XVII Legislatura

Comitato per la legislazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Giovedì 15 giugno 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgis Andrea , Presidente ... 2 

Audizione della Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con funzioni di Segretario del Consiglio dei ministri, Maria Elena Boschi, su: l'istruttoria nell'esercizio dell'attività normativa del Governo, le modalità, i tempi e gli strumenti di progettazione legislativa e il ruolo della Presidenza del Consiglio nelle riunioni preparatorie del Consiglio dei ministri (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Giorgis Andrea , Presidente ... 2 
Boschi Maria Elena (PD) , Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ... 2 
Giorgis Andrea , Presidente ... 6 
Lattuca Enzo (PD)  ... 6 
Fabbri Marilena (PD)  ... 6 
De Menech Roger (PD)  ... 8 
Giorgis Andrea , Presidente ... 8 
Boschi Maria Elena (PD) , Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ... 9 
Giorgis Andrea , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANDREA GIORGIS

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione della Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con funzioni di Segretario del Consiglio dei ministri, Maria Elena Boschi, su: l'istruttoria nell'esercizio dell'attività normativa del Governo, le modalità, i tempi e gli strumenti di progettazione legislativa e il ruolo della Presidenza del Consiglio nelle riunioni preparatorie del Consiglio dei ministri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con funzioni di Segretario del Consiglio dei ministri, Maria Elena Boschi, sull'istruttoria nell'esercizio dell'attività normativa del Governo, le modalità, i tempi e gli strumenti di progettazione legislativa e il ruolo della Presidenza del Consiglio nelle riunioni preparatorie del Consiglio dei ministri.
  Ricordo che l'audizione della Sottosegretaria Maria Elena Boschi, che ringrazio per aver risposto al nostro invito, si inquadra nell'ambito dell'attività conoscitiva che il Comitato sta svolgendo sul sistema delle fonti nel suo concreto dispiegarsi nel contesto delle dinamiche politico-istituzionali attuali, con specifico riferimento alle problematiche connesse alle procedure di attuazione delle leggi e all'esercizio dei poteri normativi, attribuiti al Governo nella pluralità e atipicità delle forme in cui esso concretamente si manifesta.
  Darei ora la parola alla Sottosegretaria, che ringrazio davvero sentitamente, al cui intervento faranno seguito eventuali domande da parte dei deputati, cui la nostra ospite potrà replicare.

  MARIA ELENA BOSCHI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Buongiorno, ringrazio per la possibilità offerta di avere un confronto, su un tema così centrale, anche per il ruolo che ricopro alla Presidenza del Consiglio dei ministri in questa fase, sperando poi che – come ci siamo detti con il presidente – questo confronto e l'attività che state svolgendo attraverso le altre audizioni e quindi le considerazioni finali all'esito di questo lavoro, possano essere di stimolo per migliorare le eventuali criticità e i punti di debolezza che possono esserci nel procedimento legislativo e nell'attività che svolgiamo quotidianamente.
  Cercando di affrontare il tema individuato per l'audizione di oggi – quindi essenzialmente il ruolo della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Governo, soprattutto in relazione alla progettazione legislativa – direi che, come ben sanno i colleghi, il tema della progettazione legislativa ha sì un piano tecnico-giuridico, ma ovviamente risente anche di quello che è il quadro politico-istituzionale, perché il Governo deve spesso trovare un punto di equilibrio tra la complessità della regolamentazione e l'urgenza in alcuni casi di Pag. 3intervenire a livello normativo, sapendo anche che alla possibilità di intervenire da parte del Governo si affianca la necessità di garantire, nel rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini, anche conoscibilità e trasparenza. In qualche modo, dal lato del Governo tutto questo ha un costo in termini non soltanto politici, ma anche organizzativi, di attività che il Governo svolge.
  Proprio per questo, anche per cercare di trovare un punto di equilibrio, quasi una compensazione rispetto all'intensità dell'attività normativa, abbiamo individuato in questa legislatura forme maggiori di trasparenza verso i cittadini. Pensiamo, ad esempio, all'obbligo che ha il Governo, la Presidenza del Consiglio attraverso il DAGL, di pubblicazione delle relazioni illustrative dei vari provvedimenti che vengono adottati, e dall'altro all'accesso civico generalizzato, che adesso consente una grande trasparenza verso i cittadini anche per quanto riguarda l’iter che porta alla formazione delle scelte legislative.
  Tutti noi sappiamo che la Costituzione attribuisce al Governo la possibilità di iniziativa legislativa – anzi, per quanto riguarda la legge annuale di bilancio, il dovere di assumere l'iniziativa legislativa – e ovviamente di poter assumere l'iniziativa anche per quanto riguarda l'esercizio della delega, strumento al quale, come ben sapete, in questa legislatura abbiamo fatto ricorso frequentemente e che ha consentito di affrontare riforme strutturali importanti.
  È ovvio che la qualità normativa dipende dal lavoro che svolge il Governo sia nella fase iniziale, sia nella fase di accompagnamento nell’iter parlamentare dei vari provvedimenti, ma dipende anche dalle scelte che il Parlamento fa e in alcuni casi anche dalla stabilità politica delle maggioranze che sostengono quel Governo e dall'omogeneità nei due rami del Parlamento, perché è evidente che la maggiore o minore omogeneità del testo definitivo rispetto alla proposta iniziale del Governo dipende anche dal rapporto con il Parlamento e quindi dalla coerenza rispetto alle scelte del Parlamento.
