XVII Legislatura

XIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Mercoledì 27 settembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Sani Luca , Presidente ... 3 

Audizione in videoconferenza della vicepresidente della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo, on. Renata Briano, e degli europarlamentari italiani componenti la medesima Commissione, nell'ambito dell'esame della Comunicazione della Commissione relativa alla situazione della politica comune della pesca e alla consultazione sulle possibilità di pesca per il 2018 (COM(2017) 368 final ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento):
Sani Luca , Presidente ... 3 
Briano Renata , Vicepresidente della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo ... 4 
Sani Luca , Presidente ... 6 
Gardini Elisabetta , membro sostituto della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo ... 6 
Sani Luca , Presidente ... 6 
Affronte Marco , membro della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo ... 6 
Sernagiotto Remo , membro della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo ... 8 
Sani Luca , Presidente ... 9 
Benedetti Silvia (M5S)  ... 9 
Venittelli Laura (PD)  ... 9 
Zaccagnini Adriano (MDP)  ... 10 
Rostellato Gessica (PD)  ... 10 
Agostini Luciano (PD)  ... 10 
Sani Luca , Presidente ... 11 
Gardini Elisabetta , membro sostituto della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo ... 12 
Briano Renata , Vicepresidente della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo ... 13 
Sernagiotto Remo , membro della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo ... 15 
Affronte Marco , membro della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo ... 15 
Gardini Elisabetta , membro sostituto della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo ... 17 
Agostini Luciano (PD)  ... 17 
Briano Renata , Vicepresidente della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo ... 18 
Sani Luca , Presidente ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori PER l'Italia: Misto-CIpI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI-Liberali: Misto-FARE!PRIL;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI) - Indipendenti: Misto-PSI-PLI-I.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUCA SANI

  La seduta comincia alle 14.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione in videoconferenza della vicepresidente della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo, on. Renata Briano, e degli europarlamentari italiani componenti la medesima Commissione, nell'ambito dell'esame della Comunicazione della Commissione relativa alla situazione della politica comune della pesca e alla consultazione sulle possibilità di pesca per il 2018 (COM(2017) 368 final).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza, ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento, della vicepresidente della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo, onorevole Renata Briano, e degli europarlamentari italiani componenti la medesima Commissione, nell'ambito dell'esame della Comunicazione della Commissione relativa alla situazione della politica comune della pesca e alla consultazione sulle possibilità di pesca per il 2018 (COM(2017) 368 final).
  Partecipano all'audizione in videoconferenza, oltre alla presidente Renata Briano, gli onorevoli Remo Sernagiotto e Marco Affronte. Partecipa altresì all'audizione l'onorevole Elisabetta Gardini che è presente in seduta.
  Rivolgo il benvenuto a tutti i partecipanti, che desidero ringraziare per aver accolto il nostro invito, e ci tengo a sottolineare che è per noi di estrema importanza, soprattutto dopo il Trattato di Lisbona, intensificare i rapporti tra le istituzioni europee e quelle nazionali, al fine di creare quel dialogo e quel coordinamento indispensabili alla definizione delle politiche agricole e della pesca.
  L'audizione odierna, molto attesa dalla Commissione agricoltura, si inquadra nell'ambito di un'intensa attività svolta, non soltanto dai rappresentanti italiani presso le competenti istituzioni europee, ma anche, in sede nazionale, dal Parlamento e dal Governo, al fine di tutelare la quota di pesca italiana dei pesce spada, nell'ambito della ripartizione della quota di pesca assegnata all'Unione europea in sede ICCAT (International commission for the conservation of atlantic tunas) tra gli Stati membri interessati alla pesca del pesce spada nel Mar Mediterraneo e, più in generale, al fine di salvaguardare le possibilità di pesca nel Mar Mediterraneo.
  A tal proposito, ricordo infatti che la Commissione già all'inizio dello scorso mese di giugno ha approvato una risoluzione unitaria con la quale impegnava il Governo ad adoperarsi con determinazione in tutte le sedi competenti per la tutela della quota di pesca italiana dei pesce spada, basata sulla chiave di ripartizione già utilizzata dall'ICCAT per il riparto tra Parti contraenti e, cioè, sui dati di cattura del periodo 2010-2014.
  Successivamente, il 20 luglio scorso, la Commissione ha concluso l'esame della proposta di regolamento del Consiglio che modifica Pag. 4 il regolamento (UE) 2017/127 per quanto riguarda determinate possibilità di pesca (COM(2017) 356 final), approvando un documento conclusivo che esprimeva su di esso una valutazione estremamente negativa, contestualmente approvando una risoluzione con la quale impegnava il Governo ad attenersi, in sede di determinazione nazionale dei massimali di cattura del pesce spada nel Mediterraneo, ai criteri formalmente e ufficialmente adottati e approvati in seno all'ICCAT per la ripartizione del contingente per il 2017, così come posti alla base dell'accordo di Madrid del 20-22 febbraio 2017.
  Nella stessa giornata è stato poi adottato un decreto ministeriale recante «Misure urgenti e transitorie in materia di gestione nazionale della pesca del pesce spada nel Mediterraneo», registrato con riserva il 21 luglio e ancora al vaglio della Corte dei conti, che raccoglieva l'invito rivolto al Governo dalla Commissione Agricoltura.
  Da ultimo, segnalo che nella seduta di giovedì 21 settembre l'Assemblea della Camera dei deputati ha approvato in prima lettura il testo unificato delle proposte di legge C.338 e abbinate, recante «Interventi per il settore ittico. Deleghe al Governo per il riordino e la semplificazione normativa nel medesimo settore e in materia di politiche sociali nel settore della pesca professionale». La proposta di legge, ora all'esame del Senato, contiene un complesso di interventi volti a incentivare una gestione razionale delle risorse ittiche, con particolare riguardo allo sviluppo sostenibile di quelle autoctone, a sostenere le attività che fanno riferimento alla pesca e all'acquacoltura marittima professionale e alla pesca ricreativa e sportiva e ad assicurare un sistema di relazioni efficace tra lo Stato e le regioni per garantire la coesione delle politiche in materia.
  È notevole quindi l'interesse che ha la Commissione di ricevere da parte vostra una panoramica sullo stato di avanzamento della politica comune della pesca, con specifico riferimento alla definizione degli stock ittici nel Mediterraneo e della quota di pesca italiana dei pesce spada in particolare.
  Do quindi la parola alla presidente Renata Briano e, a seguire, agli europarlamentari che intendano intervenire, ricordando che ai loro interventi faranno seguito le domande dei deputati e, quindi, la replica.

