XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 126 di Mercoledì 21 giugno 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione della presidente e del consiglio di amministrazione della Rai:
Fico Roberto , Presidente ... 3 ,
Maggioni Monica , presidente della Rai ... 3 ,
Fico Roberto , Presidente ... 6 ,
Diaconale Arturo , consigliere di amministrazione della Rai ... 7 ,
Fico Roberto , Presidente ... 7 ,
Gasparri Maurizio , idAnagrafe.xxxx ... 7 ,
Liuzzi Mirella (M5S) , idAnagrafe.305982 ... 8 ,
Margiotta Salvatore , idAnagrafe.xxxx ... 9 ,
Pisicchio Pino (Misto) , idAnagrafe.30350 ... 11 ,
Brunetta Renato (FI-PdL) , idAnagrafe.302875 ... 12 ,
Fico Roberto , Presidente ... 12 ,
Brunetta Renato (FI-PdL) , idAnagrafe.302875 ... 12 ,
Fornaro Federico , idAnagrafe.xxxx ... 13 ,
Lainati Giorgio (SC-ALA CLP-MAIE) , idAnagrafe.300442 ... 14 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD) , idAnagrafe.302746 ... 15 ,
Ginoble Tommaso (PD) , idAnagrafe.302921 ... 16 ,
Fico Roberto , Presidente ... 16 ,
Ginoble Tommaso (PD) , idAnagrafe.302921 ... 16 ,
Rampelli Fabio (FdI-AN) , idAnagrafe.301436 ... 17 ,
Verducci Francesco , idAnagrafe.xxxx ... 19 ,
Fico Roberto , Presidente ... 20 

(La seduta termina alle 16.10) ... 20

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione della presidente e del consiglio di amministrazione della Rai.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della presidente e del consiglio di amministrazione della Rai.
  Sono presenti la presidente Monica Maggioni e i consiglieri di amministrazione Rita Borioni, Arturo Diaconale, Carlo Freccero, Guelfo Guelfi, Giancarlo Mazzuca e Francesco Angelo Siddi, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Come convenuto dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, invito i colleghi a contenere il proprio intervento entro i cinque minuti.
  Do la parola alla presidente Maggioni, e successivamente ai consiglieri che chiedono di intervenire, con riserva per me e per i colleghi di rivolgere, alla presidente e agli altri componenti del consiglio di amministrazione, al termine dei loro interventi, eventuali domande e richieste di chiarimento.
  Anche per i consiglieri chiedo una gestione del tempo sempre intorno ai cinque minuti. Poi valutiamo. L'ho chiesto ai consiglieri e non alla presidente.
  Do la parola alla presidente Maggioni.

