XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Giovedì 26 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Coppola Paolo , Presidente ... 3 

Audizione dell'ex Commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale, Francesco Caio:
Coppola Paolo , Presidente ... 3 ,
Caio Francesco , ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale ... 3 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 4 ,
Caio Francesco , ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale ... 4 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 5 ,
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 5 ,
Caio Francesco , ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale ... 6 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 7 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 8 ,
Caio Francesco , ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale ... 8 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 8 ,
Caio Francesco , ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale ... 9 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 10 ,
Caio Francesco , ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale ... 10 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 10 ,
Caio Francesco , ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale ... 10 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 11 ,
Caio Francesco , ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale ... 11 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 11 ,
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 11 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 12 ,
De Lorenzis Diego (M5S)  ... 13 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 13 ,
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 13 ,
Caio Francesco , ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale ... 13 ,
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 14 ,
Caio Francesco , ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale ... 14 ,
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 14 ,
Caio Francesco , ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale ... 14 ,
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 15 ,
Caio Francesco , ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale ... 15 ,
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 15 ,
Caio Francesco , ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale ... 15 ,
Sassano Anna Pia , ex membro della struttura di missione per l'attuazione dell'agenda digitale ... 16 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO COPPOLA

  La seduta comincia alle 10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione dell'ex Commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale, Francesco Caio.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale, Francesco Caio, accompagnato da Anna Pia Sassano, responsabile Architetture digitali e servizi per la pubblica amministrazione di Poste Italiane, nonché ex membro della struttura di missione per l'attuazione dell'agenda digitale, Stefano Gori, responsabile Istituzioni centrali e territoriali di Poste Italiane Spa, Luigi Antonio Madeo, referente Rapporti con il Parlamento e il Governo di Poste Italiane Spa, Pierpaolo Cito, responsabile Ufficio Stampa di Poste Italiane Spa, e Angelo Lombardi, addetto stampa, che ringrazio per la presenza.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Si tratta di un'audizione di natura prettamente conoscitiva, per la quale chiedo all'ingegner Caio di fornire un quadro esplicativo quanto più ampio possibile dei suoi compiti e della esperienza maturata durante il suo mandato.
  L'ingegner Caio è stato nominato commissario a giugno 2013, e ha mantenuto l'incarico fino alle dimissioni presentate a febbraio 2014.
  Cedo dunque la parola a Francesco Caio per lo svolgimento della relazione introduttiva, al termine della quale seguiranno eventuali domande o richieste di chiarimento da parte dei commissari.

  FRANCESCO CAIO, ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale. Come ricordava il presidente, ho svolto l'incarico di commissario per l'Agenda digitale nel periodo dal giugno del 2013 al febbraio del 2014. Ricordo che l'ho fatto a titolo gratuito e con un mandato del Presidente del Consiglio, che però mi ha affidato il ruolo senza deleghe o poteri né di spesa né di coordinamento diretto di funzioni, quali i sistemi informativi o della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Ho pensato, in vista di quest'audizione, che potrebbe essere utile a questa Commissione, e lo lascio agli atti, un libretto realizzato con Marsilio qualche tempo fa, in cui è stata accolta tutta la mia esperienza e che ripercorre sia le tappe delle attività sia le considerazioni delle cose che funzionano, possono funzionare, potrebbero funzionare meglio, e che penso possa magari essere utile per completezza, invece che star qui a ripetere nel dettaglio le cose fatte, dopodiché sono a disposizione per domande, nell'interazione. Penso che, nell'interesse Pag. 4 e nell'economia dei tempi, qui c'è tutto ai fini del lavoro della Commissione, tutto quello che ovviamente ho visto io e per come ho intereagito. Peraltro, ricordo che una delle iniziative che fu presa nell'accordo col Presidente Letta era quella di costituire uno steering board dove, a titolo gratuito, vari professionisti ed esperti di natura tecnologica, istituzionale, giuridica, hanno contribuito ai lavori del commissario in quel periodo, tra cui la dottoressa Sassano, che è oggi qui con me.
  Sono a completa disposizione, presidente, ma siccome c'è già questa base informativa, penso che si possa partire da qui.

  PRESIDENTE. Non so quanti dei commissari hanno già letto il libro di Francesco Caio. Se può...