  RENATA BRIANO, Vicepresidente della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo. Innanzitutto vorrei ringraziarvi per questa opportunità che ci date, che credo sia molto utile per ottimizzare il lavoro che noi svolgiamo qui al Parlamento europeo e il lavoro che voi fate poi a Roma, perché noi spesso decidiamo politiche che poi devono in qualche modo essere recepite a livello degli Stati membri e, quindi, è molto importante avere una relazione «di andata e ritorno» continua. Ringrazio quindi il presidente e tutti i membri della Commissione per questa audizione.
  Io ho concentrato l'intervento soprattutto sulla questione del pesce spada, perché mi era stato riferito che è forse il tema di maggiore interesse da parte vostra, ma prima di passare a tale questione vorrei brevemente intervenire in riferimento alla Comunicazione della Commissione.
  Tale Comunicazione, non solo rappresenta il primo passo verso la definizione delle possibilità di pesca per il 2018, così come avviene ogni anno, ma contiene anche per la prima volta un primo resoconto sull'attuazione della politica comune della pesca (PCP), così come riformata nel 2013.
  Gli obiettivi della PCP rimangono oggi tanto ambiziosi e anche di difficile raggiungimento nei tempi previsti. A circa quattro anni dalla sua introduzione, la Commissione riporta che la PCP sta andando nella direzione giusta, ovvero verso la sostenibilità della pesca. Questi risultati, però, non sono altrettanto incoraggianti per quanto riguarda il Mar Mediterraneo, sia in riferimento alla situazione degli stock ittici – e questa è la battaglia che noi portiamo avanti fortemente – sia soprattutto in riferimento alla piccola pesca artigianale, settore importante per il nostro Paese, non solo per i numeri ma anche per il patrimonio storico e culturale che rappresenta. È innegabile che la situazione sia critica e, proprio Pag. 5 per questo, occorre pensare a quale sarà il futuro della PCP.
  Nel marzo di quest'anno ho partecipato come membro del Parlamento europeo, alla conferenza ministeriale MedFish4ever che si è svolta a Malta, che è un'iniziativa che ha segnato la volontà di voler migliorare la situazione nel nostro mare. Il nostro obiettivamente, rispetto ad altri mari che bagnano l'Unione europea, è un mare dove insistono anche molti Paesi extraeuropei e, quindi, occorre che ci sia una politica comune non solo a livello europeo, ma concertata con tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. È stato un evento molto importante, che ha segnato degli impegni da parte di tutti, che speriamo possano davvero essere presi in considerazione e attuati nella pratica. Peraltro, proprio in quel contesto di crisi è stata presa la decisione di introdurre le quote per il pesce spada, così come è avvenuto già per il tonno rosso.
  Ci tengo soltanto a sottolineare che spesso si fa riferimento alle decisioni sul tonno rosso come se le stesse politiche attuate per il pesce spada possano avere lo stesso effetto. La biologia delle due specie è invece piuttosto diversa; l'ICCAT – e non solo – ha deciso di introdurre le quote, però obiettivamente dovremo attendere i risultati effettivi che si avranno nel nostro mare.
  Su questo vi chiediamo davvero un aiuto. Noi stiamo facendo una battaglia perché tutte le decisioni future in termini di PCP tengano in seria considerazione il principio della regionalizzazione. Noi qui sosteniamo che la politica comune della pesca deve avere dei princìpi generali validi in Europa, ma poi deve in qualche modo differenziarsi con scelte che siano regionalizzate e portiamo avanti questa battaglia per quasi tutti i dossier che stiamo seguendo. C'è bisogno, sia da parte dell'Italia che degli altri Paesi, soprattutto del Mediterraneo, di portare avanti questa battaglia tutti insieme.
  Ritorno al tema delle quote del pesce spada, che è già stato ben esposto dal presidente. Io su questo tema mi sono fatta portatrice di alcune istanze, perché ho partecipato all'ultima riunione dell'ICCAT in Portogallo, dove è stata presa questa decisione. Vi ho partecipato come componente della delegazione della Commissione al Parlamento europeo, pur non avendo competenze né in sede ICCAT, perché partecipiamo come uditori, né in sede di decisioni, perché il recepimento delle scelte dell'ICCAT spetta poi alla Commissione e, quindi, al Consiglio.
  Su questo tema, viste le decisioni della Commissione, che a mio avviso sono in palese contrasto con quello che è stato deciso all'ICCAT, ho presentato tre interrogazioni – strumenti con i quali possiamo chiedere alla Commissione di darci conto delle sue scelte – peraltro urgenti, aventi proprio ad oggetto i criteri in base ai quali la Commissione europea ha deciso di assegnare queste quote a livello europeo.
  Durante i negoziati in ambito europeo per la definizione delle quote di pesce spada da destinare ai singoli Stati membri, ho chiesto poi alla Commissione se fosse vero che nel conteggio delle catture medie si stessero prendendo in considerazione gli anni 2012-2015 e non gli anni 2010-2014 utilizzati, invece, come battaglia che la Commissione europea ha decisamente condotto in sede ICCAT per la suddivisione delle quote tra l'Europa e gli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
  Alla prima interrogazione ho ricevuto una risposta totalmente insoddisfacente, che posso inviarvi, per cui poi ho presentato una seconda interrogazione, in cui ho chiesto alla Commissione se avesse effettivamente ritenuto inaffidabili le catture storiche di pesce spada avvenute in Italia negli anni 2010 e 2011 e se potesse chiarirne il motivo, dal momento che durante i negoziati ICCAT questo problema non era assolutamente emerso.
  La Commissione ha risposto che, relativamente all'affidabilità dell'attività di pesca del pesce spada nel biennio 2010-2011, in quegli anni «in Italia era ancora autorizzato un utilizzo diffuso di reti da posta derivanti illegali, impiegate anche per la pesca del pesce spada».
  Inoltre, la Commissione ha fatto presente che, nel corso della consultazione con gli Stati membri per la spartizione delle Pag. 6quote, tutti gli Stati tranne l'Italia hanno convenuto di stabilire la ripartizione sulla base delle catture comunicate all'ICCAT per il periodo 2012-2015.
  Ci sarebbe anche da capire come questa decisione viene presa tra gli Stati, perché è chiaro che il Paese più interessato era l'Italia, che si è trovata sola in quella sede a dover esprimere una posizione ed è andata in minoranza. Tuttavia, obiettivamente siamo anche il Paese che storicamente pesca maggiori quantità di pesce spada.
  Trovo, quindi, che sia ingiusto e incomprensibile che, mentre in sede ICCAT era stato deciso di tenere conto di determinati anni, in sede europea per spartire le quote tra i diversi Paesi siano stati presi in considerazione anni diversi.
  Ho presentato un'ulteriore interrogazione urgente, alla quale non ho ancora ricevuto risposta. Appena la riceverò ve la invierò. In questa interrogazione ho sottolineato che, se effettivamente la Commissione era a conoscenza che il sistema di controllo italiano presentava delle gravi carenze, così come ha scritto, allora avrebbe utilizzato in maniera strumentale in sede ICCAT i dati delle catture di pesce spada in Italia, per ottenere migliori risultati per l'Unione europea. Dunque, se la Commissione avesse effettivamente strumentalizzato questi dati per ottenere risultati più positivi per l'UE e avesse poi accettato che l'Italia venisse penalizzata rispetto agli altri Stati membri, sarebbe un fatto gravissimo e inaccettabile. La Commissione, infatti, confermerebbe di aver utilizzato due pesi e due misure nei negoziati ICCAT e, successivamente, nell'ambito della consultazione tra gli Stati membri. Come dicevo, sono ancora in attesa di una risposta a questa interrogazione.
  Ho saputo che il Governo italiano ha deciso per l'anno 2017 di attenersi ai criteri ufficialmente adottati in sede ICCAT per la ripartizione del contingente 2017 e credo, quindi, che sia giusto proseguire insieme in questa battaglia. Pertanto, siamo a vostra disposizione per utilizzare gli strumenti che possiamo attivare in sede istituzionale per condurre insieme questa giusta battaglia per il nostro Paese e per i nostri pescatori.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Briano. Do la parola all'onorevole Gardini.

  ELISABETTA GARDINI, membro sostituto della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo. Signor presidente, sulla relazione dell'onorevole Briano non ho nulla da aggiungere e la condivido pienamente, quindi ascolto volentieri quello che avete da dire voi, anche perché io sono entrata da relativamente poco tempo alla Commissione pesca e sono relatrice ombra per quanto riguarda la pesca dei piccoli pelagici dell'Adriatico. Eventualmente, se poi si proseguirà su queste altre tematiche, farò un intervento. È inutile che ripeta quanto ha già detto la collega Briano. Spesso riusciamo a far fronte comune a Bruxelles.

  PRESIDENTE. È una caratteristica che c'è anche nella Commissione agricoltura della Camera dei deputati.
  Chiedo agli altri colleghi da Bruxelles se intendano intervenire.

