XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 175 di Martedì 25 luglio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione del presidente del Centro materia rinnovabile, Roberto Coizet:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Coizet Roberto , presidente del Centro materia rinnovabile ... 3 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Compagnone Giuseppe  ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Compagnone Giuseppe  ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Compagnone Giuseppe  ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Compagnone Giuseppe  ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Compagnone Giuseppe  ... 9 
Puppato Laura  ... 9 
Coizet Roberto , presidente del Centro materia rinnovabile ... 10 
Puppato Laura  ... 10 
Coizet Roberto , presidente del Centro materia rinnovabile ... 10 
Puppato Laura  ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 

(La seduta, sospesa alle 14.55, è ripresa alle 15) ... 11 

Comunicazioni del presidente:
Bratti Alessandro , Presidente ... 11

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente del Centro
materia rinnovabile, Roberto Coizet.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente del Centro materia rinnovabile, Roberto Coizet, accompagnato dal dottor Alberto Pizzocchero, general manager del Centro materia rinnovabile, che ringrazio della presenza.
  L'audizione odierna, che è stata richiesta dagli interessati, si inserisce nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul mercato del riciclo, con particolare riguardo all'attività dei consorzi che ne hanno la gestione, ma non solo.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo di depurazione delle acque.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Questa audizione rientra nel lavoro che la Commissione sta svolgendo sul recupero e il riciclo di materiali. Ci concentreremo nella presente audizione sulla questione del recupero degli inerti che rappresentano, da un lato, una grande possibilità per l'economia circolare e, dall'altro purtroppo, non essendoci controlli efficaci, si presta ad eventuali comportamenti illeciti che abbiamo rilevato in maniera diffusa in diverse parti del paese.
  Abbiamo affrontato la filiera di tutte le materie dove esistono gli ex consorzi obbligatori, abbiamo sentito anche i compostatori. Il quadro in nostro possesso è abbastanza esaustivo, ma ci manca il tassello riguardante il recupero di materiali nell'edilizia.
  Abbiamo fatto anche un piccolo convegno con alcuni operatori, parlando di economia circolare e possibilità di recupero di materiali, quindi ci interessa il vostro punto di vista per completare il lavoro che consegneremo alle Camere ed eventualmente al Governo per le eventuali decisioni da prendere. Darei quindi la parola al dottor Roberto Coizet per lo svolgimento di una breve relazione introduttiva, cui faranno seguito eventuali domande da parte dei colleghi.

