccupa è che questa vicenda sta impedendo un'attività amministrativa del tutto legittima: l'assegnazione di case popolari a chi sta in graduatoria.
  Peraltro, l'ATER ci ha spiegato che questo avverrà sempre più frequentemente, perché la nostra tipologia di patrimonio immobiliare pubblico ha dimensioni concepite all'epoca del boom demografico. Gli appartamenti sono di metrature elevate, quindi le assegnazioni vengono effettuate soprattutto a famiglie di origine straniera, che, come ci ha descritto anche l'ISTAT, a Roma compongono i nuclei familiari più numerosi e quindi appartamenti di quella tipologia vengono assegnati legittimamente alle famiglie numerose. Questa situazione, che si somma alle vicende che ho detto e che riguardano i centri d'accoglienza, con una sorta di attacco a centri di accoglienza legittimamente stati organizzati dal Ministero degli interni, credo in collaborazione con la prefettura e con le forze dell'ordine che sono lì a controllare, sta producendo una serie di iniziative che destano preoccupazione.
  Siccome queste cose avvengono nella periferia e stanno creando un elemento, non solo di preoccupazione, ma anche di gestione del patrimonio immobiliare pubblico, penso che sia del tutto inaccettabile, visto come va a finire la cosa. Infatti, le famiglie cui vengono assegnati appartamenti rinunciano a tornare in quei luoghi. Penso che non possiamo essere impotenti di fronte a questi eventi. Le case vanno assegnate, che i cittadini che ne hanno diritto siano italiani o di origine straniera. Le scelte dell'amministrazione vanno difese dalle autorità competenti, non si può mollare o derogare a questo. Avendo l'opportunità di avere qui il prefetto di Roma, chiedo se questa situazione è monitorata e se ci sono prospettive di intervento per bloccare questa dinamica. Peraltro, queste formazioni si stanno apprestando a presentare liste alle prossime elezioni amministrative nel decimo municipio di Ostia. Presenteranno liste alle elezioni regionali e probabilmente anche a quelle nazionali. A parte la loro dichiarata appartenenza al mondo che si definisce fascista o fascista del terzo millennio e l'utilizzo di terminologie e simboli vietati dalla nostra Costituzione e dalle nostre leggi, mi chiedo se di fronte a queste dinamiche di violenza squadrista Pag. 19 messe in atto in questo periodo c'è una riflessione sulla possibilità di poter concedere l'autorizzazione a queste formazioni violente di partecipare alle elezioni democratiche.

  MILENA SANTERINI. Innanzitutto ringrazio la prefetta e mi scuso se sono arrivata in ritardo.
  Anch'io vorrei qualche delucidazione su questo punto, cioè l'assegnazione di case a famiglie regolari, e in particolare su alcuni casi. Faccio riferimento a Tor Sapienza, ad esempio, dove un anno e mezzo fa abbiamo fatto un lavoro di «ispezione». Proprio in quei giorni ci fu il caso della famiglia marocchina che era stata allontanata e il commissariato ci disse che la casa era stata rioccupata da altri.
  Dunque, non solo abbiamo il fenomeno di famiglie che non possono accedere regolarmente alle case assegnate, ma abbiamo anche un abusivismo che viene coperto. Non conosco bene come il collega il territorio romano, ma noto che molto spesso, finito il clamore mediatico, i casi di rivolte cosiddette «popolari» si rivelano altro, cioè strumentalizzazioni fatte da gruppi politici molto ben organizzati, come è avvenuto nel caso precedente a Tor Sapienza – si ricorderà – di due anni fa. Mi riferisco al centro che ospitava minori eritrei, che si dovettero spostare. La cosiddetta «rivolta» non era stata fatta dalla popolazione, ma da gruppi organizzati, in particolare gruppi che hanno interesse a tenere libero il territorio per poter avere traffici illegali tipo lo spaccio. È paradossale: abbiamo persone che occupano il territorio, che vogliono libero il territorio; quando arrivano gli immigrati, i profughi o i richiedenti asilo in centri organizzati, c'è troppa attenzione da parte dell'amministrazione o da parte degli apparati di sicurezza e questo va contro gli interessi di altre persone che illegalmente vorrebbero condurre lo spaccio.
  Infine, mi interesserebbe capire come si è evoluta la situazione dello sgombero di via Curtatone. Sinceramente, al di là di qualche brutalità della polizia che sicuramente nessuno di noi apprezza, mi è sembrato che fosse mancata la risposta da parte... Mi riferisco al caso che hanno riportato i giornali, del commissario che aveva... Non c'entra lei, prefetto, sto facendo un discorso generale. È stato rimosso perché fu intercettato mentre diceva «spezzategli le gambe». Non mi interessa parlare di questo, ma della mancanza di alternative da parte del comune. Vorrei capire in questo caso, proprio perché sicuramente c'è da fare degli sgomberi... Quando il capo della polizia Gabrielli è venuto qui in audizione ha detto una cosa più che condivisibile, molto importante: «Noi facciamo gli sgomberi quando c'è un'alternativa, altrimenti le stesse persone ce le ritroviamo altrove». Eravamo tutti molto d'accordo. Mi chiedo in questo caso come fare. A me interessa sapere se il comune, almeno tardivamente, ha provveduto a questa situazione. Sto difendendo eventualmente l'operato e gli sgomberi nel caso in cui ci siano delle alternative.

