XVII Legislatura

Commissioni Riunite (XIV Camera e 14a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Mercoledì 18 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bordo Michele , Presidente ... 3 

Audizione del Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, ambasciatore Maurizio Massari (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento)
Bordo Michele , Presidente ... 3 ,
Massari Maurizio , Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea ... 4 ,
Bordo Michele , Presidente ... 9 ,
Cociancich Roberto  ... 9 ,
Schirò Gea (PD)  ... 10 ,
Mauro Giovanni  ... 10 ,
Bordo Michele , Presidente ... 11 ,
Scuvera Chiara (PD)  ... 11 ,
Berlinghieri Marina (PD)  ... 12 ,
Bordo Michele , Presidente ... 12 ,
Massari Maurizio , Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea ... 12 ,
Bordo Michele , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare-NCD-Centristi per l'Italia: AP-NCD-CpI;
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Scelta civica-ALA per la costituente libera e popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Civici e Innovatori: (CI);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod;
Misto-UDC: Misto-UDC.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA XIV COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI MICHELE BORDO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, Ambasciatore Maurizio Massari. L'odierna audizione dell'ambasciatore Massari, che ringrazio per la sua disponibilità, offre un'importante occasione per fare il punto su una serie di questioni cui la nostra Commissione annette la massima importanza.
  La Commissione Politiche dell'Unione europea ha molto lavorato nelle scorse legislature e in quella in corso allo scopo di rafforzare gli strumenti e le procedure per garantire una partecipazione attiva e qualificata del nostro Paese nell'ambito dell'Unione europea.
  Costituisce ormai una sorta di luogo comune la critica per cui l'Italia non riesce a far valere adeguatamente le proprie esigenze e le proprie ragioni all'interno dell'UE, a differenza di quanto fanno altri partner, a cominciare dalla Germania e dalla Francia.
  In effetti, l'esperienza ci offre innumerevoli occasioni in cui il ruolo svolto dal nostro Paese nella elaborazione delle proposte avanzate dalle istituzioni europee è parso molto debole o comunque insufficiente. L'impressione, che purtroppo trova riscontro in numerosi casi, è che già nella fase di elaborazione dei documenti preparatori e poi delle iniziative legislative della Commissione europea l'Italia non sia tempestivamente informata e intervenga in ritardo, per cui i testi che vengono ufficialmente presentati sembrano, se non ispirati, comunque fortemente condizionati dagli orientamenti di altri Governi.
  Tale ritardo pregiudica o riduce la nostra possibilità di intervenire e correggere i testi, poiché i margini a disposizione nei successivi negoziati sono ovviamente più limitati.
  Il Parlamento italiano è intervenuto concretamente per rimediare a questa annosa situazione approvando la legge n. 234 del 2012, non a caso di iniziativa parlamentare, che è ispirata all'obiettivo di creare una sorta di «filiera» coerente, che impegni tutti gli attori istituzionali (Governo, Parlamento, enti territoriali) a collaborare per definire con la necessaria tempestività e accuratezza una posizione nazionale sulle proposte della istituzioni europee, in primo luogo rafforzando le occasioni di informazione e raccordo.
  In questo disegno, un ruolo decisivo è inevitabilmente assegnato alla Rappresentanza permanente presso l'Unione europea, che rappresenta il Governo italiano nella sua interezza e costituisce la struttura che segue sistematicamente i negoziati e le attività delle istituzioni europee.
  La legge n. 234 del 2012 reca, in particolare agli articoli 3 e 4, esplicite disposizioni che riguardano, direttamente o indirettamente, Pag. 4 i rapporti tra il Parlamento e la Rappresentanza permanente. In particolare, l'articolo 3 prevede che il Governo è tenuto ad assicurare l'assistenza documentale e informativa della Rappresentanza permanente agli uffici della Camera e del Senato presso le istituzioni europee.
  Tale previsione si è sino ad ora tradotta nella condivisione di informazioni e nella trasmissione di alcune note predisposte dalla Rappresentanza permanente, che gli uffici della Camera e del Senato utilizzano, con la necessaria cautela e discrezione, nella predisposizione della documentazione a supporto dell'attività istruttoria degli organi parlamentari.
  Tale scambio informativo si è rivelato particolarmente tempestivo e completo in alcuni settori, meno efficace in altri. Sarebbe sicuramente utile un'interlocuzione tra la Rappresentanza e gli Uffici del Parlamento a Bruxelles più sistematica ed omogenea, al fine della trasmissione di elementi informativi di rilevanza per l'attività parlamentare in materia europea, che esulano dall'ambito di applicazione dell'articolo 4, comma 3. A tal fine, la Rappresentanza e gli uffici di Camera e Senato potranno confrontarsi per concordare i possibili progressi, con particolare riguardo ai settori tematici in cui si sono registrate maggiori difficoltà.
  L'articolo 4, comma 3, prevede invece la trasmissione alle Camere delle note informative predisposte dalla Rappresentanza permanente, con riferimento ad alcune categorie di riunioni e di atti. Ringrazio la Rappresentanza per la tempestiva attuazione di tale disposizione, che consente al Parlamento di disporre di informazioni preziose ai fini in particolare dell'esame in fase ascendente dei documenti europei.
  Al contempo, tuttavia, segnalo l'opportunità di una trasmissione più sistematica della documentazione predisposta con riferimento ai triloghi che vedono impegnate le istituzioni europee e in esito ai quali si perviene, nella stragrande maggioranza dei casi, all'adozione in via definitiva dei testi legislativi.
  Un'ulteriore questione che sembra opportuno affrontare in questa sede attiene alla necessità di un'azione più efficace per garantire una presenza corrispondente al peso effettivo del nostro Paese di rappresentanti italiani nelle istituzioni europee. È stata infatti spesso segnalata da più parti e in ripetute occasioni una evidente sperequazione, per cui l'Italia risulta nettamente penalizzata rispetto ad altri partner con riferimento in particolare alla assunzione di incarichi di vertice.
  Sarebbe particolarmente utile disporre di dati aggiornati relativi alla presenza di personale italiano nelle istituzioni europee, al fine di affrontare la questione di quali iniziative possano essere adottate dalla Rappresentanza, in termini di individuazione delle posizioni di più spiccato interesse nazionale e di segnalazione di tali opportunità, così da consentire al Governo e al Parlamento di valutare quali misure porre in essere per avanzare candidature italiane adeguate alle figure disponibili.