  FRANCESCO CAIO, ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale. Le osservazioni principali dell'attività svolta sono state quelle di andare a individuare degli elementi fondanti l'architettura complessiva dell'informatica pubblica.
  Ai tempi, individuammo quattro o cinque progetti, che devo dire poi sono rimasti le chiavi di priorità attuativa, in particolare il tema dell'identità digitale come elemento cardine di infrastruttura immateriale nell'interazione tra cittadino e pubblica amministrazione; l'anagrafe nazionale dei residenti come base dati centrale, elemento certificante, di fatto, l'identità; il meccanismo della fatturazione elettronica come elemento di alleggerimento del carico di lavoro e aumento della produttività di tutto il sistema economico, anche nella sua interazione con la pubblica amministrazione, ma anche come meccanismo di controllo della spesa e di controllo di gestione dello Stato; il nodo dei pagamenti, che è ovviamente il passo successivo, ma sempre legato al controllo della spesa.
  Alcune di questi, direi tutti, sono rimasti gli elementi fondanti del programma di digitalizzazione. C'è, poi, una considerazione più generale, che cioè l'agenda digitale è stata vista, almeno fino al momento in cui abbiamo svolto quest'attività, quasi come se fosse un accessorio e non come se fosse la parte qualificante la riforma dello Stato. L'osservazione è che si cerca sempre di mettere in queste attività in un angolo legato alle tecnologie, all'innovazione, agli investimenti, all'essere moderni. Non c'entra nulla. Si tratta di riforma della Stato, di trasformare lo Stato da una zavorra nello zaino dei cittadini a una fonte di competitività. Ha, quindi, a che fare con una visione politica, non tecnologica, dell'uso delle tecnologie. Questi sono strumenti al servizio di una visione. Se la visione c'è, deve essere una visione di Stato integrato al servizio dei cittadini, che offre competitività, che supera i confini tra istituzioni, che supera i confini tra centro e periferia. Allora, la cosa funziona. Dire che non funziona perché la tecnologia non funziona è una chiamata politica, tanto che la Presidenza del Consiglio disse che l'agenda digitale era la riforma dello Stato. Se non c'è questa chiave politica, non si va da nessuna parte.
  Quando poi si articola questa visione in tematiche di natura più tecnologica, si vede come esiste la necessità fondamentale di avere delle infrastrutture immateriali, chiamate standard, senza le quali c'è un dispendio di energie, soldi, investimenti, duplicazioni, esattamente il contrario della digitalizzazione dello Stato. Senza standard si creano, infatti, tanti Stati nello Stato, che è quello che è successo in Italia, e la produzione della carta aumenta, non diminuisce, e aumenta a livello industriale, perché le si dà una bella accelerata. Parliamo in modo esplicito: meno si standardizza, più si creano dei centri di produzione documentale che fanno l'andata e il ritorno tra il digitale e il cartaceo, quindi grandissima opportunità per chi vende stampanti e scanner e si ingrippa tutto il sistema. La carta si elimina, però, se ci sono gli standard. Mi sembra questo un po’ il nucleo. Dico anche – lo ripeto, perché l'ho scritto – che il livello di competenza di cui questa Repubblica dispone in termini di tecnologia, di professionalità del settore nell'impiego pubblico, è elevato.
  C'è anche questo mito che la pubblica amministrazione in Italia non ha le competenze: Pag. 5 non è vero affatto. Ci sono degli esempi di attuazione di sistemi. Io non sono più vicino a queste cose come lo ero tre anni fa, ma ricordo il processo civile telematico o alcune realizzazioni, come il registro delle imprese o la digitalizzazione delle dogane o l'Agenzia delle entrate, dove ci sono delle aree di eccellenza sistemico-informatica. Non è affatto vero, quindi, che non ci sono le competenze.
  Quello che manca, almeno dall'analisi che emerge qui, è una visione architetturale dello Stato, una visione che dice: queste sono le funzioni base, questo è il modello di riferimento, questi sono gli standard di interazione tra istituzioni. Per questo, furono identificati dei processi e delle priorità legati alla creazione di infrastrutture immateriali. L'identità digitale è uno standard, la fatturazione elettronica crea standard, il nodo dei pagamenti crea standard, l'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente crea standard. Nel momento in cui si creano questi standard, si abbassa drammaticamente l'esigenza di duplicazioni, e quindi si mette in efficienza.
  Qui poi c'è un discorso politico, dove io mi fermo. È la stessa politica di quando si chiude un'attività in una regione e si creano dei meccanismi di consenso. Bisogna che facciate pace con voi stessi. Da una parte, c'è l'esigenza di una digitalizzazione che libera risorse e, dall'altra, è un settore d'informatica fatto di time and material, di imprese sottoscala, sottocapitalizzate che vengono alimentate dalle pubbliche amministrazioni, for you to decide.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. La ringrazio. Questo contributo ci serviva, anche alla luce delle audizioni precedenti, che hanno riguardato l'evoluzione sino ad AgID dello strumento operativo dello Stato sulla digitalizzazione.
  Mi rendo conto che il modo con cui Lei vede, giustamente, il tema dell'attuazione dell'agenda digitale è legato alla vision, senza la quale non si fa il digitale, anche se alcuni pezzettini possono aiutare a farlo. Io sono convinta che si sta sottovalutando il ruolo straordinario che ha svolto lo switch off totale sul digitale della fatturazione elettronica. Se non ci fosse stato, probabilmente ancora non avremmo i risultati che abbiamo avuto sulla fatturazione elettronica.
  Il primo tema è, quindi: si riesce, anche dalla Sua esperienza, a portare tutta la questione del digitale sul digital first, non solo la questione della fatturazione elettronica?
  In secondo luogo, dell'anagrafe unica sono venuti diversi direttori dell'AgID, per come si chiamava anche prima. Credo che il tema dell'anagrafe unica si sia posto alla fine degli anni Novanta con la riforma Bassanini, che però, nello stesso tempo, non ha modificato la legge del 1954, mi pare, che istituisce i sindaci o loro delegati come pubblici ufficiali dell'anagrafe. Evidentemente, questo discorso dello spezzettamento è ancora legato a una legislazione rimasta identitaria rispetto alla gestione dell'anagrafe nei singoli comuni.
  È solo questo il problema? Altri hanno detto che è un problema di piccole società che continuano ad avere rapporti con i singoli comuni. Io sono convinta che il tema sia quello per cui le pubbliche amministrazioni non rilasciano tutte insieme le informazioni per poter generare quest'anagrafe unica, senza la quale evidentemente è complicata l'identità digitale, a meno che non facciamo diventare automaticamente il codice fiscale l'identità digitale, ma questo chiaramente taglia fuori tutta una serie di servizi.
  La terza è sostanzialmente la questione della governance, che non si era risolta allora. Lei ha detto che ha avuto questo ruolo gratuito e senza budget, senza poteri operativi, con un'AgID parallela. Per come ci ha incominciato a raccontare anche Agostino Ragosa, anche lui ha avuto poco tempo, se non quello per rimettere insieme i vari pezzi. Oggi, c'è un'AgID e anche una Presidenza del Consiglio, un delegato della Presidenza del Consiglio, che invece hanno entrambi dei poteri, definiti anche in questa legge di stabilità: questi due poteri sono Pag. 6ancora paralleli, da una Sua valutazione? Sostanzialmente, come si possono integrare?
  Infine, sono convinta anch'io che delle competenze a livello alto nella pubblica amministrazione ci siano, ci siano a livello periferico, ma questo riguarda anche, in generale, la popolazione italiana. Tra gli stessi giovani, gli studenti, non è molto ampia la competenza digitale, quindi c'è un problema generale.
  Le tre questioni sono sostanzialmente quelle che Le ho posto.

