XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 140 di Lunedì 26 giugno 2017

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 2 

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 2 

Audizione di Bassam Abu Sharif:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 2 
Abu Sharif Bassam  ... 3 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Abu Sharif Bassam  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Abu Sharif Bassam  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Abu Sharif Bassam  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Abu Sharif Bassam  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Abu Sharif Bassam  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Di Biagio Aldo  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Abu Sharif Bassam  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Abu Sharif Bassam  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Abu Sharif Bassam  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Abu Sharif Bassam  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Abu Sharif Bassam  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Abu Sharif Bassam  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Abu Sharif Bassam  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Abu Sharif Bassam  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Abu Sharif Bassam  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Abu Sharif Bassam  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Abu Sharif Bassam  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Abu Sharif Bassam  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Abu Sharif Bassam  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17  ... 18 
Abu Sharif Bassam  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Abu Sharif Bassam  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Abu Sharif Bassam  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Giovanardi Carlo  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Cervellini Massimo  ... 19 
Abu Sharif Bassam  ... 20 
Carra Marco (PD)  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Carra Marco (PD)  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Abu Sharif Bassam  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Abu Sharif Bassam  ... 21 
Carra Marco (PD)  ... 21 
Abu Sharif Bassam  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22 
Abu Sharif Bassam  ... 22 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22 
Abu Sharif Bassam  ... 22 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22 
Grassi Gero (PD)  ... 22 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22 
Abu Sharif Bassam  ... 23 
Grassi Gero (PD)  ... 23 
Abu Sharif Bassam  ... 23 
Giovanardi Carlo  ... 23 
Abu Sharif Bassam  ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 
Abu Sharif Bassam  ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 
Abu Sharif Bassam  ... 23 
Grassi Gero (PD)  ... 23 
Abu Sharif Bassam  ... 23 
Grassi Gero (PD)  ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 
Grassi Gero (PD)  ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 
Di Biagio Aldo  ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 24 
Grassi Gero (PD)  ... 24 
Abu Sharif Bassam  ... 24 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 24 
Abu Sharif Bassam  ... 24 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 24 
Grassi Gero (PD)  ... 24 
Abu Sharif Bassam  ... 24 
Grassi Gero (PD)  ... 25 
Abu Sharif Bassam  ... 25 
Cominardi Claudio (M5S)  ... 25 
Abu Sharif Bassam  ... 25 
Cominardi Claudio (M5S)  ... 26 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 26 
Cominardi Claudio (M5S)  ... 26 
Abu Sharif Bassam  ... 26 
Lucidi Stefano  ... 26 
Abu Sharif Bassam  ... 27 
Preziosi Ernesto (PD)  ... 27 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 27 
Preziosi Ernesto (PD)  ... 27 
Abu Sharif Bassam  ... 27 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 28 
Abu Sharif Bassam  ... 28 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 28 
Abu Sharif Bassam  ... 28 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 28 

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2  

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 14.35.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE . Comunico che nella riunione odierna l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto di:

   incaricare il generale Scriccia di compiere una valutazione di materiale eventualmente di interesse presente nel fondo Cossiga, depositato presso l'Archivio storico della Camera;

   incaricare il dottor Donadio di acquisire sommarie informazioni testimoniali da Paolo Patrizi, collaboratore di Mino Pecorelli, nonché dai magistrati Giancarlo Caselli e Marcello Maddalena, in relazione alle affermazioni rese dal dottor Luigi Carli nella sua audizione presso la Commissione;

   di incaricare il dottor Salvini, la dottoressa Picardi, il generale Scriccia e il tenente colonnello Giraudo di compiere accertamenti sulle rivelazioni di una fonte.

   Comunica inoltre che:

   il 20 giugno 2017 la dottoressa Tintisona ha depositato una nota, segreta, con allegati relativi agli accertamenti compiuti su documentazione anagrafica e fotografica riguardante Alessio Casimirri;

   il 22 giugno 2017 il tenente colonnello Giraudo ha depositato una nota, segreta, relativa al filone di indagine su via Massimi;

   il 26 giugno 2017 il tenente colonnello Giraudo ha depositato gli originali, segreti, dei verbali di sommarie informazioni rese da Norma Andriani, da Carlo Brogi e da un'altra persona coinvolta nei fatti, nonché una raccolta, parimenti segreta, di documentazione relativa a persona coinvolta nei fatti;

   nella stessa data la Procura presso il Tribunale di Roma ha trasmesso la documentazione del processo contro Paolo Inzerilli e altri, selezionata dal dottor Donadio;

   nella stessa data il dottor Donadio ha depositato due proposte istruttorie, riservate, relative a notizie contenute in una nota depositata dal tenente colonnello Giraudo il 19 giugno 2017;

   nella stessa data la dottoressa Tintisona ha depositato tre note, riservate, con allegata documentazione, parimenti riservata, relative, rispettivamente, a Caterina Piunti, Alessandra De Luca e Paolo Lapponi; a un presunto covo brigatista in via Giacinto Pezzana; a Volker Weingraber.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE . Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di Bassam Abu Sharif.

  PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca l'audizione di Bassam Abu Sharif, che ringraziamo particolarmente per la disponibilità con cui ha accolto il nostro invito a Pag. 3 venire in Italia e a venire in audizione presso la Commissione.
  L'audizione di oggi ha la finalità di acquisire alcuni elementi su una questione che è stata lungamente approfondita dalla Commissione, quella della dimensione internazionale della vicenda Moro e, in particolare, del ruolo dei movimenti palestinesi, che furono in quegli anni interlocutori significativi del Governo italiano, ma furono anche vicini a gruppi di estrema sinistra italiani ed europei.
  Ricordo che Bassam Abu Sharif è stato membro autorevole del Fronte popolare per la liberazione della Palestina e negli anni ’70 ha partecipato a diverse azioni contro Israele, subendo per questo un tentativo di omicidio. Negli anni ’80 si è avvicinato a Fatah e a Yasser Arafat, di cui è stato consigliere nella fase del processo di pace con Israele. È tuttora personalità autorevole del mondo palestinese.
  Per inquadrare le domande che porrò, ricordo che dopo il 1972-73 si determinò una forte attenzione dell'Italia per la situazione del Medio Oriente e si sviluppò un costante confronto e scambio di informazioni tra i nostri apparati di sicurezza e i movimenti palestinesi. Questo ci è stato da ultimo confermato, nell'audizione svoltasi a Taranto il 16 maggio 2017, dal generale Armando Sportelli, che è stato addetto militare a Beirut e capo Ufficio R del SISMI.
  Allo stesso tempo, risultano rapporti tra i movimenti estremistici italiani e i movimenti palestinesi dai primi anni ’70. Ricordo, al riguardo, il convegno sulla resistenza palestinese, organizzato da Potere operaio a Firenze nell'ottobre del 1971.
  Per la Commissione è importante approfondire questa tematica con riferimento esclusivo alla vicenda del rapimento e dell'uccisione di Aldo Moro. Non tratterò dunque del complesso dei rapporti tra Italia e Palestina, che non è oggetto della nostra inchiesta parlamentare.
  Ricordo che il sequestro Moro avviene in una fase di forte tensione in Medio Oriente. Oltre a crescenti tensioni interne al movimento palestinese, proprio nei giorni del rapimento, a partire dal 14 marzo 1978, Israele invase il Libano meridionale, in reazione a un attentato su un autobus, compiuto da militanti palestinesi, che aveva provocato alcune decine di morti. L'interlocuzione tra Italia e movimenti palestinesi sul sequestro Moro avveniva dunque in un contesto di guerra e tensioni internazionali, sul quale il signor Sharif potrà fornirci ulteriori dettagli.
  Per quanto riguarda lo svolgimento dell'audizione, porrò alcuni quesiti specifici, per i quali chiedo a Bassam Abu Sharif uno sforzo di memoria. Per la Commissione è infatti importante non solo l'interpretazione generale degli avvenimenti, ma anche chiarire fatti specifici e individuare le persone che sul lato italiano e su quello palestinese furono al corrente dei fatti. In questo senso vorremmo, per il momento, lasciare da parte alcune interviste che lei ha rilasciato e ripartire con ordine dai fatti.
  L'audizione si svolge in forma pubblica, tuttavia, ove lei ne ravvisi l'esigenza, può chiedere di passare in seduta segreta.
  Prima di affrontare domande specifiche, vorrei chiederle innanzitutto di darci un quadro del suo ruolo personale in quegli anni e di come visse la vicenda Moro.
  Le do quindi la parola per questa sua breve introduzione.

  BASSAM ABU SHARIF . Esprimo una somma tristezza quando parlo di un grande personaggio, la cui morte è stata una perdita non solo per gli italiani e per l'Italia, ma per ogni essere umano che cerca in libertà e indipendenza di servire il proprio popolo contro tutte le ambizioni, le egemonie e gli imperialisti. Questo era Aldo Moro.
  Quando parlo di lui sento tristezza, perché anch'io ho perso l'uomo politico, che ammiravo, e che oggi avrebbe un'età avanzata. In Aldo Moro vedevo una persona con una visione strategica riguardo all'Italia, all'Europa e al mondo, e per questo chi ha ucciso Aldo Moro ha voluto uccidere quella visione, quell'idea e quell'uomo che minacciava l'interesse di chi voleva egemonizzare l'Europa e l'Italia fino al giorno d'oggi.
  Parlare di Aldo Moro non significa parlare di un «giallo». Ho seguito tutte le commissioni di inchiesta e tutti i dettagli e parlare di Aldo Moro condurrebbe a conclusioni errate se non dovessimo contestualizzare Pag. 4  tutto storicamente, inserirlo in un contesto corretto per capire l'evoluzione storica dell'Europa dalla seconda guerra mondiale.
  Aldo Moro è stato un faro, un punto di svolta per tutta l'Europa, il secondo faro dell'Europa dopo Charles de Gaulle, che aveva tentato di sensibilizzare gli europei per quanto riguarda i loro interessi, per dire «no» al tentativo di trasformarli in colonie occulte degli Stati Uniti. Il primo a ribellarsi contro questo controllo americano è stato Charles de Gaulle, poi c'è stato Aldo Moro, che non solo ha rifiutato l'egemonia americana, ma ha anche proposto un meccanismo per affrontare questo tentativo, attraverso l'unità nazionale tra le forze politiche attive della società. Chi ha ucciso Aldo Moro ha voluto uccidere proprio questa idea.
  Parlano di Brigate rosse e così via, ma personalmente ritengo che dopo l'arresto dei capi delle Brigate rosse, in Italia la maggior parte delle BR fosse infiltrata da agenti americani o Gladio della NATO, ad eccezione di alcune persone che erano ingenue e convinte di essere BR.
  Per questo personalmente ritengo – posso sbagliare – che chi ha rapito Aldo Moro non siano le BR, perché le BR non avevano la possibilità di uccidere cinque guardie del corpo senza che Aldo Moro venisse ferito. Io so di cosa parlo, so come colpire il bersaglio, un obiettivo mobile o immobile, e con quanta precisione. Cinque guardie del corpo uccise e Aldo Moro, la personalità protetta, non è stato nemmeno ferito: questa è professionalità di altissimo livello, un addestramento molto raffinato. Non vi è dubbio che ognuno di coloro che hanno sparato si è addestrato a sparare almeno 10.000 colpi contro obiettivi mobili e immobili.
  Parlo per esperienza: per colpire il bersaglio 10 volte su 10 devi aver sparato almeno 10.000 colpi d'arma da fuoco, e questo non lo fa chi non è professionista; e i brigatisti non erano professionisti di questo livello.
  Ad ogni modo, senza voler difendere nessuno, quello che volevo dire è che mi rattrista parlare di Aldo Moro, perché sento che io, il mio popolo, il mondo tutto e noi tutti abbiamo perso un uomo con una visione strategica superiore, nell'ambito di una lotta inventata dagli americani e dalle altre superpotenze, affinché l'Europa rimanesse sotto il giogo americano. Che lo si chiami NATO o in un altro modo, è un giogo americano, e qualunque capo europeo cerchi di sfuggire a questo giogo subisce pressioni, intimidazioni, complotti o, se tutto questo non dovesse funzionare, viene ucciso.
  Sento anche che è motivo d'orgoglio per me – ora che ho un dottorato in scienze politiche e sono uno storico-politico che ha assaporato la storia dalle sue ferite e ha conosciuto molti leader mondiali, da Fidel Castro ad Andreotti, eccetera – che mi sia stato chiesto di parlare di Aldo Moro. Avevo intenzione di pubblicare un libro, ma esitavo, perché volevo dare quanto posso prima al mio popolo, poi è arrivato l'invito, di cui ringrazio, ed è un vanto per me poter parlare di Aldo Moro. Non l'ho conosciuto personalmente, ma so chi era e cosa rappresentava, conosco le sue idee, il suo pensiero strategico e la sua premura per l'Italia, per l'Europa, per la libertà, l'indipendenza e la concorrenza equa.
  Questo era Aldo Moro e questo è stato l'obiettivo di chi lo ha ucciso. Dalla seconda guerra mondiale l'America innalzava la bandiera dell'indipendenza dei popoli. Perché è scoppiata la seconda guerra mondiale? È stata una concorrenza per le colonie e le materie prime delle colonie, cioè noi. Il conflitto è ancora sul nostro petrolio, sul nostro gas, su chi governa il petrolio, su chi governa il gas, chi governa la Libia, chi governa il Golfo. La storia è sempre quella, la lotta nel mondo che potrà portare a una guerra mondiale, poiché si trattava di un conflitto sostanzialmente economico.
  Gli Stati Uniti, dunque, dopo la seconda guerra mondiale, chiedevano di dare l'indipendenza a tutti gli Stati e la loro nazione appariva come simbolo della libertà – «Evviva la libertà» – ma dopo uno o due anni la gente finiva per scoprire che il vero obiettivo degli Stati Uniti attraverso il piano Marshall e attraverso la NATO era creare un nemico, cioè l'URSS, per sottomettere Pag. 5 l'Europa al giogo americano e sottomettere tutti i nostri popoli all'egemonia, per dilapidare le nostre risorse.
  Ora Trump va dai suoi impiegati nella penisola araba che firmano contratti per 500 miliardi di dollari, mentre il 90 per cento dei bambini arabi è sotto la soglia della povertà e della fame, con colera e analfabetismo. 500 miliardi per il signor Trump, per il genero, per sua figlia, per sua moglie: sono soldi dei nostri popoli che vengono rubati! Aldo Moro era proprio contro tutto questo, Aldo Moro voleva dei contratti e degli accordi equi con noi.
  Certo, ci sono accordi, ma quando ci fu un invito a instaurare un rapporto speciale tra l'Italia e la Libia, chi ha fatto ogni suo sforzo per sventare quell'accordo? Sono stati gli americani, che non volevano che l'Italia potesse uscire da questo controllo; non solo l'Italia, ma anche altri Stati europei, e voi sapete bene che dopo la seconda guerra mondiale alcune politiche erano vietate e c'erano restrizioni di accesso a determinate linee di produzione industriale, in quanto erano monopolizzate dall'America.
  A ogni modo, quello che voglio dire è che dopo la seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti si sono presentati come alternativa al vecchio colonialismo, per ereditare le colonie del vecchio colonialismo sotto il titolo di Stati di recente indipendenza che hanno bisogno di una tutela americana. Tutti ricordate che l'ultimo presidente equo è stato Eisenhower, però questo è finito con lui. Circa trenta anni dopo la seconda guerra mondiale fu Aldo Moro a dire: «Basta, vogliamo fare il compromesso storico in Italia». Questo vuol dire che c'era bisogno di un'unità nazionale italiana, affinché l'Italia ottenesse la sua indipendenza al di fuori di quel contesto.
  Quando Aldo Moro fu rapito, dal punto di vista della tempistica non era lontano il voto del Parlamento sul compromesso storico. Moro andava in Parlamento per raggiungere una soluzione decisiva; e chi era contro questo accordo, questo compromesso tra le forze politiche italiane? Gli Stati Uniti d'America in primo, secondo e terzo luogo; e Mosca era contraria alla posizione del Partito comunista di Berlinguer. Gli Stati Uniti hanno voluto impedire questo. La mia convinzione è che gli Stati Uniti hanno pianificato, insieme ad alcuni apparati con cui collaboravano, di rapire Aldo Moro e di ucciderlo se non avesse cambiato la sua posizione. Il Presidente Carter, che ho incontrato successivamente più di una volta (come ho incontrato l'uomo che ha scritto le sue memorie, che mi ha fatto alcune domande su alcuni temi), ha mandato una persona conosciuta e si sa che era una spia, uno dei servizi segreti, venuto in qualità di rappresentante del Ministero degli Esteri. Si chiama Steve Pieczenik ed è stato imposto al comitato di Cossiga; guidava lui i lavori del comitato, non Cossiga, e ha insistito, con la scusa di mantenere la stabilità in Italia, che non si sarebbe dovuto fare tanto per la liberazione di Aldo Moro, anche se sappiamo poi dalla storia politica che in Italia e in Europa ci sono stati dei negoziati, perché la vita di Aldo Moro era molto più importante di quella di altre dieci persone arrestate, ma gli Stati Uniti non hanno voluto. La decisione americana è stata presa quando è subentrato un altro aspetto, ovvero dopo che Aldo Moro ha cominciato a mandare dei messaggi in cui parlava apertamente di come non fosse stato capito il concetto di Stato e il suo obiettivo, perché lo Stato deve tutelare l'essere umano, non impedire negoziati con chi è fuori legge.
  Quando il Papa si è offerto, gli americani hanno ostacolato questa iniziativa, e la mia convinzione è che gli americani fossero dietro tutto questo e che una parte dei rapitori non fossero veri appartenenti alle BR, ma professionisti e spie che lavoravano per Gladio o per gli Stati Uniti d'America; oltre ad alcune figure che erano vicine alle Brigate rosse.
  Per quanto ci riguarda, si vedrà che Aldo Moro come pensiero e visione strategica, nonostante tutto, nonostante il suo assassinio, non è morto, perché l'Europa – lo sottolineo – sta arrivando rapidamente a una situazione simile a quella, soprattutto dopo che Trump ha detto chiaramente di voler mettere gli europei in ginocchio, ignorando la questione climatica ed il buco Pag. 6 dell'ozono, volendo far pagare agli europei il prezzo della NATO e costringendoli a rimanere sotto il giogo americano. Ma questo non succederà perché gli europei sono contrari e Trump perderà anche in Medio Oriente; Trump scommette sui miliardi di dollari che ha preso dal Medio Oriente per continuare l'unipolarismo nel mondo, ma questo è impossibile perché una sola nazione non può dirigere il mondo.