  Se il Presidente Chiti non intende aggiungere altro, darei la parola all'ambasciatore per il suo intervento.

  MAURIZIO MASSARI, Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea. Ringrazio presidenti, senatori e deputati per questa opportunità di condividere alcune informazioni e analisi sull'azione dell'Italia all'interno dell'Unione europea.
  Premetto che c'è la massima disponibilità, sia mia personale che della Rappresentanza, a continuare uno scambio di informazioni con il Parlamento italiano intenso e qualificato. Già avviene normalmente attraverso gli uffici di Camera e Senato a Bruxelles, avviene anche naturalmente a Roma attraverso il Dipartimento affari europei della Presidenza del Consiglio. Noi comunque siamo apertissimi a rafforzare ulteriormente questi canali di comunicazione, quindi potete contare su di me personalmente e su tutto lo staff della Rappresentanza.
  Vorrei parlarvi dello stato dell'Unione Europea e anche delle sfide principali che abbiamo davanti; avendo però ascoltato l'introduzione del presidente Bordo, capovolgo la mia introduzione e parto dai punti che sono stati qui sollevati. Pag. 5
  Mi riferisco innanzitutto al tema della presenza italiana nelle istituzioni europee, della capacità di incidere sulle decisioni che vengono assunte. Ci sono due realtà che purtroppo non sempre combaciano: la realtà dell'Unione europea full time, di quelli che stanno lì giorno per giorno e quindi vedono tutti i processi, e l'immagine che, malgrado tutti i contatti e gli scambi, si ha nelle capitali (può accadere in Italia o anche altrove) e che naturalmente è più sfumata, meno dettagliata.
  Sottolineo che non parlo per dovere d'ufficio, ma per dire come stanno i fatti in realtà. Parliamo di ritardo nell'intervento da parte italiana sui testi licenziati dalla Commissione, dal Consiglio europeo, ma svolgo il mio incarico dal 1° giugno 2016 e vi assicuro (lo dico perché così stanno i fatti e ci sono le prove) che c'è uno scambio continuo di commenti e di osservazioni sui testi tra la Rappresentanza e la Commissione, il Segretariato generale del Consiglio, quindi anche lo staff del Consiglio europeo. Questo nella fase ascendente, prima che questi testi vengano licenziati.
  Ovviamente quello che noi facciamo è nostro dovere e lo fanno anche gli altri Paesi membri, ma vi garantisco che lo facciamo, e questo nostro intervento si vede poi riflesso nei testi che vengono licenziati e discussi, che siano le comunicazioni della Commissione o del Consiglio europeo, e negoziamo quotidianamente affinché i nostri input vengano riflessi nei testi. L'altro punto sul quale vorrei amichevolmente dissentire è il peso degli italiani nelle istituzioni europee. Naturalmente ci congratuliamo con il Presidente del Parlamento europeo Tajani per l'elezione di ieri; era dal 1979 che non avevamo un Presidente italiano come capo dell'Assemblea di Strasburgo ed è un notevole risultato per l'Italia, perché adesso abbiamo italiani nelle tre massime cariche (Parlamento europeo, Banca centrale europea e Alto rappresentante per la politica estera), quindi a questo livello siamo veramente ben rappresentati.
  Volevo parlare però soprattutto dei livelli apicali, dei funzionari nelle più alte posizioni. In Commissione europea noi siamo i secondi dopo la Germania per quanto riguarda le posizioni apicali. Abbiamo 4 direttori generali, 2 vicedirettori generali – di cui uno, Silvano Presa, acquisito lo scorso novembre in una posizione molto importante, presso la Direzione generale del bilancio, – 30 direttori e 116 capi unità.
  Siamo dunque secondi dopo la Germania (mi riferisco alla Commissione, poi ci sono anche tutti i membri dei Gabinetti tra capi e vice capi di Gabinetto che non cito, ma sono numerosi) e questo è il miglior risultato dalla fine del 2014. Anche al Parlamento europeo siamo i secondi dopo la Germania, con 3 direttori generali, 4 direttori e 30 capi unità.
  Passo al SEAE, il Servizio relazioni esterne presieduto dall'Alto rappresentante Mogherini dove siamo sempre i secondi, in questo caso dopo la Francia, non dopo la Germania. Siamo secondi con 2 direttori generali, 2 direttori, 13 capi missione nelle varie delegazioni dell'Unione europea nel mondo, e 4 di questi 13 provengono dalla Farnesina.
  Questa è la fotografia attuale della presenza italiana nelle istituzioni europee (Parlamento europeo, SEAE e Commissione). Ovviamente siamo attivi ogni giorno per rafforzare e migliorare ulteriormente questa presenza. Certamente, ad esempio, in Commissione vorremmo vedere un numero ancora più alto di vice direttori generali.
  Dovremmo inoltre a mio avviso consolidare i nostri successi sulla qualità più che sulla quantità delle posizioni, nel senso di piazzare funzionari italiani nelle posizioni apicali in quelle direzioni generali della Commissione che sono particolarmente delicate per i nostri interessi nazionali. Può essere la Direzione Generale Home, che si occupa di affari interni o la Direzione generale per la concorrenza, che si occupa dell'Unione economica e monetaria. Dovremmo fare un'azione mirata più qualitativa che quantitativa. Vorrei farvi un breve quadro dello stato dell'Unione come visto da Bruxelles. È chiaro che il timing di questa audizione coincide con tre sviluppi di ieri particolarmente rilevanti, dei quali probabilmente avremo occasione anche di parlare: l'elezione del Presidente Tajani, il Pag. 6discorso di Theresa May su Brexit e la lettera della Commissione al nostro Governo sull'aggiustamento della manovra di bilancio.
  Per descrivere lo stato dell'Unione però vorrei partire dal giugno 2016, dal referendum su Brexit e dalla reazione dell'Unione europea a quel referendum. In breve, la diagnosi data a Bruxelles e nelle principali capitali europee del risultato del referendum su Brexit è stata la seguente: l'Europa è attraversata da un sentimento di distacco dei cittadini europei dalle istituzioni, dal progetto europeo, da populismi, nazionalismi, sovranismi.