  MARCO AFFRONTE, membro della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo. Aggiungo brevemente qualcosa a quello che ha detto la collega Briano, anche se lei si è concentrata molto sulla questione del pesce spada, che è ovviamente molto attuale e anche molto divisiva. Vorrei solo fare un quadro veloce anche degli orientamenti e delle decisioni che dall'Unione europea ricadranno sugli Stati membri per quanto riguarda la politica comune della pesca.
  Da quando siamo qua, dalla metà del 2014, tutto il lavoro che abbiamo fatto in Commissione pesca sui vari dossier si incastra ovviamente nella cornice della politica comune della pesca, che si sta cercando di adottare per portare la pesca a un livello di sostenibilità.
  Peraltro, abbiamo avuto proprio in questi giorni importanti incontri nei quali è stato dimostrato con i numeri quanto la pesca, se raggiunge livelli di sostenibilità ambientale, diventi anche redditizia dal Pag. 7punto di vista economico proprio per il settore, quindi è un discorso che ovviamente impatta su entrambi gli ambiti.
  La politica comune della pesca si risolve in diverse linee di azione e diversi provvedimenti. Uno degli strumenti principali sono i piani pluriennali, che stiamo cominciando a vedere. Come diceva la collega Gardini, stiamo lavorando adesso su quello dell'Adriatico, di cui anch'io sono relatore ombra, e sappiamo che arriverà a breve anche il piano dei pelagici del Mediterraneo occidentale.
  Aggiungo una nota sulla pubblicazione della Comunicazione della Commissione europea sulle opportunità di pesca del 2018, semplicemente per rimarcare due fatti. Il primo è che continuiamo sempre a ritrovare all'interno di questo documento una situazione di questo tipo: i Paesi europei, soprattutto quelli della parte nord e nordorientale, per quanto riguarda la pesca si stanno riprendendo e stanno andando verso gli obiettivi della politica comune della pesca, mentre – lo dice la comunicazione, non lo dico io, anche se sono d'accordo – la situazione nel Mediterraneo rimane molto critica sia a livello di settore, come diceva la collega Briano, ma anche e soprattutto a livello di stock. I numeri sono quelli che conoscete e che vengono sempre ripetuti: il 92-93 per cento degli stock sono oltre il limite di sostenibilità, quindi sovra-pescati.
  Di conseguenza, noi dobbiamo andare a lavorare in questo ambito, che è un ambito abbastanza complicato, perché dobbiamo tenere conto, a mio avviso, che bisogna prima intervenire per cercare di risolvere la situazione degli stock. Questo avrà poi una ricaduta anche sul settore della pesca.
  La situazione è in alcuni casi di vera e propria emergenza e per questo motivo spesso i provvedimenti che vengono presi hanno il carattere di emergenza. Per esempio, la proposta della Commissione europea sui piccoli pelagici dell'Adriatico, che cerca di indirizzarci verso l'attribuzione di quote anche per quel settore, è volta proprio a rispondere a un'emergenza che è scritta nero su bianco, cioè il pericolo che questi due stock collassino nei prossimi anni. Ovviamente, se collassano gli stock, collassa anche il settore che su questi stock vive.
  A volte queste indicazioni e queste linee politiche (che assumono talvolta il rango di decisioni), che la Commissione europea propone, pur essendo ovviamente difficili da accettare o da comprendere da parte degli operatori del settore, spesso sono proprio collegate a una situazione di emergenza che va in qualche modo affrontata.
  Nella Comunicazione sulle opportunità di pesca per il 2018, nella quale per la prima volta, come diceva la collega Briano, si fa il resoconto di come stanno andando le cose, per una volta abbiamo anche la possibilità di operare un confronto. Ci viene detto, con dei grafici e con dei numeri abbastanza difficili da discutere, che laddove gli interventi sono stati fatti con gli strumenti che noi adesso stiamo cercando di applicare un po’ in tutta l'Unione europea, quindi anche nel Mediterraneo, ovvero con i piani pluriennali di gestione della pesca e, ove necessario, anche con le quote, la situazione migliora e si sta riprendendo; in altre aree, invece, siamo soltanto all'inizio.
  Al momento registriamo soltanto – e siamo contenti di questo – che finalmente la Commissione europea ha posto la sua attenzione sul Mediterraneo. Non è stato così all'inizio del nostro mandato, non se ne parlava quasi per niente; adesso l'attenzione c'è, ci sono state diverse iniziative, c'è il programma MedFish4ever e c'è la dichiarazione di Malta.
  Noi stessi in Parlamento, su una proposta di mia iniziativa avanzata in Commissione pesca, abbiamo elaborato la posizione del Parlamento europeo proprio per affrontare il problema della pesca nel Mediterraneo. È una proposta che è stata votata poche settimane fa.
  In questo momento, quindi, l'attenzione c'è. Siccome c'è l'attenzione, tutti siamo ben consapevoli di quali siano le problematiche di questo bacino, che comprendono anche il fatto di doversi rapportare con Paesi terzi che non fanno parte dell'Unione europea.
  Credo che gli strumenti a disposizione della Commissione europea siano difficili Pag. 8da attuare e in alcuni casi, come ad esempio in quello dell'obbligo di rigetto, veramente molto complicati, ma penso che la direzione sia quella giusta. Adesso dobbiamo avere il coraggio di fare delle scelte che sono abbastanza difficili, e a volte anche drastiche, per poter garantire nel futuro un settore pesca che si possa sostenere per molto tempo a venire.

  REMO SERNAGIOTTO, membro della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo. Signor presidente, riprendo la relazione della Vicepresidente Briano, che condividiamo tutti con molta forza.
  Osservo che ci sono una serie di anomalie. Aver preso in considerazione gli anni 2012-2015 è un'anomalia, credo voluta da un Paese amico, che è la Spagna, per cui non si è tenuto conto del periodo 2010-2014, che era il vero ruolo che doveva avere la Commissione ICCAT che stava lavorando.
  Perciò, sul tema del pesce spada io penso che il Governo dovrebbe intervenire in Consiglio UE, perché è solo quello il luogo dove possiamo intervenire. Al nostro Paese mancherebbero più o meno 500 tonnellate di pesce spada. Io non so se il sistema dei pescatori del pesce spada con 500 tonnellate in meno raggiunga il break even point senza difficoltà, oppure se debba essere assistito per consentire al sistema stesso di mantenersi, ma qui c'è tutta una strategia da noi non è condivisa.
  Le interrogazioni presentate dalla collega e da tutti noi su questo tema hanno la funzione di conoscere le motivazioni di certe decisioni, che non sempre sono molto chiare, però io ritengo che l'intervento vero vada fatto in Consiglio UE.
  Vengo al problema del Mediterraneo. Consideriamo che il Nord Europa sulla pesca aveva solo un grande Paese che ne rimaneva fuori: la Norvegia. Adesso fra qualche anno forse ci sarà anche l'Inghilterra, che perciò dovrà discutere in modo diverso.
  Nel Mediterraneo una prima anomalia è il fermo pesca del nostro Paese nell'Adriatico sui piccoli pelagici e un po’ su tutto, non rispettato da un Paese dell'Unione europea, cioè dalla Croazia. Credo che su questo dovremmo fare un grosso sforzo, perché già abbiamo da affrontare la situazione con molti Paesi del Nord Africa.
  Come diceva il collega Affronte, le difficoltà degli stock non sono dovute al fatto che le nostre flotte distruggono quegli stock, ma al fatto che ci sono delle anomalie rispetto ai molti Paesi che pescano in acque territoriali non proprie, ma in acque internazionali che qualche volta loro considerano territoriali proprie e distruggono gli stock. A pagare fortemente il prezzo poi è l'Italia, che si affaccia in questo modo sul Mediterraneo.
  Perciò, ci sono due sfide importanti: la prima è la collaborazione con i Paesi del Nord Africa e con gli altri Paesi che non sono nell'Unione europea, ma io credo che ci sia anche la necessità di fare una riflessione con la Croazia in particolare sul tema dell'Adriatico.
  Per recuperare queste 500 tonnellate di pesce spada o per recuperarne una parte, nel Consiglio UE sulla proposta di modifica del regolamento il nostro Paese deve fare la propria parte e la deve fare fino in fondo. In Commissione noi siamo intervenuti tutti sulla stessa linea, non c'era nessuna differenza di appartenenza politica; in quella sede è più facile – lo capisco – però adesso in Consiglio UE l'Italia deve fare la propria parte.
  Vorrei dire una cosa: il nostro Paese forse aveva bisogno non di un alto commissario, ma di un commissario economico, perché tutte le situazioni economiche che poi determinano difficoltà al nostro Paese, come le 35.000 tonnellate di olio tunisino (che poi sono sempre quelli che nel sistema della pesca fanno la loro parte), sono state subìte dall'Italia, dalla Grecia e dalla Spagna, non da tutta l'Europa. Questo è il grande tema.
  Di fronte alla differenze che viviamo sotto il profilo dell'agroalimentare e della pesca noi paghiamo un prezzo troppo alto, perciò chiediamo al Governo che, laddove il potere è molto forte, cioè nel Consiglio UE, si faccia una battaglia con la nostra collaborazione. Noi abbiamo una condivisione totale sui temi del pesce spada e sulle quote, ma anche sui piccoli pelagici, sull'Adriatico, Pag. 9 sul Mediterraneo e su tutto quello che concerne la pesca che interessa il nostro Paese.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SILVIA BENEDETTI. Ringrazio per questo confronto. Effettivamente ci sono delle problematiche non da poco per quanto riguarda la pesca italiana.
  Mi collego a quanto già detto. Sono seriamente perplessa relativamente alla decisione presa nei confronti dell'Italia per la determinazione del contingente italiano. In un atto che abbiamo votato in Commissione a giugno ravvisavo appunto la differenza di atteggiamento tra l'ICCAT, che non ha sottolineato comportamenti scorretti da parte dell'Italia relativamente ai dati sulla pesca del pesce spada, e la Commissione, che sembra abbia avuto un'idea diversa. Pertanto, vorrei capire che motivazioni sono state addotte rispetto a questa differenza perché ICCAT non ravvisava problemi, mentre in sede di Commissione gli altri Stati sì?
  L'altra cosa che vorrei capire è com'è l'interazione con gli Stati frontalieri per quanto riguarda la gestione dei piccoli pelagici in Adriatico, perché anche questo è un problema. Noi ci troviamo in un bacino che condividiamo con altri Stati, qualcuno dei quali è dentro l'Unione europea e qualcun altro no. Ad esempio, nel caso della Croazia, abbiamo già avuto dei problemi relativamente a questo, anche se si tratta di uno Stato in entrata in Europa.
  Inoltre, vorrei sapere che cosa c'è sul tavolo per la tutela del reddito dei pescatori. Non so se state discutendo di questi aspetti, ma è chiaro che nel momento in cui vengono introdotte delle quote di cattura possono esserci dei problemi per i pescatori stessi.