  ROBERTO COIZET, presidente del Centro materia rinnovabile. Molte grazie, presidente, buongiorno a tutti. Il tema dell'edilizia ci è sembrato interessante. Noi siamo una struttura di ricerca autonoma che si è messa al servizio delle associazioni di categoria, lavoro che abbiamo fatto spesso collegati alla casa editrice Edizioni Ambiente, lavorando anche con i sistemi collettivi Pag. 4 a cui prima si riferiva il presidente Bratti.
  Abbiamo quindi esperienza di funzionamento dei sistemi in Italia per la raccolta e la valorizzazione dei materiali e in questo caso anche dei non sistemi, cioè di quelle aree ancora abbandonate a se stesse, perché nessuna struttura organizzativa volontaria o imposta dalle norme agisce a regolare gli operatori.
  Il più importante di questi casi, insieme a quello del materiale organico, è quello dell'edilizia, più importante anche in sede di una discussione come questa, perché è evidente in quest'ambito il nesso tra il fatto che non si riesca a trovare un'economia del sistema, in modo da effettuare il recupero dei materiali, e una frequenza allarmante di comportamenti illeciti, che in taluni casi hanno una loro storia che voi conoscete molto meglio di me, ma in altri casi sono comportamenti illeciti dovuti a una specie di slalom complesso a cui gli operatori sono obbligati, girando dentro un sistema non armonizzato.
  Il quadro della situazione è importante perché secondo l'ISPRA facciamo girare circa 50 milioni di tonnellate all'anno di rifiuti da demolizione, ma secondo altre stime che nascono dal rapporto con i Paesi all'estero, che sono in una situazione analoga alla nostra, sono almeno il doppio. La parte nera di questa raccolta di cui non risulta traccia è quella che di solito afferisce alle raccolte piccole, perché i grandi cantieri quando fanno le grandi demolizioni solitamente hanno un percorso tracciato, mentre coloro che vengono a casa vostra a demolire due pareti per rifare il bagno e portano via 300 chili di roba sono i più in difficoltà per una serie di problemi che adesso affronteremo.
  Cosa abbiamo fatto per cercare di essere portatori di qualcosa di sensato e non solo delle nostre opinioni, che potrebbero lasciare il tempo che trovano? Ci siamo accordati con 7 associazioni di categoria tutte implicate nella filiera dell'edilizia, dai costruttori ai gestori di rifiuti, ai recuperatori, a quelli che fanno il calcestruzzo, a quelli che fanno gli aggregati riciclati, cioè alla fine della filiera recuperano gli inerti e li propongono di nuovo come materiali per l'edilizia, ai demolitori, quindi abbiamo contattato tutte queste aree, abbiamo fatto un accordo con loro, abbiamo chiesto loro di darci le opinioni che avevano su questi problemi e di metterci in contatto con le loro imprese in tutto il territorio nazionale, in modo da avere un test a campione di dove fossero le rogne, e ne abbiamo rilevato una serie che tento di riassumere brevemente.
  L'importante non è tanto questa serie di problemi che adesso vi enuncio e che sembrano dei cahiers de doléances quanto che, facendo questa analisi che è durata quasi un anno, siamo riusciti a scoprire quali sono i punti delicati del dispositivo, cioè quelli che non funzionano, quelli che più di altri provocano l'impasse di un meccanismo possibile di economia circolare, che si potrebbero realizzare nell'edilizia e nelle infrastrutture in Italia e che invece oggi è ostacolato da una serie di fattori.
  All'estero, dove questo meccanismo funziona (ci sono infatti Paesi in cui funziona egregiamente) sono questi stessi nodi ad essere affrontati, quindi mi sembrava interessante proporveli perché sono punti nodali che riguardano i legislatori. Abbiamo cercato di studiarli concordando già le soluzioni in modo che vadano bene a tutta la filiera con cui ci siamo confrontati, abbiamo cercato di immaginare che dispositivi mettere in moto per toccare questi problemi e li abbiamo anche individuati e semplificati, quindi è una proposta ragionata che nasce dal confronto con le associazioni.
  Detto questo, riassumo brevemente. Partiamo dal fatto che sono stati enucleati alcuni criteri preliminari, ci siamo resi conto che i grandi problemi sono comunque guidati da quattro criteri principali. Un primo in realtà è un non criterio, cioè ci siamo resi conto che l'inizio della filiera, la demolizione e il cantiere, è l'aspetto più deserto dal punto di vista delle definizioni normative.
  Normalmente la demolizione in giro per l'Europa è governata da un piano di demolizione oppure da un audit pre-demolizione oppure da altre procedure più o Pag. 5meno complesse paese per paese (riportiamo qualche esempio nella documentazione) che impongono di fare in un certo modo. In Italia non c'è una norma che lo imponga, questo è un primo problema. Il secondo è che in Italia non è chiaro che cosa sia il cantiere; il cantiere non è definito se non dentro una norma che riguarda la sicurezza, che descrive le attività che si svolgono nel cantiere, quindi c'è un problema da affrontare.
  Un secondo criterio che ci interessava affrontare è quello che avete incontrato decine di volte e che riguarda la difficile transizione da rifiuto a prodotto, cioè il discorso collegato ai sottoprodotti. In questo caso il passaggio da rifiuto a prodotto è particolarmente delicato per mille motivi, uno dei quali è che per questi materiali oggi la difficoltà principale di stare nel mercato dipende dal fatto che chi acquista giustamente diffida, perché spesso questi materiali contengono materiali inquinanti o che limitano le prestazioni, non c'è un criterio per tracciarli e garantirli, e per di più il materiale vergine costa poco, la crisi ha influito in questo senso.