  Un tema importante dal punto di vista politico-istituzionale è quello della coerenza tra l'attività legislativa del Governo e quanto il Governo ha annunciato in Parlamento, chiedendo la fiducia nel momento in cui nasce l'esperienza governativa. Spesso ci sono state critiche, anche da parte della dottrina, rispetto alla corrispondenza tra l'attività concretamente posta in essere da un Governo e gli impegni inizialmente assunti. Credo che per quanto riguarda almeno l'ultima fase di questa legislatura, quindi con questo Governo e con il Governo precedente, abbiamo cercato di dare particolare risalto e importanza alla corrispondenza tra gli impegni assunti nella fase iniziale, programmatica di fronte al Parlamento, e l'attività che si è svolta durante l'esercizio del mandato.
  Penso soprattutto all'esperienza conclusasi in tema di diritti o in tema di riforme del mercato del lavoro e della pubblica amministrazione. Con l'attuale Governo, per esempio, uno degli impegni assunti era la presentazione in Parlamento della riforma del Libro bianco della Difesa ed effettivamente è stato uno dei primi impegni che il Governo ha portato avanti, trasformandolo in atti normativi che sono all'esame del Parlamento. Come direbbe la professoressa Cartabia, il Governo è sostanzialmente il signore delle fonti, ma ha la necessità di intersecare la propria attività con quella degli altri soggetti titolari del potere legislativo.
  Con riguardo all'attuale Governo e ad alcuni elementi che possono essere utili per verificare anche l'attività normativa, posso evidenziare come l'attività svolta attraverso la decretazione d'urgenza con riguardo ai primi sei mesi di attività, quindi facendo un confronto con i primi sei mesi di attività dei Governi precedenti, ha visto questo Governo ricorrere in misura inferiore ai decreti-legge: l'attuale Governo ha una media di 2,2 decreti-legge al mese, il Governo Renzi 3, il Governo Letta 2,5, il Governo Monti 2,8. Quindi nell'attuale Governo abbiamo approvato un decreto-legge ogni 13 giorni, con una media più alta, quindi dal punto di vista del Parlamento migliore rispetto Pag. 4 alle esperienze dei Governi precedenti.
  Anche dal punto di vista della autoapplicatività dei provvedimenti abbiamo cercato di rivolgere particolare attenzione a questo criterio. Devo dire che, avuto riguardo all'attività del Governo precedente, siamo partiti da una percentuale di autoapplicatività dei provvedimenti governativi a inizio 2014, quindi relativamente alla prima fase della legislatura, che era di poco superiore al 30 per cento e alla fine del 2016 abbiamo raggiunto il 64 per cento di autoapplicatività, con uno sforzo notevole in questa direzione. L'attuale Governo ha conseguito un miglioramento ulteriore rispetto all'obiettivo della riduzione del ricorso a decreti attuativi per ciascuna disposizione legislativa, perché, se con il Governo precedente erano in media 7,4 per ogni disposizione legislativa, attualmente sono 4,4. Si tratta di un ulteriore miglioramento rispetto al ricorso ad ulteriori provvedimenti, proprio per evitare un continuo rinvio alla sede governativa delle scelte.
  Talvolta si è criticato il ricorso alla delega ma credo che – al di là del ruolo del Parlamento in sede di pareri che possono essere espressi sui decreti legislativi al momento dell'esercizio della delega – l'aver scelto, in alcune deleghe particolarmente significative, come quella che ha portato alla riforma della pubblica amministrazione, un doppio passaggio parlamentare laddove il Governo intendesse non recepire le indicazioni del Parlamento, abbia portato, come evidenziano i dati, ad una grande adesione ai pareri parlamentari e quindi ad una forte attenzione rispetto alle proposte che dal Parlamento venivano in sede di esercizio della delega.
  Considero inoltre importante sottolineare come in questa legislatura si sia fatto sovente ricorso alla consultazione pubblica, anche con riguardo ad alcune delle riforme principali: quelle degli appalti, della pubblica amministrazione e del terzo settore. Ciò ha consentito di evidenziare in sede di AIR i risultati della consultazione pubblica, tanto è vero che nella relazione presentata alle Camere nel maggio scorso si evidenzia come nelle relazioni AIR nel 41 per cento dei casi si sia tenuto conto anche degli esiti delle consultazioni pubbliche. Non sono quindi semplicemente uno strumento politico, ma portano ad una interazione e ad un confronto con un impatto nell'attività di regolamentazione, tanto che la Ministra Madia ha di recente disciplinato lo strumento della consultazione pubblica attraverso delle linee guida, che dovrebbero uniformarne l'utilizzo e l'impatto.
  Per quanto riguarda l'attività del Governo, distinguiamo a livello cronologico sostanzialmente due fasi: il primo semestre, che è più in linea con le scadenze europee, quindi con la necessità di presentare nell'ambito del DEF il Piano nazionale delle riforme, il Piano di stabilità e convergenza, e una seconda parte legata alla Nota di aggiornamento al DEF e alla presentazione della legge di bilancio, che è più propriamente correlata al semestre nazionale. Oltre a questo c'è l'attività che dipende dal rispetto degli impegni internazionali e comunitari e la scelta di coerenza rispetto al programma e all'agenda del Governo.
  Per quanto riguarda l’iter che porta alle scelte del Consiglio dei ministri, voi ben sapete che il ruolo di coordinamento è attribuito al Presidente del Consiglio dei ministri e che, secondo quanto disciplinato dalla legge n. 400 del 1988 e secondo quanto previsto a livello di regolamenti interni, prevede un percorso con fasi ben individuate. In particolare, i vari Ministeri dovrebbero inviare le priorità di ogni trimestre, con i provvedimenti per i quali intendono richiedere l'iscrizione all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri, tenendo conto delle loro priorità e delle loro scadenze.
