XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Mercoledì 11 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Coppola Paolo , Presidente ... 3 

Audizione dell'ex Presidente dell'AIPA Guido Maria Rey:
Coppola Paolo , Presidente ... 3 ,
Rey Guido , ex presidente dell'AIPA ... 3 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 5 ,
Rey Guido , ex presidente dell'AIPA ... 5 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 6 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 6 ,
Rey Guido , ex presidente dell'AIPA ... 6 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 6 ,
Rey Guido , ex presidente dell'AIPA ... 6 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 6 ,
Rey Guido , ex presidente dell'AIPA ... 6 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 7 ,
Rey Guido , ex presidente dell'AIPA ... 7 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 7 ,
Rey Guido , ex presidente dell'AIPA ... 7 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 7 7 

(La seduta, sospesa alle 15.45, è ripresa alle 15.50) ... 7 

Audizione dell'ex Presidente dell'AIPA Alberto Zuliani:
Coppola Paolo , Presidente ... 7 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 7 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 7 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 8 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 9 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 9 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 9 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 10 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 10 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 10 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 10 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 10 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 11 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 11 ,
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 11 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 11 ,
De Lorenzis Diego (M5S)  ... 11 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 12 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 12 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 12 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 12 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 12 ,
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 12 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 12 ,
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 12 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 12 ,
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 13 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 13 ,
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 13 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 13 ,
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 13 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 13 ,
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 13 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 13 ,
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 13 ,
Zuliani Alberto , ex presidente dell'AIPA ... 13 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO COPPOLA

  La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione dell'ex Presidente dell'AIPA Guido Maria Rey.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'ex presidente dell'AIPA, il professor Guido Rey, accompagnato dal dottor Sandro Clementi, suo collaboratore all'AIPA, che ringrazio per la presenza.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Si tratta di un'audizione prettamente conoscitiva, per la quale chiedo di fornire un quadro esplicativo quanto più ampio possibile dei compiti e della struttura dell'AIPA e di quanto realizzato.
  Ricordo ai presenti che il professor Rey è stato nominato, nel novembre 1992, commissario straordinario del Governo per il coordinamento operativo delle amministrazioni statali in ordine all'attuazione degli interventi diretti all'acquisizione dei mezzi e servizi informatici occorrenti per la completa informatizzazione delle pubbliche amministrazioni. Successivamente, a febbraio 1993, è stato nominato presidente della neonata Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione, incarico che ha mantenuto fino a marzo del 2001, cosa che fa di lui il vertice più longevo dell'equivalente di quello che è attualmente AgID, comunque della struttura che si è occupata dell'informatica nella pubblica amministrazione nel nostro Paese.
  Cedo, dunque, la parola al professor Rey per lo svolgimento della relazione introduttiva, al termine della quale seguiranno eventuali domande o richieste di chiarimento da parte dei commissari.
  Avverto che abbiamo circa mezz'ora di tempo a disposizione.