  Il risultato è che oggi avere dei materiali riciclati costa quasi come avere dei materiali vergini, con la differenza che il materiale vergine è ovviamente garantito, costa poco e lo si trova ovunque, mentre il materiale riciclato per essere garantito ha bisogno di avere al suo interno una serie di passaggi procedurali, di certificazione, di test, che lo portano a un prezzo vicino all'altro, e comunque nel vissuto generale a quel punto non si vede perché scegliere l'uno anziché l'altro.
  C'è quindi un problema grosso nel fatto che stiamo parlando di rifiuti e su come far sì che alcuni di questi diventino non rifiuti sulla base dei trattamenti adottati, e lì c'è anche il punto più oscuro, dove si aprono gli spazi di illecito, perché spesso questi passaggi da rifiuto a non rifiuto avvengono in modi «sportivi».
  Il terzo problema è capire cosa abbiano fatto all'estero, perché i problemi sono analoghi e quindi le procedure ci hanno aiutato a individuare, soprattutto sui Paesi leader (Francia, Inghilterra, Olanda), cosa stia avvenendo e perché.
  L'ultimo criterio, che per noi è importantissimo e che tengo a sottolineare in questa sede, è che qualunque regola noi adottiamo in questo ambito, se non si fa sistema, non ce la fa. Mi spiego meglio: nel caso dei rifiuti ci sono regole regionali diverse caso per caso, controlli regionali diversi caso per caso, e un sistema nazionale. Per funzionare e far passare dei materiali da un punto della catena ad un altro, il sistema ha bisogno di avere transazioni chiare, prezzi chiari, qualità chiare e univoche in un mercato che possa funzionare creando un ricambio dell'economia circolare. Oggi le norme non riescono a garantire questo, benché siano molto importanti, perché nel momento applicativo possono divaricarsi.
  Un buon metodo è creare un sistema di norme di gestione certe e semplici, e far sì che le imprese adottino, spinte dalle istituzioni, un sistema volontario che regoli e controlli all'interno degli operatori le regole del gioco. In questo modo possiamo farcela, e la nostra ipotesi ottimistica è che si possa fare riuscendo ad ottenere che questi materiali ce la facciano dal punto di vista economico, cioè ad avere un valore superiore al loro costo di raccolta e di certificazione. È una scommessa che si può vincere, il che significherebbe non attingere più così fortemente dai materiali di cava e riuscire a usare le miniere urbane, le miniere industriali come fonti di materia prima in modo significativo.
  Detto ciò, i nostri ragionamenti ci portano a una serie di proposte. Le prime riguardano dei problemi tecnici funzionali. Come rendere efficiente la demolizione? Noi proponiamo che si renda obbligatorio, per chi fa demolizione sopra una certa dimensione, un audit pre-demolizione, così come propone un regolamento europeo appena uscito.
  L’audit pre-demolizione è diverso dal piano di demolizione o dalla demolizione selettiva: è semplicemente un check da fare documentandolo prima di cosa ci sia lì dentro, di cosa possa essere recuperato e soprattutto recuperato nel luogo in cui si Pag. 6agisce, perché non tutti i luoghi sono uguali, se ho dei materiali e sono in Puglia è diverso che se sono in Lombardia, in un caso li posso valorizzare, in un altro caso no, sono materiali pesanti che non si possono portare in giro, quindi bisogna capire caso per caso cosa si può fare.
  Un audit pre-demolizione potrebbe essere un check importante, che crea una premessa alla quale segue un piano, però rendere obbligatorio questo sarebbe dare un avvio di trasparenza.
  L'altra parte del problema riguarda il cantiere. Come dicevo prima, il cantiere ha parecchie problematiche, che abbiamo cercato di descrivere, ma il problema principale è che se noi riuscissimo (vi facciamo una proposta dal punto di vista tecnico) a definire il cantiere come un processo di produzione (oggi non è definito come tale) avremmo due vantaggi: quel processo di produzione rispetterebbe le regole dei processi di produzione, i suoi rifiuti sono rifiuti, ma potrebbe generare anche sottoprodotti, cosa che oggi in cantiere non è possibile generare, quindi se metto dei ferri e me ne avanzano dei pezzi, poiché oggi non sono in un processo di produzione, quei ferri sono rifiuti, se io fossi in un processo di produzione sarebbero sottoprodotti e li farei girare da un cantiere all'altro, quindi immediatamente si liberano flussi di materiali.
  Non solo, anche i risultati della demolizione per alcune frazioni potrebbero generare sottoprodotti, agevolando enormemente il percorso.
  Secondo problema grosso: le piccole quantità delle demolizioni si disperdono di più per mille ragioni (non hanno un'economia sufficiente, sono poche cose fatte da non professionisti, talora l'idraulico), quindi si tratta di capire se si riesce a dare un servizio a questi operatori. La soluzione adottata è mutuata da due termini, alcune esperienze all'estero e un'esperienza avvenuta in Italia, che è quella dei RAEE.
  Cosa hanno fatto i RAEE? Bisognava raccogliere in giro e hanno deciso che alcuni centri che non erano destinati alla raccolta dei rifiuti lo fossero in modo particolare, creando dei luoghi di raggruppamento. La nostra ipotesi è che si possano creare dei luoghi di raggruppamento con la stessa norma, intervenendo nello stesso modo, presso i centri edili, cioè presso i centri che esistono dappertutto, che vendono i materiali edili (mattoni, cemento).