  DANIELA GASPARINI. Grazie, signora prefetto. In questo caso interloquisco con la mia collega: se fosse così, Milena, ti assicuro che la gente occuperebbe gli alloggi e passerebbe davanti a tutte le graduatorie. Sono contraria a dire che, se uno occupa la casa senza titolo, qualcuno gli deve trovare una soluzione...

  MILENA SANTERINI. Stavo parlando di via Curtatone, per carità di Dio.

  DANIELA GASPARINI. Siccome hai fatto questa affermazione...

  MILENA SANTERINI. No, ci mancherebbe. Avevo appena detto che gli occupanti legittimi devono ovviamente avere il diritto di entrare in casa e devono essere sgomberate le case occupate abusivamente.

  DANIELA GASPARINI. La mia domanda è un'altra, signora prefetta. Siccome uno strumento nuovo è stato pensato nel decreto Minniti, che è il Comitato metropolitano, che lei ha ripreso due volte, mi risulta che a oggi nessuna delle città metropolitane tranne Catania l'abbia ancora attivato. A mio avviso, quello che è emerso da questo lavoro faticoso e molto interessante Pag. 20 della Commissione è che manca una cabina di regia che metta nelle condizioni di affrontare problemi così complessi in maniera sistemica.
  Quando parliamo di casa, parliamo di mancanza di case, della gestione, di tutto quello che c'è dietro. Lei ritiene che questo Comitato co-presieduto da prefetto e sindaco metropolitano possa essere strutturato come soggetto che permette di fare un lavoro di programmazione? Sarebbe molto interessante capire se con la sindaca Raggi, visto che Roma è sicuramente una grande città metropolitana, avete per caso già stabilito un modello di lavoro. Vedo dal movimento della testa che la risposta è no. Sarebbe molto interessante – questo è un tema che mi sono posta – capire cosa stanno facendo le città metropolitane, tutte quelle che abbiamo attenzionato con le nostre missioni, per usare uno strumento che può essere valido per creare una rete con soggetti diversi che non parli soltanto di ordine pubblico.

  CLAUDIA MANNINO. Faccio una domanda veloce relativamente alla procedura pilot, visto che probabilmente non si ha la documentazione perché in queste procedure in Commissione europea c'è il segreto istruttorio. Il collega le parlava di una procedura pilot sull'attività fatta in passato su Roma e sulla questione sicurezza. Probabilmente questo documento non è reperibile perché sulle procedure pilot c'è il segreto istruttorio, quindi se è stato presentato direttamente, materialmente non è reperibile. Siccome affermava di voler integrare eventualmente quel lavoro, le chiedevo se volesse condividere anche con noi quello che lei voleva integrare.
  Lei parlava degli elettrodomestici esausti che vengono gestiti in maniera impropria. A tal proposito vorrei sapere se si può fare, se è nelle sue competenze ovviamente, un'attività a monte rispetto a quello che finora si è detto sempre a valle sul rifiuto. Visto che in buona percentuale sappiamo da dove potrebbero provenire questi rifiuti, che sono anche particolarmente inquinanti e pericolosi per le persone, vorrei sapere se è sua competenza eventualmente fare un protocollo, una segnalazione o un sollecito a tutti i grandi centri di distribuzione presenti sul territorio metropolitano di Roma.