  PRESIDENTE . Signor Sharif, su questi temi avrà modo di tornare. Inizierei adesso con una serie di quesiti che ci consentiranno di approfondire, per lasciare poi ai commissari la possibilità di intervenire.
  Le chiediamo innanzitutto di fornirci alcune precisazioni sui rapporti tra l'Italia e i movimenti palestinesi nel 1978, in particolare: chi fossero le persone che avevano rapporti più diretti con il Governo italiano, oltre a Nemer Hammad; chi fossero i leader dei gruppi studenteschi palestinesi e quale fosse il loro ruolo; se sia a conoscenza di rapporti diretti con forze politiche italiane o con associazioni o gruppi organizzati sempre in relazione al periodo del 1978.

  BASSAM ABU SHARIF . È possibile ripetere la domanda per cortesia?

  PRESIDENTE . Sì, le ripeto la domanda: le chiediamo innanzitutto di fornirci alcune precisazioni sui rapporti tra l'Italia e i movimenti palestinesi nel 1978, in particolare: chi erano le persone che avevano rapporti più diretti nel 1978 con il Governo italiano oltre a Nemer Hammad; chi erano e che funzioni potevano svolgere i gruppi di studenti palestinesi allora in Italia; e, infine, se c'erano rapporti organici con forze politiche italiane, con associazioni o gruppi organizzati.

  BASSAM ABU SHARIF . Stiamo parlando del 1978 in particolare?

  PRESIDENTE . Sì.

  BASSAM ABU SHARIF . Le fazioni palestinesi che erano sotto l'ombrello dell'OLP, l'Organizzazione per la liberazione della Palestina, avevano rapporti con tutti i Paesi arabi, erano membri della Lega araba; ci sono stati periodi di alti e bassi, c'erano ogni tanto delle tensioni tra l'OLP e alcuni Paesi arabi in particolare, a causa di alcune posizioni assunte da loro, tuttavia i rapporti esistevano comunque.
  Per quanto riguarda i rapporti con l'Europa, a dire la verità c'erano, ma non erano rapporti ufficiali, perché i Paesi europei nel 1978 non riconoscevano l'OLP come unico rappresentante legittimo del popolo palestinese, ma avevano accettato che gli uffici della Lega araba nelle capitali europee potessero diventare uffici dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina. Si tratta di rapporti diversi rispetto a quelli tra gli organi di sicurezza europei e i servizi di sicurezza dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina.
  Tanti Paesi europei hanno chiesto il nostro aiuto per risolvere alcuni problemi, attraverso informazioni e collaborazioni. Ad esempio, nell'ambito di tale collaborazione con un numero di Paesi europei, tra cui l'Italia, i Servizi erano riusciti congiuntamente ad ottenere un messaggio firmato dal dottor George Habbash, in cui si impegnava a non mettere a rischio la sicurezza dell'Italia, considerata dai palestinesi un paese amico, né a partecipare a qualsiasi azione sul territorio italiano. Questo era già in atto dal 1974, se ricordo bene, e da allora non ci sono state operazioni in Italia. L'OLP e le sue fazioni come Fatah, il Fronte popolare e il Fronte democratico hanno sempre cercato di avere i migliori rapporti con l'Italia. Personalmente ho avuto ottimi rapporti con tanti leader italiani per tanti anni; c'era un'intesa fra noi, abbiamo cercato con l'aiuto dell'Italia di intervenire in alcune iniziative politiche in Medio Oriente, in Libia, in Iraq e nel Golfo. Collaboravamo perché eravamo convinti che il popolo italiano e l'Italia in generale fossero amici del popolo palestinese e appoggiassero il diritto del popolo palestinese a determinare il suo destino e avere uno Stato indipendente.

  PRESIDENTE . Alcuni ufficiali dei Servizi italiani sentiti dalla Commissione hanno sottolineato la specificità del Fronte popolare Pag. 7  per la liberazione della Palestina. Questo infatti aveva rapporti di collaborazione con Al-Fatah, ma manteneva rapporti anche con le organizzazioni estremiste finanziate da Iraq e Libia, come quella di Abu Nidal. Proprio per questo il Fronte popolare aveva più informazioni di altri sui movimenti terroristici europei. Può darci qualche dettaglio sul ruolo del Fronte popolare per la liberazione della Palestina? C'erano in Italia persone legate al Fronte?

  BASSAM ABU SHARIF . Il Fronte popolare per la liberazione della Palestina aveva rapporti molto particolari con l'Italia, politicamente e sul piano della sicurezza, sin dal 1972, cioè dopo il trasferimento dei capi della rivoluzione palestinese dalla Giordania in Libano, dove si era insediato.
  Attraverso il Fronte popolare, l'Italia inviava ai campi profughi aiuti come ambulanze, medicinali e volontari medici che rimanevano per sei mesi nei campi profughi. Tutte queste attività congiunte si svolgevano sotto la guida di un ammiraglio italiano. E voi sapete bene che significato ha avere un ammiraglio al comando.
  In seguito i rapporti politici si sono consolidati con i partiti, non ufficialmente. I partiti politici italiani avevano naturalmente dei ministri al Governo, ma il rapporto non era ufficiale, non erano incontri con il Governo ma erano incontri con i leader dei partiti, con delegazioni che andavano e venivano.
  Una volta, per caso, ho incontrato Abu Iyad, che rappresentava Fatah, nell'ufficio di uno delle più importanti autorità italiane a Roma; dunque anche Fatah aveva dei rapporti positivi con l'Italia. Con il Fronte popolare, però, la questione era andata oltre, perché l'Italia aveva chiesto l'aiuto del Fronte popolare affinché l'Italia fosse risparmiata, cioè affinché si evitassero azioni armate o l'utilizzo del territorio italiano per compiere attentati contro Israele. Quindi, come ho detto prima, è stato concordato di procedere in questo modo e George Habbash ha firmato un documento d'impegno.
  Quando mi sono trasferito dal Fronte popolare per diventare Consigliere del Presidente Arafat, ogni volta che lui si recava in Italia ero presente anch'io. La collaborazione riguardava tutti i campi, dal settore politico a quello della sicurezza, e i rapporti erano eccellenti.
  Consentitemi di ricordarvi un piccolo aneddoto e sul quale vi prego di riflettere, poiché fa risuonare un campanello sul ruolo dell'America in Italia. Un giorno, prima della guerra del Golfo, forse era nel 1990, ero venuto per avere un colloquio con il Presidente Andreotti riguardo alla creazione di un comitato. Andreotti era presidente della «troika» europea, di cui l'Italia aveva la presidenza, e in tale qualità, visto che l'OLP era uno Stato arabo, si era pensato di creare un comitato per trovare una soluzione politica nel Golfo, invece della guerra. Sono stato quindi latore di un messaggio del Presidente Arafat al Presidente Andreotti; erano presenti De Michelis e altri, tra i quali l'allora nostro ambasciatore Nemer Hammad, ma Andreotti mi disse: «Bassam, andiamo un po’ fuori». C'era un balconcino fuori dall'ufficio del Presidente del Consiglio, ci siamo appartati e mi ha parlato in francese, dicendomi: «Bassam, di’ ad Arafat che gli americani hanno deciso di far scoppiare la guerra, a prescindere da qualunque cosa facciamo e che non c'è verso: gli americani hanno deciso che ci sarà la guerra e guerra sarà. Dunque un comitato, con la “troika” o senza “troika” e l'Europa, non servirà a nulla: l'America ha deciso la guerra e l'Europa non potrà farci nulla, anche se è l'Europa la vicina del Medio Oriente, non l'America». Riflettete su questo e sulla posizione dell'America riguardo ad Aldo Moro.
  I rapporti con il Fronte popolare e Fatah erano speciali e abbiamo aiutato l'Italia... Non è mio diritto rivelare segreti, ma abbiamo offerto enormi aiuti all'Italia.

  PRESIDENTE . Ritorno su un punto: il Fronte di liberazione aveva rapporti però anche con Abu Nidal, che aveva finanziamenti da Libia e Iraq e che aveva atteggiamenti molto aggressivi e terroristici? Potevano essere elementi di informazione utili anche per l'Italia e magari per il caso Moro.

