XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 221 di Mercoledì 2 agosto 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 

Audizione del presidente del CONI, Giovanni Malagò:
Bindi Rosy , Presidente ... 3 
Malagò Giovanni , presidente del CONI ... 3 
Bindi Rosy , Presidente ... 9 
Di Lello Marco (PD)  ... 9 
Mattiello Davide (PD)  ... 10 
Esposito Stefano  ... 10 
Malagò Giovanni , presidente del CONI ... 10 
Esposito Stefano  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Esposito Stefano  ... 10 
Bindi Rosy , Presidente ... 10 
Esposito Stefano  ... 10 
Manfredi Massimiliano (PD)  ... 11 
Lumia Giuseppe  ... 13 
Bindi Rosy , Presidente ... 13 
Malagò Giovanni , presidente del CONI ... 13 
Esposito Stefano  ... 14 
Malagò Giovanni , presidente del CONI ... 14 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Malagò Giovanni , presidente del CONI ... 14 
Cataldi Enrico , procuratore generale dello sport ... 17 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Cataldi Enrico , procuratore generale dello sport ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Manfredi Massimiliano (PD)  ... 19 
Malagò Giovanni , presidente del CONI ... 19 
Manfredi Massimiliano (PD)  ... 19 
Malagò Giovanni , presidente del CONI ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Malagò Giovanni , presidente del CONI ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 19 
Malagò Giovanni , presidente del CONI ... 19 
Bindi Rosy , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.20.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione in diretta streaming sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente del CONI, Giovanni Malagò.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente del CONI, Giovanni Malagò, accompagnato dal capo di gabinetto, avvocato Francesco Soro, e dal procuratore generale dello sport, generale Enrico Cataldi. Sono, altresì, presenti il dottor Roberto Rao, ufficio affari legislativi e istituzionali e attività di presidenza, e il dottor Filippo Consales, ufficio comunicazione e rapporti con i media.
  L'audizione odierna rientra nel filone d'inchiesta dedicato al tema delle infiltrazioni della criminalità organizzata di tipo mafioso nel mondo del calcio professionistico. Tale approfondimento è stato avviato con la costituzione del Comitato mafia e manifestazioni sportive e si è sviluppata attraverso una lunga serie di audizioni di rappresentanti istituzionali del mondo sportivo nella nostra Commissione, tra i quali, in particolare, il 5 luglio scorso, i vertici della Federazione italiana giuoco calcio e i rappresentanti delle Leghe professionistiche.
  Al riguardo colgo l'occasione per avvertire che il presente lavoro si avvia a trovare un momento conclusivo con l'audizione del Ministro dello sport Luca Lotti, in calendario per il prossimo 12 settembre, alla ripresa dopo la pausa estiva. Chiudiamo con lo sport e riapriamo con lo sport. Sembra di buon auspicio.
  L'incontro di oggi è, pertanto, volto a fare il punto, insieme al massimo vertice dello sport italiano, sulle criticità del sistema emerse nel corso del lavoro (sicurezza e ordine pubblico, gestione degli impianti sportivi, bagarinaggio e secondary ticketing, scommesse, estorsioni e riciclaggio, assetti societari, condotta dei tesserati) e sulle prospettive di riforma per prevenire e contrastare ogni forma di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso nel mondo dello sport nel suo complesso.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
  Nel ringraziarlo per la presenza, cedo, pertanto, la parola al presidente Malagò.