  Per tenere tutti insieme (qui la terapia) dobbiamo passare dalle parole ai fatti anche con azioni e piccoli passi concreti, dimostrare che l'Europa fa delle cose oltre ad annunciarle, non essere troppo ambiziosi e cercare di tenere tutti e 27 i Paesi il più possibile uniti. Abbandoniamo quindi per un po’ grandi progetti e iniziative, e focalizziamoci sulle piccole azioni concrete.
  Da qui è nata la famosa road map di Bratislava, il Consiglio europeo informale del settembre scorso, che è stato nient'altro che un cronoprogramma di azioni concrete che l'Unione europea poteva intraprendere da settembre fino al marzo di quest'anno, cioè fino al sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma, un appuntamento che nell'opinione comune dovrebbe segnare un punto di svolta per cercare di guardare in maniera più visionaria al futuro dell'Unione europea.
  Dico brevemente che, malgrado l'ambizione molto circoscritta, i piccoli passi però hanno prodotto delle azioni concrete in diversi settori, che non vanno sottovalutate. In particolare, ve ne ricordo cinque: la creazione della Guardia di frontiera e costiera europea, che è già operativa; l'accordo generale in Consiglio per un piano di investimenti esterni per fronteggiare il problema delle migrazioni – parte del Migration Compact presentato dall'Italia –, con 4 miliardi di euro di risorse allocate che attraverso un effetto leva dovrebbero generare investimenti per 44 miliardi di euro in Africa; l'estensione del Piano Juncker, l'EFSI 2.0, dal 2018 al 2020, con un aumento delle risorse per mobilitare investimenti fino a 500 miliardi di euro (tra l'altro l'Italia è uno dei principali beneficiari dei progetti EFSI). Ci sono stati poi questi accordi migratori con i principali Paesi africani (anche questa è un'idea dell'Italia che è passata e sta andando avanti) e infine, last but not least, l'adozione della Global Strategy per rafforzare il ruolo dell'Europa nel settore della politica estera, sicurezza e difesa, lanciata dall'Alto Rappresentante Mogherini.
  Questi cinque piccoli passi sono però realizzazioni concrete che sono state fatte. Naturalmente a queste il prossimo vertice de La Valletta del 3 febbraio, Consiglio europeo informale, aggiungerà una dimensione esterna per fronteggiare il problema dell'immigrazione con un forte focus sul Mediterraneo centrale e in particolare sulla Libia.
  Anche questo è un punto che l'Italia ha più volte sollevato in questi mesi e che finalmente giunge sul tavolo dei leader europei. Abbiamo sempre criticato che la rotta del Mediterraneo centrale e l'Africa fossero non in prima linea nell'agenda dell'Unione europea e ora abbiamo ottenuto questo trasferimento di attenzione verso l'area.
  Siamo d'accordo che questi piccoli passi non saranno sufficienti a produrre una grande svolta dell'Unione europea, a fronte delle sfide economiche, le disuguaglianze, le migrazioni, i problemi internazionali che siamo chiamati ad affrontare. È evidente che l'Europa ha bisogno di molto di più, e su questo si sta lavorando per preparare in maniera il più possibile ambiziosa la riunione che si svolgerà a Roma il 25 marzo in occasione del sessantesimo anniversario dei Trattati, una riunione che dobbiamo inquadrare anche nel contesto europeo generale.
  Questo è un anno elettorale: il 15 marzo in Olanda, quindi in Francia e poi in autunno in Germania. È evidente che, poiché l'Europa, al di là di quella che io chiamo Europa full time a Bruxelles, è poi l'Europa delle 27-28 capitali dove ogni Governo è soggetto al giudizio dell'elettorato, quando ci sono queste concentrazioni di appuntamenti Pag. 7 elettorali è difficile pensare a risultati particolarmente ambiziosi. Noi però vorremmo che venga messo in azione un processo, che vorremmo chiamare processo di Roma, che attraverso i successivi Consigli europei nei mesi seguenti possa dare all'azione dell'Unione europea quella visione, quell'ambizione che è finora mancata e che certamente la politica dei piccoli passi da Bratislava ad oggi non è sufficiente a colmare.
  Vengo ai punti principali dell'azione dei prossimi mesi, che si articolerà attraverso una serie di Consigli europei, a cominciare da quello de La Valletta del 3 febbraio, poi il 9 marzo, quindi l'appuntamento di Roma, fino naturalmente a giugno. Una delle sfide principali sarà la gestione del negoziato su Brexit – non mi dilungo sulla posizione britannica, che è emersa con estrema chiarezza ieri nel discorso del primo ministro britannico – ma vi dirò qualche parola sulla procedura.
  Accadrà questo: entro marzo, su richiesta del Regno Unito verrà attivato l'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea per l'avvio dei negoziati sul «divorzio», che sono separati dall'accordo sul futuro rapporto tra Gran Bretagna e Unione europea. Una volta che la Gran Bretagna attiverà l'articolo 50, inizierà tutto il processo, che si snoderà nel modo seguente: circa un mese dopo ci sarà un Consiglio europeo straordinario, che dovrà adottare le linee negoziali per il Consiglio dei 27 che poi negozierà insieme alla Commissione con la Gran Bretagna l'accordo sul recesso.
  La Commissione avrà un ruolo chiave nella negoziazione, nella figura dell'ex Commissario Barnier, e il processo verrà seguito attraverso la filiera che fa capo al Consiglio affari generali, al Coreper (Comitato dei Rappresentanti permanenti).
  Il tutto per cercare di far durare questo negoziato al massimo due anni o anche meno, per far sì che non ci sia un'interferenza sul prossimo ciclo elettorale europeo nel 2019. Se quindi si dovessero cominciare questi negoziati tra maggio e giugno, si parlerebbe di un anno e mezzo scarso di negoziato, per poter poi consentire la ratifica dell'accordo sul divorzio da parte del Parlamento europeo e poi iniziare la preparazione delle elezioni europee del 2019.
  Come dicevo, l'accordo sul divorzio è distinto dall'accordo sul futuro rapporto tra Gran Bretagna e Unione europea, che prenderà probabilmente molto più di due anni, e sulla base del discorso del Primo ministro britannico si capisce che si va verso l'idea di un accordo di libero scambio, ma chiaramente sarà un negoziato complesso, che necessiterà di molte energie.
