XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Martedì 17 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Coppola Paolo , Presidente ... 3 

Audizione dell'ex Presidente dell'AIPA Carlo Batini:
Coppola Paolo , Presidente ... 3 ,
Batini Carlo , ex presidente dell'AIPA ... 3 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 9 ,
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 9 ,
Batini Carlo , ex presidente dell'AIPA ... 10 ,
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 10 ,
Batini Carlo , ex presidente dell'AIPA ... 10 ,
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 10 ,
Batini Carlo , ex presidente dell'AIPA ... 10 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 11 ,
Batini Carlo , ex presidente dell'AIPA ... 11 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 11 ,
Batini Carlo , ex presidente dell'AIPA ... 11 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 11 ,
Batini Carlo , ex presidente dell'AIPA ... 11 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 12 ,
Batini Carlo , ex presidente dell'AIPA ... 12 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 12 ,
De Lorenzis Diego (M5S)  ... 12 ,
Batini Carlo , ex presidente dell'AIPA ... 12 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 12 ,
Batini Carlo , ex presidente dell'AIPA ... 13 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 14 

(La seduta, sospesa alle 12.35, è ripresa alle 12.40) ... 14 

Audizione dell'ex Presidente del CNIPA Livio Zoffoli:
Coppola Paolo , Presidente ... 14 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 15 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 15 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 15 ,
De Lorenzis Diego (M5S)  ... 15 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 16 ,
De Lorenzis Diego (M5S)  ... 18 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 18 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 19 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 19 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 19 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 19 ,
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 19 ,
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 19 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 19 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 19 ,
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 19 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 20 ,
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 20 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 20 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 21 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 21 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 21 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 21 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 21 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 21 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 21 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 21 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 21 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 21 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 21 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 21 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 21 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 21 ,
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 21 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 22 ,
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 23 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 23 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 23 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 23 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 23 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 23 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 23 ,
De Lorenzis Diego (M5S)  ... 23 ,
Zoffoli Livio , ex presidente del CNIPA ... 23 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 24 

(La seduta, sospesa alle 13.30, è ripresa alle 13.35) ... 24 

Audizione dell'ex Presidente del CNIPA Fabio Pistella:
Coppola Paolo , Presidente ... 24 ,
Pistella Fabio , ex presidente del CNIPA ... 24 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 24 ,
Pistella Fabio , ex presidente del CNIPA ... 24 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 26 ,
Pistella Fabio , ex presidente del CNIPA ... 26 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 26 ,
Pistella Fabio , ex presidente del CNIPA ... 26 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 28 ,
Pistella Fabio , ex presidente del CNIPA ... 28 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 32 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 32 ,
Pistella Fabio , ex presidente del CNIPA ... 32 ,
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 32 ,
Pistella Fabio , ex presidente del CNIPA ... 32 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 32 ,
Pistella Fabio , ex presidente del CNIPA ... 32 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 32 ,
Pistella Fabio , ex presidente del CNIPA ... 33 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 33 ,
Pistella Fabio , ex presidente del CNIPA ... 34 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 35 

Comunicazioni del Presidente:
Coppola Paolo , Presidente ... 35

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO COPPOLA

  La seduta comincia alle 11.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione dell'ex Presidente
dell'AIPA Carlo Batini.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'ex presidente dell'AIPA, il professor Carlo Batini, che ringrazio per la presenza.
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso di indagine tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Si tratta di un'audizione di natura prettamente conoscitiva, per la quale chiedo di fornire un quadro esplicativo quanto più ampio possibile dei compiti e della struttura dell'AIPA durante la sua presidenza.
  Ricordo ai commissari che il professor Batini è stato nominato membro dell'AIPA nel 1995 e confermato nel 1999, è stato presidente facente funzioni dalle dimissioni del professor Zuliani, nel febbraio 2002 fino al 5 agosto 2003, quando ha rassegnato a sua volta le dimissioni da membro dell'AIPA in concomitanza con la sostituzione dell'AIPA con il CNIPA.
  Ricordo che la norma istitutiva dell'AIPA recitava: «È istituita l'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione, denominata ai fini del presente decreto Autorità, la quale opera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con autonomia tecnica e funzionale e con indipendenza di giudizio. L'autorità è organo collegiale costituito dal presidente e da quattro membri, scelti tra persone dotate di alta e riconosciuta competenza e professionalità e di indiscussa moralità e indipendenza. Il presidente è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Entro quindici giorni dalla nomina del presidente, su proposta di quest'ultimo, il Presidente del Consiglio dei Ministri nomina con proprio decreto, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, gli altri quattro membri».
  Cedo, dunque, la parola al professor Batini per lo svolgimento della relazione introduttiva, al termine della quale seguiranno eventuali domande o richieste di chiarimento da parte dei commissari.