  GIOVANNI MALAGÒ, presidente del CONI. Presidente, ringrazio lei e l'ufficio di presidenza di questa Commissione e faccio una piccola precisazione. In questi miei quattro anni di presidenza del Comitato olimpico sono stato invitato spesso in varie Commissioni. Per abitudine ho sempre parlato a braccio, anche perché credo di conoscere gli argomenti in questione e mi ero sempre preparato. Non lo faccio oggi solo per maggiore rispetto nei vostri confronti. Stamattina ho fatto un piccolo intervento in anestesia e non vorrei dimenticare qualche Pag. 4 passaggio che ritengo importante. Leggerò, quindi, una relazione che ho preparato nelle ore precedenti.
  Ringrazio voi, l'ufficio di presidenza e i rappresentanti dei Gruppi parlamentari che hanno voluto ascoltarmi oggi nell'ambito di una serie di articolate audizioni sul tema delle infiltrazioni della criminalità nel mondo dello sport, un tema a cui occorre prestare la massima attenzione. Come sicuramente questa Commissione ha registrato, l'impegno di tutto il mondo dello sport è orientato a contrastare con ogni mezzo i fenomeni degenerativi che inquinano uno dei patrimoni del nostro Paese.
  Il CONI è in prima linea, insieme alle federazioni, per combattere e innanzitutto per prevenire qualsiasi forma di corruzione e illegalità economica e finanziaria al fianco dello Stato nel contrastare, ovunque si palesino, pericolosi casi di sensibile presenza o di condizionamento da parte di organizzazioni mafiose.
  L'impegno è dimostrato, come vedremo nel corso dell'odierna audizione, anzitutto nel rafforzamento dell'indipendenza e dell'autonomia dell'Autorità nazionale dell’antidoping, la NADO Italia (così è chiamata attualmente), la cui guida è stata affidata all'ex comandante generale dell'Arma dei carabinieri, il generale Leonardo Gallitelli, e dall'istituzione della procura generale dello sport, guidata dal generale Enrico Cataldi, già comandante del raggruppamento per le investigazioni scientifiche dei Carabinieri, qui alla mia destra, con il compito di tutelare la legalità nell'ordinamento sportivo.
  Il primo capitolo lo chiamerei «Valore educativo e sociale dello sport», perché praticare lo sport è un diritto che va garantito dall'ordinamento italiano. Il suo obiettivo è, prima di tutto, teso alla promozione della crescita morale e sociale della persona come valore per i singoli individui e per la collettività. Tra infiltrazioni criminali, rapporto tra mafia e società e tifoserie organizzate, scommesse e doping, quello che viene distorto alla radice di questi fenomeni è il senso dello sport come ambito di crescita valoriale della persona e della comunità, dell'individuo e della squadra.
  Studi e approfondimenti svolti in questo settore dimostrano che le organizzazioni criminali sono attirate dal mondo dello sport principalmente sotto tre profili: quello connesso meramente agli interessi economici che orbitano intorno allo sport, in particolare quelli più ricchi, tra cui il calcio, ovviamente; quello legato al proselitismo e alla raccolta di consenso per radicare le proprie organizzazioni sul territorio; quello legato alla visibilità garantita dalle manifestazioni sportive.
  Occorre attenzione, perché cultura sportiva significa rispetto delle regole, solidarietà, integrazione, fair-play, accettazione delle decisioni dell'arbitro e dell'allenatore e perfino sano divertimento e spettacolo. Tutto questo non può e non deve passare in secondo piano rispetto alla vittoria a tutti i costi, o peggio alla realizzazione del profitto da ottenere anche con metodi illeciti. Accanto a interventi normativi per il monitoraggio e il contrasto alle infiltrazioni mafiose nel mondo dello sport il nostro impegno principale è dedicato alla diffusione, a partire dalle famiglie e dalle scuole, di una cultura valoriale dello sport. È dai valori che bisogna partire.
  Questo premesso, veniamo ora a esporre le principali iniziative messe in campo dal CONI a tutela della legalità nell'ordinamento sportivo.
  Con riguardo all’antidoping e a NADO Italia, non c'è legalità anzitutto se non assicuriamo la regolarità delle competizioni sportive. Sono particolarmente fiero che il Comitato olimpico, nel settembre 2015, sotto la mia presidenza, abbia innovato l'organizzazione antidoping istituendo in posizione di autonomia e di indipendenza la NADO Italia (National Antidoping Organization). Si è trattato di una svolta epocale, molto apprezzata dal Comitato olimpico, dal CIO e dalla WADA, l'Organizzazione mondiale antidoping, che ricordo essere un'organizzazione completamente indipendente, a cui aderiscono tutti gli Stati membri.
  Siamo passati da unità interna al CONI – pensate che prima si chiamava CONI-NADO – a un soggetto in posizione di assoluta indipendenza dal CONI stesso, come Pag. 5testimonia, tra le altre cose, il fatto che la nomina del presidente della NADO Italia fosse effettuata prima in autonomia dal CONI, mentre oggi, su espresso volere del CONI stesso, viene effettuata con una procedura che prevede il coinvolgimento del Presidente del Consiglio dei ministri, o di chi ne ha la delega, e del Ministro della salute.
  In questi anni tanto è stato fatto e molto è ancora in corso per rafforzare l'efficienza di questa struttura di contrasto a una delle piaghe più degradanti e rischiose per lo sport. Nel 2016, ultimo anno censito, sono stati disposti 7.790 controlli, di cui 5.244 in competizione e ben 2.546 fuori competizione. Su 700 domande pervenute al Comitato sono state concesse 372 esenzioni ai fini terapeutici, negate 55 e 273 ritenute non necessarie.
  La Procura nazionale antidoping ha riscontrato 160 inadempienze di reperibilità (91 per mancata registrazione nel sistema Whereabouts e 69 per mancato controllo). Il tribunale nazionale antidoping ha eseguito, nelle due sezioni, 403 procedimenti disciplinari.
  La presidenza del CONI sta offrendo al riguardo il pieno e incondizionato sostegno. Basti notare che le risorse finanziarie che il CONI destina dal suo bilancio per attività antidoping, a parità di finanziamenti pubblici peraltro, e per l'esecuzione dei controlli sono aumentate di oltre il 110 per cento dal 2013, anno in cui sono stato eletto, al 2017, passando da circa 1,6 a ben 3,5 milioni.
  Parallelamente, sono state avviate l'informatizzazione dell'archivio cartaceo, oggi di non facile consultazione, e la totale digitalizzazione delle comunicazioni con protocollo elettronico, ovviamente nel pieno rispetto dei princìpi di tutela della riservatezza.
  In estrema sintesi, la nuova organizzazione garantisce oggi la piena e incondizionata efficienza e autonomia di NADO Italia, la quale può contare anche sull'operoso impegno di tutte le federazioni sportive, nello sforzo comune di garantire l'immagine e la sostanza autenticamente pulita, integra e vincente dello sport.
  Questo lo aggiungo io, senza assolutamente timore di essere smentito: oggi sotto il profilo della credibilità e dell'immagine il nostro Paese per la lotta all’antidoping è diventato veramente un punto di riferimento molto stimato nell'ambito internazionale anche e soprattutto per questi numeri e per l'impegno profuso negli ultimi anni.
  Venendo alla Procura generale dello sport, tra le forme che ho fortemente voluto durante la mia presidenza c'è, senza dubbio alcuno, quella della cosiddetta giustizia sportiva. Ciò è avvenuto in particolare attraverso l'istituzione di due nuovi organi e con l'adozione di un Codice unitario della giustizia sportiva, recepito poi da tutte le 63 federazioni sportive nazionali e discipline nazionali associate.
  Faccio solo una piccola precisazione. Il Comitato olimpico ha 45 federazioni sotto il suo controllo. Per l'esattezza, sono diventate 44, perché voi sapete che dal 1° gennaio 2017 il Comitato paralimpico, che era una nostra costola, si è staccato ed è diventato autonomo anche giuridicamente, con la famosa pari dignità. Accanto alle federazioni sportive nazionali nello Statuto del CONI sono equiparate le famose DSA (Discipline sportive associate), che sono 19.
  In queste discipline sportive associate, rispetto a quando fu costituito il CONI – loro spesso lo dicono; si sentono anche, se volete, in una posizione un po’ di retroguardia tra le federazioni sportive – in realtà, nel tempo ci sono state molte evoluzioni, innanzitutto perché alcune di queste sono molto popolari, mentre altre hanno dei numeri molto superiori a quelli delle federazioni.
  Sempre nell'ambito delle dinamiche che sono successe sul CIO molte di queste discipline sportive sono addirittura diventate discipline olimpiche, mentre ciò non vale, o non vale più, per alcune federazioni, con tutto ciò che riguarda questo comparto, che io mi auguro nel corso di questo mio mandato assolutamente di organizzare. Si pone anche il tema di legge dello Stato, ossia della legge Melandri, e dei componenti del consiglio nazionale. Pag. 6
  Da un lato, c'è l'introduzione del collegio di garanzia dello sport, una sorta di Corte di cassazione dello sport, che racchiuda in sé le competenze prima divise in due diversi organi, riordinando e semplificando il sistema. Dall'altro lato, c'è soprattutto l'istituzione della Procura generale dello sport, che, come il collegio di garanzia, in posizione di autonomia e indipendenza, ha il compito di tutelare la legalità dell'ordinamento sportivo, coordinando e vigilando le attività inquirenti e requirenti svolte dalle procure federali.
  Alla guida di questi due fondamentali organi la giunta e il consiglio nazionale del CONI hanno chiamato il professor Franco Frattini, presidente di sezione del Consiglio di Stato, e, come ho detto, il generale Enrico Cataldi, qui accanto.
  In questa sede mi piace, inoltre, ricordare i significativi risultati conseguiti dalla procura generale dello sport, che si avvale di un procuratore generale e di 12 procuratori nazionali. Sono, infatti, 6.864 i procedimenti disciplinari complessivamente esaminati dall'agosto del 2014, data dell'istituzione della procura generale dello sport, a maggio 2017. Tali procedimenti, monitorati dalla procura generale dello sport, hanno portato all'adozione di 2.663 deleghe conferite dal procuratore generale ai procuratori nazionali e alla valutazione di 1.073 istanze di proroga inoltrate dalle procure federali alla procura generale dello sport, di 1.647 archiviazioni, nonché alla valutazione da parte della procura stessa di complessive 1.234 sanzioni su richiesta senza incolpazione e di 489 sanzioni su richiesta con incolpazione.
  La procura generale dello sport ha, inoltre, richiesto pareri consultivi al collegio di garanzia, presentando 16 ricorsi, e si è costituita in 78 procedimenti instaurati innanzi al medesimo collegio. In particolare, in considerazione della sede in cui ci troviamo, tengo a sottolineare che la procura generale dello sport è diventata un punto di riferimento per le diverse procure federali anche nei rapporti con l'autorità giudiziaria ordinaria. La procura generale dello sport, infatti, si relaziona, con le proprie finalità istituzionali, con l'universo delle procure della Repubblica, utilizzando gli esiti delle attività svolte da queste ultime, ma, cosa a mio parere ancora più rilevante, fornendo essa stessa alle procure della Repubblica elementi e risultanze di proprie attività investigative.
  A ciò si aggiunga che, proprio per il suo ruolo e per le attività e i risultati ottenuti, la procura generale dello sport è divenuta, altresì, un ulteriore elemento di garanzia per tesserati e affiliati delle varie federazioni. In tale contesto il CONI, attraverso la procura generale dello sport, sta dedicando particolare attenzione al fenomeno del match fixing, che mi sento di poter dire rappresenta ad oggi il contesto attraverso il quale il mondo della criminalità cerca di sfruttare, inquinandolo, quello dello sport. Per lo studio del fenomeno e la predisposizione delle iniziative di contrasto il CONI ha predisposto un'unità operativa coordinata dal gabinetto di presidenza, sotto la supervisione dell'avvocato Soro, in stretto raccordo con la stessa procura guidata dal generale Cataldi.
  Passo a scommesse e match fixing. Sulla scorta dell'attività di studio e di approfondimento svolta dalla richiamata unità operativa anche in sede internazionale, mi pare di poter ritenere che il processo di legalizzazione delle scommesse realizzato per contrastare il circuito illegale e parallelo delle scommesse clandestine abbia generato nuovi metodi di condizionamento delle attività sportive.
  Inizialmente le associazioni mafiose hanno tentato di infiltrare le società di gestione del gioco approfittando delle maglie larghe della normativa. A fronte delle contromisure adottate, si sono servite dell'opportunità del sistema globalizzato delle scommesse sempre più caricate a centri di raccolta esteri collegati in paradisi fiscali o a Stati coi quali vi è scarsa – per usare un eufemismo – cooperazione internazionale.
  Occorre segnalare che, come certamente sapete, essendo stato l'argomento in diverse circostanze oggetto di approfonditi esami e di ampio dibattito in Parlamento e di questa Commissione in particolare, l'entità del volume d'affari e le ricadute fiscali sotto il profilo degli ingenti introiti che lo Stato ne Pag. 7ricava rendono complessa l'adozione di contromisure severe ed efficaci verso un fenomeno che determina un pericoloso interesse della criminalità e una diffusione generale delle cosiddette ludopatie in tanti settori della popolazione.
  Questa vera e propria patologia comprende tra i suoi aspetti negativi una preoccupante diffusione esponenziale di fenomeni di microcriminalità (usura, piccoli furti, estorsioni anche in famiglia) collegati alla necessità di acquisire risorse da destinare alle scommesse. Parliamo di un fenomeno inizialmente illegale, lo ricordo, che però, da ciò che appare nei confronti svolti in sede internazionale dal generale Cataldi, ha visto un rapidissimo cambiamento di approccio da parte della criminalità organizzata. Essa è diventata vera e propria imprenditrice in questo settore, adeguandosi alle nuove leggi per cercare di investire parte dei capitali nell'acquisto di agenzie di scommesse, sale bingo e aziende produttrici di slot machine, nonché, successivamente, nella gestione di siti Internet illegali e nell'acquisizione di agenzie di scommesse in Paesi esteri.