  Naturalmente è un negoziato che però in prospettiva offre anche delle opportunità al sistema Italia. Mi riferisco soprattutto alla possibilità del trasferimento di alcune agenzie europee localizzate nel Regno Unito, che potranno muoversi verso altre capitali o città europee (su questo potremo soffermarci in seguito).
  Al di là di Brexit, i tre grandi settori su cui si dovrà muovere l'azione dell'Unione europea nei prossimi mesi sono quello della governance economico-sociale, quello delle migrazioni e quello della politica estera. Sulla governance economico-sociale le posizioni dell'Italia sono ben note: noi vorremmo che nelle regole del Patto di stabilità e crescita ci fosse maggiore attenzione alla crescita, oltre che alla stabilità, e abbiamo avanzato una serie di proposte per conciliare la stabilità con le riforme strutturali, con il bilancio degli investimenti, il completamento dell'Unione bancaria, il mercato unico dei capitali ed anche la proposta per un'assicurazione europea contro la disoccupazione.
  Sono proposte complesse, che vanno negoziate alcune all'interno dei Paesi dell'Eurozona, altre a 27 e sulle quali ovviamente è difficile farsi delle illusioni in questo anno elettorale; occorre tuttavia che questi temi siano sempre in primo piano e dobbiamo cercare, a proposito di input italiano sui documenti, di farli inserire nel Libro Bianco che la Commissione sta predisponendo e che verrà presentato il 25 marzo, in occasione del sessantesimo anniversario. Questo Libro Bianco abbraccerà un po’ tutti i settori delle politiche europee, ma anche il settore dell'unione economica e monetaria. Pag. 8
  Le migrazioni sono un altro punto centrale per gli interessi dell'Italia. I maltesi hanno una particolare sensibilità al tema, trovandosi Malta a 300 chilometri dalle coste tunisine. Oltre a una maggiore responsabilizzazione dell'Unione europea per controllare i flussi migratori, e in particolare i migranti economici, l'altra grande sfida è quella della riforma del sistema di Dublino, questione sulla quale è in corso un negoziato che – vi confesso – è molto duro, molto complicato, con visioni contrapposte su molti settori.
  Le linee guida per l'Italia sono innanzitutto la certezza che non ci possa essere una solidarietà à la carte, che, più che flessibile, sarebbe ingannevole. È importante che tutti i Paesi facciano la loro parte, si responsabilizzino nell'assumersi un carico di aventi diritto asilo e che il carico sia basato sulla distribuzione dei rifugiati, non soltanto su misure alternative di assistenza economica o tecnica, e che questi meccanismi possano essere attivati automaticamente, senza richiedere ogni volta decisioni ad hoc del Consiglio, tantomeno del Consiglio europeo.
  Naturalmente è molto importante che queste disposizioni sulla cosiddetta «flessibilità» siano giuridicamente all'interno della riforma sul Regolamento di Dublino, non siano separate. Queste sono alcune linee guida molto importanti.
  Sulla politica estera, settore in cui si sono fatti i maggiori progressi da Bratislava ad oggi, è importantissimo il contributo dell'Italia all'idea di una Schengen della difesa per attivare cooperazioni strutturali permanenti. Abbiamo lavorato molto insieme ai principali partner, Berlino e Parigi.
  Questa strategia globale ha tre pilastri per quanto riguarda la parte di sicurezza e difesa. C'è la parte che riguarda il rafforzamento tecnico-militare dell'integrazione, quindi l'idea di un quartier generale europeo militare e civile, le cooperazioni strutturate permanenti. Come secondo pilastro c'è quello della creazione di un mercato integrato dell'industria di difesa e come terzo pilastro quello della realizzazione della cooperazione tra UE e NATO, sulla base delle indicazioni del vertice di Varsavia dell'anno scorso.
  Tutto questo processo procede molto rapidamente, perché forse è il settore dove c'è maggior consenso all'interno dei 27 o 28. Mentre sull'immigrazione vediamo una divisione est/ovest, sulla governance economica e sociale ci sono delle divisioni nord/sud, sulla politica estera e di difesa abbiamo una maggiore coesione all'interno dell'Unione europea, e francamente, come dicevo all'inizio, credo che questi richiami d'oltreoceano possano offrire un'opportunità, anche un assist a noi Europa per unirci e avere una dimensione di politica estera e di difesa che sia davvero all'altezza delle sfide internazionali, oltre che delle nostre ambizioni.
  Last but not least, un settore a cui guardiamo da vicino all'interno di queste priorità dell'azione dell'Unione europea per i prossimi mesi è quello dei valori europei e dello stato di diritto. In fin dei conti l'Europa, ancor prima di essere una creatura politica, è un agente normativo, un insieme di valori e princìpi comuni, ha un suo soft power che cerca anche di fungere da esempio sul piano internazionale, ed è evidente che questi valori devono essere consolidati, rispettati innanzitutto al proprio interno, per essere poi credibili sul piano internazionale.
  C'è qualche Paese all'interno dell'Unione europea che si sta un po’ allontanando da questi princìpi e valori dello stato di diritto, e questo è un processo da monitorare molto attentamente.
  Ho delineato alcune delle azioni prioritarie dell'Unione europea nei prossimi mesi. Sarà un anno complesso, è infatti un anno elettorale, quindi è inutile farsi illusioni su scatti in avanti molto rapidi; è però un anno importante, in cui, attraverso la svolta che vorremmo dare in occasione del sessantesimo anniversario, potremmo mettere le basi per un'azione più concreta e ambiziosa dell'Unione europea nei mesi successivi, una volta passato il ciclo elettorale nelle principali capitali europee.
  Naturalmente sono pronto a rispondere alle vostre domande. Grazie molte.

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  PRESIDENTE. Ringrazio l'ambasciatore. Lascio la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROBERTO COCIANCICH. Grazie, presidente. Grazie davvero della bellissima e ampia relazione, che ha toccato molti punti, sui quali avrei voluto sentire dei commenti e quindi sono molto soddisfatto.
  Oggi la nostra posizione all'interno dell'Unione europea è particolarmente delicata, anche alla luce delle ultime dichiarazioni di Trump, che ha affermato che la Brexit è una bellissima cosa e che è importante che altri Paesi seguano l'esempio del Regno Unito. Mi sembra che, se non è una dichiarazione estemporanea, si ponga uno scenario che richiede una riflessione più ampia, perché si va verso un modello competitivo, accentrato su una forza di attrazione da parte degli Stati Uniti nei confronti di alcuni Paesi chiave dell'Unione europea mentre il modello che noi abbiamo lungamente cercato di costruire si pone come un polo autonomo rispetto al bipolarismo Stati Uniti/Russia.