  FRANCESCO CAIO, ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale. Sul tema della vision e della visione continuo a pensare quello che accennavo prima, cioè che l'agenda digitale e la digitalizzazione dello Stato vada anche tradotta in termini di linguaggio e di obiettivi. Qual è l'obiettivo? Questo è uno strumento. Si usa l'autostrada per andare a Roma, non per passare il tempo in autostrada.
  Il grande tema del rapporto fiduciario tra cittadino e Stato, cioè «riacchiappare» il cittadino e fargli capire che lo Stato è un alleato, non un nemico, passa di qui. Noi continuiamo ad avere persone in Italia che prendono mezza giornata di ferie per girare la pubblica amministrazione e farsi i documenti, ma questo non va bene, questa è un'abdicazione del ruolo della politica. Io sono un cittadino che paga le tasse e vorrei avere lo Stato dalla mia, non contro di me. Questo è un passaggio chiave, che non ha a che fare con le tecnologie, ma con il ruolo dello Stato, lo Stato come koinè, come comunità.
  Io mi domando perché i politici non saltino su questo carro a centinaia. È appassionante, la ridefinizione della polis è la ridefinizione della vita comune, di come si vive insieme, di come si usa il tempo, di come si usano le sinergie, di come si prenota una scuola, di come si prende un certificato, per i quali devono ancora esserci le marche da bollo. Siamo nel 2016, mi sembra una frontiera di politica bella, una frontiera di politica emozionante, emotiva. Non lo vedo.
  Anche per il linguaggio agenda digitale dormono tutti. Non è agenda digitale, è qualità della vita, è lo Stato che diventa un fattore di competitività. Io sono più sicuro, sono più contento, la vita è più facile perché c'è uno Stato che io pago con le tasse e che mi aiuta a vivere meglio. Se non c'è questa visione... Questo è sul versante del cittadino.
  Quanto al versante della responsabilità, come si fa controllo di gestione della Repubblica italiana senza questi strumenti? Come si fa controllo di gestione dello Stato senza questi strumenti? A nome di quale principio, le amministrazioni non condividono le informazioni? In base a quale principio non si condivide? Non è agenda digitale, non è tecnologia, è politica. È cittadinanza europea. Come si fa a fare controllo di gestione quando si chiedono ai cittadini miliardi in tasse, alle imprese miliardi in tasse, e non si capisce dove finiscano questi soldi? Tutto digitale in tempo reale e a fine di ogni giorno si dovrebbero avere i bilanci: penso che questa sia la visione.
  Internet è un incidente di percorso. Tra cinque anni ce la saremo dimenticati, ci sarà altra roba. Le cose che stanno arrivando non possiamo concepirle. L'Internet degli oggetti vuol dire una pervasività di tecnologia che ci darà degli spazi enormi. E attenzione, signori, perché gli Stati nuovi li stanno formando i privati. Il dibattito fiscale con i grandi over the top è la manifestazione che gli Stati se le stanno facendo sfuggire dalle mani come la sabbia queste cose.
  Possibile che di fronte a queste cose non ci sia una chiamata politica a un'Europa, a una cittadinanza digitale, a una standardizzazione tra amministrazioni, a una qualità del servizio migliore presso i cittadini? Qui parlo come cittadino, ex commissario, che, a titolo gratuito, si è messo al servizio, per le pochissime competenze che ho, di un Governo che ha fatto partire le cose.
  Peraltro, bisogna anche riconoscere che il Governo Renzi non ha detto, come nella migliore tradizione della Repubblica, che tutto quello che era venuto prima non serviva, no. Ha preso il lavoro fatto, lo ha messo nella continuità dell'AgID, con il Ministro Madia e con la nomina del commissario, Pag. 7 poi si arrivati anche alla governance. Si è aperta, quindi, in Italia una finestra, positiva, in cui si è potuto e si parla di queste cose.
  Onestamente, il calore con cui, al di là del Governo, l'istituzione Parlamento, Camera e Senato, i governi locali, le regioni... Qualcosina di più si può fare, un po’ più di calore. Uno si aspetterebbe che, di fronte a queste cose... Passa tutto di qui, passa l'assistenza agli anziani e il futuro dei nostri giovani, perché significa erogare questo tipo di servizi. Pensate alla cartella clinica. Quante ne abbiamo sentite? Le carte di identità digitali, ma per l'amor di Dio: poche cose, fatte bene.
  Approfitto di avere il privilegio, come cittadino, di essere nel Parlamento e chiedo una riflessione a nome e per conto di tutte le italiane e gli italiani che oggi sono in coda da qualche parte, a cercare di rompersi la testa a capire dove devono andare per la prossima marca da bollo. Questa è la visione.
  Identità digitale e ANPR non sono necessariamente legate. Faccio, però, questo ragionamento: oggi, l'anagrafe nazionale di una Repubblica di 60 milioni di cittadini entra tutta qui dentro. Il tema non è la difficoltà attuativa, ma quello che dice Lei, l'impostazione... Peraltro, anche su questo, il Titolo V, la Costituzione prevede che su queste materie sia esclusiva dello Stato... La definizione dei tempi, dei pesi, delle misure e degli standard informatici è già oggi dello Stato. Non c'è bisogno di nessuna riforma. Bisogna che questo Stato, che questo Parlamento prendano in mano la situazione. Per questo dico che c'è un tema politico, di confini, comprensibilissimo, legittimo. Se io sono un sindaco, mi tolgono l'anagrafe, che sindaco sono? Allora, dobbiamo decidere se fare i sindaci contenti o far diventare matti 60 milioni di cittadini?
  Esagero, ovviamente, in questa contraddizione, ma è un tema. Per quel poco che ho visto quando abbiamo fatto l'ingaggio tecnologico-procedurale, c'è stato un dibattito infinito tra chi era master e chi era copia, cose assolutamente fondamentali per far funzionare bene un sistema informatico, ma che vengono a valle di una visione complessiva. Per questo dico che le tecnologie scorrono così velocemente che, probabilmente, la cosa obiettivamente giusta e doverosa è fissarsi bene sulla visione.
  La circolarità di un cittadino sui vari comuni va garantita dal fatto che ci sia riconoscibilità nell'ambito del sistema da un'anagrafe unica. È questo che blocca, perché l'anagrafe unica sono 60 milioni di item, neanche una banca dati particolarmente... saranno le transazioni che si fanno in un quarto d'ora su una media banca. Non c'è proprio nulla, nulla di complicato.
  Anche su questo punto, però, quando si faceva riferimento ai fornitori locali, c'è un tema di sviluppo industriale del Paese, di ricerca di innovazione e di coraggio verso il futuro. È chiaro che, se c'è nebbia sul futuro, si resta tutti ancorati alle piccole software house time and material, ma queste sono cose sempre più disponibili su standard di mercato e che si possono fare con costi molto limitati. Non sono aggiornato sull'anagrafe nazionale, ma la mia lettura delle difficoltà è ancora molto legata a chi fa che cosa da un punto di vista istituzionale.
  Relativamente alla governance, avevamo lavorato sullo statuto, sul tavolo di indirizzo, sul rapporto con l'AgID, quindi è una delle attività che avevamo fatto dicendo che quello era un possibile modello di governance. Se la Presidenza del Consiglio, come, secondo me, è assolutamente fondamentale, resta in questa dinamica, deve esserci un meccanismo di raccordo tra un tavolo di indirizzo e un'AgID che poi si premurerà di assicurare che le progettualità dei vari ministeri siano concordate.
  Probabilmente, con un commissario con più poteri, una riflessione su dove sono i poteri e che cosa fa l'AgID e che cosa fa la Presidenza, va sicuramente fatta, però non mi sento di commentare, perché non conosco nel dettaglio le deleghe dell'attuale commissario.