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. Per quanto riguarda le assegnazioni degli alloggi ATER che vengono ostacolate, innanzitutto devo dire che il problema dei problemi sono le occupazioni abusive degli alloggi ATER. C'è un grosso fenomeno che abbiamo già affrontato con il commissario Tamburino. Mentre prima vi era la possibile di individuare soluzioni diverse per gestire la problematica, allo stato sulla base di quanto previsto dal decreto Minniti non possiamo fare altro che procedere al censimento degli occupanti e verificare mediante l'attività del comune quali sono le cosiddette fragilità. Infatti, è importante ricordare che solo per coloro che appartengono ai cosiddetti fragili è necessario individuare soluzioni e sistemazioni alloggiative Devo fare una precisazione: il comune di Roma aveva un regolamento che faceva rientrare nelle fragilità solo alcune categorie di persone. L'attuale amministrazione sta procedendo a modificare il regolamento, perché non appare coerente con le previsioni contenute nel decreto Minniti. Si deve prima procedere al censimento e all'individuazione delle fragilità, trovare una sistemazione per i nuclei fragili e poi si può procedere allo sgombero degli immobili. È una situazione molto complessa, perché in questa città ci sono 11.600 occupanti abusivi, esclusi gli occupanti abusivi degli alloggi dell'ATER di cui non conosco il numero preciso: potete immaginate quanto sia complessa la situazione.
  Per quanto riguarda la gestione illecita degli alloggi, ultimamente l'autore del fatto è stato arrestato e mi risulta che sia ancora in carcere. È possibile che, se venisse liberato, sarebbe posto agli arresti domiciliari, perché il quadro normativo che le ho illustrato prima consente, per deflazionare la situazione carceraria, di dare gli arresti domiciliari o di fare denunce a piede libero per reati con pene ridotte. In caso di recidiva la valutazione compete ovviamente all'autorità giudiziaria, noi non possiamo fare niente.
  Forza Nuova è un partito che si è già candidato nelle precedenti elezioni, non è Pag. 21che si candida adesso. È stato affrontato il problema della possibilità per questa lista di candidarsi ed è stata ritenuta assolutamente legittima, salvo il caso in cui nella lista dei candidati ci siano situazioni di incandidabilità, che puntualmente la commissione elettorale verifica e, laddove ci siano procede all'esclusione e ne dà comunicazione all'ufficio della Corte d'appello. Questo è lo scenario.
  Per quanto riguarda lo sgombero di via Curtatone, faccio una piccola premessa: tutto quello che è stabilito nella circolare Minniti, ancor prima che la circolare Minniti fosse stata emanata, era già stato fatto da noi. Tutta quella complessa attività era stata già posta in essere e non avremmo mai sgomberato se non avessimo avuto la certezza che 107 persone ritenute fragili dal comune fossero sistemate. C'era stata un'offerta da parte della proprietà di dare una sistemazione per 60 persone. Sulla base del completamento di questa offerta da parte del comune, che aveva messo a disposizione la sala sociale, con sistemazione in strutture, si è proceduto. La situazione successiva è stata che una parte di questi 107 ha accettato la soluzione del comune e un'altra parte non ha accettato la soluzione prospettata. Pertanto, il Comune non è stato messo nella condizione di poter intervenire sulla base delle offerte che erano state fatte. Erano quattro, cinque o sei villette. Nel lasso di tempo di un anno in cui sono state condotte le trattative erano stati individuati alloggi diversi ma poi il comune ha un po’ tergiversato e la disponibilità è ricaduta su alcune villette nella provincia di Rieti, che i soggetti fragili hanno rifiutato. Il regolamento comunale non prevede ancora oggi la sistemazione dei nuclei familiari, ma solo la sistemazione di fragilità, che sono: madre con bambino, bambino, anziano e disabili. Si sta procedendo alla modifica del regolamento, che era già datato: si sta procedendo nel senso di estendere anche al nucleo familiare la sistemazione abitativa.
  Mi limito a dire che questa era una parte che dava risposta alla sua domanda. Allo stato attuale mi risulta che il comune sia in trattativa con questi nuclei familiari per trovare una situazione che sia accettata. Monitoriamo e siamo in attesa. Una parte sono ancora a Santi Apostoli e speriamo che questa situazione si risolva quanto prima. La circolare ovviamente ha proceduralizzato qualcosa che già avveniva nei fatti.
  Per quanto riguarda la situazione di via di Quintavalle, invece, vi è stato un intervento da parte della proprietà al fine di ottenere il distacco delle utenze da remoto, quindi gli occupanti si sono trovati nel mese di luglio senza energia elettrica, per cui una parte ha deciso di lasciare l'immobile mentre altri hanno cercato di resistere; in seguito, poiché c'era una situazione difficile sotto il profilo igienico-sanitario, molti hanno abbandonato l'immobile e sono andati a saldarsi all'altro gruppo di via Curtatone. Le procedure sono state rispettate. Non è di competenza del Prefetto decidere se il nucleo familiare che esce dall'abitazione occupata abbia o meno diritto ad un alloggio. Sfugge dalle mie competenze. Posso sapere se il nucleo che è stato sgomberato ha una sistemazione e non va per strada, ma non posso decidere se deve andare: peraltro, la legge non prevede che debba avere un appartamento. Mi risulta che loro vogliano un appartamento, ma questo rientra nelle valutazioni discrezionali dell'amministrazione comunale.
  Per quanto riguarda l'organizzazione del Comitato metropolitano non abbiamo avuto nessuna indicazione al riguardo. Immagino di strutturarlo, d'intesa ovviamente col sindaco che lo presiede insieme al Prefetto, mutuando l'esperienza dei comitati metropolitani – non so se li ricordate – negli anni ’90, perché questa è stata un'esperienza già affrontata. A Roma si è fatto un Comitato metropolitano straordinario all'epoca del prefetto Caruso. Vorrei riprenderla per fare sezioni dedicate, anche perché le materie che secondo la normativa andranno affrontate nel Comitato metropolitano sono le più varie, è necessario quindi individuare distinte sezioni che si occupino delle diverse problematiche e poi invitare in quelle sezioni specializzate gli addetti ai lavori. Nella prima seduta cercheremo Pag. 22 di capire, affrontando però questi due temi che sono emergenti.
  Per quanto riguarda la procedura pilot come ho già detto, mi impegno a fare degli approfondimenti, perché è una vicenda che non conosco.