  Il gioco d'azzardo e delle scommesse, soprattutto di quelle sportive, ha destato, come sapete, un progressivo interesse da parte della Direzione nazionale antimafia, la quale nella sua relazione annuale ha rammentato che in Italia il gioco è diventato una vera e propria industria, che attualmente ha un fatturato complessivo pari al 3 per cento del PIL e dà lavoro a 5 mila aziende e 120 mila persone. L'Italia è tra i primi Paesi al mondo per volume di gioco.
  Questo mercato sembrerebbe, dunque, particolarmente appetibile per tre regioni: la quantità di denaro, la circostanza che spesso si svolga utilizzando contante e il fatto che le sanzioni siano oggettivamente minori rispetto al compimento di altri tipi di reati.
  In modo particolare, va evidenziato un fenomeno parallelo in forte crescita sul campo internazionale, che in Europa è avvertito a livello comunitario e sul quale il CONI si sta esercitando attraverso un'intensa attività di monitoraggio e di studio delle misure di contrasto da mettere in atto. Si tratta del match fixing, finalizzato ad alterare non solo il risultato, ma anche tutto ciò su cui si può scommettere durante o in previsione di una partita.
  Poter scommettere per ciascuna competizione sportiva su decine di combinazioni di eventi (numero dei gol, tempistica, sostituzioni, punizioni, calci d'angolo e qualsiasi cosa venga in mente) rende di fatto incontrollabile il settore, poiché alcuni esiti afferiscono o possono riguardare anche un solo singolo giocatore in grado di determinare il realizzarsi di un evento su cui si possono scommettere ingenti somme.
  Lo stesso avviene quando in sport individuali si consentono le scommesse con modalità che a volte, nemmeno coinvolgendo il risultato finale, rendono più agevoli le frodi sportive. Sempre grazie all'attività di monitoraggio di cui sopra siamo in grado di sapere, tra l'altro, che uno dei criteri di rilevazione è senz'altro il flusso esponenziale o anomalo delle scommesse volto a procurare illeciti guadagni con la complicità di manager o dirigenti sportivi e la connivenza di atleti o giocatori.
  Le segnalazioni dei flussi anomali delle scommesse raccolte dai concessionari di Stato provengono dall'ufficio dogane e monopoli di Stato, che le raccoglie in tempo reale in via informatica in un unico totalizzatore nazionale. Per tutte le altre scommesse raccolte da operatori esteri estranei a questo sistema nazionale trasparente e monitorabile, in particolare siti illegali gestiti da società non europee, c'è ancora molto da fare per contrastare ciò che si nasconde sotto la punta dell’iceberg che vediamo. In ogni caso anche le segnalazioni che provengono da questo monitoraggio che viene fatto nel nostro Paese, pur avendo una forte valenza di riscontro delle modalità di diffusione del match fixing, non consentono, di per sé, di avviare un'azione penale, non avendo i requisiti di una qualificata notizia di reato. È auspicabile una sempre maggiore collaborazione tra gli organismi di polizia giudiziaria delegati alle indagini e quelli deputati alla giustizia disciplinare.
  Oltre al rischio, sempre presente, dell'attività di riciclaggio, questo fenomeno Pag. 8manifesta ulteriormente i rischi di contiguità tra sport e crimine organizzato. La diffusione di questa vera e propria piaga dello sport è favorita dalla possibilità, come si accennava in precedenza, di aumentare esponenzialmente le possibilità di scommettere su quello che avviene in una gara e non sul risultato finale, sempre più difficile da condizionare senza la complicità di un numero ampio di giocatori, ma su dettagli anche marginali di un incontro facilmente determinabili.
  È difficile in questi casi individuare le singole responsabilità. Occorre ragionare in un'ottica complessiva di prevenzione del fenomeno, che comunque è in costante crescita anche grazie a questa sua caratteristica di transnazionalità. È, pertanto, necessario prevedere una normativa comune, almeno a livello di Unione europea, che regoli in modo omogeneo la materia e individui oggettivamente i rischi e i segnali di combine, favorendo lo scambio immediato di informazioni tra autorità competenti nei diversi Stati e favorendo il coordinamento investigativo, anche al fine di individuare le centrali di origine di questi casi, tracciandone l'evoluzione.
  Consideriamo, pertanto, urgente l'attuazione dei princìpi espressi nella Convenzione del Consiglio d'Europa sulla manipolazione delle competizioni sportive, conclusa a Magglingen il 18 settembre 2014 e firmata dall'Italia il 7 aprile 2016 e del disegno di legge Alfano-Lotti, istituendo un raccordo permanente tra l'Autorità per la regolamentazione delle scommesse che dovesse essere individuata e il Comitato olimpico nazionale italiano, unico soggetto in grado di offrire una conoscenza complessiva e approfondita del mondo sportivo.
  Sempre in questo settore va fornito il massimo sostegno al coordinamento svolto dall'Unità informativa scommesse sportive (UISS), di cui fa parte la procura generale dello sport, tra le forze di polizia e gli organismi di giustizia sportiva.
  Dal lato ordinamentale il CONI ha, inoltre, avviato due gruppi di lavoro al fine di valutare ogni iniziativa possibile per istituzionalizzare la guerra alla manipolazione delle competizioni sportive, il primo per riordinare ad hoc gli statuti federali, il secondo per assicurare corrispondentemente la competenza dell'efficacia in materia della giustizia sportiva.
  Ciò anche in ragione delle evidenze riscontrate dalla procura regionale dello sport e dall'unità operativa. Dall'anno 2015 risultano aperti in ambito federale, sotto la vigilanza e il coordinamento della procura generale dello sport, complessivamente 55 procedimenti disciplinari relativi al match fixing. Le attività di monitoraggio hanno riguardato 23 casi nel 2016 e 16 all'inizio di quest'anno, segnalati dall'ufficio dogane e monopoli di Stato, nonché dalla società Sport Radar, l'emergere dei quali ha esercitato un'azione preventiva e di deterrenza.
  Da quanto sopra emerge, quindi, la necessità di operare sotto due profili tra loro comunque concorrenti: il primo è quello della vigilanza e della repressione del fenomeno che, come detto, passa attraverso un sempre maggiore coordinamento tra le istituzioni internazionali e quelle italiane e, con riferimento a queste ultime, per il tramite di una costante collaborazione tra la legislazione ordinaria e quella sportiva e tra la magistratura ordinaria e sempre quella sportiva; il secondo, propriamente del nostro mondo, vede il CONI e le federazioni impegnati a favorire la consapevolezza e la diffusione di comportamenti etici in ambito sportivo, anche intervenendo direttamente presso tesserati e affiliati organizzando specifici incontri presso centri sportivi e luoghi di allenamento.
  In conclusione, il CONI è impegnato da sempre ad affermare una cultura dello sport ancorata su princìpi di lealtà e legalità, onestà e correttezza, che si pone in contrapposizione a qualsiasi forma di illiceità e illegalità, individuando e utilizzando strumenti di contrasto all'illegalità, ivi compresa quella rappresentata dalle forme di criminalità anche e soprattutto organizzata.
  Accanto a una serie di interventi di adeguamento normativo, cui tende anche l'attività di questa Commissione, nonché di monitoraggio e di repressione dei fenomeni di tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nel mondo dello sport occorre Pag. 9dare vita a iniziative di sostegno a percorsi educativi scolastici, associazionistici e sportivi in senso ampio, che restituiscano alla competizione sportiva il suo significato più alto: partecipare, aggregare, integrare e rispettare le regole e le decisioni dell'arbitro e degli allenatori, solidarizzare e rispettare lo Stato e le istituzioni.
  Questa è per me la risposta più forte che si può dare all'illegalità e alla criminalità organizzata, restando un esempio come lo sono i nostri campioni, che tante soddisfazioni ci regalano nel mondo, e portando alto il Tricolore devo dire forse più che mai come in questi giorni.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Prima di dare la parola agli iscritti e a Marco Di Lello, coordinatore del Comitato, volevo chiedere un ulteriore approfondimento al presidente, partendo dall'aspetto che ci ha interessati di più nei termini dell'inchiesta della nostra Commissione, che ha riguardato soprattutto il tema della sicurezza dentro gli stadi.
  Abbiamo constatato che nel tempo si è verificato anche, e tuttora forse persiste in alcune situazioni, il riconoscimento di una sorta di autorità o autorevolezza delle organizzazioni criminali per assicurare la sicurezza negli stadi anche attraverso una triangolazione, che in un certo senso ci ha sorpresi, tra le società, le stesse forze di polizia e i rappresentanti delle organizzazioni dei tifosi.
  La domanda che mi sento di rivolgere a chi presiede la massima istituzione sportiva nel nostro Paese e contribuisce anche al finanziamento delle federazioni che dovrebbero avere, a loro volta, una propria autorità nei confronti delle società è che cosa intenda fare il CONI presso le federazioni e, attraverso le federazioni, presso le società perché lo sport non diventi una forma di legittimazione anche delle organizzazioni mafiose. È evidente che il riconoscimento della loro autorità in un contesto sociale tanto importante, circondato da tanto consenso e anche da tanto giusto apprezzamento da parte dei nostri cittadini, finisca per essere un loro rafforzamento anche in altri settori della vita del Paese.
  Mi sento di rivolgere questa domanda, alla quale magari potrà rispondere anche dopo aver ascoltato le domande degli altri colleghi. Come sempre facciamo in questa Commissione, le chiediamo il sacrificio di prendere appunti, perché di solito prima formuliamo le nostre considerazioni e i nostri interrogativi e poi procediamo alle risposte dell'audito.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARCO DI LELLO. Grazie, presidente. Ringrazio il presidente Malagò. Come ha detto la presidente prima, nell'introduzione, da diversi mesi stiamo conducendo questa indagine sui rapporti tra organizzazioni mafiose e sport, in particolare calcio professionistico. Sul punto per noi è molto utile conoscere la sua opinione, oltre che avere delle informazioni.
  Secondo il lavoro di questa Commissione, che indaga sul fenomeno mafioso a 360 gradi, guardando anche i cosiddetti reati spia, uno di questi è sicuramente il riciclaggio. La sensazione che abbiamo noi, che ci deriva da questi mesi di attività, è che lo sport del calcio non ne sia immune. Addirittura ci sono ipotesi di riciclaggio e di utilizzo di danaro anche per la compravendita di calciatori, oltre che nell'ingresso di capitali.
  Tra l'altro, in questi ultimi mesi abbiamo visto, o almeno letto dai giornali, l'arrivo di capitali importanti dall'estero che entrano nel nostro Paese attraverso l'acquisizione di capitali di alcune società. Ci interessa sapere se e in che modo il CONI riesce a monitorare e a controllare questo tipo di attività e, se no, in che modo possiamo immaginare di intervenire normativamente.
  Sul bagarinaggio – l'ha già detto prima la presidente – e sulle scommesse lei si è soffermato a lungo. Vorremmo capire se anche nuove formule dei calendari possano tutelare dal rischio di match fixing e tenere aperto l'interesse dei campionati fino alla fine. Capita spesso dalla massima serie in giù che si arrivi a una fase della stagione in cui ci sono squadre che non hanno più nulla da chiedere. Esse risultano, nell'esperienza, Pag. 10 essere le più permeabili a questo tipo di fenomeno.
  Ancora, per quello che riguarda il CONI – noi siamo molto attenti al tema delle scommesse – non le nascondo la mia sorpresa nel sapere che il CONI sarebbe pronto a riconoscere le federazioni di poker o di Texas hold'em, ossia di giochi che per noi sono fonte di ludopatia, oltre che di ingresso di capitali nel bilancio dello Stato. Non le nascondo la mia perplessità sul punto e le chiedo se ritiene di fornirci qualche informazione in più.
  Infine, abbiamo ascoltato la scorsa settimana nel Comitato, tra gli altri, il responsabile della sicurezza dello stadio della Lazio. Abbiamo studiato la questione, cercando di capire. Ci sono stadi privati, come quelli di Torino o di Udine, e stadi comunali, come nella maggior parte dei casi. Poi c'è questa specificità dell'Olimpico. Secondo le notizie in nostro possesso, in occasione di ogni partita ci sono circa 800- mille persone che, tra catering, sicurezza e servizi di vario genere, per conto del CONI – così ci ha detto il responsabile della Lazio – gestiscono tutte le attività collaterali.
  Poiché noi ci siamo soffermati nella nostra attività di indagine a capire che tipo di controlli ci siano nell'individuazione delle società esterne che svolgono una serie di servizi per conto delle società calcistiche e visto che su questo aspetto ha un ruolo diretto e specifico il CONI nella gestione dell'Olimpico, chiedo se può fornirci qualche informazione in più sulle modalità di scelta delle società (faccio l'esempio della ristorazione oppure del giardinaggio) e in che misura si riescono a controllare quanti hanno accesso allo stadio.
  Tutto perché – e concludo – come le ha testé sottolineato la presidente Bindi, le mafie cercano un loro riconoscimento e una loro affermazione anche nella visibilità del mondo del calcio. Far entrare Tizio anziché Caio in tribuna d'onore o nello stadio è anch'essa una modalità, per quanto banale, di affermazione di un potere.