  LAURA VENITTELLI. Innanzitutto ringrazio per questo momento importante di confronto e saluto gli europarlamentari a Bruxelles.
  La relazione della Vicepresidente Briano ben si inserisce nel lavoro che noi abbiamo fatto a livello parlamentare. Quello che è stato già detto e sollevato è sostanzialmente questo: a fronte di un'indicazione del periodo storico di riferimento, che è quello 2010-2014, l'ICCAT dice una cosa e poi la Commissione UE ne dice un'altra, perché segue le indicazioni della Spagna.
  Ho sentito con interesse e con soddisfazione che la nostra Vicepresidente della Commissione pesca, l'onorevole Briano, ha presentato un'interrogazione parlamentare, ma la risposta, da quello che ho potuto capire, non soddisfa, perché la Commissione europea afferma semplicemente la stessa cosa che sostiene la Spagna, ovvero che quei dati sono falsati dal 2010 al 2011 perché venivano utilizzate delle reti non legali, senza avere un conforto «probatorio». Io forse per deformazione professionale, da avvocato, faccio riferimento sempre alla questione probatoria, ma penso che anche il legislatore non possa non farlo, perché nel momento in cui si escludono delle quote e si dice che un Paese invia delle note falsate si afferma una cosa grave e, se la si dice, la si deve provare.
  A questo punto, mi chiedo: il peso della Spagna nell'affermazione non confortata da un dato obiettivo ha più forza del peso dell'Italia? Questo è il tema politico, che poi si riverbera chiaramente sulla sussistenza del nostro sistema pesca. Può un Paese semplicemente affermare questo, senza provarlo? La prossima volta lo faremo anche noi. Si può innescare un ragionamento del genere? Questo è il tema per noi.
  Tutta la Commissione agricoltura ha ritenuto di dover approvare la proposta di documento conclusivo formulata dall'onorevole Agostini, che invitava a esprimere una valutazione negativa sulla proposta di regolamento, che sceglieva di individuare un periodo che escludeva la nostra pesca, ovvero gli anni 2012-2014.
  Lo abbiamo fatto convintamente, ritenendo che la nostra pesca e il nostro Paese debbano essere fortemente sostenuti e garantiti, soprattutto quando i ricorsi e gli indirizzi politici sono a danno dell'Italia senza essere confortati da dati «scientifici». Infatti, un dato scientifico è anche Pag. 10quello di dire: «Hai utilizzato una rete non legale e te lo dico perché ho la prova». Anche quello è un dato scientifico.
  Penso che noi dobbiamo seguire con determinazione questa indicazione, forti anche del sostegno dei nostri europarlamentari, e che questa sia la direzione: non abbassare la testa davanti a nulla. Io confermo la nostra posizione, visto che c'è una condivisione di idee. Non so se nel percorso che state facendo voi sia possibile ripresentare altri atti di sindacato ispettivo per capire effettivamente su cosa si basa questa determinazione e per capire anche su cosa la Spagna si sia fondata. Noi nella nostra relazione l'abbiamo già scritto: quello che dice la Spagna è un assunto che non trova una base probatoria o scientifica.
  Io concludo ricevendo l'assist della collega Benedetti riguardo alla tutela del reddito. Nel testo unico della pesca noi abbiamo inserito nuove misure di welfare. Vorremmo anche sapere che cosa l'Europa può fare per venire incontro ai nostri pescatori nei periodi di sospensione della pesca per vari motivi, non soltanto per ragioni di fermo biologico. Questo fermo nell'Adriatico è sentito come una forte penalizzazione, perché lo fanno gli italiani ma non lo fanno i croati e, quindi, siccome il pesce non è un ben stanziale, si dice che quello che facciamo è inutile.
  Io ringrazio il presidente per questa opportunità e ringrazio gli amici che ci ascoltano.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Saluto gli eurodeputati italiani che si occupano di pesca. Io non entrerò nel merito delle questioni sollevate dai miei colleghi. Pongo, però, una domanda agli eurodeputati.
  Riguardo alla questione del tonno rosso, che si riproporrà con il pesce spada, vorrei sapere se ritengono la distribuzione che è stata stabilita e la previsione normativa che abbiamo approvato la scorsa settimana – penso l'abbiano seguita – conformi e se, a loro avviso, recepiscono le indicazioni che ci hanno dato in questo anno abbondante. Mi rivolgo all'onorevole Briano e agli altri deputati del gruppo dei socialisti.
  Ovviamente sapete che il testo approvato prevede il 70 per cento di pesca accidentale e il 30 di quote sempre agli stessi. Pertanto, i piccoli pescatori possono accedere alla pesca del tonno rosso solo attraverso la pesca accidentale.
  Questo escamotage che si è trovato può essere accettabile per un periodo transitorio, ma vorrei capire se effettivamente l'opposizione del Governo è fondata su motivi tecnici. Il Governo si appiglia al fatto che il regolamento non permette l'estensione e l'apertura di nuove licenze, se non con un bando unico che mette a gara tutto e, quindi, con il rischio che tutte le quote del tonno rosso siano assegnate a qualche grande multinazionale del pesce. Il Governo ha addotto questa motivazione.
  Vorrei che mi confermaste se è effettivamente così o se c'è una strada percorribile, che magari proporremo, per quanto riguarda il pesce spada per aprire a nuove licenze e, quindi, a nuove autorizzazioni e liberalizzare un po’ questo mercato che è ingessato da parecchio tempo.

  GESSICA ROSTELLATO. Ringrazio e saluto anch'io i colleghi da Bruxelles. Se possibile, vorrei entrare un po’ più nel dettaglio del regolamento UE relativo agli stock dei piccoli pelagici in Adriatico, per capire quali prospettive voi vedete su questo regolamento e su quale strada state lavorando insieme.
  Vorrei capire cosa ci dobbiamo aspettare, stante il parere che è stato dato dal Comitato economico e sociale europeo, che rilevava come, al di là delle conseguenze ambientali, di cui ovviamente dobbiamo tenere conto, vi siano anche delle ricadute economiche, come faceva presente anche la collega Benedetti, sugli operatori del settore, che ovviamente non possiamo non tenere in considerazione.
  Vorrei sapere secondo voi che prospettive ci sono su questo regolamento e che cosa dovrebbe fare il nostro Governo su questo tema. Personalmente ho presentato un'interrogazione con i colleghi, a cui ancora non ho avuto risposta, proprio per capire quale strada intenda intraprendere il Governo italiano su questo tema.