Pag. 8 

  BASSAM ABU SHARIF . Se non fossi certo nella mia analisi riguardo ad alcuni segnali che io leggo come esperto internazionale, non avrei detto che dietro l'uccisione di Aldo Moro c'erano gli Stati Uniti. Piccoli indizi, piccole spie... So bene come si spara, come si colpisce il bersaglio. Quello che vedete al cinema, nei film, non è la verità, perché centrare il bersaglio richiede addestramento per valutare persino il vento e di prendere in considerazione la temperatura dell'aria. Cinque agenti uccisi senza ferire Aldo Moro: è opera di professionisti di altissimo livello: o CIA o Gladio o uomini dell’intelligence oppure un team di forze speciali.
  Questo è uno dei segnali, poi ci sono altri elementi. Ero redattore capo della rivista Al Hadaf a Beirut, nota per essere apertamente portavoce del Fronte popolare. Nel periodo del rapimento di Aldo Moro ricevetti due telefonate da un interlocutore che non sapevo chi fosse e di cui ignoravo i rapporti con la questione; non sapevo se fosse un infiltrato americano o un altro agente, ma vi cito questo episodio, come un fatto effettivamente accaduto, piuttosto che una prova, per mostrarvi l'esistenza di interferenze e tentativi di occultare la verità. Una persona mi ha chiamato dicendomi: «Vogliamo liberare Aldo Moro, ma gli americani rifiutano. Ci puoi aiutare?» Non so chi fosse, ma l'idea era quella di contattare un ufficio in collegamento con il Fronte popolare per dire che c'erano persone che cercavano di liberare Aldo Moro e che c'erano persone contrarie. Se fosse vero o falso non ve lo so dire.
  Ho cercato comunque di contattare Wadie Haddad, che era il comandante delle operazioni speciali del Fronte popolare, ma stava morendo nel momento in cui Aldo Moro venne rapito, in quanto era stato avvelenato da Israele, come Israele ha ammesso trent'anni dopo. Stava male, ma ricordo bene che mi disse: «Non mi fido più delle BR, perché quelli veri ormai sono in galera e fra quelli che stanno fuori ci sono degli infiltrati, non tutti, ma una parte della loro leadership ancora in libertà lavora con gli americani». Questo non lo dico io ma ripeto ciò che mi è stato riferito da lui.
  Se volete arrivare a chi ha assassinato Aldo Moro, dovete prendere in considerazione questo fatto, contestualizzarlo storicamente senza isolarlo dal quadro politico e ideologico, nemmeno dalla sua visione strategica, perché se dovessimo isolare questo fatto e analizzarlo in vitro, perderebbe ogni significato. Non si può trattare questo caso come un crimine con impronte e gocce di sangue da esaminare, è stato un disastro politico per tutta l'Europa, per l'Italia e per noi, non solamente per la famiglia di Aldo Moro, o per la sua grande famiglia che è il popolo italiano. Un disastro per il mondo intero: una superpotenza ha voluto fermare la corrente di cambiamento rappresentata da Aldo Moro, cambiamento che anche noi auspicavamo.
  Aldo Moro (vi prego di fare attenzione a ogni parola) avrebbe potuto stabilire equi rapporti commerciali ed economici con la regione più vicina all'Italia, cioè il Medio Oriente, e il popolo italiano sarebbe potuto diventare un popolo amico e ne avrebbe anche tratto profitto.
  Vorrei farvi una domanda. Sapete che nell'ultimo periodo, prima che a Gheddafi accadesse ciò che è avvenuto, grazie alle nostre pressioni, gli italiani erano riusciti a stabilire degli accordi con Gheddafi per collaborare e avviare un partenariato? Chi ha bloccato tutto ciò? So che è arrivata una telefonata all'ufficio del Presidente del Consiglio per dirgli: «Questo accordo non deve andare in porto e ne pagherete il prezzo». L'America non vuole niente per l'Italia, se non le briciole, lo stesso per la Francia, per la Spagna e per l'Europa: solo le briciole che cadono dal tavolo.
  Merkel ha scoperto tutto ciò recentemente e per la prima volta sento da un leader tedesco un discorso che si sentiva negli anni ’30, cioè che i tedeschi devono contare su se stessi. Alla Germania è tuttora vietato produrre un aereo, solamente Lockheed, Boeing, con miliardi di aerei da combattimento già obsoleti venduti a Paesi del Golfo al prezzo di velivoli nuovi: 110 miliardi per aerei obsoleti da buttar via nei cestini della spazzatura.

  PRESIDENTE . La interrompo perché le domande sono molte.

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  ALDO DI BIAGIO . Può ripetere la domanda, presidente? Perché non abbiamo ricevuto la risposta.

  PRESIDENTE . Ci ritornerò.
  Negli anni precedenti al sequestro Moro risultano rapporti tra formazioni armate italiane, quindi terroristi, e movimenti palestinesi. Lei stesso nel volume The best of enemies ha citato, tra le organizzazioni che vi hanno sostenuto negli anni, le Brigate Rosse. Lei sa qualcosa di questi rapporti tra le BR e la galassia delle formazioni palestinesi? Ci furono italiani che si addestrarono in Libano? Ci furono trasferimenti di armi, come in alcuni casi è stato accertato, tra fazioni dei palestinesi e le BR?

  BASSAM ABU SHARIF . È notorio che il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (la prego di pazientare, presidente, perché questo è un argomento molto sensibile e devo scegliere ogni parola) aveva rapporti molto speciali con alcuni gruppi rivoluzionari, e questo ha a che vedere con quanto ha fatto Aldo Moro nel 1976, con l'idea del compromesso storico.
  Perché compromesso storico? Voi siete ancora giovani, forse non ricordate cosa è successo a Parigi nel 1968. Ero a Parigi quando nel maggio del 1968 si era trasformata in barricate, tutta Parigi viveva una rivoluzione, c'era una rivoluzione in Germania, l'Europa era in ebollizione perché la situazione economica in tutta l'Europa era pessima e sia la destra che la sinistra ritenevano che i democratici cristiani, che avevano ereditato il Governo dopo la seconda guerra mondiale, avessero fallito. Ritenevano che anche i partiti comunisti avessero fallito perché non avevano risolto il loro problema, sono iniziate dunque le divisioni all'interno dei partiti comunisti che hanno cominciato la loro trasformazione.
  Poi ci fu Berlinguer con la sua teoria dell'eurocomunismo, in Francia ci furono altri avvenimenti, ma emersero dalla sinistra alcuni gruppuscoli convinti che la violenza fosse il mezzo per cambiare la società, poiché il Partito comunista aveva fallito nella sua lotta mirata ad accedere democraticamente al Parlamento e anche se la DC era composta da moderati e patrioti, il gruppo della DC che deteneva il potere all'interno del partito era uno strumento nelle mani degli americani ed attuava la strategia americana.
  Avevamo un terremoto in corso in Europa – estrema destra, estrema sinistra – e Aldo Moro aveva visto questo con i suoi occhi. Le idee di Aldo Moro che parlava di compromesso storico non vengono dal nulla, perché Moro aveva visto quanto avevano fatto gli Stati Uniti in Europa, trasformandola in una colonia americana, un partner inferiore, un alleato debole cui veniva riservato il 10 per cento. In un modo simile, Theresa May ha baciato la mano di Trump per dirgli: «Facciamo 20 per cento». Trump l'ha mandata a concludere un affare per la vendita di armamenti agli Emirati e all'Arabia Saudita e le ha concesso solo il 20 per cento! Ovviamente c'erano poi Stati che non potevano avere rapporti stretti. Il Fronte popolare ha cercato di stabilire un partenariato strategico tra l'Italia e l'Iraq: era vietato fare ciò, così come oggi l'America vieta l'intervento dell'Italia. Il Fronte popolare ha portato l'Italia a negoziare un partenariato con lo Yemen, e noi sappiamo cosa significa essere un partner di un popolo che condivide i nostri sentimenti ed oltre al proprio interesse ci tiene anche al nostro. Tuttavia, i nostri rapporti come Fronte popolare con queste fazioni, nate dopo la divisione dei partiti comunisti, erano basati su quanto segue: queste forze non erano in grado di vedere come si poteva lottare contro il capitalismo in Europa, assoggettato al capitalismo americano. Il Fronte popolare ha trasmesso loro l'ideologia sulla lotta contro l'occupante israeliano. Questa era la via per lottare contro l'imperialismo che sosteneva Israele, questa era l'idea. Il Fronte popolare non ha sostenuto alcuna operazione realizzata in Europa non solo dalle BR, ma nemmeno da alcun'altra fazione, con cui avevamo dei legami, se non quelle operazioni che erano al servizio della lotta palestinese, cioè contro chi che occupava la terra palestinese. Pag. 10 
  Tuttavia, quando le BR svaligiavano una banca, il Fronte popolare non aveva nulla a che vedere con un'azione del genere. Il Fronte popolare accoglieva i combattenti che aderivano, come volontari, alle file del Fronte popolare. Personalmente, in risposta alla sua domanda, posso dirle che migliaia di ragazzi e ragazze italiani sono venuti nei campi per contribuire alla lotta del popolo palestinese lavorando nelle unità sanitarie o negli ospedali oppure combattendo. Ma quale combattimento? Quello contro l'occupante israeliano, soltanto questo.
  È vero che il Fronte popolare aveva rapporti con la Baader-Meinhof, la RAF tedesca, l'Armata rossa giapponese e poi con le BR (all'inizio, prima che fossero arrestati i suoi membri) ma su quale base? Solamente per sostenere la lotta in Palestina. Nacque così un'alleanza internazionale il cui obiettivo era aiutare il popolo palestinese a combattere contro l'occupante israeliano.

  PRESIDENTE . Per quanto riguarda le informazioni che giungevano in Italia dal Libano, la Commissione ha approfondito il ruolo del capo centro del SISMI a Beirut, colonnello Stefano Giovannone. Lo stesso Giovannone dichiarò a suo tempo all'autorità giudiziaria che i suoi rapporti con Habbash e con lei passavano soprattutto attraverso Rita Porena. Il generale Sportelli ha ricordato che lei era un elemento molto utile al Servizio.
  Può spiegarci, soprattutto per il 1978, con quali agenti italiani (o altri italiani) lei o Habbash parlavate e se i suoi colloqui avvenivano esclusivamente in Libano o altrove? Abu Anzeh Saleh aveva un rapporto diretto con Giovannone?

  BASSAM ABU SHARIF . Noi rispettiamo tantissimo Giovannone, una persona che ha svolto un ruolo molto importante al servizio dell'Italia e a favore degli interessi italiani e nel far capire ai palestinesi quanto era grande il sostegno del popolo italiano alla lotta del popolo palestinese contro l'occupazione.
  Ho incontrato Giovannone e ho parlato con lui più di una volta. Gli ho assicurato l'impegno del FPLP di mettere l'Italia al sicuro da ogni azione in base ai principi di cui ho parlato poc'anzi, sulle basi su cui si fondavano i rapporti tra FPLP e queste fazioni rosse combattenti.
  Giovannone ha svolto un ruolo molto importante, come anche altri. Habbash l'ha incontrato una sola volta e l'incontro è avvenuto a Beirut. Per quanto mi riguarda, gli incontri sono stati a Beirut e a Roma; c'erano altre persone presenti, ed in effetti alcuni giornalisti italiani progressisti hanno avuto un ruolo per «ammorbidire» questo processo di collaborazione tra l'Italia e le fazioni palestinesi, in particolare il FPLP.

  PRESIDENTE . Il 17 febbraio 1978 il colonnello Giovannone comunicava da Beirut che un suo interlocutore, rappresentante del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, gli aveva consigliato di non muoversi da Beirut e gli aveva preannunciato informazioni relative a un'operazione di terroristi europei che avrebbe coinvolto l'Italia. Parliamo del 17 febbraio 1978, un mese prima del rapimento di Aldo Moro.
  Giovannone aggiunse di aver avuto assicurazioni che il Fronte popolare avrebbe operato nel quadro degli accordi che escludevano l'Italia da operazioni terroristiche e avrebbe fornito elementi ulteriori, necessari ad adottare misure urgenti.
  Lei sa chi fece questa comunicazione a Giovannone? Era a conoscenza di questa comunicazione di Giovannone al direttore del Servizio in Italia? Era lei l'abituale interlocutore di Giovannone o era qualcun altro? Ha elementi per dire se questa informativa potesse riguardare Aldo Moro o se, più in generale, già nel febbraio del 1978 nel Fronte di liberazione della Palestina avevate già sentore di un rischio per la vita di Aldo Moro?

  BASSAM ABU SHARIF . Certo, sono in possesso di informazioni, ma io non ero quell'interlocutore; c'era un altro interlocutore, che è morto, che si chiamava Taysir Qubaa.
  Giovannone era un mio caro, intimo amico e veniva spesso a trovarmi. Mi ha Pag. 11 parlato francamente, dicendo: «Io devo dare delle assicurazioni al mio Governo che l'Italia sarà esclusa da qualsiasi attentato o azione sanguinosa sul territorio». Ho parlato con il dottor Habbash, segretario generale del FPLP. In quel periodo (vi chiederei di prestare attenzione) il FPLP aveva mandato via dai suoi ranghi Wadie Haddad, che era il responsabile delle operazioni speciali esterne e delle alleanze internazionali, inclusa l'alleanza che c'era con le fazioni rivoluzionarie europee. Nonostante ciò, il FPLP aveva tanti punti interrogativi circa le BR. Giovannone ebbe la sorpresa (e sono lieto che proprio lui abbia avuto questa sorpresa, perché era una persona molto fedele al suo Paese e sosteneva i rapporti positivi tra i nostri Paesi) di ricevere il messaggio, cui ho accennato precedentemente, firmato dal dottor Habbash, che conteneva l'impegno da parte del FPLP di escludere l'Italia completamente dalle nostre azioni. Il dottor Habbash spiegò a Giovannone che non c'era alcun rapporto (anche un anno prima di quella data) con le BR, e in quella sede mise in guardia Giovannone da quella generazione di leader delle Brigate rosse che era infiltrata. Anche questo era un aiuto offerto all'Italia: un anno prima del rapimento di Aldo Moro Giovannone aveva ricevuto queste informazioni; non c'erano nomi, ma c'era l'indicazione che la seconda fila dei leader delle BR era infiltrata da parte degli USA, e da allora il FPLP non ha più avuto alcun rapporto con le BR.

  PRESIDENTE . In un'intervista del 2016 lei ha detto che circa un mese prima del rapimento diede l'allarme sulla sicurezza di Moro, parlando con un giovane collaboratore di Giovannone a Beirut. L'informazione, che è diversa da quella che Giovannone ebbe dalla persona che lei ha appena citato e che purtroppo è scomparsa, veniva da un militante del gruppo di Carlos, che aveva partecipato a una riunione internazionale di gruppi eversivi di sinistra.
  Può darci, facendo uno sforzo di memoria, qualche elemento su quella riunione internazionale, su quali erano i gruppi che vi partecipavano e, se lo ricorda, su chi era la militante o il militante che le riferiva questa preoccupazione?