  Quei luoghi hanno degli spazi piccoli, dove l'idraulico e il muratore possono arrivare e scaricare la loro roba. Se ne accumula a sufficienza da ottenere due effetti: che quell'accumulo, essendo un deposito temporaneo di rifiuti, segue le regole dei depositi temporanei e quindi si paga le varie frazioni per CER. Il risultato è che quel mucchietto diventa un mucchio più ordinato con dentro delle linee separate.
  In secondo luogo, abbiamo il vantaggio che c'è una convenienza economica, perché il piccolo muratore o deve dedicare mezza giornata per portare 300 chili in un impianto che sta chissà dove e quindi pagare l'impianto a cui paga il conferimento, oppure pagare la discarica oppure li butta.
  Andando invece in un centro, che è più vicino, si ha la possibilità di pagare di meno del costo della discarica, dell'impianto, e di accumularli razionalmente, quindi con minore dispersione presso i centri edili, che peraltro vendono questi materiali sotto forma di materiali da uso, si possono creare logiche di funzionamento per le quali gli impianti vadano a ritirarle lì, quindi ci sia un'economia diversa nei trasporti.
  Sempre per risolvere questo problema delle piccole quantità avevamo pensato che valesse la pena di prevedere che anche i rifiuti da costruzione e demolizione, come avviene oggi per i rifiuti provenienti da attività di manutenzione o da assistenza sanitaria, potessero essere considerati prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge quell'attività.
  Se oggi Terna va in giro e fa interventi per i quali genera rifiuti in un certo posto, ha facoltà di prendere quei rifiuti e portarli presso la sede di Terna, un muratore no, se gli dessimo questa facoltà e lui avesse lo spazio adeguato per farlo, scoraggeremmo la possibilità di buttarli in un fossato, c'è un'economia di immagazzinaggio e depositi che può avere un senso. Questo è molto Pag. 7semplice dal punto di vista del dispositivo di legge.
  Questa è la parte tecnica, poi abbiamo immaginato strumenti economici, ossia qualcosa che faciliti la crescita di valore del materiale riciclato e dissuada dal buttarlo via, avevamo anche immaginato un meccanismo economico che scoraggiasse la presa del materiale vergine, che voleva dire sostanzialmente mettere una tassa sulle cave. Tutte le associazioni con cui abbiamo parlato ci sono saltate in testa, allora uno prende atto del fatto che una cosa di questo genere probabilmente ha un'unanimità, e ci siamo detti: «va bene, non si riesce a fare, però si può fare un'altra cosa e il cui risultato si combina».
  All'estero, in Inghilterra e in Olanda, esiste la tassa sulla cava, ci provano, però qua sono incrociati con tutte le associazioni (noi avevamo dai costruttori agli artigiani) e tutti hanno anche cave, perché qui c'è un'economia incrociata, tra l'altro le cave sono in crisi, per cui c'è un'economia difficile.
  La prima cosa è l'aumento del costo di smaltimento dei rifiuti inerti buttati in discarica. Si può fare, c'è una legge, la 302 del 1995, che prevede un range di tassa sulla discarica che va da 1 a 10 euro a tonnellata; c'è facoltà di dire che, per quanto riguarda i rifiuti inerti invece che fermarsi da 1 a 10, vada da 8 a 10. Questo è sufficiente per far girare completamente la frittata, quindi questa è una cosa che ci siamo permessi di proporre.
  La seconda cosa è la possibilità di far sì che l'impiego di materiali riciclati negli edifici venga considerato un elemento di riqualificazione degli edifici stessi. Oggi le norme facilitano la riqualificazione degli edifici dal punto di vista energetico, se l'edificio ha prestazioni energetiche sopra certe soglie, c'è una detrazione fiscale che tocca una parte sempre più consistente degli investimenti necessari.
  Quello che dovevamo fare era abbinare questi due fattori e dire che, se un edificio ha prestazioni energetiche di un certo tipo e nelle sue parti costruite ex novo ha componenti di materiali riciclati supera certe soglie, applichiamo questi incentivi o li possiamo anche migliorare, cioè non tocchiamo incentivi nuovi, ci inseriamo in una logica per la quale l'efficienza dell'edificio non venga vista soltanto come efficienza energetica, ma come efficienza complessiva, sia energetica che materica. Da questo punto di vista, poiché la differenza sarebbe poca, si potrebbe far passare senza troppe lacrime, e le associazioni sarebbero d'accordo.
  Abbiamo poi i problemi in ambito normativo, e abbiamo cercato di capire per queste cose che vi stavo elencando (compreso l’end of waste che prima ho appena accennato) quali possano essere dei dispositivi ragionati, li abbiamo fatti insieme a Paola Fico che lavora con noi e abbiamo cercato di costruire un minimo di struttura giuridica di questi ragionamenti.
  Li abbiamo divisi in due ambiti, uno di competenza parlamentare, che sono quelli che voglio discutere nello specifico oggi, altri di competenza ministeriale. Domani abbiamo l'incontro al Ministero dell'ambiente con la direzione rifiuti e con il capo di gabinetto a cui presentiamo la parte loro.
  Abbiamo deciso che nella parte loro (Ministero dell'ambiente) ci fosse il discorso che riguarda i centri di raccolta sparsi per le città, che può essere un regolamento fatto esattamente come è avvenuto per il regolamento dei RAEE, e abbiamo trovato un documento abbastanza dettagliato su come potrebbe essere fatto questo regolamento, e poi abbiamo cercato di costruire un processo che faciliti la definizione degli end of waste che riguardano questi materiali.