  LUCIANO AGOSTINI. Saluto e ringrazio anch'io i colleghi europarlamentari per Pag. 11questa opportunità di confronto che ci è stata data.
  Per quello che riguarda il pesce spada, aggiungo un'osservazione alle cose che diceva l'onorevole Venittelli, che ovviamente condivido fino in fondo. Condivido anche le cose che qui venivano dette: la questione può essere raddrizzata solo attraverso un'iniziativa politica molto forte in sede di Consiglio UE attraverso l'azione del Governo.
  Per fare questo, noi in Commissione abbiamo approvato gli atti necessari per sostenere la battaglia del Governo e per cercare di rimettere un po’ a punto le questioni, perché, se l'organo tecnico è tale, ad esso bisogna far riferimento e non ai singoli soggettivi interessi degli Stati membri.
  Noi abbiamo presentato risoluzioni, abbiamo interloquito con il nostro Governo e lo abbiamo fatto in maniera unanime come Commissione, senza distinzioni di appartenenza e, quindi, pensiamo che l'azione politica sia stata necessaria. Se poi occorre fare altro dal punto di vista politico-istituzionale, anche per sostenere l'azione dei nostri parlamentari europei, noi siamo a disposizione, almeno come Gruppo del Partito Democratico.
  Faccio una rapidissima considerazione sulle altre questioni. È chiaro che tutte le iniziative che vengono prese in sede europea partono dal principio generale di diminuire lo sforzo di pesca per cercare di tutelare e aumentare i famosi stock.
  Su questo noi da sempre abbiamo scontato nel Mediterraneo la nostra particolarità di avere un mare piuttosto chiuso, di avere una molteplicità di specie, di avere Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e che non fanno parte dell'Unione europea.
  Abbiamo una serie di problemi che a mio modo di vedere dovrebbero essere affrontati non in termini generali, ma in maniera più specifica e con le particolarità che il Mediterraneo presenta. Si dovrebbe cercare di affrontarli all'interno dello stesso bacino del Mediterraneo con progetti specifici.
  Qui si faceva riferimento ai piccoli pelagici in Adriatico. Io non credo che la soluzione volta al mantenimento degli stock, date anche le esperienze che noi abbiamo fatto sul tonno rosso e sul pesce spada, possa essere quella delle quote. Infatti, le quote, se salvaguardano un principio, creano comunque dei monopoli e incrostazioni che nel tempo, se ci fanno raggiungere parzialmente alcuni risultati, non ce ne fanno raggiungere altri.
  Io penso che le questioni andrebbero affrontate in maniera un po’ più specifica, con un progetto per l'Adriatico. Bisognerebbe cercare di affrontarle partendo dalla considerazione della settorializzazione e delle specificità proprie di alcune parti del Mediterraneo. In passato se ne era parlato, ma non so se questa strada, che ritengo sia quella giusta, possa essere portata ulteriormente avanti.
  Prima veniva ricordato il tema della Croazia nell'Adriatico. È certo che adesso è un problema, ma ci abbiamo fatto tutti poco caso quando abbiamo redatto l'accordo affinché la Croazia entrasse. Se non ricordo male, in quell'occasione abbiamo previsto sette anni di franchigia sulla pesca prima dell'accettazione da parte loro di tutte le norme che vincolano tutti gli altri Stati membri.
  Di conseguenza, al di là di questo periodo, che comunque passerà, io penso che in particolare nell'Adriatico noi dovremmo cercare di fare alcuni progetti particolari che tengano di più in considerazione ciò che i pescatori possono e devono fare a terra, anche in base alla normativa europea. Penso che si possa ulteriormente incentivare e dare ai pescatori la possibilità di lavorare sull'ambiente marino. Dovremmo cercare di lavorare su una serie di incentivazioni che corresponsabilizzino le imprese di pesca a diminuire lo sforzo.
  Ripeto che sul fatto che gli stock possano essere salvaguardati con le quote continuo a essere poco convinto.

  PRESIDENTE. Non ho altri deputati iscritti a parlare, quindi per i temi sollevati darei la parola all'onorevole Gardini, visto che nel corso del dibattito è emerso più volte il tema dei piccoli pelagici del Mediterraneo e lei ci aveva anticipato di essere relatrice ombra del provvedimento. Ad essi Pag. 12relativo naturalmente può rispondere anche sul resto.

  ELISABETTA GARDINI, membro sostituto della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo. Ci sono anche altri colleghi coinvolti sul tema dei piccoli pelagici dell'Adriatico, che è stato per me il punto di partenza per fare un po’ il punto della situazione della pesca italiana.
  Io vi devo dire che sono veramente allarmata e sono venuta qui soprattutto per lanciare questo grido di allarme veramente accorato, perché la mia sensazione è che si voglia chiudere la pesca a favore dell'acquacoltura. Io ho parlato anche con alcuni funzionari della Commissione europea e uno ha avuto il coraggio di dirmi che effettivamente questo è l'obiettivo.
  Di fronte alla mia preoccupazione rispetto alla salute umana, quando gli ho detto che non vorremmo avere la mucca pazza e il pesce pazzo, lui mi ha detto: «No, ma è tutto molto controllato, fa tutto molto bene». Ho fatto l'esempio: «Ho visto che c'è stato un periodo in cui i salmoni non si riusciva più a mangiarli da quanto grasso avevano. Li mettevi nel forno, il bianco era superiore al rosa e veniva la schiuma». Lui mi ha risposto: «Ma lei il salmone lo deve mangiare crudo, non lo deve mica cucinare». Ho detto: «Mia nonna di Chioggia mi ha insegnato: carne cruda e pesce cotto, era l'antica saggezza popolare». Mi ha replicato: «Guardi che i giapponesi vengono qui e comperano i tonni grassi, perché hanno gli omega 3, fanno bene, sono buoni» eccetera.
  Essendo molto preoccupata, sono andata a vedermi una sintesi per numeri e una fotografia della pesca italiana. La pesca italiana per oltre trent'anni, fino circa al 2000, ha prelevato in maniera ufficiale e costante tra le 400.000 e le 450.000 tonnellate di pesce. A partire dagli anni 2000 è diminuita anno dopo anno, per arrivare al 2015-2016 a pescare soltanto 170.000-180.000 tonnellate di pesce, con una perdita di produzione di oltre 220.000 tonnellate all'anno, togliendo al settore oltre un miliardo di euro, se calcoliamo un prezzo medio per chilo di 4,5 euro.
  La flotta è diminuita di oltre 7.000 motopesche, oltre 17.000 pescatori sono stati espulsi dal settore e il tempo di pesca è diminuito fortemente. Abbiamo perso latterino, cicerello, bianchetto eccetera. La flotta del tonno è passata da oltre 50 grosse imbarcazioni a circa dodici che oggi lavorano solo pochi giorni all'anno.
  Abbiamo limitato la flotta per la pesca del pesce spada. Mi domando, sentendo che non abbiamo raggiunto la quota, se non sia il risultato di questa riduzione. Forse sì, ma non lo so e non l'ho ancora approfondito, mi è venuto in mente ascoltando i discorsi.
  Dal momento che la Commissione basa molto i suoi dati scientifici, ma teorici, sul pescato, è evidente che, se io ho ridotto la flotta e ho ridotto i pescatori, pesco molto di meno. Tuttavia, io ho chiamato i pescatori di Chioggia e mi hanno detto che sono usciti e in poche ore hanno pescato tantissime sardine, che erano anche di taglia importante.
  C'è un'altra tecnica, che è l’ecosurvey: si va a vedere effettivamente quant'è la biomassa. Sembra che con questo ecosurvey la biomassa sia il doppio, se non il triplo, di quello che risulta dai modelli teorici basati molto sul pescato della Commissione.
  Perché io mi devo basare su dei modelli astratti e non devo tener conto di quello che la realtà mi dice? La Commissione dice che quello non è scientifico, ma è scientifico il suo modello. Come ci ha insegnato un americano che ha scritto un libro bellissimo – non ricordo il nome, ma il titolo è «I numeri non mentono, ma con i numeri si può mentire» – quelli sono i dati, ma a seconda di come io li presento, a seconda del fatto che mi fermi sul grafico in salita o in discesa, ottengo dei trend opposti.
  Io sono davvero molto preoccupata da questa cosa e credo che noi dobbiamo stare molto attenti e fare molto sistema, non dividerci con i croati; dobbiamo trovare con i croati un terreno comune, perché se ci dividono tra di noi siamo morti e siamo finiti.
  Abbiamo detto alla Commissione: «Aspettiamo, non possiamo dire che non hanno funzionato le norme che sono state decise, se non sono ancora passati cinque Pag. 13anni per poter valutare effettivamente qual è il risultato delle norme applicate».
  Non possiamo oggi valutare la quantità di pesce che abbiamo effettivamente – parlo dei piccoli pelagici – rispetto a dei dati che loro hanno, che sono più vecchi del tempo di vita delle sardine e delle acciughe. Io dico: aspettiamo i nuovi dati. È una lotta continua e costante.
  Inoltre, non basta pensare al reddito dei pescatori. Sapete l'indotto che c'è dietro la pesca? C'è un indotto incredibile di chi trasforma eccetera. Non basta quello. Oltretutto, abbiamo un settore che è completamente scoraggiato, con i giovani che non fanno più questo mestiere, se ne vanno. Non avremo più niente. Abbiamo una situazione che secondo me è veramente deleteria. Io sono molto preoccupata.
  Oltretutto, non possiamo neanche sollevare il discorso della pesca artigianale, perché la Commissione ha detto che nel Mediterraneo l'80 per cento è pesca artigianale e, quindi, è provato che anche la pesca artigianale è dannosa. Questo è l'atteggiamento della Commissione. Pertanto, non ha nessuna intenzione di esentare, favorire o proteggere la pesca artigianale.
  Sembra che vorrà mettere anche nelle piccolissime barche tutti quei sistemi di controllo. Mi riferiscono i pescatori che ci sono alcune barche che non hanno neanche la capacità. Mi dicono: «O mettiamo il pesce dentro o mettiamo questi macchinari, che sono messi là per controllare a vista quello che succede sulla barca».
  Io lancio veramente un grido d'allarme. Secondo me, va trovata prima di tutto una posizione comune – questo è importantissimo – con il maggior numero di Paesi possibile. Il Mediterraneo deve tornare ad essere il Mare nostrum, non questi del nord... Noi sappiamo che in passato, mentre mettevano sotto vivisezione gli stock del tonno, avevano degli stock del Nord che erano molto più danneggiati, però li hanno trattati con i guanti di velluto.
  Bisogna fare molta attenzione, perché – lo ripeto – la sensazione, confermata anche da uno ingenuo che me l'ha detto, è che vogliano chiudere la pesca a favore dell'acquacoltura. Anche per la pubblica opinione, secondo me, bisognerebbe fare dei programmi di informazione e di approfondimento, affinché la gente sappia.
  Così come noi in Parlamento abbiamo bloccato a suo tempo – ve lo ricorderete – la carne di animali clonati, blocchiamo questa perversa idea di avere anche i pesci solo da allevamento, perché questo veramente non fa bene neanche alla salute delle persone. Io a un bambino di pochi mesi preferisco dare un pesciolino pescato nel mare piuttosto che un pesciolino allevato con ormoni e antibiotici.
  Io credo che noi dobbiamo stringere questa collaborazione tra Parlamento europeo, istituzioni nazionali e Governo, ma non basta l'Italia, questa volta non dobbiamo dividerci. Unire i pescatori è già difficile in Italia, ma dobbiamo farlo – credo che ne siano consapevoli – e dobbiamo unire anche tutti gli altri del Mediterraneo.