  In realtà bisognerebbe tener conto anche di altri Paesi, perché in un'epoca di globalizzazione non c'è più solo questo bipolarismo, però è un compito importante e credo che le istituzioni europee dovrebbero avere l'ambizione di dare una risposta politica all'altezza della complessità della sfida. Il ruolo dell'Italia in questo contesto deve essere capace di elaborare un pensiero alto sul futuro dell'Unione europea, altrimenti rimaniamo prigionieri di una logica mercantilistica che non ci porta da nessuna parte, non viene neanche apprezzata dagli stessi concittadini e ci troviamo in qualche modo ultimi.
  Credo che anche queste iniziative che sono in corso per i sessant'anni dei Trattati dovrebbero essere un momento di rilancio forte, e su questo è davvero importante un impegno particolare della Rappresentanza a Bruxelles, di stimolo nei due sensi. Noi possiamo infatti dare degli stimoli al Governo, ma è chiaro che la vostra conoscenza delle questioni nel merito del dibattito può aiutare anche noi a meglio orientarci.
  Non vorrei dissentire sulla questione della presenza italiana nelle istituzioni, perché lei la conosce bene, però credo che sia una sensazione diffusa che, al di là del dato numerico della presenza di rappresentanti nelle istituzioni della Commissione, ci sia una tendenza di alcuni nostri funzionari ad avere una mentalità estremamente europeista e quindi a non tenere conto degli interessi nazionali, cosa in linea di massima giusta, a fronte però di un atteggiamento più legato alla difesa dei territori, in primis la Germania, oppure ci sia da parte di alcuni nostri funzionari la possibilità di un avanzamento di carriera legato, più che alla forza del nostro Paese, a quella di altri Paesi e che di fatto ci sia un accodamento in questo senso.
  Entrambe le posizioni, la prima più nobile e la seconda forse meno, si risolvono comunque nel fatto di non avere una forte rappresentanza degli interessi italiani, e questo crea un forte senso di disappunto, di disaffezione, di contestazione da parte dei nostri cittadini, che vedono l'Unione europea come matrigna e non come una famiglia.
  Bisognerebbe quindi dare seguito a quello che lei ha detto sul tema della qualità della presenza. Ricordo la polemica che ci fu quando un nostro rappresentante nel Gabinetto Junker dovette abbandonare per un contrasto con Martin Selmayr e mi sembra che adesso quella posizione sia stata coperta; il punto è che se un semplice capo di gabinetto di Juncker può mettere alla porta un rappresentante italiano, qualcosa non funziona. Su questo bisognerebbe vigilare.
  Ricordo infine che un paio d'anni fa c'era stata molta enfasi sul tema della difesa comune europea, un progetto che aveva raccolto molte riflessioni da parte delle nostre Commissioni e delle Commissioni difesa del Senato e della Camera, poi tutto si era un po’ arenato. Visto che il Regno Unito era stato tra i meno entusiasti della prospettiva della difesa comune, mi domando se la Brexit possa essere da questo punto di vista eccezionalmente un fattore positivo.
  Io vedo negativamente l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, ma da questa Pag. 10 prospettiva potrebbe forse essere un momento di svolta, per accelerare un processo che mi pare sia auspicabile nella misura in cui Trump ha già annunciato che prevede un disimpegno degli Stati Uniti dalla NATO e quindi sarà necessario che i Paesi dell'Unione europea facciano maggiormente fronte con le proprie risorse alle esigenze di sicurezza e di difesa.
  Se lei potesse eventualmente darci un commento su questo punto, gliene sarei veramente grato. Grazie.

  GEA SCHIRÒ. Grazie, presidente. Grazie, ambasciatore, per la sua esposizione sulla Brexit; ricordo che però la Premier inglese, anche perché sollecitata (non dimentichiamolo), ha parlato di «hard Brexit» e ha sottolineato il point by point, cioè che tratterà punto per punto.
  Man mano che procederà la trattativa, quindi si svuoterà attraverso l'articolo 50 il rapporto con la Commissione, e aumenterà la valenza strategica del suo ruolo, perché il point by point diventerà ogni Ambasciata, il contrappasso dei rapporti con gli Stati.
  Questo è molto interessante, perché lo stesso lavoro che viene fatto di controllo diplomatico delle note che lei ci ha illustrato si dovrà rifare al contrario nel nuovo rapporto con il Regno Unito. Dall'altra parte, sono rimasta sorpresa (questa è una riflessione che riguarda non solo questo Parlamento, ma tutta l'Europa), anche perché forse sono troppo ipocritamente italiana, dalle parole di una premier che vuole fare del suo Paese da un lato un paradiso fiscale, dall'altro un hub commerciale, riprendendo tutto quello dei Trattati su cui abbiamo chiuso e facendosi quindi mediatore con tutta una parte di Europa continentale.
  Questo è un punto molto interessante non solo da denigrare o per il quale scandalizzarci, perché rifarebbe dell'Inghilterra un po’ la Compagnia delle Indie del 1600, cioè un Governo commerciale del mondo e un hub di scambio tra due porte dell'occidente. In ogni caso sono dei metodi, d'altronde il danaro e le merci non sono ricchezza, sono veicoli per scambiare ricchezze, altrimenti sono vuoti di significato, e questo è un punto di filosofia politica interessante.
  Credo che sia un sovraccarico di lavoro di interpretazione del suo ruolo, però dovremmo anche avere questi punti di vista per capire cosa abbiamo di fronte e cosa ci aspetta.
  Dall'altra parte, invece, abbiamo la Global Strategy della commissaria Mogherini. Mi permetto di aggiungere non un quarto pilastro definito, però la parola che governa tutta la Global Strategy, che è la resilienza, ed è stata una scelta interessante da parte della commissaria e dei suoi collaboratori, perché governa il senso e il significato.
  La Global Strategy viene fuori infatti all'indomani della pubblicazione del Libro Bianco della difesa tedesca, in quanto la Germania per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale investirà 90 miliardi di euro in difesa, un punto straordinario. Abbiamo perso l'Inghilterra, ma abbiamo acquisito il Montenegro nella NATO.