  Sulla base di questa individuazione trimestrale dei provvedimenti che dovrebbero essere portati in Consiglio dei ministri, si cerca di calendarizzare in modo ordinato i lavori istruttori rispetto al Consiglio dei ministri. In particolare, come è noto, la riunione preparatoria del Consiglio dei ministri, il cosiddetto «pre-Consiglio» riveste ruolo centrale nella discussione dei testi e dei provvedimenti, anche perché nessun provvedimento può essere portato all'esame Pag. 5 del Consiglio dei ministri ed iscritto all'ordine del giorno se non ha prima ottenuto un esame, un'istruttoria in sede di pre-Consiglio, a meno che non sia il Presidente del Consiglio che ritenga indifferibile quel provvedimento e quindi inscrivibile all'ordine del giorno anche senza quel precedente passaggio, ipotesi comunque eccezionale e residuale.
  Circa il pre-Consiglio, esso è solitamente coordinato dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri o, in alternativa, anche dal Segretario generale o dal capo DAGL. In questa fase dell'attuale Governo, tranne casi improrogabili nei quali non posso essere presente, coordino io i lavori, perché solitamente è il Sottosegretario, su mandato del Presidente del Consiglio, a svolgere questo ruolo tecnico e politico di coordinamento.
  I testi che provengono dalle singole amministrazioni possono essere esaminati soltanto dopo che hanno ottenuto il concerto e il parere formale delle autorità indipendenti che si devono esprimere o degli altri soggetti per i quali è previsto che sia espresso il concerto o comunque l'intesa o i pareri in via preventiva. Capita talvolta che non ci sia il concerto di una delle altre amministrazioni centrali, di uno degli altri Ministeri anche nella fase proprio iniziale, istruttoria, su singoli punti del provvedimento, e in quel caso solitamente è la riunione preparatoria che serve a sciogliere quei nodi.
  Mediante la riforma della pubblica amministrazione, è stata introdotta una nuova disciplina per la quale, laddove ci sia ancora un mancato concerto nel termine di 30 giorni e quindi sostanzialmente un silenzio rispetto alla richiesta di concerto, può essere il Consiglio dei ministri a prendere una decisione e quindi anche a sciogliere il nodo del concerto. È una forte innovazione, perché porta nell'ambito del rapporto tra pubbliche amministrazioni il silenzio-assenso che opera nel rapporto con i privati.
  Un ruolo fondamentale viene svolto anche dal Ministero dell'economia delle finanze, attraverso la Ragioneria Generale dello Stato, perché è evidente come sia indispensabile anche l'assenso da parte della Ragioneria – che è infatti presenza costante nell'ambito delle riunioni preparatorie del Consiglio dei ministri al pari degli altri Ministeri, degli altri Dipartimenti della Presidenza del Consiglio – e in assenza di relazione tecnica che abbia avuto il via libera dalla Ragioneria non è possibile procedere.
  Una volta ritenuti maturi i provvedimenti, il Presidente del Consiglio valuta sulla base delle indicazioni che provengono dal DAGL e quindi dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio quali sono i provvedimenti che si ritengono maturi per l'iscrizione all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri. Inizia poi una fase successiva molto complessa e, come è noto, la Presidenza del Consiglio attraverso il DAGL svolge una funzione di accompagnamento attraverso l'espressione dei pareri anche per quanto riguarda gli eventuali emendamenti parlamentari o governativi.
  Formalmente è il Ministro per i rapporti con il Parlamento che poi autorizza o meno gli emendamenti, ma raccogliendo dal DAGL il parere della Presidenza del Consiglio dei ministri nel corso dell’iter successivo.
  Molto importante poi, una volta approvata la legge, è la fase di attuazione e, quindi, di adozione dei provvedimenti previsti nelle disposizioni legislative. Anche su questo aspetto negli ultimi tre anni abbiamo cercato di lavorare attivamente attraverso l'Ufficio per l'attuazione del programma di Governo. A febbraio 2014 i provvedimenti attuativi da adottare ereditati dai precedenti Governi erano 889, oggi sono 111, quindi si è fatto un lavoro di notevole diminuzione del carico dei provvedimenti da adottare. Peraltro molti dei 111 provvedimenti rimasti non hanno una grande portata per quanto riguarda i loro contenuti e, pur rimanendo formalmente in vigore, perché ovviamente è in vigore la disposizione legislativa che li prevede, molte amministrazioni che hanno la competenza su quelle materie li ritengono superati o non più da adottare. Tanto è vero che, nell'ambito della riforma della pubblica amministrazione abbiamo approvato un decreto legislativo che abrogava le disposizioni legislative recanti provvedimenti da Pag. 6adottare ritenuti non più attuali da un punto di vista politico-istituzionale o superati da interventi successivi.
  È stata un'operazione attuata con molta prudenza dai Ministeri, quindi tutto sommato ha impattato in misura non particolarmente significativa sui numeri, ma, a mio avviso, è un'operazione che potremmo valutare di ripetere nel tempo, perché è una forma di pulizia legislativa, laddove, nel momento in cui si ritiene che alcuni decreti non siano più da adottare, a quel punto può avere senso abrogare la norma che li prevede. È ovvio che questo dipende anche dalla responsabilità politica dei singoli Ministeri sui singoli provvedimenti.