  GUIDO REY, ex presidente dell'AIPA. Il mio racconto, evidentemente, parte da una situazione abbastanza anomala, ma chiarissima, ed è il fatto che la cosa che più ha dato fastidio a tutti è che quella fosse un'autorità. Il Parlamento al completo trovò il fatto anomalo, perché l'autorità di solito era rivolta all'esterno, alla società esterna, non all'interno delle amministrazioni. Che ci fosse un'autorità che sovraintendesse al funzionamento dell'informatica nella pubblica amministrazione era considerato un grave scandalo.
  Come voi immaginate, questa frase vi dice subito che il problema grave era il fatto che avevamo come compito essenziale la gestione del mercato dell'informatica pubblica. A questo punto, c'era un problema di rapporti pubblico-privato. Avevamo il potere di dare dei pareri, vedere le gare, «modificare» i contratti, modificare i rapporti Pag. 4 tra amministrazioni centrali e pubblica amministrazione nella sua totalità.
  Io ero soltanto un presidente, con tutto il rispetto per i presidenti, ma la mia forza consisteva in una squadra di competenti assolutamente eccezionale, professori, colleghi di università, ma anche esperti del settore in questo campo, che si erano messi in congedo proprio per sviluppare questo tipo di progetto. Io avevo soltanto un compito di coordinamento e di «difesa». Che cosa fare lo decidevano i miei colleghi, a cui si aggiungeva un capo di gabinetto e un esperto di diritto amministrativo, che poteva far fronte alle obiezioni dei capi di gabinetto, degli esperti delle altre amministrazioni.
  Il risultato di tutto questo è che, in otto anni, non abbiamo mai avuto una gara contestata dal TAR, non abbiamo mai perso una gara. Non è stato un periodo pacifico, ma era un periodo in cui c'era una bella battaglia fra le società di informatica, italiane e estere e noi abbiamo avuto dei successi come autorità perché abbiamo vigilato sul funzionamento del mercato destinato alle amministrazioni pubbliche. Questo è il primo punto, il rapporto difficile con le aziende che a parole invocano concorrenza ma certo non la vogliono nel loro campo. Come, però, sempre avviene in queste situazioni, se dall'altra parte c'è un interlocutore oggettivo e competente, il problema si chiude velocemente. Tutti, a quel punto, sanno che non ci sarebbe stato un problema di favoritismi per Tizio, per Caio, per Sempronio. Noi davamo un parere sulle gare, vinceva chi presentava il progetto migliore in molti casi facevamo direttamente le gare quando si trattava di servizi in rete. E monitoravamo tutti i grandi progetti. Significava che c'era una squadra che verificava il rispetto di quanto previsto nel contratto, in termini di spesa, di tempi, di competenza. Questo era il nostro punto di forza. Facevamo delle gare, come potete immaginare, molto impegnative, ma cercavamo il rispetto della competenza della squadra.
  La seconda nostra attività era la discussione con le imprese, ma avevamo una strategia autonoma, che si vede nel documento che presentiamo.
  In terzo luogo, verificavamo quello che approvavamo. Tenete presente che avevamo anche un ufficio che verificava la congruità della spesa. Per fare questo, avevamo un ufficio che seguiva il mercato mondiale di questo settore. Ogni anno, uno o due colleghi della commissione andavano negli Stati Uniti a verificare le novità più interessanti che uscivano. Faccio una parentesi su questo. Con la mia squadra abbiamo avuto la ventura di trovarci nel famoso anno 2000, in quel passaggio abbastanza delicato, in cui vi assicuro che la pressione degli Stati Uniti e della Gran Bretagna è stata pesantissima. Prevedevano più per la nostra incapacità di accettare di dover modificare quello che stavamo realizzando ma noi non intendevamo modificare i piani di lavoro, In effetti, noi avevamo la piena conoscenza della situazione dell'informatica pubblica inclusi i servizi in rete. I miei esperti avevano visto tutto il parco hardware e software, e ovviamente non è successo nulla. Questo per dire che c'era anche una pressione politica su tale questione. Come ricorderete, su questa storia dell'anno 2000 si sono giocati parecchi fondi pubblici. Questo è l'ultimo elemento e il più evoluto tecnologicamente della nostra strategia, noi guardavamo all'esterno, ma poi portavamo all'interno l'esito di queste nostre ricerche.