  Sapete che l’end of waste è una storia molto complicata in questo momento, che si fa molta fatica a definire; ci sono meccanismi difensivi, paure, tanti interessi legati, molte cose che fanno sì che, a parte quei tre o quattro end of waste che sono stati definiti dalla Commissione, gli altri sono stati delegati ai Paesi membri e noi abbiamo il compito di chiarire dove e come effettuarli, e per una serie di apprensioni incrociate delle istituzioni e degli interessati non si smuove molto. Pag. 8
  Avevamo pensato che un sistema per ottenere questo risultato fosse, consultando le associazioni, avere da loro le indicazioni sulle caratteristiche tecniche che questi materiali devono assumere per essere pronti ad essere usati nell'industria, con garanzia di chi li compra e quindi con le garanzie richieste, le stesse che sono richieste al materiale vergine, e provare anche a concepire end of waste, con indicazioni molto precise sulle prestazioni che devono avere, cioè parlando più di prodotto che di rifiuto anche all'interno dello stesso end of waste, far capire che il processo mira di là, non solo a un controllo sul rifiuto, ma anche alla creazione di un nuovo materiale.
  Con questa logica attraverso le associazioni volevamo raccogliere i dati di 7 tipologie di materiali: gli inerti aggregati, cioè gli aggregati riciclati che sono materiali macinati da demolizione, i cosiddetti «aggregati artificiali» che vengono delle scorie di incenerimento e dalle scorie di acciaieria e vengono usati nell'edilizia, la plastica come il PVC, il vetro, il legno, le guaine che vengono usate nell'edilizia e sono materiali riciclabili.
  Ne abbiamo scelti 7 e parlando con le rispettive associazioni siamo in grado di fare un lavoro nei prossimi tre mesi, convergendo tutti su certe caratteristiche che queste cose devono avere, poi le diamo in mano al Ministero che le darà in mano all'ISPRA e speriamo che qualcosa succeda. In ogni caso prepariamo il terreno, che è già una cosa della quale il Ministero ci è grato.
  Per quanto riguarda la Commissione sono tre le cose che possono interessare. La prima è un'azione per consentire a chi svolge attività di costruzione e di demolizione di portare i rifiuti presso la propria sede o domicilio (ne accennavo prima). L'articolo 266, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006 parla di rifiuti provenienti da attività di manutenzione e assistenza sanitaria che possono essere portati presso la sede o il domicilio del soggetto che li usa; si potrebbe semplicemente aggiungere che chi svolge attività di costruzione e di demolizione ne abbia la stessa facoltà. Ovviamente si deve essere sottoposti alle stesse regole, quindi possibilità di deposito temporaneo sottoposto alle regole del deposito temporaneo e per il tragitto dal luogo di produzione la necessità di riempire un formulario, regola semplice che vale anche per altri casi.
  Il secondo punto è quello delle discariche. L'articolo 3 della legge n. 302 del 1995 (su cui tra l'altro c'è un piccolo bisticcio che è stato precisato dal punto di vista normativo) stabilisce un costo di discarica, che è facoltà delle regioni imporre, che va da 1 a 10 euro per lo smaltimento dei rifiuti inerti. Potremmo portarlo da 8 a 10 euro e vedere cosa succede.
  L'unica regione (lo segnalo perché è un dato statistico interessante) che ha un'alta percentuale di impianti che riescono a funzionare nel recupero dei materiali è la Toscana, dove il costo della discarica per inerti ammonta a 7 euro (in Lombardia è 2, nel Lazio 5) e – guarda caso – le principali imprese che oggi valorizzano i rifiuti da demolizione sono in Toscana.
  La terza cosa era la più interessante ed era la definizione di cantiere. Se riuscissimo a definire che il cantiere è un processo di produzione, si aprirebbe tutto il meccanismo autorizzatorio che vale per qualsiasi produzione, quindi sia la gestione dei rifiuti fatta in quel modo, sia la produzione di sottoprodotti. Essendo il cantiere un processo di produzione che riguarda sia la conclusione che la demolizione, potremmo avere sottoprodotti in fase sia di costruzione che di demolizione.
  Ci sono alcune indicazioni per quanto riguarda gli aspetti strettamente normativi, la cosa interessante è che il cantiere è già definito oggi, in realtà è definito nel decreto legislativo n. 81 del 2008 che riguarda gli aspetti di sicurezza, però c'è già la lista di tutte le azioni che si fanno in cantiere, quindi si può utilizzare quello perché contiene costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione, c'è la lista e ci sono tutti.
  Il vantaggio del sottoprodotto per alcuni prodotti ricavati dalla demolizione, quando la demolizione riuscisse ad avere l’audit che auspicavamo all'inizio e ad avere dei Pag. 9criteri di demolizione selettiva, sarebbe il fatto che questi materiali potrebbero incidere direttamente sull'economia di questa filiera.
  Prima accennavo all'utilità di parlare di sistema perché l'economia del sistema edilizio e infrastrutturale regge non solo sui materiali inerti, ma anche sugli altri materiali che stanno intorno, che in certi casi valgono molto. Faccio un esempio per tutti, il PVC, di cui girano 200.000 tonnellate nei materiali che vengono demoliti ogni anno. Il PVC mandato insieme al mix di plastiche e macinato a recupero energetico costa 80-100 euro a tonnellata, il PVC recuperato e portato ai fabbricanti vale 600 euro a tonnellata, c'è un delta di 700 euro a tonnellata moltiplicato per 200.000 tonnellate.
  Questi valori sono importanti da ricordare, perché l'economia di sistema, se si riesce a immaginarla come tale, può reggere appoggiandosi anche su parti apparentemente minori, che però hanno una possibilità di creare quelle piccole soglie che spingono verso un funzionamento generale e soprattutto infrastrutturale collegato, che potrebbe andare bene.