  DAVIDE MATTIELLO. Grazie, presidente Malagò. Lei ha fatto una relazione molto ampia, che mi permette di inserire in maniera coerente la domanda che voglio farle.
  Il 14 luglio 2016, poco più che un anno fa, questa Commissione ascoltò il professor Donati sul caso Schwazer. Lo dico incidentalmente: io resto convinto che la Commissione parlamentare antimafia abbia fatto bene ad ascoltare il professor Donati su quella vicenda. Le voglio chiedere, presidente, che idea si è fatto lei in particolare in merito al comportamento della IAAF su quest'ultimo segmento in ordine temporale della vicenda, ovvero sulle provette che i nostri Carabinieri e il RIS di Parma stanno insistentemente chiedendo per poter compiere l'analisi del DNA.
  Le chiedo anche se ritiene che ci siano nei confronti della IAAF o della WADA iniziative istituzionali da parte del Governo italiano che si potrebbero prendere per sollecitare una soluzione diversa e sicuramente tempestiva di questa situazione.

  STEFANO ESPOSITO. Oggi sarebbe potuta anche essere una giornata di festa, ma la festa la fanno solo a Parigi, purtroppo.

  GIOVANNI MALAGÒ, presidente del CONI. Se è per questo, anche a Los Angeles.

  STEFANO ESPOSITO. Anche a Los Angeles, sì, ma noi siamo giovani e possiamo sperare nel 2032.

  PRESIDENTE. C'è qualcuno che è anche più giovane e, quindi, magari...

  STEFANO ESPOSITO. Penso di stare in media, ormai, con il quasi mezzo secolo che mi accompagna.

  PRESIDENTE. Può darsi che la data vada anche più avanti.

  STEFANO ESPOSITO. Lì sono in grado di arrivarci, ma potremmo proporre Torino, dopo la breve esperienza delle Olimpiadi invernali, un bell'1-2 Torino-Milano.
  Presidente, mi concentrerei sulle questioni che abbiamo affrontato nel Comitato, in particolare su due temi. Uno è Pag. 11quello della situazione dei nostri stadi. Per fortuna, abbiamo in Italia un paio di società che hanno lavorato alla realizzazione di stadi propri, che venivano prima citati, la Juventus e l'Udinese. Non mi pare, però, che questa sia la strada maggioritaria. Adesso attendiamo di capire che cosa succederà allo stadio della Roma, naturalmente.
  Le chiederei di capire se dal suo punto di osservazione ci potrebbero essere azioni per favorire una maggiore capacità delle società di dotarsi di impianti propri. Credo che un pezzo dei problemi che abbiamo affrontato e di cui abbiamo discusso dipenda anche dalla difficoltà e dalla vetustà dei nostri impianti.
  Su questo terreno le faccio una seconda domanda, che abbiamo posto, naturalmente, alla Lega. Perché è così complicato imporre alle società l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, peraltro – abbiamo anche verificato – non con grandi costi, per il controllo delle curve e dei settori dove sono ospitati i tifosi? Onestamente, questa sembra una di quelle cose che tutti dicono essere necessarie. Tutti apprezzano gli sforzi nel controllo sia all'esterno dello stadio, prima dell'ingresso, sia all'interno dello stadio stesso. Poi, però, ci ritroviamo con poche realtà, anzi pochissime, che utilizzano queste tecnologie, che mi pare siano ormai alla portata di tutti.
  Vorrei capire la questione dal punto di vista del massimo responsabile dello sport italiano. Lei si deve occupare di tante altre cose. Tra un po’ ci saranno anche i mondiali di atletica, se non sbaglio, che sono altrettanto importanti. Noi sappiamo, però, che il calcio ha una sua dimensione anche di business che ci porta a fare queste discussioni. Questo è un altro terreno.
  L'ultima cosa che le chiederei, come ho fatto con altri, è il suo parere sugli strumenti oggi più utilizzati, ossia la tessera del tifoso e la questione relativa alla responsabilità oggettiva delle società, che io continuo a ritenere che, per come viene applicata – diciamo così, anche se è difficile fare diversamente in questo contesto – rischia di essere un elemento di prigionia per le società o, se preferisce, una facile scusa per mantenere un rapporto opaco tra società e tifosi.

