XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 130 di Mercoledì 6 settembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Audizione del Viceministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando:
Fico Roberto , Presidente ... 2 
Morando Enrico , Viceministro dell'economia e delle finanze ... 2 
Brunetta Renato (FI-PdL)  ... 7 
Morando Enrico , Viceministro dell'economia e delle finanze ... 7 
Brunetta Renato (FI-PdL)  ... 7 
Fornaro Federico  ... 9 
Gasparri Maurizio  ... 10 
Pisicchio Pino (Misto)  ... 11 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 12 
Margiotta Salvatore  ... 13 
Morando Enrico , Viceministro dell'economia e delle finanze ... 13 
Fornaro Federico  ... 13 
Margiotta Salvatore  ... 13 
Fornaro Federico  ... 13 
Margiotta Salvatore  ... 13 
Lainati Giorgio (AP-CpE-NCD)  ... 14 
Nesci Dalila (M5S)  ... 14 
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Morando Enrico , Viceministro dell'economia e delle finanze ... 16 
Fico Roberto , Presidente ... 19

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Viceministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Viceministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Come convenuto dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, invito i colleghi a contenere il proprio intervento entro i cinque minuti.
  Do la parola al Viceministro Morando, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, eventuali domande e richieste di chiarimento.

  ENRICO MORANDO, Viceministro dell'economia e delle finanze. I temi sui quali mi è stato chiesto di esporre valutazioni e posizioni del Ministero dell'economia e delle finanze sono tre: i criteri seguiti dal Ministero dell'economia nella sua qualità di azionista per la nomina del nuovo direttore generale; una valutazione sulle risorse derivanti dal canone a disposizione della Rai nell'esercizio attuale e nei prossimi esercizi finanziari; le soluzioni adottate dalla Rai per il superamento del limite dei 240.000 euro alle retribuzioni corrisposte per le cosiddette prestazioni artistiche.
  Sul primo tema, signor presidente, posso essere molto breve. Dopo la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro tra il dottor Campo Dall'Orto e la Rai, ci siamo adoperati per garantire che la scelta del nuovo direttore fosse assolutamente tempestiva – questo era un primo elemento di interesse dell'azionista – e si riferisse a una personalità dotata dell'esperienza e della competenza necessarie. Fin qui arrivavano le competenze dell'azionista. Abbiamo apprezzato che, nel rispetto dell'articolo 29 dello statuto di Rai, il consiglio di amministrazione non abbia posto molto tempo in mezzo per formulare la sua proposta di nomina e, successivamente, non abbiamo esitato ad accordare il nostro assenso per la scelta del dottor Orfeo nel corso dell'assemblea che ha formulato l'intesa con quella proposta. La lunga e positiva esperienza del dottor Orfeo quale direttore del Mattino, del Messaggero, del TG Due e del TG Uno gli ha consentito, a nostro avviso, di accumulare le competenze necessarie per lo svolgimento del compito di direttore generale della Rai, giacché da molto tempo ormai chi dirige un quotidiano o un telegiornale svolge al tempo stesso funzioni di tipo manageriale, cioè quelle richieste al direttore.
  Vengo ora al secondo tema – su cui ovviamente la competenza del Ministero dell'economia è invece un po’ più significativa – relativo alle risorse finanziarie destinate alla Rai sui canoni di abbonamento alla televisione per uso privato. Nella Pag. 4mia esposizione distinguerò gli anni di riferimento tra il 2016, il 2017, il 2018 e gli anni successivi, 2019-2020.
  In attuazione dell'articolo 1, comma 160, della legge di stabilità per il 2016, sulla base di un canone di abbonamento alla televisione per uso privato fissato in euro 100, lo stanziamento destinato alla Rai per il 2016, come previsto dalla relativa legge di bilancio e iscritto sul pertinente capitolo di spesa n. 3836 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per un importo pari a euro 1.653.950.000, è stato integrato per una quota di euro 201.791.149, corrispondente al 67 per cento dell'extra gettito accertato nell'anno medesimo con il decreto n. 105376 del 2016, sulle maggiori entrate versate a titolo di canone di abbonamento alla televisione rispetto alle somme già iscritte in tale capitolo sul pertinente capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per l'anno 2016, che era pari 1.681.000.000. Questa è la descrizione della vicenda finanziaria del canone 2016.
  Nell'anno 2017, le risorse finanziarie iscritte con la legge di bilancio n. 232 dell'11 dicembre 2016 sul citato capitolo, naturalmente sempre lo stesso, 3836 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, destinate alla Rai, pari a euro 1.600.750.000, sono state integrate con il provvedimento di assestamento al bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2017, come all'esame del Parlamento in questo momento, come indicherò rapidamente di seguito: per euro 77.736.878 spettanti alla Rai nella misura pari al 67 per cento dell'ulteriore extra gettito di competenza 2016 accertato con decreto n. 147558 del 2017 sui versamenti effettuati dai contribuenti a titolo di canone di abbonamento alla televisione per l'anno 2016, ma pervenuti nei primi mesi del 2017 – c'era un accertamento ulteriore di extra gettito che si è determinato nel corso del 2017, che ovviamente non potevamo conoscere nella fase del 2016 – sempre in attuazione dell'articolo 1, comma 160, della legge 208 del 2015.
  Per euro 100 milioni – c'è stato sempre l'assestamento – adegua lo stanziamento di spesa alle previsioni di entrata assestate in corrispondenza sia della nuova misura del canone di abbonamento alla televisione fissato a decorrere dal 2017 in euro 90, sia alla nuova percentuale di destinazione dell'extra gettito spettante per l'anno 2017, che risulta fissata non più nella misura del 67 per cento dalla legislazione vigente, ma nella misura del 50 per cento.
  Successivamente, cioè dopo l'approvazione dell'assestamento, si procederà a calcolare ed eventualmente ad accertare, come è già accaduto nell'anno precedente, ulteriori quote di extra gettito di competenza 2017, da ripartire per il 50 per cento a beneficio della Rai e, per l'ulteriore parte da destinare al riparto, tra le finalità previste dall'articolo 1, comma 160, della legge in questione, che, come è noto sono: ampliamento della soglia reddituale di esenzione dal pagamento del canone per un certo tipo di categorie di persone; finanziamento del fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione (editoria ed emittenza locale, in particolare); riduzione, per ciò che residua, della pressione fiscale. Procederemo a fare queste operazioni nel momento in cui i dati saranno consolidati e comunicati dal dipartimento delle finanze e dall'Agenzia delle entrate, che cura la fase di effettiva riscossione delle somme.
  Con le rilevanti maggiori risorse derivanti dal canone 2016, la cui entità ho appena finito di descrivere, nel corso del 2017 in sede di bilancio la Rai ha provveduto prudenzialmente a effettuare un rafforzamento patrimoniale necessario a fronte della situazione finanziaria della società, e pertanto iscrivendo un utile, poi limitato come residuale, rispetto all'impiego di queste risorse. Per il 2017, l'anno di cui sto parlando, il bilancio della Rai, come sapete meglio di me, è previsto in sostanziale pareggio. Per l'anno 2018, invece, le risorse da stanziare nel bilancio di previsione 2018 sul pertinente capitolo di spesa già citato, 3836, da assegnare alla Rai vengono calcolate con riferimento ai dati di previsione di entrata stimati dal dipartimento delle finanze in euro un 1.881.000.000. Tale stima si basa su un canone unitario di abbonamento alla televisione fissato dalla vigente Pag. 5normativa in euro 90 anche per il 2018. L'importo di euro 1.881.000.000, rapportato alla previsione definitiva di entrata dell'anno 2016, pari a euro 1.681.000.000, genera maggiori entrate quantificate in circa 200 milioni di euro destinabili alla Rai nella misura, in questo caso di nuovo, del 50 per cento, non più del 67, come indicato dall'articolo 1, comma 160, della legge n. 208 del 2015 e successive modificazioni. La somma attribuibile alla Rai nel bilancio di previsione dello Stato per l'anno 2018 si quantifica, dunque, in termini di previsione, in circa 100 milioni di euro, e lo stanziamento da assegnare risulterà pari a euro 1.700.750.000. Tale ammontare è già al netto della quota del 5 per cento trattenuta dallo Stato ai sensi della manovra di finanza pubblica tuttora in vigore.