  CARLO BATINI, ex presidente dell'AIPA. Io ho avuto la fortuna, ma anche l'onere di lavorare all'Autorità per l'informatica praticamente dalla sua costituzione, fino all'ultimo giorno in cui fu trasformata in centro tecnico.
  Nei primi due anni, ho soprattutto svolto il ruolo di responsabile dell'area pareri di congruità tecnico-economica e poi, come Lei ha già ricordato, sono stato componente dell'organo collegiale. Nell'ultimo anno, sono stato presidente facente funzioni, Pag. 4 quindi non avevo le funzioni del presidente, ma ero sostanzialmente il membro che sostituiva il presidente, che poi non fu mai nuovamente rieletto dal Ministro Stanca, perché l'Autorità fu trasformata in centro tecnico.
  Ho, quindi, vissuto sia la fase pionieristica iniziale dell'attività dell'Autorità per l'informatica, sia, poi, tutti i lavori a regime.
  Come Lei ha ricordato, i compiti dell'Autorità erano di indirizzo strategico, di coordinamento dei progetti di sviluppo e gestione dei sistemi informativi, di regolamentazione tecnica e di promozione dei progetti intersettoriali. Infine, aveva un compito di controllo, formazione del personale e consulenza della Presidenza del Consiglio per progetti di legge sui sistemi informativi.
  Il nostro compito si è rivelato immediatamente molto complesso. Fino ad allora, la strategia dell'informatica nella pubblica amministrazione centrale veniva fatta dal Provveditorato generale dello Stato e dal Dipartimento della funzione pubblica attraverso due commissioni, di una delle quali ho anche fatto parte, che però non avevano, in realtà, nessun reale potere di incidere sulla evoluzione dell'informatica nelle pubbliche amministrazioni centrali.
  Adesso tenterò, in sintesi, di fornire una serie di contributi che riguardano un po’ tutti i compiti che ho precedentemente ricordato.
  Per quanto riguarda l'indirizzo strategico, i nostri strumenti fondamentali erano il piano triennale della pubblica amministrazione e il documento di consuntivo sullo stato dell'informatizzazione. Abbiamo immediatamente compreso che, quando si interviene sui sistemi informativi, in realtà si interviene anche sui processi amministrativi delle pubbliche amministrazioni e sulla loro organizzazione, e quindi abbiamo inteso organizzare il piano triennale attraverso una forma mista di piano, che potremmo definire top down, cioè un piano deciso da una struttura centrale, e un piano bottom up, quindi che nasce dalla giustapposizione dei piani delle singole amministrazioni.
  Noi emanavano delle linee strategiche e le pubbliche amministrazioni, nell'organizzare il loro piano – della singola amministrazione – dovevano rispettare queste linee strategiche. Proprio questa sequenza di passi nell'organizzazione del piano ha permesso, nel corso degli anni, di vedere il piano complessivo di informatizzazione come costituito da una serie di investimenti che riguardavano tutte le amministrazioni, investimenti orizzontali, e poi naturalmente da investimenti che riguardavano gli specifici domini applicativi costituiti dalle singole amministrazioni.
  Questo carattere misto, che ho definito in parte top down e in parte bottom up, ha dato luogo abbastanza rapidamente all'individuazione del progetto della Rete Unitaria della pubblica Amministrazione come progetto di partenza, che doveva essere lanciato, in modo da costituire una prima pietra miliare di innovazione nell'informatizzazione della pubblica amministrazione.
  Quando parliamo di progetto di rete unitaria, intendiamo almeno tre strati diversi del sistema informativo unitario della pubblica amministrazione centrale: lo strato del trasporto, lo strato cosiddetto dell'interoperabilità, in cui quello fondamentale è il servizio di posta elettronica, più altri, e lo strato della cooperazione applicativa. Per una serie di ragioni, che eventualmente potremmo approfondire, in realtà, il nostro intervento ha avuto successo soprattutto per quanto riguarda i primi due strati, quello del trasporto e quello dell'interoperabilità.
  Per quanto riguarda il trasporto, abbiamo cominciato a operare in una situazione in cui c'era un monopolista, il quale stipulava contratti distinti con le diverse pubbliche amministrazioni. Attraverso lo strumento della rete unitaria, si è arrivati all'individuazione non più di un monopolista, ma di un soggetto che scaturiva dall'esito di una gara. Per dare soltanto un parametro, tra i tanti che potrebbero essere dati, sostanzialmente abbiamo aumentato di 400 volte la banda di trasporto a disposizione della pubblica amministrazione, con un costo, con una spesa unitaria, Pag. 5cioè costo per banda, che è diminuita di sette volte.
  Naturalmente, siamo sempre stati consapevoli che l'efficienza, pur essendo un obiettivo importante, non poteva essere considerata l'unico obiettivo che faceva parte del nostro mandato, che prevedeva che dovevamo promuovere il coordinamento, la pianificazione, il controllo e lo sviluppo dei sistemi informativi per il miglioramento dei servizi che la pubblica amministrazione eroga a cittadini e a imprese. Dovevamo intervenire, quindi, non soltanto sul lato dell'efficienza, ma anche sul lato dell'efficacia.
  In questo senso, possiamo prendere in considerazione adesso il secondo punto nell'ambito dei compiti che ho richiamato, cioè il coordinamento dei progetti di sviluppo e gestione dei sistemi informativi.
  Su questo c'è stata, a mio parere, una grande attività di ideazione – anticipo una delle conclusioni cui vorrei arrivare alla fine di questo mio intervento introduttivo – possibile, secondo me, che ho vissuto tutte le interazioni con le pubbliche amministrazioni, proprio in virtù del carattere terzo che l'Autorità rivestiva nei confronti sia delle pubbliche amministrazioni sia, naturalmente, dei soggetti politici. Questo carattere terzo, supportato anche dalla partecipazione ai progetti tecnici di elevato valore, ha sostanzialmente fatto in modo che le amministrazioni, nel tempo, sia pure nell'ambito di resistenze molto significative, «si fidassero» dell'Autorità per l'informatica, e quindi aderissero ai progetti che a mano a mano proponevamo.
  Comincio, per esempio, col ricordare un progetto di cui sono stato referente, e cioè il progetto del Sistema Informativo Unitario delle Imprese. Fino ad allora, quando dovevano interagire con la pubblica amministrazione, le imprese dovevano farlo distintamente, secondo il classico meccanismo del cittadino o impresa pony express, interagendo distintamente con le diverse amministrazioni. Se volete, possiamo entrare nel dettaglio, ma sostanzialmente questo è un approccio che, come è noto, comportava grandi inefficienze. Soprattutto, portava a una visione della pubblica amministrazione verso i suoi utenti, nel caso specifico l'impresa, estremamente frammentata. Noi siamo intervenuti, sempre nell'ambito dei tre strati del progetto della rete unitaria, facendo riferimento, in questo caso specifico, allo strato della cooperazione applicativa, quindi della cooperazione tra le applicazioni e i servizi delle diverse pubbliche amministrazioni, sostanzialmente definendo uno strato di back office, che permetteva l'interazione tra le diverse pubbliche amministrazioni, quindi unificando il back office, e permettendo, per quanto riguarda il front office, di unificare l'interazione tra le imprese e la pubblica amministrazione, non dovendo più in linea di principio, conoscere la specifica pubblica amministrazione a cui rivolgersi. Faccio un esempio molto semplice. Nel passato, quando un'impresa cambiava composizione sociale o indirizzo societario, doveva comunicare questa variazione di indirizzo a tante amministrazioni, sia nella centrale sia nelle locali. Attraverso questo progetto, invece, l'impresa doveva comunicare sostanzialmente alla pubblica amministrazione nella sua unitarietà e una sola volta il cambio d'indirizzo; poi, attraverso uno strato, che con termine tecnico viene chiamato di publish-subscribe, quest'informazione veniva comunicata e distribuita per tutte le pubbliche amministrazioni.
  Vorrei accennare anche ad altri progetti che si sono sempre ispirati a questa visione cooperativa nelle attività delle pubbliche amministrazioni, in particolare a un progetto che anch'esso mi ha visto referente, il cosiddetto «Norme in rete».
  Come è noto, le pubbliche amministrazioni e le istituzioni dello Stato detengono diversi sistemi informativi che raccolgono la legislazione di tipo sia primario sia secondario, oltre alla legislazione europea. Iterando il discorso che ho esemplificato prima per quanto riguarda l'interazione tra le imprese e le pubbliche amministrazioni, in questo caso un cittadino che voglia conoscere una certa norma o quale norma si applichi nell'ambito di una particolare procedura o interazione con la pubblica amministrazione, si trova di fronte un quadro estremamente frammentato. Inoltre, come Pag. 6noto, nella ricostruzione dei cosiddetti testi unici è molto difficile effettuare la ricostruzione del testo unico, delle norme che afferiscono a una particolare competenza, problematica, perché le leggi rimandano, attraverso dei riferimenti, ad esempio: «visto l'articolo 37, modificato l'articolo 48...». Per arrivare rapidamente al punto, noi organizzammo l'insieme delle norme detenute dai sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni attraverso uno strato unitario di interazione, che permetteva al cittadino, o anche all'operatore del diritto, di chiedere accesso a un particolare articolo di una particolare legge. A questo punto, venivano individuate, attraverso uno strato simile a quello che ho descritto, tutte le norme che contenevano quest'articolo, e non solo.
  Ai fini della ricostruzione del testo unico, era anche possibile utilizzare un servizio che sostanzialmente traduceva l'espressione in linguaggio naturale «visto l'articolo 37 della legge tal dei tali»... in termini dell'indirizzo IP o dell'indirizzo web dove quest'articolo veniva citato. Creavamo, quindi, il presupposto per la ricostruzione del testo unico, cioè il fatto che il cittadino debba sapere quale legge si applichi in una particolare circostanza, che è un diritto potrei dire costituzionale.
  Non entrerò nel merito di tutti gli altri progetti, fino ad arrivare a questo livello di dettaglio, perché so che il vostro tempo è limitato, e naturalmente dovrò dare spazio alle domande, ma questi non sono stati gli unici due progetti che abbiamo portato avanti.
  Abbiamo scritto, per esempio, un documento per quelli che allora venivano chiamati i dati pubblici e che adesso vengono chiamati open data. Da questo punto di vista, sento di poter dire che siamo stati anticipatori della problematica degli open data. Anzitutto, abbiamo recepito nell'ambito di questo documento, sottoposto alla Presidenza del Consiglio, il tema dei dati pubblici essenziali, cioè del diritto del cittadino e dell'impresa a poter conoscere senza costo aggiuntivo particolari tipologie di dati, che adesso vengono chiamati open data. Secondariamente, fornivamo alla Presidenza del Consiglio una serie di indicazioni, appunto, sulle modalità con cui dovevano essere resi accessibili quelli che venivano chiamati i dati pubblici. Noi non avevamo potestà normativa, ma naturalmente abbiamo suggerito alla Presidenza del Consiglio di definire un corpus normativo che permetteva di abilitare tutta la tematica che adesso viene chiamata appunto degli open data.
  Un altro tema su cui abbiamo cercato di fornire un servizio alla pubblica amministrazione è quello delle regole tecniche.
  Abbiamo definito il progetto della rete unitaria in un momento in cui si stava cominciando a parlare del protocollo IP, che, come noto, è il protocollo adottato nel web. Ancora fiorivano protocolli proprietari, come quelli che venivano regolati dall'Unione europea. Da questo punto di vista, abbiamo introdotto delle regole tecniche per l'adozione del protocollo IP, su cui la rete unitaria era basata, a questo punto, di diffusione universale. Non solo, abbiamo anche introdotto regole tecniche per quanto riguarda gli scambi di informazioni tra le pubbliche amministrazioni. Qui posso accennare anche a un altro grande progetto che abbiamo lanciato, ossia il progetto del protocollo di flussi documentali e trasparenza, di cui pure sono stato referente. Il progetto non ambiva soltanto a informatizzare i protocolli delle pubbliche amministrazioni. Questa era la funzionalità, il nucleo di base, ma altri importanti servizi che dovevano essere erogati attraverso il sistema del protocollo dei flussi documentali erano la gestione del fascicolo, che, come è noto, nella pubblica amministrazione è sempre estremamente complessa; la trasparenza degli atti amministrativi. Protocollando, infatti, tutte le fasi in cui cittadino e impresa interagiscono con le diverse pubbliche amministrazioni, a fronte di procedure amministrative fortemente frammentate e molto difficilmente reingegnerizzabili – ogni amministrazione ha delle sue competenze, serve una legge per modificare questo sistema di competenze – nell'ambito delle attività amministrative così come organizzate attraverso le leggi, procedimenti e decreti attuativi, abbiamo inteso Pag. 7 tracciare l'insieme delle interazioni tra la pubblica amministrazione e cittadini e imprese in modo che fosse sempre possibile fornire trasparenza.
  Una domanda che immagino vi potete stare facendo in questo momento è: ma tutti questi progetti sono stati attuati o si sono fermati? Purtroppo, onestà intellettuale vuole che io dica che forse c'è stato effettivamente un eccesso di progetti. La pubblica amministrazione non era in grado di recepire, a mio parere, tutte queste innovazioni. Cito un esempio per tutti.
  Quando abbiamo realizzato, prima della Rete unitaria della pubblica amministrazione, la rete dei capi di gabinetto e l'abbiamo estesa ai dirigenti generali e ai dirigenti centrali, fornendo la posta elettronica certificata a tutto questo strato apicale importante della pubblica amministrazione, un importante dirigente di una delle più importanti pubbliche amministrazioni mi disse: «Guardi, professor Batini, a noi la posta elettronica non serve, perché noi tranquillamente comunichiamo attraverso la carta». Questa è un'esemplificazione delle fortissime resistenze che abbiamo avuto e una delle cause per cui molti di questi progetti, poi, hanno ricevuto soltanto parziale attuazione.
  Tornando al progetto «Norme in rete», che ho citato in precedenza, quello è stato attuato, e tutto quello che ho citato funzionava perfettamente, ma fu poi abbandonato, a mio parere in virtù di una tendenza da parte di chi subentra nella gestione, nella governance di questa problematica un po’ di rigettare tutto quello che è stato fatto nel passato, perché è sbagliato, perché... È mancata, sostanzialmente – lo vedo come un aspetto strategico importante – una continuità nel momento in cui l'AIPA ha terminato la sua azione.
  Tornando al discorso dell'efficienza e citando un'altra delle nostre iniziative che riguarda un po’ la problematica delle regole tecniche, più in generale delle metodologie di progettazione del software di sistemi informativi, abbiamo introdotto il tema dei punti funzione. Ricordo che, prima di lavorare all'Autorità per l'informatica, facevo parte della commissione del Provveditorato, e sostanzialmente nelle concessioni alla Italsiel, successivamente alla Finsiel e ad altri soggetti, il lavoro fatto dalla Finsiel e dai concessionari veniva misurato in termini di numero di linee di codice prodotte. Peccato che tra le linee di codice venivano considerati anche i commenti, e quindi c'era una spesa molto amplificata e le pubbliche amministrazioni, anche in questo caso, erano restie a modificare il punto di vista, il dettato contrattuale. C'era effettivamente una doppia resistenza. Attraverso lo strumento del monitoraggio, un altro degli strumenti che avevamo a disposizione, in effetti – cito soltanto questo caso – siamo riusciti a ridurre di due milioni di linee di codice i costi per quanto riguarda la concessione tra Finsiel e Ministero dell'agricoltura. Naturalmente, però, contando le linee di codice, si sa bene che non si individuano le effettive funzionalità, e quindi abbiamo modificato i nostri pareri di congruità tecnico-economica da linee di codice verso punti-funzione – adesso non entro nelle tecnicalità – che permettono di misurare in maniera più obiettiva l’effort effettivamente prodotto.
  Affronto anche un altro strumento che ho citato in precedenza, il parere di congruità tecnico-economica. Prima dell'istituzione dell'Autorità, se andiamo a vedere la composizione della spesa tra concessioni, trattative private e gare, la ripartizione era 33 per cento, 26 per cento, 41 per cento. Nel corso della nostra attività, alcune concessioni sono terminate, e quindi le abbiamo potute trasformare in gare.
  L'iniziativa, secondo me, più interessante fu quella con l'allora Ministro Ciampi, quando proponemmo di costituire la Consip come struttura di intelligenza all'interno del Ministero del tesoro, la quale doveva fare gli studi di fattibilità, i progetti, e poi, a quel punto, ci poteva essere outsourcing delle parti basse: attività di produzione del codice, attività di manutenzione dell’hardware e così via. In sintesi, nel momento in cui abbiamo trasformato la concessione in gara, la Finsiel, che era la concessionaria del Ministero del tesoro, nella sua offerta, poi risultata vincitrice, ha offerto gli stessi servizi che forniva in ruolo Pag. 8di concessione alla metà del prezzo. Attraverso gli esempi che ho citato e che non esauriscono l'insieme di tutte le attività che abbiamo svolto, mi sembra di poter dire che una certa incisività, sul versante sia dell'efficienza sia dell'efficacia, effettivamente può essere testimoniata.
  Tornando alla ripartizione tra 33 per cento, 26 per cento e 41 per cento, nell'arco di un certo numero di anni questa ripartizione si è modificata in 30 per cento, 22 e 48. Naturalmente, adesso possiamo disquisire se sia molto incisiva o altro, ma fa capire come effettivamente ci sia stata una forte tendenza verso emissioni di pareri di congruità tecnico-economica orientate alla forma di acquisizione tramite gara.
  Penso che i presidenti che avete audito la scorsa settimana hanno probabilmente fornito anche dei dati macroeconomici. Noi abbiamo emesso pareri di congruità tecnico-economica per 10 miliardi di euro nel corso degli 8-9 anni di attività dell'Autorità. Abbiamo calcolato, attraverso documenti che eventualmente posso fornirvi, che sostanzialmente siamo riusciti a ottenere un'efficienza della spesa che ha permesso all'amministrazione di risparmiare in ordine di grandezza 2 miliardi di euro, a spesa costante. Naturalmente, questi 2 miliardi di euro sono stati reinvestiti dalle pubbliche amministrazioni. Questo è un altro strumento.
  Tra le altre tematiche, c'è quella dell’open source. Siamo riusciti a ottenere che nella cosiddetta seconda legge Bassanini, la n. 340 del 2000, fosse inserito un articolo, l'articolo 24, che permetteva il riuso del codice sorgente nella pubblica amministrazione. Se un'impresa produceva, quindi, del codice per una pubblica amministrazione, questo codice poteva essere riusato dalle altre amministrazioni, naturalmente al puro costo dell'adattamento. Anche su questo, però, l'incisività della norma è stata, purtroppo, molto limitata. Ricordo perfettamente, per esempio, che la Sogei aveva prodotto il sistema di protocollo per il Ministero dell'economia, noi fortemente operammo perché questo sistema di protocollo fosse utilizzato anche dal Ministero della giustizia, ma, nel corso di un monitoraggio di quest'attività, ci accorgemmo che aveva molti «bachi», cioè molte funzionalità scorrette, e quindi, di fatto, questa migrazione non fu possibile, nel senso che fu tentata, ma portò a un rigetto.
  Forse mi sono dilungato troppo. Avrei altre cose da dire. Ne cito soltanto una, che riguarda un mio progetto personale, ma che, purtroppo, neanche ha portato a risultati. Dovevamo agire sul problema della ridondanza dei dati, cioè sul fatto che gli stessi dati erano presenti in diverse amministrazioni. Abbiamo fatto un assessment, una valutazione della pubblica amministrazione sulle principali 400 basi di dati della pubblica amministrazione centrale, e abbiamo costruito quella che adesso verrebbe chiamata un'ontologia, con un termine, secondo me, un po’ troppo tecnico, che richiede una certa spiegazione. Io mi sono limitato agli schemi concettuali, che sono un'altra modalità con cui si possono documentare i dati. Adesso si fa un gran parlare dei dati, ci sono i big data, ma i dati nel passato venivano sempre considerati, anche all'interno dell'Autorità per l'informatica, come «figli di un dio minore» rispetto al software. L'importante era produrre software e che fosse efficiente. I dati erano considerati secondari.
  Io ho rappresentato in maniera unitaria tutto il contenuto informativo delle principali 400 basi di dati della pubblica amministrazione. Ci siamo accorti, per esempio, che in almeno 300 basi di dati venivano rappresentati i soggetti fisici, ma soltanto in metà di queste basi di dati l'identificatore era il codice fiscale. Questo, evidentemente, impedisce di fatto – penso sia comprensibile anche senza essere dei tecnici dell'informatica – di avere quella che ho chiamato, quando ho parlato del progetto per le imprese, una visione unitaria del cittadino. Rende complicata una serie di incombenze e di servizi.
  Userò il termine «tabelle», perché penso più comprensibile. Abbiamo costruito questa concettualizzazione del sistema informativo della pubblica amministrazione vista unitariamente, costituito da circa 5 mila tabelle, 5 mila legami tra tabelle – mettiamola in questo modo – e l'ultimo giorno in Pag. 9cui ho operato ho fornito questo studio a coloro che sono subentrati successivamente, ai tecnici. Questo studio non è mai stato utilizzato. Successivamente, è stata data una commessa per diversi milioni di euro all'IBM affinché costruisse un'ontologia, la quale non riguardava tutte le competenze della pubblica amministrazione, ma soltanto, se non ricordo male, il tema del lavoro e il tema della sanità, due punti di vista importantissimi, ma due soli punti di vista nell'ambito di tutte le competenze della pubblica amministrazione.
  Sostanzialmente, purtroppo diversi di questi progetti non sono riusciti a essere attuati in modo tale da rivestire quel carattere di innovatività, che pure noi intendevamo avessero.
  Si è cercato di fare tutte queste cose insieme alle pubbliche amministrazioni. Quando, per esempio, emanavamo una norma tecnica, ne facevamo un primo draft, poi la pubblicavamo sul web, la pubblicavamo sulla Rete unitaria e chiedevamo che ci fosse una serie di opinioni e pareri. Soltanto dopo il feedback costituito da tutti i messaggi che ci arrivavano, da tutte le considerazioni che venivano fatte, emanavamo la norma tecnica e la pubblicavamo sulla Gazzetta Ufficiale. Abbiamo sempre cercato di coinvolgere, nei limiti del possibile, anche le pubbliche amministrazioni.
  Naturalmente, quando davamo un parere di congruità tecnico-economica negativo, è ovvio che il dirigente dei sistemi informativi se la prendeva un po’, ma effettivamente certe volte, alla fine, capiva la ragione del nostro parere negativo. Abbiamo risposto anche tanti «no», non abbiamo sempre risposto «sì», eravamo piuttosto severi.
  Aggiungerei che, come è ben noto, che in tutti i contratti di erogazione di beni e servizi tra il fornitore e l'acquirente c'è un'asimmetria informativa. In particolare, questo è vero nei contratti di servizi ICT. Allora, abbiamo costruito un documento sui livelli di servizio dei servizi ICT. Sto parlando della produzione del software, della manutenzione hardware, della manutenzione software, della gestione dei centri di elaborazione dati.
  Questa è, secondo me, una cosa che le pubbliche amministrazioni hanno visto bene. Firmare un contratto in cui l'oggetto è specificato in maniera che impedisce alla pubblica amministrazione di controllare se il bene o il servizio erogato è stato effettivamente erogato a regola d'arte, secondo criteri di efficienza... Secondo me, in quel caso l'aspetto conoscitivo che siamo riusciti a trasferire alla pubblica amministrazione proprio attraverso quel documento è stato molto importante.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il professor Batini.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, che immagino numerosi.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Ho una domanda e una considerazione, visto che è il terzo presidente dell'AIPA che ascoltiamo in questa Commissione.
  Non so se ho difficoltà di apprendimento, ma qualche dubbio mi viene. Posi la domanda proprio al professor Zuliani l'altro giorno sulla questione dell'importanza del protocollo informatico, del tema della contiguità con altri processi di innovazione all'interno della pubblica amministrazione. Giustamente, ha rimarcato che erano due cose distinte. Oggi apprendo da Lei, e sono d'accordo con Lei, che quello è uno strumento principale che va oltre, per la tracciabilità, per il controllo, per il monitoraggio dell'attività della pubblica amministrazione, per la trasparenza verso l'esterno. Riconduce un po’, quindi, a un intervento con la sua universalità e la sua importanza.
  Mi chiedo: nella mission dell'AIPA, tra i vari passaggi di presidenti, almeno qualcosa che rimanesse... Mi rendo conto degli avvicendamenti, i suoi predecessori ci hanno chiarito le difficoltà dei rapporti con il Governo, non ripeto. Oggi Lei ha lamentato anche un po’ il problema della problematica del progettificio che spesso pervadeva la vostra struttura, e quindi la difficoltà dall'altra parte che fossero portati avanti questi progetti. Almeno, la mission era chiara su che cosa bisognasse assolutissimamente Pag. 10fare per cambiare la pubblica amministrazione da un punto di vista dell'informatizzazione? Mi è rimasto impresso il protocollo, perché ho posto proprio una domanda specifica l'altra volta, ma dell'interlocuzione tra voi, in un passaggio di consegne tra voi, col personale che rimaneva, c'è stata una prosecuzione dell'attività, una logica di continuità di quest'istituto o non c'è stata? È una domanda che viene spontanea.

  CARLO BATINI, ex presidente dell'AIPA. Mi scusi se le chiedo questa precisazione: tra i diversi presidenti o dopo che l'AIPA è stata trasformata nel centro tecnico?

  GIAN MARIO FRAGOMELI. No. Sul CNIPA aspettiamo di sentire il presidente, poi farò anche a loro le domande su quello che è avvenuto dopo. Mi fermerei all'AIPA per capire l'evoluzione del lavoro.
  Lei, giustamente, ha evidenziato altre criticità, ma voglio capire. C'era una visione comune su dove si potesse arrivare, sulle modalità? Lei, giustamente, ha evidenziato un ruolo importante, che tutti hanno sempre dichiarato fondamentale, come quello di aumentare il processo di gare aperte, perché la pubblica amministrazione doveva essere aperta, trasparente, rispettare i principi costituzionali sull'attività della pubblica amministrazione, tutte cose sacrosante.
  Nello specifico dell'informatizzazione, però, mi sembra in queste audizioni di non aver colto mai un filo conduttore nel caso di un processo che, con tutte le difficoltà che – ribadisco – abbiamo sentito nei rapporti tra pubbliche amministrazioni, di ritorno da parte dei singoli enti che presentavano le loro richieste...Secondo lei, c'era la possibilità di lavorare con una certa continuità o ogni volta si ricominciava con tutte le difficoltà?

  CARLO BATINI, ex presidente dell'AIPA. No, nell'ambito dell'attività dell'Autorità per l'informatica, negli otto anni in cui è stato presidente Guido Rey, poi è stato presidente Zuliani e, nell'ultimo anno, in cui sono stato facente funzioni, questa continuità la ritrovo perfettamente. Ho collaborato con Rey molto a lungo, come ho cercato di dire prima.
  Certo, naturalmente è un problema certe volte anche di mentalità, di psicologia, di forma mentis. Rey era una persona molto istituzionale, io sentivo le urgenze di fare tutto e subito. Si tratta anche di personalità diverse, ma che trovavano sempre una sintesi all'interno dell'organo collegiale.
  Per tornare al discorso di ciò che lei ha chiamato...

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Conosciamo tutti la problematica dello sportello unico per le attività produttive: siamo arrivati dopo dodici anni, da quello che diceva Lei, a strutturarlo.

  CARLO BATINI, ex presidente dell'AIPA. Guardi, quando io ero presidente facente funzioni, Rey rilasciò un'intervista a Il Sole 24 Ore in cui disse che ci sarebbero voluti altri quindici anni per realizzare quei progetti. Io mi dissi: ma come, altri quindici anni? Non è possibile. Perché Rey continua a essere sempre così prudente? Aveva ragione lui.
  Se mi permette, uso la metafora dello stayer, quella motoretta che nei velodromi sta davanti al ciclista. Se lo stayer va troppo veloce, il ciclista si stacca e non arrivano primi; se lo stayer va troppo lento, il ciclista va piano, e quindi non arrivano primi ugualmente.
  Forse, effettivamente siamo andati un po’ troppo veloci. Avevamo questa capacità di ideazione, ma il problema della pubblica amministrazione è che non c'è proprio innovazione. È difficile convincere i dirigenti a innovare, perché non hanno nessun vantaggio nell'innovare. Questo è il punto fondamentale.
  Allo stesso tempo, però, tornando allo sportello unico per le attività produttive, ci accorgemmo che c'erano delle resistenze da parte dell'INPS, dell'INAIL e delle camere di commercio. Convocammo allora i due presidenti INPS e INAIL, camere di commercio, e riuscimmo a convincerli. Loro chiesero un protocollo d'intesa, che facemmo, e quello fu lo strumento abilitante e l'inizio del progetto. Pag. 11
  Sì, anche noi degli errori avremmo commessi, forse in alcuni casi ha prevalso una visione più prudente, ma effettivamente la pubblica amministrazione italiana è straordinariamente difficile da cambiare.