  BASSAM ABU SHARIF . Questo è diverso da quello che ho detto prima, è un'altra questione. Si sa – non è un segreto – che Carlos fu espulso dal FPLP dopo l'operazione OPEC e il motivo è che Carlos, per la prima volta, non aveva seguito le istruzioni come doveva fare e gli algerini erano riusciti a convincerlo ad abbandonare quell'operazione senza completarla. Abbiamo ricevuto delle informazioni secondo cui Carlos aveva avuto una grossa somma di denaro dagli algerini e anche dalla Libia per rilasciare i ministri dell'OPEC. All'interno del FPLP c'era l'opinione che bisognasse giustiziarlo, ma il dottor Wadie Haddad disse di no e che doveva andarsene. Carlos cercò di fondare una sua organizzazione privata, utilizzando i 35 milioni di dollari che aveva ricevuto dalla Libia e dall'Algeria. Carlos, che io conosco molto bene, non è una mente organizzatrice, non è un leader, era un esecutore di primo livello, che poteva colpire, come ho accennato, un bersaglio 10 volte su 10 a occhi bendati, sia con la mano destra che con la sinistra; era un buon esecutore, ma non un organizzatore. Pertanto, Carlos si è rivolto a quelli che erano stati espulsi dalle fazioni rivoluzionarie in Europa: tedeschi, italiani e francesi; ovvero coloro che erano usciti dalle loro organizzazioni. Noi però, come FPLP, non eravamo d'accordo con la sua organizzazione. Carlos ha raccolto delle persone qua e là, e secondo me i servizi di intelligence di tanti Paesi hanno potuto infiltrare questa organizzazione fatta così, a caso.
  Anche Magdalena Kopp, sua moglie e madre di sua figlia, risulta che lavorasse con la polizia tedesca e tanti tedeschi che stavano con lui lavoravano per la polizia; passavano per Roma, avevano passaporti europei e così via, ma facevano parte dell'organizzazione che Carlos ha cercato di fondare, ma non del FPLP e neanche delle fazioni europee. Carlos ha organizzato una riunione, che non so esattamente dove si sia svolta, per fondare questa organizzazione, ma ha fallito, è dovuto andare dalla Germania in Medio Oriente, in Giordania, Pag. 12 è stato cacciato dalla Giordania ed è andato in Sudan, e il Sudan l'ha venduto ai francesi per 30 milioni di dollari, e oggi è in prigione.
  Per quanto riguarda Aldo Moro ci fu un allarme, basato solo su analisi e informazioni che riguardavano l'infiltrazione americana della seconda fila delle BR. Giovannone ricevette queste informazioni in modo generico, gli fu detto che gli americani avevano infiltrato la seconda fila delle BR, ma non si parlò in modo specifico di Aldo Moro, e posso dire che, se il FPLP avesse potuto collaborare per il rilascio di Aldo Moro, non si sarebbe tirato indietro, avremmo fatto ogni sforzo necessario per il suo rilascio.

  PRESIDENTE . Abu Anzeh Saleh, lo studente poi arrestato per la vicenda dei missili di Ortona, ha rilasciato nel 2009 un'intervista ad «Arab Monitor», nella quale ha affermato quanto segue: «Giovannone mi chiamò a Bologna già all'indomani del sequestro. “Puoi venire a Roma?”, mi fece. Gli risposi: “Prendo il treno domani”. “No, vieni in aereo oggi”. Mi aspettava già in aeroporto e ricordo bene il suo discorso: “Ti ho chiamato nella speranza che tu possa aiutarmi. Io faccio questo personalmente perché sono molto amico di Aldo Moro. Tu sai quanto Moro abbia a cuore i palestinesi. Ti chiedo di contattare i responsabili del Fronte popolare e domandare se abbiano qualche notizia sul rapimento”. Gli dissi subito: “Noi non abbiamo alcun legame con le Brigate rosse e io personalmente non conosco proprio nessuno delle BR”, ma avrei subito contattato Beirut».
  A lei risulta di questo contatto? Le sembra possibile che Giovannone contattasse direttamente Saleh senza informare prima voi, visti i rapporti che aveva?

  BASSAM ABU SHARIF . Saleh fu rilasciato dopo il suo arresto a Roma, era un membro del Fronte popolare per la liberazione della Palestina e non violò l'accordo firmato da George Habbash, ma quando venne arrestato ci fu un equivoco: gli oggetti, che portava, erano in transito e non destinati ad essere utilizzati in Italia. Fu arrestato e poi rilasciato quando il Fronte popolare chiarì questo aspetto.
  Non è pensabile che Giovannone abbia contattato Saleh senza che il Fronte popolare ne fosse a conoscenza. Il Fronte popolare ne era al corrente e Giovannone aveva preso il numero di telefono di Saleh dal capo di Saleh che stava a Beirut e si chiama Taysir Qubaa. Come è stato detto, Saleh era un amico, voleva bene ad Aldo Moro, non aveva nulla a che vedere con le BR e sapeva bene che la seconda fila delle BR era infiltrata dagli americani.

  PRESIDENTE . Alla metà di aprile del 1978 Giovannone comunicava che un membro di un'organizzazione studentesca palestinese in Italia sarebbe stato messo in contatto con lui. Poco più tardi, il 24 aprile, Giovannone tornava in Italia, dopo aver comunicato che era stata concordata un'azione con l'OLP e che era stato trovato un contatto con le Brigate rosse. Il 28 aprile si comunicava invece che Nemer Hammad aveva chiesto di vedere Cossiga per illustrargli la posizione dell'OLP e l'interesse della dirigenza OLP a una forma di collaborazione permanente tra i servizi di sicurezza palestinesi e quelli italiani, in particolare nel campo dell'antiterrorismo. In un altro documento dei Servizi italiani di fine aprile 1978 si affermava che, grazie all'aiuto di Abu Hol, era stato individuato come canale di trattativa un palestinese in rapporto con esponenti della RAF, che gli avrebbe presentato un brigatista alla ricerca di un contatto permanente con le formazioni palestinese libere, cioè non soggette all'OLP. Inoltre un autorevole esponente delle organizzazioni studentesche palestinesi avrebbe rintracciato due studenti palestinesi in contatto con le Brigate rosse e gli avrebbero preso l'impegno di organizzare un contatto in una località europea con i brigatisti, operando indipendentemente dall'OLP.
  Secondo i Servizi italiani, dunque, il contatto tra palestinesi e brigatisti sarebbe passato attraverso simpatizzanti della rete estremista di Haddad, poi passata nelle mani di Abu Nidal e di Carlos. Forse il contatto era Mohammed Aref Moussa, un borsista palestinese che era stato espulso Pag. 13 dall'Italia su proposta dell'OLP, essendo risultato agente iracheno coinvolto in attività illecite.
  Lei conosce questi rapporti che ho citato, oggetto delle carte che abbiamo desecretato dei Servizi? Se non ne era a conoscenza, può immaginare chi fossero questi studenti palestinesi? Ritiene che il contatto fosse con veri e propri brigatisti o con esponenti magari del mondo dell'Autonomia più o meno contigue, come Scalzone, Pifano o Baumgartner?

  BASSAM ABU SHARIF . Gli americani miravano a disseminare il caos nel pensiero europeo riguardo al terrorismo, impiegando varie modalità: per esempio, creando dei gruppuscoli, destinati a esistere solamente per otto mesi o un anno, che dovevano collaborare con un apparato di intelligence mediorientale per determinati obiettivi in un certo Paese. Credete a me: lo sforzo dell’intelligence americana e i suoi tentacoli di Gladio sono il multiplo del multiplo di quanto fanno i Servizi americani in Russia, cioè in Europa fanno il multiplo di quanto fanno in Russia. L'America cerca di mantenere la sua presa sull'Europa attraverso la creazione di «botteghe»; ci sono dei centri commerciali e ci sono anche le piccole botteghe. Per il Fronte popolare le BR sono state messe al bando perché le ritenevamo infiltrate dagli americani già prima del 1976.
  Per questo Abu Nidal è stato infiltrato, non solo dagli americani, ma anche dagli israeliani ed è stato lui a uccidere Abu Iyad e Abu Hol a Tunisi; il suo compito era uccidere i leader palestinesi e non i nemici. Dunque, hanno cercato di infiltrarsi dovunque. Le intelligence che collaborano con loro hanno speso uomini e danaro per minare l'obiettivo della vera lotta nazionale palestinese.
  Mai e poi mai ci siamo alleati con una parte che esercitava il terrorismo per il fine del terrorismo, noi rifiutiamo le denominazioni americane e aggiungo tra parentesi che purtroppo molti media europei obbediscono in modo cieco a quanto dicono gli americani. Oggi se resisti contro i complotti americani sei tacciato di terrorismo, se resisti contro l'occupazione e la distruzione del tuo Paese sei terrorista, e questo avviene in Medio Oriente. Chiunque lotti contro la politica americana viene ritenuto terrorista. Lo stesso dicasi anche in Europa, dove chi disobbedisce a Trump viene trattato come un traditore filorusso.
  È passato il tempo in cui gli americani hanno inventato un nemico per l'Europa, che era l'URSS. Questo è finito. Ormai la verità è evidente. L'Europa non ha altra via, se non essere indipendente dall'America per edificare rapporti equi col Medio Oriente, collaborando con tutti gli Stati vicini, fuori dal circuito degli ordini americani. L'America non vuole per l'Europa una vita dignitosa. L'America vuole l'Europa sotto il suo controllo.
  Mi consenta di aggiungere quanto segue, riguardo al tema principale, perché qui siamo entrati in dettagli da farci perdere la bussola. Chiedo: l'Italia ha mai osato chiedere ufficialmente di interrogare Brzezinski sull'uccisione di Aldo Moro? Io sfido il Parlamento italiano: chiedete un interrogatorio di Brzezinski sul rapporto presentato a Carter circa la necessità di farla finita con Aldo Moro, di non consentire nessuna trattativa per salvargli la vita. Brzezinski era il consigliere per la sicurezza nazionale del Presidente Carter. Qualcuno ha mai chiesto di sentire Henry Kissinger? Cercate Mohamed Halima che stava a Bologna. Andate a cercare il vero assassino: l'America. Sono stati gli infiltrati che lavoravano per gli americani a rapire Aldo Moro. Aprite gli occhi. Non cadete nella trappola. Chiedete a Cossiga. Cosa gli disse Steve Pieczenik? Chiedeteglielo francamente.
  Vi ricordate quell'aneddoto con Andreotti, che mi chiese di appartarci, dicendomi: «L'America vuole la guerra, e guerra sarà»? Chiedete a Cossiga cosa hanno detto gli americani attraverso Steve Pieczenik, inviato da Brzezinski con l'assenso di Carter affinché fosse lui a gestire il comitato che si occupava della questione Aldo Moro, e che disse: «Bisogna salvaguardare la stabilità dell'Italia sacrificando Aldo Moro». È lui il vero assassino. Inoltre, tutti, anzi alcuni fra coloro che hanno rapito Aldo Moro, poiché alcuni sono stati ingannati, Pag. 14 erano infiltrati che lavoravano per gli americani.
  Ascoltatemi, l'America non voleva che l'Italia diventasse uno Stato forte, non voleva che il popolo italiano avesse una sua unità nazionale. Anche oggi vogliono mantenere l'Europa così com'è per comandare. Poi Trump viene in Sicilia e dice: «Voi dovete pagare», con quest'arroganza coloniale sfrontata. Dove sta l'Italia, l'unità d'Italia che Aldo Moro chiedeva? L'unità nazionale, quella che avrebbe portato all'indipendenza, alla stabilità e al progresso dell'Italia. Per questo l'hanno ucciso: affinché questo pensiero non potesse diffondersi, affinché Aldo Moro non diventasse un leader dell'Europa, non solamente dell'Italia.
  Lo stesso hanno fatto con Charles de Gaulle, intervenendo affinché non ottenesse i voti necessari al referendum. Un popolo che vota contro l'eroe della resistenza all'occupazione per il 53 per cento! De Gaulle si è ritirato a Colombey-les-Deux-Églises, la sua città natale, perché aveva sfidato l'America, non il terrorismo. Perché hanno ucciso Saddam Hussein? Perché ha sfidato l'America. Perché hanno ucciso Gheddafi? Perché ha sfidato l'America. Chi sfida l'America diventa «terrorista». L'America ha ucciso Aldo Moro!

  PRESIDENTE . Ritorniamo alle nostre domande particolari, ma che per noi sono estremamente importanti, perché fanno parte delle cose che dobbiamo chiarire. Adesso, ne farò in sequenza alcune molto veloci, per passare poi la parola agli altri commissari.
  La documentazione sul rapporto tra i palestinesi e i Servizi italiani si interrompe dai primissimi giorni di maggio 1978. Il 4 maggio 1978 Arafat lancia un appello pubblico per la liberazione di Moro, ma non risultano altri contatti, almeno dalla documentazione.
  Risulta anche a voi che non vi siete più parlati? E perché è successo qualcosa? Oppure dopo l'appello pubblico di Arafat non ci furono altri contatti semplicemente perché non c'erano novità?

  BASSAM ABU SHARIF . A dire la verità, non ho mai smesso di avere contatti con i miei amici a Roma in nessun momento, ma c'era allora il dottor Wadie Haddad, un mio caro amico, che stava morendo. Haddad era un mio amico intimo. Io seguivo gli eventi, avevo delle informazioni, che riguardavano il ruolo americano in modo particolare.
  Quella che Nemer Hammad trasmise a Cossiga nel 1978 era una posizione ufficiale. L'appello di Arafat fu un appello pubblico, politico. Dietro quest'appello non c'era nessun altro tentativo, perché non c'erano rapporti con quelli che hanno rapito Aldo Moro. I rapporti che esistevano erano con quelli incarcerati, che sono stati processati.
  Nonostante ciò, proprio per una questione di principio, il Fronte popolare, l'OLP, Fatah, Yasser Arafat e Wadie Haddad erano contrari a qualsiasi azione e operazione in Italia in generale, soprattutto per quanto riguarda Aldo Moro, perché il popolo palestinese gli voleva bene. Era impossibile! E io ribadisco quello che ho detto poc'anzi e vi chiedo di prestare attenzione: se noi avessimo avuto la possibilità, se ci fosse stato chiesto di contribuire alla liberazione di Aldo Moro, non avremmo fatto nessun passo indietro, non avremmo esitato nemmeno per un minuto. Avremmo agito; non attraverso contatti con gli agenti americani, c'erano altri modi per liberare Aldo Moro. Se c'era la convinzione che chi cercava di uccidere Aldo Moro era americano, c'erano i modi per liberare Aldo Moro, facendo pressioni sull'America. Ci sono modi per fare pressioni sull'America.
  Io vi ho chiesto una cosa: se non volete chiedere a Brzezinski, chiedete il memorandum che Brzezinski spedì al Presidente Carter, che riguardava la necessità di non negoziare, anche se questa scelta avesse dovuto portare all'uccisione di Aldo Moro. Queste sono parole molto chiare, molto specifiche. Quello che dico è molto specifico, molto chiaro. Quando ho detto che il criminale è l'America, io sono responsabile di ogni lettera, di ogni parola che dico. Svegliatevi!