  VINCENZO PISO. Innanzitutto, ho gli estremi della relazione del prefetto Pecoraro, per cui sono ben lieto di poterglieli fornire. Credo che siamo arrivati a conclusione di questa audizione. Vorrei capire, anche rispetto alla cittadinanza, che cosa ci possiamo concretamente aspettare da questo Comitato e quali indicazioni lei pensa di poter dare, per quello che attiene chiaramente alle sue competenze, senza entrare nel merito delle competenza del comune, rispetto a questo tema. Prima parlavamo di un controllo maggiore e di una serie di operazioni che si può cercare di porre in essere. Le chiedo se può declinarle in termini di un impegno concreto e fattivo.

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. Senz'altro. Abbiamo un comitato alla settimana, quindi nella riunione tecnica di coordinamento la direttiva che sarà data sarà quella di intensificare i controlli, soprattutto nelle ore notturne, perché i fenomeni che abbiamo descritto si verificano in genere all'imbrunire, quando cala l'attenzione. Durante il giorno si dedicano ad altre attività, anche se nei mesi estivi probabilmente c'è l'esigenza di bruciare la spazzatura a qualunque ora perché il cattivo odore lo rende urgente. Lo faremo senz'altro. Daremo direttive in tal senso in sede di comitato e individuando delle modalità che prevedano una rotazione, in modo che le forze di polizia possano alternandosi ed essere più presenti. Ovviamente ciò verrà previsto per quei campi che mi avete indicato e dove la situazione è più critica (Salone, La Barbuta, via Salviati).

  FABIO RAMPELLI. C'è sicuramente anche Cesare Lombroso. C'è anche il versante opposto. Lombroso è nord-ovest.

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. Mi pare che la maggiore concentrazione di questi roghi si sia avuta a Roma nord-est.

  FABIO RAMPELLI. Cesare Lombroso è una cosa, la Monachina un'altra...

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. Ci sono tutti.

  FABIO RAMPELLI. C'è Castel Romano, che sta un po’ fuori, ma comunque non è meno inquietante...Gli incendi ci sono dappertutto. I roghi tossici sono un fenomeno assolutamente trasversale a ogni latitudine geografica. Il punto è che ormai – questo forse andrebbe comunicato dal Governo italiano all'Unione europea – i nomadi non esistono più, cioè non ci sono più i girovaghi di un tempo, i ramai, gli allevatori di cavalli. A parte le attività manifestamente illecite, i furti dentro case, l'attività prevalente oggi è la filiera che lei ha citato. Che cosa fanno i nomadi? I nomadi si approvvigionano da un punto di vista economico da questo circuito dell'uso, dello smaltimento e del riciclo di refurtiva o comunque di rifiuti. Questa è l'attività prevalente, non ce ne sono molte altre. È svolta in tutti i campi nomadi, non c'è un campo nomadi dove si svolge più che in un altro.
  A fianco a questo fenomeno c'è quello, che ci è sfuggito nella parte iniziale, delle guerre interne ai campi, che a volte generano anch'esse dei roghi. Quando abbiamo fatto il nostro ingresso alla Barbuta, abbiamo trovato tre moduli abitativi completamente devastati dal fuoco e ci hanno spiegato che sono stati danneggiati da guerre interne al campo. Penso quindi che sia indispensabile incrementare la sorveglianza. Probabilmente l'unico modo è quello di mettere una sorveglianza fissa, almeno davanti ai quattordici campi regolari e tollerati. Per quanto concerne quelli abusivi, sarebbe preferibile che ci fosse anche lì, però non ho informazione in merito. Da quando siamo andati via noi, ci sono stati altri due incendi di moduli abitativi. Rammento a me stesso che i moduli abitativi erano nuovi di zecca, perché erano stati comprati pochi anni fa a spese dei contribuenti, quindi il loro incendio, oltre a generare diossina, è anche uno spreco assoluto su cui varrebbe la pena di intervenire.
  Secondo me, se non si fa un insediamento interforze fisso, con l'aiuto dello Pag. 23Stato che ci è stato qui manifestato ufficialmente – è agli atti della Commissione – da parte del Ministro Minniti, o con polizia e carabinieri o con l'esercito o con chi si ritiene, non si viene a capo di questo fenomeno. Questo è quello che ci sentiamo di chiedere.

  ROBERTO MORASSUT. È possibile immaginare, anche se la disponibilità del sindaco è decisiva in questo, una data per insediare il Comitato metropolitano?

  PAOLA BASILONE, prefetta di Roma. Non c'è nessuna colpevolezza: evidentemente lei ha agende molto complicate. Le ho scritto e ho chiesto di farmi avere una data, fondamentalmente ho sollecitato.