  FEDERICO D'INCÀ. Lei ha parlato di 2 miliardi di euro di risparmi: mi può descrivere un po’ meglio in quali termini è riuscito a ottenere questi risparmi?

  CARLO BATINI, ex presidente dell'AIPA. Un primo strumento sono stati i pareri di congruità tecnico-economica, su cui mi ero soffermato prima, ma forse non sono stato completamente chiaro. Abbiamo emesso, mi pare, circa un migliaio di pareri di congruità tecnico-economica. Significa che, a fronte di un contratto che la pubblica amministrazione stipulava come concessione o come trattativa privata, come si fa a seguito di una gara, noi dicevamo che, dal punto di vista tecnico, era congruente con gli obiettivi generali di interoperabilità, di integrazione e così via.
  Dal punto di vista economico, o dicevamo che l'ammontare del contratto era congruo o che doveva essere ridotto del 10 per cento, del 20 per cento, del 30 per cento. Questo è stato un primo strumento. Rispetto alla spesa che ci era stata presentata dalla pubblica amministrazione, abbiamo introdotto questi risparmi. Naturalmente, il responsabile dei sistemi informativi poteva anche ignorare il nostro parere, ma si è dato soltanto in pochissimi casi, soprattutto per le concessioni, che fosse ignorato un nostro parere.
  Il secondo strumento è quello che ho citato prima, cioè il passaggio dalla trattativa privata alla gara. È il caso, che ho citato, della Finsiel, per cui i prezzi offerti si sono dimezzati rispetto a quelli che venivano offerti in concessione. Anche in questo caso abbiamo calcolato quali sono stati i risparmi rispetto a uno scenario a cui continuava il vecchio rapporto contrattuale.
  Un terzo strumento sono stati, come ho citato in precedenza, i monitoraggi. Abbiamo fatto i monitoraggi su contratti di grande rilievo, mi pare sessanta diversi monitoraggi.

  PRESIDENTE. Scusi, con «di grande rilievo» intende superiori...

  CARLO BATINI, ex presidente dell'AIPA. Superiori a una soglia che purtroppo, in questo momento, non ricordo. Naturalmente, non facevamo monitoraggi per tutti i contratti, ma soltanto per quelli che superavano una certa soglia economica, che, se vuole, posso ricostruire successivamente.
  Ho citato prima il caso che siamo andati a considerare, delle linee di codice del Ministero, e addirittura abbiamo visto che c'erano 2 milioni linee di codice che non erano linee di codice. Questo ha portato a una revisione della concessione, che naturalmente ha introdotto un ulteriore elemento di risparmio.
  L'ulteriore aspetto che va considerato era, per esempio, quello che derivava dal fatto di avere dei sistemi cooperativi. Sempre citando lo sportello unico per le attività produttive, nel momento in cui creavamo un front office unico, evidentemente non c'era più bisogno dei front office delle singole amministrazioni, e quindi c'era un risparmio che non abbiamo calcolato nell'ambito dei 2 miliardi, perché questo progetto ci ha messo dodici anni per essere attuato, ma anche questo era un risparmio potenziale. Inoltre, era un risparmio di tempo per le imprese, che non dovevano mandare il delegato a farsi tutte le file per dire che avevano cambiato residenza o sede legale. Bastava soltanto un'interazione tra imprese e pubblica amministrazione.
  Sommando tutti questi elementi – se volete, posso fornirvi un documento in cui questi aspetti vengono maggiormente dettagliati – è venuta fuori quella cifra.

  FEDERICO D'INCÀ. I Suoi pareri sono stati seguiti al 100 per cento e hanno prodotto i 2 miliardi o, secondo Lei, sono stati seguiti al 20 per cento e hanno prodotto 2 miliardi di euro di risparmi? Hanno avuto una valenza piena, i consigli dati nel momento in cui Lei era alla presidenza, o, diversamente, hanno avuto una percentuale ridotta?

  CARLO BATINI, ex presidente dell'AIPA. Nella grande maggioranza dei casi, sono Pag. 12stati seguiti. Non so darLe un elemento percentuale. Solo in caso di concessioni, cioè quando doveva essere rispettata una certa concessione stipulata anni addietro, che non poteva essere modificata, talvolta, a fronte di riduzioni di spesa che imponevamo – nel caso specifico, mi viene in mente il Ministero dell'economia – alcuni venivano accettati e altri no. Il fornitore poteva difendersi col fatto che c'era una concessione...

  FEDERICO D'INCÀ. «Ho il contratto stipulato...»

  CARLO BATINI, ex presidente dell'AIPA. Un contratto stipulato, che non potevamo modificare unilateralmente.
  Non sono in grado di rispondere con un elemento percentuale alla Sua domanda, ma quei 2 miliardi nascono dall'insieme degli interventi che ho citato in precedenza.

  PRESIDENTE. Prego, onorevole De Lorenzis.

  DIEGO DE LORENZIS. Io ho una domanda, ma non so se la risposta può essere data in seduta pubblica o non sia più opportuno in forma riservata.
  Quando era al vertice dell'Autorità, ci sono state delle pressioni da parte di enti come Finsiel, che comunque all'epoca erano una parte rilevante dell'apparato statale come fornitori di servizi, perché alcune norme, alcune linee guida, alcuni atti che avete emanato non erano proprio nelle corde o nelle attese di questi soggetti?
  Cito l'esempio di quello che suppongo sia avvenuto nella stesura del CAD, non nell'ultima riforma, ma nell'emanazione precedente, riguardo l’open source. È chiaro che i fornitori di servizi – faccio riferimento a privati come IBM, Microsoft e così via – hanno evidentemente un vantaggio a presentare quelli che sono dei vantaggi non esclusivamente economici che possono derivare dalla stesura della norma in un certo modo. Durante la Sua presidenza, qualche atto di indirizzo, qualche norma, qualche linea guida emanata, Lei ha avuto l'impressione che potesse essere recepita come ostile da altri soggetti...?

  CARLO BATINI, ex presidente dell'AIPA. Come Le dicevo, sono stato presidente facente funzioni l'ultimo anno e nel mio caso specifico non ho ricevuto alcuna pressione da parte di alcun forniture.
  Certamente, nel momento in cui esercitavamo, attraverso lo strumento dei pareri di congruità tecnico-economica, delle azioni del tipo di quelle che ho ricordato, certe volte – per esempio, la Finsiel o altre aziende – hanno evidentemente chiesto di poter essere ascoltate, ma non parlerei di pressioni. Ritengo di poter dire onestamente che c'era un forte rispetto del nostro ruolo, e questo forte rispetto probabilmente derivava proprio da quell'aspetto di terzietà. Noi non eravamo un soggetto politico, eravamo un soggetto tecnico, ed eravamo un soggetto tecnico terzo. E operavamo in favore della pubblica amministrazione. Non credo neanche con gli altri presidenti ci siano stati tentativi forti di pressione. C'era, invece, qualche amministrazione che si sentiva cittadino di prima classe, un po’ superiore, ma queste pressioni sono sempre state nell'ordine della normale interlocuzione, non si sono mai trasformate in qualcosa di diverso.

  PRESIDENTE. Io avrei svariate domande, ma purtroppo il tempo, come sempre, nonostante abbiamo cercato di allungare la durata dell'audizione, pare non bastare mai.
  Riprendendo anche quello che aveva detto l'onorevole De Lorenzis, Le ricordo che questa è una Commissione d'inchiesta: a differenza delle altre Commissioni, è vero che in questo momento la stiamo audendo in modo libero, ma tra i compiti, tra i poteri della Commissione c'è anche la possibilità di chiamare a testimoniare. È nella possibilità di questa Commissione anche quella di fare una seduta segreta, di modo che quello che viene detto rimane secretato all'interno della Commissione.
  Giustamente, i tre Presidenti di AIPA ci hanno raccontato un'AIPA che funziona, che funzionava. Questa Commissione d'inchiesta Pag. 13 nasce, però, dall'osservazione che la pubblica amministrazione centrale e locale, nel nostro Paese, spende nel complesso, circa 5 miliardi di euro l'anno in spesa ICT, ma i risultati dati dalle varie classifiche internazionali sul livello di digitalizzazione della nostra pubblica amministrazione non sono assolutamente soddisfacenti. Qualcosa non funziona. Potrebbe essere che tutto funzionasse perfettamente con AIPA, e poi tutto è andato male con il successore, ma dobbiamo cercare di individuarlo, perché il nostro compito è dare indicazioni al Governo e al Parlamento per cercare di trovare delle soluzioni.
  Perché c'è stata la trasformazione dell'AIPA se funzionava? Se i pareri di congruità tecnica hanno fatto risparmiare il 20 per cento, lo interpreto col fatto che c'era una grandissima incompetenza nella pubblica amministrazione. L'AIPA suppliva a un'incompetenza nella preparazione dei bandi. Bene, con il passaggio AIPA-CNIPA quell'incompetenza è rimasta lì o si è supplito in modo diverso?
  Lei ha parlato del caso della RUPA, dicendo che avete fatto aumentare di 400 volte la banda, con una riduzione di 7 volte. Non so se ha avuto modo di dare un'occhiata alla gara dell'SPC2... Peccato, perché avrei voluto conoscere il suo parere su una cosa analoga, ma mi rendo conto che non era suo compito.
  Lei ci ha parlato, per esempio, di alcuni progetti. L'onorevole Fragomeli ha detto, giustamente, che il SUAP forse funziona adesso, forse, ma non è detto che realmente abbiamo conseguito l'obiettivo. Aggiungo che la parte del protocollo, flusso documentale e trasparenza è del tutto non attuata, nonostante io personalmente abbia prodotto modifiche normative per cercare di spingere nell'obbligo di attuare quella norma. Il risultato non c'è, ma io non credo che sia un caso che quella norma sia stata interpretata solo come protocollo e sia stata tralasciata tutta la parte relativa alla gestione del flusso, che formalizzando il flusso permette di renderlo più trasparente e di misurare.
  Noi dobbiamo capire cosa non funziona e se, come purtroppo emerge da altre audizioni, in alcuni casi è semplicemente il fatto che alcuni vertici della pubblica amministrazione si ergono – anche Lei ha fatto un passaggio veloce in merito – a cittadini di «serie A», che possono stare sopra le norme e non rispettarle pur dicendo la nostra Costituzione che la sovranità appartiene al popolo, decidendo loro che cosa è possibile che debba essere fatto e che cosa, invece, non è importante fare. Non credo, però, si tratti solo di questo. Anche se decidessimo, ci convincessimo che il modello AIPA è quello giusto da seguire, verso il quale tornare, e che i pareri di congruità e i monitoraggi sono la modalità per cercare di rendere più efficiente la spesa ICT nella pubblica amministrazione, la mia domanda immediata è: centralizziamo queste competenze, ma come difendiamo? Centralizzando le competenze, diventa un centro estremamente importante da considerare a livello di corruzione anche per le modalità con cui queste competenze vengono selezionate. Il danno che può essere fatto centralizzando... Come Lei ha detto, per esempio, per il caso del protocollo informatico, che avete cercato di diffondere, se poi quella centralizzazione è fatta male, chiaramente il danno è assai maggiore rispetto a quello di lasciare le cose come stanno.
  Ripeto che, se Lei desidera, possiamo passare in seduta segreta, pur sapendo che non abbiamo molto tempo, ma possiamo sempre passarvi in una successiva audizione. Perché, se AIPA funzionava così bene, è stata cambiata? Qual era la necessità? Lei ha detto, all'inizio del suo intervento, che non avevate i poteri sufficienti: in che cosa esattamente non avevate i poteri e che cosa secondo Lei, bisognerebbe fare per trovarli?

  CARLO BATINI, ex presidente dell'AIPA. Questa è una domanda molto complessa, rispetto alla quale io, come tecnico, non credo di avere tutti gli strumenti per rispondere. Non mi voglio, però, sottrarre a qualche considerazione.
  Ho sottolineato più volte l'aspetto della terzietà. Questo, secondo me, è stato un valore, prima considerazione. La seconda considerazione è che forse ho un po’ esagerato Pag. 14 nell'enfasi, ma non abbiamo fatto tutto quello che avremmo potuto. Avevamo dei limiti, abbiamo fatto degli errori. Peraltro, come componenti della Camera dei deputati, voi conoscete molto meglio di me la problematica tra centralizzazione e decentralizzazione.
  Una delle iniziative che ho portato avanti è stata di andare negli Stati Uniti a incontrare diverse amministrazioni. Incontrammo l'equivalente del Dipartimento della funzione pubblica negli Stati Uniti, quando avemmo l'incontro, era ancora l'epoca Clinton-Gore, e i membri di quell'organismo dissero che, quando c'era da impostare un progetto nuovo e da convincere le pubbliche amministrazioni a seguirlo e a non boicottarlo, arrivava una lettera del Vicepresidente degli Stati Uniti, Al Gore, che diceva che si doveva farlo. Noi non avevamo questo potere.
  Da un certo punto di vista, sto dando un'immagine un po’ contrastata. Da una parte, il fatto che fossimo un organo terzo tecnico ci ha dato autorevolezza; non autorità, autorevolezza; dall'altra, non eravamo un organo politico, e questo è stato sicuramente un elemento di debolezza.
  Quanto a coloro che ci hanno seguito, il Ministro Stanca e il dipartimento che da lui è stato creato, vi ricordo che anche loro hanno continuato a dare i pareri di congruità tecnico-economica. Io non so se sia stata fatta un'analisi sull'incisività, ma credo che, da questo punto di vista, potranno parlare i presidenti e i direttori successivi.
  Io continuo a essere convinto che, effettivamente, nella governance dell'informatica nella pubblica amministrazione occorra un certo livello di autorevolezza e di centralizzazione nelle decisioni. E continuo a esserne convinto perché noi avevamo, di fatto, potere di indirizzo, di controllo, di monitoraggio, sulle pubbliche amministrazioni centrali, non l'avevamo sulle locali. Poi è stata creata la Consip. Tra l'altro, la prima Consip è stata anche una nostra idea, con l'allora Ministro Ciampi. La prima Consip era una struttura di intelligenza dell'allora Ministero del tesoro, poi si è trasformata nell'attuale Consip. Sicuramente, la Consip ha più potere oggi nei confronti delle amministrazioni centrali che nei confronti delle amministrazioni locali, ma alcune forniture si applicano anche alle locali.
  La conclusione che traggo è che non serviva necessariamente un'autorità. Un'autorità è un'istituzione che va usata in maniera parca, come sappiamo bene, ma un organo terzo, magari maggiormente collegato con il potere politico – come nell'esempio, che ho citato, di Al Gore – forse poteva essere o potrebbe essere adesso una soluzione che può recuperare i livelli di efficienza e di efficacia nell'uso delle tecnologie informatiche nella pubblica amministrazione.
  D'altra parte, e concludo, la pubblica amministrazione italiana è veramente un potere molto forte, che è molto difficile contrastare: «Professore, noi non abbiamo bisogno della posta elettronica». Non me lo diceva un funzionario, ma un alto dirigente. Che cosa vuol fare? Dovrebbe mandargli una lettera da parte del Vicepresidente Gore. Forse quella funzionerebbe. L'Italia è, però, in una situazione un po’ diversa da quella degli Stati Uniti, come sappiamo bene.

  PRESIDENTE Ringrazio il professor Batini.
  Dichiaro conclusa l'audizione.
  Sospendo brevemente la seduta.

  La seduta, sospesa alle 12.35, è ripresa alle 12.40.