  PRESIDENTE. Grazie anche di tutte le indicazioni normative, vedremo come organizzarci nell'attività legislativa.
  Lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIUSEPPE COMPAGNONE. Grazie, è stato molto interessante. Credo che debba essere stressato il ruolo dei comuni, perché, quando si dà la licenza edilizia e quindi si fa un lavoro, il comune è il primo attore che controlla la regolarità, quindi basterebbe stressare praticamente il ruolo del comune. Quando ero sindaco, per controllare che non buttassero rifiuti in giro, facevo in questo modo, quindi, se si obbliga il comune a controllare, e l'impresa, grande o piccola che sia, a chiarire il percorso che fa seguire ai rifiuti classificandoli, mezzo lavoro è già fatto.
  Considero interessante il tema del luogo di produzione, credo che sia una cosa veramente intelligente e che possiamo intervenire su questo.
  Bisognerebbe ridurre gli oneri in discarica, quindi avete studiato perché costi tanto portare in discarica? Le discariche per inerti sono vecchie cave...

  PRESIDENTE. Dice esattamente il contrario, cioè il fatto che costi poco induce a mandare in discarica più che ad effettuare il riciclo e il recupero.

  GIUSEPPE COMPAGNONE. Dalla mia esperienza so che invece non vanno in discarica ma li buttano in giro.