  Per quanto riguarda l'attuale Governo, in questi sei mesi di mandato sono stati adottati 181 decreti attuativi, quindi stiamo cercando di tornare alla media precedente rispetto all'adozione dei provvedimenti attuativi.
  Un tema significativo si pone circa il rapporto tra il legislatore nazionale e la competenza delle regioni, soprattutto alla luce della la sentenza n. 251 dello scorso anno che ha sottolineato con forza l'esigenza di tenere in adeguato conto, ai fini dell'attività legislativa, delle competenze delle Regioni e delle richieste da loro manifestate in sede di Conferenza Stato-regioni.
  Il lavoro della Presidenza del Consiglio viene svolto essenzialmente attraverso il Segretariato generale e il DAGL per quanto riguarda l'attività normativa, così come è previsto, e com'è noto il DAGL ha forme di collaborazione interistituzionale per la produzione normativa e una collaborazione con la SNA, sempre ai fini di migliorare il nostro lavoro e l'attività della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Come inquadramento generale mi fermerei qui, magari approfondiamo i punti che sono ritenuti più interessanti.

  PRESIDENTE: Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire.

  ENZO LATTUCA. Grazie, presidente, vorrei cogliere questa occasione per rivolgere alcune domande alla Sottosegretaria Boschi.
  La prima riguarda l'approvazione in Consiglio dei ministri dei decreti-legge. Non certo a partire da questa legislatura e negli ultimi Governi, ma secondo una prassi abbastanza costante, si riscontra una distanza temporale anche significativa tra il momento dell'approvazione dei decreti-legge in Consiglio dei ministri, con relativa comunicazione all'esterno di quanto approvato, e l'effettiva trasmissione alla Presidenza della Repubblica e la successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
  Gli esempi potrebbero essere tanti, anche nel caso dell'ultimo decreto-legge pubblicato, quello in materia vaccinale, ciò si è verificato. Dal punto di vista del controllo dell'opinione pubblica e dell'aspettativa che si ingenera nel Paese e nel Parlamento in attesa dell'approdo alla Camera o al Senato del testo del decreto, si crea una confusione che smentisce la natura di quel provvedimento, che dovrebbe essere immediatamente vigente dal momento della adozione senza lasciare spazio a comportamenti che tendano ad aggirare la norma approfittando dei giorni intercorrenti tra l'annuncio e la pubblicazione. Anche nei confronti dei parlamentari, si crea una certa pressione rispetto a eventuali proposte di modifica o contrarietà, con un conseguente disagio dato dall'indisponibilità del testo.
  Vorrei chiedere se, a suo avviso, alla luce della sua esperienza, tale prassi sia ineliminabile, ineludibile per la complessità tecnica che passa dall'approvazione alle fasi successive, o se invece si possa fare qualcosa, ad esempio un secondo passaggio in Consiglio dei ministri sul testo definitivo, per evitare gli effetti che dicevo.
  La seconda questione riguarda l'esercizio della delega. Vorrei sapere se esistano dati, magari raccolti dallo stesso Governo, così come avviene per quanto riguarda l'attuazione degli atti di indirizzo che le Camere approvano (mozioni, ordini del giorno, risoluzioni) circa il recepimento nell'esercizio della delega delle condizioni e delle osservazioni che provengono dalle Commissioni di merito attraverso i pareri. Grazie.

  MARILENA FABBRI. Ringrazio la Sottosegretaria Boschi per essere qui in Comitato per la legislazione. Vorrei anch'io Pag. 7sottolineare alcuni aspetti legati al motivo per cui il Comitato ha ritenuto di svolgere una serie di audizioni di vari Ministeri e Dipartimenti che si occupano della produzione legislativa.
  Vorrei chiederle se abbia contezza del fatto che i pareri del Comitato per la legislazione vengano poi letti dai Ministeri, perché in questi quattro anni le osservazioni o le condizioni poste dal Comitato sono ricorrenti: praticamente ripetiamo continuamente le stesse osservazioni. Da qui il motivo di queste audizioni, perché o non vengono letti o c'è una discrasia fra quello che noi riteniamo un punto di caduta della qualità legislativa e quelle che sono oggi le nuove esigenze della legislazione, che derivano dall'Esecutivo.
  Il secondo aspetto riguarda il tema della gerarchia delle fonti. Abbiamo notato una certa confusione nella gerarchia delle fonti. Spesso si usa la normazione primaria per modificare regolamenti in maniera puntuale, andando a creare problemi nella forza di resistenza tra un articolo e l'altro o un comma e l'altro di uno stesso provvedimento. Probabilmente si ritiene più veloce fare una legge piuttosto che intervenire attraverso la normazione secondaria, quindi attraverso regolamenti, DPR, DPCM. Da qui quindi la richiesta di audizioni per verificare se non sia necessario modificare la legge n. 400 del 1988 o le altre norme che regolano le fonti secondarie, per verificare se queste possano essere alleggerite nelle procedure e nella raccolta dei pareri, piuttosto che raggirate attraverso l'uso di normazione primaria incidente su quella secondaria.
  Il terzo aspetto è quello del cosiddetto «scorrimento» nelle leggi di delegazione, altro punto sempre sottolineato dal Comitato. Quando si conferisce una delega, viene assegnata una tempistica al Governo per dare attuazione ad essa. Quindi viene previsto un termine per la trasmissione della bozza di decreto alle Commissioni per l'espressione del parere. Ordinariamente questi tempi non vengono rispettati e si attiva lo scorrimento rispetto al termine previsto. In tal modo non vi è una data certa. Il Comitato vorrebbe invece che entro una certa data lo schema di decreto sia trasmesso e che quella data sia rispettata. Normalmente, invece, succede che lo schema di decreto legislativo viene trasmesso nell'arco di tempo assegnato per l'espressione del parere con conseguente effetto di scorrimento in avanti del termine rispetto a quello formalmente previsto. È questo un elemento di ricorrente conflitto che emerge dalle osservazioni del Comitato concernenti le leggi delega del Governo. Constatiamo inoltre che quando vengono proposti emendamenti correttivi, l'obiezione è solitamente quella che trattasi di una richiesta specifica che proviene dal Governo.