Audizione dell'ex Presidente del CNIPA Livio Zoffoli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'ex presidente del CNIPA, il dottor Livio Zoffoli, che ringrazio per la presenza.
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque Pag. 15 a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Si tratta di un'audizione di natura prettamente conoscitiva, per la quale chiedo di fornire un quadro esplicativo quanto più ampio possibile dei compiti e della struttura del CNIPA nel corso del suo mandato.
  Ricordo ai commissari che il dottor Zoffoli è stato presidente del CNIPA dalla sua costituzione, nel 2003, al 2007.
  Ricordo che nella norma istitutiva si stabiliva che il CNIPA, Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, «opera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per l'attuazione delle politiche del Ministro per l'innovazione e le tecnologie, con autonomia tecnica funzionale, amministrativa, contabile e finanziaria e con indipendenza di giudizio».
  Cedo dunque la parola al dottor Zoffoli per lo svolgimento della relazione introduttiva, al termine della quale seguiranno eventuali domande o richieste di chiarimento da parte dei commissari.

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. Io non ho preparato un documento da lasciare, ma una scaletta che mi aiuta a seguire un ordine logico nell'esposizione che farò.
  Credo che sia quanto mai opportuno il fatto che sia stata istituita questa Commissione con l'obiettivo di fare un po’ di chiarezza su quello che è accaduto nel corso degli anni. Tutti sono concordi nel dire che le tecnologie ICT sono un fattore di sviluppo, di progresso e di crescita economica e sociale del Paese. Sono tutti d'accordo, tutti lo dicono.
  In realtà, però, vedremo che – almeno, questo è il mio parere – che le cose non stanno così, non sono andate in questo senso, cioè la politica non ha messo in atto quegli interventi che avrebbe, secondo me, dovuto mettere in atto per far sì che queste tecnologie servissero effettivamente allo sviluppo del Paese. Lo vedremo alla fine del mio intervento, per il quale chiedo scusa, ma non basteranno i dieci minuti che mi avevano preannunciato. Ci vorrà qualche minuto in più, ma dipenderà dal vostro interesse. Interrompetemi quando volete, non perderò il filo, perché ho la scaletta pronta.

  PRESIDENTE. Ne abbiamo anche qualcuno di più.

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. Io ho avuto la fortuna – così la reputo – di poter assistere e intervenire prima come direttore generale dell'AIPA, l'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione, successivamente come capo dipartimento dell'innovazione con il Ministro Stanca, poi direttore del centro tecnico, infine come presidente del CNIPA dal luglio 2003, come Lei, presidente, ha ricordato, per quattro anni, fino al luglio 2007. Per 14-15 anni, quindi, sono stato in ballo nel settore pubblico per l'informatizzazione della pubblica amministrazione. Negli anni precedenti la mia formazione viene dalla Banca d'Italia, dove ho lavorato per quasi trent'anni.
  Ho potuto verificare, sia quando ero direttore generale dell'AIPA sia alla fine, come presidente del CNIPA, l'importanza del collegio. Questo deriva dal decreto legislativo n. 39 del 1993, che istituiva l'AIPA, poi sempre lo stesso decreto è rimasto in vita e ha presieduto alla costituzione del CNIPA. Il collegio era una cosa veramente importante, perché i quattro membri del collegio davano un supporto totale al presidente nell'esaminare tutte le pratiche che l'istituto doveva esaminare. Mi riferisco all'attività consultiva per i pareri. Ogni componente del collegio veniva designato a studiare il parere che l'Autorità prima e il CNIPA dopo avrebbero rilasciato nei confronti dell'amministrazione. Era, quindi, un'assunzione di responsabilità molto importante da parte dei componenti del collegio, che poi è scomparsa quando ci sono state delle evoluzioni che hanno trasformato il CNIPA in agenzia, e il collegio non c'è stato più. Secondo me, questo è stato un danno.

  DIEGO DE LORENZIS. Mi scusi, ma la interrompo per una precisazione: è stato un errore la trasformazione in agenzia, e Pag. 16quindi l'abolizione del collegio, o esclusivamente l'abolizione del collegio?

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. Secondo me, è stato un errore la trasformazione del CNIPA in agenzia. Di conseguenza, è stato un errore l'eliminazione del collegio.
  D'altra parte, a partire da luglio 2007, quando ho terminato il mio mandato, ci sono stati ben cinque capi dell'istituto (Pistella, Beltrame, Ragosa, Poggiani e Samaritani) e tre assetti giuridici differenti. Dopo il CNIPA, infatti, è nata DigitPA, poi AgID. Tutti questi cambi sono stati nocivi, perché non c'era neanche il tempo per queste persone, che non venivano dalla pubblica amministrazione, o perlomeno venivano dalla pubblica amministrazione chi locale, chi centrale per certi aspetti, ma che comunque non la conoscevano, almeno così penso. Come hanno potuto affrontare un progetto così complesso di trasformazione senza conoscere il terreno dove andavano a operare? La politica, però, non si è posta il problema, è andata avanti come un treno e ha fatto quello che riteneva opportuno.
  Ho fatto cenno all'attività consultiva, ma il CNIPA aveva anche altre attività fondamentali, un'attività progettuale e realizzativa e un'attività di regolamentazione. Relativamente ai pareri che venivano emanati nei confronti delle pubbliche amministrazioni centrali, che erano obbligate a chiederlo, riguardando le carte ho visto che soltanto nel 2005 c'è stato un risparmio di spesa di 158 milioni di euro, questo solo a fronte delle emissioni dei pareri che le amministrazioni erano tenute a richiedere.
  Pure quest'attività è scomparsa o è stata ridotta. Il decreto legislativo n. 39 del 1993 prevedeva dei limiti per l'accesso ai pareri. Per una gara c'era un certo limite, per una trattativa privata c'era un altro limite. Poi questi limiti sono stati modificati. Attualmente, credo che non ci siano proprio. Non credo che i pareri vengano richiesti, o perlomeno, da quello che mi risulta, vengono suddivisi tra l'AgID e la Consip. Quest'ultima dà un parere tecnico e l'AgID formula il parere scritto per l'amministrazione.
  Ho detto in precedenza che, oltre ai pareri, il CNIPA aveva un'attività progettuale e realizzativa e un'attività di regolamentazione. Molto brevemente, ho sempre ritenuto che, per attuare un processo di informatizzazione, fosse necessario avere degli strumenti fondamentali, senza i quali sarebbe stato impossibile determinare una digitalizzazione nella pubblica amministrazione. Allora, mi sono dedicato a cose, secondo me, fondamentali: il Sistema Pubblico di Connettività, cioè il sistema che consente alle amministrazioni di interagire tra loro attraverso delle reti; stiamo parlando del 2003, ed è stato fatto. Sono state bandite varie gare, perché c'era anche l'interoperabilità, cioè la possibilità di far lavorare le amministrazioni tra loro, gare europee aggiudicate. Il sistema è andato in funzione.
  La Rete internazionale serviva a unificare tutte le nostre delegazioni all'estero, a farle parlare tra loro, con dei risparmi di spesa molto importanti. Si trasformava, infatti, la telefonia normale in telefonia over IP. Avendo una rete di interconnessione IP si poteva fare questo passaggio.
  Quanto alla CNS per il riconoscimento dei cittadini – mi pare che oggi si parli di SPID –, nel 2003-2004 venne bandita una gara per dare alle amministrazioni la possibilità di fornire questa Carta nazionale dei servizi ai cittadini per poter essere riconosciuti in rete.
  Firma digitale, regolamentazione e albo dei fornitori di firma digitale, posta elettronica certificata: anche in questo caso, con grande meraviglia, riuscii a imporre che ci fosse più di un operatore. Ricordo che all'epoca le Poste volevano il monopolio della posta elettronica certificata, mentre si ottenne di poter fare un albo dei certificatori, dando così al mercato un'apertura sicuramente importante.
  Quanto alla sicurezza informatica, oggi si parla tanto di sicurezza, ma sostenni, all'epoca, che questa sicurezza non c'era e che andava ricercata. Dopo vi dirò brevemente come.
  Ci sono tante altre cose. Oggi si parla di cloud, all'epoca si parlava di ASP, Application service provider, la stessa cosa. Non si è inventato nulla di nuovo, hanno cambiato il nome. Il protocollo informatico venne Pag. 17fatto con questa tecnica: le amministrazioni non sapevano dove fosse il server che erogava i servizi, ma c'era e potevano sottoscrivere un abbonamento al servizio pagando un tanto al mese, all'anno e così via.
  Quanto al codice dell'amministrazione digitale, è stato fatto all'epoca, ma non è stato utilizzato come si sarebbe dovuto.
  Ci sono poi i rapporti con le imprese. Il codice degli appalti prevedeva sempre di poter fare affidamenti nell'interesse dell'amministrazione al minimo prezzo, senza guardare alla qualità, mentre, dal mio punto di vista era fondamentale guardare alla qualità del prodotto, altrimenti si sarebbe speso di più, come in effetti è accaduto. Se si aggiudica una commessa col massimo ribasso, si ottiene sì il minor prezzo inizialmente, ma poi ci si trova a spendere molti soldi di più, perché le modifiche richieste nel corso degli anni portano a spendere di più per ottenere quello che manca dalla fornitura iniziale. È stato fatto, quindi, un grande lavoro sulla qualità, dando alle amministrazioni le indicazioni utili per poter fare degli appalti che tenessero conto della qualità del servizio richiesto. Siamo a metà del 2007, quando ho finito il mio lavoro.
  Sono passati dieci anni circa e la domanda è: che cosa è stato fatto in tutto questo tempo, da dieci anni ad oggi? Sono stati messi in atto tutti gli strumenti necessari per la trasformazione della pubblica amministrazione in amministrazione digitale, ma non sono stati utilizzati a questo scopo. La domanda, quindi, è: che cosa è stato fatto?
  Mi soffermerò brevemente su questi anni. Io mi sono ritirato a fare altre cose, mie personali e non ho seguìto direttamente l'evoluzione. Ricorderete, però, che nel 2008 ci furono le elezioni, che si diceva Berlusconi stesse per vincere ancora, per cui Stanca sarebbe tornato a fare il Ministro dell'innovazione. E Stanca mi chiese, appunto, di preparare un documento allo scopo di fornire al nuovo Governo idee e proposte da realizzare nel corso degli anni di legislatura. Le cose, però, non andarono così, tanto che venne nominato Brunetta al posto di Stanca. Comunque, io preparai il documento, nel quale si proponeva, tra l'altro, una cosa secondo me molto importante, che dava delle risposte alle necessità della pubblica amministrazione. Parlo dei centri servizi territoriali. Che cosa sono i centri servizi territoriali? Sono dei centri, regionali, che erogano servizi ai comuni del territorio. Si trattava di fare un bando di gara per ottenere, dalle imprese che avrebbero partecipato, dei servizi standardizzati. In ogni territorio ci sarebbe stato – questa era l'idea – un centro servizi territoriale, cioè regionale, che avrebbe fornito la stessa tipologia di servizio alle diverse regioni italiane, anche con l'obiettivo di fare da backup, cioè da recovery al centro servizi della regione adiacente, per mettere in sicurezza il sistema Italia. Oggi il sistema Italia non è affatto sicuro. Questo, invece, avrebbe consentito di mettere in sicurezza il sistema, perché avrebbe consentito a ciascuna regione di avere il recovery, il backup, l'ausilio della regione confinante, ma tutto questo non è stato fatto. Secondo me, avrebbe potuto essere poi modulato in modo diverso. La proposta che io avanzavo nel 2008 era quella di istituire un centro per ogni regione, ma la politica avrebbe potuto benissimo stabilire che, invece, ne bastava uno solo. Se ci pensate, poteva bastare un solo centro, nazionale, per fare questo, così come poteva bastare un centro per il nord, uno per il centro Italia e uno per il sud, quindi tre, oppure uno in ogni regione. Questo avrebbe consentito di modulare la spesa, di modulare l'intervento, e non avrebbe toccato l'autonomia. Perché non è stato fatto? Si è sempre pensato che l'autonomia sarebbe stata intaccata, ma non è vero. L'autonomia non significa anarchia, ma poter decidere che cosa fare, che non significa non potersi avvalere dei servizi comuni. Mi spiego meglio. Se il servizio dell'anagrafe è uguale in tutta Italia, va benissimo. Qual è il problema? Qualunque altro servizio reso in modo omogeneo all'interno del Paese è un servizio che viene reso, ma qualunque amministrazione comunale può decidere se utilizzarlo o meno; è una sua responsabilità. Questa è l'autonomia, che non significa anarchia, cioè non Pag. 18significa fare 8 mila volte, quanti sono i comuni, le stesse procedure.

  DIEGO DE LORENZIS. Mi scusi, intervengo sempre con domande puntuali, per non interrompere il suo discorso.
  Si parla di centri servizi come quello che c'è in Piemonte?

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. Quello che c'è in Piemonte oggi, non lo so. Ho conosciuto quello che c'era, ma è diverso. La mia idea era quella di istituire un centro servizi per cui tutti i servizi erogati da un comune dovevano essere accorpati in un unico centro, che poi avrebbe erogato il servizio al comune, il quale avrebbe pagato per il servizio, non per la progettazione, per la manutenzione, per la realizzazione. Capito che cosa voglio dire?
  Le trasformazioni che sono state apportate dai vari Governi non hanno prodotto risultati apprezzabili, anzi sono aumentate la confusione e l'incertezza. Basti pensare alla farraginosità introdotta dal Governo Monti, che aveva ripartito in tre ministeri le diverse responsabilità, tra Passera, Profumo e Patroni Griffi, sull'informatica pubblica; e all'ultima del Governo Renzi, con la chiamata di un alto dirigente di Amazon a Palazzo Chigi. Con tutto il rispetto per questo signore, che non ho il piacere di conoscere, che sarà sicuramente bravissimo, ma non conosce la pubblica amministrazione italiana, e quindi dovrà studiare, e quindi ci vorrà tempo.
  La pubblica amministrazione è un organismo complesso. È molto delicato. Bisogna conoscerla a fondo per saperla governare. Non si può improvvisare, e intanto si perde tempo non riuscendo neanche a mettere a frutto le cose fatte nel 2007, gli strumenti di cui ho parlato prima.
  Fatta l'esposizione di quello che è accaduto più o meno fino a quando io ero presidente del CNIPA, fatte queste considerazioni, di carattere molto generale, su quello che è accaduto nei dieci anni successivi, a questo punto si impone una riflessione: in che cosa abbiamo sbagliato o qualcuno ha sbagliato? E chi ha sbagliato? Non si spiega perché non siano state fatte delle cose. Dopo tanti anni, una domanda, una riflessione andrebbe pur fatta.
  Prima di questa riflessione, faccio una brevissima considerazione per farvi soffermare su una modalità. Mi riallaccio all'inizio del mio intervento, quando sostenevo che tutti dicono che l'ICT è fondamentale per la crescita del Paese. È verissimo, ma se non si usa adeguatamente, non serve. Voi ricorderete, io sicuramente sì perché sono più vecchio di voi, che nei comuni esisteva un armadio con delle cassettiere dove erano registrati i cittadini di un comune su delle targhette metalliche, dove c'era il nome e cognome e così via. Ogni comune aveva il suo, e prima lo scrivevano sulla carta. Che cosa è successo? I comuni hanno fatto la cosiddetta informatizzazione, ognuno si è fatto la sua procedura per la gestione dell'anagrafe.
  Prima vi ho parlato dei centri servizi territoriali, cioè di unificare queste cose a livello quantomeno regionale, ma se ogni amministrazione è libera di fare quello che vuole, non funziona. Chi è che deve dire al Paese: si farà così? Si faranno i centri servizi territoriali? Non c'è bisogno di modificare la Costituzione per fare questo. Bisogna avere la volontà politica di farlo.
  Allora, la domanda è: che cosa abbiamo sbagliato? Abbiamo sbagliato nel lasciare le amministrazioni libere di fare quello che vogliono. Così non funziona. Fare il protocollo elettronico non impone l'uso, e non imporre l'uso e non prevedere sanzioni per chi non lo adotta, non funziona. Fare il protocollo elettronico è fondamentale per evitare pasticci. Si sa che, se lo faccio elettronico, un'amministrazione ha ricevuto o ha spedito una lettera o un documento, quindi è sacrosanto farlo, ma se non impongo l'utilizzo, è inutile.
  All'epoca, quando ero presidente, feci il protocollo informatico e l'idea che mi venne fu quella di far bandire una gara in modo che costi meno alle amministrazioni utilizzare il protocollo fatto così. Venne fatta la gara, parecchie amministrazioni aderirono, e poi è morto tutto. Metterci quasi trent'anni per fare la carta d'identità elettronica perché le amministrazioni litigano sulle competenze non funziona. E ancora non l'abbiamo Pag. 19 la carta d'identità elettronica. Ricordo che all'epoca c'erano delle liti furibonde tra il Ministro dell'interno, il Ministro della funzione pubblica, il Ministro dell'innovazione. Non si riusciva a tirarne fuori nulla, se non le regole.