  PRESIDENTE. Vorrei sottolineare che questa Commissione è perfettamente d'accordo sull'importanza che il digitale ha nella trasformazione dello Stato, e credo che siamo la dimostrazione vivente che c'è un interesse politico forte su quest'aspetto, Pag. 8altrimenti una Commissione d'inchiesta non ci sarebbe stata.
  Il presupposto da cui parte questa Commissione è proprio il fatto che, vista la strategicità e l'importanza del digitale, visti i 5 miliardi e oltre di spesa complessiva ogni anno e visti gli scarsi risultati ottenuti, dobbiamo capire che cosa non funziona, non solo che cosa bisognerebbe fare. Purtroppo, la visione si trova già nel «rapporto Giannini» degli anni Settanta, una visione parametrata alle conoscenze e alle tecnologie – più le tecnologie che le conoscenze; le conoscenze sono quelle, le tecnologie sono cambiate profondamente – dell'epoca, ma appunto la visione chiarissima del «rapporto Giannini» sulla pubblica amministrazione già diceva chiaramente qual era la direzione da prendere.
  Una visione politica in alcune parti, probabilmente minoritarie, del corpo politico c'era, c'è sempre stata, ma sta di fatto che non è stata sufficiente. Questo non vuol dire che non è stato fatto nulla, ma quello che è stato fatto non è sufficiente, e noi vediamo secondo tutti gli indicatori internazionali. I quattro progetti prioritari che lei ha seguìto sono paradigmatici. Dei quattro progetti, l'unico che si può dire sia concluso è quello che aveva uno «sponsor» che si chiamava Ministero dell'economia e delle finanze.
  Il fatto che arrivino a conclusione i progetti a seconda degli «sponsor» amministrativi è una cosa che, se si dimostrasse vera, deve far riflettere e deve far trovare le soluzioni per evitare che la digitalizzazione del Paese sia in mano a decisori non eletti dai cittadini. Proprio FatturaPa è paradigmatico di un aspetto: c'era una necessità del Ministero dell'economia e delle finanze, e quell'obiettivo è stato raggiunto, ma FatturaPa era un'opportunità per il funzionamento dello Stato molto più ampia, che aveva a che fare con la digitalizzazione dell'intero processo relativo ai pagamenti. Quello, però, non è stato colto, tanto che sappiamo che tuttora alcune pubbliche amministrazioni, assolutamente in spregio alla legge, secondo me commettendo dei falsi, stampano qualcosa che non è assolutamente una copia di un documento digitale e, sulla base di quello, innescano un processo interno alla pubblica amministrazione fatto di firme su pezzi di carta, cosa del tutto illogica, con spreco di denaro, inefficienza, mancanza di controllo, quello che Lei ha detto. Di questo, però, sembra che non ci sia più la propulsione necessaria, mentre quella iniziale c'era.
  Qui siamo tutti d'accordo sull'importanza. Stiamo cercando di lavorare per evitare gli errori passati. Quello che Le chiediamo è, considerando appunto la particolare tipologia della Commissione – che ha la possibilità, in caso di informazioni che non si voglia che vengano rese pubbliche, di passare alla seduta segreta, per cui gli atti vengono mantenuti segreti –, di aiutarci a capire che cosa non ha funzionato. Nella Sua esperienza, dove sono le difficoltà maggiori, nonostante un Presidente del Consiglio che dice che la riforma del digitale è la riforma dello Stato?
  Alcune cose si riescono a fare, altre no e molte altre rimangono in un'irresponsabilità analogica.
  La parola all'onorevole D'Incà.

  FEDERICO D'INCÀ. Ringraziando per la Sua comprovata passione per la tecnologia...

  FRANCESCO CAIO, ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale. Per lo Stato, non per la tecnologia.

  FEDERICO D'INCÀ. Per tecnologia nello Stato. Mi viene da pensare che il problema sia anche nella catena di comando all'interno dello Stato. Finché non avremo un ministro, all'interno del Consiglio dei ministri, che si possa chiamare Ministro dell'innovazione tecnologica, che c'era in passato, ma che si è ritrovato in varie parti, ricongiungendomi con quello che ha detto il presidente, ci troveremo a non avere una figura chiave, una persona che abbia un'autonomia. Forse manca anche una XV Commissione, anche se parlare di un'altra Commissione in uno Stato come il nostro, che ha già delle difficoltà di ammodernamento, e aggiungere politica su politica, potrebbe Pag. 9far rimuginare il popolo. Di fatto, probabilmente mancano queste situazioni.
  Inoltre, Lei ha detto che manca la cultura, per certi versi. Probabilmente, manca la cultura all'interno del Parlamento. Sicuramente, abbiamo molti colleghi parlamentari che hanno difficoltà a capirne l'importanza. Noi siamo qui come appassionati, prima di tutto, facciamo parte dell'Intergruppo parlamentare per l'innovazione tecnologica, da molto tempo cerchiamo di poter avere degli elementi informativi. Siamo arrivati a questa Commissione d'inchiesta anche con un po’ di fatica, per cui siamo ben contenti di poterLa audire.
  C'è un problema anche di ritrosia nella pubblica amministrazione. Lei ha parlato di grandi esperti, di settori molto avanti, ma nella pubblica amministrazione basilare abbiamo delle difficoltà di comprensione. C'è una paura nei confronti del digitale, anche perché sostituisce l'uomo, rende immateriale, e quando questo avviene in un processo lavorativo si crea disoccupazione. Di questo Lei sicuramente avrà avuto un'esperienza anche in Poste, macchina molto importante. Per certi versi, con lo stesso forte processo, nelle banche, di smaterializzazione, saltano fuori poi problematiche dal punto di vista del lavoro.
  Noi abbiamo fatto, come Movimento 5 Stelle, un lungo percorso in quest'ultimo anno per capire il lavoro dei prossimi dieci anni. La consapevolezza è che si creeranno posti di lavoro, ma molti verranno tolti, da quelli che fanno i fax a quelli che fanno le stampanti, giustamente, a quelli che portano il foglio di carta da una parte all'altra, il classico commesso.
  La domanda è: relativamente alla gestione degli esuberi, a un processo futuro che Lei sicuramente avrà realizzato in altri settori, in questo momento ha una percezione di che cosa accadrà nella pubblica amministrazione o di come possiamo ricostruire la formazione all'interno della pubblica amministrazione e renderla digitale e innovata?