  Noi riteniamo particolarmente importanti le audizioni svolte in queste settimane, perché ci rendiamo conto della necessità di aggiornare le procedure per rispondere a un'esigenza di accelerazione senza però rinunciare ai necessari controlli intermedi, che garantiscono una maggiore qualità dei provvedimenti, ma soprattutto una loro maggiore tenuta.
  Due aspetti ci sono stati segnalati nelle audizioni. Il primo concerne l'opportunità di procedimentalizzare il lavoro dei Ministeri, eventualmente in maniera regolamentare. Lei prima diceva che sono i singoli Ministeri a segnalare le priorità del trimestre in modo da programmare l'attività del Consiglio dei ministri e la calendarizzazione dei diversi provvedimenti. Questo presuppone che a monte ci sia una programmazione dei Ministeri rispetto ai provvedimenti su cui intervenire, su cui lavorare, e ai quali dare priorità nell'attuazione. Ci è stato invece segnalato che manca una procedimentalizzazione rispetto al lavoro interno dei Ministeri quindi anche relativamente alla tempistica con cui intervenire nei diversi provvedimenti attuativi, salvo quelli per i quali sia la legge a prevedere una tempistica. Ci sono infatti decreti che hanno un tempo di attuazione e altri provvedimenti che non hanno una temporalizzazione, la cui attuazione è lasciata alla discrezionalità dei Ministeri; così come non sono previste ordinariamente procedure di consultazione pubblica, mentre lei prima diceva che la Ministra Madia sta lavorando a delle linee guida che non dovrebbero più Pag. 8essere legate alla buona volontà o alla prassi che si instaura nel singolo Ministero anche alla luce degli indirizzi del ministro pro tempore, ma divenire una prassi consolidata dell'intero Governo.
  Per quanto riguarda infine la verifica dell'efficacia delle leggi che andiamo ad approvare, oltre al lavoro di pulizia che è stato fatto rispetto ai decreti attuativi in sospeso, verificando quali siano ancora attuabili e necessari e quali non lo siano, sarebbe importante anche verificare l'efficacia dei provvedimenti che adottiamo, se essi raggiungono gli obiettivi prefissati oppure evidenziano risultati inutili o meno efficaci di quelli prospettati. Grazie.

  ROGER DE MENECH. Grazie per la disponibilità. Partendo da alcuni dati che ci ha fornito, credo che l'attività di coordinamento e controllo della Presidenza del Consiglio non sia oggi l'anello debole della catena, anzi i numeri relativi alla decretazione e la capacità di produrre e di ridurre i provvedimenti attuativi dimostrano che da quel punto di vista oggi la produzione normativa sta cercando di essere sempre più allineata rispetto ai tempi dell'attività parlamentare.
  Ammetto quindi che la mia domanda è fuori tema, ma mi chiedo quanto riusciamo insieme, attività parlamentare da una parte, attività di coordinamento del Governo e della Presidenza del Consiglio dall'altra, a influire sull'attività che sta a valle della produzione del provvedimento legislativo e che vede coinvolti i Ministeri e gli enti territoriali competenti. Spesso è in quel punto che la norma trova difficoltà di applicazione, in tutte quelle attività che non appartengono strettamente alla produzione legislativa, ma riguardano l'applicazione della norma (circolari esplicative, chiarimenti).
  Cito velocemente due esempi. Codice appalti: il problema non è aver fatto la delega e averla verificata dopo un anno di lavoro, il problema è come noi, grazie al Ministero e alle stazioni appaltanti, riusciamo ad applicarla nei territori. Capisco che questo non è di competenza della Sottosegretaria, però dovrebbe essere uno degli obiettivi qualificanti dell'attività di produzione legislativa nel suo complesso.
  Cito un altro nervo scoperto, che è la riforma delle province, per quanto concerne non l'aspetto finanziario, ma i doveri delle regioni rispetto al riordino delle funzioni. Anche qui non c'entrano il Governo, il Parlamento, la produzione legislativa, ma è chiaro che l'efficacia e l'efficienza di tutto il nostro lavoro svolto in questi anni e in questi mesi nei due Governi Renzi e Gentiloni trova un tappo (definiamolo così) rispetto al territorio in cui quella normativa va applicata, perché se le regioni non riordinano le funzioni in maniera sufficientemente veloce, chiara ed efficace, ci troveremo con una norma inapplicata sui territori.
  Ho citato questi due esempi molto pratici per dire che probabilmente è una cosa molto complicata da gestire, che esula dalle competenze dirette del Parlamento e della Presidenza del Consiglio, ma su cui chiedo grande attenzione, perché altrimenti corriamo il rischio di fare un ottimo lavoro preparatorio, che poi Ministeri ed enti locali si trovano ad applicare sul territorio con scarsa capacità, non rendendo fruibile la norma ai portatori di interesse veri: da una parte chi deve fare gli appalti, dall'altra chi deve ordinare le funzioni e le competenze dei nostri enti locali. Grazie.