  PRESIDENTE. Scusi, qual era il motivo del contendere?

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. Ognuno voleva fare la sua, a modo suo.

  PRESIDENTE. Cioè?

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. Il motivo del contendere era questo: essendo la carta di identità elettronica uno strumento ufficiale dello Stato per l'identificazione di una persona, il Ministero dell'interno pretendeva di essere lui il dominus della questione, il Ministero dell'innovazione pretendeva di essere lui il dominus dell'innovazione perché c'erano delle regole tecniche fondamentali da seguire, la Funzione pubblica si barcamenava tra l'uno e l'altro, e in realtà non si fece nulla di tutto ciò. Venne fatta temporaneamente una carta d'identità elettronica, che personalmente ho avuto...

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. C'è il collega che ha presentato la proposta di legge.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Deve entrare in funzione nel 2018.

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. Deve entrare, ma si è cominciato... Però trent'anni...
  Introdurre la posta certificata e non imporne l'uso è inutile. Adesso viene imposto l'uso della PEC alle imprese. La SPID va benissimo, per carità, ma il codice fiscale, già di per sé, costituisce un'identità certa. Credo che si sarebbe potuto fare il riconoscimento anche risparmiando. In ambito di pubblica amministrazione ci sono decine, se non centinaia, di applicazioni che fanno tutte le stesse cose. Ritorniamo ai centri servizi territoriali. Dal punto di vista organizzativo, a mio parere, serve un ente responsabile con funzioni ben definite, che risponda a un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, che abbia effettiva capacità di indirizzo sugli altri ministeri. Fantasia? Può darsi. La realtà, però, è questa. Se non c'è qualcuno che dà un indirizzo, di concretezza, per sviluppare una pubblica amministrazione veramente digitale e gli altri ministeri – scusate l'espressione – se ne fregano, si perde tempo, tanto che sono passati dieci anni e non si è concluso nulla.
  La domanda finale è: a chi conviene un'amministrazione per metà digitale e per metà ancora cartacea? Costa un sacco di soldi. È giusto? È opportuno che sia così? Se si facesse quello che ho cercato di illustrare, nel giro di 5-10 anni si potrebbe avere una pubblica amministrazione che funziona in modo omogeneo su tutto il territorio. Sembra, però, un'utopia.
  Di chi è la responsabilità di tutto ciò? Io distinguerei una responsabilità politica e una responsabilità dei tecnici. Anche i tecnici hanno la loro responsabilità, certamente, ma se ne cambio uno ogni due anni, che responsabilità possiamo dare a questo poveretto che sta a capo di un ente? Che i politici, invece, capiscano che andrebbe sviluppato un sistema omogeneo sul territorio nazionale mi sembra quantomeno necessario e indispensabile.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Zoffoli.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Prego, onorevole Bruno Bossio.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Dopo i quattro interventi che si sono avvicendati, stiamo incominciando ad atterrare sulla realtà, forse perché è anche più vicina la Sua esperienza, ma il tema è sempre lo stesso. Alcune cose si dicono da dieci anni, vent'anni, e non si fanno: perché?
  La prima domanda è: siamo sicuri che sono sempre le stesse cose? O meglio, sicuramente l'esigenza è la stessa, ma probabilmente gli strumenti di oggi sono diversi. L'ICT e il digitale non sono esattamente Pag. 20 la stessa cosa, e secondo me, anche le potenzialità del cloud, della rete, non sono la stessa cosa della connettività di allora e delle ASP di allora.
  Una cosa, però, rimane sempre uguale, e secondo me, è il motivo – su cui anche a Lei vorrei porre la domanda – che non riesce a sciogliere i nodi, al di là dell'evoluzione anche tecnologica: la governance e l'effettivo switch-off dall'analogico al digitale, che oggi sarebbe concretamente possibile, anzi diciamo vitale. Mentre prima era possibile scegliere tra la carta e l'informatica, oggi è quasi obbligatorio, per come è, in questo momento, lo sviluppo nel mondo, scegliere il digitale.
  Noi abbiamo, però, per esempio a proposito dell'anagrafe, ancora una legislazione che sostanzialmente è quella del 1954 e del 1989, che prevede l'ufficiale dell'anagrafe nei diversi comuni. L'ufficiale dell'anagrafe non smetterà mai di esercitare il suo ruolo. Allo stesso modo, la burocrazia, presa singolarmente come silos autonomo, non smetterà mai di esercitare il suo potere.
  Ha immaginato questo discorso della governance, che è un tema attuale anche adesso? Noi abbiamo Piacentini, l'AgID, quattro CERT. Finalmente ho sentito il Ministro Calenda dire che il suo CERT deve chiudere. È inutile che ci sia un centro per la sicurezza al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero della difesa, al Ministero dell'interno, alla Funzione pubblica, mi pare, e così via. Il tema vero è la governance.
  Probabilmente, questa Commissione serve anche a questo, a capire il passato per provare a dare delle risposte sul futuro. Sulla governance, in particolare, che cosa può dire anche rispetto a oggi?

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. Io sono rimasto basito quando alcune persone, che secondo me avevano l'esperienza di lavoro, e parlo del Governo Monti, con la ripartizione dei tre misteri sulla governance dell'informatica... Se ricordate, Passera era allo Sviluppo economico, da amministratore delegato di Banca Intesa. Prima era stato alle Poste, quindi conosceva bene la realtà operativa, sapeva come si governa un fenomeno così ampio e complesso. Bene, ha accettato questa ripartizione del Governo Monti. Io cercai di parlare con Passera, ma ottenni solo di parlare con il suo capo di gabinetto, il professor Torsello, consigliere di Stato, che peraltro aveva lavorato in AIPA, quindi conosceva bene anche lui le questioni. Mi chiese un documento – ce l'ho qui – che scrissi e gli portai, ma non sortì alcun effetto.
  Lei, onorevole Bruno Bossio, ha ragione, la governance è fondamentale. Io ho cominciato quest'audizione dicendo che mi ritengo fortunato di aver potuto incidere, durante circa 14 anni, nell'informatica di questo Paese, ma devo anche riconoscere che non ci sono stati poi i risultati che sarebbero stati necessari. Io ho cercato di mettere in piedi gli strumenti – e vi ho brevemente detto quali erano – ma sarebbe stata necessaria, dal 2008 in poi, quell'attività di trasformazione della pubblica amministrazione in amministrazione digitale, con una governance adeguata. Le cose, però, sono andate diversamente da come si prevedeva che potessero andare, e quindi sono rimaste così, anzi si sono aggravate nel corso degli ultimi dieci anni, perché i cambiamenti sono stati troppi. L'abolizione del collegio, avendo trasformato in agenzia quello che era il CNIPA, e l'AIPA prima, è stato un errore colossale. Che siano stati cambiati cinque personaggi a capo di questi enti, non è colpa di questi poveretti, è un fatto accaduto.
  L'ultima domanda era: di chi è la responsabilità? Secondo me, grande responsabilità è della politica, che non ha capito queste cose.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. E continua a non capire.

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. E continua a non capire. La situazione è questa.
  Io ho cercato, in due o tre occasioni, di dare dei contributi, perché ritengo, nonostante la mia età non più giovanile, di poter ancora dare dei contributi, ma non gliene frega niente a nessuno, questa è la verità. Mi auguro che questa Commissione dica Pag. 21qualcosa, per lo meno che rimanga agli atti che queste cose sono state dette.

  PRESIDENTE. Stiamo cercando di fare anche questo.
  Io ho delle domande specifiche. Lei non vi ha accennato, ma dalle analisi che stiamo svolgendo, nel periodo della Sua presidenza, in particolare nel 2004, c'è stato il trasferimento del sistema informativo dell'agricoltura dal Ministero dell'agricoltura ad Agea. L'anno dopo c'è stato il trasferimento della gestione del SIAN (Sistema Informatico Agricolo Nazionale) da Agea a una società a capitale pubblico-privato opportunamente costituita. Lei si ricorda che cosa è successo in quel periodo e qual è stata la necessità di fare questa trasformazione, questo passaggio di competenze, la definizione di una società a capitale pubblico-privato? Oltretutto, il decreto ministeriale stabiliva che nella gestione del SIAN ci fosse un raccordo tra Agea e il CNIPA. Per come era stato definito il decreto ministeriale, Lei, come presidente, avrebbe dovuto saperlo.

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. Probabilmente lo sapevo. Adesso non me lo ricordo.

  PRESIDENTE. Lei non si ricorda?

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. In questo momento, no.

  PRESIDENTE. Ha idea di quale potrebbe essere il motivo? È a conoscenza di altri casi in cui i ministeri hanno appaltato i sistemi informativi a società esterne?

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. Sicuramente.

  PRESIDENTE. Qual era la motivazione che spingeva...?

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. La mancanza, all'interno, di capacità progettuale e realizzativa. Questa è sempre stata la motivazione con la quale i ministeri hanno sostenuto di doversi rivolgere all'esterno.

  PRESIDENTE. Questa era un'indicazione che davate voi?

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. No.

  PRESIDENTE. Di fronte alla mancanza di competenze interne, non davate voi...?

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. Assolutamente no. Quella che abbiamo sempre cercato di incentivare è stata la costituzione, all'interno delle amministrazioni, di capacità di crescita e di capacità progettuale e gestionale. Di fronte, però, alle asserzioni dell'assoluta impossibilità e incapacità, non si poteva fare altro che assistere le amministrazioni nell'effettuare le gare.
  Una delle cose importanti che, secondo me, sono state fatte dall'AIPA in poi...

  PRESIDENTE. Scusi se La interrompo, ma, nel momento in cui il sistema informativo di un ministero passava in gestione a una società privata, a capitale pubblico-privato, tutto quello che veniva fatto nella gestione di quel sistema informativo da parte di quella società non passava più per il vostro parere.

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. No, passava eccome. Cito soltanto l'esempio della Sogei, una società che fa l'anagrafe tributaria, ma tutte le sue procedure sono passate dal CNIPA, e dall'AIPA prima, per i pareri obbligatori. Se, poi, il parere è stato eliminato, questo è tutto un altro discorso, ma un'amministrazione che si serviva di società a capitale misto per lo sviluppo dei propri sistemi informativi doveva passare da noi.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Lei, prima, è stato abbastanza lapidario nel dire che i CST non funzionano. In Lombardia c'è un'esperienza, la regione Lombardia ha distribuito la funzione sulle singole province. Chiaramente, l'esperienza poteva essere ottimizzata, Pag. 22 ma ad esempio nella mia provincia, Lecco, su 77 comuni, 40 non hanno ancora sottoscritto la convenzione, quindi ancora oggi hanno gli organismi che si ritrovano, e in qualche modo sono arrivati anche all'acquisizione di applicativi comuni, ci sono stati i grandi bandi della connettività. Dieci anni fa, quando ero anche amministratore, abbiamo fatto acquisti di hardware, quindi c'è stata un'esperienza di quel tipo. Se non erro, dal 2003 circa è iniziato questo processo di sviluppo di CST in Lombardia. In alcuni casi, appunto, ci sono stati anche dei forti incentivi, anche su bandi pubblici. I comuni che aderivano a questi CST avevano delle facilitazioni, dei vantaggi oggettivi nell'acquisizione di strumenti e beni. In quegli anni, Lei aveva un ruolo. Non ho capito: rispetto a quest'incentivazione di sviluppo di CST, non siete riusciti minimamente a far capire la portata della razionalizzazione?
  C'è stato un inizio importante, poi è chiaro che il mercato, lo sviluppo della rete, i portali, il fatto che ogni ente avesse le sue esigenze, qualche volta difficilmente soddisfatte da una normativa non sempre performante, hanno portato qualche comune a uscire da queste convenzioni, da questi accordi, e in alcuni posti hanno anche strutturato con società. Da noi, quindi, è stata fatta la scelta di uno strumento leggero come quello della convenzione. Vorrei capire come avete cercato voi di darvi impulso.
  Infine, anche il suo predecessore dell'AIPA lamentava il fatto che c'era un'incapacità endemica della pubblica amministrazione di recepire l'innovazione. Ha usato delle parole forti, ha fatto un esempio di: «A che cosa serve la posta elettronica certificata»? Lo ribadiva anche dal punto di visita del dirigente, del management pubblico, mi è sembrato di capire.
  Lei, invece, giustamente dice che la colpa sta un po’ nel manico: non è solo una questione del management impreparato di fronte alla sfida dell'innovazione, ma c'è anche un tema altrettanto importante nella politica. Da questo punto di vista, però, come dividerebbe le responsabilità? Nella Sua esperienza, chiaramente la politica non ha fatto quello che doveva, ha ripartito su tre ministeri... Ci ha raccontato tante cose importanti. A parte avere, poi, un management profondamente impreparato, perché la normativa non ha introdotto degli elementi ancor più forti, se non quello del decreto legislativo n. 165 del 2001, che ha introdotto una prova di informatizzazione per l'accesso ai concorsi pubblici, che molto spesso è una formula in Excel, quando è complicata?

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. La prima questione è: che cosa abbiamo fatto noi.
  Le cose vanno sempre contestualizzate. Io ricordo perfettamente che, nell'epoca della mia presidenza, 2003-2007, si aveva un «rispetto», un «sacro terrore» – chiamatelo come volete – dell'autonomia delle amministrazioni. Il decreto legislativo n. 39 del 1993, quello sul quale è nata l'AIPA e che ha presieduto all'attività del CNIPA – dava una responsabilità per le amministrazioni centrali. Le amministrazioni locali avrebbero potuto, se avessero voluto, seguire alcuni indirizzi, ma non erano assolutamente tenute a farlo. Ecco perché si è inciso poco sulle amministrazioni locali. Quelle che hanno voluto seguirci l'hanno fatto, le altre no. Ricordo che all'epoca c'era, nel mio istituto, un'area che seguiva le amministrazioni locali. Si cercava di seguirle dando degli incentivi. C'erano dei soldi disponibili e venivano distribuiti alle amministrazioni locali in base ai progetti che queste sviluppavano in modo autonomo, ma su indicazione del CNIPA per tipologia di progetto. Ci sono state delle commissioni di aggiudicazione che hanno lavorato e, in base ai risultati esaminati – venivano pubblicati – distribuivano queste risorse economiche alle diverse amministrazioni locali. È assolutamente vero, però, che si sarebbe potuto fare diversamente qualora la politica avesse riconosciuto un indirizzo verso le amministrazioni locali, così come lo riconosceva per le amministrazioni centrali.
  La seconda questione riguardava la governance...

Pag. 23

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Sì, le responsabilità...

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. Dal mio punto di vista, la responsabilità è politica. Non si può concepire, nel 2008... A quando risale il Governo Monti? Di che parliamo? Questo è.

  PRESIDENTE. Io ho un'ultima domanda. Sia AIPA sia CNIPA avevano compiti di monitoraggio dello stato di attuazione dell'informatizzazione della pubblica amministrazione. Uno dei temi ricorrenti – anche Lei ne ha parlato – è il fatto che c'è stato un proliferare di data center nella pubblica amministrazione. Da anni, si parla del problema di unificare i data center della pubblica amministrazione, con scarsissimi risultati. AIPA e CNIPA, però, con la loro attività di monitoraggio, avrebbero potuto chiaramente osservare questo proliferare di anno in anno.

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. Come no?

  PRESIDENTE. Se l'avete osservato, perché non l'avete bloccato? Non avevate i poteri per farlo?

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. Una cosa è osservare, una cosa è vedere il proliferare, una cosa è intervenire. Personalmente, sono intervenuto su questo e dovrebbero essere agli atti della Camera, dove c'è l'obbligo di riferire, le mie relazioni annuali, corredate da documenti molto corposi su queste situazioni e sulla situazione in generale, sul monitoraggio. Sulla necessità dell'accorpamento anche in termini di sicurezza, il CNIPA si è espresso molto chiaramente. Le decisioni non sono state conseguenti. Nel 2006, feci fare uno studio di possibilità di accorpamento di alcune amministrazioni e vi cito l'esempio del Ministero dell'economia, che ha diversi centri di calcolo: la Ragioneria, quello del personale e perlomeno altri due, sparsi un po’ in giro. La domanda che mi ponevo era: perché non unificare in un unico centro questi diversi centri? Si sarebbe guadagnato in termini economici, di sicurezza, di affidabilità e così via. Non è stato fatto. La Ragioneria non voleva rinunciare al suo centro di calcolo, ma credo che ancora oggi sia così, si trova a La Rustica; il personale non voleva rinunciare al suo centro di calcolo, che si trova, ma mi sfugge la località, vicino Roma, e così via. Se un ministero così importante come quello dell'economia non riesce a «fare pulizia» in casa sua, come potete pensare che lo possa fare un ministero molto più piccolo, che sta faticosamente facendo qualcosa per la sua informatizzazione?
  Alla fine dei discorsi, la domanda di fondo è: di chi è la responsabilità? Adesso è facile dire che è della politica. Se, però, ci pensate bene, di chi altro può essere la responsabilità se non della politica?