  FRANCESCO CAIO, ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale. Io partirei da quello di cui si parlava un attimo fa. Lei pone due temi. Un tema è di governance, per far sì che ci sia qualcuno, se capisco bene, con le deleghe e i poteri per assicurare che le cose capitino. È sicuramente importante. Probabilmente, il commissario, così come definito nell'ambito dell'attuale Governo, è più vicino a un ruolo di quel tipo rispetto a un commissario come attuato nell'ambito del mestiere che ho fatto io. Ripeto che io non avevo deleghe, ero molto vicino alla Presidenza del Consiglio, e le istituzioni capivano che questo era un tema rilevante per la Presidenza del Consiglio. Era questo il meccanismo.
  Io ho una visione leggermente diversa su questo tipo di problema. Nel libretto avevo messo la frase di Negroponte secondo cui l'informatica non ha più a che fare con i computer, ma con la vita. Io penso che ci sia la necessità che la Presidenza del Consiglio aggiunga, tra gli item sull'agenda dei lavori, lo stato di avanzamento di questi progetti informatici e che su questo stato riferiscano le signore e i signori ministri. Oggi, un dicastero ha, nell'ambito delle sue principali responsabilità, quella dell'ammodernamento del Paese in funzione della qualità del servizio da offrire ai cittadini.
  Siccome non sono mai stato in una riunione del Consiglio dei ministri, non so come funzionino le cose. Qui dichiaro la mia visione di tipo aziendalistico. Non so se si può applicare. Ho grande rispetto dei processi politici e non li conosco benissimo. Non mi sembrerebbe, però, così assurdo ipotizzare che magari una volta al trimestre si possa, nell'ambito del Consiglio dei ministri, fare l'appello alle signore e ai signori ministri e dire: Ministero dell'interno, responsabile dell'avanzamento dell'anagrafe nazionale, a che punto siamo? Ministero dell'economia e delle finanze, sull'ambito della fatturazione elettronica a che punto siamo? Ministero della salute, nell'ambito della standardizzazione dei conti economici e dei sistemi di reporting finanziario delle ASL, a che punto siamo?
  Siccome l'informatica, come dice Negroponte, non ha più a che vedere con i computer, ma con la vita, io penso che portare queste discussioni nell'alveo politico, nell'alveo di uno dei principali elementi Pag. 10 della politica, possa essere utile. Ricordo, senza fare troppa teoria, che più informazione c'è e meglio si spende, più informazione c'è e meglio si serve il cittadino. Non è una cosa accessoria.
  Lei ricordava la mia passione per la tecnologia. Non sono qui a negarla, ma penso effettivamente che sia, se non il, uno dei principali elementi, insieme a tutte – non voglio uscire fuori campo – le enormi tematiche di etica e di governo etico che verranno fatte. Più si informatizza e più si aprono nuovi spazi di rischio.

  FEDERICO D'INCÀ. Perde lo Stato e guadagna il privato.

  FRANCESCO CAIO, ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale. Detto questo, e cioè che probabilmente in questa concezione, un Ministro o un Dicastero dell'innovazione si può forse configurare come una super-segreteria tecnica della Presidenza del Consiglio, che ha il compito di verificare l'avanzamento di questi progetti, e potrebbe essere utile, io penso che il meccanismo di governo passi da un'agenda della Presidenza del Consiglio e dal Consiglio dei ministri per la responsabilizzazione dei dicasteri, nel contributo che ognuno deve portare.
  Ho osservato che è abbastanza facile trovare la casa dei principali progetti: l'anagrafe sul Ministero dell'interno, le dogane sul Ministero dell'economia e delle finanze, il catasto... L'Agenzia delle entrate ha fatto dei passi da gigante. SPID come tema del Ministero dell'interno potrebbe essere molto utile.
  In termini di cultura del Parlamento, come passare il confine tra – usiamo un'espressione un po’ forte – chi capisce queste cose e chi non le capisce o chi è appassionato e chi non lo è? Secondo me, è un po’ la sfida di vendita e di marketing di queste cose. Secondo me, bisogna conoscere e tener presenti... Io trovo molto utile muovermi tra le architetture teoriche e la vita pratica delle famiglie. Ad un anziano che non si può muovere di casa, se ci sono gli standard per vedere le analisi, questi ultimi cambiano la vita. Pensate a un anziano al quindicesimo piano a Quarto Oggiaro, che non si può muovere e che non ha i soldi per la badante, perché parliamo di cose serie. La politica può, con la tecnologia, non risolvere tutti i problemi, perché sennò ci prenderemmo in giro e non è questo lo stile, ma aiutare veramente a far sentire la presenza dello Stato; veramente.
  Come si può restare insensibili a queste cose? Non è un tema di comprensione o meno.

  FEDERICO D'INCÀ. Mi verrebbe da dirle che, con Poste, Lei è la persona che effettivamente entra in queste case.

  FRANCESCO CAIO, ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale. Sì, non c'è dubbio, e qui vengo alla seconda parte della domanda, cioè a quel meccanismo di legittima e ragionevole preoccupazione di una lavoratrice o di un lavoratore che vedono, nella pratica, quotidiana che molte delle loro funzioni vengono rese obsolete. Qui c'è un altro tema, che è un tema di progettualità, non so se politica o economica, o forse un po’ tutte e due, che anche noi in Poste stiamo valutando, che però rivaluta la relazione umana. Ci sono dei bellissimi film di Olmi, Il posto, in particolare, degli anni Sessanta, che fa vedere il piano terra del grattacielo Pirelli, dove c'era il reparto della contabilità, e c'era un esercito di persone con le macchine calcolatrici che si passavano i foglietti. C'era anche un'opportunità di liberazione di queste persone. Sulla desertificazione dei rapporti che sta portando il digitale, francamente tra il sorriso di uno che mi aiuta a risolvere una pratica e 5 mila like su Facebook, vado sul primo.
  Senza utilizzare dimensioni troppo romantiche, esiste una dimensione di valore aggiunto nel liberare il tempo di queste persone e metterle a lavoro sulle relazioni con le persone. Parto dal suo riferimento a Poste. In Poste è questo il percorso che stiamo facendo. Noi siamo una macchina di prossimità umana. Il tema di che cosa fare col tempo delle persone è un tema, secondo, me molto interessante. La risposta non ce l'ho, non ce l'ha nessuno. Senza Pag. 11scomodare grandi teorie, lo stesso Andrew McAfee, al MIT sta facendo dei ragionamenti su che cosa significa quest'avanzata anche dell'intelligenza artificiale, ma io proverei a capirlo da un punto di vista di politica economica e politica industriale come una fonte di opportunità e non di minaccia. Ci vuole energia a farlo, assolutamente.
  Tenga anche conto – qui poi il discorso si amplia – che c'è anche da capire dove sono le fonti finanziarie per questi investimenti. Qui c'è tutto il tema dei risparmi e di come questi risparmi, che sono accumulati nella parte più anziana della popolazione, che cresce, possano essere messi al servizio, per generare servizi per quella popolazione e attivare, nell'erogazione di quei servizi, nuovo impiego.
  Stiamo parlando del digitale, ma nel complesso di uno Stato. Io penso che sia l'architettura di servizi di tecnologie e servizi al cittadino il complesso su cui andare a lavorare.