  Per l'anno 2018, tenuto conto che si svolgeranno i Mondiali di calcio e le Olimpiadi invernali, che comporteranno maggiori costi, come mi pare abbia precisato nella sua audizione il direttore Orfeo, per l'acquisto dei relativi diritti, con il suddetto livello di canone, di cui vi ho dato conto per il 2018, e tenendo conto dei possibili ricavi pubblicitari, l'azienda ha previsto una perdita di circa 80 milioni di euro, che naturalmente potrà essere dimensionata secondo quali siano effettivamente gli introiti pubblicitari che si realizzeranno anche sulla base delle regole sui limiti, per come saranno definite, e la cui definizione non compete a noi.
  Per il riferimento agli anni successivi, le cose sono destinate a cambiare in maniera anche piuttosto significativa. In considerazione del fatto che il meccanismo di riparto dell'extra gettito sui canoni di abbonamento alla televisione per uso privato cesserà a decorrere dall'anno 2019, le risorse da destinare alla Rai saranno determinate, a partire da tale atto, con riferimento ai dati del pertinente capitolo di entrata del bilancio dello Stato, cessate le operazioni di partecipazione su quel fondo alle altre finalità. Pertanto, le risorse destinate alla Rai per il 2019-2020, da iscrivere sul pertinente capitolo di spesa, sempre 3836, si attesteranno su euro 1. 800.750.000, cioè esattamente 100 milioni in più rispetto a quelli previsti per il 2018. Gli importi sopra indicati da assegnare alla Rai tengono già conto della riduzione del 5 per cento previsto dall'articolo 1, comma 292, della legge n. 190 del 2014, pari a circa 84 milioni, e sono già comprensivi di Iva, che conseguentemente andrà scorporata da parte dell'azienda e versata allo Stato, perché ovviamente si tratta di un'imposta. L'ammontare dei proventi pubblicitari, invece, come ho già detto, previsti peraltro in decrescita rispetto agli anni precedenti, dipenderà dai tetti che saranno stabiliti nel contratto di servizio in corso di definizione. Su questo punto non possiamo dare cifre precise, semplicemente perché non ne abbiamo.
  Vengo al terzo punto che mi è stato chiesto di affrontare e poi termino, cioè il tetto delle retribuzioni per le prestazioni professionali di tipo artistico, per usare l'espressione che usate nella vostra discussione.
  Quanto all'applicazione del tetto delle retribuzioni, non credo sia di vostro interesse – sapete più di me su quest'argomento – che torni a riassumere il contenuto del parere richiesto all'Avvocatura generale dello Stato e fornito in data 29 marzo 2017 al Governo, che lo aveva sollecitato. Mi limiterò a citare – questa è la cornice giuridica dentro cui siamo chiamati a operare – le conclusioni a cui giunge questo parere. «Tutte queste argomentazioni – quelle precedenti del parere, che conoscete benissimo – possono portare, in effetti, a dubitare che le prestazioni professionali artistiche in questione non svolte in regime di lavoro dipendente rientrino nel tetto retributivo se funzionali a garantire l'operatività della Rai in regime concorrenziale.». Ripeto l'espressione: «possono portare, in effetti, a dubitare». Sono costretto a fare con quello che ho. Come si vede, il parere, pur non essendo caratterizzato da perentoria certezza, conclude affermando: «Se di prestazioni artistiche effettivamente si tratta, a esse non si applicherebbe il tetto retributivo».
  Ora, il tema è: chi stabilisce se c'è prestazione artistica o non c'è prestazione artistica? La risposta, anche qui in termini tecnici, la ricavo anche dal parere dell'Avvocatura, Pag. 6 laddove si afferma che sono gli organi gestionali della Rai in primo luogo a definire questo carattere della prestazione «nella propria autonomia responsabilità e – questo è l'aspetto di maggiore interesse dal punto di vista del Ministero dell'economia su cui intendo soffermarmi – nel rispetto dei princìpi di contabilità separata». Per tutti gli altri aspetti, manifesto la mia non competenza, cioè non posso essere io e non il ministro vigilante a valutare con precisione quali siano gli indirizzi di politica culturale, di politica dell'informazione relativi alla definizione del contratto di servizio in essere di quello che deve essere ridefinito. Sono tutte materie che non competono al Ministero dell'economia.
  Per quello che riguarda l'aspetto secondo cui la prestazione di carattere professionale di tipo artistico, se esiste e se viene dichiarata come tale, dà luogo alla possibilità/necessità per ragioni concorrenziali di superare il tetto, laddove si dice che bisogna operare questa distinzione nel rispetto dei princìpi di contabilità separata, qui c'è un tema di competenza del MEF, su cui qualche osservazione intendo farla. Il punto di partenza è rappresentato, a mio avviso, dall'esigenza di distinguere nettamente il servizio pubblico universale dai servizi definiti, anche nelle note interne alla Rai, di valore aggiunto. Non voglio adesso valutare anche tecnicamente se questa espressione sia corretta: dico che è questa la distinzione che viene operata e a essa mi attengo.
  La quota del canone di abbonamento riservata alla Rai, sulla cui entità mi sono soffermato facendo osservazioni sul secondo tema, è utilizzabile, secondo quanto fissato dalla regolazione, esclusivamente per finanziare le attività relative al servizio pubblico universale, mentre i servizi di valore aggiunto devono essere finanziati attraverso altre fonti. Questa distinzione e la sua traduzione contabile nella contabilità separata di Rai è essenziale proprio al fine di garantire il rispetto effettivo del principio di parità concorrenziale nel settore. Questa, almeno, è la mia opinione: se il canone Rai, o meglio se le entrate rivenienti dal canone Rai pagassero servizi di valore aggiunto, il principio concorrenziale e le finalità di tutela della concorrenza nel settore verrebbero violati a danno dei concorrenti della Rai, che utilizzerebbe risorse che le derivano dallo svolgimento del servizio universale e dal canone che è destinato a finanziarle, per svolgere un'attività competitiva rispetto alle reti commerciali in senso proprio. Sarebbe, invece, la Rai a vedere minacciate le sue capacità competitive, qualora le venisse impedito, attraverso l'estensione dei limiti applicati all'attività di servizio universale anche alle iniziative commerciali in senso proprio, di sviluppare pienamente la propria iniziativa competitiva sul mercato.
  A mio giudizio, se si ragiona così, si può ricavare una conclusione molto precisa: se la contabilità separata dà conto con assoluta precisione delle spese volte, rispettivamente, a finanziare le attività di servizio universale e quelle di valore aggiunto, sarà facile, sia in sede di bilancio di previsione, sia, ancor di più, in sede di consuntivo, verificare se sia stata puntualmente rispettata la regola che vuole che solo le remunerazioni di prestazioni artistiche in quanto integralmente finanziate da risorse non rivenienti da canone possano eccedere il tetto retributivo dei 240.000 euro annui. È dunque necessario, anche al fine di non rinnovare in ogni occasione la discussione sulla liceità o meno della norma che supera il cosiddetto tetto retributivo, che la capacità della contabilità separata di dare conto analiticamente della distinzione tra spese per attività di servizio e spese per attività di valore aggiunto sia ulteriormente migliorata. Senza questo miglioramento, in realtà la discussione diventa fondata su pregiudizi piuttosto che su giudizi, e io non me la sento di parteciparvi in modo argomentato.
  Al conseguimento di questo risultato – cioè ottenere che la contabilità separata con assoluta precisione dia conto della distinzione delle fonti di finanziamento – sono chiamati sia, prima di tutto, gli organismi di gestione della Rai, sia gli organi istituzionali di vigilanza, a partire da questo, sia soprattutto gli organi di controllo e di indirizzo, e per quelli di controllo mi riferisco anche al controllo contabile. La Pag. 7società, come tutte le altre società costituite, prevede il ruolo di attività di revisione dei bilanci, che nel caso specifico non possono non essere in particolare puntualizzate e orientate all'obiettivo di ottenere una sempre più chiara e trasparente distinzione tra queste due contabilità separate, che, se hanno troppi elementi di contatto e di confusione tra loro, non conseguono l'obiettivo per cui la separazione della contabilità è stata adottata. Posso soltanto aggiungere, infine, poiché si tratta anche di effettuare operazioni tecnicamente di una qualche complessità, che le strutture tecniche del MEF sono a disposizione sia dei primi, gli organismi di gestione della Rai, sia dei secondi, quelli di controllo, per cooperare al pieno conseguimento dell'obiettivo di avere una contabilità separata che dia compiutamente conto della distinzione che ho già più volte fatto per doverla adesso richiamare.