  PRESIDENTE. Ringrazio il prefetto di Roma e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del presidente del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali, Gianmario Gazzi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali, Gianmario Gazzi, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Do la parola al presidente Gazzi, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  GIANMARIO GAZZI, Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali. Buongiorno, grazie per averci auditi, ringrazio il presidente e la Commissione: cercherò di essere sintetico sebbene su periferie e inclusione sociale vadano dette alcune cose importanti.
  In primo luogo ricorderei la funzione della professione che rappresento, composta da poco meno di 43.000 professionisti nel Paese e che nasce proprio nelle periferie fine ’800-fine ’900, però poi si sviluppa, come tutti sappiamo, attraverso un insieme di saperi e di conoscenze tipiche del servizio sociale professionale. Mi era stato chiesto di provare a ragionare sulle misure di contrasto della povertà e alla condizione dei servizi sociali attualmente nel Paese: rispetto all'efficacia delle misure di contrasto alla povertà da poco introdotte, siamo in una fase di sperimentazione. Oggi c'è il SIA, da gennaio ci sarà il reddito di inclusione, quindi bisognerà capire lo sviluppo. Siamo assolutamente ottimisti rispetto alla misura in sé, però bisogna capire se le risorse siano sufficienti: i dati a disposizione sono quelli portati da Alleanza contro la povertà, che ha fatto un lavoro egregio nell'individuare una misura che non fosse eccessivamente ampia, ma nemmeno ridotta a un semplice trasferimento di denaro. Stiamo parlando della necessità di coprire il fabbisogno di quelli che l'ISTAT definisce «poveri assoluti», che sono circa 4 milioni di persone in questo Paese, e spesso si concentrano, come questa Commissione sa bene, prevalentemente nelle periferie, quindi periferie urbane che sono poi periferie relazionali, periferie anche di natura sociale. Quello che serve è una cifra che a regime dovrebbe aggirarsi attorno ai 6 miliardi di euro, oggi ne sono previsti circa 1,8 miliardi, però crediamo sia necessario fare uno sforzo se si vuole aggredire veramente la povertà nel Paese e creare le condizioni necessarie per diminuire il senso di insicurezza diffuso, che non può essere assolutamente correlato ai fenomeni macro sociali, dalle migrazioni alla situazione generale. Per una persona sapere di poter contare su un sistema di sicurezza sociale che, in caso di difficoltà, possa sostenerla e metterla in sicurezza vi assicuro che diminuisce molto la percezione di paura e quindi quella rabbia e quell'aggressione che spesso vengono associate alle periferie e alle situazioni di disagio.
  Faccio solo un inciso: domani al CNEL presenteremo una ricerca (oggi alcuni organi di stampa hanno già anticipato alcuni dati), che riguarda i professionisti assistenti sociali, dei quali oltre il 15 per cento è stato aggredito fisicamente ed è dovuto ricorrere alle cure mediche nella sua carriera. Questo perché progressivamente il servizio sociale professionale, che fosse questo degli enti locali o del comparto sanità, ha svolto quella funzione di rappresentare le istituzioni Pag. 24 (spesso il comune e il Ministero) presso la cittadinanza. Quando i cittadini non trovano non una soluzione, ma dei percorsi, il risultato spesso è quello di un aumento significativo dell'aggressività e della rabbia nei confronti di chi rappresenta quella istituzione in quel momento, quindi spesso siamo vittime di un sistema che poco riesce a intercettare.
  Perché è fondamentale discutere delle misure di contrasto alla povertà nel contesto delle periferie? Perché sappiamo che, oltre al trasferimento economico, serve costruire opportunità. Questa è l'essenza stessa della professione che rappresento: costruire con le persone progetti per l'inclusione. Questi progetti possono essere fatti se ci sono servizi, professionisti competenti, e rispetto a questo plaudiamo alla scelta del Governo, nel memorandum sottoscritto con Alleanza contro la povertà, di destinare almeno il 15 per cento alla strutturazione di servizi, che (lo dico senza tanti giri di parole) sono al collasso in molte regioni. Abbiamo redatto alcune tabelle, che in una relazione più ampia e articolata invieremo alla Commissione nei prossimi giorni e metteremo a disposizione di chiunque voglia approfondire, però sappiamo che, facendo riferimento (questo era uno dei quesiti posti per questa audizione) al numero di assistenti sociali che dichiarano di lavorare o esercitare la professione presso gli enti locali, possiamo fare una stima di massima rispetto alla popolazione residente. Emergono alcuni numeri importanti, il che vuol dire che oggi passiamo da regioni virtuose come il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia, che hanno come parametri (il parametro è il rapporto tra assistenti sociali e popolazione) 1 assistente sociale per 2500-3000 abitanti, a regioni come quelle che riguardano le grandi città metropolitane (penso alla Lombardia) dove il rapporto già sale a 1 a 5000, quindi il doppio, per poi scendere in altre realtà come la Campania con Napoli, dove il rapporto è di 1 a 8500, fino ad arrivare alla Calabria che ha ad oggi un rapporto di 1 a oltre 10.000. Questo significa relativamente poco, se non si comprende qual è l'attività professionale. Quando parliamo di un assistente sociale ogni tot numero di abitanti, stiamo parlando di tutte le funzioni che competono alla figura professionale, che vanno dalla tutela dei minori prima citata nell'audizione del prefetto, agli anziani non autosufficienti, alla disabilità, alle tossicodipendenze, ai progetti legati alla collaborazione con il Servizio sociale del Ministero della giustizia sul territorio, quindi capite l'ampiezza dei mandati e per deduzione si può ragionare anche sui carichi di lavoro di ogni professionista. In tutto questo si innesta il Reddito di inclusione sociale (REI), che è una misura di riferimento, un modello tipicamente europeo di supporto condizionato all'adesione a un progetto, finalizzato al superamento di una condizione di povertà. Va detto che ci sono elementi fondamentali di importanza strategica, lavorare con il soggetto che chiede il reddito di inclusione per costruire formazione, garantire progetti di acquisizione di competenze lavorative laddove non siano presenti, o ancora sviluppare percorsi di sviluppo personale laddove ci siano difficoltà è importantissimo, perché altrimenti si crea il famoso meccanismo del bonus, che abbiamo sempre condannato. Per contrastare la povertà non serve infatti erogare un assegno tout court, serve creare le opportunità per uscire da quella condizione, e senza questo è difficile intaccare il nucleo vero della povertà e dell'esclusione che vediamo spesso nelle nostre città. È importante ribadire che negli ultimi anni si è progressivamente ridotto l'investimento sulle infrastrutture dei servizi sociali territoriali, sanitari, centrali. Quando sarà possibile darvi tutti i dati, lo farò molto volentieri, ma intanto ve ne do alcuni.