  MONICA MAGGIONI, presidente della Rai. Siamo stati chiamati a riferire sostanzialmente su tre temi, ossia le determinazioni del consiglio a seguito delle dimissioni del direttore generale Campo Dall'Orto, le deliberazioni assunte dal consiglio sulla tematica del tetto ai compensi dei collaboratori per prestazioni di natura artistica e lo stato di avanzamento sul piano News.
  Parto dal primo punto, che esaurirò rapidamente, ovvero le dimissioni del direttore generale Antonio Campo Dall'Orto. Esse – lo ribadisco – sono state, ovviamente, una sua scelta personale, anche perché abbiamo rappresentato in questa Commissione, dove ne abbiamo parlato, le divergenze che c'erano su alcune questioni significative. Nessuno di noi, nessuno dei presenti, però, ha mai chiesto nulla rispetto a questa scelta. Delle valutazioni divergenti rispetto al piano News parleremo, se credete, più avanti, perché tratterò della questione del piano News al terzo punto. Questo è quanto sulle dimissioni di Campo Dall'Orto.
  Sulla questione dei tetti ai compensi, lasciatemi ricordare che stiamo parlando dei compensi e non degli stipendi. Non ci tornerò oltre, perché l'azienda vive con i tetti agli stipendi dal 9 novembre 2016, come limite, in approvazione della legge n. 198. Sulla questione dei compensi degli artisti, come consiglio di amministrazione, abbiamo cercato di essere il più possibile diligenti e attenti in questo senso. La sintesi del nostro lavoro, che adesso vado a presentarvi, aveva due obiettivi chiari in mente: quello di continuare a garantire a Rai una Pag. 4possibilità di esistenza, e di esistenza sul mercato e, contemporaneamente, quello di tenere conto della doverosa limitazione dei compensi. Abbiamo cercato a più riprese di capire se la legge dovesse essere applicata integralmente o meno anche alla questione di chiunque, a diverso titolo, collaborasse con Rai, artisti compresi. Su questo è stato estremamente complesso avere un'interpretazione univoca. L'Avvocatura dello Stato stessa, nel suo parere, che ci è stato poi inviato in aprile, è molto chiara nel dire che non si tratta di un dettato univoco e, quindi, di facile interpretazione. L'Avvocatura dice: «Tali conclusioni, necessariamente confortate da una lettura sistematica, a fronte di un dettato normativo non univoco...» Questa è la cosa che ci ha creato un oggettivo problema. Laddove il dettato normativo fosse stato univoco, nessuno di noi, nemmeno per un secondo, avrebbe pensato di fare qualcosa di diverso che non fosse l'applicazione puntuale della legge. Invece, come dice l'Avvocatura, «si tratta di un dettato normativo non univoco, che presenta l'inevitabile incertezza derivante dalla soggettività dell'interpretazione» (testo estratto dal parere dell'Avvocatura). È a partire da queste considerazioni che abbiamo tentato di elaborare un piano organico, di cui vi sto per riferire, che però deve essere, secondo me, necessariamente letto nell'ottica di un lungo e complesso lavoro, per cercare di tenere insieme le esigenze che vi ho appena rappresentato, innanzitutto quelle della tenuta dell'azienda e, accanto alla tenuta dell'azienda, la volontà di recepire lo spirito che in quella legge c'era. Ancora una volta, oltre al testo dell'Avvocatura dello Stato, l'altro elemento che dovevamo tenere presente era proprio la lettera del Sottosegretario Giacomelli in risposta alla nostra missiva dell'11 aprile, che ci diceva che, in base al parere dell'Avvocatura dello Stato, veniva escluso sostanzialmente il tetto ai compensi per i contratti di natura artistica.
  Il parere dell'Avvocatura motivava la non applicabilità del limite ai compensi per le prestazioni di natura artistica in quanto rese nell'ambito di programmi a valore aggiunto. In pratica, due erano gli aspetti da tenere presenti in questo parere: da una parte, l'enfasi esplicita sui contratti di natura artistica e, quindi, l'esplicitazione di questa natura artistica in senso ampio e, dall'altra, l'identificazione di categorie specifiche legate alle nostre regole di contabilità separata. Sulla base di questo abbiamo tentato di arrivare alla formulazione in forma definitiva di questo piano, che è un piano organico di criteri e parametri, che però rimanda, ovviamente, alla figura del direttore generale la determinazione puntuale delle singole figure dei contratti e delle ragioni per cui si arriva, dove si arriva, a elementi di deroga.
  Quali sono stati gli elementi tecnici di partenza caratterizzanti il lavoro di costruzione di un criterio? Sapete certamente molto meglio di me che Rai ogni anno elabora il documento di contabilità separata sulla base dello schema Agcom e dell'articolo 47 del TUSMAR, in cui si ripartiscono le attività aziendali in aggregato A e aggregato B. Questo documento viene sistematicamente trasmesso a MISE, MEF e Agcom e viene pubblicato sul sito Rai. Che cosa c'è nell'aggregato A? Sostanzialmente, ci sono i costi e i relativi ricavi rispetto alle attività di servizio pubblico, che vengono ricondotte a sei generi, individuati in informazione e approfondimento, programmi di rubrica e servizio, programmi di promozione culturale, informazione e programmi sportivi, eccetera. Nell'aggregato B ci sono, in particolare, i programmi che vengono considerati chiaramente di natura commerciale.
  Esplicitamente nel parere dell'Avvocatura dello Stato si fa riferimento alla diversa natura dei programmi – infatti, l'aggregato B concerne soprattutto costi e ricavi delle attività non predeterminate dal TUSMAR, che genericamente vengono considerate fuori dal servizio pubblico – le prestazioni rese per i programmi dell'allegato B vengono considerate a prescindere a valore aggiunto e, quindi, escluse dall'applicazione del limite.
  Che cosa accade, invece, per l'aggregato A? Le prestazioni rese nell'ambito dei programmi inseriti nell'aggregato A Pag. 5vengono considerate, in linea di massima, tutte soggette al limite. Da lì si parte, come concetto. Quindi, sono soggette al limite dei compensi, ma vengono poi estrapolati i singoli programmi, esattamente come esplicitato a più riprese nel parere dell'Avvocatura dello Stato, il che avviene su una base di elementi artistici presenti nel programma oppure di particolare valore e capacità di attrattività di introiti commerciali accessori. A questo punto, come vedrete nel testo, il parere dell'Avvocatura dello Stato a più riprese cita il discorso della prestazione di natura artistica e a valore aggiunto. Il percorso che abbiamo fatto, vi ripeto, è stato un percorso davvero complesso e faticoso, come quando si fa un percorso convinti che, in ogni caso, non ci sarà una perfezione del risultato, perché si trattava davvero di controbilanciare la necessità di tenere in equilibrio l'azienda con la necessità di capire che cosa volesse effettivamente il legislatore in un testo di legge non inequivoco, come a più riprese esplicitato dall'Avvocatura dello Stato.
  Abbiamo tentato questo complessissimo esercizio di definire quali fossero non i programmi, ma le professioni coinvolte nei programmi con prestazioni di natura artistica o a particolare valore aggiunto. Questo è stato un motivo di lunghe discussioni. Vedo consiglieri con i quali abbiamo a lungo lavorato su questo aspetto. Si è arrivati a dire che possono considerarsi di natura artistica le prestazioni in grado di offrire intrattenimento generalista ovvero di creare e aggiungere valore editoriale in termini di elaborazione di racconto scientifico e divulgativo del sapere e dello spettacolo nelle relative declinazioni, coerentemente, però, all'obiettivo generale di servizio pubblico.
  Quali sono, allora, queste figure di natura artistica? È dato per acquisito che la figura principale sia quella del conduttore. Poi magari ne parlerete con il consigliere Freccero, che a lungo ci ha aiutato a camminare lungo il percorso della definizione del perché alla figura del conduttore si annetta valenza artistica. Si ritiene che possano essere incluse nella definizione di artisti un ristretto numero di professionalità, a partire appunto dal conduttore, e di mestieri che concorrono in modo determinante e caratterizzante alla connotazione artistica di particolare valore di programmi, quali conduttori, registi, attrazioni, autori, coreografi, direttori artistici, ballerini. Ovviamente, non abbiamo fatto l'elenco. È chiaro che ci sono anche i musicisti e i cantanti e si può andare avanti. Quello che conta è lo schema di partenza.
  Sotto il profilo operativo, invece, che cosa è successo? È successo che, purtroppo, sono usciti anche sui giornali e sono stati resi pubblici gli elenchi degli scorsi anni. Dico «purtroppo» non perché ci sia qualcosa di male nel renderli pubblici, anzi, ma perché ciò viene fatto senza una spiegazione, ragion per cui non si capisce quale sia il perimetro di ciò che viene reso impropriamente pubblico. Il problema è che gli elenchi che sono usciti – vorrei essere chiara nel dirlo – sono elenchi esemplificativi che riguardano l'anno precedente e che ogni anno, ovviamente, possono essere modificati sulla scorta del tipo di programmi che si andranno a fare.
  L'insieme di questi elementi che vi ho elencato costituisce sostanzialmente lo schema di riferimento di regolamento interno che ci siamo dati per tentare di strutturare il più possibile e, laddove possibile, certamente migliorare pratiche che si stavano mettendo in atto e che adesso verranno messe in atto in modo sistematico per un uso sempre più attento e puntuale delle risorse. Questo è stato ribadito in consiglio reiteratamente e credo che sia opportuno ricordarlo qui.
  L'obiettivo – ve lo ricordo – resta la creazione di valore attraverso la produzione di contenuti di qualità per il pubblico, in totale accordo con la mission aziendale dettagliata poi all'interno dei diversi piani industriali e, come vedremo in questi giorni, all'interno anche dei palinsesti.
  Il quadro di riferimento, così come le singole decisioni, hanno una valenza annuale, che richiede una rivisitazione e una rivalutazione, perché nessuno di noi è convinto che questo sia uno schema che ha in sé il carattere della definitività e, tanto Pag. 6meno, della precisione. È evidente che siamo in presenza di un tentativo di arrivare a una qualche forma di mediazione. Il ruolo chiave, in questo contesto, l'avrà il direttore generale, al quale viene chiesto, caso per caso – in ognuno dei casi che, pur appartenendo all'aggregato A, verranno tolti dall'aggregato A e, quindi, potranno percepire un emolumento superiore al tetto – di descrivere e motivare, insieme con le strutture editoriali competenti, ogni singolo caso di questo tipo di deroga.
  Per quanto riguarda invece il quadro retributivo generale, si è cercato di spiegare come l'idea fosse quella di un contenimento non lineare. Quindi, non si tratta del 10 per cento lineare, che, tutto sommato, non avrebbe avuto un significato specifico, ma, a partire da quello, di un contenimento che diventasse via via sempre più significativo con l'aumento delle cifre in gioco. Più le cifre si rendono significative, più questa riduzione di compenso deve essere applicata. In più, oltre a questo tipo di riduzione generale sui contratti di tipo annuale, ci deve essere una riduzione specifica della valorizzazione dei vari ambiti di programma. Per esempio, si è detto che le prime serate possono e devono essere valorizzate meno di quanto sia stato fatto fin qui. Per esempio, alcune prime serate verranno addirittura valorizzate fino al 30 per cento in meno di quello che è stato fatto fin qui e le presenze in programmi, per esempio, di access o di prime time potrebbero scendere fino al 50 per cento del loro valore attuale. È la somma di questi elementi che determina un contenimento dei costi. Comunque c'è la volontà di indicare da parte di questo consiglio una linea che tenga significativamente conto di una generale tendenza e volontà di riduzione dei costi.
  Devo dire – questa è una chiosa che mi sento di fare – che manca il pezzo che porta alla vera, finale e definitiva autoregolamentazione, ma occorre capire come l'applicazione di questo tipo di schema andrà a impattare sulla redditività di Rai. Abbiamo visto nel corso dei consigli – tra l'altro, sono agli atti – calcoli dell'impatto sulla redditività di Rai di queste scelte. Sono calcoli che ci hanno molto spaventato. Nessuno di noi si è sentito di andare dritto in una direzione che potesse tradursi chiaramente per Rai in una perdita di valore e in una perdita significativa di ricavi, non solo pubblicitari. Come potete immaginare, al di là del calcolo pubblicitario netto – vi garantisco che sono calcoli che già da soli fanno impressione – c'era proprio l'idea di una Rai che si potesse trovare di colpo spogliata di una serie di elementi di attrattività. Questo per noi diventava una responsabilità molto, molto forte. Credo che, nell'indicare questo elemento di responsabilità che viene messo in campo scelta per scelta, caso per caso, oltre ad aver indicato un perimetro complessivo all'interno del quale avere un approccio più razionale e sicuramente in chiave di efficienza dei costi per questa parte dell'attività aziendale, sia stato significativo quello che vi ho riferito, spero, in un tentativo di riassumere un lavoro durato mesi.
  Chiudo rapidamente parlandovi in poche frasi della questione del piano News, perché, come sapete, nella seduta consiliare del 22 maggio il piano dell'informazione è stato respinto a maggioranza. Le ragioni di fondo di questa scelta sono state sostanzialmente legate alla mancanza di incisività del Piano presentato rispetto alla riscrittura di un piano industriale e di un modo di fare informazione in tutta la Rai che coinvolgesse tutta la Rai e, quindi, di un necessario approfondimento sulla modifica dell'impianto, dell'impianto industriale e del modo di fare informazione. Banalizzando, in quest'Aula più volte si è parlato della questione dei 5-7 microfoni che appaiono nello stesso posto davanti alla stessa persona. Una delle questioni che non venivano risolte era esattamente quella. A partire da lì molti altri erano i nodi non risolti: quelle sono state le ragioni di fondo che hanno portato a tale scelta.
  Mi fermo qui, perché sto andando oltre i tempi che il Presidente ci ha posto. Vi ringrazio e, ovviamente, sono a disposizione per qualsiasi approfondimento.

  PRESIDENTE. I consiglieri di amministrazione intendono intervenire?

Pag. 7

  ARTURO DIACONALE, consigliere di amministrazione della Rai. Preferiremmo intervenire anche sulla base dei quesiti posti dai componenti della Commissione, altrimenti saremmo a ripetere la relazione della presidente, magari con alcune variazioni sul tema. Credo sia più opportuno rispondere sulla base delle domande e delle richieste che ci verranno sottoposte.

  PRESIDENTE. Iniziamo con l'intervento del senatore Gasparri. Poi i consiglieri faranno un giro veloce e, infine, concluderà la presidente.