  RENATO BRUNETTA. Viceministro, siamo alla noia: tratterò semplicemente il terzo suo punto.
  Tutta l'impalcatura delle prestazioni di natura artistica e della contabilità separata si basa sull'articolo 3, comma 44, della legge finanziaria 2007, il cosiddetto – lo dico con un sorriso – «comma Vespa», che esclude da ogni vincolo la prestazione artistica o professionale che consenta di competere sul mercato. Questa è la base giuridica, come direbbero al Parlamento europeo. Bene, dopo questa ci sono state quattro leggi organiche di riforma, di cui l'ultima, la legge n. 189 del 2016, riformava, ovviamente in maniera totale e complessiva, la precedente normativa, ivi compreso il comma Vespa, stabilendo, giusti o sbagliati che fossero, i tetti, e abrogando implicitamente quanto stabilito nelle normative precedenti.
  Il determinante parere dell'Avvocatura dello Stato, con quella pregnanza che lei stesso, viceministro, e con quella chiarezza, con quella determinazione, con quell'univocità ha evocato con un sorriso, di fatto si rifà all'articolo 3, comma 44, della legge finanziaria 2007 e riapre il tema delle prestazioni artistiche, così riaprendo la non commendevole – anche su questo ho visto qualche suo dubbio psicologico – distinzione tra servizio universale e programmi di valore aggiunto, un dato esistente, certamente, cioè una tassonomia esistente, riletta da me in questi ultimi mesi, di natura totalmente atecnica. Definire programmi di valore aggiunto, senza nessuna altra specificazione, divisi e diversi da quelli finalizzati al servizio universale, stabilendo una sorta di imputazione diversificata, signor viceministro, a linguaggio economico – conosce benissimo le difficoltà anche delle imputazioni differenziate – è già di per sé labile e suscettibile di definizioni di tipo opportunistico, tanto che però tutta questa distinzione (attività di servizi universali versus programmi di valore aggiunto) si basa su quel gancio originario dell'articolo 3, comma 44, della finanziaria del 2007 e del famigerato parere dell'Avvocatura dello Stato.
  Non è finita qui. Il 14 giugno 2017, per soprammercato, la Rai ha approvato un piano organico di criteri e parametri per l'individuazione e la remunerazione dei contratti con prestazioni di natura artistica. E qui sta il punto. Si dice: bene, è tutto confuso, non siamo sicuri della base giuridica, c'è una normativa, ben quattro leggi organiche successive al 2007, ma finalmente il consiglio di amministrazione, fortemente spinto da questa Commissione, fa chiarezza. Non so, signor viceministro, se lei ha potuto leggere il piano organico dei criteri e parametri per l'individuazione della remunerazione di quei contratti: non ci si capisce assolutamente nulla. È un prodotto di qualche obnubilamento notturno di qualche funzionario tecnico che doveva arrampicarsi sugli specchi. Il cosiddetto piano organico dei criteri e dei parametri è una lettura che spero qualche magistrato prenda in seria considerazione...

  ENRICO MORANDO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Avete acquisito il documento formalmente?

  RENATO BRUNETTA. L'abbiamo acquisito tardivamente. Mi scusi, glielo avrei detto io. L'abbiamo richiesto, non ci è stato dato in una prima fase. Questo piano organico Pag. 8 è stato successivamente applicato dal consiglio di amministrazione al contratto Fazio e, successivamente all'applicazione del piano organico, ci è stato consegnato, ancorché, ma non vorrei sbagliarmi – il presidente mi corregga – non ci sia stato consegnato il contratto Fazio. Abbiamo avuto tardivamente il piano dei criteri. Abbiamo saputo dello stesso in maniera sintetica dalla stampa. Abbiamo saputo che, successivamente, sulla base di un ricatto competitivo («o mi fate il contratto subito o me ne vado»), il consiglio di amministrazione è stato costretto pur recalcitrante ad applicare immediatamente il piano dei criteri, che non abbiamo mai visto, al contratto Fazio, ancorché non completo, perché la parte di officina è avvenuta dopo.
  Il risultato di tutto questo è che siamo venuti a conoscere cifre spaventose, esorbitanti, che il piano dei criteri è stato conosciuto tardivamente, non è stato analizzato, e sarà ben difficile analizzarlo, perché assolutamente incomprensibile, contraddittorio, oscuro, che non può essere alla base di nessun criterio di attribuzione se non del todos caballeros, e cioè: di fronte a un piano dei criteri che non criterizzano niente, il consiglio, o meglio i vertici Rai possono determinare all'interno di un piano dei criteri che non definisce assolutamente un bel nulla ciò che è artistico o non è artistico. Noi abbiamo quindi una base giuridica inesistente, cassata da quattro leggi organiche che non fanno questa distinzione tra prestazione artistica e prestazione non artistica, abbiamo un parere dell'Avvocatura confuso e non chiarissimo in sé, ma dubitativo. Un po’ di onore l'Avvocatura l'ha mantenuto dicendo che non hanno chiaro neanche loro di che cosa si tratta, ma – e l'ha ribadito lei alla fine con una litote, «non possiamo non dire che...», formule retoriche di questo tipo che stanno a indicare la cattiva coscienza – abbiamo un piano dei criteri.
  Lei mi è molto simpatico, viceministro, e non vorrei infliggerle questa pena, ma si legga e si chiosi, come abbiamo fatto noi, il piano dei criteri. È sopravvissuto alla lettura del piano dei criteri? Ha capito qualcosa? E se applica il piano dei criteri alla fumoseria legata all'attività di servizio universale versus i programmi di valore aggiunto, che è una cosa – il suo sorriso mi corrobora nella mia valutazione – che non sta né in cielo né in terra sulle imputazioni di quello che è canone e quello che non lo è, siamo di fronte a un mostro, che però distribuisce milioni di euro, io credo in maniera illegittima e illegale.
  Pertanto, in questa Commissione in più occasioni, anche con qualche remora dal punto di vista individuale, personale, anzitutto si è parlato di ricorso alla Corte dei conti, e difatti io stesso ho mandato tutte le mie azioni, che lei conosce, di sindacato ispettivo su questo alla Corte dei conti perché ne tenga conto; manderò gli stessi atti di sindacato ispettivo al presidente dell'ANAC perché valuti i profili per quanto riguarda le sue competenze. Vorrei una volta di più a lei, viceministro, fare un appello: che il consiglio di amministrazione si fermi in queste sue deliberazioni. Come ha detto lei, è responsabile individualmente. I singoli membri del consiglio di amministrazione sono responsabili individualmente rispetto alle loro delibere di spesa se e in quanto illegittime e illegali. Siccome il consiglio di amministrazione, tra l'altro, non è pagato, non è remunerato, che io sappia non è tutelato da nessuna assicurazione, mi sembra anche francamente odioso un comportamento di questo tipo.
  In questa Commissione, moltissime voci si sono alzate per bloccare tutto questo, per bloccare questa deriva, che è francamente inaccettabile, che desta nell'opinione pubblica una reazione spaventosa. In momenti di crisi per il nostro Paese, vedere di queste remunerazioni, vedere le modalità delle stesse, vedere la fumoseria delle basi giuridiche in base alle quali queste remunerazioni vengono, stavo per dire estorte, cioè richieste, questo veramente indegna. Per questa ragione mi rivolgo alla sua etica politica culturale, oltre che alla sua etica politica, affinché intervenga in tutta questa vicenda. Ripeto che non c'è base giuridica, l'appiglio è di una labilità infinita, il piano dei criteri è assolutamente incongruo, incomprensibile, Pag. 9 confuso e che certamente non ha nessuna tassonomia.
  La distinzione, che a mio modo di vedere andrà cambiata e precisata nel nuovo contratto di servizio, tra servizi universali e programmi di valore aggiunto, non sta in piedi così come è messa. Voglio vedere, infatti che cosa si imputa (la trasmissione? i servizi generali? non i servizi generali?). Deve finire una volta per tutte «quel programma si paga da solo», perché questo è un obbrobrio dal punto di vista logico-economico. Non c'è nessun programma che si paghi da solo se la Rai nella sua interezza svolge un servizio pubblico, oltre che il servizio universale. Con i soldi di valore aggiunto, con le risorse dei pubblicitari e derivanti dal valore aggiunto io devo poter pagare il servizio pubblico nella sua completezza.
  Non me ne voglia, presidente, ma ho fatto un esempio molto banale: se io ho un supermercato e ho un corner pane e prosciutto e quel corner pane e prosciutto – esperienza casalinga – nell'ora di punta del pranzo è strapieno di gente, e quindi incassa molto, mentre nell'ora di chiusura non incassa niente perché nessuno compra il pane all'ora di chiusura, non posso pagare il commesso, l'addetto dell'ora di punta, due volte, tre volte rispetto all'incasso dell'ora di punta, e pagare quell'altro tre volte meno perché alle 7-8 di sera nessuno va a comprare il pane. Ci possono essere incentivi, dei premi per chi è bravo, a turno, nell'ora di punta rispetto all'ora di magra, da questo punto di vista, ma non posso pensare di pagare i singoli artisti o attori del servizio in ragione dell'ora di punta, della fascia oraria e della pubblicità di quella fascia oraria. Posso pagarli sul valore aggiunto della loro presenza in quella fascia oraria avendola verificata rispetto a precedenti prestazioni, ma non posso dire che il sabato sera alle ore 20 o a Sanremo quello è il valore aggiunto, altrimenti il servizio pubblico va a farsi benedire. Il servizio pubblico è h24. Vorrei mettere le star alle sei di mattina e vedere quanta pubblicità attirano a quell'ora.
  Detto tutto questo, e mi dispiace evocare la Corte dei conti e la procura o il presidente Cantone, ma se dal punto di vista democratico, dal punto di vista della Commissione di vigilanza, nulla è stato possibile fare nei confronti di queste derive assolutamente inaccettabili, ovviamente non posso far altro che mandare i miei atti di sindacato ispettivo, come legittimamente ho fatto – lei ne sa qualcosa, perché uno è fatto anche al suo ministero – all'attenzione del presidente Cantone e alla procura della Corte dei conti.
  Le chiedo, però, signor viceministro: ci metta la testa direttamente. Non è che la sua competenza sia solo sul problema della distinzione e dell'imputazione su attività di servizio universale versus programmi di valore aggiunto. Non è su questo. Tutto si tiene. Qui siamo in un ambito di legittimità del consiglio di amministrazione della Rai.