  Abbiamo strutture come il servizio sociale professionale all'interno della Sanità – tutta la parte che riguarda le tossicodipendenze e adesso la ludopatia (nelle periferie basta entrare in un qualsiasi bar per accorgersi che è pieno di slot e di gente che spera nel colpo di fortuna per uscire da una situazione di deprivazione) – servizio che è quasi sparito. Lo dice un dato: oltre il 60 per cento degli assistenti sociali all'interno del comparto Sanità (stiamo parlando dei servizi per tossicodipendenza e Pag. 25salute mentale) ha più di 50 anni, la maggior parte ne ha più di 60, solo il 6 per cento ne ha meno di 35. Questo significa che non c'è stato alcun investimento o ricambio, che ormai nella Sanità il comparto sociale non esiste ed è stato trasferito agli enti locali, che a seguito dei tagli e del blocco del turnover di sicuro non hanno aumentato i numeri. Questo significa che di fatto non si è investito nell'altra parte della sicurezza, perché molto si è investito nella sicurezza urbana mediante appositi progetti e sicurezza intesa come controllo del territorio, mentre pochissimo è stato investito nell'altra parte, ovvero nella sicurezza sociale. Sappiamo invece che, se si investe in sicurezza sociale, si riduce notevolmente il livello di conflittualità sociale, ma questo sembra essersi perso nella notte della crisi economica, in quanto nel momento di crisi economica, sociale e culturale più profonda si è deciso di togliere i fondi laddove altri Paesi (penso all'Austria o ai Paesi scandinavi) a fronte della crisi hanno investito di più in welfare. Il risultato è che oggi con l'avvio del REI e del SIA ci troviamo in una situazione in cui è difficilissimo costruire progetti di inclusione. Servirà del tempo, ed è per questo che aderiamo alla richiesta fatta da molti non solo di aumentare le risorse, perché con 1,8 miliardi... vedremo quando verrà approvata definitivamente la legge di stabilità, ma l'obiettivo deve essere di raggiungere tutta la platea. Oggi solo alcune fasce di popolazione hanno accesso al REI (madri single, giovani o over 55 disoccupati), però siamo anche nella situazione in cui bisogna intercettare tutta l'altra povertà, non possiamo fare per casistica, come si direbbe in gergo. Quello che serve è un piano strutturale contro la povertà, che parta dalle periferie o da altri luoghi, perché la periferia è facile da individuare pensando alle grandi città metropolitane, però essa è anche il centro della città dove le persone solo per dignità non chiedono aiuto, non è una periferia fisica, ma una periferia umana e sociale che va intercettata.
  Il REI potrebbe essere sicuramente una risorsa, perché diventa un diritto, non è un'elargizione, nessuno sta facendo la carità, la norma dice che è un diritto essenziale per tutto il Paese. Questo è già un fattore che dovrebbe facilitare, però bisogna investire nell'infrastrutturazione dei servizi, e mi riferisco ai servizi pubblici e di privato sociale, che negli anni si è sicuramente rinforzato, diventando uno degli assi portanti del welfare italiano, però non può essere considerato sostitutivo delle funzioni pubbliche. Quando parliamo di tutela dell'infanzia, della cura, della sanità, non per forza il Terzo settore deve diventare il sostituto, come è adesso in alcune realtà del Paese, dove siamo di fronte (e le periferie sono le prime) a un Terzo settore che di fatto rappresenta le istituzioni, perché queste hanno arretrato tanto.
  Non voglio entrare in dibattiti che non sono di mia competenza e non credo di essere un economista, però, se è confermata la crescita economica o comunque un arresto della crisi e un successivo, potenziale sviluppo dell'economia, questo è il momento di non smantellare ulteriormente, ma di invertire la rotta, perché ogni supporto facilita la crescita, come dimostrano gli studi internazionali e credo sia noto. È importante ragionare anche in termini di prospettiva, la quale deve essere quella dell'infrastrutturazione, ma anche della competenza, che riguarda la professione di assistente sociale, ma anche le altre professioni coinvolte. Spesso si utilizza il termine «operatori sociali» per tante figure, ma abbiamo la necessità di fare un investimento rispetto alle competenze di ogni professionista chiamato a sviluppare progetti con le persone, quindi a tutelarle nei loro diritti, per cui dobbiamo essere sicuri che i professionisti siano adeguatamente formati. Oggi assistiamo all'improvvisazione in alcuni contesti per una questione di risparmio, alla necessità di collocare delle figure nelle periferie, ma spesso sono chiamate operatori sociali anche persone che nel loro percorso di formazione hanno svolto due settimane di corso presso l'agenzia che prende un finanziamento europeo per formare delle figure. Le figure professionali sono previste dal nostro ordinamento (parlo di assistenti sociali e psicologi, ma penso anche a tutto il lavoro, Pag. 26che la Camera ha fatto e adesso non so come andrà al Senato, rispetto alla regolamentazione della figura dell'educatore professionale) e possono garantire percorsi di inclusione, sanno lavorare con la persona, e in particolare per quanto riguarda le periferie è fondamentale ritrovare competenze di lavoro con e per la comunità, quindi uscire dagli uffici. Gli assistenti sociali spesso vengono pensati come erogatori di prestazioni, mentre noi nasciamo per lavorare con la comunità e con le reti del territorio, per sviluppare cambiamenti nei contesti in cui le persone vivono.
  Non so se sia sufficiente come introduzione, ma mi fermo qui e sono a disposizione per eventuali domande.