  PRESIDENTE. Se non vi sono altre domande, prima di darle la parola, colgo l'occasione per farle una breve domanda. Nel corso delle audizioni ma anche dell'ordinario lavoro del Comitato abbiamo verificato quanto corrisponda alla realtà il fenomeno, che da molti anni caratterizza il nostro ordinamento, noto come «fuga dal regolamento»: un progressivo ricorso a fonti atipiche o comunque non direttamente disciplinate dalla legge n. 400 del 1988 per dare attuazione a fonti primarie.
  Noi non abbiamo trovato una risposta univoca sulle ragioni che inducono ad abbandonare il regolamento e a fare un ricorso sempre più frequente a DPCM o ad altre fonti atipiche, e nel corso delle audizioni abbiamo ricevuto risposte diverse. Come i colleghi ricorderanno, quando abbiamo audito il capo dell'ufficio legislativo Pag. 9del Ministero della sanità, abbiamo ricevuto una spiegazione sui motivi che inducono a non procedere all'utilizzo di regolamenti, come pure la Costituzione sembrerebbe suggerire, per definire i livelli essenziali delle prestazioni, i LEA, di cui all'articolo 117, lettera m), della Costituzione. Secondo tale spiegazione, ricorrendo a una fonte diversa, al DPCM, si riesce ad innescare un processo di corresponsabilizzazione e di condivisione delle regioni. Essendo il DPCM un atto discusso in Conferenza, si produce una sorta di coinvolgimento delle regioni. Al di là della ricostruzione teorica fornita durante l'audizione, secondo la quale prevarrebbe la competenza organizzativa invece della legislazione esclusiva di cui all'articolo 117 lettera m), al di là di questo profilo di carattere giuridico, ci ha colpito la presenza di una ragione di carattere politico-organizzativo, che induce al ricorso a fonti diverse da quelle di cui alla legge n. 400 del 1988.
  In altri casi abbiamo avuto, invece, altre spiegazioni. Allora, è possibile, a suo avviso, individuare una ragione di fondo che spieghi il ricorso a fonti diverse dal regolamento per procedere all'attuazione della legge? Mentre assistiamo alla fuga dal regolamento, assistiamo talvolta anche a processi di legificazione, quindi al ricorso a fonti primarie laddove invece, stando ai princìpi che governano il sistema delle fonti, sarebbe necessaria una fonte secondaria.
  La domanda è amplissima e non so se possa ricevere una risposta immediata, però è un grande tema che riuscire ad indagare e soprattutto a comprendere nelle sue ragioni di fondo potrebbe aiutare nella ridefinizione del sistema delle fonti. Invece di continuare a denunciare una crisi del sistema delle fonti, sarebbe opportuno affrontare la questione e riorganizzare il sistema delle fonti. Grazie.

  MARIA ELENA BOSCHI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Comincio dalle domande poste dall'onorevole Lattuca. Purtroppo è vero che c'è una prassi abbastanza frequente per cui trascorrono diversi giorni tra l'approvazione in Consiglio dei ministri e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto-legge. Non avviene sempre, perché ci sono decreti-legge che recano norme la cui efficacia immediata effettivamente ha delle conseguenze significative, rispetto ai quali c'è massima attenzione a garantire una coincidenza temporale tra l'approvazione in Consiglio dei ministri e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, al netto ovviamente del passaggio all'esame della Presidenza della Repubblica.
  Faccio alcuni esempi concreti: ci sono stati con questo Governo e con il Governo precedente dei decreti-legge in materia bancaria, o relativi ai mercati finanziari, la cui pubblicazione è stata sostanzialmente immediata, proprio perché l'entrata in vigore differita avrebbe creato quegli effetti a cui faceva cenno l'onorevole Lattuca, cioè la possibilità di aggirare le norme, sfruttando questa discrasia temporale. Ciò non vuol dire che lo abbiamo escluso al 100 per cento, ma nei casi più rilevanti, dove questo impatto sarebbe stato particolarmente negativo, non si è verificata una discrasia. Con riguardo ad altri decreti-legge, come l'ultimo citato in materia di vaccini, effettivamente sono trascorsi dei giorni tra l'approvazione in Consiglio dei ministri e l'entrata in vigore. Ovviamente le cause sono diverse, dipende anche dal singolo provvedimento, e, per quella che è la mia esperienza di questi anni in diversi ruoli al Governo, devo dire che ciò spesso capita quando portiamo in Consiglio dei ministri un testo che per ragioni di urgenza (quando si ricorre a questo strumento è perché c'è la necessità di intervenire in via d'urgenza) è stato esaminato, ma non ha avuto un via libera preventivo e definitivo da parte della Ragioneria Generale dello Stato. Questo non per scaricare la responsabilità su di loro, ma perché in molti casi l'elemento più complesso e di maggiore criticità è quello degli oneri che comporta.
  Talvolta, quindi, occorre ridefinire puntualmente delle norme eventualmente con il «salvo intese», talvolta previsto in Consiglio dei ministri per minime correzioni al testo, al fine di consentire di ottenere più facilmente il via libera delle coperture. Possono così richiedersi dei giorni per affinare un tema. In alcuni casi succede perché su Pag. 10una singola norma il Consiglio dei ministri ha deciso di fare un «salvo intese» tra due Ministeri che non abbiano trovato l'accordo specifico su di essa: con il «salvo intese» si rinvia a un accordo che può intervenire il giorno successivo o due giorni dopo, a stretto giro ma non contestualmente, perché rimangono da approfondire elementi che, più che politici, sono magari tecnico-giuridici e che vengono rinviati a un secondo momento.
