XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta su sicurezza e degrado delle città

Resoconto stenografico



Seduta n. 17 di Martedì 30 maggio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Causin Andrea , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti della Cgil – Confederazione generale italiana del lavoro:
Causin Andrea , Presidente ... 3 ,
Sanna Riccardo , capo area politiche di sviluppo della Cgil ... 3 ,
Causin Andrea , Presidente ... 3 ,
Mariani Laura , responsabile politiche abitative e per lo sviluppo urbano della Cgil ... 3 ,
Causin Andrea , Presidente ... 7 ,
Mariani Laura , responsabile politiche abitative e per lo sviluppo urbano della CGIL ... 7 ,
Causin Andrea , Presidente ... 7

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANDREA CAUSIN

  La seduta comincia alle 12.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti della Cgil – Confederazione generale italiana del lavoro.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti della CGIL-Confederazione generale del lavoro.
  Sono presenti Riccardo Sanna, capo area politiche di sviluppo, e Laura Mariani, responsabile politiche abitative e per lo sviluppo urbano, che ringrazio per la loro presenza.
  Do la parola al dottor Sanna e, successivamente, alla dottoressa Mariani, con riserva per me e per i colleghi di rivolgere loro, al termine degli interventi, domande e richieste di chiarimenti.

  RICCARDO SANNA, capo area politiche di sviluppo della Cgil. Vi porto i saluti della segreteria generale e del segretario generale. La nostra segretaria confederale nazionale di riferimento, Gianna Fracassi, ci tiene che porti i suoi saluti, anche perché il problema delle periferie e la stessa istituzione di questa Commissione sono visti con grande favore da parte della nostra organizzazione, per tutti gli aspetti che lo toccano trasversalmente, anche se in questa sede ne tratteremo solo alcuni, nonostante il lungo elenco di sollecitazioni che ci avete mandato.
  Tengo a sottolineare anche che la trasversalità del tema concerne tutte le nostre principali strategie e vertenze, a partire da quella più importante in termini di crescita economica, sviluppo e creazione di occupazione, cioè il piano del lavoro, una delle cui direttrici fondamentali è la contrattazione territoriale dello sviluppo. Questo tema attraversa tutte le nostre declinazioni del piano del lavoro, a partire dalle stesse vertenze che abbiamo attivato nell'idea di programmazione negoziata, che cerchiamo di portare avanti nelle regioni del centro-nord, così come nel laboratorio sud, altra declinazione del piano del lavoro per le regioni del Mezzogiorno, e nello stesso nostro programma di sviluppo economico e sociale per le aree colpite dal sisma che presenteremo dopodomani in conferenza stampa: lascerei la parola alla dottoressa Mariani, col vostro consenso, per maggiori dettagli, riservandoci di restare a disposizione per tutti i nostri dossier, le nostre elaborazioni e le nostre ricerche, ma anche per eventuali approfondimenti che riteniate utili nel lavoro di questa importante Commissione.

  PRESIDENTE. Grazie mille. Raccogliamo l'invito, anche perché la Commissione sta facendo un lavoro di raccolta documentale: tutto quello che ci vorrete fornire verrà utilizzato e sistematizzato dai consulenti.
  Do la parola alla dottoressa Mariani.