  MAURIZIO GASPARRI. Abbiamo una concomitante audizione su materia non connessa, quella delle telecomunicazioni con Cattaneo al Senato e non è stato possibile organizzare i lavori. Chiedo scusa ai consiglieri se non potrò sentire la replica, ma la seguiremo attraverso i vari circuiti.
  Non ho capito bene l'oggetto dell'audizione di oggi, sinceramente. Il dato nuovo della Rai è stato il cambio del direttore generale, cosa che personalmente – qui ci riuniamo da alcuni anni – auspicavo da tempo, avendo con trasparenza anche all'interessato detto in maniera diretta che non lo ritenevo adeguato. Ci sono voluti due anni per scoprirlo. Non dico di dover ascoltare me, perché potrei anche sbagliare, ma questa volta il consiglio l'ha in qualche modo revocato, perché è stata una decisione vostra, avvenuta nell'ambito delle norme e dei poteri. La Rai ha perso del tempo, anche sul piano news e su altre cose, tant'è che la presidente si è soffermata sulla questione dei compensi, ma su questo altri colleghi sono stati notoriamente più sul punto e credo che interverranno.
  Oggi abbiamo sentito che il piano non era molto adeguato, il che era abbastanza chiaro anche a noi, tant'è che poi si è cambiato il direttore generale. Avrei visto, come logica, senza nulla togliere al consiglio, che fornirà l'indirizzo, un'audizione del nuovo direttore generale, che, a questo punto, colgo l'occasione per auspicare che ci venga a dire che cosa vuol fare, essendo anche un giornalista che ha diretto alcune testate oggetto del processo di rinnovamento. Penso che sarà corretto seguire questo modus operandi. Poi il consiglio si riunirà e prenderà le sue decisioni. Nel frattempo, colgo l'occasione di quest'audizione, in attesa di avere un piano rivisitato, per dire che il cambio del direttore generale non è un fatto banale. Bisognerebbe anche parlare di chi ha sbagliato. Ha sbagliato il Governo che l'ha designato. Non voglio infierire, ma la ragione è stata talmente evidente che me la tengo e la metto nel mio albo delle cose dette.
  Per quanto riguarda l'audizione di oggi, però, colgo l'occasione di rilevare un problema che già emerge in questa nuova fase, ossia il problema del pluralismo. Cari signori del consiglio di amministrazione, voi siete la garanzia che non ci sia la lottizzazione, ma la pluralità delle voci. Ho letto sui giornali il nuovo palinsesto e il vecchio palinsesto, i cui sbilanciamenti sono evidenti. Non sto qui a fare nomi e cognomi, altrimenti si dice che si fanno le liste di proscrizione, ma chi è più fazioso raddoppia gli spazi e chi è escluso resta escluso. Riempite voi le caselle dei nomi e dei cognomi. Li conosciamo tutti. Se c'è stato un cambio anche sul tema dell'informazione e del pluralismo, visto dai vari punti di vista, perché il pluralismo può rendere insoddisfatti tutti, sia quelli che governano, sia quelli che stanno all'opposizione, sia quelli che non ci stanno ancora e che emergeranno, mi auguro che il tema venga rivisto, altrimenti non ci sarebbe stato motivo di cambiare il direttore generale, che voi avete cambiato. Noi non abbiamo alcun potere su un direttore generale. Evidentemente il piano News e il pluralismo non hanno soddisfatto il consiglio. Vedo lo stesso palinsesto. È come se uno cambiasse il medico perché il malato soffre e poi il medico nuovo prescrivesse le medicine di prima perché quella era la posologia. La decisione che avete assunto l'apprezzo e la reputo, semmai, tardiva, essendo stata sbagliata la designazione, per esperienza nel ruolo. Le persone potranno fare cose bellissime nella vita, ma il cursus honorum e l'esperienza sono una cosa importante, che anche nelle reti si riflette. Noi vorremmo Pag. 8sapere che cosa accade sui palinsesti, perché quello che ho letto sui giornali è pessimo sotto il profilo del pluralismo.
  Poiché non faccio sconti a nessuno, concludo dicendo due cose a latere su un tema specifico. Il 27 giugno è la giornata in cui ricorre l'anniversario di Ustica. Ho letto anche su questo dei palinsesti unilaterali. La Rai farà una giornata in cui si parla del missile. In sede giudiziaria non c'è stato il missile sull'aereo. Chiederei ai vertici della Rai di garantire che si parli di Ustica, ma che si tenga anche conto della verità giudiziaria o della pluralità delle idee. C'è una verità non affermata nelle sedi giudiziarie a cui sono dedicati tutti i programmi, presidente. Le potrei fare l'elenco. Sono usciti sulle agenzie. L'altra verità, quella secondo cui non è stato il missile, è esclusa. Aggiungete qualche voce. Non dico di censurare qualcuno, tanto avete 8.000 canali digitali, notturni e diurni. C'è anche la radio digitale. Auspicherei che ci fossero più punti di vista.
  L'altra questione è che, nel pluralismo delle idee, occorre anche stare un po’ attenti alla rappresentazione del mondo politico. Io, per esempio, ritengo che, se un dirigente, o anche la presidente – mi riferisco a un'interrogazione che recentemente è stata presentata – parla di temi legati all'informazione e presenta libri, la risposta che è stata fornita all'interrogazione sia ampiamente soddisfacente. Parlo di una vicenda che ha investito la presidente Maggioni. Se devo fare una critica, la faccio, ma, in questo caso, non ho ritenuto l'attacco giustificato. Dico anche alla Rai, però, di dare una rappresentanza giusta e corretta dei vitalizi, delle caste e dei parlamentari, perché alla fine tutti siamo pagati con soldi pubblici, i vertici Rai e noi parlamentari. Così come non deve essere denigrato l'operato... Qui ci sono consiglieri che stanno a zero euro da tempo. Spero che prima o poi li paghino. Non ho condiviso quegli attacchi, ma vi invito a riflettere anche su come viene rappresentato il mondo istituzionale. Faremo schifo – e ho finito, presidente – ma a volte c'è stata anche una rappresentazione errata e infondata. Lo dico perché anche quando siete vittime voi non trovo giusto che ne siate vittime.

  MIRELLA LIUZZI. Appena c'è stata la notizia della bocciatura del piano news da parte dell'ormai ex direttore generale, abbiamo subito chiesto l'azzeramento del consiglio d'amministrazione, perché ci rendiamo conto che da troppo tempo ormai si stia sprecando un'opportunità incredibile, quella di poter veramente riformare un'azienda. Sulla base delle linee-guida che ci sono state presentate in diverse occasioni si trattava comunque di un piano che metteva al primo posto il digitale, un fattore, tra l'altro, su cui l'azienda si trova molto in arretrato. Quindi, questo è stato un altro momento in cui è stato perso del tempo importante, che non sarà più recuperato. Ci sembrava la scelta opportuna.
  Anche parlare di scelta personale da parte dell'ex direttore mi sembra inopportuno, perché lo sappiamo tutti che è stato bersaglio di attacchi politici per più di un anno, anche da parte della maggioranza di governo che l'ha designato. Tutti ci aspettavamo un epilogo del genere e abbiamo anche detto più volte in questa Commissione che sarebbe andata a finire in questo modo. La risposta è stata sempre un no comment, ma poi è andata esattamente come doveva andare. Abbiamo sempre condannato questo controllo politico, che non ha permesso alla Rai di lavorare in maniera corretta, tant'è che addirittura è stato nominato nuovo direttore generale – che credo audiremo presto; sarà un argomento da trattare in Ufficio di presidenza – un direttore generale che si è dimostrato non solo chiaramente a favore del Governo, ma anche chiaramente a sfavore di una forza politica di opposizione. Da una parte, probabilmente ci dovremmo sentire onorati che un direttore talmente contro l'unica forza di opposizione di questo Paese sia stato promosso direttore generale, ma si tratta di un fattore, secondo me, molto rilevante.
  Come Commissione di vigilanza Rai, abbiamo chiesto più volte il piano news. Credo sia stato sollecitato anche in questi ultimi giorni – se non oggi, ieri – di poterlo vedere da parte dei commissari di questa Pag. 9Commissione di vigilanza. Credo sia un argomento su cui potremmo parlare in maniera più copiosa e approfondita avendo un documento tra le mani, cosa che però non abbiamo.
  Adesso vorremmo capire chi gestirà questo piano news, se sarà il nuovo direttore generale, o chi sarà l'incaricato a gestirlo. Questa mi pare una notizia rilevante, che bisogna dare in occasione di questa Commissione e di quest'audizione.
  Tra un po’ presenteremo anche i palinsesti, e qui vengo a un altro tema. Ci sarà tra poco la presentazione dei palinsesti. Dato che non abbiamo ancora avuto la possibilità di lavorare sul contratto di servizio, ma abbiamo lavorato sulla concessione, un lavoro che abbiamo fatto quasi all'unanimità in questa Commissione, se non erro, alcuni princìpi potrebbero essere già applicati nei nuovi palinsesti. Non c'è bisogno di un'ulteriore delibera che, per fattori di tempo, in questa Commissione non siamo riusciti ancora a fare. Per esempio, si possono già fornire risposte sul conflitto di interesse in relazione agli agenti. Quella è una cosa che faremo sicuramente a breve, ma che probabilmente non riusciremo a fare prima della presentazione dei nuovi palinsesti. È una cosa che la Rai potrebbe già fare, dato che ne abbiamo dibattuto veramente a lungo.
  Sui compensi degli artisti abbiamo attaccato il programma Porta a Porta, condotto da Bruno Vespa, perché abbiamo scoperto che a tutti gli effetti non è un giornalista, ma un artista. Probabilmente, se vuole continuare a prendere il compenso da artista, si dovrebbe aprire la trasmissione dicendo che Porta a Porta è uno show di intrattenimento, e non un programma politico, in cui si potrebbero anche inserire ballerini o canzoni, dato che ormai è stato totalmente sdoganato.
  In chiusura, anch'io devo dire qualcosa riguardo alla polemica in relazione alla presentazione del libro, dato che ho presentato io stessa l'interrogazione. Secondo me, questa notizia è un danno di immagine per la Rai. È un danno di immagine per la Rai e anche una mancanza di stile rispetto a quella che è stata la risposta. Non penso che gli italiani siano molto contenti di dover pagare con i soldi del canone anche la presentazione di un libro che – ripeto – è stato fatto per una casa editrice privata. Ci vedo davvero un gravissimo problema in questo. Chiediamo, alla fine, che, per sanare la situazione, vengano restituiti gli importi di questi soldi che sono stati presi per girare l'Italia, o che siano rendicontati in qualche modo, perché non sappiamo nemmeno la cifra. Oppure credo sia necessario anche per la presidente dimettersi, perché credo che questa sia davvero stata una mancanza di stile assoluto che l'azienda di servizio pubblico non può permettersi.