  Lei ha accennato a questa maggiore collaborazione, il collega Cociancich citava la posizione di Trump, sicuramente si dovrà sovrapporre la posizione della UE a quella della NATO in un momento in cui le truppe NATO sono arrivate in Ucraina, Norvegia, Lettonia e Estonia (per non dire cosa fanno i russi che sforano continuamente nei cieli del Baltico), quindi non è nelle mie prerogative criticare un Presidente americano, però sicuramente indebolire l'Europa nel momento in cui c'è questo dispiegamento di forze è abbastanza rischioso per tutti.
  Detto questo, probabilmente condividere una riflessione e cercare di chiudere il più rapidamente possibile con un'analisi sulla Global Strategy, uno sforzo comune ognuno con il proprio ruolo, noi come Parlamenti nazionali e voi diplomaticamente, è il migliore auspicio che possiamo esprimere. Grazie.

  GIOVANNI MAURO. Grazie, presidente. Debbo dire che su questi aspetti di politica estera potremmo parlare per giorni interi. Io ritengo che ognuno faccia il suo mestiere, Trump sta facendo il suo, immagina magari un percorso in relazione con un'altra Pag. 11 superpotenza e magari il ruolo dell'Europa può essere considerato marginale.
  Sta a noi saper dimostrare che marginali non siamo, ma i nostri precedenti non giocano a nostro vantaggio, perché sinora non abbiamo visto un'Europa che faccia politica estera e di alleanza, ma ci auguriamo che ci sia sempre tempo per farla.
  Vorrei sollecitare un ulteriore approfondimento al nostro ambasciatore, che ho avuto modo di apprezzare anche nell'ambito dell'indagine conoscitiva svolta in Senato sull'area del Mediterraneo, quindi nella sua precedente veste di Ambasciatore d'Italia in Egitto, su questo aspetto che considero fondamentale.
  Lei ha accennato all'iniziativa dell'Unione europea nei confronti dei Paesi africani, che per noi assume un'importantissima valenza anche dal punto di vista sociale in seguito agli importanti flussi migratori. In questo senso le posso assicurare una sostanziale convergenza tra le posizioni del Parlamento e del Governo che finora hanno affrontato questo tema, laddove sicurezza e sviluppo nell'area africana sono un patto strategico per il nostro Paese.
  Nello stesso tempo è strategico riuscire a fondare nell'area mediterranea una coesione non basata sulla linea che finora ha caratterizzato la cooperazione, portare il nostro modello di sviluppo in un territorio altro rispetto a quello italiano, ma su quella di individuare una forma vera di crescita comune dell'area, non colonizzando economicamente un'altra parte di territorio.
  Per far questo ci siamo imbattuti insieme a lei in un problema assolutamente concreto, che diventa fondamentale. In Egitto quasi 1 miliardo di euro di fondi non viene speso perché non vi è una burocrazia in grado di capire i percorsi per attivare i progetti che noi lanciamo. Se portiamo direttamente i progetti in quel territorio, daremo sempre l'impressione di voler insegnare qualcosa a qualcuno, e dobbiamo tener conto che quando ci relazioniamo con altri popoli dobbiamo sempre dimostrare rispetto e capacità di suscitare sviluppo attraverso il co-protagonismo, ad esempio porre il tema della formazione delle classi dirigenti, perché fino a quando non ci sarà sviluppo non ci sarà sicurezza, quindi non ci sarà pace in questa parte del mondo.
  Io sono un parlamentare di opposizione rispetto al presidente e all'attuale Governo, quindi potrei anche assumere un atteggiamento diverso, ma qui è in ballo l'Italia. La Commissione europea manda una lettera in cui chiede che lo 0,2 per cento del PIL venga recuperato e l'Italia è l'unico Stato a cui viene mandata la lettera, ma non stiamo parlando di grandi numeri e un'azione di recupero si può fare in tanti modi: tutto ciò mi ha dato l'impressione che esista una burocrazia rigida e scarso rispetto nell'affrontare le questioni nazionali. Mi auguro quindi che il suo ruolo, la sua presenza e il suo ufficio possano aiutare Governi anche più forti a penetrare la cortina della burocrazia europea.
  Se l'ottusità arriva al punto di non capire il percorso che un popolo, una nazione, un insieme di cittadini hanno intrapreso (e in questo momento l'Italia sta compiendo sforzi notevoli per garantire una ripresa dello sviluppo e dell'occupazione) e ci si ostina a dare segnali di assoluta rigidità, avvertiremo sempre l'Unione europea come un'entità nemica o quantomeno altra rispetto al nostro vivere quotidiano, alle nostre speranze, alle nostre aspettative.
  Nell'augurarle buon lavoro, nel dire che non potevamo fare scelta migliore perché lei ha conquistato il rispetto in tutte le sedi in cui ha rappresentato l'Italia e i suoi interessi, le rivolgo un auspicio di un buon lavoro e una forte sinergia con il nostro Parlamento. Grazie.

  PRESIDENTE. Abbiamo ancora due interventi degli onorevoli Scuvera e Berlinghieri. Se non ci sono altre richieste d'intervento, chiuderei le iscrizioni in modo tale da dare la parola all'ambasciatore per l'intervento conclusivo.

  CHIARA SCUVERA. Grazie, presidente, ringrazio l'ambasciatore per la relazione così incisiva e gli auguro buon lavoro. Io volevo fare una domanda riguardo alle Pag. 12agenzie europee, cioè qual è il movimento che si prefigura soprattutto dopo le ultime dichiarazioni della premier britannica sulla Brexit, e se, avendo l'Italia aderito al Brevetto unitario europeo sia nella parte sostanziale che finalmente anche sulla parte processuale, sia candidata per la sede centrale del Tribunale unico europeo, come abbiamo chiesto anche in un ordine del giorno in occasione della ratifica dell'accordo internazionale sul tribunale unico brevetti. Volevo sapere se stiamo lavorando per questi risultati, ivi compresa la sede all'Agenzia europea del farmaco.
  Il Gruppo del Partito Democratico ritiene che sarebbe una conquista molto importante per il nostro Paese in termini di distretto, vista la specializzazione, e anche per il sud Europa. Grazie.