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  PRESIDENTE . Sentito dal giudice Mastelloni, il colonnello Giovannone ha dichiarato che, in vista della liberazione di Aldo Moro, Arafat aveva riferito a Santovito che il contatto c'era stato, ma che le BR avevano chiesto all'OLP contropartite impossibili e che improvvisamente le BR avevano rotto il dialogo. Questo è quanto Giovannone riferisce al giudice Mastelloni.
  Lei, nell'intervista del 2008, ha detto: «Avrei potuto salvare Moro. Ho chiamato un numero, ho lasciato un messaggio dopo l'altro, nessuna risposta». Può soffermarsi su questo, soprattutto per spiegarci chi doveva rispondere a quel numero? In secondo luogo, quali erano le «contropartite impossibili» che, secondo quanto ha detto Giovannone (che ha riferito ciò che Arafat aveva detto a Santovito), le BR avrebbero chiesto per poter liberare Moro?

  BASSAM ABU SHARIF . Inizio rispondendo all'ultima parte della domanda. Io ho parlato di questa cosa prima. Ho detto: se avessi potuto, se il FPLP avesse potuto contribuire per salvare la vita di Aldo Moro, l'avremmo fatto, anche se avessimo dovuto compiere un'azione che comportava un rischio, perché per noi Aldo Moro rappresentava qualcosa di molto, molto importante. Il suo rilascio sarebbe stata una giusta azione umanitaria, ma come ho detto, il problema era che le utenze telefoniche che ci venivano date erano provvisorie, cioè si usavano una volta, due volte, o tre volte e poi non rispondevano più.
  Non ho ricevuto nessuna risposta. Io non sapevo chi ci fosse dall'altra parte del telefono. Era un numero telefonico usato in precedenza. Ho ricevuto, in qualità di rappresentante dei media, questa utenza da chi era responsabile di Saleh in Italia. Questa parte non aveva nessun rapporto con le Brigate rosse. Come ho detto, questi rapporti erano stati interrotti tanto tempo prima, perché le forze speciali della nostra organizzazione avevamo il dubbio che gli americani avessero infiltrato le Brigate Rosse.
  Per quanto riguarda altre fazioni palestinesi, OLP o Nemer Hammad e l'impegno di quest'ultimo, questo non lo so, ma penso che la posizione di Yasser Arafat era: «Chiedo la liberazione, il rilascio di Moro». Anche Yasser Arafat allora non sapeva quello che sapevamo noi, che gli americani volevano uccidere Aldo Moro; così come volevano la guerra contro l'Iraq, e Andreotti mi disse: «Gli americani vogliono la guerra e la guerra ci sarà». La raccomandazione espressa da Brzezinski a Carter fu consegnata dopo 45 giorni dal rapimento di Moro. Esattamente, gli americani – quando hanno saputo tramite Steve Pieczenik, che faceva parte del comitato di Cossiga, che c'erano dei messaggi che Aldo Moro aveva iniziato a scrivere sulla necessità di negoziare, sostenendo che lo Stato dovesse tutelare i propri cittadini e non ostacolare i negoziati – dissero per bocca di Steve Pieczenik, nel comitato presieduto da Cossiga, che a causa di Aldo Moro i segreti della NATO e Gladio erano messi a rischio.
  Io vi faccio una domanda: e le altre lettere? Gli altri messaggi di Aldo Moro? I messaggi di Aldo Moro che sono stati pubblicati sono pochi, un numero esiguo. Perché non prendete una decisione e chiedete la pubblicazione di tutti i messaggi di Aldo Moro? Gli americani non vogliono questo. Chiedetelo, chiedete la pubblicazione di tutti i suoi messaggi.

  PRESIDENTE . Adesso le faccio due domande che meritano un po’ di attenzione; si basano su documenti che vanno in rotta di collisione con quello che ci siamo detti fino adesso.
  Il 21 giugno 1978 un messaggio di Giovannone da Beirut riferiva che le Brigate rosse italiane avrebbero fatto pervenire personalmente a George Habbash copia delle dichiarazioni rese da Moro nel corso della sua prigionia che si riferivano a temi di interesse palestinese. Secondo Giovannone, ciò serviva a ristabilire un rapporto di collaborazione e assistenza tra Fronte popolare e Brigate rosse, che era venuto meno negli ultimi due anni.
  Una delle nostre ipotesi è che, per stabilire buoni rapporti, le Brigate rosse abbiano fatto pervenire al Fronte alcune dichiarazioni di Moro relative alle azioni del servizio segreto israeliano in Italia e all'assassinio di Wael Zwaiter: a lei risulta qualcosa in merito?

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  BASSAM ABU SHARIF . Veramente, io non ho informazioni per quanto riguarda questo scambio di informazioni del quale ha parlato Giovannone. Io, come ho detto, non ero responsabile di questo lavoro. Io lavoravo nella stampa. Io ho svolto un ruolo importante per ristabilire rapporti con l'Italia e non ho mai sentito che i rapporti con l'Italia sono stati interrotti. Forse ciò riguardava il comparto della sicurezza, ma io parlo dal punto di vista politico: i rapporti non sono stati interrotti.

  PRESIDENTE . No, la domanda non era questa. Ripeto la domanda.
  Giovannone scrive che le Brigate rosse, come gesto distensivo per riannodare le fila di un rapporto rotto con il Fronte popolare, aveva inviato le dichiarazioni rese da Moro sui palestinesi.

  BASSAM ABU SHARIF . Questo non è vero. Il Fronte popolare per la liberazione della Palestina in due fasi... La prima fase risale a quando c'era il dottor Wadie Haddad, membro del bureau politico e responsabile delle operazioni speciali. Al suo tempo, i rapporti erano stati interrotti, perché aveva ricevuto informazioni che riguardano l'infiltrazione americana tra i dirigenti delle BR.
  I rapporti sono stati interrotti anche dopo che Wadie Haddad è stato espulso dal bureau politico. I rapporti erano rimasti interrotti, perché il FPLP aveva affidato alla divisione delle operazioni speciali il compito di ristabilire questi rapporti; non al bureau politico in generale. Se ci sono queste informazioni, io non ne so nulla, ma non penso che siano vere per due motivi: i rapporti erano stati interrotti con le BR prima di questa data, di quest'evento, e noi dicevamo che erano infiltrate da parte degli americani. Il secondo punto riguarda le mie attività, poiché i rapporti non sono stati interrotti con l'Italia (dal punto di vista politico, intendo).

  PRESIDENTE . Adesso le chiedo un'altra cosa che risulta dalle nostre carte, ed è in due punti.
  Il primo è che il vicedirettore del SISDE l'11 agosto 1978 trasmise una nota secondo la quale ci sarebbe stata una stretta collaborazione tra le Brigate rosse e Giugno Nero di Abu Nidal. Si affermava, inoltre, che i capi di Giugno Nero erano al corrente delle azioni delle BR, compreso il sequestro Moro. Nella stessa nota si parlava anche di comitati di cui il Fronte popolare di liberazione doveva essere a conoscenza, costituiti per assicurare un minimo di contatto con le Brigate rosse, nonché l'esistenza di un campo di addestramento iracheno in cui erano presenti due italiani.
  Queste notizie, la prima che riguarda Abu Nidal, Giugno Nero e il rapporto con le BR, la seconda di comitati e di un campo iracheno per la formazione di alcuni soggetti italiani, sono due informazioni di cui lei è a conoscenza o sono assolutamente fuori dalla sua conoscenza?

  BASSAM ABU SHARIF . Non ero al corrente di queste due informative, perché credo che non siano corrette.
  È la prima volta nella mia vita che sento parlare di Giugno Nero. Non ho mai sentito di Giugno Nero. Sono un leader palestinese, ma Giugno Nero... C'è Settembre Nero, ma Giugno Nero non esiste.
  In secondo luogo, non era possibile per nessun palestinese leale stabilire un rapporto con le BR o coordinarsi con esse o con altri soggetti simili. Non era possibile. Forse, qualche infiltrato, come quel borsista iracheno che studiava qui, e poi si è scoperto che era un agente iracheno; come chi ha ucciso Abu Hol e Abu Iyad: ha fatto finta di essere una delle loro guardie, ma Abu Nidal lavorava per gli israeliani. Questo è possibile, un infiltrato, ma che ci sia stata una parte palestinese, assolutamente no, non ho informazioni. È la prima volta che sento parlare di un'organizzazione chiamata Giugno Nero.

  PRESIDENTE . Riformulo la domanda. Lasciamo stare se si chiama Giugno Nero o in qualche altro modo, ma Abu Nidal dalle informative, desecretate recentemente, risulta essere a conoscenza dei piani delle BR. Pag. 17 
  Ora, al di là del fatto che Abu Nidal sia agente infiltrato di Tizio o di Caio, anche per il fatto che con voi aveva rotto, qualche cosa di strano questo soggetto doveva pur averla. Vorremmo capire qual era la stranezza e qual era il rapporto tra Abu Nidal con l'associazione terroristica.

  BASSAM ABU SHARIF . Infiltrato o non infiltrato, Abu Nidal è fuori dalla rivoluzione palestinese. Abu Nidal era membro del Consiglio rivoluzionario del movimento di Fatah. Ha espresso il suo dissenso, ha messo le mani sulle armi desinate all'OLP, giunte dalla Cina, con il sostegno del regime iracheno, in un periodo in cui i rapporti dell'Iraq con l'OLP erano pessimi.
  Abu Nidal costituì allora una sua organizzazione, e gestiva queste armi. Vendeva le armi, pagava stipendi e allestiva campi di addestramento. Noi non lo riteniamo solamente estraneo alla rivoluzione, ma lo riteniamo uno degli strumenti dei nemici della nostra rivoluzione. La frase è nota: alla domanda «Abu Nidal e i suoi uomini hanno mai sparato una sola volta contro il nemico occupante?», la risposta è «No». Ha ucciso solamente dei palestinesi. Per questo è molto importante capire chi è Abu Nidal; non si può dire che non sia importante capirlo.
  Se era un agente, dunque, era un agente estraneo alla rivoluzione. Se Abu Nidal era contrario alla rivoluzione palestinese e non la rappresentava, allora anche chiunque collaborasse con lui non aveva alcun legame con noi.

  PRESIDENTE . Ho capito benissimo.
  La cosa che le chiedevo è se questo soggetto, così come ce lo ha tratteggiato, poteva benissimo, come dice la nostra nota, avere rapporti con le BR, e magari vendere anche le armi alle BR, come le avrebbe potute vendere a chiunque.

  BASSAM ABU SHARIF . C'è un'altra eventualità che trascurate: che sia un bugiardo, che sia una sua affermazione mendace. Per esempio, se si presenta una persona dal rappresentante dei vostri Servizi in un'ambasciata e gli dà delle informazioni, queste informazioni vengono considerate immediatamente vere oppure vanno verificate? Il Medio Oriente è pieno di queste piccole botteghe: ogni gruppo di dieci persone con un capo diventa un'organizzazione.
  Un altro esempio per illustrare quanto sto dicendo: in Siria si spende ogni anno la somma di 22 miliardi di dollari in armamenti e stipendi per i combattenti, per distruggere la Siria. Anche se Daesh dovesse essere distrutto, anche se Nusra venisse liquidata, la questione non finirà, perché in ogni strada c'è una piccola banda armata con danaro. Ognuna di queste fazioni ha collegamenti in Europa o nel Golfo. Non dovete guardare alla faccenda con parametri europei, ma dovete rendervi conto che la situazione presente lì, ora, è il risultato dell'intervento americano e di alcuni Stati europei che l'hanno creata. Perciò non dovete rimanere sorpresi se i foreign fighters tornano in Europa, in Inghilterra, in Francia, eccetera. Il Fronte popolare aveva avvertito l'Italia sin dagli anni Novanta. L'aveva messa in guardia contro movimenti sedicenti islamici, ma che non sono islamici, che utilizzano il territorio italiano per infiltrarsi in Europa. Allora vennero forniti all'Italia dati e informazioni al riguardo.
  Quindi, per ogni domanda che riguarda questi particolari, vi prego di tenere presente la possibilità che possa essere tutto falso, non vero: o la notizia è falsa o la persona è bugiarda.

  PRESIDENTE . Adesso ci deve aiutare a comprendere una cosa. Mi pare che lei abbia ben spiegato la vostra impostazione sulla mancanza di rapporti con le BR, da quando avete avuto il sospetto che fossero in qualche modo infiltrate. La cosa che noi non riusciamo a comprendere, però, è che, dopo l'uccisione di Moro, risulta che (nell'agosto del 1978) un gruppo di terroristi e Autonomia operaia ottennero da movimenti palestinesi armi che poi distribuirono agli altri gruppi armati. Nel 1979 le Brigate rosse direttamente ebbero un carico di armi di provenienza palestinese in Libano e le portarono in Italia. Pag. 18 
  Lei ha espresso più volte una condanna dell'omicidio di Moro – e in questo è non solo sicuramente convinto, ma anche molto coerente e onesto – però dopo la morte di Moro si intensificano i rapporti tra le Brigate rosse e l'Autonomia operaia da una parte e il mondo palestinese dall'altra, con il traffico di armi.
  La nostra domanda è perché questo accade e come mai, mentre prima non c'erano rapporti perché si ritenevano le BR non affidabili, dopo l'omicidio di Moro invece diventano affidabili e si danno loro le armi.
  Sospendiamo cinque minuti, su richiesta del dottor Sharif.

  (La seduta, sospesa alle 16.55, riprende alle 17)

  PRESIDENTE . Riprendiamo la seduta, con la risposta alla domanda che avevo posto prima della sospensione.

  BASSAM ABU SHARIF . Qui c'è un po’ di confusione: armi da chi a chi? Da Beirut? Armi date dal Fronte popolare a Beirut? Era il Fronte popolare?