  SALVATORE MARGIOTTA. Faccio poche considerazioni e un paio di domande. Intanto dissento dell'argomentazione della collega Liuzzi per quanto riguarda la richiesta di azzeramento del consiglio di amministrazione. Sarebbe, secondo me, in questo momento, veramente fare del male a un'azienda che, dopo un biennio sul quale il giudizio sarà dato nel tempo, ma sicuramente con molte ombre e poche luci, avrebbe un colpo durissimo dall'eventuale azzeramento del consiglio di amministrazione, con tutto quello che ne conseguirebbe sia in termini di Statuto per la rielezione dei consiglieri, sia in termini di incertezza anche politica della fase in cui stiamo vivendo. Quindi, faccio un auspicio assolutamente contrario, cioè che il consiglio di amministrazione operi al massimo delle proprie funzioni e non al di là delle proprie funzioni. Alla legge che abbiamo scritto, che separa fortemente i poteri del direttore generale da quelli del consiglio di amministrazione, con l'idea di darne di più al direttore generale, anche indipendentemente dalla politica, a questo principio noi del PD riteniamo che non si debba derogare. Non riteniamo che, essendo cambiato il direttore generale, si possa pensare di invertire le funzioni e i poteri che la stessa legge ha attribuito. Mi auguro, anzi, che ci sia una collaborazione fortissima, molto più che in passato, tra un ottimo direttore generale – devo dire – che è stato scelto e il consiglio di amministrazione e che si lavori moltissimo in quest'anno. Mi permetto Pag. 10 di dire che, anzi, bisogna vivere quest'anno non come la coda di un'esperienza, ma come un tentativo di rilancio totale degli stessi princìpi che il legislatore ha voluto incardinare nella riforma che abbiamo approvato. Da questo punto di vista devo nuovamente – lo faccio con il massimo del garbo possibile – polemizzare con i colleghi dei Cinque Stelle e con chi mi ha preceduto. È un po’ complicato dire che bisogna tenere le nomine fuori dalla politica e poi, però, criticare la nomina di un direttore generale in quanto non gradito a una forza politica di opposizione. L'argomento per cui non va bene Orfeo perché è contro i Cinque Stelle è un argomento quantomeno bizzarro da parte di chi ritiene che la politica non debba entrare nelle nomine.
  Sulla questione della polemica con la presidente Maggioni per la presentazione del libro mi atterrei, come diceva già il presidente Gasparri, alla risposta che la Rai fornisce, che mi pare molto chiara. Credo che anche chi ha fatto il mestiere di giornalista sappia che, quando un direttore pubblica un libro su un argomento che è stato anche molto core business del giornale stesso, la presentazione del libro, portando di fatto valore aggiunto all'editore – intendo al proprietario non del libro in questo caso, ma dell'azienda – sia una cosa assolutamente da favorire. Francamente, non vedo i termini di una polemica.
  Mi unisco anche qui a Gasparri con una considerazione un po’ più lunga da fare, non certo in questa sede, sul fatto che tante volte la politica dovrebbe essere in grado di tutelare qualche principio alto, senza aver sempre la necessità di rincorrere opinioni pubbliche su temi assolutamente facili da aggredire, ma tante volte assolutamente contrari anche al buonsenso.
  Sui tetti sarò rapidissimo. Ho detto un'altra volta che la penso esattamente come Ferrero... Freccero, mi scusi. Ci mancherebbe che uno possa confondere un nome così altisonante e celebre. È un errore blu. L'altra volta il consigliere Freccero ha spiegato molto bene perché sia importante in alcuni casi derogare ai compensi. Questa è stata da sempre la mia convinzione. Addirittura toglierei i tetti anche ai dirigenti, ma in questo sono assolutamente minoranza rispetto a tutta la politica.
  Stiamo al tema. È evidente che non si può pensare di fare buona televisione se si pensa di non poter scritturare artisti capaci, che portino audience, ma soprattutto che facciano qualità. A me viene sempre da fare il nome di Benigni, perché credo sia, almeno quello, un nome su cui non si può discutere. Dopodiché, se la delibera, che, per la verità, non conosciamo, risponde a quanto detto dall'Avvocatura dello Stato e a quanto sostenuto dal Governo e contiene due o tre princìpi che mi pare ci siano, da quel che ascolto dalle parole della presidente, va bene. Mi pare che ci sia l'idea della deroga. Si deroga. La regola non dice che non si può sforare. Si sfora in alcuni, ben precisi, casi e si va verso qualità vera. Io penserei anche a un tetto complessivo annuale per andare oltre il tetto e magari anche a un tetto singolo, ma questo lo stabiliranno i regolamenti. Se ci sono questi princìpi, a me va benissimo, con la precisazione, ancora una volta, che poi tutto sta alla responsabilità del direttore generale, il quale farà delle scelte e sarà giudicato per le scelte che fa anche davanti ai cittadini. Se il direttore generale dirà che ha speso X per una data persona e il contribuente sarà felice perché è stato bene nel vedere quel programma, il direttore generale avrà merito di aver speso X per quella persona. Bisogna aprire una fase – questo vale in Italia non solo per la Rai – nella quale si fanno delle scelte e ci si assume la responsabilità delle stesse senza nascondersi dietro un dito.
  Il piano delle news è una delle ferite aperte. Credo che le dimissioni del direttore generale siano arrivate certamente sulla questione del piano delle news, ma anche su un tema un po’ più ampio, relativo alla gestione (la polemica con l'ANAC, la polemica con la Corte dei conti, la relazione dei revisori dei conti). Credo che il nuovo direttore generale debba rispondere sull'una e sull'altra – insisto – Pag. 11non con l'idea di un anno di transizione. Lo diremo quando verrà, ma intanto lo diciamo a voi. Questo non deve essere un anno di transizione verso la fine del mandato, ma un anno nel quale si cerca di mettere a posto tutta una serie di cose che vanno messe a posto in linea con lo spirito della legge e con la missione che vi abbiamo affidato. È chiaro che, se fosse possibile, ma forse ancora non lo è, si dovrebbero almeno capire non dico i tempi, perché so troppo bene che, quando si dice subito un numero, si rischia di non essere fedeli al numero stesso, ma almeno il metodo. Se avete già affrontato con il direttore il tema del metodo che sarà scelto per portare questo piano, sarebbe già una cosa buona. Altrimenti, ovviamente, aspetteremo l'audizione del direttore generale.