  PRESIDENTE. Prego, onorevole De Lorenzis.

  DIEGO DE LORENZIS. C'è una responsabilità tecnica, c'è una responsabilità culturale della pubblica amministrazione che si opponeva, che fa resistenza, come è fisiologico, c'è una responsabilità assolutamente politica, di mancanza di visione. Su questo, ovviamente, non contesto.
  Quello che vorrei sapere è se, al di là degli strumenti previsti (criteri di premialità o penalità sulle risorse nelle amministrazioni che facevano certi tipi di scelte), abbiate mai proposto alla politica, che quindi avrebbe avuto la responsabilità poi di portare avanti certe scelte, degli strumenti alternativi? Faccio delle ipotesi.
  C'è la possibilità, superata la fase della facoltà di scegliere tra più percorsi, quindi con un obbligo di passare a un certo strumento, di esercitare un potere sostitutivo verso i comuni? È possibile immaginare, per esempio, che un ente sovraordinato come la provincia prenda in carico quel tipo di trasformazione, di transizione? Avete sottoposto alla politica una serie di suggerimenti, non dico di proposte di legge? Avete tolto alla politica alibi per non avere più quelle responsabilità?

  LIVIO ZOFFOLI, ex presidente del CNIPA. No, non è stato fatto. Parliamo del 2003- Pag. 242005, e le cose vanno viste nel momento storico. Oggi è diverso. Oggi si può dire che abbiamo questa consapevolezza proprio radicata, allora no. Allora, c'era, infatti, il mito dell'autonomia, che significava che non si poteva interferire, pena gravi offese, sulle decisioni delle singole amministrazioni locali. E allora non è stato fatto. Sarebbe stato considerato come improprio un atteggiamento volto a... Si è preferito, all'epoca, aggirare l'ostacolo con gli incentivi: se tu fai questo, ti do tante risorse economiche; se non lo fai... questo era il succo.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Zoffoli.
  Dichiaro conclusa l'audizione.
  Sospendo brevemente la seduta.

  La seduta, sospesa alle 13.30, è ripresa alle 13.35.

Audizione dell'ex Presidente del CNIPA Fabio Pistella.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'ex presidente del CNIPA, il professor Fabio Pistella, che ringrazio per la presenza.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Si tratta di un'audizione di natura prettamente conoscitiva, per la quale chiedo di fornire un quadro esplicativo quanto più ampio possibile dei compiti e della struttura del CNIPA nel corso del suo mandato.
  Ricordo ai commissari che il professor Pistella è stato presidente del CNIPA dal 2007 al momento della sua trasformazione in DigitPA, alla fine del 2009, ed è stato per alcuni mesi commissario straordinario di DigitPA, fino alla nomina di Francesco Beltrame, nel novembre 2010.
  Secondo la norma istitutiva che riorganizza CNIPA trasformandolo in DigitPA, quest'ultimo «è un ente pubblico non economico, con sede in Roma e competenze nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'ambito della Pubblica Amministrazione; esso opera secondo le direttive, per l'attuazione delle politiche e sotto la vigilanza del Presidente del Consiglio dei Ministri o del ministro delegato, con autonomia tecnica e funzionale, amministrativa, contabile, finanziaria e patrimoniale».
  Cedo dunque la parola al professor Pistella per lo svolgimento della relazione introduttiva, al termine della quale seguiranno eventuali domande o richieste di chiarimento da parte dei commissari. Professor Pistella, le anticipo, però, quella che credo sia una domanda spontanea. Abbiamo, infatti, iniziato ad audire i presidenti di AIPA, poi di CNIPA, adesso arriviamo fino a DigitPA, e appunto una delle domande che evidentemente viene subito è: qual era l'esigenza della trasformazione?

  FABIO PISTELLA, ex presidente del CNIPA. Mi fa piacere che siano loro a farla.

  PRESIDENTE. Finora, ci hanno raccontato cose che non sembrano giustificare la necessità di trasformazione. Magari Lei può aiutarci.

  FABIO PISTELLA, ex presidente del CNIPA. Posso darvi un contributo. Un intervento tra i dieci e i quindici minuti è ritenuto sensato? La ringrazio.
  Inizierei, proprio perché questa domanda me lo impone, dall'esame di alcune questioni di fondo e di contesto, perché il soggetto AIPA-CNIPA-DigitPA va collocato in una complessa costellazione.
  A mio avviso, la prima questione di fondo è un'insufficiente interrelazione tra razionalizzazione dei processi amministrativo-gestionali e digitalizzazione. I meccanismi di riforma della pubblica amministrazione e i meccanismi di sostegno/promozione della digitalizzazione hanno marciato per più di un decennio sostanzialmente in parallelo, con modeste occasioni di interconnessione, Pag. 25 anzi in alcuni casi con manifeste situazioni di contraddizione.
  Faccio un'osservazione che forse può apparire collaterale rispetto al tema, ma che invece giudico decisiva: non è stata organizzata all'interno di alcun ministero, tipico interlocutore di AIPA-CNIPA-DigitPA, una figura, una struttura che governasse processi di rinnovamento, riorganizzazione, ristrutturazione di quel ministero. Erano, sostanzialmente, meccanismi di carattere burocratico-amministrativo con la priorità della perfetta realizzazione delle prescrizioni del diritto amministrativo, che è una meraviglia, ma è uno strumento, non un obiettivo. L'intervento di digitalizzazione ha avuto, quindi, in molti casi la caratteristica di adottare nuove tecnologie per procedure storiche nate in altri contesti, che non venivano aggiornati. Paradossalmente, una volta che un sistema informativo traduce in programmi e in archivi una procedura, quella procedura diventa anche irrigidita, perché si dovrebbe pagare un nuovo sistema informativo per renderla coerente con nuovi indirizzi amministrativi. Faccio un esempio a mio avviso paradossale. Nonostante i tentativi di modificare la situazione attraverso articoli del CAD nella riforma penultima, fatta dal Ministro Brunetta, non è cambiato nulla. In molti ministeri, c'è un responsabile dell'informatizzazione, RSIA, responsabile dei sistemi informativi automatizzati, e c'è un diverso signore che si occupa di telecomunicazioni. Nel mondo ICT, mi sembra paradossale che, da una parte, ci sia una visione soltanto gestione dati e, dall'altra, ci sia una visione di logistica, dove l'approvvigionamento della potenza elettrica e l'approvvigionamento di reti per le telecomunicazioni sono visti come un tutt'uno che è bene tenere insieme, distinto dal precedente.
  In particolare, credo che abbia giocato una visione di assoluta assenza, nella progettazione delle attività dell'amministrazione, della priorità del risultato atteso/servizi. In questa cultura, in cui l'adempimento dell'atto amministrativo è prevalente, il servizio, se viene è un risultato certo positivo, magari ottenuto aggiungendo un'apposita dimensione integrativa. Nefasta, da questo punto di vista, è la distinzione tra back office e front office, come se fossero uno sovrapposto all'altro in fase finale, mentre casomai va fatta una reingegnerizzazione all'indietro, reverse engineering, che parta dal risultato atteso, e conseguentemente organizzi i processi strutturati.
  Parto da una slide (Fig. 1) che non pretendo certo di illustrare in dettaglio. Intendo soltanto sottolineare la complessità dell'attuale meccanismo decisionale proprio perché una delle espressioni chiave di questa mia presentazione è «bisogna integrare», parto da una dimostrazione del fatto che non siamo affatto integrati. Al centro, in colore celeste è rappresentato il ruolo del CNIPA, del quale dico subito la mia etichetta: «profeta disarmato», non so quanto bravo profeta, ma sicuramente abbastanza disarmato, e cercherò di illustrare perché. In giallo sono gli elementi di policy comunitaria. Sapete tutti che il meccanismo decisionale nazionale è soggetto a una serie di interventi della Commissione e così via, che dà direttive, linee guida, indirizzi, e quindi ho rappresentato la funzione della Commissione in alto nello schema. In lilla-violetto è rappresentata la pubblica amministrazione a livello regioni ed enti locali. Una delle cose che, per esempio, non vanno di AIPA-CNIPA, e anche di DigitPA, è la sua quasi irrilevante competenza su quel che accade nel sistema della digitalizzazione delle regioni e degli enti locali. Come cercherò di illustrare, le interconnessioni sono, invece, decisive. Sulla sinistra, in colore grigio sono rappresentati i ministeri. Vi risparmio l'approfondimento, ma sollevo alcuni punti. Voi sapete che c'è una norma generale sul funzionamento della Presidenza del Consiglio che impone a ogni ministero di fare il proprio piano sullo sviluppo delle attività per l'anno successivo, con proiezioni triennali (denominato Direttiva generale del Ministro per l'azione amministrativa e la gestione) . Nonostante tutte le pressioni del CNIPA che l'essere disarmato consentiva, quasi per nessuna amministrazione, in queste direttive ministeriali da redigere obbligatoriamente a inizio Pag. 26 anno per le attività delle strutture, c'era un adeguato capitolo su gestione e sviluppo dei sistemi informativi. Tuttavia, una figura, che tipicamente nell'amministrazione conta poco o nulla, il signor RSIA, redige invece, per prescrizione normata nella legge istitutiva dell'AIPA, confermata in quella del CNIPA, un apposito documento sulle attività ICT, ma guai se egli si permettesse di fare osservazioni sull'impatto che le nuove tecnologie pongono sugli aspetti procedurali e organizzativi per la realizzazione dei servizi.
  Ci troviamo, quindi, di fronte a percorsi costosi, che impegnano risorse, ma che sono drammaticamente scorrelati. Quando poi arriva questo piano ICT, ci si accorge che non ha copertura finanziaria, è wishful thinking, e lascia la situazione sostanzialmente come era. Proverò, alla fine, a suggerire come questo intrico possa essere dipanato.

  PRESIDENTE. Lei aveva segnalata, a suo tempo, questa discrepanza?

  FABIO PISTELLA, ex presidente del CNIPA. Assolutamente sì e la risposta è stata, formalmente ineccepibile, che prima andava riformata la pubblica amministrazione nel suo complesso e che poi si sarebbero occupati, di conseguenza, di rendere coerente la dimensione informatica.
  Tutte le riforme effettivamente varate sono state però caratterizzate da due limiti, a mio avviso: uno molto macro di sistema; dico da fisico che, con una frequenza di cambiamento della regola superiore a quella corrispondente al tempo di implementazione della regola stessa, non si trasferisce energia tra i sottosistemi e tutto va in attrito, perché c'è un cattivo accoppiamento delle frequenze. Mi scuso del linguaggio.

  PRESIDENTE. È un'ottima metafora, grazie

  FABIO PISTELLA, ex presidente del CNIPA. È la realtà dei fatti. L'altro limite era che non si riusciva ad avere i decreti applicativi. Lei sa bene, signor Presidente, che sono state leggi delega a dare luogo a decreti applicativi, che poi si traducono in direttive ministeriali, un adempimento ulteriore rispetto ai decreti emessi. Spesso il diavolo sta in questa terza fase, è lì che c'è la polpa, ed è lì che viene il ritardo.
  Sapete bene quanti provvedimenti debbono essere emessi ancora in applicazione della riforma – se posso chiamarla così – Brunetta. In compenso, abbiamo la riforma Madia. Il mio problema non è la visione di Brunetta o la visione di Madia, in larga misura convergenti, ma che sono passati troppi pochi anni per dire se era buona o cattiva la riforma precedente. Questo porta a una diffusa ostilità al cambiamento dentro le strutture. Quando dialogavamo anche con persone di livello – penso a tre o quattro Ragionieri generali dello Stato con cui riuscivo a parlare senza difficoltà, date precedenti occasioni di collaborazione – persone che stimo, mi dicevano che non sapevano se avrebbero fatto in tempo a predisporre il bilancio anche quell'anno, che avevano una serie di emergenze, che per favore non li disturbassi: potevo fare un prototipo, che forse avrebbero usato, mi avrebbero fatto aiutare dai loro collaboratori, ma «per favore», non era il momento. Nella mia esperienza, durata tre o quattro anni, non era però mai il momento. Di conseguenza, veniva la legacy, termine terribile. Spesso accade che un termine inglese nasconda qualcosa che non vogliamo raccontare bene: vuol dire rigidità delle scelte tecnologiche, vuol dire non partire dalle prestazioni, ma dai vincoli di quel che c'è, quindi è una programmazione, anche da parte dei più sensati, limitata all'aggiustamento del vecchio; ma definire una nuova strategia non era considerato nemmeno in tema.
  In più, ci sono altri fatti, più tecnici, tra cui la sindrome not invented here (respingere innovazioni generate non presso il futuro utilizzatore). Ho avuto un paio di riunioni proprio in questa sala – se ricordo bene, c'era la Commissione di vigilanza sull'anagrafe tributaria, che ha seguito questo tipo di attività – e devo dire che c'era anche una convergenza di molti dei componenti la Commissione su certe linee, che Pag. 27poi però, purtroppo, sono rimaste su un binario morto. La sindrome del not invented here era difficile da superare di fronte a soggetti che magari erano i decisori per l'allocazione delle risorse finanziarie. Sono stato Presidente del CNR in una mia precedente funzione e ho avuto un ottimo rapporto con un Ragioniere generale dello Stato, che mi aiutava a far funzionare ragionevolmente il CNR, e mi sono messo in questo stato d'animo: un Presidente CNIPA, anche «fuori ordinanza» e un po’ «aggressivo», come credo di essere etichettato, è in grado di imporre qualcosa a un signore che gestisce la sopravvivenza di un così largo numero di importanti istituzioni attraverso le allocazioni che decide?
  Per anticipare che cosa suggerirò rispetto a quanto rappresentato in figura, bisogna collocare molto in alto il momento delle strategie, separandolo rispetto al momento dell'esecuzione. Se glielo dice il Presidente del Consiglio, il Ragioniere generale dello Stato, nonostante sia per lui un problema, stanzia risorse, intelligenze e capacità per il cambiamento; se glielo dice il presidente del CNIPA, lo ascolta per simpatia, ma poi non accade nulla di concreto. Il prezzo, però, è pesanti duplicazioni e assenza di un'attenzione alle interconnessioni. L'esempio che sto usando, del Ragioniere generale dello Stato è per alcuni versi un'eccezione favorevole. Dovendo leggere i bilanci e le spese delle singole amministrazioni, la Ragioneria è stata una delle poche sedi nelle quali si è fatto un buon lavoro di interconnessione. Io considero il SEPA uno strumento valido, le cui potenzialità sono sotto-valorizzate al momento, e suggerirei investimenti che lo riprendano e lo modernizzino (le prime funzioni risalgono al 2008).
  Sto prendendo più tempo di quanto pensassi, e quindi salto alcuni passaggi.
  Se posso rimanere in quest'esemplificazione, che forse non è accademicamente elegante – mi scuseranno i colleghi professori qui presenti, ma faccio un discorso un po’ terra terra – vi parlerò di una cosa che forse vi sorprenderà che io metta sul tavolo. Mi riferisco al protocollo. A mio avviso, il protocollo è la chiave per uscire da questa impasse della separatezza. Sto parlando di un protocollo che deve diventare un workflow, cioè uno strumento con il quale, partendo dalle registrazioni dei documenti in arrivo e in uscita, in realtà si controlla l'avanzamento della pratica, intendendo per pratica quel che è necessario per arrivare alla prestazione del servizio al cittadino.
  Peraltro, il protocollo è uno dei risultati positivi conseguiti, ma solo parzialmente. Alla fine, «a martellate» abbiamo imposto a tutte le amministrazioni il protocollo, ma è rimasto solo un «libro digitale» in cui si registra la corrispondenza che arriva e quella che esce. Adottare il workflow, però, significherebbe una strategia nuova nei sistemi informativi pubblici, anche se tecnicamente è una «novità» di oltre quindici anni fa. Da tempo sono disponibili sistemi informativi con approccio SOA (Sistema Informativo orientato alle Applicazioni). Un altro termine che velocemente consente di trasferire il messaggio che penso debba arrivare al vostro livello è quello che designa un sistema informativo basato su un orchestrator. Cos'è un orchestrator? Come dice il nome, è un signore con la bacchetta che dice quando suona il violino, quando il trombone, se suonano insieme. Il risultato è che il sistema informativo abbandona la natura storica del silos, cioè un sistema informativo chiuso, molto rigidamente strutturato, che efficacemente esegue un calcolo, una procedura, ma vista chiusa in sé. L'amministrazione è ancora adesso rappresentabile in termini di sistemi informativi corrispondenti a un'ennupla di silos, qualche volta cuciti da opportune passerelle di intercomunicazione. Questa è una soluzione molto antica.
  Una concettualizzazione per cui, invece, ciascun sistema informativo, attraverso un approccio SOA, basato su un protocollo che diventa il workflow come ho descritto, è qualcosa che dà interconnessione e flessibilità: se si manifesta nuova esigenza, aggiungo un pezzetto, soprattutto se, ultimo passaggio tecnologico, prevedo una standardizzazione dei moduli, nel senso che siano compatibili le interfacce di entrata e uscita. Poi ci sarà competizione, chi lo fa giallo e chi lo fa verdino, ma il punto Pag. 28è che dobbiamo stare in un sistema modulare con delle interfacce tra i moduli standardizzate. Che cosa stiamo scoprendo? Stiamo scoprendo l'elettronica che è fatta così dagli anni Ottanta. Una volta montavamo le resistenze e gli altri componenti e c'era una scheda per ciascuna prestazione. Adesso tiriamo fuori dal catalogo il chip, che svolge una certa funzione. Se smonto i telefonini, sono tutti uguali, con i chip componenti prevalenti, fatti sempre dalle tre o quattro grandi case che producono i semiconduttori. Poi ciascun produttore di telefonini, avvalendosi dell'interfaccia standardizzata e di prestazioni preesistenti, fa il suo montaggio. Questa è un'operazione che può essere adottata per il sistema della pubblica amministrazione nel suo complesso e con un intervento di medio termine, non annuale, dotato di poteri, e delle, nemmeno tante, risorse finanziarie necessarie. Questo «giochino» infatti, rappresentato in figura vale 3 miliardi l'anno, comprendendo anche la PA locale e alcuni costi fissi, che sono confrontabili con i 3, 4 di cui sentiamo nei telegiornali di questi giorni come causa del conflitto tra Italia e Unione europea. Gli ordini di grandezza sono, cioè, cospicui.