  PRESIDENTE . Quello che ci risulta è che dal movimento palestinese, partono da Beirut per l'Italia prima armi all'Autonomia operaia, che poi le distribuì; poi, direttamente da Beirut, sempre da parte del movimento palestinese, vanno armi alle BR. Questo è quello che troviamo nelle nostre carte. Non si precisa se era il Fronte popolare.

  BASSAM ABU SHARIF . Si può dire, è facile dire «movimento palestinese». Nei territori occupati – vi parlo con la massima franchezza – ci sono molti agenti israeliani: sono palestinesi, ma sono agenti israeliani. In Libano, oggi, nel campo palestinese di profughi Ayn al Hilwe ci sono palestinesi affiliati a Daesh, ma quando una parte seria come l'Italia parla di palestinesi, deve intendere quella parte che rappresenta il popolo palestinese, quella parte ufficiale che mantiene rapporti con l'Italia, cioè l'OLP.
  Nel campo profughi in Libano di Ayn al Hilwe il mese scorso c'è stato uno scontro armato con morti e feriti, da parte di organizzazioni affiliate al Daesh. Sono palestinesi contro combattenti dell'OLP, Fatah, Fronte popolare e così via. Ora, se questa parte palestinese affiliata a Daesh invia armi a una certa parte per compiere un attentato terroristico da qualche parte, basta dire «fonte palestinese» e basta? Facciamo un esempio: non ci sono forse criminali, in Italia? Basta dire che tre persone sono state rapite da un'organizzazione criminale italiana per dire che sono state rapite dall'Italia? Non basta: è un'affermazione troppo generica, poco precisa. È anche un discorso irresponsabile dire «movimento palestinese»: c'è il palestinese spia, c'è il palestinese normale e c'è il palestinese ufficiale, che è l'OLP o quelle fazioni che hanno rapporti con l'Italia.
  Per questo, i rapporti del Fronte popolare con quanto viene definito BR sono stati interrotti dal 1976, perché il Fronte popolare riteneva che la seconda generazione dei capi BR, non quelli in galera, ma quelli liberi, era stata infiltrata. Nemer Hammad aveva comunicato a Cossiga la nostra disponibilità a collaborare per combattere il terrorismo, ma se una parte palestinese, che sia Abu Nidal o altri, era infiltrata, non possiamo dire «palestinesi» tout court. «Palestinese» è la parte ufficiale. Qui si tratta invece di un criminale.

  PRESIDENTE . Credo di aver capito. Io riassumerei in questo modo. L'OLP o il Fronte popolare di liberazione della Palestina sono estranei al traffico d'armi. Ciò non esclude che altri membri della galassia palestinese, a diverso titolo, possano aver avuto rapporti con le BR e con altre organizzazioni terroristiche e possano aver venduto o fornito armi; ma non sono stati né l'OLP né il Fronte di liberazione della Palestina, che hanno rapporti coerenti e leali con lo Stato italiano.
  È corretto affermare che nella collaborazione con Giovannone del dottor Habbash, o comunque dell'interlocutore di Giovannone, talune volte possono essere state date informazioni acquisite o carpite da questi palestinesi deviati?

Pag. 19 

  BASSAM ABU SHARIF . George Habbash, pace all'anima sua ed all'anima di Yasser Arafat e di Wadie Haddad... Sono morti tutti, ma tutti erano sinceri delineando un percorso chiaro della politica di amicizia e di collaborazione con l'Italia. Qui vorrei che rimanesse scritto nel resoconto, in modo chiaro e ufficiale, che l'OLP, con tutte le sue fazioni, quelle che fanno parte dell'OLP, sono sincere e stanno cercando di avere i migliori rapporti possibili, con l'Italia in modo particolare. L'OLP sa che il popolo italiano è simpatizzante col diritto del popolo palestinese di decidere del proprio destino, ma non solo questo. Se noi potessimo sapere, se avessimo informazioni che riguardano la presenza di una parte che vuole fare del male all'Italia, il nostro dovere ci imporrebbe di informare l'Italia, di cercare di aiutare e tutelare l'Italia, esattamente come noi ci aspettiamo che l'Italia cerchi di aiutarci e di tutelarci.
  C'è stato uno scambio di informazioni in passato, l'Italia ci ha dato delle informazioni che sono state molto utili e ci hanno portato a tutelare il nostro popolo, la nostra terra.
  Oggi, amici miei, c'è un nuovo rischio. Le BR sono finite. Oggi possiamo parlare di brigate blu, ma dobbiamo cercare di vedere dov'è il rischio e chi costituisce questo rischio. C'è una nuova alleanza che gli Stati Uniti stanno creando. C'è una nuova guerra pianificata dagli USA. Non ho la fobia statunitense, questa è la verità. L'ultima notizia di oggi è che Daesh ha annunciato la presenza di una grande base nelle Filippine e in Indonesia. E anche in Afghanistan, combattendo, hanno conquistato Tora Bora. Ma che cosa è Daesh, o ISIS? Sono combattenti che vengono pagati, portano le armi, sparano. Chi c'è dietro Daesh? Credetemi, abbiamo delle informazioni. Chi ha fondato Daesh sono gli Stati Uniti, quando l'esercito americano occupava l'Iraq. Oggi pretendono di fare la guerra a Daesh in Siria. Questa è una menzogna, perché stanno aiutando Daesh in Siria.
  Poi vengono dei loro alleati in Europa e dicono: mandate le vostre forze. Perché Merkel ha ritirato le sue truppe dal nord della Siria? Perché è stata una testimone del crimine, senza intervenire: vedeva cosa facevano gli americani e le forze tedesche erano testimoni di quello che facevano gli americani.
  Aldo Moro aveva una visione, e la sua visione trionferà. È una certezza. Hanno ucciso il corpo di Aldo Moro, ma non uccideranno la sua visione o le sue opinioni o il suo spirito, perché è lo spirito che rappresenta l'Europa indipendente, libera ed equa.

  PRESIDENTE . Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CARLO GIOVANARDI . Ringrazio l'ospite per la sua cortesia. Ricordo, però, che da due ore stiamo parlando di un accordo tra Aldo Moro, il Governo italiano e i palestinesi, che però in Italia, o almeno nei tribunali italiani, risulta non essere mai avvenuto. Se ne parla, ma formalmente è qualcosa di sconosciuto, compresa la lettera di Habbash con la quale egli avrebbe garantito questo tipo di salvaguardia all'Italia.
  Parto da una data precisa, il 7 ottobre 1979, giorno del sequestro dei missili a Ortona ad Abu Anzeh Saleh e ai membri dell'Autonomia. Mi riferisco a Giovannone. Se n'è parlato molto.
  Vorrei che da questo momento la seduta fosse secretata.

  PRESIDENTE . Proseguiamo in seduta segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo e della trasmissione sulla web-TV.

  (I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica)

  MASSIMO CERVELLINI . Lei ha fatto riferimento ai campi di addestramento. Ne era responsabile organizzativo per la Giordania e per il Libano. Ha fatto riferimento anche al fatto di aver conosciuto Andreas Baader e Ulrike Meinhof. Le chiedo se nel periodo antecedente al 1976, cioè l'anno in cui si determinò la rottura con le Brigate rosse in quanto ritenute infiltrate, è a conoscenza Pag. 20  della partecipazione di esponenti delle Brigate rosse a questi campi. Lei ha detto che hanno partecipato anche esponenti occidentali, sia in posizione di solidarietà sotto il profilo sanitario o di altro genere, sia in termini di combattimento contro i nemici dei palestinesi. Sarebbe molto importante, sapere se questo è avvenuto e ha visto esponenti italiani.
  Le chiedo anche se le risulta, per l'alto grado di conoscenza che lei ha avuto e ha sul territorio e sui territori occupati, che successivamente al 1976 vi sia stata la presenza di esponenti italiani delle Brigate rosse o di organizzazioni a esse collegate, ovviamente in ambiti non più gestiti da lei né dall'OLP o dalle sue fazioni, ma da parte di forze palestinesi estranee all'OLP.

  BASSAM ABU SHARIF . Grazie per la domanda. La sconfitta imposta ai regimi arabi nel 1967 offrì un'occasione alla rivoluzione palestinese. Allora la rivoluzione era debole. Erano stati aperti dei campi di addestramento per addestrare dei palestinesi, ma abbiamo iniziato nel 1969, con la battaglia della dignità, che ha fatto aprire gli occhi alla gente.
  In quel periodo c'era il grande problema dello sgretolamento dei partiti comunisti europei, la rabbia per la situazione economica, rivoluzioni in ogni capitale europea. Io nel 1968 ero a Parigi. A maggio del 1968 Parigi era come ai tempi della presa della Bastiglia. Quindi, dopo il 1968 queste fazioni di estrema sinistra sono andate verso la rivoluzione palestinese a combattere lì. Posso dire che negli anni dal 1969 al 1972 le persone non erano infiltrate, erano persone normali, che venivano di propria volontà, in segno di solidarietà con i campi, con i palestinesi. Dopo il 1973, quindi dopo la guerra di ottobre, però, l'America e Israele hanno mandato stranieri per infiltrare queste fazioni europee estremiste, allo scopo di infiltrarci.
  Ciò era dovuto al fatto che Israele riteneva che la vittoria dell'esercito egiziano, che aveva attraversato il Canale di Suez, fosse avvenuta perché Israele non aveva potuto focalizzare la dovuta attenzione su questo fronte. Perché? Perché era occupato a combattere contro i palestinesi. Noi abbiamo allontanato l'attenzione di Israele dal Canale di Suez.
  La sua domanda era: dopo c'erano persone che venivano in questi campi? Sì, certo, continuavano a venire, ma non erano BR. C'erano i volontari italiani. Alcuni erano medici, altri erano infermieri e venivano nei campi in Libano, in Giordania, in Siria (oggi in Siria nessuno ci può andare); erano un numero esiguo rispetto a prima, dai Paesi scandinavi e altri Paesi. Lo facevano per motivi umanitari.
  C'era una collaborazione dal punto di vista operativo? La risposta è no. Quella fase era finita. Io ho detto – credo in quello che dico, ne sono convinto – che loro hanno voluto lanciare una nuova fase in Europa. Di questa fase ha parlato Aldo Moro, l'ha prevista. L'Europa ha bisogno di essere nuovamente indipendente tramite l'unità nazionale dei popoli europei, il compromesso storico. Gli Stati Uniti sono una vera forza coloniale in Europa per noi, ma proclamando lo slogan della libertà.

  MARCO CARRA . Torno al tema della trattativa, perché, come abbiamo avuto modo di sottolineare anche nella nostra seconda relazione al Parlamento, come Commissione, abbiamo sostenuto con convinzione che il tema non era tanto se vi fosse stata una trattativa con i palestinesi, ma chi la interruppe. Io lo chiedo, perché in questa lunghissima conversazione che abbiamo avuto modo di ascoltare mi pare che non sia trapelato con forza, o meglio non è per nulla trapelato, se non con cenni generici.
  A me interessa sapere, visto che si dice, anche in interviste del nostro audito che sono diventate piuttosto famose, che a un certo punto quella trattativa si interruppe e non squillò più il telefono. A me sembra strano anche non sapere, quando si è contattati telefonicamente, chi c'è dall'altra parte della linea telefonica, perché solitamente chi chiama in qualche modo deve presentarsi. Lo dico così, con una battuta, però già il fatto che non si riesca a capire questa roba mi inquieta.
  Allora io chiedo, se possibile, di sapere chi interruppe questa trattativa, visto che si fa riferimento a un aereo, o meglio alla disponibilità dell'aeroporto di Beirut ad Pag. 21 accogliere i brigatisti, in una sorta di scambio, anche se questo termine non è mai stato usato. Ecco, mi interessa sapere in prima istanza questa questione.

  PRESIDENTE . Se posso, io riformulerei la domanda dell'onorevole Carra in questi termini: dai carteggi tra Giovannone e il SISDE risulta che nei giorni 23-24 aprile Giovannone rientra in Italia. Moro scrive nelle sue lettere che voleva Giovannone in Italia e fa riferimento specifico alla liberazione, effettuata in a passato, di un terrorista palestinese come gesto umanitario. Giovannone dice, in sostanza: «Rientro perché tramite i palestinesi abbiamo trovato un contatto che può portarci a una a una trattativa che liberi Moro». Quindi, doppio riscontro: le lettere di Moro e Giovannone che scrive e che parte su un aereo della SNAM.

  MARCO CARRA . Perfetto.

  PRESIDENTE . La nostra domanda è: perché poi non succede più nulla? È a conoscenza del perché questa iniziativa avviata non produce più effetti?

  BASSAM ABU SHARIF . Io non sono al corrente di queste trattative. Io stavo a Beirut e Giovannone mi conosceva. Non sono al corrente di queste trattative, questo posso dire per essere franco con voi.
  Io ho detto che, se fosse stato chiesto a noi di aiutare per arrivare alla liberazione di Moro e avessimo avuto la possibilità di farlo, l'avremmo fatto.

  PRESIDENTE . Lei prima ha detto una cosa importante: lei conosceva Giovannone, ma l'interlocutore di Giovannone era un'altra persona, sempre del FPLP, che è deceduta. Dalle carte di Giovannone risulta che questo interlocutore, che ha fatto tutto il possibile per mettere in piedi un contatto, ha forse trovato questo contatto forse a Berlino, e per questo Giovannone parte.

  BASSAM ABU SHARIF . Su Aldo Moro, pace all'anima sua, io ribadisco quello che ho detto. Fate attenzione a quello che dico: se fosse stato chiesto a noi di partecipare alla liberazione di Aldo Moro, l'avremmo fatto sicuramente. Questo non voleva dire contattare le Brigate rosse, assolutamente no.
  Ripeto quello che ho detto: noi avevamo modo di fare pressioni su quelli che avevano preso la decisione di liberarsi di Aldo Moro. Chi erano? Erano gli americani.