  FEDERICO FORNARO. Cercherò di restare nei cinque minuti canonici.
  Ringrazio il Viceministro Morando. Ho due osservazioni, anche per vedere se ho capito bene. Relativamente ai criteri dell'azionista nella scelta del direttore generale, nulla quaestio rispetto alle cose che ha detto, ma mi permetto di segnalare che ci trovavamo in una sorta di metà del guado. La nuova normativa prevista con la riforma della governance, come lei ben sa, affida in questa fase transitoria al direttore generale il potere dell'amministratore delegato. Mi spiace non ci sia il collega Ranucci, che era stato relatore al Senato. Si era discusso molto, ad esempio, su questo ruolo. Qui era venuto il dubbio che alla fine in quest'occasione il ministero poteva probabilmente giocare... Ripeto, non ho nessuna osservazione sulle cose che ha detto sul nuovo direttore generale e sui criteri scelti per l'individuazione di Orfeo. Concordo anch'io che l'esperienza da direttore di un grande giornale o di un grande telegiornale televisivo sia equiparabile: oggettivamente, però, rispetto all'idea di un amministratore delegato che dovesse dare una svolta sotto questo profilo, l'individuazione di un giornalista è un elemento che mi sento di sottolineare, perlomeno di mettere un po’ di contraddizione, rispetto al disegno di riforma che lo scorso anno era stato approvato, Pag. 10 anzi sul finire del 2015, da parte del Parlamento.
  Vengo alla seconda questione. A parte che è molto puntuale la definizione delle entrate derivanti dal canone, se non ho sbagliato a rimettere fuori i conti, è evidente che c'è una sorta di gradino che si viene a creare sul 2018. Mi sento qua non di perorare la causa della Rai come azienda. Bisognerebbe capire se e come poter intervenire per attutire questo gradino, non facilmente superabile in ordinaria amministrazione per un'azienda, viste le dimensioni.
  Come ultima osservazione, a differenza del collega Brunetta, che è uscito, non mi appassiona e come lui non minaccio, e devo dire che invece ho apprezzato questa linea interpretativa data dal viceministro, perché credo che abbia un pregio, che è la chiarezza, o meglio la messa in chiaro della responsabilità del consiglio di amministrazione nel momento in cui, approvando il bilancio, approva esattamente la contabilità separata e in quel momento dà il bollino alla trasmissione x di servizio pubblico universale e alla trasmissione y di trasmissione a valore aggiunto. Mi pare di capire che l'interpretazione del ministro e del ministero è che il tetto dei 240.000 vale soltanto per il servizio universale e non per l'altro. Questo, secondo me, porrà dei problemi anche nell'immediato. Ci sono trasmissioni i cui conduttori in questo momento superano i 240.000 euro nella logica delle prestazioni artistiche, che, viceversa – credo, vado a memoria – vengono inserite tradizionalmente, essendo di informazione (i talk show) nel servizio universale. Se questa è l'interpretazione autentica del ministero, la Rai dovrebbe non solo rispondere, ma a mio giudizio in qualche modo integrare le sue linee: ciò permetterebbe di essere molto chiari, lasciando, come è giusto che sia, nella linea del parere dell'Avvocatura dello Stato, la responsabilità in capo a chi deve averla. Ripeto che se individuo il programma X come servizio universale, si hanno determinate conseguenze e viceversa. Non posso fare il gioco – mi si passi la battuta – delle tre carte, cioè quando mi conviene mettere un programma come servizio universale e poi, invece, non metterlo perché è una prestazione artistica e così via. Credo che questa audizione possa portare elementi di chiarezza, che auspico possano essere recepiti in questa direzione da parte del consiglio di amministrazione della Rai.

  MAURIZIO GASPARRI. Cercherò di recuperare con la brevità il tempo in più giustamente preso dall'onorevole Brunetta, che peraltro su questi temi ha fatto analisi, esposti e sollecitazioni che anch'io mi auguro il Viceministro Morando vorrà approfondire, anche perché – lo dico con rispetto – per dovere di istituzione, di presenza, lo vediamo impegnato su altre tematiche. La invitiamo – probabilmente già lo fa – a seguire anche questi costi e vicende Rai, che sono molto importanti.
  Ho due osservazioni. Al di là della discussione, colgo quest'occasione proprio per ribadire che nella vicenda Fazio tutte le motivazioni addotte, anche alla luce delle prestazioni artistiche, francamente non mi hanno convinto. Abbiamo avuto anche l'audizione del direttore generale. Non so se qualcuno l'ha definita una sorta di minaccia («me ne vado»), ma non si è poi capito dove sarebbe andato, se davvero le offerte alternative erano così competitive in termini sia economici sia di audience. Un grande personaggio della televisione deve anche valutare quest'aspetto, non solo il denaro. Poi il denaro deriva anche dalla visibilità. Abbiamo avuto casi di comici, come quello di Crozza, importantissimi. Da quando ha scelto un'altra collocazione ha meno visibilità, e il valore in questi campi è direttamente legato anche a chi ti vede, ne parla e alla ricaduta. Resto esterrefatto da quel contratto, che giudico scandaloso e vergognoso.
  Visto che ci è stato parlato dei costi, dei contratti, degli spettatori, vedremo anche il raffronto, che comincerà tra poco, con i numeri che faceva la fiction, che occupava quello spazio della domenica, che aveva sempre risultati da un minino del 18 a un massimo del 38 per cento, che vuol dire anche ascolti, valore della pubblicità. Ci è stato detto che si paga tutto, si autofinanzia. Invito solo il viceministro e noi stessi Pag. 11della Commissione, scusandomi se poi dovrò andar via, ad affrontare un altro tema, quello degli introiti pubblicitari e del dumping pubblicitario. Richiamo l'attenzione del Viceministro Morando su una questione che abbiamo denunciato da tempo e che la Commissione ha discusso e dovrà analizzare. Dico anche al presidente che mi auguro che quell'atto che dobbiamo affrontare, visto che siamo in ripresa dei lavori, venga finalmente avviato concretamente. Servono i soldi. Ci sono i Mondiali, ci sono le Olimpiadi, ci saranno più spese, meno entrate, il canone un po’ si disperde. Prima di pensare alle entrate del canone, che poi il Governo ha voluto ridurre perché lo pagano tutti in bolletta (pagare meno, pagare tutti, poi c'era anche un po’ di facile propaganda), dico che la prima cosa è il valore degli introiti. La Rai, a nostro avviso – lo diciamo da anni – svende spazi pubblicitari con un dumping che crea una concorrenza disuguale, mette in difficoltà (lasciando perdere i diretti concorrenti televisivi) i giornali, l'informazione locale, che non regge. Di questo, viceministro, spero che potremo discutere, come decidemmo in occasione del rinnovo della Convenzione, con un'apposita analisi con dati di fatto della vigilanza Rai, ma lo dico sotto il profilo della vigilanza economica. Se uno svende un prodotto importante, poi non può dire che gli mancano i soldi, che nel 2018 ci sono i Mondiali. È chiaro, ma il problema della svendita di spazi pubblicitari resta una cosa grave. Indigna ancora di più se poi si dice che qualcuno deve essere pagato tanto perché vale tanto. Allora, tutto vale tanto. Non è che solo Fazio vale tanto. Vale anche lo spazio pubblicitario, e ci sono state fasi in cui la differenza era di nove volte, con sconti enormi, per cui da uno spot si passava a nove o dieci spot. Non stiamo parlando di comprare dieci spot e che si regali l'undicesimo, che penso possa essere una politica commerciale coerente. È successo il contrario: se ne paga uno e se ne mandano dieci. Questo è un problema. Lo segnalo, perché lei è uno attento, sennò si viene a dire qua che il canone manca, il morbo infuria, il pan ci manca. Non svendano una cosa che fa metà del bilancio Rai. Su questo le cose non funzionano. Vorrei richiamare la nostra attenzione, che abbiamo già deciso di parlarne, ma anche la sua, perché è un aspetto puramente economico. Qui non c'entra l'artista. Se ci sono spazi, orari, valore del mercato della pubblicità, lì bisogna venderla a un prezzo adeguato. È un aspetto che il suo ministero può assolutamente vigilare, perché non siamo sul piano dei contenuti, del pluralismo, se uno sia artista, cantante. Siamo sul problema che è chiaro che la domenica sera la pubblicità vale di più, la notte vale di meno, questioni evidenti. La Rai non sta, secondo noi, facendo da anni e anni una politica corretta, con una serie di conseguenze.