  ROBERTO MORASSUT. Ringraziandola, vorrei chiederle se ci siano dati disaggregati per città di questa materia, in particolare per le grandi aree metropolitane.

  GIANMARIO GAZZI, Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali. Purtroppo non come ordine, però possiamo fare una ricerca, provare ad approfondire per aree geografiche, ma, poiché il nostro ordine è composto da un Consiglio nazionale e da consigli regionali, abbiamo i dati sulle regioni, difficilmente riusciamo a entrare nel dettaglio, vista la mobilità degli ultimi anni di molti colleghi che esercitano negli enti locali con la conseguente tendenza a spostarsi rapidamente da un ente all'altro con contratti molto precari; auspico che questo dato lo abbia ANCI in virtù del suo ruolo.
  Quello che è significativo e importante ricordare è che ogni regione ha una sua competenza praticamente esclusiva sull'organizzazione dei servizi, non è detto che sia il dato dell'ente locale a fare fede, ovvero ci sono regioni che hanno spinto di più su un'integrazione sociosanitaria e quindi bisognerebbe integrare il dato dell'ente locale con il dato dell'azienda sanitaria di riferimento. Io arrivo da una provincia virtuosa, quella di Trento, dove è tutto in capo agli enti locali, quindi il dato che citavo prima di un numero maggiore di assistenti sociali è legato anche al fatto che l'investimento sanitario sulla parte sociale è stato completamente spostato sull'ente locale, quindi non abbiamo un dato preciso, abbiamo il dato regionale. Posso prendermi questo impegno e chiedere al nostro gestore del sistema di estrarre i dati per provincia, posso provare a farlo.

  CLAUDIA MANNINO. Volevo fare anch'io una domanda che probabilmente sarà fonte di elaborazione dati, perché penso che l'attività degli assistenti sociali possa alleggerire molto le attività che i comuni e le città metropolitane si trovano a dover gestire nell'ambito delle periferie. Spesso si pensa a soluzioni di forza, mentre probabilmente un'attività di welfare potrebbe prevenire, oltre che far risparmiare. La domanda che le volevo fare è se abbiate dati delle vostre attività negli altri Paesi, su come la vostra figura professionale negli altri Paesi venga gestita e collocata all'interno dell'amministrazione del quotidiano. Questa mattina è stata fatta un'audizione su un caso particolare qui a Roma, quindi vorrei comprendere il vostro ruolo nel momento in cui (non conosco la procedura) dei minori non frequentino le scuole dell'obbligo, ossia se l'iniziativa vi debba essere sempre segnalata dal comune per poi attivarvi o ci sia una gestione del territorio da parte vostra.