  RENATA BRIANO, Vicepresidente della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo. Anch'io devo dire che sono molto preoccupata rispetto alla situazione della pesca nel Mediterraneo e non solo, perché, come diceva anche l'onorevole Gardini, i dati non sono confortanti.
  Noi abbiamo assistito un giorno a due audizioni alla Commissione pesca totalmente discordanti. La prima era sullo stato degli stock e sul ruolo positivo – che condivido – che le aree marine possono avere nel Mediterraneo non solo per la riproduzione dei pesci e per l'aumento degli stock. Successivamente c'è stata un'altra audizione sul consumo di pesce in Europa, in cui si è espresso apprezzamento per il fatto che i cittadini dei Paesi europei consumino quattro volte il pesce che viene pescato nell'Unione europea, con una politica comune della pesca che tende a ridurre lo sforzo di pesca. Obiettivamente questi due dati sono assolutamente discordanti.
  L'acquacoltura ha in sé molte contraddizioni. Noi abbiamo audito popolazioni africane che ci hanno raccontato che noi, così come i russi, i cinesi ed altri, andiamo a pescare anche davanti alle coste africane per produrre mangimi per i pesci che poi vengono allevati in Europa. Andrebbe analizzato Pag. 14 più globalmente tutto il tema, però dobbiamo cercare di attuare una politica che in qualche modo rimetta sia gli stock sia i pescatori al centro.
  Stiamo portando avanti anche delle analisi sulla filiera ittica complessiva. Una delegazione della nostra Commissione è stata in Giappone, anche per capire quali sono i problemi in Giappone, considerato che si inizierà a parlare di trattati di libero scambio anche col Giappone. Ci siamo resi conto in quella delegazione – io non ci sono stata, ma me l'hanno raccontato – che, per esempio, il Giappone ha una politica della pesca che non ha le nostre stesse regole. In Giappone mangiano tutti i tonni che pescano con le nostre dodici imbarcazioni, che poi vengono portati a Malta e vanno direttamente in Giappone – cosa assurda su cui sapete che abbiamo fatto grandi battaglie – però le imbarcazioni giapponesi non hanno quote sul tonno. Questo fa emergere come sono diverse le politiche a livello internazionale.
  Non riuscirò a rispondere a tutte le vostre sollecitazioni. Potete scrivermi e possiamo tenerci in contatto.
  Sui rapporti a livello europeo, tema che hanno sollevato gli onorevoli Venittelli, Zaccagnini, Benedetti e Agostini, noi dobbiamo fare due cose. È vero che sul pesce spada la Spagna è stata nostra nemica, perché ha cercato di «fregarci» delle quote e ci è riuscita, in quanto la Commissione ha usato due pesi e due misure – vi faccio mandare le risposte della Commissione che alcuni di voi mi hanno chiesto – e anche perché la Spagna, in realtà, usufruisce di un'altra opportunità. Infatti, molte delle imbarcazioni spagnole pescano anche in Marocco, quindi la Spagna in realtà usufruisce anche della quota marocchina. Inoltre, utilizza il fatto che, siccome l'ICCAT propone come possibili fermi pesca due periodi, quello autunnale e quello di inizio anno, in realtà, pescando anche nelle acque del Marocco, si riesce ad avere pesce spada pescato ovunque e non si sa neanche da dove arrivi sulle nostre tavole. Pertanto, in sede ICCAT, io proverò, se anche i colleghi sono d'accordo, a vedere se si può uniformare il periodo di fermo pesca.
  Tuttavia, se la Spagna è stata nostra nemica nella battaglia del pesce spada, deve essere nostra alleata per quanto riguarda le battaglie da condurre insieme con il principio della regionalizzazione nel Mediterraneo. Infatti, la Spagna ha sempre dato grande importanza alla pesca atlantica ed è la seconda flotta a livello mondiale, però adesso ha un problema, che è quello catalano, e le imbarcazioni catalane sono nel Mediterraneo. Credo, quindi, che potrebbe essere il momento giusto per fare alleanza con la Spagna anche per quanto riguarda il Mediterraneo, così come con tutti gli altri Paesi.
  Finisco dicendo che sono assolutamente d'accordo con chi ritiene che la Commissione ha l'idea che tacche e quote siano la soluzione per tutti i mali. Io non sono biologa marina, mi sono concentrata sempre sulla fauna terrestre, però i meccanismi degli ecosistemi sono simili e credo che le quote non siano l'unica strada possibile. In un bacino stretto come il Mediterraneo, dove lo sforzo di pesca – questo l'abbiamo scritto anche nella relazione del collega Affronte – non è l'unico fattore che incide sugli stock, dobbiamo fare dei piani mlt
  specifici, come ci suggerisce quanto sta accadendo alla pesca del tonno rosso che era in crisi, mentre adesso ce n'è tantissimo e tutti i pescatori ci mandano immagini di tonni che non possono pescare.
  Non so se ciò è stato reso possibile grazie alle quote, perché il tonno ha una vita di trent'anni, quindi non si può in cinque anni aver risolto solo con le quote il tema del tonno. Probabilmente, c'è anche più da mangiare, solo che invece che pescarlo lo mangiano i tonni.
  C'è un problema multispecifico, quindi noi dobbiamo fare dei piani per bacini e cercare anche attraverso il principio della regionalizzazione di salvaguardare i bacini, perché l'Adriatico è diverso dallo Ionio ed è diverso dal Tirreno, tenendo conto degli equilibri tra le specie, perché, se salvaguardiamo un carnivoro, è chiaro che diminuiscono le prede.
  Tutto questo va tenuto in considerazione. Il pescatore non è l'unica causa della crisi degli stock, sono tantissimi altri i Pag. 15fattori che noi, peraltro, qui con la Commissione ambiente stiamo cercando di analizzare con la Marine strategy e con altre politiche sulla qualità dei nostri mari.