  PINO PISICCHIO. Molto brevemente, anch'io vorrei ringraziare e dare atto al viceministro di una compiutezza, di un'acribia assolutamente rimarchevole sui dati, in modo particolare l'analisi delle risorse del canone Rai con i quadri di riferimento di tutto l’excursus temporale proiettato verso il 2018.
  Sulla questione, in particolare, delle soluzioni adottate dalla Rai per il superamento del tetto, che ha oggettivamente impegnato anche gli interventi dei colleghi, in particolare di chi mi ha preceduto, i colleghi della Commissione ben sanno che non sono tra coloro i quali hanno fatto mai salti di gioia all'idea di trattamenti privilegiati nei confronti di artisti, molto spesso giornalisti nati e cresciuti in Rai, che debbono la loro valenza, il loro valore in ragione del fatto che sono proiettati all'interno di fasce orarie particolarmente importanti, e che dunque entrano in una sorta di trappola della persuasione realizzata dalla circostanza per cui gli interventi pubblicitari arrivano perché ci sto io, dunque io sono il valore aggiunto, una tautologia abbastanza incredibile. Manifesto ancora una volta la mia visione rispetto a questo. Dicevo poco fa al senatore Bonaiuti che, probabilmente, se lui e io andassimo ogni sera a manifestare la nostra presenza in Rai in fasce orarie adeguate, il nostro bello share lo faremmo, magari non così alto, ma a furia di vederci alla fine qualche cosa la realizzeremo, e magari anche la nostra piccola Pag. 12dotazione pubblicitaria la porteremmo. Il punto, però, qual è? Lei, giustamente e devo dire anche qui con molta onestà intellettuale, ha fatto riferimento alla pronuncia dell'Avvocatura, che comunque conoscevamo. In sostanza, l'Avvocatura, attraverso un percorso argomentativo piuttosto impegnativo, recapita al consiglio di amministrazione la responsabilità di attribuire il valore aggiunto o di servizio pubblico universale caricando di responsabilità il consiglio di amministrazione, certo, ma al tempo stesso scaricando la responsabilità a tutti gli altri. In sostanza, la certificazione della natura dell'intervento in Rai non deriva da dati oggettivi, ma dalla considerazione che ne fa il consiglio di amministrazione, con una sorta di bollino blu che viene attribuito, anche qui dentro una tautologia un po’ difficile da digerire.
  Questo è il punto di leggera distonia tra la mia analisi e quella che faceva, per esempio, l'onorevole Brunetta. Che cosa si può chiedere al ministero? Qui c'è, probabilmente, un deficit da un punto di vista normativo. Siamo stati insufficienti nella costruzione di una struttura normativa che introducesse degli elementi oggettivi per valutazioni come queste. Allora, teniamo conto di questo quando ragioniamo della distinzione tra le due dimensioni. Anche a me proprio culturalmente fa sorridere l'idea che giornalisti navigati, con quarant'anni e più di carriera, a un certo punto si scoprano artisti, fantasisti, prestidigitatori o altro per poter scavallare la soglia, ma così è. Non mi pare che allo stato esista un meccanismo diverso, salvo quello di imputare al consiglio di amministrazione non solo il valore, ma anche la responsabilità, con tutto quel che ne consegue, della scelta compiuta.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Ringrazio anch'io il Viceministro Morando per l'audizione di oggi. Lo stiamo audendo a più riprese e ogni volta dimostra di avere sempre maggiori competenze in materia di Rai.
  Tra le tante cose, ce ne sono due che secondo me è utile sottolineare nel corso di quest'audizione, anche in vista del percorso successivo dei lavori della Commissione.
  Una riguarda il secondo punto trattato dal viceministro sulle risorse del canone. Ad agosto, quando lo abbiamo audito, il direttore generale di Rai Orfeo ha fatto riferimento ai conti per l'anno prossimo, di cui ha dato conto anche il Viceministro Morando, che immagino abbia letto con attenzione lo stenografico dell'audizione. Il direttore generale ha sollevato una preoccupazione rispetto ai conti e ha messo in evidenza come le due decisioni che sono state prese in riferimento al canone con la quota fissata in 90 euro e il fatto che dell'extra gettito a Rai l'anno prossimo verrà conferito il 50 per cento, non il 67 per cento, creino quanto meno, per come l'ha definito il collega Fornaro, il gradino 2018, visto che dal 2019 ci sarà la necessità, eventualmente, di intervenire altrimenti, o quantomeno questo schema su base triennale verrà superato.
  La domanda che vorrei rivolgere al viceministro è se c'è la disponibilità di un intervento su quest'aspetto per quanto riguarda la discussione che faremo, immagino, nella legge di bilancio, e se eventualmente può essere modificata per l'anno prossimo la quota dell'extra gettito conferita a Rai, quindi un innalzamento dal 50 per cento, immagino non toccando la quota destinata al fondo sul pluralismo e a quello sull'aumento dell'esenzione del canone. Eventualmente si andrebbe a intaccare la quota che riguarda il fondo per la riduzione della pressione fiscale. Questa è la domanda che mi sembra fosse in qualche modo anche implicita nella discussione che abbiamo fatto col direttore generale.
  La seconda questione è sul terzo punto, sul limite dei 240.000 euro. Credo che, peraltro, non solo l'audizione di oggi, ma la memoria che ci consegna il viceministro che risulta agli atti sia utile, visto che questa è una discussione che abbiamo fatto più volte. Non sempre avendo tutti i commissari tutti gli elementi di riferimento precisi, la lettura dello stenografico ci consente di fare una discussione che quanto meno tiene insieme tutti gli elementi. Tra questi, c'è il parere dell'Avvocatura in riferimento alla definizione di prestazioni artistiche, e il riferimento è stato richiamato Pag. 13 alla decisione in capo al consiglio di amministrazione in riferimento alla scelta dei criteri. Detto questo, però, oggi il viceministro, secondo me in maniera appropriata, è tornato su un aspetto già contenuto nell'audizione precedente che faceva riferimento alla contabilità separata. Lo dico perché proprio da quell'audizione avevamo tratto spunto per inserire un aspetto del parere che abbiamo reso come Commissione sul rinnovo della concessione laddove indicavamo la necessità di intervenire in maniera più puntuale, analitica. Se non ricordo male, avevamo utilizzato un'espressione molto simile a quella utilizzata dal viceministro in quella sede. Continuo a credere che questo sia un aspetto fondamentale. Non è stato recepito nello schema di convenzione. Immagino che il Governo abbia avuto buoni motivi per non farlo. C'è adesso uno spazio che potrebbe essere ulteriore da questo punto di vista, ed è il contratto di servizio. Vedremo quando ci verrà consegnato. Noi esprimeremo un parere. Forse questo può rappresentare un po’ i tempi supplementari per mettere un punto fermo su un aspetto che tutti sappiamo fondamentale, quello dell'effettiva resa della contabilità separata.