  FEDERICO D'INCÀ. Siccome è lo Stato dello Stato, non lo Stato dei privati, e Poste potrebbe essere lo strumento di cambiamento e di innovazione all'interno del quotidiano, verrebbe da chiedere, allora, se sia giusto pensare alla privatizzazione di Poste, ma questo...

  FRANCESCO CAIO, ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale. Questo è un altro discorso. Per rispetto istituzionale, come Lei sa, noi siamo soggetto di questa decisione, non oggetto. Quello che, però, mi sento di dirle è questo, ed è la riflessione che è stata fatta per la prima tranche. Come Poste, ci muoviamo da un mondo a un altro mondo, e l'analisi delle due ere è proprio bianco e nero. Il ciclo di innovazione dei servizi che noi eroghiamo si è accorciato tantissimo. Le lettere sono durate quei 3 mila 4 mila anni, non c'è stata tanta ricerca e sviluppo – la posta elettronica tende a essere un po’ più cortina. La necessità di finanziare lo sviluppo tecnologico per continuare a svolgere la missione sociale di Poste, che è la democratizzazione dell'accesso a certi tipi di servizi, nel contesto di uno Stato che fa spending review, pone un tema: servono più risorse per fare l'innovazione tecnologica necessaria a svolgere un ruolo di azienda sociale di mercato nel momento in cui ci sono meno risorse pubbliche per farlo. La privatizzazione, se concepita in un certo modo, rende l'azienda capace di recuperare capitali anche sul mercato privato mantenendo gli obiettivi, ma qui entriamo in un discorso che non ha a che fare con l'agenda digitale, su cui mi fermo, perché sono decisioni che non prendo io.

  PRESIDENTE. E nemmeno direttamente con gli obiettivi della nostra Commissione.
  Onorevole Fragomeli, prego.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Io parto da quello che diceva la collega Bruno Bossio sui grandi salti in avanti che sono stati compiuti. Venendo dalla Commissione finanze, poi, dall'inizio di questa legislatura abbiamo lavorato molto sull'implementazione della fatturazione elettronica, sugli incentivi alla fatturazione elettronica verso privati, quindi è un tema che ci sta particolarmente a cuore. Questo, però, non mi esime dal porre comunque delle questioni rispetto al trasferimento in digitale delle informazioni.
  In particolare, penso che uno dei problemi più grandi non sia tanto il trasferimento in digitale dello storico. Quando ci sono in corso cambiamenti, il monitoraggio è veramente carente, e andrò con esempi concreti.
  Si scopre che, a seguito di fusioni e unioni di comuni, casualmente l'Agenzia delle entrate non ha ancora verificato esattamente con Sogei, ci sono ancora le entrate tributarie del comune originario, incassano anche quello del comune scisso o fuso, perché c'è un codice che non è stato sistemato durante il percorso e questo crea gravi problemi. Iniziamo a parlare di comuni anche importanti, questi altri comuni hanno un incasso addizionale e via dicendo.
  Molto spesso, ci troviamo di fronte a un processo di digitalizzazione che non tiene conto di alcune variabili, o variazioni più Pag. 12che variabili, durante il percorso, e improvvisamente qui manca la trasversalità e manca il monitoraggio, un tema che la pubblica amministrazione deve affrontare.
  Inoltre, giustamente, ci ha fatto un bellissimo discorso oggi sull'importanza della visione, sull'importanza che tutto venga digitalizzato, poi io, su cinque progetti di legge, quattro li ho presentati sui processi di digitalizzazione, mi sono sempre scontrato con funzionari del Ministero dell'interno, i quali, per far loro capire che si poteva digitalizzare il processo della propaganda elettorale, hanno tirato fuori delle cose astruse, impossibili, e giustamente replicavano ancora allo scanner o in altro modo, perché bisognava sempre avere il pezzo di carta presente.
  Si è cercato di spiegare anche all'Agenzia dell'energia, per esempio, la possibilità di replicare, con i famosi contatori elettronici, la telelettura, per tutte le utenze. Ancora oggi siamo a macchia di leopardo. L'ENEL l'ha fatto, abbiamo possibilità di usare la linea elettrica, il PLC, tutti sono partiti con i 160 megahertz. So solo che applicheremo in tutta Italia decine e decine di concentratori, flussi di dati e informazioni nascosti dietro il problema della privacy e via dicendo. Relativamente al controllo del dato, che sia dell'anagrafe o altro dato, un tema vero, dobbiamo essere in grado di controllarlo tramite un ente pubblico e devono poi esserci degli operatori privati, misto pubblico-privati. Mi viene in mente la telelettura, perché è una questione che sto affrontando anche con una risoluzione in X Commissione.
  Quello che interessa a me è arrivare al front end. Non mi interessa il flusso dati di per sé, solo per il controllo delle perdite, per una migliore gestione aziendale. Voglio che il cittadino abbia un portale, gestito anche dagli operatori o direttamente dal pubblico, con username e password, con un'agenda con tutto quello che vogliamo, in cui si entra, si verificano i consumi. È tutto difficile, però, in questo Paese.
  Penso che, come pubblico, oggettivamente un passo in avanti lo dobbiamo fare, ma attraverso la costituzione veramente gli organismi trasversali e che riescono a superare queste difficoltà. Quando sento dire che il problema di interoperabilità e di comunicazione tra enti diversi è legato alla privacy, a qualcuno che può controllare... Dove stiamo andando? Mi sembra che qui ci sia ancora molto lavoro da fare e, da questo punto di vista, spero che si riesca anche con l'ausilio di Poste, finché non sarà completamente messa sul mercato, se dovesse succedere che abbia una titolarità pubblica importante, in questo ragionamento.
  Infine, Lei ha fatto anche un bellissimo discorso sulla missione sociale che ancora ha Poste. Io mi permetto di dire – Lei conosce bene la questione, magari dopo ne parleremo anche con i suoi collaboratori – che questo Paese non è solo di nativi digitali. Relativamente allo sportello postale o ad altre iniziative, se fossero ragionamenti un po’ più seri di accompagnamento verso tutti coloro che hanno capacità... Chiaramente, però, la dismissione che sta avvenendo e l'accorpamento di uffici in molti contesti stanno creando notevolissimi problemi. Non riguarda solo i recapiti. Poste è diventato un punto di riferimento di prodotti finanziari e di tante cose. Ne approfitto per dire che, anche da questo punto di vista, abbiamo ancora una fase che non è come la lettera, che è stata quasi interamente sostituita.