  REMO SERNAGIOTTO, membro della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo. Intervengo rispetto a quello che ci siamo detti. Noi abbiamo una condivisione forte nella battaglia italiana qui rispetto al gioco degli altri Paesi.
  Riguardo al tema del tonno rosso e all'introduzione delle quote, una volta che le hai introdotte poi non le tocca più nessuno. Questo è il grande dramma, come in tutte le cose, non solo italiane, ma anche europee.
  Il tonno rosso, come diceva la collega Briano, negli ultimi anni è aumentato tantissimo. È un pesce carnivoro e soprattutto affamato di piccoli pelagici (sardine e acciughe) e tutti i pescatori dell'Adriatico ci dicono che questi stock enormi di tonno rosso fanno strage di sarde, di alici, di acciughe e di tutto il mondo che li circonda e che loro amano. Lo sapete, abbiamo visto anche dei filmati. Li mangiano tutti quando incontrano i grandi stock di alici e di sarde.
  La vera sfida è quella di avere capacità, ma non ce l'abbiamo. La Commissione sa fare solo una cosa: c'è un problema di riduzione degli stock del pesce spada? Mettiamo le quote, punto. Non ci sono idee, non c'è un'azione. L'ho detto anche in Commissione. Una volta introdotte le quote, non le tocca più nessuno. Il Governo di competenza, il nostro in questo caso, deve dividere, con tutte le difficoltà che sappiamo delle grandi operazioni. Ritengo perciò che sia un po’ tutto da rivedere e la sede per farlo è il Consiglio UE, perché a noi in Commissione – che non siamo nemmeno un organo legislativo ci arrivano dei dati, che ci porta la Commissione, che a mio avviso – mi assumo la responsabilità personale di quanto affermo – il più delle volte sono falsati, perché non abbiamo garanzie di questi numeri che ci danno. La Commissione si muove in un ragionamento che è totalmente opposto rispetto al fabbisogno dell'Europa. L'80 per cento del pesce consumato in Europa viene dalla pesca irregolare delle Filippine e dello Sri Lanka, un mondo dove non esistono regole. Noi consumiamo cento e produciamo venti, invece di costruire un sistema che tenga conto del mare, della maricoltura e dell'acquacoltura. Infatti, noi abbiamo sfruttato poco le nostre capacità delle valli di produrre anche attraverso l'acquacoltura. Qualcuno dice che sono dei polli a forma di pesce, perché sono nutriti nel modo che conosciamo. C'è anche una ricerca importante secondo cui comunque non dovrebbero far male.
  Attraverso queste tre vie (maricoltura, acquacoltura su acqua dolce e pesca nei nostri mari), dovremmo costruire politiche e progetti per recuperare quell'80 per cento che importiamo, rispetto al quale nessuno sa da dove arriva, come arriva, come è trattato, come è abbattuto nelle prime tre ore o nelle prime cinque ore.
  Tuttavia, la Commissione dice: aspettiamo che un dato mostri che lo stock è in difficoltà, mettiamo le quote e poi è chiusa la partita; non c'è un'idea, non c'è una progettualità. Io credo che questa possa venire dai singoli Stati e dai nostri Governi, soprattutto in una grande battaglia in Consiglio UE.

  MARCO AFFRONTE, membro della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo. Aggiungo due o tre cose anch'io per chiudere, ma poi, se volete, siamo qua per altre domande. È vero quello che è stato ripetuto diverse volte: su alcuni temi c'è una certa uniformità fra noi colleghi europei. Tuttavia, come penso si sia capito, non è vero per tutti i temi. Credo che sia abbastanza chiaro. In particolare per l'Adriatico la mia posizione è molto differente da quella dei colleghi Briano, Sernagiotto e Gardini e anche sul discorso delle quote in generale, che non sono la panacea di tutti i mali, ma in alcuni casi, come spiegavo prima, diventano assolutamente necessarie.
  Per rispondere a quello che si è detto sulle quote del pesce spada e del peso della Spagna, noi sappiamo bene quanto la Spagna abbia peso in quei tavoli. Lo sappiamo bene, perché noi stessi in Commissione pesca nel Parlamento europeo vediamo, anche a livello numerico, quanto gli spagnoli Pag. 16 siano presenti e pesanti all'interno di quella Commissione.
  Tuttavia, la forza della Spagna in quei tavoli è direttamente proporzionale alla debolezza dell'Italia negli stessi tavoli. Noi andiamo lì a parlare a quei tavoli, ma non siamo noi parlamentari europei a fare quelle trattative, ci sono delle persone che devono rappresentare il nostro Paese e che devono essere più forti e più decise per far sentire la nostra voce, altrimenti poi dobbiamo correre al riparo per dire: «Ci siamo fatti fregare 500 tonnellate dalla Spagna».
  Noi siamo tutti d'accordo sul fatto che quelle 500 tonnellate spettavano a noi e non alla Spagna, ma siamo qui a chiederci come mai di fronte alla proposta della Commissione europea, che la giustifica nel modo che abbiamo visto, non c'è stata una vera e propria presa di posizione dell'Italia, che è stata tardiva.
  Noi siamo un Paese completamente circondato dalle coste, che continua a ripetere quanto è importante il settore della pesca, ma in Italia non abbiamo un Ministro della pesca, abbiamo un sottosegretario con cui per molti di noi è anche difficile potersi confrontare e poter parlare. Dunque, diamo la colpa alla forza della Spagna, ma diamo la colpa anche alla debolezza dell'Italia su questi tavoli.
  Lo stesso discorso vale per le quote del tonno, perché è vero che le quote possono creare un monopolio, ma è anche vero che quando abbiamo l'occasione per andare contro questo monopolio dobbiamo sfruttarla. Noi qui abbiamo detto chiaramente – e tutti su questo siamo d'accordo – che le quote del tonno non possono essere monopolizzate sempre dalle stesse persone. Lo abbiamo detto e lo abbiamo votato, ma alla fine chi distribuisce le quote all'interno dello Stato membro è il Governo di quello Stato. Siccome negli ultimi tre anni abbiamo avuto l'aumento del 20 per cento della quota ogni anno, io mi chiedo come mai almeno quella parte di quota che è aumentata non è andata ai piccoli pescatori, ma è andata sempre alle stesse persone.
  È facile dare la colpa all'Europa, ma dobbiamo prenderci anche la responsabilità di un Paese che in qualche modo prende delle decisioni che ricadono sui pescatori e che quando deve far sentire la propria voce non lo fa, perché altrimenti stiamo qui a dare sempre la colpa all'assente, che in questo caso in questo tavolo è la Commissione europea.
  Per quanto riguarda il piano pluriennale per l'Adriatico, siamo tutti d'accordo – infatti, ci siamo fermati un po’ nella discussione – sul fatto di dire: i dati che noi abbiamo sono del 2014, come diceva la collega Gardini prima, giustamente, e sappiamo che a ottobre-novembre arriva il nuovo stock assessment per i piccoli pelagici dell'Adriatico, sulla base di quello facciamo un ragionamento. Al momento stiamo parlando quasi del nulla, nel senso che, se anche volessimo affrontare il discorso delle quote, noi non sapremmo dire in questo momento queste quote a quanto ammontano, perché non sappiamo qual è lo stato di salute dello stock.
  A livello di Adriatico sono ovviamente molto d'accordo sul fatto che dobbiamo cercare un confronto con i croati, ci mancherebbe altro. Non è un caso che su tale questione l'attenzione sia tutta di deputati che sono più o meno dell'area. La relatrice è croata, ma come relatore ombra c'è Gardini, ci sono io, c'è Caputo per l'S&D, quindi italiani e croati si stanno giocando questa partita.
  Io sono d'accordo ovviamente che la discussione debba coinvolgere tutti, però vorrei dire due cose. In primo luogo, mi dispiace che si dia un'immagine sbagliata.
  Io vivo a Rimini, quindi incontro molto spesso i pescatori della zona alta dell'Adriatico e, come ho già avuto modo di dire, non tutti, ma una buona parte di questi sono anni che chiedono di avere le quote, perché si rendono conto che la situazione è drammatica e serve un rimedio. Per quanto riguarda il discorso su come vengono distribuite queste quote, ritorniamo a quello che è stato fatto per il tonno e per il pesce spada. Lì sì che dobbiamo stare molto attenti.
  Riguardo ai dati scientifici vediamo questo stock assessment. È vero che i numeri sono numeri, poi, però, a seconda di come Pag. 17uno li interpreta, possono dare risposte differenti. Allo stesso modo, però, io non mi sento di contestare i dati e i risultati che ci danno importanti organi scientifici come lo CSTEP (Comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca).
  Io sono un biologo marino, ma non ho le competenze per dire che se lo CSTEP dice una cosa piuttosto che un'altra si sbaglia. Io mi baso sui risultati scientifici. Se loro mi dicono che nel Mediterraneo il 92 per cento degli stock è sovra-sfruttato, io considero quel dato lì come un dato di partenza su cui ragionare. Che le soluzioni possano essere differenti è vero, ovviamente se ne può discutere.
  Certo è che molto spesso – e mi dispiace – si dice: «Sì, però, le quote danneggiano i pescatori, noi dobbiamo salvaguardare i settori». Io non ho ancora capito quali sono le soluzioni per contrastare una situazione in cui ci sono stock che sono sovra-sfruttati quattro o cinque volte più del massimo rendimento sostenibile. Non ho mai sentito qualcuno che mi dicesse: «Lo affrontiamo in questo modo, in un discorso più generale, alternativo».
  Adesso vedremo cosa accadrà per l'Adriatico in riferimento al quale vi è stata una prima prova (anche se in realtà dimostra poco) in Commissione ambiente: è stata votata l'opinione sul piano pluriennale per l'Adriatico e la proposta dei due grandi gruppi, centrodestra e centrosinistra, che era alternativa alle quote, è stata completamente bocciata. La Commissione ambiente, quindi, ha detto chiaramente: «Noi siamo per la posizione della Commissione europea». Sappiamo che in Commissione pesca le cose possono andare anche in maniera molto diversa, ma c'è chi ritiene – sarà una sorpresa – che le quote siano l'unica soluzione per una situazione disastrosa come quella dei piccoli pelagici dell'Adriatico.