  MARINA BERLINGHIERI. Volevo solo unirmi ai colleghi che mi hanno preceduto nel ringraziare l'ambasciatore per la relazione puntuale. Tante delle questioni sono già state poste dai colleghi, quindi non torno su quanto già detto. Vorrei riprendere solo un punto che è stato sollevato nell'apertura della sua relazione, ricordandoci vicendevolmente che oggi l'Italia nelle istituzioni europee ha un ruolo da protagonista.
  Mi riferisco al Parlamento europeo, alla BCE, all'Alto Rappresentante per la politica estera, e al numero di funzionari italiani presenti negli uffici: credo che abbiamo fatto tanto lavoro a partire dall'inizio della legislatura. È un lavoro di sinergia che forse prima era più faticoso.
  Credo però che valga la pena di ricordare che questo è il momento dell'Italia (bene ha detto il collega Cociancich) ed essere in tanti non ci deve far ritenere che questo sia sufficiente. Noi abbiamo bisogno di fare un lavoro di sistema, perché il momento che sta vivendo l'Europa (non penso tanto ai riflessi sul nostro Paese, ma in generale alla posizione dell'Europa e alla situazione geopolitica internazionale) è molto delicato.
  Il fatto che l'Italia abbia un ruolo in posti chiave chiama tutti noi a una responsabilità maggiore nella nostra capacità di lavorare insieme e di fare un lavoro che non ci faccia accontentare della politica dei piccoli passi, che pure è necessaria, ma ci faccia avere anche lo sguardo lungo che serve a tutelare, valorizzare, preservare l'Europa, così come noi l'abbiamo ricevuta dai padri fondatori, perché ogni giorno ci appare sempre più chiaro che questo non è un destino scontato.
  Colgo quindi l'appello e ringrazio lei e i colleghi che hanno ricordato l'importanza di lavorare insieme in questo momento e manifesto sia a lei che ai colleghi del Senato, anche se è un lavoro quotidiano che già facciamo insieme, la nostra disponibilità a continuare a lavorare in questa direzione e a rafforzare il lavoro di pianificazione strategica sui valori importanti che riteniamo inderogabili e che quindi ci spendiamo grandemente a tutelare e a difendere. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Se non ci sono altri interventi, darei la parola all'ambasciatore Massari per la replica.

  MAURIZIO MASSARI, Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea. Io partirei un po’ da quest'ultimo intervento e anche da altre cose che sono state dette. Sono assolutamente d'accordo: ancor più dopo Brexit, l'Unione europea ha bisogno dell'Italia e del forte ruolo dell'Italia.
  Noi non abbiamo sempre la giusta consapevolezza del nostro valore, del valore della nostra visione e delle nostre idee. Noi abbiamo una visione di coesione europea e di benessere comune europeo che oggi soffre per questa crescita degli egoismi, dei nazionalismi, dei sovranismi esasperati, quindi una visione di più ampio respiro, più solidaristica, come quella che propone l'Italia (i grandi Paesi ormai sono Germania, Francia e Italia) è assolutamente fondamentale.
  Noi dobbiamo utilizzare l'appuntamento di Roma per rilanciare il progetto europeo e porre le basi per il rilancio. Nel 2017 non accadrà tantissimo, però noi dobbiamo iniziare a mettere sul tavolo dei successivi Consigli un processo di Roma, che deve essere l'Europa del futuro. Pag. 13
  Mi riallaccio alla domanda su Brexit. Sia Brexit, sia Trump sono un'occasione, un'opportunità importantissima per l'Europa per rilanciare la propria dimensione internazionale di potenza globale di sicurezza e difesa, ma dipende da noi. Qui dobbiamo intenderci sul significato del termine Europa.
  Ripeto sempre la distinzione: c'è l'Europa full time e poi l'Europa delle capitali e dei Governi dei 27 Paesi membri nel dopo Brexit. Lì occorrerà senso di responsabilità e di consapevolezza dei nostri partner europei.
  È infatti evidente che, se ci atteniamo alle parole del nuovo Presidente degli Stati Uniti, l'Europa sarà chiamata a maggiori responsabilità internazionali. O ce le assumiamo oppure altre potenze, che hanno meno problemi interni, divisioni, veti, riempiranno gli spazi che l'Europa dovrebbe riempire. Mi riferisco soprattutto all'area del Mediterraneo e del Medio Oriente. La risposta quindi è sì, è un'opportunità, ma dipende da noi coglierla, e qui rivolgo un appello al senso di responsabilità dei nostri partner europei.
  Ripeto: il problema non è la Commissione, non è il Segretariato del Consiglio (tornerò sulla Commissione, punto sollevato dal senatore Mauro), non è il SEAE, il Servizio relazioni esterne, il problema sono i Governi dei 27 Paesi che per calcoli elettoralistici o per altri motivi si arroccano su posizioni che non fanno andare avanti l'Europa, cosa che sarebbe invece nel loro interesse perché siamo tutti dei pigmei nell'attuale mondo globale e, se vogliamo influire sulle regole del nuovo ordine globale ed evitare che ce le impongano gli altri, dobbiamo assolutamente coalizzarci. È quindi questo il momento dell'Europa e il momento dell'Italia per rilanciare il progetto europeo.
  Sulla questione dei funzionari condivido le considerazioni del senatore Cociancich, ho affermato che a livello quantitativo siamo messi bene, ma sono stato il primo ad ammettere che qualitativamente dobbiamo e possiamo fare di più, però ritengo anche che sia importante il raccordo costante con i funzionari che abbiamo nelle istituzioni. Sfruttiamoli, questi funzionari; come Rappresentanza è il mio mestiere, sono lì, faccio incontri che chiamiamo cabina di regia con tutti i funzionari apicali e altri tipi di incontri.
  Considero importante però che il sistema Italia nel suo complesso, non soltanto le istituzioni pubbliche, ma anche istituzioni private, mondo dell'industria e del business, società civile, coinvolga i funzionari nazionali negli eventi e nelle iniziative. Non dobbiamo dimenticare che in queste istituzioni abbiamo un patrimonio di conoscenze e un capitale umano di persone bravissime, che ci possono essere molto utili, a cui non va fatto dimenticare che, oltre ad essere funzionari, sono italiani. Questa è la missione che mi sono dato a Bruxelles, ma è importante che tutto il sistema Italia svolga questa azione di raccordo.