  PINO PISICCHIO. Ringrazio i nostri ospiti, a cominciare dalla presidente Maggioni. Intanto vorrei fare una considerazione legata alla particolare congiunzione astrale in cui si trova in questo momento storico a vivere il vertice della Rai. Per la prima volta, dopo tanti anni, mi pare, il presidente e il direttore generale sono giornalisti, il quale fatto non è privo di significato. Dovrebbe essere la volta buona per questo piano delle news, che mi sembra la maledizione di Tutankhamon: chi tocca il piano delle news muore. Penso a Gubitosi. Ringraziando il cielo, è ancora in vita, ma è andato via dalla posizione che occupava. Il direttore generale Campo Dall'Orto, come è arrivata questa cosa... Insomma, spero che sia la volta buona. Perché? Perché non è cosa da poco avere responsabili che capiscono come funziona l'azienda, che vengono dall'azienda e che hanno una capacità di interpretazione non solo delle modalità attraverso le quali opera, ma anche del sentiment che si muove all'interno di questa grandissima azienda.
  Molto velocemente, vorrei parlare dei temi. Quanto al tetto ai compensi, la presidente ha detto bene e ha anche illustrato una corposa e densa elaborazione fatta dalla migliore cultura leguleia che poteva essere recuperata per affermare determinati princìpi. Il fatto stesso che si sia dovuto fare riferimento alla migliore scienza leguleia per tirar fuori determinati princìpi significa che c'è un qualche labirinto all'interno del quale doversi andare a districare. La questione che a me è rimasta sempre piuttosto circonfusa da questo momento un po’ misterioso è la capacità di trasmutazione miracolosa dalla professione giornalistica alla professione artistica, che naturalmente per qualche collega autorevole e di lungo corso ci sta tutta. Riconosciamo a costoro un'intrinseca artisticità, non foss'altro per la capacità di stare dentro questa scena spettacolare. Ciò detto, non sono mai stato iscritto tra i khomeinisti del «guai a sforare i tetti», però, vivaddio, se c'è una legge, bisogna tenerne conto. Forse il legislatore, che è rappresentato anche da chi è presente in quest'Aula, voleva dire delle cose. Voleva dire, appunto, di fare attenzione a determinati tetti, senza dover far ricorso a calembour complicati, a trasmutazioni miracolose e a transustanziazioni di sapore religioso. Ciò detto, guardiamo con attenzione a questi profili senza strapparci le vesti, ma senza neanche indulgere troppo sulla morbidezza.
  Anch'io devo dire che una delle cose che ho maggiormente ammirato nella storia professionale della presidente Maggioni è stata la sua presa di posizione sull'ISIS e sull'opportunità di non mandare i video che hanno fatto la fortuna dell'ISIS nel mondo, diciamo la verità. Macabra fortuna, giustamente dice il vicepresidente. Mi pare evidente che quella posizione coraggiosamente assunta e anche sostenuta dall'allora «direttora» di Rai News, dottoressa Monica Maggioni, sia diventata una posizione sposata poi dalla Rai. È diventata posizione della Rai. Sotto questo profilo, francamente, anche al di là delle buone norme delle relazioni istituzionali, come ricordava prima il collega Margiotta, se un rappresentante massimo di un ente realizza una posizione editoriale e tale posizione viene portata fuori dall'ambito dell'azienda, mi sembra, anche al netto di questa elementare considerazione, una cosa assolutamente non Pag. 12solo non censurabile, ma che ci sta tutta.
  La domanda che, invece, consegno ai nostri, mai sufficientemente lodati, membri del consiglio di amministrazione è la seguente: ci volete dire quali sono stati i punti di criticità di questo piano news, che, ovviamente, adesso, con la congiunzione astrale del presidente e del direttore generale, dovrebbe essere pronto domani mattina, che sono stati talmente importanti e considerati da parte vostra da determinare gli esiti che si sono verificati il 22 maggio?

  RENATO BRUNETTA. Devo dire che ho molto apprezzato lo sforzo della presidente Maggioni di spiegare l'inspiegabile. La delibera assunta dal consiglio di amministrazione, penso su input del direttore generale, ha tali caratteri di contraddittorietà e farraginosità che lo sforzo fatto dalla presidente Maggioni per spiegarcela, devo dire, è proprio totale, enorme. È come spiegare una cosa che non sta in piedi.
  Mi permetto di spiegare ai colleghi che in un'azienda tutti i fattori produttivi, se sono inseriti nel processo di produzione, sono titolari di valore aggiunto. Il valore aggiunto non è altro che il portato al prodotto finale da parte dei singoli fattori della produzione, che sono capitale, lavoro, organizzazione e tecnologia. Da questo punto di vista non è che alcuni siano portatori di valore aggiunto e altri no. Sono portatori di valore aggiunto gli impiegati, i funzionari, le guardie giurate, i dirigenti, il presidente, gli artisti. Sono tutti portatori di valore aggiunto. Il problema non è chi sia o non sia portatore di valore aggiunto, ma come si calcoli questo valore aggiunto, possibilmente attribuendo a ciascun fattore della produzione l'esatto suo contributo alla valorizzazione finale in termini di bulloni, di servizi giornalistici o di spettacoli di intrattenimento. Una buona azienda paga i propri fattori della produzione in ragione della produzione del valore aggiunto e del contributo che ciascun fattore produttivo porta al prodotto finale. Bisogna non pagare né troppo, né troppo poco, perché, se si paga troppo, si produce uno squilibrio distributivo e, se si paga troppo poco, di perciò stesso, si produce l'effetto opposto.
  Aver usato, come un po’ di latinorum applicato all'economia, il concetto di valore aggiunto per giustificare le deroghe mi sembra, francamente – non me ne vogliate; è la vecchiaia, intendendo la mia – un po’ ridicolo. È un po’ ridicolo e fa sorridere. Se poi si distingue la natura artistica dalla non natura artistica... Un bravo ragioniere che fa pagare le giuste tasse è un artista. Un bravo ragioniere capo, un bravo capo del personale che assume il personale giusto è un artista, cavolo. Ciascuno di noi, quando fa bene una cosa, è un artista, andando anche all'origine etimologica del termine, ossia è un creatore di valore. Perché deve essere artista solo chi fa evoluzioni sulle punte o gorgheggi e non chi fa bene la partita doppia? Non c'è alcuna ragione sostanziale di questa distinzione.
  Pertanto, brava, Maggioni, complimenti. Ti sei applicata una spiegazione che non era spiegabile e che aveva tali e tante caratteristiche di contraddittorietà... ma adesso ne dico delle altre divertenti. Un artista.

  PRESIDENTE. Andiamo avanti.

  RENATO BRUNETTA. Detto questo, qui non si tratta di essere d'accordo o non essere d'accordo con i tetti. Da liberale quale sono, non mi piacciono i tetti. Poi dirò una contraddizione in termini delle assunzioni del consiglio d'amministrazione. Si tratta di applicare o non applicare la legge. La mia obiezione era che la legge c'è, è chiara e va applicata. Il parere dell'Avvocatura è un parere ridicolo. Naturalmente, non posso giudicare io. Per tale ragione, posso solo fare atti di sindacato ispettivo, cosa che ho fatto, e poi mandare il mio atto di sindacato ispettivo come interpellanza urgente alla procura della Corte dei conti, l'organo che deve valutare se la delibera del consiglio di amministrazione della Rai sia coerente o meno con la legge. Non posso giudicare io. Sono un legislatore, non un controllore e, quindi, come legislatore, posso fare solo questo: atti di sindacato ispettivo. Pag. 13
  Aggiungo l'ultima ciliegina. Si è sempre parlato di stare sul mercato e si è sempre detto che il principio ispiratore di questo faticosissimo processo di deroghe fosse quello di stare sul mercato e di mantenere l'azienda attrattiva nei confronti dei migliori fattori della produzione. Come si giustifica allora il contenimento del 10 per cento? È una contraddizione in termini: o si sta sul mercato e si paga quello che il mercato indica – non ho alcun dubbio che il mercato avesse indicato quei prezzi per gli artisti in considerazione – ma il fatto di applicare un contenimento del 10 per cento è mettere un tetto del 10 per cento. Tetto per tetto, perché mettere il tetto del 10 per cento e non di 240.000 euro? Se c'è un principio per cui si devono pagare i fattori della produzione in ragione del loro contributo e dell'effettiva loro produttività in termini di mercato, in tal caso, applichiamo la regola per cui non ci sono tetti e quello che si decide dentro l'azienda è per definizione corretto, perché lo decide il processo dirigenziale, che indica in Fazio una cifra, in Giletti un'altra. Se, però, qualcuno interviene e mette un tetto del 10 per cento, un altro può obiettare: perché non del 20, del 30 o di 240.000 euro?
  Trovo – lo dico senza ironia – lo sforzo della presidente Maggioni straordinario. Come ha cercato di spiegare lei l'inspiegabile probabilmente non riuscirà mai a farlo nessuno. Il risultato, però, della delibera del consiglio di amministrazione – non me ne vogliano tutti i miei amici del consiglio di amministrazione, persone che stimo – è semplicemente un campionato mondiale di arrampicata sugli specchi, con le manine che vanno così, come dicono i nostri giovani. Non dirò più nessuna parola. Spiegherò in Assemblea queste motivazioni. Prenderò il testo della mia interpellanza urgente e lo invierò, come ho già detto oggi in un'agenzia, alla procura della Corte dei conti.