  SALVATORE MARGIOTTA. L'intervento del capogruppo Peluffo mi consente di essere brevissimo, perché anch'io vorrei intervenire su due questioni che lui ha già trattato.
  I numeri delle risorse sono molto interessanti. Faccio notare che comunque anche nel 2018 la quota di 1.750.000.000 supera il 2015. Nel 2016, si ha una somma (1,653 più 201, 1854), poi perdiamo 100 milioni, ahimè, proprio nel 2018, anno pari. La Rai valuta leggendari gli anni pari, perché sono quelli in cui si spendono più soldi. Il diavolo ci ha messo la coda e l'anno in cui arriveranno meno soldi sarà proprio il 2018. Anche il 2018, però, ha 100 milioni in più rispetto ai tempi nei quali non c'era la riforma del canone in bolletta. Da questo punto di vista, capisco che in quegli anni si possa avere una perdita, ma è meno giustificabile questa perdita di 80 milioni, considerando che comunque arrivano soldi in più rispetto a prima...

  ENRICO MORANDO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Ha fatto riferimento al 2015, non al 2016: se fa riferimento al 2015, l'extra gettito non c'era, e quindi dei 200...

  FEDERICO FORNARO. Il calcolo che avevo fatto dal 2018 è 1,7.

  SALVATORE MARGIOTTA. Esatto, 1,750.

  FEDERICO FORNARO. No, 1,7.

  SALVATORE MARGIOTTA. Comunque, 1,7 è più del 2015. In ogni caso, ciò detto, cioè precisato che comunque arrivano soldi in più alla Rai, la Rai ci dice che non ce la fa lo stesso.
  Anch'io sono d'accordo con il capogruppo Peluffo, che dice di cercare di capire se riusciamo a dare una mano o meno, al netto della discussione sul dumping aperta dal presidente Gasparri, ma avendo la consapevolezza che non le si sono tolti soldi, anzi in ogni caso sono stati aggiunti. Dal 2019 in poi, riprendendo tutta la parte dell'extra gettito, mi pare che le cose vadano assolutamente meglio.
  Sulla questione del tetto ho una posizione assolutamente impopolare in questa fase. Penso che la legge sia stata sbagliata. È una legge che ho votato, ma mettere un tetto in maniera indiscriminata, sempre e comunque, a qualsiasi tipo di prestazione, a qualsiasi tipo di managerialità, probabilmente ha prodotto una serie di questioni, tra cui esercitazioni interpretative un po’ ardite, tanto da parte, forse, dell'Avvocatura dello Stato, che comunque naturalmente «fa scuola», quanto da questo regolamento al quale si faceva riferimento prima. Lo dico in generale, perché credo che probabilmente alcune volte sarebbe meglio avere il coraggio e la forza di correggere alcune misure che risultano poi di difficile applicazione che non cercare, attraverso forme varie, non voglio dire stratagemmi, termine antipatico, ma interpretazioni che aiutino un po’ a superare quella che era la natura stessa della legge. Sarà materia, secondo me, della prossima legislatura, ovviamente non di questa, ma una Pag. 14riflessione andrà assolutamente aperta al riguardo.

  GIORGIO LAINATI. Ringrazio il viceministro, che ascoltiamo sempre con molta attenzione e molta soddisfazione che egli faccia parte di quest'Esecutivo. Come ricordava anche il collega Peluffo – oggi non aveva il suo quaderno con gli appunti a mano – l'altra volta ha dimostrato di seguire con enorme attenzione, e non è consuetudine vedere un membro del Governo con un appunto di decine di pagine vergate a mano sulle tematiche che deve affrontare. Ha il mio vivissimo apprezzamento per questo.
  Vorrei intervenire più sul piano politico, onorevoli colleghi. Oggi, c'è stato un intervento fiume dell'onorevole Brunetta, che ha ripetuto, peraltro più volte, gli stessi concetti, da cui è derivato l'intervento fiume, sostanzialmente una lettura molto puntuale delle normative, con quei riferimenti all'Autorità anticorruzione, alla Corte dei conti, che sono stati totalmente suoi. Vorrei ricordare, invece, sul piano politico a chi forse non lo ricorda che in quest'aula, pochi mesi fa, a giugno, in occasione dell'audizione del consiglio di amministrazione, ci fu un consigliere espressione dell'opposizione, appartenente a un'area politica culturale dell'opposizione, il famoso e grande direttore Rai Carlo Freccero, chiese accoratamente alla Commissione e ai suoi membri di venire incontro alle esigenze della Rai per consentire alla Rai stessa di mantenere tutte quelle personalità delle quali stiamo parlando oggi perché rappresentavano, rappresentano, rappresenteranno in futuro un valore aggiunto non indifferente. Faccio riferimento a quest'autorevole intervento del direttore Freccero per ribadire che non sono affatto scandalizzato dei trattamenti riservati a queste cosiddette star. La vicenda di Vespa è più complessa e non la voglio affrontare, la lascio ad altri, ma certamente alcuni protagonisti davvero del mondo dello spettacolo potrebbero benissimo essere presi dalla concorrenza, peraltro rappresentata politicamente da chi bastona continuamente la Rai, come abbiamo ascoltato pochi istanti fa.
  Penso, dunque, che dietro questa vicenda, al di là, onorevole viceministro, onorevoli colleghi, di tutti i sofismi giuridici a cui avete fatto riferimento, peraltro obbligatoriamente, ci sia il problema di fondo del sistema della comunicazione italiana, dove abbiamo un imprenditore politico con la maggioranza delle reti private, la televisione pubblica oggettivamente – è un dato reale, caro presidente – molto soggetta alle pressioni della politica, politica che però ha posto questo tetto, fatto comunque importante rispetto ai 16 milioni di abbonati alla televisione pubblica. La vicenda del taglio dei superstipendi mi sembra assolutamente rivoluzionaria per chi è, come me, da molti anni in questa Commissione, o conosce questo settore della televisione. È stato un fatto assolutamente rivoluzionario. Quello, però, non basta. Adesso buttiamo via anche gli artisti, dunque alla Rai resterebbe assai poco. Questo – domanda quasi retorica – fa parte di un tentativo di svuotare il servizio pubblico nella prospettiva della nuova legislatura, con qualcuno che già parla di privatizzazione totale o delle due più importanti reti? In Francia, Téléfrance è stata privatizzata ormai vent'anni fa. La seconda e la terza sono ancora pubbliche, ed è la fotocopia italiana, perché una è molto simile a Rai Due e la terza è uguale a Rai Tre. C'è una prospettiva del genere?
  Dietro tutti questi richiami normativi si nasconde chiaramente, secondo me, da parte di alcune forze dell'opposizione, un netto desiderio di ridimensionare il servizio pubblico, non so se in prospettiva – spero di no – all'Italia, ma certamente c'è un problema di questa natura.
  Penso che, invece, anche alla luce di quello che è venuto a dire il dottor Orfeo proprio all'inizio del mese di agosto, la Rai debba essere salvaguardata. Oltretutto – lei lo sa, presidente – nella vicenda spinosissima e durissima della campagna referendaria ha fatto esattamente il suo dovere. In altre circostanze, i suoi concorrenti furono costretti a fare il loro dovere quando fu realizzata, nel febbraio del 2001, la cosiddetta legge sulla par condicio.