  ELISABETTA GARDINI, membro sostituto della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo. È vero, come dice il collega Affronte, che ancora non abbiamo dei dati precisi, però io vorrei darvi soltanto dei dati che sono inseriti nella valutazione di impatto della stessa Commissione, che dice che, a seguito di questo provvedimento, la cattura di acciughe e sardine dovrà diminuire del 25-30 per cento entro il 2021 e che questo comporterà una riduzione delle entrate del settore di circa il 25 per cento e un calo dell'occupazione di circa il 10 per cento.
  Questi sono i dati della valutazione d'impatto della Commissione, che, come sappiamo, di solito sono anche abbastanza conservativi, perché loro ovviamente sostengono una linea, quindi non faranno mai un quadro catastrofico.
  Secondo loro questo è un sacrificio necessario. Io dico che è una botta mortale alla nostra pesca.

  LUCIANO AGOSTINI. Vorrei fare una precisazione sulle quote. Io non sono ideologicamente contrario alle quote, ma l'esperienza prodotta sul tonno e sul pesce spada non ci ha portato a quei risultati, perché noi dobbiamo essere attenti ai tonni e agli stock ittici, ma dobbiamo volgere uno sguardo anche a chi poi fa il prelievo di quegli stock.
  Noi abbiamo chiuso le tonnare e siamo passati ad altri sistemi di pesca, tra cui la circuizione. Adesso noi con la nostra legge abbiamo ribaltato la concessione data che dalle tonnare si passasse alla circuizione, quindi il 70 per cento va alla quota accidentale per le nuove quote e il 30 viene suddiviso per gli altri. Bene.
  Tuttavia, ciò che ci viene e ci veniva contestato è la quantità di licenze per la circuizione, che rimangono sempre dodici. Se noi riaumentiamo le licenze, riapriamo quel mercato, ma riaumentiamo lo sforzo di pesca. Se, invece, facciamo rimanere sempre quelle, rimane un mercato chiuso.
  Per il problema delle quote va trovato l'equilibrio tra il monopolio che si può creare e la libertà di accesso a quelle quote. Questo è il punto, sulla base delle esperienze che noi abbiamo maturato.
  Io penso più che altro a progetti specifici, che tengano conto per le nostre imprese di pesca anche di altre attività. Penso che questa sia la strada che ci possa portare alla diminuzione della pesca, alla salvaguardia e a un prelievo equilibrato degli Pag. 18stock ittici. Poi discutiamo, però sulle quote abbiamo questo tipo di difficoltà.

  RENATA BRIANO, Vicepresidente della Commissione pesca (PECH) del Parlamento europeo. Vorrei solo aggiungere un concetto rispetto al piano pluriennale per i piccoli pelagici in Adriatico. In effetti, con Marco Affronte non su tutto, ma su questo abbiamo delle posizioni un po’ differenti.
  Uno degli aspetti su cui davvero abbiamo bisogno di una battaglia anche a livello italiano e croato è il seguente: la Commissione in quel piano ha messo degli obiettivi talmente alti che la proposta dice che, se non si raggiungono quegli obiettivi, poi interviene la Commissione con una decisione diretta.
  Questo è un tema su cui in Parlamento europeo, il nostro Gruppo insieme ad altri, stiamo conducendo una battaglia perché vogliamo che le decisioni avvengano col meccanismo della concertazione tra le istituzioni europee, cioè non vogliamo che decida sempre la Commissione. Con questa proposta la Commissione presenta un percorso con cui si rischia che alla fine decida lei senza tener conto di quello che il nostro Paese e le nostre flotte propongono.
  Rispondo a Marco Affronte, che non comprende quale sia il piano alternativo. In realtà, sui piccoli pelagici il MEDAC (Mediterranean advisory council), dove – lo ricordo – siedono tutte le componenti associative, dai pescatori agli ambientalisti, aveva approvato una proposta sperimentale, che non è mai stata provata e che gli scienziati dello CSTEP, di cui il collega si fida. Io obiettivamente non lo so, però non mi fido perché mi chiedo come si fa a dire che una sperimentazione non funziona se non la si prova.
  Obiettivamente una risposta ci sarebbe stata, ma non è stata sperimentata. Questa sarebbe – la discussione è ancora in atto – una proposta su cui poter tentare di lavorare.

  PRESIDENTE. In conclusione, sottolineo l'utilità di questo confronto che, per quanto riguarda questa legislatura è avvenuto per la prima volta, mentre più frequenti sono stati gli appuntamenti con i colleghi della Commissione agricoltura del Parlamento europeo.
  Credo che, anche se noi siamo in dirittura di arrivo, potremo avere maggiori occasioni di confronto, anche perché possiamo mettere in evidenza gli atti che i due Parlamenti hanno assunto sul settore, considerato anche che molti degli aspetti che sono emersi sono per lo più condivisi, così come condivise sono le preoccupazioni che riguardano il settore stesso.
  Faremo tesoro del confronto che si è avviato in questa occasione. In particolar modo sulla proposta di regolamento per i piccoli pelagici nel Mediterraneo, come Commissione agricoltura della Camera possiamo promuovere un'iniziativa in fase ascendente. Quindi, se è già a nostra disposizione, fra le attività da programmare per le prossime settimane nella Commissione può esserci anche questo aspetto ed eventualmente, se ci sarà bisogno, faremo anche un ulteriore scambio di informazioni e di opinioni.
  Per il momento vi ringrazio e auguro a tutti buon lavoro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.10.