  LAURA MARIANI, responsabile politiche abitative e per lo sviluppo urbano della Pag. 4Cgil. È nel nostro impegno cercare di rappresentare in un tempo congruo le nostre attività e il nostro campo d'azione rispetto a un tema che, come veniva sottolineato, è sicuramente prioritario. Riteniamo che l'attuale condizione di crisi economica, sociale e ambientale, ma anche abitativa, ponga alcune necessità, per affrontare temi così complessi, che guardino un insieme di sistemi urbanistici e sociali nonché produttivi affinché si possano innescare reali processi di risanamento di queste aree.
  La Cgil ha sempre avuto alcune priorità. Le periferie rientrano sicuramente, come veniva detto, in un contesto più generale e legato allo sviluppo urbano, anche con nostre elaborazioni e con attività dirette nei territori. La Cgil ha sedi in quartieri periferici, con attività diretta in quei territori. Cito, solo per fare un esempio, la nostra sede nel quartiere di Librino a Catania, che è strutturale in quella zona e che in dieci anni ha lavorato con le associazioni, con gli abitanti e con i lavoratori del quartiere per programmi importanti sul risanamento del quartiere stesso, come il decentramento di servizi, i temi legati alla fruizione degli spazi e i trasporti, condividendo i percorsi con gli abitanti, anche se non tutti iscritti alla CGIL, attraverso il comitato di Librino, tuttora in vita e in grande attività.
  Portiamo avanti anche progetti territoriali con relative azioni. Credo che sia importante, per un'associazione come la nostra, raccogliere le istanze e i bisogni dei cittadini per piattaforme di contrattazione con gli enti locali. Cito in questo caso il progetto sull'abitare a Tor Bella Monaca. Si tratta di un progetto di qualche anno fa che abbiamo recentemente aggiornato per l'importanza e la valenza di quel quartiere. Allora, attuammo la somministrazione di circa 1.000 questionari a 1.000 cittadini del quartiere, cercando di raccogliere indicazioni sulle condizioni abitative del quartiere più in generale e anche sul senso di comunità, che dovrebbe essere un valore aggiunto all'esistenza delle persone.
  Cito il progetto che partirà a settembre sulle periferie, dove guardiamo sei realtà importanti in cui i fenomeni di degrado e di marginalizzazione sociale sono particolarmente rilevanti. Anche in questo caso cercheremo di raccogliere istanze e bisogni per rappresentarle nelle vertenze con gli enti locali.
  Cito anche il progetto che partirà, un mese dopo, su luoghi e tempi delle donne. Vorremmo, nell'analisi dei modi e dei tempi di fruire i centri urbani, portare anche una visione di genere perché maggiormente le donne, in questo caso, hanno una percezione valida circa le strutture di servizi, la mobilità, l'accessibilità e la sicurezza.
  Portiamo avanti questi progetti perché crediamo che le istanze dei soggetti più in difficoltà e meno tutelati non debbano essere neutrali nelle scelte, anzi dovrebbero essere fondanti nei processi di pianificazione che appunto riguardano la fruizione della città in generale, che è, per la nostra attività, un elemento prioritario. È chiaro che, oggi, l'urgenza di affrontare questo tema dipende molto dal degrado sociale, che si acuisce in molte aree del Paese e nei nostri quartieri e che, pur non raggiungendo livelli di altre città europee rappresenta una necessità. Si tratta di quartieri con caratteristiche ben precise, che noi chiamiamo «quartieri periferici», ma che, nella loro storia, per come sono nati, per come sono stati pensati e per come si sono sviluppati, hanno dimensioni di città satellite. Rispetto a quel modello, leggiamo tutte le problematiche che oggi si presentano. Si tratta sicuramente di aree «deboli», dove riscontriamo forti livelli di marginalità rispetto alla pluralità delle funzioni della città contemporanea e dove ci sono carenze di infrastrutture, di servizi e di verde, ma anche alcuni elementi legati alla sicurezza stessa del quartiere.
  Alcune delle questioni che ci sono state sollecitate hanno un'importanza rilevante nelle decisioni che si possono prendere per affrontarle, perché l'ampliarsi delle condizioni di povertà in generale ha portato a un aumento delle disuguaglianze, anche nel modo di vivere e fruire di alcuni servizi e infrastrutture. Ciò aumenta il negativo processo di vivere le città e questi quartieri sempre più per parti: l'ampia quota di edilizia pubblica, che rimane in molte aree periferiche, lo zoccolo duro del quartiere Pag. 5stesso, oltre a recare una serie di problemi di gestione e di manutenzione, che non è magari oggetto di questa audizione, presenta, per come sono nate le periferie e per come sono state dimensionate queste strutture, problemi che rendono difficile un risanamento. Per esempio, in molti quartieri periferici dove ci sono forti complessi di edilizia popolare, la popolazione anziana è presente con una percentuale doppia rispetto alla media nazionale, cosa che pone problemi rispetto alla tipologia degli alloggi non più adeguati, alla loro manutenzione, alle possibili successive assegnazioni e alla necessità che si pone in questi quartieri di uno scambio intergenerazionale, che non può avvenire finché non si assume il problema per come si presenta e finché non si pensa a soluzioni.