  DALILA NESCI. Il mio sarà un breve intervento. Pag. 15
  Anzitutto, faccio gli auguri di pronta guarigione al nostro collega senatore Alberto Airola. Vedo che anche i colleghi si associano. Vogliamo, nonostante la sua assenza, far aleggiare la sua forza combattiva proprio in questa Commissione di vigilanza Rai.
  Ho ascoltato tutti gli interventi e la relazione molto interessante del viceministro, ma ribadiamo la nostra convinzione che questo Governo continui con le truffe semantiche. Questa disquisizione sul servizio universale e il valore aggiunto è un po’ la riprova del fatto che la Rai, con tutta la legittimazione governativa, non intende applicare questo tetto agli stipendi. La nostra esperienza ci porta a dire che poi deve essere la politica a scegliere, visto che i pareri delle varie avvocature possono essere articolati, di vario tipo, ma dovrebbero avere quantomeno una conseguenza lineare e delle fondamenta giuridiche, che non ci sono state in occasione di quest'ultimo parere.
  Rifaccio la domanda che il collega Peluffo ha fatto in versione governativa di maggioranza. Io la faccio in versione opposizione. Quell'emendamento accolto dal relatore Peluffo era proposto dal Movimento 5 Stelle per tentare di arrivare a una certezza, a una distinzione, a qualcosa di più chiaro per il rinvenimento del finanziamento di queste attività della Rai. Internamente, come gruppo politico, abbiamo fatto anche delle osservazioni in rete, votato il nostro programma su questo, ma riguarda la nostra direzione politica. Mi chiedo come mai il MEF non ha poi accolto quell'emendamento, che comunque andava nella direzione che lei oggi auspicava di distinguere effettivamente trasmissione per trasmissione i proventi, contenuto nel parere che la Commissione ha espresso sulla convenzione Rai. La mia domanda è più diretta di quella del collega: qual è stato il motivo che ha fatto rigettare quella proposta alla quale lei oggi sembrava essere orientato?

  PRESIDENTE. Anche la presidenza si associa agli auguri di una rapida guarigione per Alberto Airola, componente della Commissione.
  Una cosa mi era già saltata agli occhi, nel 2013, quando avevo chiesto un parere all'Avvocatura dello Stato per un conflitto di competenze e di attribuzione tra la Commissione di vigilanza Rai e il consiglio di amministrazione della Rai. C'erano alcuni documenti che all'epoca la presidente Tarantola e il direttore generale Gubitosi non intendevano trasmettere alla Commissione. Dopo tantissimo tempo, un tempo infinito, è arrivato questo parere dell'Avvocatura dello Stato. Ogni volta che abbiamo questi pareri dell'Avvocatura dello Stato, visto anche l'ultimo, ci vorrebbe un altro ente per chiedere il parere sul parere dell'Avvocatura dello Stato. Mi sembra sempre interlocutorio, il famoso parere un po’ democristiano, un colpo al cerchio e un colpo alla botte... nell'accezione nuova del Vocabolario Treccani.
  Mi chiedo: questi pareri dell'Avvocatura generale dello Stato sono importanti? Servono o non servono? Soprattutto l'ultimo mi sembra abbastanza scandaloso. Proprio la frase che lei ci ha letto, che già conoscevo, lascia totalmente basiti da parte di un organo che dovrebbe dare un parere su norme giuridiche che poi hanno bisogno di un'interpretazione, di un'altra interpretazione, e non si arriva mai al dunque.
  Detto questo, credo che abbiamo dovuto, non questa Commissione, chiedere il parere all'Avvocatura Generale dello Stato perché la legge, che personalmente non ho votato, a cui mi sono opposto, non ha avuto il coraggio di dire chiaramente che cosa voleva fare. Non dicendo chiaramente che cosa vuole fare, poi si dà adito a tutto quello che è successo dopo. Il legislatore, in questo caso il Parlamento – ma questa è una legge di forte iniziativa governativa – doveva dire: ho il coraggio di dire che non voglio applicare il tetto dei 240.000 euro ai contratti artistici, e contratti artistici sono questi, 240.000, 250.000, 300.000 euro, 3 milioni di euro. All'epoca, però, l'aria politica, quello che si respirava nella pancia del Paese, non permetteva al Governo di dire che i 240.000 euro non si applicavano per i Fazio, per i Vespa, per tutti i contratti artistici. Non avendo il Governo avuto il coraggio di fare questo, adesso ci troviamo Pag. 16in questa situazione. Se ci fosse stato, forse, un altro Governo, un altro legislatore, avrebbe avuto il coraggio o avrebbe detto di non essere d'accordo e che anche ai contatti artistici andava applicato il tetto dei 240.000 euro. Io la vedo così. È questo quello che è successo.
  Oggi, la Commissione chiama il MEF, il consiglio di amministrazione della Rai chiama il MEF, il MEF chiama il consiglio di amministrazione della Rai, l'Avvocatura dello Stato ha dato il parere che doveva in qualche modo dare, e ci troviamo punte e a capo, perché poi ci troviamo un Vespa che è un artista e prende, quindi, più di 240.000 euro, un Vespa che è un artista, e l'artista poi dovrebbe magari in par condicio, ricondotto a testata, intervistare i famosi leader politici. A questo punto – richiamo il signor Vespa come esempio, ma vale per tutti – non potrà, secondo me, intervistare leader politici, perché la sua trasmissione, siccome in quel caso non è un giornalista ma un artista, non verrà ricondotta a testata giornalistica. Nel periodo di par condicio delle elezioni nazionali, Porta a Porta non avrà nessun riferimento politico al suo interno. Se dobbiamo fare le cose in modo chiaro e trasparente, vanno fatte fino in fondo. Se è un artista, non intervista i politici, perché la sua trasmissione non sarà ricondotta a testata. Se è un giornalista, bene, allora sarà sotto l'applicazione del tetto dei 240.000 euro.
  A me sembra che ogni volta che si parla di soldi e dei contratti, che si iniziano a toccare gli interessi degli agenti, delle star riferite agli agenti, di Fazio, nessuno abbia il coraggio di fare niente. Secondo me, bisognerebbe avere il coraggio di essere chiari su queste definizioni: servizio pubblico universale e servizi di valore aggiunto.
  Significa che il servizio pubblico universale non è un valore aggiunto e, invece, le trasmissioni di valore aggiunto sono di coloro che non fanno parte del servizio pubblico generale universale. E siamo all'assurdità dell'assurdità, e magari su quest'assurdità chiediamo un parere all'Avvocatura generale dello Stato, che ci risponderà con un'altra assurdità, forse. Quello che proprio vorrei dalla politica e da tutti noi stessi è la chiarezza dei percorsi e degli intenti. L'intento è per queste persone, per i contratti artistici, non i 240.000 euro, non il tetto? Perfetto: si deve avere il coraggio di scriverlo nero su bianco e farlo votare in Parlamento. Pensiamo, invece, che 240.000 euro vadano bene? Allora, 240.000 euro a loro e si chiude la discussione, in modo da non avere più un parere dell'Avvocatura generale dello Stato.
  Do la parola al Viceministro Morando per la replica.