  L'esempio più classico, che adesso è di attualità, è la realizzazione della G-net, la rete che collegava tutti i gabinetti dei ministri. Su G-net potevano passare tutti i documenti riservati. Certamente, per quella rete abbiamo dedicato molto tempo alla tutela della riservatezza, del segreto. È stata una battaglia molto aspra fra i fornitori e purtroppo i più avanzati erano i fornitori stranieri, purtroppo, abbiamo verificato a quel tempo, quindici anni fa, che non c'era in Italia una professionalità in grado di garantire la sicurezza all'interno della rete G-net, e quindi abbiamo dovuto trovare delle soluzioni «domestiche». Anche questo era un problema piuttosto importante. I veri esperti in questo campo, come potete immaginare, erano gli israeliani. Trovavamo, Pag. 5 quindi, un po’ anomalo realizzare una G-net con la tutela della segretezza realizzata da parte di una ditta estera. L'unico mio contributo è stata la decisione di disporre di una tecnologia realizzata da esperti italiani Le abbiamo passate tutte, queste situazioni di ritardo tecnologico che dovevamo contribuire a colmare. Del resto, otto anni giustificano tutte queste esperienze.
  Il quarto elemento che caratterizza il lavoro dell'Autorità, era che il nostro punto di riferimento era l'intera pubblica amministrazione, ma questo significava che dovevamo anche affrontare il tema dei rapporti tra centro e periferia, tra Governo centrale, governi regionali e così via. Anche questo aspetto è stato risolto con molte difficoltà e con la sentenza della Corte Costituzionale che era sommersa da conflitti fra Stato e Regioni. Ovviamente, io vi racconto le situazioni complesse, non il fatto che è andato tutto bene, tutto a posto. Trovate la parte «laudativa» nel mio rapporto. La difficoltà era la disomogeneità, come sappiamo tutti, del Paese, c'erano e ci sono enti locali più avanzati nell'uso delle tecnologie, e altri più arretrati. Quelli che sono più avanti ritengono di dover dettare legge su tutto, e anzi neanche, di farsi gli affari loro, detto in termini molto banali. Avevamo una buona alleanza con gli enti locali più deboli. Tanto per non fare nomi, avevamo forti contrasti con la regione Lombardia e, in parte, con la regione Piemonte. Dico questo per farvi capire che stiamo parlando della «cucina» italiana, non genericamente. Loro erano più avanti, avevano un certo vantaggio, e quindi consideravano sciocco fermare o modificare la loro posizione avanzata per portarsi dietro tutto questo peso, questa zavorra di enti in ritardo. Su tale aspetto non siamo stati assolutamente consenzienti ma in alcuni progetti siamo riusciti a tenere conto di queste diversità senza rallentare le Regioni più avanzate. Abbiamo precisato che essendo l'autorità per la pubblica amministrazione non potevamo accettare che ci fossero delle situazioni con dei primi della classe e degli ultimi. Il punto di sostanza tecnica di questo comportamento è stata la RUPA, la Rete unitaria della pubblica amministrazione, che ha collegato tutte le amministrazioni pubbliche. Qualcuno obiettava di avere già la propria e, all'osservazione che non parlava con gli altri, la risposta era che la colpa era degli altri, che loro erano più avanti, gli altri più indietro e così via. Vi racconto anche dei pettegolezzi ma solo per chiarire la situazione.
  Questo è quanto, dopodiché, come vedrete, tutto quello di cui si parla oggi è stato già fatto. Tutto era già impostato, si stava realizzando, eravamo molto avanti.