  PRESIDENTE. Prima di passare la parola all'onorevole De Lorenzis e poi, per le conclusioni, all'ingegner Caio, visto che l'onorevole Fragomeli ha parlato di processi, approfitto per formulare una delle domande che mi ero appuntato leggendo, a suo tempo, il libro di Francesco Caio, che chiaramente era in formato digitale.
  A un certo punto, dice: «Spesso, troppo spesso la digitalizzazione è avvenuta senza ripensare, riprogettare i processi alla luce di ciò che il digitale mette realmente a disposizione in termini di potenziale». La domanda spontanea viene: qual è il motivo? Per incompetenza o per altro, anche alla luce del fatto che Lei ci ha detto che, invece, le competenze nella pubblica amministrazione ci sono?

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  DIEGO DE LORENZIS. In realtà, mi interrogavo sulla stessa domanda e provavo a trovare delle soluzioni. Vorrei chiedere il parere del presidente Caio.
  È stato detto che lo Stato dovrebbe far sentire la sua presenza ai cittadini. Io vorrei, invece, che fossero i cittadini a far sentire la propria presenza allo Stato. In Italia, si sono fatte molte sperimentazioni sul digitale, e la differenza di qualità di servizi, di qualità della vita che ne deriva probabilmente è uno dei motori che può indurre in parte – credo – la pubblica amministrazione ad abbracciare una strada, quando appunto si capisce l'importanza e la differenza.
  Con una relazione ogni tre mesi durante il Consiglio dei ministri, per diverse ragioni, di opportunità politica, di finanza pubblica – non so bene quali siano queste ragioni – i ministri aggiornano sul processo di avanzamento, ma quest'informazione rimane forse più nel Consiglio dei ministri. Immagino, ma è una riflessione su cui vorrei il Suo parere, che, come Lei ha detto, questo tipo d'iniziativa venisse slegato dall'affiliazione politica, e cioè dal fatto che il commissario o il direttore di AgID sia più o meno vicino al Presidente del Consiglio.
  Ipotizziamo che i ministeri relazionino ogni tre mesi e che questi progetti vadano avanti: che cosa succede? Che strumenti abbiamo per tutte le altre pubbliche amministrazioni? Nel momento in cui l'anagrafe non è recepita dai comuni, dalle regioni, dalle province, che non sono neanche elettive, è possibile immaginare – questa è la soluzione che provo a tirare fuori – un apparato sanzionatorio o qualche strumento coercitivo, un po’ come succede per lo SPID, per cui per accedere a certi servizi devi essere registrato? In che misura lo Stato, da una parte, deve fornire servizi pubblici essenziali, e quindi non può pretendere che una parte della popolazione faccia quel passo, e quindi deve essere accompagnata? Dall'altra, quanto può spingere su uno strumento non dico coercitivo, ma più vincolante?

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Bruno Bossio.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Ho una richiesta.
  Lei è venuto qui come commissario, ma Poste rappresenta lo Stato, e allora le faccio una richiesta provocatoria, ma neanche tanto: perché non lancia un grande progetto Paese, magari ridefinendo anche la questione del servizio universale per trasformare gli uffici postali – è una vecchia questione che anche con Anna Pia Sassano abbiamo discusso molte volte – proprio come centri di assistenza, ma anche di promozione, del digitale sul territorio? Il vecchietto può leggersi le analisi, ma qualcuno forse gli deve anche insegnare come può farlo. Gli uffici postali possono, al limite, anche riaprire con questa missione, soprattutto nei piccoli comuni.

  FRANCESCO CAIO, ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale. Parto dall'ultima questione.
  Noi abbiamo esattamente questa concezione: con lo SPID del milione di identità digitali rilasciate penso che rappresentiamo il 90 per cento. È esattamente questo il punto.
  Più in generale, esistono dei passaggi che il Paese, insieme a tutto il resto del mondo, sta facendo, da strumenti classici di comunicazione, di pagamenti, di risparmio, a nuovi strumenti. Si parla dall'analogico al digitale. In Commissione, l'altro giorno, si è parlato dal libretto postale ai fondi, le lettere stanno diventando pacchi e-commerce, i bollettini stanno diventando carte.
  Per il mestiere sistemico che siamo chiamati a fare, abbiamo posto la missione dell'accompagnamento di uno sviluppo inclusivo come nuovo baricentro della missione industriale di Poste, come strumento di competitività per il Paese, ovviamente per i mestieri che svolgiamo. Siccome non sono mestieri marginali, è un ruolo molto importante.
  Poi c'è un tema più ampio di innovazione dei nostri servizi, e quindi c'è una componente – mi lasci dire – educativa o didattica verso l'uso del digitale, ma anche una spinta di convenienza a usare certi strumenti che non altri, tanto che su alcuni nuovi strumenti di pagamento o di conto Pag. 14corrente, come la Postepay Evolution, siamo andati da zero a quasi 4 milioni di cittadini in un breve spazio di tempo. C'è un'esigenza reale, che fa toccare con mano la convenienza di adottarla.
  Siccome c'era stato anche il commento sugli uffici postali, ripeto che, nell'ambito del nuovo contratto del servizio universale che abbiamo fatto con il Ministero dello sviluppo economico, che è la nostra interfaccia istituzionale in questo senso, abbiamo concordato un processo per una condivisione dei meccanismi di razionalizzazione degli uffici, per esempio assumendoci l'impegno a non chiudere più quelli dei comuni sotto i 5 mila abitanti.
  Stiamo andando nella direzione di un'articolazione di prossimità, e, io ripeto, prossimità umana. Oggi, abbiamo la prossimità, grazie a Dio, con la copertura radio di molti servizi e molte tecnologie praticamente dappertutto: va accompagnata, perché esiste un meccanismo di inclusione. Siccome stiamo parlando di Poste, ribadisco che su SPID ci siamo impegnati moltissimo. È un'opportunità. Per rispondere anche alla Sua domanda, onorevole De Lorenzis, io non so quale possa essere un efficace strumento – mi lasci dire – sanzionatorio o di forte incentivo alle pubbliche amministrazioni, ad esempio, locali. La mia osservazione è che oggi lo Stato ha a disposizione uno strumento, che è l'identità digitale, SPID, che è sottoutilizzato. È un potentissimo fattore di standardizzazione nel momento in cui i siti o i sistemi informatici delle amministrazioni rendono possibile l'accesso tramite SPID. Se si guarda alla penetrazione di questa tecnologia, siamo ancora molto bassi.
  Che cosa ha portato in positivo lo sviluppo di SPID? Il bonus per i giovani. È stata un'ottima idea, perché, più che sanzione, lì c'è stato un incentivo immediato.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Sempre digital first.