  MASSIMILIANO MANFREDI. Ringrazio il presidente Malagò per questo confronto e gli pongo due domande.
  Nell'indagine che noi abbiamo fatto e nelle audizioni che abbiamo svolto, soprattutto sul mondo del calcio, è emerso un fenomeno che era abbastanza prevedibile, ossia l'attenzione della criminalità organizzata ad alcuni settori di introito economico esterno. Oggi avere uno stadio e poterlo gestire vuol dire anche appaltare dei servizi e avere un indotto economico importante. Ciò comporta un'attenzione soprattutto da parte della criminalità.
  Ascoltando, l'altro giorno nel Comitato, alcune società che gestivano i servizi di sicurezza e i servizi di monitoraggio all'interno delle attività che avevano, emergevano due linee differenti. Abbiamo ascoltato Genoa, Napoli, Lazio e Juventus. Per esempio, la Juventus aveva deciso di internalizzare tutti i processi, compresi gli steward. Per evitare problemi, aveva deciso di farsi una propria società e di gestirli direttamente. Altre società, legittimamente, avevano scelto, invece, di esternalizzare tutto, come il Calcio Napoli, per il quale questa era la scelta migliore.
  La difesa di questi, che sono enti privati, rispetto, invece, alle informazioni che possono avere gli enti pubblici pone un problema. Proprio il Calcio Napoli ci ricordava di aver dovuto revocare l'appalto di manutenzione del campo sportivo dopo la vicenda della presenza del clan Lo Russo a bordocampo. Una società privata non può chiedere l'interdittiva antimafia. La stessa cosa era capitata – ci raccontava il direttore – per la società che effettuava la gestione della videosorveglianza della sala controllo delle macchine.
  Questi anticorpi sono merito della società stessa, perché, quando c'è un appalto pubblico, si può chiedere l'interdittiva antimafia e avere il controllo. Adesso noi parliamo del calcio, perché è lo sport che attrae più soldi. Come succede nella vita normale, c'è ancora chi si spaventa che vengano sciolti per infiltrazioni comuni del Nord, ma la camorra, la mafia e la ’ndrangheta Pag. 12 non sono fenomeni localizzati. Si spostano dove ci sono interessi economici. Lo stesso avviene in base alla crescita e alla decrescita dello sport.
  Lei, presidente, non pensa che si possa vedere, magari anche grazie al rapporto di collaborazione a livello istituzionale – questo è un problema che non riguarda solo il calcio, ma può riguardare anche le federazioni minori, che non fanno notizie come le fa il calcio – di studiare un sistema anche legislativo per creare una rete di controllo nazionale, una banca dati nazionale di tutte le società a cui ci si rivolge per settori di manutenzione e di catering? Questo potrebbe consentire di avere la cosiddetta white list, come anche l'ANAC suggerisce, e di dare, secondo me, un segnale di controllo generale molto importante, sapendo che comunque, per esempio, una società privata non può chiedere in un appalto privato l'interdittiva alla prefettura.
  Le dico questo perché noi parliamo solo del calcio, ma l'altro giorno ero con un mio giovane conterraneo. Lui mi faceva vedere, in maniera molto contenta, che aveva ricevuto da lei la lettera per avere la medaglia d'argento dei premiati del CONI. È un piccolo campione di biliardo. Era felice di ciò e mi invitava alla cerimonia.
  Mi ha raccontato proprio il parallelo di uno sport come quello del biliardo, che ha avuto degli anni fortissimi grazie agli sponsor e alla televisione, che hanno un impatto. Loro stessi erano abituati ad avere introiti di sponsorizzazione. Adesso sono in una fase di forte calo. Il mio amico mi spiegava come in quella fase di periodo anche su uno sport che andava in televisione girava un mondo economico differente. Non si tratta solo di un problema del calcio, che è fortemente strutturato. Questo è un modo, secondo me, anche per tutelare l'imparzialità degli sport minori, che sono più facilmente condizionabili.
  Allo stesso modo, è sempre bene ricordare che il calcio non è solo la serie A. Ci sono anche le squadre minori. In questa Commissione abbiamo affrontato addirittura il primo caso di una confisca di una squadra di calcio, il Quarto Calcio, che veniva utilizzato dalla camorra per fare pressione all'interno del mondo della città per portarsela dalla sua parte.
  Non pensa che arrivare a un protocollo di legalità che consenta di controllare anche queste attività, anche prevedendo eventuali elementi normativi di cui potremmo parlare anche alla presenza del ministro dello sport la prossima volta, potrebbe essere un segnale per tutti gli sport che afferiscono al CONI di grande controtendenza?
  Passo alla seconda questione. Come diceva prima il collega Esposito sulla vicenda della videosorveglianza, non le sembra, presidente, che in uno sport ricco come il calcio le società di serie A sono obbligate a spendere 300 euro per mettere le telecamere nelle porte di calcio, per la goal-line technology, il che è legittimo dal punto di vista sportivo, mentre non hanno alcun obbligo sulla videosorveglianza? Chi ha lo stadio nuovo, come la Juventus e adesso l'Udinese, fa un investimento che mette poi a disposizione della questura e della prefettura, a prescindere dalla videosorveglianza normale.
  Ci raccontavano le società che non hanno lo stadio di proprietà, come il Calcio Napoli, che ci sono ancora le telecamere analogiche, ragion per cui è impossibile fare gli ingrandimenti. Poi ci lamentiamo in curva. Il sistema utilizzato dalla Juventus viene, invece, messo a disposizione addirittura con una persona all'interno della questura, ma è pagato dalla società.
  Non crede che, almeno per le serie maggiori, sia un dovere dello sport obbligare ad avere, quando ci si iscrive al campionato, oltre che il pareggio dei bilanci, il fair play finanziario e tutta questa serie di cose, anche delle condizioni minime di sicurezza e di investimento, considerando il giro di soldi che c'è? Sarebbe anche un modo, secondo me, di rendere giustizia agli sport minori.
  L'ultima cosa è simbolica, ma riguarda sempre legalità e sviluppo, perché dove c'è sviluppo si pone il tema della legalità. A Roma è andata male la vicenda delle Olimpiadi. Un evento, però, c'è e riguarda proprio il Mezzogiorno e la Campania, le Universiadi, su cui c'è l'attenzione del CONI. Pag. 13Occorre farle bene e spendere bene i soldi dell'investimento del Governo. È una cosa importante per il Paese e soprattutto, dal mio punto di vista, è maggiormente importante ottenerla nel Mezzogiorno. Sarebbe un esempio non solo di efficienza e di trasparenza. So che è stata predisposta un'unità di missione per il controllo di tutte le spese. Lo considero un fatto positivo. Volevo avere una valutazione anche sull'impatto sociale ed economico della parte un po’ più in difficoltà del Paese perché la legalità si afferma e si combatte anche con questo.

  GIUSEPPE LUMIA. Grazie, dottor Malagò. Il CONI ha questa importantissima funzione di governo del mondo complessivo dello sport. Noi qui, in Commissione antimafia, stiamo valutando la presenza delle mafie in particolare negli stadi. È una presenza che rischia di essere molto vasta e diffusa, soprattutto in quei territori dove il mondo sportivo non è semplicemente l'esercizio di un'attività, ma può diventare anche un momento di controllo del territorio e di consenso perverso per le organizzazioni mafiose.
  Lei, dottor Malagò, ci diceva di questa bellissima iniziativa che avete attuato nella lotta al doping. Avete individuato un'autorità indipendente e autonoma in grado di svolgere questa delicatissima funzione per impedire che attraverso il doping il mondo dello sport sia rovinato e condizionato. È una bella presa di posizione, che penso sia da apprezzare e da condividere.
  Volevo sapere, rispetto alle questioni che hanno segnalato anche i colleghi, quali iniziative avete preso che abbiano una portata simile a quella che avete già intrapreso e messo in atto sulla lotta al doping, per fare in modo che tutte le società sportive, sia piccole, sia grandi, siano messe nelle condizioni di avere dei criteri-guida, delle direttive, delle forme procedurali per impedire che le mafie possano entrare nei circuiti sportivi, a partire dalla presenza negli stadi per arrivare, via via, in tutte le altre forme di presenza, magari meno conosciute, che spesso utilizzano soprattutto nei territori e negli sport minori.
  Per esempio, un codice di autoregolamentazione esiste? Ci sono dei protocolli di legalità che voi siete in grado di mettere al servizio dell'intero mondo sportivo? Ci sono delle procedure di verifica e di controllo soprattutto degli amministratori e, quindi, anche di chi è dirigente nel mondo dello sport? Occorrerebbe un apparato regolativo, non burocratico, che fosse in condizione di strutturare il mondo dello sport, un po’, presidente Malagò, come hanno fatto i comuni.
  I comuni tanti anni fa non avevano procedure e norme di autoregolazione in grado di reggere l'impatto con una presenza collusiva delle mafie. Via via è cresciuta, però, in molti comuni – non dico in tutti – una consapevolezza, con forme anche di autoregolazione. Volevo sapere se avete già fatto iniziative di questo tipo o se sono nel vostro programma, viste anche la sua dinamicità e la sua voglia in questo mondo di produrre veramente delle discontinuità positive e delle innovazioni virtuose.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Malagò per la replica.

  GIOVANNI MALAGÒ, presidente del CONI. Lei mi ha chiesto, anche in modo forte, chiaro ed esplicito, che cosa può fare, rispetto a quello che già sta succedendo adesso, il CONI per intervenire su alcune tematiche che devono interessare, ovviamente, questa Commissione in particolare su alcune società di calcio.
  Il ragionamento che fa lei – ne sono convinto – parte da un presupposto. Il CONI è un ente pubblico. Io sono un funzionario pubblico. Noi eroghiamo somme sulla base di alcune parametrazioni con cui non vi voglio annoiare, molto, molto complesse (non arriviamo agli algoritmi, ma in parte sicuramente ci avviciniamo su alcune voci e capitoli di spesa). A fronte di questo contributo pubblico, lei chiede se si possa individuare uno strumento che consente di fare qualcosa di più e di diverso per intervenire direttamente sulle società, in questo caso di calcio.
  Analizziamo qual è la figura giuridica di queste società. Sono società private, società Pag. 14per azioni, società con scopo di lucro. Alcune di queste, anche tra le maggiori, sono addirittura società quotate in borsa, con tutte le dinamiche regolamentari. Di conseguenza, oggi bisognerebbe individuare uno strumento – chiamiamolo così, tra virgolette – «straordinario», perché non mi risulta esistere nel nostro ordinamento, per poter fare qualche cosa di più e di diverso.
  In particolare – presumo che lo sappiate, ma va ricordato – all'interno delle 63 federazioni e DSA che vigiliamo una grande maggioranza è considerata privata-pubblica, che rientra nell'ambito dell'ISTAT. Ciò è dovuto al fatto che la contribuzione...