  È ovvio che l'impegno di tutti dovrebbe essere quello di garantire che il tutto avvenga a poche ore di distanza dal Consiglio dei ministri, e che la pubblicazione poi possa avvenire in tempi ravvicinati. Su questo dovremmo migliorare i tempi. La problematica è anche acuita dal fatto che talvolta i decreti-legge, proprio per ragioni di urgenza o di delicatezza dei temi trattati, vengono iscritti direttamente all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri, quindi c'è un lavoro preliminare informale, ma non sempre passano attraverso la riunione preparatoria del Consiglio dei ministri. Così può capitare che su alcune norme sia necessario fare un «salvo intese» o «salvo modifiche», che vengono sciolte successivamente.
  Per quanto riguarda il tema del rapporto tra pareri espressi, condizioni, osservazioni e recepimento da parte del Governo, mi riservo eventualmente di farvi avere dei dati che adesso non ho. Quello su cui posso rassicurare almeno per quanto riguarda l'esperienza di questi sei mesi è che vengono letti con molta attenzione, non soltanto quelli del Comitato per la legislazione, ma anche quelli delle Commissioni che esprimono pareri per competenza per materia. All'interno del Consiglio dei ministri, prima della riunione preparatoria, gli uffici che curano i rapporti con il Parlamento, in aggiunta al lavoro che svolgono il DAGL e i vari Ministeri, spesso svolgono questa funzione di verificare se ci sia corrispondenza e anche all'inverso se alcune modifiche proposte dai Ministeri abbiano o meno corrispondenza rispetto ai pareri parlamentari, perché talvolta capita anche l'inverso, cioè che i Ministeri propongano delle modifiche che ad avviso nostro o di altre amministrazioni non hanno una stretta attinenza con i pareri espressi e quindi non sono accoglibili. Vengono guardati con attenzione, non sempre vengono accolte le indicazioni del Parlamento, perché questo rientra nella discrezionalità del Governo. Capita talvolta che i due rami del Parlamento esprimano osservazioni diverse, che non sempre sono in sintonia, talvolta anche in merito a scelte complesse, da cui scaturiscono richieste differenti, quindi a quel punto è il Governo che valuta quali siano le più vicine alle proprie finalità.
  Quelli del Comitato per la legislazione sono pareri guardati con grande attenzione, parlo soprattutto della Presidenza del Consiglio e del DAGL, perché per noi spesso sono anche di supporto in un confronto a volte complicato con i Ministeri e con le varie amministrazioni, perché talvolta c'è una maggiore predisposizione da parte dei Ministeri a interpretare in modo meno rigido, meno stringente sia il rapporto tra i criteri di delega e come effettivamente viene esercitata la delega, sia la gerarchia delle fonti. Quindi per noi avere nei pareri del Consiglio di Stato o del Comitato per la legislazione un'ulteriore voce che può sottolineare alcuni elementi aiuta sicuramente nel confronto con gli altri Ministeri per migliorare la qualità legislativa dei testi che approviamo.
  Sul tema dello scorrimento della legge delega, questo spesso è dovuto alla complessità dei provvedimenti ed effettivamente chiediamo al Parlamento di poter ottenere la possibilità di un iter più lungo per portare a compimento il lavoro del Governo. Non sempre è possibile svolgerlo nei tempi previsti, forse – io dico – perché in alcuni casi siamo anche troppo ottimisti in partenza sui tempi che ci diamo per l'esercizio della delega, quindi assumendoci anche la responsabilità come Governo.
  Questo vale sia per l'esercizio della delega, sia per i decreti di rango secondario che dobbiamo adottare. Talvolta i tempi che ci diamo o che il Parlamento ci dà (a volte è il Parlamento che stabilisce questi termini) sono troppo stretti per poter essere realistici, quindi forse dovremmo valutare Pag. 11 già in partenza se l'esercizio sia realizzabile nei tempi che ci diamo.
  Questo deriva anche dall'esperienza del nostro Paese di Governi che non finiscono la legislatura, quindi c'è sempre la preoccupazione che la legislatura finisca prima, che ci possano essere elementi che mettano in discussione il completamento del lavoro e quindi forse ci diamo termini troppo ottimisti.
  Il tema della gerarchia delle fonti sta particolarmente a cuore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Devo essere sincera: credo che in molti casi (e qui vengo un po’ anche alla domanda del presidente) sia dovuto anche a un'esigenza di celerità, di priorità che il ministro o l'amministrazione ha riguardo ad alcuni temi. Quindi ricorrendo ad una norma di rango primario inserita in un decreto-legge – perché ovviamente ciò avviene con il decreto-legge, quindi è il decreto-legge ad essere il discrimine – consente una velocizzazione quando si ritiene che ci sia un'urgenza, una priorità e che quindi non si possa attendere l’iter ordinario, che spesso è molto più complesso e lungo, di approvazione di regolamenti o di altri provvedimenti. Il decreto-legge ovviamente garantisce la celerità.
  Spesso anche noi richiamiamo le altre amministrazioni a un'attenzione in questo senso, e cerchiamo di dissuadere dal legiferare laddove non sia necessario intervenire con una norma di rango primario, ma capita anche che talvolta sia il Parlamento a scegliere la strada dei decreti-legge per accelerare quando ci sono delle necessità. Si ricorre invece al DPCM in luogo di altre fonti normative, perché da un lato accelera i tempi, dall'altro semplifica molto il rapporto, al netto delle considerazioni espresse dal capo ufficio legislativo del Ministero della salute, perché attiene poi al rapporto con le regioni, quindi non necessariamente semplifica, ma riguarda le varie competenze attribuite dalla Costituzione. Quindi non entro sul tema specifico posto dall'avvocato Bordo, ma in generale spesso la questione è di nuovo semplificare e velocizzare, anche in tal caso con una certa fatica nel cercare di rispettare la gerarchia delle fonti.