  FRANCESCO CAIO, ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale. Su SPID oggi la Repubblica ha uno strumento spendibile, su cui si può imbastire una campagna sul versante dell'offerta, non della domanda. Siamo pronti come Paese a utilizzarlo. Chi di voi lo ha utilizzato sa che è quasi emozionante la prima volta poter entrare in tre siti diversi con la stessa password, con le stesse credenziali. In Poste lo abbiamo messo al centro dei sistemi di pagamento, e già oggi è possibile, con il cellulare, effettuare dei bonifici passando da SPID, quindi è una realtà vera, una cosa che esiste.
  Come si fanno le critiche allo Stato che non funziona, bisogna fare anche i complimenti allo Stato che funziona. Questo è un esempio di uno Stato che funziona e che, per funzionare al meglio, dovrebbe portarsi a casa in tutte le sue articolazioni amministrative la possibilità di dare accesso tramite SPID. Qui siamo all'avanguardia. Bisogna avere anche questa consapevolezza, che qui siamo all'avanguardia.
  Non so se poi esista uno spazio sanzionatorio. È sicuramente una riflessione che può valer la pena di fare in termini anche di accesso a finanziamenti o a erogazioni dal centro alle periferie, nella misura in cui, ad esempio, si rispettino alcuni appuntamenti di digital, soprattutto in strumenti come questi, che sono già disponibili. Non capisco perché il comune del capoluogo di regione A abbia SPID e un altro non ce l'abbia. Bisognerà che lo mettiamo tutti. Bisogna obiettivamente fare uno sforzo perché questa grande infrastruttura immateriale diventi la chiave d'accesso per il cittadino verso le pubbliche amministrazioni.
  Sul tema del monitoraggio dei processi, si torna un po’ sempre al tema della governance e a imbastire, dall'origine del processo, le variabili da controllare. Lei faceva riferimento ad alcuni disallineamenti tra l'analogico e il digitale, le triangolazioni con le disponibilità...

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Sogei...e altro...

  FRANCESCO CAIO, ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale. La grande progettualità significa avere una visibilità di insieme delle poche variabili che si vanno a controllare. Non è Pag. 15sanzione, ma è già un bel salto in avanti. Bisogna anche avere la capacità di tradurre in numeri molto semplici grandi progetti, la percentuale di comuni che stanno andando in quella direzione.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Chi lo fa e come è gestito?

  FRANCESCO CAIO, ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale. Questo è previsto, da un punto di vista del monitoraggio, come uno dei compiti dell'AgID nell'ambito della Presidenza del Consiglio. È la base di processo su cui facevo riferimento a quel tipo di intervento del Consiglio dei ministri.
  Quanto al tema che poneva il presidente, quello della visione del perché non si fa e della modifica dei processi, per quel poco che ho visto, lavorando anche in particolare con la dottoressa Sassano, e non so se questo è il motivo, ma lo offro come riflessione, anzi come spunto più che come riflessione, ho notato una certa corsa verso il decreto, verso la legge: scriviamo e variamo, ma senza saper bene di che cosa si scrive e come viene fatta la legge.
  Il suggerimento, per quel che vale, è: se su un progetto grande si facesse una sperimentazione, si mettessero intorno al tavolo tutti gli attori, si ascoltasse e poi si scrivesse? Ho come la sensazione che si andrebbe più piano all'inizio e più veloci dopo. Ripeto che penso a un arco temporale molto limitato e a tematiche molto specifiche, ma c'è un po’ una frenesia a correre verso il decreto, che poi tutto cadrà.
  Facciamo un test, mettiamo insieme tre amministrazioni, che è già un compito... Si pensi solo ad anagrafe nazionale, ISTAT, Ministro dell'interno, ma va fatta. L'elettronica e la digitalizzazione sono un processo orizzontale, e lo Stato è organizzato in verticale. Secondo me, è lì dove c'è il presidio di governance più sfidante, avere istituzioni che passano attraverso...
  È anche il tema che poneva prima Lei, onorevole Fragomeli, della privacy. Qui c'è un valore, secondo me, un intangibile della politica: creare un ambiente di supporto, cioè far sentire, a chi deve prendere queste decisioni relativamente micro, il fatto che sono – uso un termine un po’ pesante – politicamente coperti. Questo è un immateriale di un valore infinito. Se io sono preoccupato di essere a un incrocio tra opposizione, una certa stampa e la procura, io non faccio nulla. Nei topi che prendono scosse in modo randomico, la strategia migliore è star fermi.
  E il paradosso, sulla privacy, è che i cittadini italiani hanno abdicato alla loro privacy nei confronti degli over the top da quel dì. E non c'è stato presidio politico su questo. Quando si scaricano le app, ci manca solo che gli diamo uno spettro dei nostri affetti.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Ce l'hanno.

  FRANCESCO CAIO, ex commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale. Lo costruiscono, sulla base del GPS.
  Il tema della privacy e il tema della condivisione dei dati è, secondo me, abbastanza centrale in tutto questo, di natura politica. Dietro la privacy io mi nascondo se non voglio condividere e ci sguazzo se voglio vendere. Ancora una volta, c'è una valenza gigantesca da un punto di vista etico-politico, di SPID. L'identità digitale, con un sistema governato sul governo degli standard, è assolutamente in linea col mercato ed è legittimo che lo Stato protegga i suoi cittadini rispetto a queste cose. Nel momento in cui lo fa, toglie anche acqua a quelli che usano la privacy come alibi di non condivisione. Se c'è uno standard garantito, sicuro, certificato dallo Stato: «passa i dati, zitto e muto».
  Ovviamente, sono tutti legati, i temi, ma ho come la sensazione, e ve la lascio come spunto, che su SPID forse si rischia di non cogliere l'aspetto sia di innovazione, e quindi di traduzione in qualità di vita del cittadino, sia come framework legale per togliere alibi alla pubblica amministrazione di non condivisione, sia ancora come esempio da contrapporre agli over the top di come certe cose si fanno nella piena consapevolezza che il dato resta del cittadino. Non è un passaggio banale.

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  ANNA PIA SASSANO, ex membro della struttura di missione per l'attuazione dell'agenda digitale Avendo fatto la tessera sanitaria, la fatturazione elettronica e la ricetta elettronica, vedendo in questo momento SPID, ha un effetto dirompente decisamente superiore rispetto agli altri tre, ma non ci stiamo lavorando. Secondo me, dovremmo lavorarci di più.

  PRESIDENTE. Ringraziamo i nostri ospiti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.10.