  STEFANO ESPOSITO. Presidente, le chiedo scusa, ma io e il senatore Lumia dobbiamo andare, perché c'è il voto finale. Leggeremo poi il verbale, presidente. Le chiedo scusa.

  GIOVANNI MALAGÒ, presidente del CONI. Prometto che risponderò a entrambi. Andate, non vorrei responsabilità maggiori.
  Queste società sottoposte all'ISTAT sono chiamate così perché la parte pubblica incide in un modo preponderante nei bilanci, nei fatturati e nel monte ricavi delle attività delle federazioni. Quelle che non lo sono – il calcio, ovviamente, è una di queste – sono private-private.
  Voi sapete che noi abbiamo, a nostra volta, un diritto-dovere di controllo poi il generale Cataldi completerà sicuramente in modo più esaustivo e più tecnico del sottoscritto alcuni aspetti, – che svolgiamo tramite un apposito ufficio di vigilanza.

  PRESIDENTE. Questa è la mia domanda, infatti.

  GIOVANNI MALAGÒ, presidente del CONI. Il CONI fa tante cose. Io dico sempre: speriamo che le faccia bene. Molte le fa sicuramente bene. In qualcheduna, come tutti, dobbiamo migliorare e crescere. Tuttavia, ricordo sempre che nell'attività che abbiamo di controllo, vigilanza e supervisione delle federazioni spesso si adotta una parola abusandone e anche inflazionandola tecnicamente in un modo non corretto: si parla di commissariamento. Lo si può svolgere solo ed esclusivamente nel caso in cui ci siano irregolarità amministrative, mancato funzionamento dell'attività della giustizia sportiva e, quindi, dei suoi organi, irregolarità dei campionati e funzionamento degli stessi. La quarta condizione non la specifico, perché è pacifica: si ha se non si arriva a completare gli iter di procedure per la rappresentazione degli organi della stessa federazione.
  Pertanto, noi partiamo da un presupposto: stiamo facendo moltissimo. Penso che questo ci venga riconosciuto. Ci viene dato atto di un grande impegno di vigilanza sulle federazioni. Dobbiamo portare ulteriormente avanti questo discorso e migliorarlo. Dobbiamo rendere sempre più propositivamente in condizione di collaborare le federazioni. Nel caso in cui ci fossero strumenti diversi, siamo i primi, ovviamente, a prenderli in considerazione e a verificarli.
  Onorevole Di Lello, qui c'è un discorso random. Sul tema del riciclaggio Enrico Cataldi, che si è molto impegnato in questo tema, le fornirà delle risposte – penso – più che esaustive. Io le voglio dire due, tre cose a volo di rondine.
  A fronte di 63 federazioni, ognuna di loro conta delle discipline sportive. Mi spiace che il senatore Esposito sia andato via. È vero che abbiamo i mondiali di atletica, ma fra sette mesi siamo in Corea, dove abbiamo le Olimpiadi invernali. Nelle Olimpiadi invernali sapete quante sono le federazioni coinvolte, sulle 63 che abbiamo? Ve lo dico io: sono due, la Federazione italiana sport invernali e la Federazione italiana sport del ghiaccio.
  Uno magari è rimasto alla discesa libera di Zeno Colò. Nel frattempo, è arrivata a ventaglio una miriade di questi nuovi sport, di cui alcuni anche di grande successo per i giovani. Se prendete uno skilift o una seggiovia, vi rendete conto che sempre meno persone hanno gli sci ai piedi e hanno altri strumenti.
  Perché lo voglio dire? Noi vigiliamo – in questo momento, ad oggi – su 385 discipline sportive diverse e io ho enormi pressioni di tutti i tipi per cercare di portarne Pag. 15delle altre. Mentre adesso noi siamo riuniti in questa stanza, probabilmente c'è un gruppo di lavoro in una qualsiasi città italiana – siamo il Paese degli 8 mila comuni – che ha organizzato, in un modo assolutamente lecito e, devo dire, di alti contenuti e valori, un nuovo sport, che piano piano si affermerà. Penso al calcio a 5, a cui mi sono divertito a giocare per tanti anni, o a quello che succede adesso nel paddle in molti circoli. Diventa addirittura attività internazionale.
  Noi abbiamo addirittura delle attività sportive che sono delle enclave e che, in determinati posti, rappresentano la storia e la tradizione. Un vostro collega, l'ex Ministro Costa, è addirittura presidente di una federazione di uno sport, il pallapugno.
  Perché lo dico? Perché questi 385 sono gli sport con cui noi ci confrontiamo, che hanno innanzitutto le loro regole, divise in 63 federazioni, che sono assolutamente verificate e accertate, ciascuna con la propria rappresentanza territoriale, i propri organi di giustizia sportiva, che rispondono ai requisiti del CIO. Per essere riconosciute, le discipline devono prima passare in uno speciale incubatore con cui noi facciamo tutte le verifiche. Solo dopo le verifiche diventano poi discipline sportive o federazioni, a cui, a quel punto, diamo il contributo pubblico.
  In questo caso abbiamo parlato di poker, ovviamente sportivo, o di Texas Hold'em, sempre attività sportiva. A me non risulta assolutamente che facciano parte delle 385 discipline sportive che noi abbiamo riconosciuto, né che alcuno abbia previsto che vi possano entrare. Non ne so nulla, sinceramente. L'andrò a verificare.
  Per ciò che riguarda la risposta all'onorevole Mattiello sul caso Donati – Schwazer, per capirci – il tema è sicuramente molto particolare e complesso. Ci sono anche delle nuove puntate che conosco e che leggo. Onorevole, io sono un funzionario pubblico come lei e soprattutto sono il presidente del Comitato olimpico italiano. Il Comitato olimpico italiano ha un simbolo, che è il Tricolore con la scritta «Italia» e i cinque cerchi olimpici.
  Il Comitato olimpico internazionale fonda tutto su due gambe. Ci sono i Comitati olimpici nazionali, che sono 206 nel mondo. Penso che il CONI, anche se è inelegante dirlo, sia il più prestigioso, mi creda, ci andiamo molto vicino. Non debbo essere io a dirlo. Poi ci sono le federazioni internazionali. Le federazioni nazionali, a loro volta, completano questa specie di trapezio, perché si legano alle federazioni internazionali e ai Comitati olimpici nazionali.
  Questo è il castello su cui è costruito il mondo dello sport. Non ce ne sono altri. Non è un problema di Olimpiadi, che il senatore Esposito ha voluto ricordare, per noi del mondo dello sport. È un sistema che regola tutto lo sport agonistico. Se poi c'è uno sport legato all'attività degli enti di promozione, peraltro normata all'interno del CONI, è un altro discorso. Qualsiasi campionato si faccia, regionale, provinciale, nazionale, europeo o mondiale, è normato da questo ordinamento.
  Il CONI assiste. Io ho una mia idea sull'argomento, ma non posso andare oltre questo. Non devo andare oltre, perché non è il mio mestiere. Non ho le competenze per farlo e non sarebbe giusto che esprimessi questa opinione.
  Quello che lei chiede è se la procura ordinaria – in questo caso presumo quella di Bolzano, che è quella istituita a seguire tutto un procedimento di carattere penale sulle vicende Schwazer – possa fare qualche cosa di più o di diverso. A me risulta che lo stia già facendo, che ci sia già una forte attivazione, che ci siano delle rogatorie in piedi. Mi risulta che ci siano delle lettere di istanze che per il momento magari stanno andando per le lunghe. Mi risulta che tutto questo succeda, ma questa è esclusivamente una competenza della giustizia ordinaria.
  Peraltro, quando lei mi dice di muovere un'istanza nei confronti della WADA, le ricordo che la WADA è una struttura sovranazionale. Vi aderisco e sono obbligato ad ascoltare le istanze della WADA, ma non ho alcun potere nei confronti della stessa.
  Il senatore Esposito, che è andato via, ha posto un tema molto importante. Ha parlato degli stadi. Da buon tifoso della Pag. 16Juventus, conosce giustamente bene la realtà dello Stadio delle Alpi, adesso chiamato Juventus Stadium, se ricordo bene, Allianz Arena. Ha ragione. Ci siamo dimenticati che c'è una terza società, il Sassuolo, che, tramite il Mapei Stadium a Reggio Emilia, ha portato avanti a sua volta uno stadio di proprietà. Ci sono diverse società, non solo la Roma – penso a Cagliari, Bologna, Frosinone e Firenze – che stanno portando avanti questo percorso.
  Tuttavia, vi dico quello che penso, anche qui fuori da false ipocrisie. Certamente sarebbe giusto avere la tecnologia. Sarebbe bello e, per taluni versi, anche doveroso che ogni partita avesse la supervisione dei nuovi dettami della tecnologia sotto il profilo del controllo delle telecamere e addirittura, come ha citato l'amico, buon conoscitore della realtà di Napoli, l'onorevole Manfredi, le telecamere digitali e analogiche.
  Qui, però, c'è un problema molto semplice. Ognuno di voi ha una casa o una qualsiasi proprietà di qualsiasi natura in affitto con qualcheduno? Ce l'ha? Siete disposti a pagare le spese straordinarie di proprietà di qualcun altro a fronte di un canone di locazione o di concessione? Questo è il tema ed è questo, in particolare, nel caso di Napoli, senza essere falsi, lo stato dell'arte delle cose. Ecco perché è indispensabile creare la patrimonializzazione delle società.
  Mi aggancio al discorso del senatore Lumia, che è dovuto andar via. Nel momento esatto in cui uno è proprietario delle mura anche sotto il profilo dell'investimento, del business plan e soprattutto dell'ammortamento dell'investimento ciò gli consente di adeguarsi.
  Io sono un fautore di questo, anche se, paradossalmente, dovrei essere la persona meno contenta che, in particolare, a Roma ci siano due società che si fanno un loro stadio, per evidenti motivi economici. Sono un affittacamere e vi garantisco che due clienti come la Roma e la Lazio è impossibile ritrovarli, devo dire più la Roma che la Lazio, ma non perché creiamo differenziazioni rispetto al costo dello stadio. La Roma chiede tutta una serie di servizi integrati aggiuntivi e, di conseguenza, paga un canone maggiore. L'anno scorso la Roma è stata in coppa e la Lazio no, ma questo fa parte della vita. Quest'anno la Lazio magari giocherà molte più partite della Roma, ragion per cui contribuirà ancora di più ai conti del CONI.
  Il punto qual è? Da uomo di sport, ben prima che proprietario dello Stadio Olimpico, penso che questo sia un passo obbligato. Penso che sia doveroso fare questo e, quindi, mi auguro che la Roma e la Lazio, come tutte le società, il prima possibile possano avere uno stadio di proprietà.
  Qual è stato il problema? Qualcuno può prendere la mia come una critica, ma è semplicemente una constatazione. Quando c'era il vento in poppa, c'era un'economia che tirava e le squadre italiane erano quelle che stradominavano in Europa e soprattutto i cui bilanci e fatturati erano all'epoca i più importanti, si è pensato di più magari a prendere un ennesimo giocatore che spesso ha rischiato di non giocare, e a pagare l'ennesimo ingaggio, anziché di investire in un piano pluriennale per comprare una casa di proprietà.
  Con riguardo alle tecnologie, lo Stadio Olimpico è 5 stelle lusso. Forse è già 6 stelle, anche perché stiamo ulteriormente «upgradando» il sistema, per un motivo molto semplice, che credo non vi sia sfuggito: l'Europeo 2020 prevederà un girone eliminatorio e auspichiamo addirittura di avere la partita inaugurale. Lì non si scappa. L'UEFA impone delle prescrizioni che sono assolute. Su questo noi addirittura abbiamo la nostra stanza di osservazione, che non voglio dire sia come quella del Viminale, ma è in pieno contatto a 360 gradi con l'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive.
  Non vi posso rispondere sul discorso delle tifoserie, dei biglietti, delle curve e della tessera del tifoso. Perché? Perché sarei inelegante nei confronti di una riunione fissata dopodomani alle 14.30 dal Ministro dell'interno con il capo della polizia responsabile dell'Osservatorio, la dott.ssa Daniela Stradiotto, e con il ministro dello sport. Vi posso anticipare che ci saranno delle importanti novità, che vanno in quale direzione? Vanno in quella di Pag. 17includere, ovviamente, i tifosi quelli veri, le famiglie, e non di escluderli.
  Aggiungo un'ultima considerazione. Con questo ho risposto all'onorevole Manfredi, il cui quesito mi sembra molto importante.
  Passo alle Universiadi. Prima di venire qui ho fatto una riunione proprio con il nostro uomo, il presidente del CUSI, Lorenzo Lentini, un professore importante. Ci teniamo molto, ma – attenzione – non facciamo confusione. A noi interessa la parte sportiva. In queste situazioni tutti i funzionamenti legati alla parte infrastrutturale non possono, non devono e noi non vogliamo che siano competenza del mondo dello sport, anche per evitare complicazioni. Sull'impatto sociale ed economico abbiamo dei dati che sono strepitosi.
  Perché? Ve lo dico con molta franchezza. Lo vedo ogni giorno. Scusate se vi annoio su questo aspetto. In Italia non si è mai fatto così tanto sport come in questo momento, da record, ma non si è mai fatto così tanto sport neanche sei mesi prima, o sei mesi prima ancora, o un anno fa, o due anni fa, o tre anni fa. Tutti gli anni miglioriamo in modo esponenziale.
  Considerando – riprendo la battuta del senatore Esposito, a sua volta ripresa dalla presidente Bindi – che non siamo proprio un popolo di giovincelli, oggi questo indice di crescita dell'attività sportiva è mostruosamente più importante, perché, per quanto oggi la gente incominci a fare sport a 60, 70 e qualcuno addirittura a 80 anni, diciamo che è più facile farlo fare a un ragazzo che a uno che ha 80 anni. I nostri meriti in questo senso sono sicuramente importanti.
  Cosa succede, però? È molto semplice. Se volete, vi racconto che nelle regioni del Nord, con delle grandi eccellenze, siamo ben oltre la media UE, al centro ci difendiamo e al Sud siamo abbondantemente sotto. Il nostro piano di investimento nella parte dell'impiantistica è rivolto in modo particolare al Sud.
  In particolare, le regioni che mi stanno più a cuore sono la Sicilia e la Campania, guarda caso, ma non solo perché la Calabria è messa meglio rispetto a queste o ad altre regioni. Il motivo è che impattano talmente tanto in termini di popolazione – 12 milioni di persone – che tutte le medie, ovviamente, sono fortemente condizionate. Non a caso, il fondo Sport e periferie ha visto queste regioni praticamente fare da mattatrici, perché avevano un'esigenza forte di impiantistica per mettere in condizione di creare il volano.
  Vengo all'ultima questione, posta dal senatore Lumia. Sono sincero: questo discorso di creare una nuova regolamentazione, o quantomeno uno strumento in questo senso che consenta alle piccole e alle medie società... anche se noi, a cominciare dal CONI, siamo un ente pubblico. Nel nostro elenco fornitori e delle persone che entrano a lavorare con noi sopra la cifra – mi sembra – di 150 mila euro predisponiamo semplicemente le attività di informativa antimafia. Oltre questa cifra sono tutte assolutamente assoggettate alle stesse comunicazioni che voi sapete, che addirittura colpiscono i familiari non so fino a che livello di parentela. Su questo non abbiamo mai avuto un problema. Siamo molto attenti e siamo scrupolosi, com'è giusto che sia.
  Sulle società piccole addirittura a livello territoriale c'è un codice oggi estremamente chiaro. È chiaro, però, al tempo stesso, che i controlli, a cominciare dai sistemi che la federazione ha predisposto, sia contabili, sia giuridici, devono fare il loro mestiere.
  Cederei la parola al generale Cataldi.