  MARCO CARRA . Lei ha fatto per tutto il pomeriggio dei continui richiami al coinvolgimento statunitense in questa vicenda, addirittura bollando l'Amministrazione americana come la mandante.
  Osservo – forse le può apparire una domanda inopportuna – che non ho colto alcun riferimento allo Stato di Israele e presunto ruolo che il Mossad potrebbe avere avuto in questa vicenda. Lei ha richiamato costantemente la CIA, non il Mossad.
  Seconda domanda: lei ha parlato di infiltrati. Noi siamo in una Commissione parlamentare d'inchiesta, quindi mi viene spontaneo chiedere se sa chi sono. Ovviamente, mi riferisco agli infiltrati nelle Brigate rosse da parte degli americani. Mi pare che questa sia stata la sua affermazione reiterata nel corso del pomeriggio.

  BASSAM ABU SHARIF . Io sono un politico, mi occupo di storia politica e sono un leader della rivoluzione palestinese, ma non appartengo all’intelligence. Non c'è niente di male se uno lavora per il suo Paese, anche se lavora nei Servizi segreti, ma io non sono un uomo dei Servizi segreti e non pretendo di esserlo. Quando faccio delle affermazioni, sono sicuro di quello che dico, ma io non ho questi rapporti. Questi rapporti ce li hanno gli apparati di sicurezza. Per esempio, ho detto che gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo e sono stati implicati nell'ostacolare qualsiasi mossa del Governo italiano verso la trattativa per la liberazione di Aldo Moro; gli americani non è che hanno detto: «Uccidetelo», però hanno detto: «Non potete discutere o fare una trattativa». Quindi, questo che cosa voleva dire? Voleva dire l'uccisione di Aldo Moro.
  Riguardo al secondo punto, io ho detto prima che ho incontrato più di una volta il Pag. 22 Presidente Carter; non ho parlato di Aldo Moro con lui, ma con i suoi collaboratori, soprattutto con l'uomo che ha scritto le sue memorie, la sua biografia, che lo conosco molto bene. Sono stato a casa sua a Washington e gliel'ho chiesto. Mi ha risposto che Carter è un uomo credente che non capisce molto di sicurezza. Quindi, Carter chiedeva al suo consigliere per la sicurezza nazionale. Chi era il consigliere di Carter per la sicurezza nazionale? Brzezinski. Pertanto vi ho detto: perché non chiedete il rapporto di Brzezinski che ha mandato al Presidente Carter su quello che doveva fare l'America per quanto riguardava la vicenda di Aldo Moro? Questa è una prova. Perché hanno mandato Steve Pieczenik? Io ho il suo nome qui davanti. Perché l'hanno mandato? L'hanno mandato per garantire che i messaggi di Aldo Moro non potessero influire sulla decisione del Governo italiano per quanto riguarda le trattative.
  Punto terzo: quando parlo degli Stati Uniti, parlo della causa ideologica e politica. Questa è una verità: non hanno voluto Aldo Moro leader di un'Italia unita, perché questo lo avrebbe reso leader dell'Europa e l'Europa non sarebbe più rimasta sotto l'egemonia americana.
  Circa la sua seconda domanda: i nomi esatti degli infiltrati americani in BR non li conosco, ma io so che hanno avuto successo; è possibile avere successo – questo ci insegna la nostra esperienza – perché ci sono tanti uomini deboli che possono essere comprati col denaro.

  PRESIDENTE . Prima di dare la parola all'onorevole Grassi mi servono due risposte semplici, che siano un «sì» o un «no» senza argomentare ulteriormente, perché altrimenti vado in confusione. Il caldo e il sovrappeso mi mettono fuori gioco.
  La prima domanda è questa: lei ha insistito nel dire: «Se ci fosse stato richiesto dal Governo italiano o dall'Italia, avremmo fatto ogni sforzo per liberare Moro». Ciò significa che non vi è stato richiesto di farlo. Sì o no?

  BASSAM ABU SHARIF . Non ci è stato chiesto.

  PRESIDENTE . Seconda domanda: sulla base del famoso documento sottoscritto dal dottor Habbash, se in qualunque modo foste venuti a conoscenza di attività terroristiche contro l'Italia e, in modo particolare, contro Aldo Moro, o di notizie per liberare Aldo Moro, avreste comunque avvertito l’intelligence italiana?

  BASSAM ABU SHARIF . La risposta è affermativa.

  PRESIDENTE . Questi sono due punti chiari, di cui ringrazio.

  GERO GRASSI . Anzitutto grazie per la sua disponibilità. Io devo farle qualche domanda, ma, prima di porre quesiti, vorrei correggere una sua affermazione, che storicamente non è esatta.
  Lei in più occasioni ha parlato di compromesso storico, ma il termine «compromesso storico» non è riconducibile a Moro, bensì a Enrico Berlinguer, che era il segretario del Partito comunista. Moro non ha mai parlato di compromesso storico, perché il compromesso storico era qualcosa di contingente. Moro, che era cinquant'anni avanti sui tempi, parlava di «democrazia compiuta», che significava rendere possibile in Italia, all'epoca, un processo politico che alternasse al governo del Paese due partiti diversi, ma che stessero entrambi nella tradizione democratica.
  Ora, la prima domanda: fatto salvo tutto quello che lei ha detto, che si può intersecare con la mia domanda, che cosa sa lei del lodo Moro?

  PRESIDENTE . Se il dottor Sharif ha elementi per rispondere a questa domanda, forse dobbiamo passare in seduta segreta, come abbiamo fatto prima su richiesta dell'accorto senatore Giovanardi.
  Poniamo la domanda in questo modo: l'onorevole Grassi, quando chiede del lodo Moro, fa riferimento a un'affermazione fatta anche dal dottor Sharif e ad altri elementi che non possono essere oggetto di dialogo pubblico, e fa riferimento a quello scambio di missive tra il dottor Habbash e l'autorità italiana circa modalità di reciproco comportamento. Pag. 23  Questo è quello che in Italia viene chiamato «lodo Moro» ed è la cosa su cui le chiede notizie l'onorevole Grassi.
  Proseguiamo in forma segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo e della trasmissione sulla web-TV.

  (I lavori proseguono in seduta segreta)* .

  BASSAM ABU SHARIF . Sì, so bene cosa c'è in questo documento. L'ho letto, ho visto il messaggio, e ho assistito alla firma di quel documento.

  GERO GRASSI . Chi l'ha firmato?

  BASSAM ABU SHARIF . È stato George Habbash in persona a firmare l'accordo di fronte a me. La firma era in qualità di segretario generale del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. L'intero documento era accompagnato da una missiva firmata dal dottor George Habbash indirizzata al Governo italiano. L'ha ricevuta Giovannone per consegnarla al Governo italiano.
  La missiva era della massima chiarezza e affermava che egli assumeva l'impegno, in qualità di segretario generale del FPLP, a non compiere nessuna azione che potesse minacciare la sicurezza degli italiani, dell'Italia o del suolo italiano da parte del Fronte popolare. Secondo punto: si parlava di collaborazione con l'Italia in tutto quello che riguarda l'Italia e la sua sicurezza e si dichiarava che l'Italia avrebbe facilitato la lotta nazionale palestinese e la lotta del Fronte popolare nell'ambito di questo concetto, cioè il non intaccare la sicurezza e dell'Italia e degli italiani.

  CARLO GIOVANARDI . La data della firma del documento?

  BASSAM ABU SHARIF . Lei quanti anni ha? Voglio dire che non ricordo. Ma nella missiva c'è la data, ci sono firma e data. Devo comunque verificare la data consultando i documenti.

  PRESIDENTE . Volevamo sapere se nel 1973, 1974, 1971… Prima o dopo la vicenda dolorosa di Fiumicino?

  BASSAM ABU SHARIF . Quale vicenda? Quella che ha visto l'arresto di alcune persone?

  PRESIDENTE . Quella del 1973 all'aeroporto di Fiumicino.

  BASSAM ABU SHARIF . Dopo Fiumicino. Comunque ce l'ho nei miei incartamenti. Quando torno posso vedere la data.

  GERO GRASSI . Ce ne può dare una copia? La domanda non è ingenua, scusate.

  BASSAM ABU SHARIF . Non sono più del FPLP, il cui segretario generale è un mio amico. Ma posso fare un tentativo per ottenerne una copia. Ma una copia è in Italia, si trova in Italia.

  GERO GRASSI . Lo sappiamo.

  PRESIDENTE . Onorevole Grassi, vada avanti, per favore, perché non c'è un nesso diretto tra il 1974 e chi ha rapito Moro il 16 marzo 1978.

  GERO GRASSI . No presidente, mi dispiace, devo correggerla. La connessione sta nel lodo Moro, perché se uno viene rapito nel 1978 non è che viene rapito per quel che ha fatto quella mattina, ma per quel che ha fatto prima. E nel «prima» c'è anche il lodo Moro. Comunque, andiamo avanti.

  PRESIDENTE . Se il dottor Sharif ne trova copia, se la copia è rintracciabile, noi siamo interessati.

  ALDO DI BIAGIO . Da parte delle autorità italiane chi firmò?

Pag. 24 

  PRESIDENTE . Ecco, la domanda che pone il senatore Di Biagio e che aveva formulato anche l'onorevole Grassi, per finire questa parte: c'è stato un ritorno con qualche sottoscrizione del Governo italiano o no?

  GERO GRASSI . E quindi non è inopportuno chiedere una copia, perché se noi avessimo la copia italiana, questa domanda sarebbe superata.

  BASSAM ABU SHARIF . È stata l'Italia a chiedere un impegno del segretario generale del Fronte popolare, e questo nel corso di una riunione. Venne chiesto un impegno del segretario generale, ma non era una conversazione con domanda e risposta, botta e risposta, è stato richiesto un impegno. E la missiva era l'impegno, e basta. E George Habbash gli ha dato quell'impegno. Tutto qua.

  PRESIDENTE . Se riesce a trovarne una copia…

  BASSAM ABU SHARIF . Farò del mio meglio.
  Ma questa questione non viene dal nulla: è stata il risultato di trattative con Giovannone e con altri. L'Italia volle allora arrivare a una specie di accordo con il Fronte popolare. In poche parole, venne discussa la questione dell'accordo, gli aiuti eccetera, tutto questo venne discusso. Da parte dell'Italia si disse: «Va bene, allora chiediamo un impegno ufficiale del segretario generale, stampato, timbrato, datato e firmato». Così è stato, e questo impegno è stato comunicato. Adesso i nostri archivi sono in Siria, e la Siria è in guerra. Un'altra parte sta in Libano. Dunque, farò del mio meglio per ottenere una copia da inviarvi, anche se sono certo che l'originale è da voi in Italia. Comunque, farò un tentativo.

  PRESIDENTE . Proseguiamo in forma pubblica. Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo e della trasmissione via web-TV della Camera.

  (I lavori riprendono in seduta pubblica).

  GERO GRASSI . Il 28 agosto 1980 a Beirut scompaiono due giornalisti freelance, Graziella De Palo e Italo Toni. Questi due ragazzi, molto giovani, in 38 anni non sono stati mai più ritrovati. Con la scomparsa di questi due ragazzi si intrecciano il colonnello Giovannone, Habbash e un magistrato, il dottor Armati, che in questa sede ha detto di aver fatto indagini con la collaborazione dell'ambasciatore italiano a Beirut e di aver richiesto l'emissione di un mandato di cattura internazionale per Habbash, che con Giovannone aveva determinato la morte dei due giornalisti.
  Il motivo della morte sarebbe che i due giornalisti avevano scoperto un sito di addestramento delle Brigate rosse con i terroristi palestinesi e avevano scoperto che chi li addestrava erano italiani non riconducibili alle forze di polizia normali. Non invento nulla e, siccome non nascondo nulla e non faccio partigianeria, quindi non sto usando questa materia a fini di speculazione, chiedo al dottor Sharif se conosce qualche cosa in merito.

  BASSAM ABU SHARIF . In quell'anno noi eravamo a Beirut. Nel 1980 c'erano i bombardamenti israeliani? Non ricordo ora, ma, se lo ritenete importante, posso cercare di documentarmi. Avevamo scontri continui, guerre. Israele aveva invaso Tiro e Sidone. Eravamo impegnati nel conflitto con Israele e l'assedio a Beirut da parte di Israele. Ad ogni modo, questa è la prima volta che sento questa storia. Di solito seguo quanto avviene, ma escludo nel modo più assoluto che ci fosse un campo di addestramento in cui le BR facevano addestramento. Non c'era posto in Libano. C'erano Fatah, l'esercito palestinese, il Fronte popolare e il Fronte democratico.
  Israele aveva lanciato l'attacco del 1982 a causa della nostra presenza militare e dei nostri campi palestinesi. C'erano campi di addestramento per gli armeni, l'Armata armena segreta. C'era un campo di addestramento per i curdi, con quello che è attualmente in galera in Turchia, ma non ho mai sentito parlare di un campo di BR, assolutamente.
  Sono sincero, non mi ricordo nulla. Non so nulla. Pag. 25 
  Mi documenterò. Vi darò notizie certe al riguardo. Qual era la data?

  GERO GRASSI . 28 agosto 1980. Grazie, la cosa servirebbe perlomeno a dare giustizia postuma a due persone scomparse.
  Terza domanda. Lei ha parlato più volte di BR infiltrate. Quando c'è stato il delitto Moro, dei tre fondatori delle BR due erano in carcere a Torino – Alberto Franceschini e Renato Curcio – e la terza, Mara Cagol, era stata già uccisa, non si sa ancora da chi (dal punto di vista storico dai Carabinieri, ma in questa Commissione sono emersi anche dei dubbi).
  La domanda è: gli infiltrati ai quali lei fa cenno – e io ritengo che lei abbia perfettamente ragione – può indicarli con nomi e cognomi? Lei ha detto che erano infiltrati BR e ha fatto riferimento alla seconda generazione. Io le faccio un nome: Mario Moretti. L'ha mai sentito? Sa qualcosa?