  Non dimentichiamo che possiamo fornire elenchi e database di tutti i funzionari, contattiamoli, coinvolgiamoli. Avevamo anche intenzione di fare a Bruxelles una sorta di Stati generali dei funzionari italiani presso le istituzioni europee, che prima o poi si farà. Questo sarebbe un momento importante.
  Sulla questione della rigidità della Commissione europea la posizione del nostro Governo è molto chiara: stabilità e crescita devono andare insieme, quindi gli aggiustamenti sì, se sono però misure che non deprimono la crescita, perché il discorso è veramente molto semplice: senza la crescita il debito e la stabilità non si risolvono.
  Premetto che ci sono delle procedure fisse che non si possono eludere, per cui quando c'è uno scostamento significativo dal piano di rientro nel bilancio strutturale la Commissione deve attivare, ai sensi dell'articolo 126.3 del Trattato, la cosiddetta «procedura del debito», quindi manda la lettera; eppure i nostri media esasperano, parlano di ultimatum, quando si tratta solo di procedure.
  Condivido però l'osservazione che la burocrazia di Bruxelles e la Commissione hanno veramente molto da imparare su come affrontare le questioni molto sensibili per ciascuno Stato membro dell'Unione europea. Pag. 14 Questo non riguarda soltanto l'Italia, ma riguarda anche altre questioni delicate come le migrazioni. C'è un dialogo che va fatto dietro le quinte, passo dopo passo, sui temi più delicati, che deve essere realizzato con molto tatto e molta discrezione. Abbiamo molto da imparare noi italiani, ma hanno molto da imparare anche loro.
  Vorrei aggiungere una considerazione sulle agenzie. Sicuramente entriamo in una fase molto calda. Noi abbiamo già manifestato interesse per il trasferimento di EMA (European Medicines Agency) e anche del Tribunale unificato per i brevetti. Se i criteri sono quelli dei Paesi che producono più brevetti, il terzo Paese siamo noi e quindi ci spetterebbe di diritto.
  Credo che per determinare la nuova sede del Tribunale unificato dei brevetti (TUB) occorrerà modificare l'accordo, perché oggi indica espressamente tre sedi tra cui Londra; il Governo si sta raccordando attraverso una task force per presentare queste candidature in maniera tempestiva, perché dopo l'attivazione dell'articolo 50 da parte del Regno Unito partiranno le diverse candidature. Naturalmente c'è moltissima concorrenza sull'EMA in particolare, ma mi risulta che anche il Tribunale dei brevetti sia fra le nostre priorità per le ragioni evidenziate.
  Preciso meglio quello che intendevo dire sulla resilienza. Quando ho parlato dei tre pilastri mi riferivo ai tre pilastri all'interno della Global Strategy della difesa e sicurezza, però la Global Strategy ha cinque pilastri, di cui uno è la difesa e sicurezza e la resilienza è un altro molto importante, soprattutto per noi, per la zona del Mediterraneo e del Nordafrica.
  Ritorno alla questione dell'Africa. Ho parlato dei piccoli passi che grazie all'Italia sono stati fatti. Se non ci fosse stato il Migration Compact presentato dal mio predecessore, l'illustre Ministro Calenda nelle vesti di Rappresentante permanente, credo che questa attenzione dell'Unione europea sull'Africa e le migrazioni sarebbe arrivata molto più tardi.
  Riepilogo brevemente il processo: l'Italia ha prodotto il Migration Compact, presentato ad aprile 2016; il 7 giugno, neanche un mese e mezzo dopo, la Commissione ha presentato la Comunicazione sulla dimensione esterna delle migrazioni, che inglobava gran parte delle idee del Migration Compact, e poi i vari Consigli hanno approvato queste decisioni. Noi però non siamo soddisfatti delle risorse messe a disposizione dall'Unione Europea per l'Africa, perché chiedevamo un Piano Africa più ambizioso.
  La sfida demografica nei Paesi africani è una sfida che durerà decenni. Pensate soltanto che l'Egitto, Paese che conosco bene, oggi ha quasi 100 milioni di abitanti, ma arriverà nel giro di qualche decennio a 150 milioni, perché ha un tasso di incremento demografico altissimo. L'intero continente africano passerà a 2 miliardi di persone, quindi è chiaro che, se non c'è un Piano Africa con risorse sostanziali, che sono molte più di quelle messe finora a disposizione dall'Unione europea, difficilmente riusciremo a risolvere il problema. Condivido assolutamente che questa azione europea debba essere realizzata non in senso paternalistico. Noi non esportiamo alcun modello, né andiamo a dare l'elemosina come semplici donatori.
  L'Africa è anche un'opportunità e noi dobbiamo puntare sullo sviluppo del settore privato negli investimenti, coinvolgere in partnership autentiche questi Paesi africani, affinché si generi uno sviluppo auto-sostenibile che può servire nel medio-lungo periodo a fermare i flussi migratori.
  Questo è importante, perché noi abbiamo sempre rivendicato un approccio strutturato di medio-lungo periodo, perché il problema è di tali dimensioni che non possiamo risolverlo con delle toppe o con misure di formazione della Guardia costiera libica, che va benissimo e noi siamo in prima linea, però non sono sufficienti a fermare i flussi.
  Mi fermerei qui, a meno che non ci siano altre domande a cui non ho risposto. Lasciatemi però concludere con un pensiero: credo che l'Italia, ancor più in questa fase di crisi dell'Europa e dopo Brexit, abbia un ruolo e una responsabilità importantissimi per salvare il progetto Pag. 15europeo. Noi dobbiamo avere come italiani (non soltanto come funzionari, come parlamentari e come politici) una maggiore consapevolezza di noi stessi, di quello che l'Italia è.
  Se anche nella comunicazione, nella stampa, riusciremo ad agire in maniera più raccordata, sistemica, potremo veramente rafforzare ulteriormente il nostro ruolo. Naturalmente è una battaglia infinita, cui non si mette mai il punto finale, però credo che l'enorme potenziale del nostro Paese non sia stato ancora espresso completamente, ma con consapevolezza e volontà potremmo essere in grado di esprimerlo. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie all'Ambasciatore Massari e ai colleghi che hanno partecipato ai lavori delle nostre Commissioni. Nel ringraziare il nostro ospite, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.25.