  ENRICO CATALDI, procuratore generale dello sport. La parte che il presidente mi invitava ad approfondire è relativa al tema che aveva posto la presidente Bindi per quanto riguarda il controllo ai fini della sicurezza e, globalmente, anche a quello cui l'onorevole Di Lello ha accennato sul quadro del controllo in generale che può essere esercitato rispetto ai rapporti della criminalità organizzata con lo sport o ai rischi di penetrazione.
  Per dare una risposta concreta si deve attribuire un significato reale alle cose. Si è parlato a lungo della creazione della giustizia sportiva, che ha la finalità di accertare degli illeciti sportivi. L'illecito sportivo è il venir meno al rispetto di alcune regole nello sport. Nello stesso tempo, svolgendo Pag. 18questo tipo di accertamento, si possono arrivare a concretizzare degli elementi che costituiscono fatto rilevante sotto il profilo penale e che, quindi, possono rappresentare un sensore utile per contribuire alle attività da parte dell'autorità giudiziaria.
  La Procura generale dello sport ha anche questa funzione, a cui ha accennato già il presidente, ossia quella di tenere i rapporti con l'autorità giudiziaria ordinaria proprio per integrare, per quanto possibile, e qualificare le notizie sotto il profilo dell'illecito penalmente rilevante.
  Un accenno particolare credo debba essere fatto alla penetrazione indubbia della criminalità nello sport attraverso quello che ormai è nell'uso comune definito match fixing.
  Sostanzialmente, qual è il fatto? Il problema sono le scommesse sportive. Fino a non più di vent'anni fa c'erano le scommesse clandestine, il cosiddetto picchetto, e c'erano addirittura le bische. Agli inizi della mia carriera da carabiniere ci si occupava appunto dell'individuazione delle bische, che erano il luogo non tanto e non solo di rovina di alcune famiglie, ma anche di lucro per la criminalità. Poi si è messo a sistema il problema attraverso l'istituzionalizzazione delle scommesse lecite.
  Noi stiamo prestando particolare attenzione, sia a livello nazionale, sia a livello internazionale, sul problema delle scommesse perché quello – sì – è un sistema attraverso il quale si può giungere a un vero strumento di riciclaggio, onorevole Di Lello. Sostanzialmente, come avviene questo? Avviene semplicemente investendo su una scommessa a quasi zero di ricavo, con un risultato assolutamente scontato, della prima in classifica con l'ultima in classifica. Darà uno 0,1 per cento di interesse, ma consentirà di investire un capitale che viene poi retrocesso attraverso un'operazione di pari impegno, ma che può essere asseverata come un ingresso attraverso il circuito delle scommesse.
  Su questo circuito delle scommesse in Italia – questo è un fenomeno su cui ci stiamo battendo tantissimo sia con l'UISS, un ufficio costituito presso la Criminalpol al Ministero dell'interno, sia attraverso i Monopoli dello Stato – che cosa c'è stato? C'è stato un forte interesse da parte del Parlamento, che, avvertendo il fenomeno, soprattutto nell'ultimo caso Last Bet, l'inchiesta dell'autorità giudiziaria di Cremona, ha aggravato le sanzioni della legge n. 401 del 1989, portandola a un massimo edittale fino a sei anni.
  Perché ha fatto questo? Per consentire intercettazioni telefoniche. Che cos'è necessario implementare su questo tipo di attività? Si tratta di concretizzare le notizie che pervengono attraverso i Monopoli dello Stato, che sono notizie di probabilità, per cui a fronte di un risultato improbabile c'è un esito di forte scommessa esercitata su una data partita. Su questo calcolo di probabilità si tratta di dare una concretezza di riscontro tale per cui l'autorità giudiziaria possa procedere.
  Qui forse un'esigenza anche a livello legislativo ci dovrebbe essere, anche per calmierare, per quanto possibile, il range delle scommesse. Come diceva il presidente prima, si scommette su tutto. È un caso famoso quello del giocatore di calcio che è stato espulso dopo 18 minuti, provocatoriamente espulso, per un'ingiuria nei confronti dell'arbitro dopo un fallo ingiustificato. Si dà il caso che su quella prima espulsione ci fosse stato un flusso anomalo di scommesse. Casi di questo tipo davano un'evidenza particolare al fenomeno.
  Che cosa è necessario fare? È necessario affermare con decisione che tutti i punti di scommessa e i centri di scommesse siano sotto concessione dei Monopoli dello Stato e su autorizzazione della questura competente per territorio ai sensi dell'articolo 88 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. In Italia il 60 per cento di questi centri scommesse risponde a tali requisiti, il 40 per cento no, il che significa che il 40 per cento di questi centri scommesse sfugge al controllo.