  FEDERICO FORNARO. Ringrazio anch'io la presidente e i componenti del consiglio di amministrazione. Innanzitutto mi associo alle richieste che sono state fatte da alcuni colleghi che mi hanno preceduto in ordine all'audizione del nuovo direttore generale, ma credo anche, e proverò poi a fare un ragionamento, dell'azionista.
  Rispetto la posizione della presidente e capisco anche il suo ruolo, ma oggettivamente dal nostro punto di osservazione le dimissioni del direttore generale Campo Dall'Orto non possono essere sintetizzate semplicemente con le sue parole e pongono, a nostro giudizio, una questione più sistemica. Testimoniano in parte un sostanziale fallimento, da un lato, di una filosofia che, con una battuta – spero che i colleghi non se ne abbiano a male – definirei leopoldina e, dall'altro, proprio di funzionamento della gestione della macchina, dell'azienda.
  Non voglio ritornare su questioni che sono state già oggetto di discussione nel momento in cui abbiamo approvato la riforma della governance, ma questa vicenda, a nostro giudizio, ripropone un tema di ruoli e di ripartizione dei ruoli tra direttore generale e consiglio di amministrazione. Il sistema duale che avevamo proposto, a nostro giudizio, dovrebbe essere oggetto di un ripensamento da parte, io credo, di tutti noi.
  In questa prospettiva la domanda – pongo il punto come un interrogativo – è se l'aver affidato tutti i poteri a un direttore generale che di fatto è un amministratore delegato, in realtà (è sostanzialmente fallita anche questa nell'esperienza di Campo Dall'Orto, che oggi viene riproposta sotto un'altra figura), non riproponga la necessità forse qui di dividere i ruoli. Ritengo che oggi per un'azienda come la Rai sia quasi impossibile trovare una figura di amministratore delegato a 180 gradi, in grado di governare i numeri, la macchina, il contenimento dei costi, la razionalizzazione e, al tempo stesso, di essere anche un bravo «direttore editoriale». Mi chiedo se in prospettiva, invece, queste due figure non possano o non debbano essere distinte. Lo dico con una battuta, così ci intendiamo. Oggi forse una soluzione sarebbe stata avere nello stesso Pag. 14momento Gubitosi e Campo Dall'Orto, cioè una figura in grado, come ha dimostrato dai numeri, di guidare la macchina e, al tempo stesso, un direttore creativo, com'è nella sua storia professionale, quella di Campo Dall'Orto. Prendete i due nomi come puro esempio di riferimento per intenderci. Non c'è alcuna volontà di altro tipo. Da questo punto di vista la nostra richiesta di sentire l'azionista va anche in questa direzione, per comprendere.
  Sul tema relativo al tetto dei compensi, a differenza del collega Brunetta, onestamente, comprendo la loro difficoltà. È vero che abbiamo scritto una norma ed è vero che, quando si è scritta la norma e quando al Senato, per esempio – parlo per il Senato – la si è approvata, i più l'avevano interpretata come dipendenti e non come artisti. Lo dico a futura memoria. Quindi, nel momento in cui questa norma si è scaricata sul consiglio di amministrazione, comprendo la loro difficoltà, dovendo poi rispondere del funzionamento dell'azienda.
  Per quel che ci riguarda, francamente, saremmo più interessati ad avere un quadro, una mappa degli agenti degli artisti e capire se ci sia un sistema di monopolio o di oligopolio, ai limiti dell’antitrust. È una domanda. Magari è tutto a posto, magari è tutto perfetto, ma credo che questa sia una questione ancora più forte anche nella direzione del contenimento dei costi e di svecchiamento.
  Come ultima questione, avevamo inviato, un po’ di settimane fa, insieme all'onorevole Gotor, una lettera alla presidente e ai direttori dei tre telegiornali, ponendo una questione legata al pluralismo, che sentivamo sulla nostra pelle per un sostanziale oscuramento di una nuova forza politica che è nata non più tardi di tre mesi fa. Lo ribadiamo in questa sede, ma lo inseriamo in un quadro più ampio. Credo che in questa fase, una fase delicata, una fase che non dobbiamo avere timore di dire che sia di una campagna elettorale molto lunga – sarà quella che ci porterà alla fine di questa legislatura – il ruolo della Rai nel pluralismo e nella garanzia del pluralismo sia fondamentale per la democrazia del Paese. Ritengo che il consiglio di amministrazione e il direttore generale debbano essere garanti inflessibili di questo.
  Per quel che ci riguarda, saremo estremamente attenti a una lettura critica dei dati dell'Osservatorio di Pavia, e non solo, perché – ripeto – proprio in questa fase così delicata il ruolo della Rai per noi è centrale per la democrazia del Paese.

  GIORGIO LAINATI. Signora presidente, signori consiglieri, al contrario della collega Liuzzi, vorrei rivolgere nei confronti della presidente del consiglio d'amministrazione della Rai un attestato di stima e considerazione per il suo lavoro, per la sua persona e per la sua attività professionale. È innegabile che chi, come me, è stato giornalista televisivo, anche se nato e cresciuto a Canale 5, e ha avuto modo di conoscere la dottoressa Maggioni quando era inviato speciale del TG 1 in prima linea in particolare nell'Afghanistan, possa dire che ha svolto un lavoro di straordinaria qualità per spiegare gli accadimenti drammatici che si vivono in quel Paese da tantissimi anni. Vorrei ricordare che la giornalista Maggioni è stata l'autrice, ancor prima che fosse, se non erro, direttore di Rai News, di interviste con capi di Stato delle zone di guerra, sia asiatiche, sia mediorientali. Mi correggerà – vado a memoria – ma ricordo un'intervista che ha fatto al presidente siriano Assad, che, se non erro, è stata anche oggetto di interesse da parte di altre televisioni internazionali. Dunque, le sue qualità professionali sono assolutamente note e indubbie. È ovvio che in quest'ottica, come è successo anche a un suo altrettanto autorevole predecessore presidente della Rai, Paolo Garimberti, grande giornalista di politica internazionale, anche lei sia autrice di libri che parlano delle vicende sulle emergenze drammatiche che riguardano gli scacchieri internazionali. Da questo punto di vista c'è solo da farle i complimenti per il lavoro svolto nella sua precedente attività da giornalista e da direttrice.
  Per quanto riguarda ciò che è stato detto dai colleghi, vorrei far notare che la Pag. 15fine della direzione Campo Dall'Orto si è determinata per una serie di insuccessi che lo stesso direttore ha inanellato e che la memoria del consigliere Paolo Messa ha plasticamente rappresentato proprio in questa Commissione. Devo dire che la lettura di quel lavoro certosino che fece l'ex consigliere Messa era la testimonianza di una serie di autogol che sono assolutamente incancellabili. Del resto, alcune forze politiche che oggi lo rimpiangono sono quelle che l'avevano criticato a morte nella prima parte della sua direzione generale. Vorrei dire, peraltro, che, avendo incontrato in questa sede una decina di direttori generali, non ricordo che uno sia stato archiviato senza che neanche qualche componente di questa Commissione gli testimoniasse un minimo di compiacimento per il lavoro svolto. Non ho letto alcuna dichiarazione in merito sull'argomento.
  Per quanto riguarda, invece, la vicenda della delibera del consiglio di amministrazione, anch'io ho una visione diversa da quella che è stata manifestata prima. Devo dire che mi ricollego alle autorevoli e importanti parole del consigliere e direttore Freccero, che ha rivolto un appello alla politica e ai responsabili del settore della comunicazione televisiva affinché ci fosse un'apertura sulla questione dei compensi degli artisti. Evidentemente il consiglio di amministrazione ha raccolto doverosamente il suo appello. Le spiegazioni che ha portato a noi e al consiglio di amministrazione la presidente pochi istanti fa sono totalmente condivisibili e colgono perfettamente nel segno.
  A chi parla di alcuni ex direttori impegnati da qualche decennio nella conduzione di programmi di approfondimento della Rai voglio ricordare che stiamo parlando comunque di programmi che effettivamente spaziano a tutto tondo dalla politica al costume, alla moda, al cinema. Ricordo, per esempio, se non erro, che questo programma del quale si parla senza dirlo – credo si stia argomentando di Porta a Porta – è un programma in cui, a proposito dei ballerini di cui prima si parlava, sono stati presentati ai telespettatori personaggi del calibro di Carla Fracci e Roberto Bolle nell'ambito della cultura di serie A, si potrebbe dire. Poi ognuno esprime le valutazioni del caso.
  Ripeto, le parole della presidente per quanto riguarda la delibera sono assolutamente opportune, anzi, la ringrazio perché ha ulteriormente approfondito l'argomento e ha evidenziato quelle voci di risparmio, anche quantificate in percentuali, che mi sembrano assolutamente significative.
  Per quanto riguarda l'altro argomento, altrettanto importante, vorrei dire che è chiaro ed evidente che il nuovo direttore generale che da nove giorni ha assunto l'incarico abbia bisogno di qualche giorno in più per preparare un piano news. Una volta che sarà elaborato, è ovvio, chiaro ed evidente che sarà necessario audirlo. Non vorrei che si inseguissero le richieste senza tenere conto del fatto che stiamo parlando di ruoli di una determinata rilevanza, che devono avere quelle poche settimane necessarie a mettere a fuoco le situazioni in essere.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Della relazione della presidente Maggioni, che anch'io ringrazio per la presenza, assieme al consiglio di amministrazione, volevo riprendere alcuni titoli.
  Il primo riguarda le dimissioni del direttore. Questo attiene alla dinamica tra Consiglio di amministrazione e direttore generale, anzi, mi sembra di capire, alla dinamica dentro il consiglio di amministrazione e con il direttore generale. Noi, come Commissione di vigilanza, non ci siamo entrati. Non è il nostro compito. Ognuno deve fare il suo. Devo dire, però, che in quei giorni nella lettura delle varie dichiarazioni dei giornali c'erano alcuni argomenti che nello spiegare questa, che è tutta una dinamica interna al consiglio di amministrazione, evocavano anche considerazioni di carattere più generale. Faccio riferimento soltanto a questi due ordini di argomenti.
  Il primo, se non sbaglio, era in una dichiarazione o una considerazione del consigliere Diaconale, che ricostruiva dal suo punto di vista il meccanismo e le Pag. 16responsabilità sulla gestione del direttore generale. Poi diceva, però, che c'è una questione più di carattere generale, che attiene alla legge, la quale dimostra di non funzionare. Si dimostra il corto circuito di questa legge con un direttore generale, che è amministratore delegato, togliendo poteri al consiglio di amministrazione. Consigliere Diaconale, secondo me, casomai, questa è la dimostrazione che siamo ancora nella fase transitoria, perché siamo nella fase nella quale c'è un direttore generale che assume i poteri di amministratore delegato, con un consiglio di amministrazione ancora eletto con la legge Gasparri, mentre nella legge c'è un meccanismo di nomina diverso. Secondo me, questa non è la dimostrazione che la legge non funziona, ma che la legge è ancora incompleta nella sua applicazione.
  C'era poi un altro argomento che è stato ripreso in diverse dichiarazioni, e riguardava la mancanza di collegialità. Se il tema è rispetto a una modalità di confronto e di coinvolgimento, questo attiene a come riuscite a organizzare il lavoro. Se, invece, il tema anche qui è di maggiore collegialità intesa come maggiori poteri al consiglio di amministrazione rispetto a quello che è previsto dalla legge, su questo non ci troviamo d'accordo, perché, almeno per quanto mi riguarda, forse anche perché sono stato il relatore di quella legge, si è scelta una strada, senza riportare tutto il significato di quella strada. Da questo punto di vista, a meno che non si decida, come proponeva il collega Fornaro, di modificare la legge, fintanto che questa sarà la legge, mi sembra che la strada sia segnata.
  Per quanto riguarda il secondo titolo, il tetto agli stipendi, ringrazio la presidente per la descrizione, ma credo che sia evidente la necessità di questa Commissione di conoscere la questione nel dettaglio, anche perché il margine è davvero molto stretto. Esiste una legge dello Stato, richiamata dal presidente Brunetta, rispetto alla quale anche in questa Commissione abbiamo detto, con opinioni diverse, che c'è una questione interpretativa. La ricordava il collega Fornaro. Io ho sempre detto che, secondo me, non rientrava. Al di là di questo, la questione interpretativa è stata affrontata con un parere, quello dell'Avvocatura, che diceva una serie di cose, mi sembra di capire, a sua volta in maniera molto puntuale: si tratta di identificare le trasmissioni che sono di intrattenimento, quindi quelle con i compensi artistici, a cui può essere applicata la deroga. A me sembra che questo spazio molto stretto, dalle cose che ho letto e da quelle che ho sentito ancora oggi – ho questo dubbio – effettivamente si sia riusciti ad attraversarlo. Per questo motivo credo sia necessario conoscere il tema nel dettaglio, anche perché – è stata chiara la presidente Maggioni – non si tratta di una logica di taglio lineare, che non solo non risolverebbe il problema, ma lo aumenterebbe.
  Infine, il terzo titolo è il piano news. Attendiamo. Del resto, questa è una Commissione che il piano news lo sta attendendo da diverso tempo e a lungo l'ha sollecitato. Mi sembra chiaro che, a questo punto, attendiamo l'audizione del direttore Orfeo e la presentazione, se non nell'immediato del piano, quantomeno del percorso per l'identificazione. Del resto, il piano news è una responsabilità diretta del direttore. Infatti, c'erano prima il piano Gubitosi e il piano cosiddetto Verdelli, di cui poi, ovviamente, ha assunto la paternità il direttore Campo Dall'Orto. Immagino che sul riordino delle news ci sarà anche il piano Orfeo. Attendiamo quantomeno di capire qual è il percorso e quali sono i tempi, se non ci saranno già le condizioni di conoscerne il contenuto.