  BASSAM ABU SHARIF . Sarò della massima franchezza: non ho dei nomi certi; posso informarmi, come ho detto, sono un comandante, sono uno storico, sono un analista politico, non sono un uomo dei Servizi e non ho accesso ai loro documenti. Ho letto su Moretti migliaia di pagine e so benissimo chi è. Ho letto anche altri nomi.
  Tuttavia, in risposta alla sua domanda e per essere credibile, non sono in grado di dire: «Questo è il nome», ma posso tornare dai nostri uomini dell’intelligence; non sono più del Fronte popolare, comunque posso chiedere. Vi prometto che vi darò risposta, ma so anche che Moretti c'erano delle voci che lui era così, era colà, che era di Gladio, che la Gladio l'ha utilizzato e così via; ma io, Bassam Abu Sharif, non posso dire una cosa di cui non sono certo, non posso dire una cosa che viene registrata sotto la mia parola, non posso mettere in gioco la mia credibilità. Le prometto che cercherò e darò una risposta, ma ora non ho una risposta. Di certo so al 100 per cento che c'è stata un'infiltrazione. Quando si riceve un rapporto, io ricevo una sintesi con la risposta, non con i dettagli che il tale ha contattato il talaltro e ha organizzato e così via. Sono un dirigente e ricevo un riassunto, un abstract dall’intelligence.

  CLAUDIO COMINARDI . Innanzitutto ringrazio Bassam Abu Sharif per l'interessantissima relazione che ci ha fornito. Avrei due domande. In una sua intervista lei disse che Moro voleva rendere l'Italia più forte economicamente, politicamente e anche tecnologicamente, che voleva renderla libera dalla subdola dominazione statunitense. La domanda è: questa era una sua deduzione, oppure lo ha saputo... So che non ha mai avuto rapporti diretti con l'onorevole Moro, però, non so, magari ha avuto rapporti con dei suoi collaboratori o qualcuno che aveva a che fare con lui. Quindi, le chiedo: le sue deduzioni sono esclusivamente personali, oppure lei ha avuto anche contatti diretti con dei collaboratori dell'onorevole Moro o con qualcuno che ha avuto a che fare, per fare questo tipo di affermazione? Ce la può articolare un po’ meglio rispetto a quanto fatto precedentemente?

  BASSAM ABU SHARIF . Io seguo con attenzione, molto da vicino, tutti gli eventi che si svolgono in due posti nel mondo dal 1968: in Europa e nella Palestina occupata. Seguendo gli eventi europei, seguivo Aldo Moro e tutto quello che diceva in Parlamento, i suoi discorsi in Parlamento, le sue affermazioni e quello che dicevano i giornali. Ho avuto dei rapporti con gli italiani, ma non con Aldo Moro. Purtroppo, non l'ho conosciuto. Avrei voluto conoscerlo, ma non l'ho conosciuto. Ho avuto dei rapporti con alcune persone che l'hanno conosciuto. Ho un amico che è diventato primo ministro, Massimo D'Alema. Era un amico mio, un amico carissimo ai tempi della gioventù. Io conosco i suoi amici, conosco persone democratico-cristiane e socialiste e così via. Moro personalmente non l'ho conosciuto, ma io ho seguito la sua mentalità, ho capito quanto la sua mentalità era evoluta. Non ha cominciato a pensare nel 1976 né nel 1975, ha cominciato a pensare prima. Aldo Moro è arrivato a essere il primo ministro in Italia più volte e io seguivo anche i suoi interventi all'interno della DC. Non ha avuto una lotta molto facile all'interno del suo partito.
  Quindi, mi dispiace, non l'ho conosciuto personalmente, ma ho tanto rispetto nei Pag. 26 suoi confronti, perché era una personalità veramente grande, non solo per l'Italia, ma anche per l'Europa e per l'uomo, per l'uomo libero e l'uomo democratico.

  CLAUDIO COMINARDI . La seconda domanda è, ovviamente, sul mio chiodo fisso, Henry Kissinger. Secondo le testimonianze giurate di Corrado Guerzoni, collaboratore ventennale di Moro, e della vedova Moro, pare che Kissinger abbia fatto delle minacce non troppo velate a Moro rispetto alla sua linea politica, come abbiamo detto precedentemente. Noi abbiamo comunque chiesto in questa Commissione l'audizione non solo di Kissinger, ma di Steve Pieczenik e di Zbigniew Brzezinski. Brzezinski mi risulta che è morto circa un mese fa. Kissinger, invece, ha novantaquattro anni. Io credo che, insomma, sia importante avere una sua testimonianza.
  Quindi, la domanda che le pongo è: secondo lei, Kissinger all'epoca, durante la questione Moro, quale tipo di responsabilità politiche, secondo lei, può avere avuto, in base alle informazioni che lei ha?
  Ci tengo anche a precisare che, appunto, abbiamo fatto nel mio Gruppo politico una battaglia per avere a tutti i costi Kissinger in questa Commissione. Dal mio punto di vista – mi assumo la responsabilità di quello che dico – anche il Ministro degli affari esteri in carica in quel periodo, Gentiloni, ora Presidente del Consiglio, non ha fatto tutto quello che era nelle sue possibilità per interfacciarsi con Kissinger e per portarlo qui, visto che ha avuto modo di conoscerlo e parlargli più volte. Questa cosa ci dispiace moltissimo.
  La ringrazio nuovamente per il suo contributo.

  PRESIDENTE . L'onorevole Cominardi ha inseguito Kissinger anche nei boschi... La cosa che, però, il dottor Sharif sa bene è che lui è ospite della Commissione perché ha risposto a un invito ed è stata una scelta autonoma. Non saremmo potuti partire con l'aereo, sequestrarlo e portarlo qui. Non credo che questo si possa fare neanche con il signor Kissinger.

  CLAUDIO COMINARDI . No, non è corretto. Gentiloni ha incontrato Kissinger e non glielo ha detto.

  BASSAM ABU SHARIF . La ringrazio. Io, a dire la verità, ho tanti appunti qui, ma non ho parlato di tutte queste questioni, perché non vorrei dilungarmi troppo. Queste sono delle sedute molto importanti. Chi si interessa della verità e della storia dice la verità. Se Kissinger, che ha novantaquattro anni, non può venire e non possiamo raggiungerlo, osservo che dall'uccisione di Aldo Moro sono passati decenni. Dal 1978 al 2017 sono trascorsi trentanove anni. Ogni questione che è successa allora, pur essendo segreta, deve essere declassificata, dal momento che sono passati trent'anni. Henry Kissinger ha svolto un ruolo importante, non necessariamente in modo diretto, ma per quanto riguarda la questione della stabilità dell'Europa, che richiedeva l'allontanamento della sinistra dalla coalizione di Governo. Kissinger voleva mantenere l'inimicizia con l'Unione Sovietica che era stata creata dall'America dopo la seconda guerra mondiale. Reagan ha eliminato l'Unione Sovietica e oggi abbiamo la Russia. Oggi abbiamo un'inimicizia con la Russia. Perché? Perché gli Stati Uniti vogliono creare una paura in Europa nei confronti di un nemico che essi stessi creano. Oggi creano l'Iran – anziché Israele – come nemico degli arabi. È quello che l'America sta facendo, con l'aiuto del re saudita e dei Paesi del Golfo; stanno dicendo: «Guardate, il nemico è l'Iran, non Israele». No, per noi è chiaro che il nemico è Israele. Non vogliono far uscire l'Europa dalla sua posizione, che è sotto l'egemonia americana.
  Si può rivolgere un invito ufficiale a Kissinger per partecipare. Questo si può fare, in modo legale.

  STEFANO LUCIDI . Ringrazio anch'io il nostro ospite per la sua disponibilità.
  Durante il suo intervento Bassam Abu Sharif ha fatto alcune citazioni e ha citato alcuni momenti. In particolare ha affermato che le Brigate rosse, la mattina del 16 marzo 1978, non potevano sparare con Pag. 27 quella precisione perché non erano addestrate per farlo. Poi ha detto che le Brigate rosse sono state infiltrate e che ciò a loro era noto da molto tempo e che, quindi, le BR sono state aiutate in quell'operazione. E poi ha citato il ruolo fondamentale che presume che avrebbero avuto gli Stati Uniti.
  Quindi, la domanda è: secondo lei, dov'è che c'è stato un ruolo fondamentale di personaggi esterni alle Brigate rosse? Nell'esecuzione materiale del rapimento, nel trasferimento del rapito verso la sua prigione, nella gestione del rapimento, oppure nell'uccisione finale dell'ostaggio? E, in particolare chi, secondo lei, c'era quella mattina, durante l'inizio del rapimento Moro?

  BASSAM ABU SHARIF . Grazie per la domanda. Forse io non ho una risposta esaustiva. Io non ho i nomi a portata di mano. Non conosco i nomi. Dal punto di vista professionale, l'operazione non poteva essere messa in atto da parte delle BR con questa precisione. Noi conosciamo le BR. In carcere il loro leader pianificava le rapine delle banche e questo richiedeva un'organizzazione, ma qui il messaggio era rivolto ad altri: l'uccisione di Aldo Moro era un messaggio per chi sosteneva Aldo Moro, un messaggio di minaccia per chi sosteneva Aldo Moro all'interno del Parlamento.
  Perché non c'è stato un voto sul compromesso storico dopo l'uccisione di Aldo Moro? Perché il Parlamento non ha votato?
  L'autovettura rossa lasciata a distanza di 200 metri dalla sede della DC e di 200 metri da quella del Partito Comunista è un messaggio a distanza uguale, per entrambi, Partito Comunista e DC.
  Qual è il ruolo che hanno svolto questi elementi estranei? Hanno sparato. Io sono un combattente, lo ero quando ero giovane. Uccidere cinque guardie del corpo... Non erano cinque persone su una motocicletta, insomma, erano guardie del corpo molto professionali, erano delle forze speciali, addestrate molto bene. E sono state uccise senza neanche ferire Aldo Moro. Le hanno uccise e sono andati via.
  Quelli che l'hanno ucciso non sono quelli che l'hanno rapito. Quelli che hanno sparato erano professionisti. Non sono quelli che l'hanno tenuto in prigionia, non sono gli stessi. Quelli che l'hanno tenuto prigioniero erano brigatisti, ma erano anche infiltrati. Io non ho i nomi. Non posso dare i nomi, ma posso dare i titoli.
  Qual era il rapporto dei servizi di intelligence italiani con Gladio? Sa che cos'è Gladio? È l’intelligence che svolgeva delle operazioni segrete e che dipendeva dalla NATO, che lavorava in Italia e operava molto liberamente; non doveva dare conto a nessuno, era controllata dall'America e da Israele. Il Mossad e la CIA la controllavano.
  Qualcuno ha cercato di indagare su Gladio in Italia? È una domanda che pongo. Un loro rappresentante è stato sentito durante l'inchiesta?
  In ogni caso, sicuramente c'era una parte esterna a questo gruppo e questo gruppo era infiltrato. Questo è sicuro al 100 per cento. Io parlo in modo scientifico e molto preciso. Calcolo ogni parola che dico.
  Poi c'è una questione politica, la posizione di Aldo Moro. Come ha detto bene il deputato che ha parlato prima, Moro era avanti, cinquant'anni in avanti rispetto agli altri. Cinquant'anni sono quasi trascorsi. Passati cinquant'anni dalla morte di Aldo Moro, vedrete l'Europa tutta in fiamme, in rivoluzione. Vedrete fra dieci anni un subbuglio in Italia e in Europa, perché deve arrivare all'unità nazionale, cioè al compromesso storico.

  ERNESTO PREZIOSI . Grazie anche da parte mia. Grazie anche per i compiti che si è impegnato a fare a casa, in particolare...

  PRESIDENTE . Ricordare i nomi e trovare il documento.

  ERNESTO PREZIOSI . Sono compiti importanti.
  Solo una battuta: che idea si è fatto del ruolo di Francesco Cossiga?

  BASSAM ABU SHARIF . Questo richiederebbe una seduta segreta o riservata! Non posso dare la mia opinione al riguardo. Potrei esprimere la mia opinione Pag. 28 in merito alla questione. Ho un'opinione riguardo alle persone, ma preferisco tenerla per me. Non vorrei parlare degli altri. Io parlo di chi ha dato l'ordine di uccidere Aldo Moro. Se vuole la verità, tutti si sono sottomessi alla decisione americana. Non è vero? Aldo Moro è morto. La decisione americana era sacrificare Aldo Moro per la stabilità dell'Italia, e per gli Stati Uniti «stabilità» vuol dire che l'Italia deve essere assoggetta agli Stati Uniti.
  È esattamente come si dice oggi. Diciamo che qualsiasi cosa contro l'America è terrorismo, qualsiasi cosa contro Trump è terrorismo. Trump dice ai media americani che sono terroristi perché lo criticano. È un businessman, un uomo d'affari, che gioca con la storia dei popoli.

  PRESIDENTE . Trump è troppo attuale, noi siamo una Commissione che ha per oggetto avvenimenti di quasi quarant'anni fa.

  BASSAM ABU SHARIF . Vedete come Trump in Sicilia ha guardato ai leader europei, guardate la sua faccia.

  PRESIDENTE . Noi ringraziamo il dottor Sharif per la sua disponibilità a essere presente. Su alcune cose abbiamo compreso molto bene qual è la sua opinione. Speriamo di poter ricevere quel documento che magari rintraccerà e qualche altro elemento. A noi servivano due cose: sapere che non vi era stato chiesto di intervenire in forma ufficiale e che, se aveste avuto notizie, le avreste trasmesse in virtù di quel documento di cui speriamo presto di avere copia, che per noi è un elemento assai importante, come pure la sua datazione.
  La ringraziamo ancora per essere venuto qui e ringraziamo i due interpreti che hanno tradotto dall'arabo le sue parole.

  BASSAM ABU SHARIF . Grazie a tutti. Oggi abbiamo trascorso ore fruttuose insieme. Questo tempo è stato utile perché abbiamo parlato di cose serie, di cose importanti.
  Non c'è niente in questa vita che ha valore se non l'uomo.
  Io esprimo il mio rispetto ad Aldo Moro e spero che le sue idee possano trionfare. Grazie.

  PRESIDENTE . Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 19.

* Su conforme avviso dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella seduta del 22 febbraio 2018 la Commissione ha convenuto di desecretare la seguente parte segreta del resoconto stenografico della seduta diurna del 26 giugno 2017 e ha disposto che il resoconto stesso venisse ripubblicato includendovi la parte desecretata.