  ENRICO MORANDO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Molte di quelle presentate qui sono osservazioni che non si rivolgevano al sottoscritto per chiedere chiarimenti, e come tali io le considero, quindi non le riprenderò, anche perché farei un mestiere che non è il mio, che non è quello che devo svolgere nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze. Mi occuperò invece degli aspetti che a mio giudizio hanno a che fare con lo sviluppo della nostra iniziativa, nostra come ministero, non come Governo, perché ci sono altre parti del Governo che sono, come sapete meglio di me, competenti su alcuni degli aspetti che avete sollevato e che non hanno riferimento ai problemi di tipo contabile, di tipo economico, di tipo finanziario, che sono quelli di cui mi occupo.
  Naturalmente, si è sostenuto che la distinzione fondamentale in questo momento operata in sede di bilancio Rai e di tenuta della contabilità della società Rai attraverso la contabilità separata sia tra – non vogliamo usare le espressioni usate in quella sede? – le attività market, cioè che non dovrebbero essere finanziate attraverso l'utilizzo del canone, cioè di una sorta di imposizione fiscale sull'utente, e le attività inerenti strettamente all'applicazione della convenzione per il servizio universale, che invece sono finanziate dal canone.
  Secondo alcuni di voi, per esempio il deputato Brunetta, nella corretta esposizione in contabilità separata, per distinguerle, si incontrerebbero tali difficoltà da rendere impossibile quest'operazione.
  La mia personale opinione, sulla base di quel poco di competenza che ho a proposito di bilanci, è che quest'affermazione Pag. 17non sia perfettamente fondata. A mio giudizio, si può distinguere l'attività sviluppata dalla società Rai che deve essere finanziata col canone (perché ha carattere di attuazione del servizio pubblico) e l'attività che si muove in competizione con le altre emittenti sul terreno della televisione commerciale in quanto tale, che deve essere, quest'ultima attività, finanziata attraverso altre entrate che non siano quelle del canone. Naturalmente, c'è un problema di qualche complessità di imputazione degli oneri di tipo generale dell'azienda come tale (gli oneri di funzionamento della società e molti altri), che devono essere correttamente imputati, ma non è impossibile farlo. Ci sono contabilità separate tenute da aziende che hanno livelli di complessità sostanzialmente analoghi a quelli che ha la Rai. Personalmente contesto l'idea che sia impossibile tenere una contabilità separata, trasparente ed efficace.
  Alla domanda specifica che è stata rivolta rispondo che non ho cambiato idea rispetto all'audizione che è stata prima richiamata dal deputato Peluffo: ritengo che sia possibile decisamente migliorare la capacità della contabilità separata in Rai, di dare conto di questa distinzione. Per quel poco che riguarda il Ministero dell'economia, ripeto che con le nostre strutture tecniche siamo assolutamente dell'intenzione di cooperare se si decide di migliorare la capacità della contabilità separata di dare conto di questa distinzione (le spese che finanziano il servizio universale rispetto a quelle, sempre della Rai, che finanziano le attività che chiamerò market, così non stiamo lì a discutere sul significato dell'espressione «valore aggiunto»). Se si vuole operare in questa direzione, noi ci sentiamo impegnati a cooperare attivamente con gli organismi di controllo e con gli organismi di gestione per migliorare la capacità della contabilità separata. Non ho personalmente preso cognizione di questo tipo di valutazione a proposito della proposta che la Commissione di vigilanza ha avanzato in questo senso, che non è stata ancora perfettamente recepita: la mia opinione è che, anche al fine di dire una parola chiara sul punto che qui abbiamo affrontato oggi, per esempio l'applicazione o meno del tetto alle remunerazioni di prestazione professionale di tipo artistico oppure l'applicazione del tetto alle prestazioni professionali di altro tipo inerenti al servizio pubblico, l'unico modo per venir fuori da questa discussione senza intaccare il principio generale che vogliamo affermare... ci può essere chi sostiene che la tutela del principio di parità nella competizione di mercato tra la Rai e altri soggetti nello sviluppare attività commerciali possa essere anche del tutto travolta. Finché si dice, come mi pare oggi la regolazione dica chiaramente, che la Rai svolge due tipi di attività (quella di servizio pubblico universale, con un segmento di attività in competizione con altri), a me pare che l'unica soluzione praticabile sia quella di migliorare le prestazioni e le capacità della contabilità separata e di descrivere queste due attività. Tutto quello che si fa al di fuori di questo indirizzo secondo me non è in grado di arrivare a ottenere risultati apprezzabili. Oltretutto, ho letto le audizioni nel prepararmi, e nelle audizioni, per esempio con riferimento a quest'ultimo contratto di cui vi siete occupati anche qui oggi, si è detto chiaramente: questo contratto lo facciamo a condizioni che superano nettamente il tetto, perché questa iniziativa, questa attività Rai legata all'impegno di questa personalità in oggetto è interamente – ricordo l'audizione del direttore generale – e ampiamente coperta dall'introito della relativa pubblicità. Più si vuole dare sostanza a questo tipo di affermazioni, più si ha bisogno di una contabilità separata, compilata in modo da dare conto del rispetto di questo principio. Trovo, quindi, assolutamente fondato il giudizio secondo cui, se stabiliamo che la Rai applica pedissequamente il tetto applicato dalla pubblica amministrazione alle remunerazioni, stiamo in realtà dicendo che sul versante delle capacità competitive di Rai interveniamo con una limitazione che probabilmente va a favore dei concorrenti in maniera impropria. Se però contemporaneamente affermiamo che è possibile usare risorse che derivano dal canone per finanziare attività in competizione con le altre di tipo commerciale, Pag. 18 in questo caso abbiamo una Rai che fa competizione «sleale» alle altre televisioni.
  Bisogna stare in equilibrio tra queste due esigenze. L'unico modo per starci è avere una contabilità separata perfettamente descrittiva nell'imputazione dei costi e delle spese all'una e all'altra ipotesi di attività: non ne conosco un'altra.
  Naturalmente, rispetto il parere di chi dica che la soluzione migliore è agire in estremo in una direzione o nell'altra: non c'è nessun tetto, nemmeno per l'attività strettamente legata al servizio pubblico. Non è una bestemmia in chiesa, ma una posizione. In pratica, consideriamo la Rai come una società che può prescindere completamente da questa regola che la pubblica amministrazione italiana si è data in termini di remunerazione. In questo caso, ripeto che facciamo un'operazione che utilizza chiaramente risorse garantite dal canone per una competizione della Rai nei confronti degli altri soggetti certamente lesiva della corretta competizione e concorrenza. Se, d'altra parte, affermiamo la soluzione opposta, facciamo esattamente il contrario in termini di esito, ma sempre violiamo il principio di corretta competizione economica.
  Io insisto: l'unica soluzione corretta del problema, finché rimane la regolazione attuale, è quella di avere un netto miglioramento della capacità della contabilità separata di dare conto delle spese imputabili all'una o all'altra finalità.
  In questo contesto, anch'io, avendone preso visione – non a caso, ho chiesto se era acquisito – alla luce del documento «Piano organico di criteri e parametri per l'individuazione e la remunerazione dei contratti con prestazioni di natura artistica», penso sia possibile agire in termini di definizione della contabilità separata e che sia possibile, qualora nell'applicazione di questo piano organico emergano nella traduzione in contabilità separate elementi di incertezza, intervenire per chiedere che ci sia una modificazione di questo piano. Laddove l'imputazione si mantiene ambigua o addirittura impossibile, si può chiedere che, al fine di favorire una corretta imputazione in contabilità separata, il piano venga modificato. Anche in questo caso, per quel poco che vale, la nostra cooperazione sul piano tecnico per favorire la soluzione del problema è certamente garantita, ma da questo punto di vista molto possono i sindaci revisori, coloro che cioè sono incaricati delle operazioni di revisione dei bilanci, per avere una gestione corretta delle spese per le due finalità.
  Credo di avere riassunto le sollecitazioni che sono venute dal lato del tetto agli emolumenti.
  Passo all'ultima osservazione.
  Per quello che riguarda il bilancio Rai, le risorse rivenienti dal cosiddetto extra gettito, il contesto è stato descritto analiticamente all'euro in termini sia di previsione sia di rendiconto per gli anni che ci stanno alle spalle. Emerge la difficoltà di cui al 2018. Risulta chiaramente che al 2019 e al 2020 il venir meno della quota di extra gettito destinata ad altre finalità naturalmente implementa, a legislazione vigente – se cambia la legge, è un altro discorso – le risorse Rai sostanzialmente di 100 milioni rispetto a quelle 2018. Nel 2018, invece, abbiamo una difficoltà che è stata rappresentata. Per poterla affrontare, credo che ci siano tre condizioni, tre cose da fare.
  La prima è che gli organi di gestione della Rai affrontino concretamente quella parte di ristrutturazione della propria attività 2018 funzionale a tenere conto di questa ristrettezza di risorse. Ancora non ho visto soluzioni analiticamente indicate su questo versante, ma immagino che un primo lavoro su questo versante sia in corso e che potremo prenderne cognizione tutti presto.
  Il secondo intervento è quello che riguarda la definizione dei tetti pubblicitari. È chiaro che bisogna affrontare la questione che è stata posta. Ho preso nota. Non sono in grado di dire se sia fondata o meno l'affermazione del senatore Gasparri sulla violazione presunta da parte della Rai di princìpi di leale competizione nei confronti degli altri sul mercato della pubblicità televisiva. Tendo a ritenere che questa violazione non ci sia, ma è un'opinione di Pag. 19tipo generale che esprimo perché a me risulta che le tariffe Rai sul versante pubblicitario, anche in rapporto all'andamento degli ascolti, siano più elevate di quelle mediamente praticate dai suoi concorrenti. Resta comunque da verificare questo fatto. Poiché, però, siamo in fase di ridefinizione dei tetti, è difficile negare che anche per questa via possa venire qualche contributo ad affrontare il tema 2018 e delle risorse carenti per quell'annualità.
  In terzo luogo, naturalmente può esserci un intervento per cercare di definire una relazione tra il bilancio pubblico e quello Rai che dia un contributo alla soluzione di questo problema. È evidente che la terza componente di quest'iniziativa è subordinata a una corretta analisi delle prime due. Le prime due soluzioni, una volta acquisite, daranno luogo alla possibilità di valutare se ci sia bisogno o meno di qualche correzione nell'impostazione delle relazioni di tipo finanziario tra il Governo, il bilancio pubblico nella fase di predisposizione attualmente in corso dello stesso per il 2018 e successivi e il bilancio della Rai.
  Per l'essenziale, signor presidente, a me pare che queste fossero le risposte che potevo dare alle questioni che sono state sollevate.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Viceministro Morando e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15.