  GIANMARIO GAZZI, Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali. Cercherò di essere sintetico e successivamente integreremo con del materiale. Sul livello europeo abbiamo ricerche di alcune università, ci sono stati progetti internazionali, e su quel dato possiamo fornire numeri aggiornati. Sicuramente va detto che secondo il Paese ci sono organizzazioni e modelli profondamente diversi, tendenzialmente in Italia c'è la figura dell'assistente sociale, dello psicologo e dell'educatore, in altri Paesi viene classificato come social worker e dentro c'è un po’ tutto, quindi bisognerebbe entrare nel merito delle specifiche competenze che vengono attribuite in quel Paese.
  Farò avere alla Commissione gli ultimi dati a disposizione, peraltro penso sia doveroso Pag. 27 ricordare che una docente italiana, Anna Maria Campanini di Milano Bicocca, è anche presidente dell'Associazione mondiale dei docenti di servizio sociale, quindi in questo periodo abbiamo la possibilità di accedere a una serie di informazioni sulla professione che non sono secondarie.
  Rispetto alla tutela dei minori, il campo è molto ampio, ma noi procediamo sicuramente rispetto al supporto delle famiglie. Cito un dato dell'Università di Padova: l'Italia – per dirla brutalmente – allontana meno degli altri Paesi europei, in Italia vengono fatti meno allontanamenti che negli altri Paesi europei, e in alcune regioni meno della media italiana, cosa che (permettetemi un po’ di orgoglio) rende eroici i miei colleghi, perché, come spiegavo prima, in una situazione di progressiva desertificazione dei servizi non è facile riuscire a sostenere la permanenza del minore nella propria famiglia. La legge 149 (ex 184) prevede infatti che venga data priorità al mantenimento del minore nella propria famiglia, a meno che non vi siano problemi legati alla integrità, tutela, maltrattamento, abuso: nella strisciante povertà di risorse messe a disposizione per la tutela dei minori – una volta in un dibattito avevamo lanciato la provocazione che dal Patto di stabilità bisognerebbe almeno togliere come spesa quella per la tutela dei minori, che è una spesa di investimento in quanto il minore di oggi è l'adulto di domani – se riusciamo a intervenire a supporto del minore in età precoce, è più probabile che ci siano adulti con maggiori competenze. Sull'allontanamento gli interventi devono essere sempre disposti dal Tribunale per i minorenni, poi se viene fatto un affidamento al servizio sociale con collocazione presso...

  CLAUDIA MANNINO. Ma voi venite chiamati dal comune a verificare uno stato di disagio e poi a sua volta il comune passa il fascicolo al Tribunale dei minori?

  GIANMARIO GAZZI, Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali. La tutela dei minori è in capo al comune, quindi il professionista che esercita all'interno della pianta organica del comune: ma anche qui ci sono modelli molto differenti, ci sono unità di tutela socio-sanitarie presso l'azienda sanitaria locale, ma la funzione è in capo al comune, perché il sindaco ha il dovere di tutelare: per esempio una scuola denuncia l'assenza del minore per un periodo eccessivo, la denuncia arriva al Tribunale che dà mandato al servizio sociale di individuare le modalità migliori o di capire se il minore abbia una situazione di pregiudizio.

  PRESIDENTE. Può trasmettere documentazione integrativa?

  GIANMARIO GAZZI, Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali. Lo farò la settimana prossima.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Gazzi e dichiaro conclusa l'audizione.

Esame di una proposta di modifica del Regolamento interno.

  PRESIDENTE. Comunico di aver predisposto una proposta di modifica al Regolamento interno della Commissione, approvato il 18 gennaio 2017. La proposta, che è stata unanimemente condivisa nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, svoltasi il 3 ottobre scorso, apporta all'articolo 23 le seguenti modifiche: al comma 1, primo periodo, sostituisce la parola «venti» con la parola «venticinque»; al comma 2 aggiunge le seguenti parole: «Qualora l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, deliberi la corresponsione di un'indennità, ne determina l'ammontare e non si fa luogo a rimborso spese. Qualora il contributo fornito consista in attività per progetto collegate a iniziative della Commissione ovvero nella redazione di una elaborazione originale da parte del consulente, l'indennità può essere corrisposta in un'unica soluzione o in due rate, a seguito di presentazione e successiva validazione da parte dell'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi». Pag. 28
  Questa è la modifica per venire incontro a quei consulenti che avevano chiesto un supporto economico per fare un lavoro redazionale più corposo.
  Prima di procedere alla votazione della proposta di modifica, chiedo di essere autorizzato a procedere ad un coordinamento formale del testo.
  Non essendo stati presentati emendamenti, e nessuno chiedendo di intervenire, pongo in votazione la proposta di modifica del Regolamento interno.

(La Commissione approva all'unanimità).

  CLAUDIA MANNINO. Per quanto riguarda la richiesta di proroga della durata della Commissione fino alla fine della legislatura?

  PRESIDENTE. È stata presentata. Dichiaro chiusa la seduta.

  La seduta termina alle 13.20.