  PRESIDENTE. Intende 3 miliardi di spesa o 3 miliardi di risparmi?

  FABIO PISTELLA, ex presidente del CNIPA. No, di spesa. Se si agisce a livello di obiettivo, per un 10 per cento di risparmi l'anno in due anni, già si arriva a 0,6, che su un triennio, unità di misura tipica della spesa pubblica, fa 0,9 miliardi di euro. Sono cifre di qualche rilievo. Conseguentemente, (investendo le somme corrispondenti a questi risparmi sulla spesa attuale) si può ottenere una connettività ben più incisiva, a scambio di elaborazione dati, non a scambio di informazioni (Fig. 6).
  Andando sul semplice, proprio perché Lei ha toccato il punto chiave della spesa... Penso di poter velocemente riassumere. In sostanza, concettualmente in un sistema informativo noi abbiamo tre dimensioni (Fig. 2): il risultato atteso, cioè i servizi che voglio erogare, che capiamo bene; il parco macchine di cui si dispone, che pure capiamo molto bene, che non è detto debba essere cambiato se si cambia impostazione, perché ormai il livello dell'informatica è tale che c'è un disaccoppiamento forte tra le potenzialità della macchina che fa concettualmente tutto e il tipo di sistema informativo che vi installo sopra, e questo è noto, è banale.
  Penso sia meno banale, invece, osservare la terza dimensione relativa alle capacità, traduzione del termine inglese capability, che sono dei sottosistemi informativi polivalenti, (Fig. 3) come, per esempio, un sistema di gestione dati su base geografica, il GIS, una capability che mi debbo costruire. Poi la utilizzo simultaneamente per i lavori del Ministero dell'ambiente, i lavori del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e così via. Non è che ogni ministero, oltre ad avere il grande problema dei silos non smontabili, deve avere il suo specifico tipo di GIS. Oltre a pagarlo n volte, infatti, ho anche il problema che il GIS 1 del Ministero dell'ambiente non parla col GIS 2 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e così via.
  Mi viene in mente, con l'esempio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti anche una questione che non è emersa nemmeno a livello dei giornali. Molte unificazioni di ministeri, dal punto di vista dei sistemi informativi, non hanno toccato nulla. L'unificazione delle infrastrutture e dei trasporti è recente e non si può chiedere se siano già stati unificati i rispettivi sistemi informativi, ma l'unificazione Ministero dell'economia e delle finanza risale ormai a molti anni fa, e non è successo nulla sul fronte dell'unificazione dei sistemi informativi. Tra il software della Ragioneria generale dello Stato e le prestazioni per il Dipartimento finanze, affidate alla Sogei, c'è, se mai, competizione, non c'è una messa in comune sistematica di dati o elaborazioni, tanto che quando debbo andare a fare l'anagrafe, ho un gran problema tra quella del Ministero dell'interno, quella dei comuni, quella della Sogei e potrei continuare con altre anagrafi.
  Tornando al senso di questo intervento, la razionalità e il risparmio sulla spesa si Pag. 29ottengono se la logica di architettura dell’orchestrator che chiama le parti è portata anche a de-enfatizzare la questione hardware, e invece si insiste su delle capability di carattere comune alle diverse applicazioni.
  Per andare subito sulla parte propositiva, io vedo alcune grandi occasioni per cui questo cambio di impostazione può essere realizzato. Intanto, c'è da attuare una riforma della contabilità di Stato. Se mi posso permettere, non ho visto niente di simile nel mandato, ma credo che la Commissione dovrebbe/ potrebbe allargare le sue competenze anche a queste tematiche. È nella fase attuativa di alcuni provvedimenti di carattere organizzativo che la digitalizzazione si fa o non si fa. Do merito all'allora Ministro Padoa-Schioppa di aver lanciato un'operazione di chiarezza, che poi è stata denaturata. Provenendo dalla fisica e dall'informatica, sono poi passato come professore a ingegneria gestionale, e quindi uso anche questo linguaggio, perché mi sembra decisivo che si voglia arrivare al risultato gestionale. Insegniamo che esistono tre dimensioni della spesa: la natura della spesa (stipendi, investimenti, contratti esterni); il soggetto che spende; la finalità, la destinazione, l'obiettivo da conseguire con la spesa. Questa è la sostanza di un processo gestionale. La riforma introdotta da Padoa Schioppa nel 2008 impose la scrittura del bilancio dello Stato in questi termini. Faccio un esempio. Consideriamo la destinazione della spesa ambiente: è ovvio che spende per questo il Ministero dell'ambiente, ma non ci si deve fermarsi qui, perché anche il Ministero delle politiche agricole e forestali fa operazioni con questo obiettivo, analogamente il Ministero dei trasporti e l'elenco potrebbe continuare per ogni tipologia di spesa. Ci sono eccezioni. La finalità salute ha abbastanza forte coincidenza di diagonalizzazione tra chi spende e la finalità; questo vale sia per il Ministero della salute sia per le regioni, perché sapete che la salute vale il 75-80 per cento budget delle regioni. Altrove, però, sono stati fatti degli artifizi per cui c'è una voce di spesa che all'interno di ciascun ministero nasconde quella componente che dovrebbe essere evidenziata, invece, per consentire una lettura trasversale della finalità della spesa. Un software, di un modestissimo costo, che facesse operazioni di estrazione delle effettive finalità di spesa, allocate in maniera ora purtroppo non facilmente visibile nei budget delle singole amministrazioni, sarebbe un modo per cominciare a provare un sistema SOA e anche per avere un grande strumento per la spending review.
  Se posso ancora dedicare un po’ di tempo a quest'aspetto, descrivo brevemente come ho affrontato il tema dei 300 istituti del CNR quando sono stato nominato presidente. Anzitutto, 300 fa ridere; con le opportune regole, in capo a un anno sono diventati 100, ma comunque rimaneva il problema di coordinare le attività di 100 istituti, i quali non hanno diagonalità tra competenze e obiettivi, perché, per esempio, l'obiettivo sviluppo motori vede simultaneamente impegnati, oltre all'Istituto motori, l'Istituto di ricerche sulla combustione, l'Istituto con competenze di chimica delle sostanze aromatiche, quello con competenze sulla protezione dell'ambiente e così via. Come abbiamo fatto? Abbiamo mantenuto i sistemi informativi dei singoli istituti, ma abbiamo creato il sistema SIGLA, Sistema Informativo Gestione Linee Attività, che faceva da meta-sistema, e si andava a trovare le informazioni. Ogni istituto gestiva il proprio sistema informativo come prima, ma gli è stato chiesto, magari col file transfer, per citare una modalità di vent'anni fa, di far avere determinate informazioni da elaborare con SIGLA. Il SEPA, che prima ho citato con elogio, della Ragioneria, opera con approccio analogo. Tornando al CNR ciascun istituto ha proseguito a impiegare i propri sistemi informativi, ma abbiamo prodotto informazioni integrate a livello dell'intero CNR sulle attività svolte. Poi si sono aggiunti i curricula dei dipendenti, e, più in generale, tutti i dati del sistema informativo del personale. Analogamente è stato utilizzato il data mining per il sistema dei contratti, (non tocco il programma utilizzato nel singolo istituto, sennò quest'ultimo lamenta che non può, nel transitorio, pagare le fatture) ma cortesemente Pag. 30 trasferisce nel SIGLA, con l'interfaccia FTP, i dati necessari all'integrazione. Funziona, si può fare su scala più grande, e magari lo si può etichettare come applicazione della legge di contabilità di Stato, che sta indietro, o come supporto all'attività di spending review.
  Vedo anche un'altra applicazione: nuova legge sui contratti negli appalti, riforma del codice degli appalti. La vecchia Autorità di Vigilanza Contratti Pubblici (AVCP) non funzionava, perché non aveva potestà adeguate nei confronti delle amministrazioni, ma anche perché non c'era, per molti anni, un sistema informativo, ma c'erano stanzoni colmi di fax che arrivavano, per esempio, dalle regioni. Se non creiamo un adeguato sistema (integrato o almeno adeguatamente interagente), intanto i tempi sono fuori, i costi sono fuori, e comunque non è possibile un'operazione di coordinamento e controllo. Poiché questa competenza è passata all'Autorità anticorruzione, a Cantone, se fossi ancora in servizio busserei alla sua porta e gli chiederei se è interessato a un sistema informativo organizzato modernamente, che magari funga anche da prototipo. Si potrebbe partire dal sistema CNR cambiandolo come serve, e poi metterlo come standard per vedere se altre amministrazioni possono proseguire in tal senso.
  Concludo, velocemente, perché ho abusato della vostra cortesia, mostrando la figura degli esempi (Fig. 3), che non intendo illustrare in dettaglio, del lavoro già fatto per la costruzione di questi tre insiemi da interconnettere: le capacità di cui dispongo, ad esempio il sistema GIS, il servizio a cui voglio arrivare, gli n moduli per operazioni elementari che sono necessari per arrivare lì, il tutto governato dall’orchestrator, in un sistema SOA.
  Io credo che debba essere lanciato un programma di natura trasversale sulle amministrazioni, gestito dalla Presidenza del Consiglio, con una delle motivazioni che ho indicato, se si vuole giocare di basso profilo, o facendone un obiettivo ad hoc del Governo, se si vuole invece dare maggiore evidenza, per realizzare alcuni esempi di questo tipo.
  Il lavoro che possiamo – che possono i miei successori, se vogliono – mettere a disposizione è: l'elenco dei servizi. Come l'abbiamo costruito? Abbiamo individuato (Fig. 4) sedici bacini d'utenza: i trasporti, la sicurezza, la salute, l'ambiente, ciascuno dei quali corrisponde a un certo numero di servizi che il cittadino si aspetta (Fig. 5). Ne abbiamo fatto l'elenco. Il numero totale dei servizi non si ottiene moltiplicando il numero di servizi per il numero di bacini di utenza? Molti servizi, infatti, sono trasversali cioè di tipo comune a più bacini di utenza. Se individuo dei moduli tipici di attività, ancora più forte è il fattore di riduzione. Per esempio tutti i bacini di utenza hanno moduli quali l'identificazione, la verifica del dato in archivio, quindi, alla fine della fiera, con 50 moduli standardizzati tutto il sistema in qualche modo regge, perché è una sorta di «Lego».
  D'altra parte, è così nell'impiantistica. Io vengo dalla progettazione dei sottomarini nucleari negli Stati Uniti: non si progettava il sottomarino ex novo e ci si ponevano domande del tipo: che pompa c'è già sul mercato con cui posso lavorare? Che scambiatore di calore c'è abbastanza vicino (a quello che mi serve quanto a prestazioni) da utilizzare? Un sistema di progettazione intelligente va nella direzione di identificare alcuni componenti, che si chiamano on the shelf, cioè disponibili a catalogo, sullo scaffale. Questo approccio è una grande opportunità anche nella competizione tra imprese del settore ICT. Altrimenti – lo dico sommessamente – posso capire il gestore del sistema tradizionale del ministero X che cerca, senza violare la legge, di fare in modo che ci sia un rinnovo del contratto per il gestore alfa del quale già si avvale. Se il suo sistema informativo è, infatti, talmente specifico, talmente un patchwork di successivi aggiustamenti al silos iniziale, solo quelle quattro o cinque persone che lo gestiscono da anni sono in grado di farlo girare. Quando scade il contratto e deve far partire una gara per trovare il nuovo fornitore, è un grave incubo per la persona che ha l'obbligo di mandare avanti le attività, perché si è venuto a configurare nel tempo un Pag. 31oggetto totalmente peculiare. Ad esempio, ho trovato al CNR la gestione del personale fatta ancora in COBOL. Nel 1971 insegnavo il COBOL alla facoltà di economia e commercio della Tuscia; negli anni tra l'Ottanta e il Novanta il COBOL è praticamente scomparso; negli anni Duemila era da considerare un fossile.
  Penso di non dover andare avanti con esempi. Naturalmente, ci sono gigabyte di documentazione prodotta su analisi e proposte di rinnovamento dei sistemi informativi della PA formulate dal CNIPA nel periodo successivo al 2007.
  Ho una sola considerazione finale. Vedo bene un sistema a tre livelli, strategie e linee di attività a livello Presidenza del Consiglio, ma affrontato adeguatamente. Io posso anche fare un inchino di rispetto a Piacentini, ma poi gli chiedo quante persone ha, che budget ha e che tipo di poteri gli diamo nel rapporto con gli interlocutori all'interno dei ministeri, sennò produrrà un meraviglioso rapporto, che portiamo a Davos e facciamo bella figura, ma alla fine della fiera non viene fuori rigorosamente nulla, non per la scarsa qualità di Piacentini o per il contrario, ma perché non è stato organizzato uno strumento operativo.
  Al di sotto del luogo delle strategie a livello della Presidenza del Consiglio vanno bene massima libertà e operatività delle singole amministrazioni, ma operatività sul come realizzano le direttive che vengono dal livello 1. Un conto è la libertà di eseguire nel modo che ciascuno sceglie le direttive strategiche ricevute, un altro è la licenza assoluta e lasciar fare ad ognuno come meglio crede. Il punto di equilibrio è, quelle essendo le scelte strategiche, che ogni amministrazione se le possa realizzare.
  Il terzo livello, tipicamente ignorato, è il monitoraggio dell'avanzamento. In qualunque attività di project management, la qualità deriva da quello che sta sul collo all'esecutore, ci sono i pilastrini degli obiettivi intermedi milestone e si vede se li si sta realizzando. È qui che, a mio avviso, serve una tecnostruttura, che agisce di supporto alle strategie, ma non decide le strategie. Le può suggerire, perché non ha – né CNIPA, né DigitPA, né AgID – il potere e la credibilità per sancire le strategie, ma può produrre proposte di scelte strategiche. Non deve mettere bocca nella gestione, sennò non si capisce chi è responsabile di che cosa, gestione che va lasciata alle singole amministrazioni, ma ripeto con il vincolo di seguire le linee guida e gli indirizzi di cui al primo livello. La tecnostruttura deve invece fare l'ispettore, che aiuta, quello che fa il monitoraggio e dice, frase fatidica, «ma non avevamo detto che avresti dovuto, alla data X, mettere in piedi il tuo workflow derivante dal protocollo?». Questo è un sistema che con pochi cambiamenti, tre articoli di legge, potrebbe anche mettere in piedi qualcosa che risolve il problema.
  Se vi posso intrattenere con questa illustrazione (Fig. 7) relativa al meta-protocollo, avendo già precisato che per protocollo intendiamo un sistema di workflow. Anche ammesso che ciascuna amministrazione abbia adottato le innovazioni suggerite, il cittadino non ha risolto completamente i suoi problemi, perché continua a dover fare il fattorino camminatore, che insegue la pratica per amministrazioni come mostra questa illustrazione relativamente a quando più amministrazioni, in un atto amministrativo complesso, devono contribuire alla formulazione dell'atto finale (per esempio; abitabilità villetta, autorizzazione apertura negozio parrucchiere, non sto parlando del ponte sullo Stretto di Messina). Non c'è nessun motivo da un punto di vista tecnico, perché l'utente debba occuparsi di far avanzare la pratica: si può andare invece alla soluzione successiva, a un meta-meta-sistema, (Fig. 8) a un protocollo unico che segua l'avanzamento nelle varie amministrazioni, come il protocollo CNR rispetto al protocollo degli istituti. Non c'è da inventare nulla, perché si prende il sistema Amazon di consegna, lo si modernizza e si realizza un sistema di questo tipo. Non c'è complessità tecnologica, ma bisogna introdurre alcuni strumenti banali, come il numero del procedimento, che deve essere come il codice fiscale, organizzato sulle dimensioni (chi lo ha fatto partire, per quale tipologie di spesa, per quale procedura), la cartella del cittadino e la cartella Pag. 32dell'impresa, in cui sono custoditi i documenti che l'interessato mette a disposizione delle amministrazioni, con il loro expiration time, per cui una serie di produzioni e di attestazioni è semplicemente sostituita da un accesso autorizzato alla cartella dei documenti custoditi. Anche questo è abbastanza banale.
  Faccio alcune osservazioni di «bassa cucina». Vedrei molto bene in fase di reingegnerizzazione un intervento di società di consulenza, di docenti universitari o comunque di soggetti esperti di organizzazione. Se mi si chiede dov'è l'esperienza di organizzazione nel nostro ordinamento, devo rispondere: il Dipartimento della funzione pubblica nel Ministero della Ministra Madia, ma non è completamente vero. Io ci ho lavorato, non hanno competenze specifiche e non hanno il personale necessario. Sono degnissimi professionisti, ma il loro mestiere è un altro (il diritto amministrativo e non le scienze dell'organizzazione). Leggo sui giornali che un certo numero di dirigenti e di ministri sono stati messi sotto indagine dalla Corte dei conti perché hanno dato consulenze a società di consulenza organizzativa. Sicuramente, se saranno condannati, hanno violato la legge, e ben venga, ma cambiamo la legge. Se, infatti, si pensa che con le risorse interne ai ministeri si riformano i processi gestionali dei ministeri stessi non si va lontano. Bisogna avere il coraggio di sentire gli esperti e intervenire sulla organizzazione.
  Vorrei far passare un altro messaggio: le regioni hanno un patrimonio di conoscenze, in alcuni casi sono delle eccellenze. Inventiamo un sistema in base al quale si possono trasferire tra regioni questi meccanismi. C'è una lettura del termine «autonomia» assolutamente errata, dal mio punto di vista. Autonomia non vuol dire spendere i soldi per rifare una cosa che c'è già. Facciamo anche in modo che parte di quanto già realizzato possa entrare nel catalogo delle applicazioni utilizzabili. Qualcuno dirà che c'è la cosiddetta norma del riuso nel CAD. No, il riuso oggi possibile è quello dell'intero silos che può essere usato da un'altra parte: non funzionerà mai. Io sto parlando di un catalogo di oggetti che abbiano interfacce standardizzate, svolgano operazioni elementari o para-elementari e possano costituire un sistema «Lego».
  Mi scuso, sono stato un po’ lungo e forse poco formale rispetto alla sede.