  Ci sono anche studi in questo senso. Possiamo ad esempio pensare che uno degli elementi importanti sia l'apertura dei negozi H24, ma, se il 70 per cento della popolazione in questi quartieri ha più di settant'anni e, per l'80 per cento, è composta da una o due persone, e gli assegnatari sono in quel numero, ma, in realtà, anche le famiglie, evidentemente questa è una misura teorica positiva non praticabile nella maggior parte delle zone.
  Inoltre occorrerebbe prevedere un piano di frazionamento di questi alloggi, pensati con esigenze di sessant'anni fa, quando i nuclei familiari avevano una diversa consistenza, e prevedere l'inserimento anche di giovani coppie. Questo permetterebbe una mixité differente e si potrebbero attenuare una serie di conflitti legati a questo tema. In tali quartieri, in base alla nostra esperienza e al nostro livello di presenza, emerge con chiarezza anche la questione giovanile, soprattutto nelle parti del Paese che hanno subito una deindustrializzazione più forte e in cui non ci sono stati piani occupazionali. In queste aree, basandoci su quello che pratichiamo, la mancanza e la perdita di un'occupazione non solo giovanile, è uno degli elementi prioritari nel processo di progressiva emarginazione sociale. Se questa è una restituzione minima di alcuni problemi, quello che leggiamo nell'approccio dei programmi che ci sono stati per affrontarli porta a valutazioni positive; ma ci sono luci e ombre, nel senso che pensiamo che, da tempo, lo Stato abbia utilmente smesso di finanziare esclusivamente gli alloggi, guardando anche ad altri elementi del contesto e più a un miglioramento qualitativo che a una crescita quantitativa, a volte anche con risorse per l'occupazione, come nei contratti di quartiere di cui parlavate prima e nel Piano nazionale per le città. A noi sembra che sia stato e continui a essere colto il senso dell'insieme, però che manchi una strategia complessiva che permetta di affrontare tutte le problematiche presenti, anche in programmi realizzati, come nell'ultimo piano per le periferie, che, in realtà, prevede uno stanziamento di fondi forse mai visto finora per la riqualificazione urbana. Oltre ai 500 milioni, sono stati stanziati l'altro giorno, con il DPCM, ulteriori 800 milioni e ce ne saranno altri 800 milioni dal CIPE: uno stanziamento – da quanto mi risulta, ma forse non ricordo bene – mai visto per programmi di riqualificazione urbana, con l'acquisizione del problema in tutta la sua drammaticità. Tuttavia, se questo è un pregio, forse il limite sta nel fatto che, in programmi come questi e sempre differenti gli uni dagli altri, ogni volta si prevedono differenti modalità operative, molto spesso gli interventi finanziati sono, per necessità e non per pigrizia degli enti locali, una somma di opere pubbliche sicuramente utili per la città, ma che non riescono ad aggredire complessivamente il problema, guardando i vari aspetti che questo presenta e che è necessario superare perché avvenga un reale processo di rinnovamento.
  Alcuni progetti hanno sicuramente una visione organica. Per esempio, quello di Napoli, al di là della valutazione che si può fare per il livello architettonico sulla demolizione delle Vele, su cui ognuno ha la sua posizione e che non è oggetto di questa discussione, è un progetto complesso che mette insieme una serie di interventi e che è stato fatto in collaborazione con l'Università. C'è tanta elaborazione in materia, e che ha coinvolto anche la comunità per condividere questo progetto. Forse, in questa visione, non c'è un progetto organico in Pag. 6quello di Roma: gli interventi sono su aree periferiche molto difficili, ma, seppur utili, sono interventi puntuali che probabilmente non possono incidere sul riscatto di una comunità, che dovrebbe essere uno degli obiettivi. Si tratta di interventi utili per la città, ma non inseriti in una strategia di approccio complessivo al tema delle periferie, per l'episodicità di questi programmi, dove peraltro lo stanziamento delle risorse, per le difficoltà che ci sono, vede residui che devono essere spesso rifinanziati. Questo avviene, per esempio, nel Piano per le città, dove recentemente il viceministro Nencini, intervenendo a una nostra iniziativa, ci ha comunicato che, su 318 milioni di euro stanziati, stante tutte le convenzioni firmate con le amministrazioni locali, l'erogazione effettiva ammonterebbe a poco più di 20 milioni di euro. Nel piano delle aree urbane degradate della legge stabilità del 2015, dove ancora non so se è stato pubblicato l'elenco delle proposte rese ammissibili, su 200 milioni stanziati originariamente, quelli che adesso saranno resi disponibili sono solo 78. L'episodicità di questi programmi a nostro parere porta problemi per l'operatività e per l'attuabilità degli interventi, per cui, forse, sarebbe necessario, viste anche le risorse che si mettono in campo, pensare a un piano per le periferie con una programmazione pluriennale, che abbia finanziamenti, anche se non ingenti, costanti e che possa affrontare tutta la molteplicità degli aspetti che coinvolgono, oggi, il problema delle periferie. Ciò sarebbe in linea con la contrattazione per lo sviluppo all'insegna del Piano del lavoro della CGIL: guardando al lavoro e puntando su risorse pubbliche e private, si arriverebbe a innovazione e sviluppo, oltre che a soluzioni di problemi. Forse ci dovremmo riappropriare di elementi che permettano di rafforzare quello che è stato indebolito negli anni, ossia un governo pubblico della città, che è un bene comune e che deve prevedere strumenti che puntino a una serie di aspetti, ma anche a piani concordati con gli enti locali per creare sviluppo e lavoro.