  PRESIDENTE. Può essere un po’ più specifico?

  GUIDO REY, ex presidente dell'AIPA. Di che cosa parliamo? Parliamo della rete, e l'avevamo già fatta. Parliamo della carta d'identità, e l'avevamo già impostata. Parlavamo del collegamento delle anagrafi, e l'avevamo già realizzato. La ragione era molto semplice: avevamo come obiettivo il Paese, non le amministrazioni, che dovevano essere in grado di collegarsi con le altre amministrazioni, in modo da poter dare un servizio univoco, unitario, a tutti. Ci siamo riusciti? Non ci siamo riusciti? Avevamo in rete il mercato del lavoro, il sistema informativo dell'agricoltura, la montagna, iniziative prese dalle amministrazioni a cui noi cercavamo di fare una struttura unitaria e telematica in grado di dialogare in rete e a questo fine stavamo impostando la carta d'identità elettronica come strumento per l'accesso ai servizi (motivo di conflitto fra Interni e Funzione pubblica, pensavo risolto quando ho lasciato l'Autorità), Tovate tutto nella relazione che ho consegnato quando è finito il mio servizio all'Autorità. Ribadisco che il mio merito è stato quello di scegliermi dei colleghi che credevano nel loro lavoro e nell'attenzione che il Governo ci riservava, in particolare il Ministro Giuliano Amato che ha impostato la norma sull'Autorità e spero non si sia mai pentito di quella iniziativa. Ripeto ho lavorato con colleghi che da quindici anni aspettavano quel momento, e quindi sono stati pronti ad accettare di uscire per un breve periodo dall'università Pag. 6 e di lasciare un po’ della loro professionalità a disposizione del Paese, tutto qui, molto semplicemente.
  Certo, bisognava dare loro un progetto, delle risorse, un futuro: la spesa in rete, il mandato informatico... Della G-net ho già parlato... Il protocollo informatico. Era gente che studiava quei problemi, la giustizia, l'informatizzazione della giustizia, il cambiamento della giustizia sia nel civile sia nel penale.
  L'unica cosa che posso dire con certezza è che i responsabili informatici della pubblica amministrazione, che ovviamente all'inizio erano guardinghi, una volta che hanno visto che c'era un piano, delle risorse, una strategia, una visione di sistema, non hanno più battuto ciglio, sono stati perfettamente d'accordo, anche perché noi, in cambio, davamo loro la certezza di non essere responsabili di problemi che potessero sorgere dalle gare. A quel punto, l'errore nelle gare sarebbe stato un nostro difetto.
  Il problema vero è soltanto la professionalità. Se hai professionalità, puoi fare certe cose; se non hai professionalità, devi affidarti a chi questa professionalità ce l'ha. Non basta se questa professionalità ha propri obiettivi, persegue quegli obiettivi, non si preoccupa del benessere del Paese o dell'efficienza del Paese.
  Siamo stati i primi in Europa a fare la firma digitale, tanto che abbiamo avuto delle discussioni furibonde con i tedeschi e con gli altri paesi sulla tecnica della firma digitale. Semplicemente, pensavamo che senza, non si poteva stampare e firmare un documento informatico. Per fare un documento informatico ci doveva essere una firma informatica, punto. La nostra fortuna era avere gente in grado di progettare e realizzare quello che era logico, tutto qui.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il professor Rey.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  FEDERICO D'INCÀ. Una domanda potrebbe essere se il modello che ha disposto del 1993 sia possibile da riproporre oggi, con le professionalità del nostro Paese, se un Governo con una certa lungimiranza potrebbe riproporre una situazione del genere.

  GUIDO REY, ex presidente dell'AIPA. Assolutamente, sì. Sono sicuro che la nuova AIPA non troverebbe un ambiente molto diverso da quello del 1993 forse un po’ più preoccupato per la sicurezza e certo con innovazioni che possono aprire nuovi interessi.

  FEDERICO D'INCÀ. Sempre con la divisione interna delle amministrazioni? Sempre con i...?

  GUIDO REY, ex presidente dell'AIPA. Adesso c'è forse il vantaggio che si è ridotta la schiera dei fornitori, quindi è diminuito il numero degli avversari. Non c'è più l'Italsiel, non ci sono più alcune grandi società pubbliche che gestivano grandi segmenti di informatica pubblica. Non so se sia un vantaggio o uno svantaggio, ma questa è la realtà in ogni l'esperienza pubblico/privato è molto pericolosa perché c'è la tentazione di rivendicare il privilegio del pubblico e di volere la libertà dalla sue regole, che non sono poi così difficili da rispettare.

  PRESIDENTE. Io avrei moltissime domande, ma purtroppo il tempo che abbiamo a disposizione non è molto. Le ricordo che, se lei ritiene, possiamo passare anche in seduta segreta, quando i commissari sono obbligati a mantenere il segreto e i documenti sono a disposizione solo della Commissione.
  Lei ha messo in evidenza il problema delle competenze. C'è una domanda semplice, credo: secondo la sua esperienza, qual è il modello che si può proporre? Alla fine, l'AIPA ha scelto quelle competenze per cooptazione, non con concorso. Quello della cooptazione è un modello che non si cura del fatto che le competenze...

  GUIDO REY, ex presidente dell'AIPA. L'importante è cooptare bene e soprattutto non Pag. 7fare sconti sulle realizzazioni programmate e neanche, sui tempi e sui costi... Nessuno ama essere allontanato per incapacità.