  PRESIDENTE. Ha anche una localizzazione geografica?

  ENRICO CATALDI, procuratore generale dello sport. La localizzazione geografica affronta tutto il territorio nazionale. Non Pag. 19necessariamente coincide con le zone di maggiore incidenza mafiosa. L'ha dimostrato il Piemonte, dove la presenza di frange della ’ndrangheta ha delocalizzato questo tipo di intervento economico.
  Il discorso delle scommesse riguarda questo. Riguarda anche il fatto che le scommesse stanno incidendo anche su altri sport che si svolgono a livello individuale. Quando si deve falsare una partita di uno sport di squadra, si deve essere d'accordo con più di un giocatore. Non ne basta certamente uno solo. Se si deve perdere una partita di tennis, invece, basta mettersi d'accordo con se stessi, perché gioca uno solo.
  Credo di aver risposto a quello che mi era stato chiesto.

  PRESIDENTE. Ci sono altre domande, colleghi?

  MASSIMILIANO MANFREDI. Solo in aggiunta alle cose dette, chiedo se si possano avere informazioni, magari anche utilizzando l'ultimo interlocutore, sulla vicenda degli appalti. Ricordava il presidente Malagò che loro sono un ente pubblico. Io non mi riferivo al CONI, ma alle società affiliate, che non sono enti pubblici e non godono degli stessi elementi legislativi e di diritto che avete voi. Chiedevo se, per esempio, la costituzione di una banca dati sportiva di tutti i fornitori, con un'autocertificazione, potesse essere un'idea, considerando che questo è un problema molto serio.
  Ormai sul mega appalto sanno tutti che c'è massima attenzione. Quando si scopre che, invece, come è capitato nelle vicende che ci hanno raccontato, si infilano nella manutenzione del campo o tra chi controlla la sala di videosorveglianza, questo vuol dire che c'è massima permeabilità.

  GIOVANNI MALAGÒ, presidente del CONI. Sono onesto...

  MASSIMILIANO MANFREDI. È complicato.

  GIOVANNI MALAGÒ, presidente del CONI. Tante cose sono complicate. Sicuramente può essere un elemento sul quale, tramite la federazione, si può emanare una nota che indichi che su questo aspetto si deve prestare particolare attenzione. È chiaro che, se un comune dà in concessione a una società di calcio un impianto e la società di calcio ha dei fornitori nel catering o nella manutenzione del campo che creano infiltrazioni mafiose, oltre ad alimentare economicamente dei vantaggi, si aggiunge il fatto che entrano all'interno dello stadio delle persone che è meglio che non entrino.
  Ritengo, ma può essere che mi sbagli, che sia indispensabile, nella convenzione di concessione tra l'ente pubblico, che nel 99 per cento dei casi è il proprietario dello stadio, e la società concessionaria, in buona sostanza, assolutamente normare questi temi. La federazione ne può fare richiamo. Questo mi sento di poterlo ipotizzare felicemente.

  PRESIDENTE. Poiché il nostro lavoro solitamente, dopo le inchieste, si conclude anche con proposte di modifiche alla legislazione, se ritenete che in relazione ai temi che abbiamo toccato possiamo proporre interventi normativi, saremmo lieti di ricevere suggerimenti anche nel nostro ufficio legislativo.

  GIOVANNI MALAGÒ, presidente del CONI. Quanti ne volete, presidente?

  PRESIDENTE. Non mettiamo limiti alla provvidenza.

  GIOVANNI MALAGÒ, presidente del CONI. Qui si è parlato – lo dico con franchezza – di un discorso di infiltrazioni mafiose nel mondo dello sport, delle attività legate alle scommesse, del riciclaggio e del bagarinaggio, anche se ultimamente, visto il tema della capienza degli stadi, quest'ultimo è molto scemato rispetto agli anni precedenti.
  C'è un tema di match fixing. Da dirigente sportivo, parto da un presupposto molto chiaro: tutto quello che è normato e regolato funziona e va bene, mentre tutto quello che è fuori, onestamente, è a rischio Pag. 20di grandi problematiche. Più noi mettiamo in condizione le persone – è un dato di fatto – di fare un'attività di gioco regolamentata, più ciò è positivo. Lo dico anche a nome di chi investe regolarmente in un modo sano e corretto. Ci sono industrie che sono anche eccellenze del Paese in questo senso. Noi le vediamo di buon occhio. È chiaro che tutto questo implica anche probabilmente una normativa di carattere fiscale.
  Perché lo dico? Perché, se quelli che fanno il lavoro fatto bene vedono sempre una forma di non voglio dire di penalizzazione, ma di asticella che si alza, è un po’ come il discorso dell'evasione in genere. Se questo rischia di andare a beneficio di coloro che sono fuori dal perimetro, secondo me, come rappresentante del mondo dello sport in Italia, non va bene.
  Addirittura lo arrivo a dire su un'altra tematica, che riguardava in particolare l'onorevole Manfredi, il tema del biliardo. Mi è venuto in mente. Noi abbiamo istituito una commissione fiscale e tributaria che è fondamentale. Dal registro del Comitato olimpico, che è un po’ il libro che certifica le associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro che hanno l'opportunità di rientrare nel perimetro del mondo dello sport e, quindi, di godere di alcune opportunità fiscali, abbiamo un grido d'allarme: se ha difficoltà un grande club di serie A oggi a chiudere i bilanci, immaginatevi una piccola società, magari nei paesi del Sud, con tutte le implicazioni.
  Favoriamo una legge che consenta ai tanti appassionati che vogliono investire nel mondo dello sport, come peraltro mi risulta esistere in altri settori del mondo culturale, del mondo artistico, del mondo museale, del mondo del cinema e dell'audiovisivo, di mettersi in condizione di avere forti opportunità di detrazioni fiscali che sono proprio alla luce del sole e con il massimo della trasparenza.
  Questo può mettere in condizione anche e soprattutto determinate discipline sportive di rientrare. Lei ha citato il biliardo, che è una di quelle DSA che hanno numeri impressionanti e grandi risultati sportivi e che oggi fanno molta fatica. Ciò consentirebbe probabilmente alle società fuori dal perimetro, se vogliamo usare un termine calcistico, di non toccare nemmeno palla e di essere meno protagoniste in negativo di questo mondo.

  PRESIDENTE. Va bene. Vi ringraziamo e aspettiamo anche i risultati della riunione, alla quale ha accennato il presidente Malagò, tra il Ministro dello sport, il Ministro dell'interno, le forze di polizia e il comitato di sicurezza, perché riteniamo che il lavoro svolto e le problematiche emerse anche nella nostra inchiesta possano essere in qualche modo già presi in considerazione, salvo le proposte che naturalmente avanzeremo comunque.
  Grazie e buon lavoro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.45.