  TOMMASO GINOBLE. Sono l'ultimo e cercherò di essere breve, presidente.

  PRESIDENTE. Non è l'ultimo. Lo dico giusto in favore dell'onorevole Rampelli, che dovrà intervenire.

  TOMMASO GINOBLE. Sarò breve, anche perché credo che i consiglieri del consiglio di amministrazione e la presidente vorranno replicare. Non è da molto che sono in questa Commissione. Permettetemi Pag. 17 di dire, però, che le poche volte che sono venuto ho sentito ripetere alcuni argomenti in maniera continua. Questi argomenti vengono utilizzati anche secondo le diverse posizioni politiche, con una forma di pigrizia. Dico ai miei colleghi e anche ai componenti del consiglio di amministrazione che non dobbiamo dimenticare la complessità nella conduzione di quest'azienda. La Rai è un'azienda di servizio pubblico. È l'azienda che fa più cultura. Si muove attraverso diversi meccanismi pubblici. Le chiediamo di svolgere anche un po’ di privato, le chiediamo di fare redditività e, nello stesso tempo, non vogliamo alcun tipo di deroga su nulla.
  Un po’ di comprensione anche da parte della politica credo aiuterebbe a stimolare meglio coloro che hanno questa responsabilità, dalla presidente ai componenti del consiglio di amministrazione, al direttore generale. Diciamo che hanno il pensiero unico. Mi sembra che un direttore generale si sia dimesso perché forse non c'era il pensiero unico, altrimenti non si sarebbe dimesso. Si sarebbe uniformato lui su di voi, o vi sareste uniformati voi su di lui. Ci sono un po’ di questioni.
  Presidente, credo che lei si sia spiegata benissimo, non bene, a differenza del mio collega Brunetta, anche su questo. Lo dico non perché siamo in maggioranza in questo momento. Mi sembra che trattiamo tutti con grande rispetto il lavoro che state svolgendo. Non mi sembra che ci siano pressioni indebite. Su alcune cose, però, vorremmo, se possibile, un po’ più di chiarezza.
  Sono d'accordo sul fatto che ci sia una legge sui compensi e che si debba guardare ad essa come a una specie di stella polare. Ogni volta che ci si discosta da questa stella polare abbiamo il dovere complessivamente di venirne a conoscenza, in maniera che ciò possa essere spiegato.
  Accanto a questo, poiché non credo mai all'indispensabilità delle persone, neanche a quella degli artisti, possiamo chiedere al consiglio di amministrazione, al direttore generale e alla presidente di fare una ricerca e di portare una maggiore crescita soprattutto all'interno della vostra struttura con figure nuove, senza rifugiarci nella ripetitività e nella pigrizia, come dicevo prima. Un programma che dura 10-15 anni, da una parte, è l'espressione della sua capacità, se lo si guarda con benevolenza, dall'altra è la mancanza di una fantasia per cercare prodotti alternativi. Non faccio nomi, ma potrebbe essere così. Questo ci permetterebbe di far sì che non dovessimo scendere sempre nel terreno della competizione anche economica, altrimenti verremmo minacciati di essere abbandonati. Se non abbiamo con chi sostituirli, magari ne soffrirebbe quella redditività di cui qualcuno parlava e vi accuseremmo che i conti non sono in ordine. Questo il tempo che verrà lo dirà.
  La presidente ha parlato di un uso attento e puntuale delle risorse. Presidente, aggiungerei un altro aggettivo: appropriato. Questa è una cosa che, come componente della Commissione, mi sento di chiedere, insieme al fatto che il più rapidamente possibile si possa passare dalle parole ai fatti su un piano che da tempo aspettiamo, quello delle news. Non è solo un compito del direttore generale. Tutti ve ne dovete far carico, perché su queste cose veramente possiamo misurarci per vedere se siamo riusciti in due anni a fare qualcosa di diverso, o se voi e noi ci siamo affidati alle parole più che ai fatti.