  Questa è l'idea e, in realtà, un piano di questo genere dovrebbe avere non eccezionali risorse, ma alcune priorità, tra cui sicuramente, come accennavo, la continuità delle risorse, che è fondamentale per permettere una programmazione e per evitare che anche le amministrazioni locali, che hanno poco tempo per via dei grossi impegni e forse poco organico, presentino progetti che, nell'ordine della cantierabilità, sono già presenti e – lo ripeto – utili, ma non funzionali alla risoluzione complessiva per aggredire il problema.
  Consolidando tutte le esperienze, un organismo amministrativo avrebbe anche la capacità di sedimentare le esperienze che ci sono state e di correggere eventuali carenze nella fase attuativa. Si tratta di un monitoraggio vero, che è necessario per valutare l'efficacia dei programmi. Sicuramente occorre anche il rispetto delle procedure, che, in generale, non devono essere eccezionali né particolarmente derogatorie. Una programmazione permetterebbe agli enti locali di procedere negli accordi e nelle valutazioni con i privati e nelle procedure urbanistiche, senza incorrere in varianti ed elementi che portano allo stallo di questi programmi. È ovvio che, rispetto all'ampia problematica che ci è stata proposta, ci sono elementi prioritari da considerare in una eventuale programmazione, su cui lasciamo una memoria perché, adesso, non voglio riportare tutte le nostre proposte su questi temi.
  C'è altresì un aspetto legato alla riqualificazione degli edifici nelle aree pubbliche e nelle aree periferiche. Mi riferisco soprattutto agli edifici pubblici, che, con una razionalizzazione, possono anche rispondere al deficit abitativo del nostro Paese, non in termini di abitazione in senso stretto, ma in termini di abitazioni con costi sostenibili per chi ne ha bisogno. Facciamo i conti con un patrimonio che qui sarà stato già rappresentato. Si tratta di un patrimonio di un certo tipo, con una certa vetustà e certi stadi di manutenzione, che richiede una riqualificazione energetica. In materia è stata recepita la direttiva europea che stabilisce di riqualificare il 3 per cento annuo di patrimonio pubblico, il che è un elemento importante. Pag. 7
  La legge di stabilità aveva previsto la detrazione anche per gli Istituti autonomi per le case popolari, come elemento di rivendicazione forte, però ci sono punti che ne rendono difficile l'applicazione, rispetto ai quali abbiamo avanzato proposte.
  Ci sono alcuni elementi che riguardano la riqualificazione più generale del quartiere e altri che riguardano gli spazi comuni, l'ambiente urbano in generale e la mobilità, anche perché poi un intervento deve prevedere elementi di accessibilità, di mobilità e di trasporti. Ci sono elementi legati alla sicurezza, anche come percezione della sicurezza stessa rispetto a quei quartieri, che in parte possono pensare anche di riappropriarsi di quella che si chiama «comunità competente». Ci sono elementi necessari di inclusione sociale nonché elementi di innovazione, nel processo delle smart city, con le nuove tecnologie, con l'informazione e le comunicazioni. Il nostro obbiettivo, come veniva detto, è di creare occupazione con posti di lavoro: un piano programmato che pensiamo sia la necessità può dare lavoro e creare nuove opportunità di lavoro, non solo nell'edilizia ma anche in una serie di ambiti collegati, diretti e nell'indotto: un potenziale enorme.
  I finanziamenti dovrebbero attingere da più risorse: le periferie sono una priorità, e dovrebbero esserci risorse messe insieme da più organismi. Ci sono fondi europei: almeno due dei driver dell'Agenda urbana guardano anche alla riqualificazione dei quartieri, all'inclusione sociale e alla progettazione, non solo a pratiche per i quartieri degradati. C'è il PON Città metropolitane 2014-2020, che almeno in due degli assi prevede strutture materiali e immateriali per l'inclusione sociale. Ci sono i Programmi operativi regionali che hanno o assi dedicati o ITI specifici riguardo allo sviluppo urbano e alla possibile attività in questo senso. Credo che non agire settorialmente e integrare le risorse potrebbe essere un modo per programmare interventi più a lungo termine. Pensiamo sia importante portare avanti una proposta di questo genere: un piano per le periferie con programmazione pluriennale, con finanziamenti dedicati e costanti, integrando risorse ordinarie e straordinarie, con azioni di sistema e non di progetto che coinvolgano più ambiti e più attori.

  PRESIDENTE. Grazie per i suggerimenti anche ai fini della relazione finale: il tema economico e le strategie di lungo termine sulle periferie sono due aspetti che avevamo individuato.
  Non essendoci interventi dei colleghi, vi ringraziamo e acquisiamo la documentazione.

  LAURA MARIANI, responsabile politiche abitative e per lo sviluppo urbano della CGIL. Siamo disponibili per qualsiasi approfondimento.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.20.