  Ecco perché effettivamente andrebbe fatto un ripensamento, come mi sembra proponga il Comitato per la legislazione, per rivedere i tempi, i passaggi, la complessità di alcuni strumenti a disposizione del Governo. Esso potrebbe facilitare nel mettere ordine e nell'utilizzare correttamente i diversi strumenti a disposizione, a seconda delle finalità e della materia. Quindi potrebbe essere preferibile, considerata l'esperienza ormai consolidata di aggiramento o di scelta discrezionale dello strumento normativo, rimetterla in discussione in generale.
  Il tema relativo al rapporto con le regioni e gli enti locali nella fase di attuazione delle scelte del Governo e del Parlamento pone un problema di più difficile soluzione. In alcuni casi siamo intervenuti (dico «siamo» perché è stata una scelta condivisa con il Parlamento) anche per cercare di forzare le regioni a intervenire a livello legislativo.
  L'onorevole De Menech faceva riferimento puntuale alle province e voi ricorderete che l'anno scorso approvammo una norma che poneva un termine alle regioni per approvare la legislazione regionale di riordino delle funzioni delle province, una norma abbastanza forte da un punto di vista della legittimità costituzionale avuto riguardo alla possibilità di sostituirsi alle regioni in caso di mancato rispetto del termine. Però già aver previsto quella norma ha portato le regioni (non entro nel merito del modo con cui abbiano svolto quel compito) a legiferare, quindi tutte le regioni che non avevano ancora approvato una legge regionale sono state indotte a farlo.
  È ovvio che sussiste sempre il tema relativo al limite di norme che possono compulsare fino a un certo punto le regioni, perché, nei casi in cui hanno una competenza propria, anche norme dello Stato che le spingono a legiferare hanno una tenuta più debole, ma si cerca di collaborare e di individuare delle soluzioni condivise. Non sempre è semplice farlo. Come sapete io ho anche la delega all'attuazione del programma di Governo e quindi vedo la questione nell'ottica dei provvedimenti che devono essere adottati. In molti Pag. 12casi il procedimento si blocca perché manca da parte delle regioni o degli enti locali l'intesa, l'accordo, i dati che devono fornirci per poter intervenire. In alcune materie come quella ambientale il fenomeno si evidenzia in modo ancora più forte, poiché spesso ci si blocca perché al Governo mancano dei dati per poter intervenire. Lo stesso vale, anche se esula dall'oggetto dell'odierna audizione, in materia di procedure di infrazione che riceviamo come Stato e che in molti casi non riusciamo a sbloccare perché esse dipendono da scelte delle regioni.
  Non so (avevo dimenticato uno dei quesiti posti dall'onorevole Fabbri) quanto procedimentalizzare all'interno dei singoli Ministeri i vari passaggi possa essere efficace, perché la scansione temporale, che già è prevista a livello regolamentare per il rapporto tra le amministrazioni e la Presidenza del Consiglio dei ministri, spesso viene disattesa dalle amministrazioni e non ci sono sanzioni. Arrivati a un certo punto, devi valutare se far scadere la delega o se, pur non essendo stata rispettata dalle amministrazioni la tempistica entro la quale dovrebbe essere inviata la bozza per l'esame, cerchi comunque di lavorarci con orari più stretti e portare comunque a compimento il lavoro. Potrebbe dunque avere un senso soltanto se effettivamente ci fosse una corresponsabilità nel dare seguito a quella tempistica, altrimenti diventa lettera morta, anche perché in molti casi questa tempistica già c'è. Per esempio, nei decreti da adottare senza termine, in via di scelta collaborativa e condivisa nell'ambito delle riunioni che coordino con gli uffici legislativi dei vari Ministeri sull'attuazione del programma di Governo, ci siamo detti che dove il termine non sia indicato sia di 4 mesi, ma spesso viene disatteso. Perciò ci sono dei tentativi di andare in quella direzione, ma diventa complicato perché dipende anche dalle scelte delle singole amministrazioni.
  Per quanto riguarda le linee guida della Ministra Madia, è già stata pubblicata una circolare della Ministra che riguarda le modalità con cui devono essere svolte. Poi, ovviamente, quando effettivamente avvalersi della consultazione pubblica dipende anche dalla scelta del ministro, che in alcuni casi può scegliere di ricorrere alla consultazione anche se non è previsto a livello legislativo, come si è fatto nel caso della riforma del terzo settore, della pubblica amministrazione e in altre riforme, mentre in altri casi il ricorso è più procedimentalizzato. Abbiamo appena approvato in via definitiva il decreto legislativo VIA, che prevede forme di consultazione pubblica (sempre con un margine di discrezionalità) laddove la richiesta sia di tipo qualificato, proveniente dalle regioni o da un certo numero di cittadini anche con obblighi molto più stringenti di motivazione, laddove invece si decida di non ricorrere a questo strumento partecipativo.
  Nell'arco del 2016 ci sono stati sui provvedimenti del Governo 22 consultazioni pubbliche, quindi direi che è uno strumento che è stato utilizzato in maniera abbastanza significativa.

  PRESIDENTE. Se non vi sono altre domande, ringrazio ancora moltissimo la Sottosegretaria Maria Elena Boschi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.40.