  PRESIDENTE. Ci sono tre punti, uno che costa niente, in discarica e...

  GIUSEPPE COMPAGNONE. Economia circolare è anche riempire le discariche, alla fine. Il concetto qual era? Anziché portarli in giro, riempire una vecchia cava. Il problema è eliminare l'inquinamento, tutelare l'ambiente.

  PRESIDENTE. L'idea è di recuperare materia, qui ci sono filiere intere di recupero materia che possono creare un bel po’ di economia...

  GIUSEPPE COMPAGNONE. Sì, certo, se ci riusciamo. In questa seconda fase c'è anche da rilevare l'importanza di dare ai piccoli imprenditori edili la possibilità del deposito privato, che credo sia una cosa intelligentissima che nella pratica funziona facilmente. Se un piccolo muratore rompe alcune cose, ha il camioncino da scaricare e lo porta, avendolo dichiarato...

  PRESIDENTE. C'è bisogno della norma altrimenti te lo considerano trasporto illecito!

  GIUSEPPE COMPAGNONE. Certo, quindi è importante fare questa norma, che è una cosa semplice, ma risolutiva.

  LAURA PUPPATO. Grazie perché ha fatto un'analisi veramente precisa, puntuale e molto utile, perché stiamo parlando, se non ricordo male, di oltre 70 milioni di tonnellate, la metà abbondante dell'intero Pag. 10quantitativo dei cosiddetti «rifiuti speciali».
  Volevo chiederle un paio di informazioni, vista la sua competenza in materia. Lei accennava a un'ipotesi in cui in particolare le piccole imprese, mi pare che il problema sia proprio quello, possano portare il residuo della demolizione all'interno della propria realtà imprenditoriale, quindi nella sede dell'impresa, però è chiaro che non sono magazzini, ma diventano di fatto discariche all'aperto, quindi mi chiedo se con un limite quantitativo, cioè con quali modalità. Dovremmo immaginare cosa potrebbe accadere se qualcuno lasciasse addirittura materiali ad alto rischio, come ad esempio coperture in eternit.
  Desidero citare il mio caso particolare, perché abito nel Veneto, dove siamo praticamente un colabrodo, nel senso che la realtà territoriale dove risiedo è un letto di ghiaia e abbiamo addirittura gli ambiti territoriali che sono vocati a diventare cave di ghiaia, viste dal cielo abbiamo intere aree scavate per 30, 45, 50 metri di profondità ed è un danno spaventoso dal punto di vista paesaggistico perché eliminano intere aree territoriali.
  Noi ce ne rendevamo conto quando eravamo amministratori di territori che venivano deturpati in questo modo, ma non potevi purtroppo incidere sulle scelte, perché non erano scelte che competessero ai comuni, quindi ce li siamo ritrovati, adesso abbiamo anche la Pedemontana che è praticamente una cava all'aperto lunga 64 chilometri, la più grande cava del mondo perché è tutta in trincea, quindi una roba demenziale, e a questo punto abbiamo scoperto che il valore economico a tonnellata è sceso della metà, perché la legge della domanda e dell'offerta vale sempre, quindi da 12 euro a tonnellata siamo arrivati a 5,5-6.
  A questo punto nessuno ricicla più, cioè il tema che lei ha affrontato prima e che giustamente ha dovuto mettere da parte, perché le imprese hanno una cointeressenza sull'escavazione, non è un tema da cui si possa sfuggire facilmente, perché il problema – forse in questo in maniera esponenziale rispetto al resto degli ambiti – ci porta a ritenere che se continuiamo questa opera di distruzione, va bene, perché conviene economicamente a chi lo fa, ma non conviene recuperare le miniere urbane.
  Capisco che la domanda è difficile ma, al di là dei 7-8 euro per tonnellata, cosa lei ha chiarito benissimo, a quella dobbiamo arrivarci, ma non so sia una competenza statale, mi chiedo se sia possibile imporlo dal punto di vista regolamentare nazionale, al di là di questo che, se si potesse, farei subito, il tema è far pagare di più quella escavazione di territorio vergine, perché quella è un'impresa tipica, nel senso che il territorio non è di chi compra lo strato superficiale, il territorio è un bene comune.
  Tassare quindi il terreno vergine in maniera differente o se non altro farlo pagare di più, applicare dei correttivi laddove diventi cava, perché obiettivamente questo è l'elemento portante di tutta questa faccenda, quindi le chiederei un commento ulteriore alla vicenda delle escavazioni sistemiche che stanno riducendo il valore economico dell'escavato e, non avendo tasse da applicare perché oltretutto è senza tassazione, rende tutto questo demenziale.