  PRESIDENTE. È cooptare bene, certo. Pensa che possa esserci un modello analogo? Forse, però, non è sufficiente.
  Lei ha detto, giustamente, che moltissime delle cose che di cui si parla ancora adesso erano già, a livello progettuale – non credo realizzativo...

  GUIDO REY, ex presidente dell'AIPA. Alcune sì.

  PRESIDENTE. Una è progettuale e definita già alla fine degli anni Novanta.
  Perché, però, si è fermato tutto? Qual è il motivo?

  GUIDO REY, ex presidente dell'AIPA. Per questo, forse val la pena di passare alla seduta segreta.

  PRESIDENTE. Certo. L'obiettivo della nostra Commissione è cercare di individuare i motivi per cui, nonostante una quantità di denaro pubblico, non eccessiva rispetto ai Paesi nostri competitor, ma comunque rilevante, è difficile dire che i risultati di digitalizzazione della pubblica amministrazione siano soddisfacenti.
  Come lei giustamente ha detto, per primi abbiamo introdotto in Europa la firma digitale. Di fatto, attualmente in moltissimi uffici pubblici la firma digitale ancora non viene utilizzata. Questo è chiaramente un fallimento. Perché c'è stato questo fallimento? Perché i progetti iniziati negli anni Novanta si sono bloccati? Quali sono gli errori che sono stati commessi e che potrebbero, invece, essere evitati?
  Se Lei è d'accordo, passerei alla parte segreta, ricordando ai commissari che quello che viene detto durante la parte segreta è coperto, appunto, da segreto. Le chiedo, quindi, professor Rey, se può – purtroppo col tempo limitato che abbiamo – darci qualche indicazione.
  Propongo, dunque, se non vi sono obiezioni, che questa parte dell'audizione prosegua in forma segreta.

  (La Commissione concorda. I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Rey.
  Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo la seduta.

  La seduta, sospesa alle 15.45, è ripresa alle 15.50.

Audizione dell'ex Presidente dell'AIPA Alberto Zuliani.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'ex presidente dell'AIPA, professor Alberto Zuliani, che ringrazio per la presenza.
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte dal segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Si tratta di un'audizione di natura prettamente conoscitiva, per la quale chiedo di fornire un quadro esplicativo quanto più ampio possibile, nonostante la ristrettezza dei tempi, di cui mi scuso.

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. Correlati alla ristrettezza dei miei, non attuali, ma trascorsi presso l'AIPA.

  PRESIDENTE. Chiedo di fornire il quadro più ampio possibile dei compiti della struttura dell'AIPA nel corso del suo mandato.
  Ricordo ai commissari che il professor Zuliani è stato presidente dell'AIPA dal 2001 all'inizio del 2002. Ha concluso il mandato anzitempo, con le proprie dimissioni.
  Cedo, dunque, la parola al professor Zuliani per lo svolgimento della relazione introduttiva, al termine della quale seguiranno eventuali domande o richieste di chiarimento da parte dei commissari.