  PRESIDENTE. No, anzi La ringraziamo, professor Pistella.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
  Prego, onorevole D'Incà.

  FEDERICO D'INCÀ. Chiederei una cortesia al professor Pistella: non si può avere una relazione, oltre a quello che ha preparato, anche dell'ultima parte, di quanto descritto, nel caso in cui non sia inserita, con allegati gli schemi che ci ha appena lasciato...? Con anche le ultime cose che lei ha detto?

  FABIO PISTELLA, ex presidente del CNIPA. Forse posso consegnare subito il contenuto di quello che ho detto e promettere le referenze – uso il termine da pubblicazione scientifica come rinvio a un approfondimento come equilibrio tra il raccontare tutto, ed essere troppo sintetici, al punto che non si capisce niente. Le figure che ho proiettato, per esempio, sono un estratto da una mia audizione in occasione dell'indagine nel 2009.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Commissione d'inchiesta analoga?

  FABIO PISTELLA, ex presidente del CNIPA. Era una indagine conoscitiva, svolta da una commissione ad hoc, che ha svolto un ottimo lavoro.

  PRESIDENTE. Da cui noi siamo partiti.

  FABIO PISTELLA, ex presidente del CNIPA. La tragedia è che, purtroppo, poco è stato realizzato di quel lavoro.

  PRESIDENTE. Io ho una domanda. La ringrazio. Molte cose continuano a venir fuori regolarmente. In alcuni casi, devo dire che con una certa soddisfazione noto Pag. 33che almeno alcune indicazioni in parte sono recepite ultimamente dalle ultime modifiche normative. Ho, però, una domanda appunto.
  Io ho sempre pensato che un buon modo per cercare di avere l'autorevolezza di proporre il cambiamento all'interno della pubblica amministrazione fosse dare il buon esempio. Abbiamo visto che c'è un'enorme difficoltà nella pubblica amministrazione a far andare di pari passo l'introduzione delle tecnologie con la giusta riorganizzazione. Uno dei problemi è il mancato switch-off di alcuni processi analogici.
  Nella Sua esperienza come presidente di CNIPA e commissario di DigitPA, Lei può dire di essere riuscito a fare in modo che CNIPA e DigitPA fossero un buon esempio di amministrazione digitalizzata?

  FABIO PISTELLA, ex presidente del CNIPA. Nell'ultima fase, sì. Abbiamo messo in piedi un lavoro, abbastanza lungo, di gestione progettuale. Io non ho trovato progetti organizzati secondo moduli standard, e ho prodotto la descrizione delle attività in corso in termini di progetti. Questo mi sembra un buon benchmark.
  Un altro è il full costing. Nella contabilità pubblica, le spese di personale non vengono considerate come le spese della logistica e dell'ammortamento dell'infrastruttura. Si dimensiona il costo del progetto, limitatamente al flusso verso l'esterno e la corrispondente liquidità. E non è così che funziona nella contabilità aziendale. L'attrattività di una soluzione rispetto all'altra deve essere valutata esponendo tutte le voci di costo, dirette e indirette. Ho messo in piedi un sistema di contabilità di questo tipo: ho subito, per aver fatto questa contabilità, un'ispezione della Ragioneria, che comunque, alla fine, ha concluso che era condivisibile. I rilievi sono partiti da osservazioni relative al full costing.
  Lo stesso impegno è stato dedicato ai meccanismi di inventario dei prodotti effettivamente disponibili come risultato dei diversi progetti. Un progetto può avere più prodotti, magari c'è anche un progetto che è andato male, e comunque si deve rapportare all'esterno per il tipo di prodotto che ha realizzato.
  Gli aspetti di rinnovamento gestionale sono stati quindi la gestione progettuale, il full costing e l'inventario dei prodotti, non senza difficoltà.
  Non voglio invadere il vostro tempo. Non so se qualcuno vi ha parlato dei function point. È un'altra cosa sulla quale ho battuto moltissimo: a me del function point non importa nulla, perché è una misura di complessità della soluzione, e io posso far diventare lungo quanto voglio il pezzo di software che svolge una procedura. Casomai, quindi, devo minimizzare il function point, non valorizzare rispetto al function point. Ma allora le amministrazioni sono fatte da imbroglioni e incompetenti? Perché lo sostengono? Lo sostengono perché, per i motivi che ho descritto prima, in definitiva, se vogliamo essere espliciti, le amministrazioni acquistano prestazioni di esperti. Se hai un sistema informativo «tenuto col cerotto», come fai a progettare minuziosamente in anticipo di cosa avrai bisogno? La controprova, e qui riprendo meglio la Sua domanda su CNIPA e DigitPA, è che non ha alcun senso tecnico il ruolo di CNIPA codificato nell'espressione di un parere su un contratto. Questo dice la legge istitutiva del CNIPA, ma quando ho la bozza di contratto, tutte le specifiche funzionali, prestazionali e costruttive sono state definite, e il contratto ne è la traduzione. Siamo nella stessa situazione delle opere pubbliche italiane. Perché vanno in difficoltà? Perché si mette al bando senza un progetto esecutivo. Non a caso, la legge prevedeva espressione di parere sul contratto. Com'era il parere? Obbligatorio, ma non vincolante. Vi potrei fare una serie di esempi in cui abbiamo detto che, a parte il fatto che si sarebbe dovuto progettare con maggior dettaglio, comunque sulle clausole andava fatto in un certo modo, e ciò nonostante, dalle amministrazioni è stato fatto in un altro modo. Va bene, nel senso che la legge parla di obbligatorio, non di vincolante.

  PRESIDENTE. Su questo sarebbe il caso che Lei, magari, ci aiutasse a recuperare i casi in cui...

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  FABIO PISTELLA, ex presidente del CNIPA. Ne conoscete sicuramente uno, il Sistri. Non so se interessa, ma in breve posso raccontarlo.
  Capitolo numero 1: non ci hanno chiesto il parere. Allora, ho usato gli strumenti: lettera al mio Ministro, il quale dopo un po’ ha scritto al Ministro competente, e il suo collega non gli ha tempestivamente risposto. È durata l'ira di Dio. Alla fine, ci hanno sottoposto il contratto. Abbiamo formulato un parere. Non ricordo se al tempo ero commissario o era già costituito il Comitato direttivo DigitPA – tutta questa storia è durata anni – ma sono stato sicuramente relatore del parere, perché ho fisicamente scritto io il parere. È un parere feroce: cattiva progettazione, cattiva definizione degli strumenti, costi non comprensibili. È stato trasmesso al Parlamento attraverso il Ministro, alla Corte dei conti, se n'è occupata anche la magistratura. Ho dialogato con la magistratura napoletana, che aveva cominciato a occuparsi della vicenda. Non è successo niente in conseguenza del nostro parere, ma l'abbiamo formulato eccome. In conseguenza della ipotesi di violazione della legge penale sono successi dei fatti, e non so come siano evoluti, perché da anni non me ne occupo.
  All'altro estremo c'è un esempio banale. Ho personalmente scritto che non aveva senso mantenere il vecchio tipo di format della patente, per tre motivi: la foto non si vede; se si strofina col dito la patente, si rovina; nell'anno 2008-2009, non ricordo la data non c'era il chip, e ancora non c'è il chip. Scritte le critiche con questa chiarezza sul parere del CNIPA, non è successo nulla. Lo possono fare. Il parere è obbligatorio, ed è stato fatto. Hanno ribadito alle critiche che la soluzione da loro proposta andava bene, e il parere lo hanno disatteso. Come esempio di motivazione per disattendere un parere ricordo un caso in cui l'amministrazione ha tirato fuori una norma comunitaria, letta malissimo, forzatamente interpretata come prescrivere un certo tipo di format. In realtà, quella norma diceva che quando quel tipo di format fu sottoposto al parere comunitario, fu giudicato accettabile, ma è l'errore che può capitare agli studenti del primo anno di ingegneria: confondere condizione necessaria e condizione sufficiente. Fu allora condizione sufficiente, ma non vuol dire che oggi sia sufficiente, tantomeno condizione necessaria.
  Questi sono i due casi, uno banale, l'altro molto grande. Non è attraverso lo strumento del parere obbligatorio ma non vincolante sul contratto che si risolve. Il parere deve essere prescrittivo e a monte, nella fase di definizione delle scelte e poi deve esserci la tecnostruttura che va a vedere perché non è successo, ma forte della circostanza della natura vincolante della prescrizione.
  Dico un'altra cosa che ho scritto nella relazione e che per brevità qui non ho menzionato: sono felicissimo che si sia scelto di far passare a Consip l'attività di acquisto, ma deve essere un'attività di acquisto molto ben specificata a monte. La competenza di Consip è, infatti, insuperabile per le gare, ma si riferisce alla conduzione delle gare, non alla definizione dell'oggetto di gara.
  Sempre c'è stato quest'intendimento tra le righe, non esplicitato, di circoscrivere la portata del parere del CNIPA: parere obbligatorio e non vincolante sul contratto, cioè quando già le scelte di fondo sono fatte. Per chi ha esperienze di attività di acquisti nel settore di ingegneria e di tecnologia in genere, la qualità sta nel progetto, non nel contratto. Questo vale anche nel caso del contratto che io firmo con l'impresa che mi fa i lavori a casa; devo prima aver fatto il progetto; in sede di contratto definisco le prestazioni e i relativi prezzi. Va bene affidare la gara a un esperto, ma se c'è adeguata specifica su che cosa compro. È questa distinzione di fasi e ruoli che va sostenuta.
  Per questo, io non sono favorevole... Alcuni forse vi hanno detto che c'era l'idea che fosse necessaria un'autorità, che avrebbe potuto molto. Non è così. L'autorità aggiunge un soggetto nella catena decisionale, e anzi facilita i meccanismi di confusione nell'attribuzione delle responsabilità. Questa è un'attività amministrativa, non tale da richiedere tutela rispetto all'impatto che si Pag. 35ha sulla privacy o su altre grandi questioni nella struttura dello Stato. Il Governo decide su quali linee muoversi. Le amministrazioni eseguono, ma all'interno di quelle scelte, e qualcuno controlla che ciò accada. Io vedrei, quindi, una tecnostruttura molto ben attrezzata per verificare che gli indirizzi e gli obiettivi siano stati rispettati. Vorrei, però, anche che le amministrazioni si organizzassero meglio. Anche i ministeri meglio organizzati schierano su competenze ICT persone che non hanno la capacità vera di dialogo paritetico con gli interlocutori di IBM, non perché IBM li voglia prevaricare, ma perché c'è una tale difformità di capacità, di identificazione delle proprie esigenze, che il sistema non funziona. Un rafforzamento delle strutture tecniche è indispensabile.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Pistella e dichiaro conclusa l'audizione.

Comunicazioni del Presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che, dall'avvio dei lavori, la Commissione ha ricevuto, nel corso delle audizioni svolte o in connessione ad esse, una serie di documenti. Quelli liberi, che quindi, a norma dell'articolo 1 della Deliberazione sul regime di divulgazione degli atti e dei documenti, saranno pubblicati sul sito web della Commissione, sono, oltre alle slide presentate dalla Consip e già pubblicate in allegato al resoconto stenografico della seduta del 24 novembre 2016, le slide di PwC e la survey di Deloitte, presentate nella seduta del 10 gennaio.
  Il professor Zuliani ci ha inviato il suo articolo, in via di pubblicazione, sul tema «informazione per il contrasto alla corruzione», mentre il professor Beltrame, che audiremo la prossima settimana, ci ha inviato le relazioni che ha presentato al Presidente della Repubblica in qualità di presidente di DigitPa; entrambi hanno dato il loro assenso alla pubblicazione dei documenti sul sito web della Commissione.
  Sempre su DigitPA, l'AgID ci ha inviato una serie di documenti che presentano l'attività svolta negli anni 2011-2012. Per vostra comodità, nella sezione del sito dedicata ai documenti liberi saranno anche inseriti i link alle relazioni annuali presentate al Parlamento da AIPA e CNIPA. La stessa modalità sarà utilizzata per gli altri documenti di interesse della Commissione già pubblicati sui siti della Camera e del Senato.
  La lista dei documenti riservati, per i quali si potrà chiedere una copia digitale cifrata a norma dell'articolo 2 della Deliberazione sul regime di divulgazione degli atti e dei documenti, secondo le modalità annunciate nella seduta del 20 dicembre, sarà inviata periodicamente a tutti i commissari, per consentirne la richiesta via email.
  Comunico infine che da oggi sono in distribuzione le password necessarie per l'installazione dei certificati digitali sui propri device. I certificati vi saranno inviati per posta elettronica insieme ad una piccola guida per la procedura di installazione.
  Non essendoci interventi, dichiaro conclusa la seduta di comunicazioni.

  La seduta termina alle 14.35.

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