  ROBERTO COIZET, presidente del Centro materia rinnovabile. Grazie perché mi ha dato l'occasione per due chiarimenti. Il primo punto, le quantità vanno assolutamente regolate, l'abbiamo anche scritto, è ovvio che non possono essere quantitativi illimitati, il deposito temporaneo, che pure è limitato a sua volta, non basta perché, come sapete, per varie regole si può accumulare, vanno precisate bene.
  In ogni caso, però, il nostro meccanismo era quello di dire: se concediamo che si possano portare a casa piccole quantità e che per qualità intermedie si vada presso i centri edili, noi riusciamo a mettere un grosso deterrente al fatto di buttarla via, che è il problema grosso che oggi si riflette sul costo della tariffa dei rifiuti urbani dei comuni.

  LAURA PUPPATO. Lei mi conferma il quantitativo?

  ROBERTO COIZET, presidente del Centro materia rinnovabile. I quantitativi sono Pag. 11essenziali, vanno precisati insieme alla norma. Per quanto riguarda le cave, ha perfettamente ragione su tutto, io ho tentato di battermi su queste cose, ma il problema è anche un altro: pur essendo le cave in crisi, secondo un recente conto fatto da Legambiente ci sono 4.800 cave attive e più di 12.000 cave inattive, dove inattive non vuol dire che sono morte, vuol dire che aspettano l'occasione giusta per ripartire, avendo più di 15.000 cave in Italia vuol dire che c'è un'infrastruttura sul territorio fantastica (guardiamola da questo punto di vista).
  Se quindi dobbiamo riciclare dei materiali di demolizione, bisogna che qualcuno abbia gli impianti per macinare, altrimenti decade. Si può quindi proporre ai signori delle cave di fare un patto per cui, invece di continuare a tirare fuori di lì, sia possibile fornire loro materia prima che arriva di là, per cui guadagnano, sono gli unici attrezzati a fare quella cosa e si fa un patto che può nascere da un sistema. Questa è l'unica via d'uscita che io vedo con un'economia comune di un settore in crisi su un altro settore in crisi.

  LAURA PUPPATO. Ma infatti questa cosa funzionava anche da noi quando il materiale costava caro, è adesso che non funziona più.

  PRESIDENTE. Noi ringraziamo i nostri ospiti. Sicuramente faremo tesoro delle indicazioni fornite e decideremo come fare, perché come Commissione possiamo farci parte attiva con i due Ministeri delle infrastrutture e dell'ambiente scrivendo di questa necessità e nell'attività parlamentare vedere come fare. Le modifiche legislative si possono fare in due modi, attraverso l'attività parlamentare tout court o attraverso l'attività di governo che è più veloce. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 14.55, è ripresa alle 15.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che, secondo quanto stabilito dall'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione appena svoltasi, la Commissione si avvarrà della collaborazione a tempo parziale e a titolo gratuito dell'avvocato Andrea Farì e del professor Gianluca Maria Farinola. Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 15.05.