  FABIO RAMPELLI. Grazie al presidente e a tutti i consiglieri di amministrazione. Ascolteremo le repliche con grande attenzione. Dico subito che le dimissioni del direttore generale precedente erano ampiamente prevedibili, ma che non si poteva immaginare che le procedure fossero quelle che abbiamo potuto constatare. In molti ritenevano che, attraverso la bocciatura di Campo Dall'Orto, si andasse a bocciare un po’ complessivamente la politica della Rai. Poiché solitamente volano gli stracci quando si prova a organizzare un minimo di procedura di autocritica, si poteva immaginare che tutti sarebbero stati colpiti fuorché Renzi, ma da Renzi in giù tutti gli altri, nessuno Pag. 18escluso. Invece, non è andata così, per quello che attiene alla Rai. Si è scelto un capro espiatorio di cui, francamente, nonostante la stima e la considerazione personale e talvolta anche culturale nei confronti sia di Campo Dall'Orto, sia della presidente Maggioni, non si è capita la ragione. Non è che ci fosse stata la sensazione in questi anni di una divaricazione frontale tra questi soggetti su scelte strategiche così diverse e anche ampiamente pubblicizzate nella ragione delle identità rispetto al modello Rai, ai propositi e agli orizzonti verso cui si voleva condurre questa grande azienda.
  Comunque, è stato fatto un pastrocchio. Io appartengo all'opposizione e ho il dovere di raccontare agli italiani che questo pastrocchio è chiarissimo, così come è incomprensibile nella sua chiarezza. È un gioco politico, un gioco di potere che ha preso la mano di colui il quale – mi riferisco al Partito Democratico semplicemente perché è l'espressione apicale del retropensiero renziano – ha inteso genuflettere la Rai a una logica peggiore di quella precedente. Si è passati dalla partitocrazia al leaderismo sfrenato, neanche all'oligarchia, ma alla monarchia. Tutte le scelte che sono state fatte negli anni trascorsi, più o meno, le ho potute registrare e interpretare così. Se così non fosse stato, sarebbero stati diversi i vagiti delle prime scelte anche di questa nuova edizione, che non si comprendono molto bene.
  Ho fatto un attacco politico. Me ne rendo perfettamente conto e lo rivendico. Il tema, però, è ancorarlo – e questo non è dato che appartenga semplicemente alla parte politica che rappresento – alla madre di tutte le battaglie, che è la necessità alla vocazione da parte della Rai, in quanto ente pubblico, di tutelare il pluralismo, che non è soltanto il pluralismo politico e il pluralismo nel dosaggio della presenza dei partiti all'interno dei sonori dei telegiornali. È un pluralismo molto più diffuso e molto più profondo, che si deve manifestare nella gestione della Rai a tutto tondo, perché il nome «pubblico» non è il secondo cognome di Renzi, Matteo Pubblico Renzi. Pubblico significa di proprietà dei cittadini. Chi gestisce la Rai se ne deve fare carico, visto che i cittadini sono stati nuovamente rapinati attraverso il noto escamotage del pagamento del canone radiotelevisivo sulla bolletta energetica. Penso che vadano rispettati a maggior ragione esattamente per questo. Se qualcuno vuole utilizzare a proprio uso e consumo un servizio radiotelevisivo pubblico, se lo deve pagare. La Rai si privatizza e con i soldi propri ciascuno è autorizzato a fare quel che vuole. Con i soldi dei cittadini italiani non si può fare.
  Pertanto, l'invito in questa inesistente seconda fase dell'attuale legislatura in ordine alla gestione Orfeo – poi ne parleremo, ovviamente, quando il neodirettore generale sarà chiamato in audizione qui, ma la discussione di oggi di fatto anticipa quella che ci sarà quando sarà presente il nuovo direttore generale – è a tutelare il pluralismo diffuso che c'è nella società italiana, oggi più di ieri. Mentre ieri c'era la sensazione che i partiti dominassero in lungo e in largo la Rai e che, alla fine, ci fosse un punto di equilibrio è di accordo ed era l'era delle grandi ideologie, delle grandi appartenenze, delle grandi culture politiche di riferimento e delle grandi storie dietro le spalle di ciascuno, oggi la Rai è dei cittadini.
  Faccio degli esempi, come si dice dalle mie parti, volutamente «a bacca», per farmi capire. Si è mai parlato nella Rai dell'ideologia gender, che sta imperversando nelle scuole ed è promossa da una determinata parte politica? Non se n'è mai parlato e, quando se ne è parlato, se ne è parlato bene, ancorché il 90 per cento degli italiani non ne voglia sapere nulla e la ripudi, ritenendola una forzatura incomprensibile e inconcepibile.
  I cittadini italiani vorrebbero che la Rai parlasse la lingua italiana e promuovesse la produzione italiana, la cultura, la lingua e l'identità italiana. Ne abbiamo parlato anche qui. Ciò non avviene, continua a non avvenire. Siamo genuflessi a culture di altro riferimento, preferibilmente anglosassoni.
  In questo caso e in questo modo si disattende il principio del pluralismo diffuso, non soltanto del pluralismo politico Pag. 19partitico, ma anche del pluralismo che esiste nella società e che la Rai, evidentemente animata da un’intellighenzia intoccabile, da un’élite culturale, o apparentemente ritenuta tale, non vuole scardinare.
  La Rai è di proprietà dei cittadini. I cittadini hanno degli orientamenti. Nessuno può imporre altri orientamenti ai cittadini italiani. La Rai è dei cittadini. Questa è l'unica cosa che chiedo, non solo alla presidente Maggioni, che ha fatto tante battaglie ampiamente condivisibili e condivise, ma anche alla nuova gestione, se mai si potrà dimostrare utile questo cambio della guardia per cambiare davvero le cose dal punto di vista che riguarda il Parlamento italiano, cioè del pluralismo da garantire nell'informazione pubblica.

  FRANCESCO VERDUCCI. Dico poche cose, presidente. Mi scuso con lei, con i colleghi, con la presidente e con i membri del CdA per essere stato assente nell'ultima mezz'ora, ma abbiamo concomitanti lavori e votazioni nelle Commissioni di appartenenza, particolarmente importanti quest'oggi. Mi scuso anche se ripeterò cose che sono state già dette o se non sarò in grado di interloquire con i colleghi che hanno già parlato.
  Vengo al merito dell'ordine del giorno, che è particolarmente importante. Come veniva detto da alcuni colleghi all'inizio di questa seduta, quest'audizione cade in un contesto particolarmente delicato per l'azienda, ma naturalmente è massima la fiducia nelle potenzialità dell'azienda perché possa perseguire quegli obiettivi, che abbiamo condiviso, di trasformazione per raggiungere l'assetto di media company che ne possa fare ancora di più un asset centrale per il nostro sistema Paese in una situazione di grande trasformazione del sistema della comunicazione, come quello che stiamo vivendo.
  A questo si aggiunge l'importanza del fatto che reclamiamo il piano news ormai da mesi. Non posso che aggiungermi alle richieste che ci sono state dei colleghi affinché questo diventi il primo punto che venga affrontato dal CdA insieme al nuovo direttore generale, in modo che quanto prima anche questa Commissione possa finalmente prendere visione e interloquire su un tema così importante con la dirigenza dell'azienda.
  L'altro punto è quello del tetto e della trasparenza. Anche questo è un tema particolarmente importante, che questo Parlamento e questa maggioranza di Governo hanno voluto introdurre nella legge di riforma della governance. Intendo rimarcare che la questione non è solamente di fare in modo che la Rai, al pari delle altre aziende partecipate dallo Stato, sia in linea con il tetto dei 240.000 euro, ma che finalmente le deroghe previste e che sono state anche contemplate abbiano un chiaro identificabile criterio che le possa mettere al riparo da polemiche eventuali. Qui torna un tema, presidente, consiglieri, che, a mio avviso, è fondamentale, quello del codice di autoregolamentazione dell'azienda, di un protocollo interno all'azienda che impedisca finalmente all'azienda di fare quello che è successo nei decenni passati, cioè la stratificazione di stipendi e contratti molto spesso avulsi da mansioni, ruoli e funzioni e, quindi, da criteri oggettivi, il che mina di fatto credibilità e reputazione dell'azienda. L'occasione che avete in questa fase è fondamentale per fare in modo che di qui in avanti tutto ciò che viene fatto possa essere giustificato di fronte a un'opinione pubblica che ha la necessità e anche il dovere di reclamare da questo punto di vista dei criteri che siano di assoluta trasparenza.
  Auspico, infine, che la fase nuova che si apre – audiremo molto presto il nuovo direttore generale – sia una fase di grande collegialità nel prosieguo dei lavori tra consiglio di amministrazione e nuovo direttore generale per risolvere le questioni che hanno portato alle dimissioni di Antonio Campo Dall'Orto, che ringraziamo per il grande lavoro fatto, e cogliere appieno tutte le potenzialità.
  Infine, fatemi dire che trovo assolutamente pretestuosa la polemica che è stata fatta oggi in Commissione, e anche in questi giorni sulle agenzie di stampa, dai colleghi dei Cinque Stelle nei confronti Pag. 20della presidente Maggioni. Trovo che ci si debba attenere alla risposta che ci è stata fornita dall'azienda e ritengo, peraltro, che il tema portato avanti con il suo libro dalla presidente Maggioni sia un tema di grande rilievo, che costituisce un valore aggiunto per l'informazione e per l'intera credibilità dell'azienda nella sua funzione di servizio pubblico e anche nel suo rapporto con l'opinione pubblica, nel momento in cui il contesto internazionale è sempre più segnato da eventi drammatici, come quelli legati al terrorismo. Sono eventi che abbiamo bisogno non solo di raccontare, ma anche di capire nella loro genesi, per non essere travolti poi da un linguaggio della paura che molto spesso è legato anche all'incapacità di capire alcuni fenomeni e come essi nascono e si dispiegano.

  PRESIDENTE. Poiché, giustamente, i consiglieri di amministrazione vogliono parlare e avere, in linea di massima, i cinque minuti che ci siamo detti all'inizio, facendo un breve calcolo, vedo che non riusciremmo a concluderli tutti, perché alle 16.30 dobbiamo essere in Assemblea per le comunicazioni del Presidente del Consiglio. Ci possiamo riconvocare per il prosieguo degli interventi. Volevo fare un intervento, ma lo farò eventualmente nella prossima seduta. Nei giorni a seguire la presidente ha impegni internazionali. Ci vediamo martedì prossimo.
  Rinvio ad altra riunione il seguito della audizione e dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 16.10.