Pag. 8

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. È un dovere, anche se ho fatto un po’ di resistenza. Come ricordava lei, presidente, mi sono insediato a fine aprile del 2001 e ho concluso a fine gennaio del 2002, quindi ho passato poco tempo in AIPA e ho relativamente poco da dire.
  Ovviamente, vado per ricordi. Non ho consultato le carte. Non so neanche se gli archivi le conservino ancora, né me le sono portate via quando sono uscito dall'AIPA. Potrebbe anche esserci qualche imprecisione.
  Ho visto che la precedente audizione è stata svolta dal professor Guido Rey, che mi ha preceduto nella carica. Io mi sono trovato a ereditare molta dell'attività progettuale che era stata impostata dal professor Rey, come la firma digitale per esempio, che però si è bruciata ancora prima di andare in pieno funzionamento, con la PEC e con tutto quello che è seguìto. Si è bruciata recentemente, perché le cose in informatica pubblica marciano con grande lentezza, come avrete avuto modo di constatare voi stessi attraverso gli approfondimenti e le audizioni. Ereditai, quindi, la firma digitale, sulla quale espressi un regolamento, di cui dirò tra un attimo.
  Passando al protocollo informatico, va fatta anche una riflessione di che cosa sia avvenuto nell'informatica pubblica nel corso del tempo. Il protocollo informatico è uno strumento che può essere formidabile o può essere una banalità. Può essere una banalità se lo si utilizza soltanto per fare la marcatura. Figuriamoci, va bene che la si faccia, ma non cambia nulla. Se si utilizza il protocollo informatico per valutare l'iter di un procedimento e si ha la possibilità di farlo – sul protocollo passa tutto un procedimento – le cose cambiano sostanzialmente.
  L'informatica può essere utilizzata in modo appropriato, importante, approfondito e utile, e può essere invece soltanto una velocizzazione di certi processi, che sfiora appena la superficie delle pubbliche amministrazioni. Questa è una constatazione che facciamo ancora oggi. All'epoca in cui io sono stato presidente dell'AIPA, questa condizione della pubblica amministrazione era cogente, palpabile, per chi fosse un poco addetto ai lavori.
  L'anagrafe nazionale fu un'altra delle cose che ereditai da Rey. Attualmente, dopo 15-16 anni, comincia a muoversi. Le resistenze all'epoca furono molto forti, con contrasti tra i ministri che avevano una qualche competenza, il Ministro per la digitalizzazione e il Ministro dell'interno, in quanto le anagrafi sono state sempre competenza di quest'ultimo. Non era facile trovare accordi.
  A giugno, si insediò il nuovo Governo con il nuovo Ministro, il quale aveva un'interpretazione un po’ personale e, per quanto possa valutare e giudicare io, impropria della locuzione «autorità indipendente». Riteneva che, poiché i componenti dell'Autorità erano nominati dal Governo, questa non fosse indipendente, ma fosse come un consiglio d'amministrazione che poteva essere rimosso.
  Poiché ereditava un dipartimento non fortemente brillante, mentre l'AIPA aveva un forte potere di moral suasion all'epoca di Rey, e anche mia, fin quando è durata, il Ministro chiedeva che il personale dell'AIPA fosse trasferito al Dipartimento.
  A tutte e due le precedenti posizioni obiettai, nel primo caso, che anche la Consob ha i membri nominati dal Governo, ma nessuno si azzarderebbe a dire che non sia indipendente dal Governo, dall'Esecutivo; per quanto riguarda il trasferimento di personale, che era impossibile fare un uso improprio di personale destinato a una funzione specifica, quella dell'AIPA. Non fu una situazione facile. Tuttavia, l'AIPA continuò a fare il proprio dovere, osservando, come è ovvio, la normativa sottesa alla sua funzione.
  In particolare, varò il regolamento della firma digitale. Quando mi insediai, molte delle società interessate (Infocamere, Poste Italiane e così via) dicevano che non potevano muoversi senza il regolamento. Io feci questo regolamento in tempi brevi. Mi ero, infatti, insediato a fine aprile e credo di averlo varato entro luglio. Posso sbagliare di qualche giorno. Il tempo è così ristretto che è difficile sbagliare di molto in ogni caso. Pag. 9
  Varammo, dunque, il regolamento sulla firma digitale; mi permisi di mandarlo alle società che reclamavano in modalità elettronica, senza ricevere risposta. Poi le avvertimmo che il regolamento era stato fatto. In effetti, non erano ancora pronte per l'operatività. La firma digitale, tutto sommato, non ha avuto un'utilizzazione così importante come si riteneva che potesse esserci. Adesso è superata dalla PEC, comunque certificata, che non c'è bisogno di sottoscrivere. Varammo comunque il regolamento, importante per quell'epoca.
  Altre due furono le cose su cui insistemmo molto. La prima fu la qualità. Uno dei problemi che c'erano nell'informatica pubblica in quel momento era che non venivano esplicitate le clausole di qualità all'interno delle convenzioni stipulate con i soggetti che appaltavano il servizio. Naturalmente, questo poteva portare una forte variabilità delle offerte in termini economici. C'era implicita, infatti, una differente valutazione di qualità da parte di chi faceva l'offerta.
  Supponiamo che un certo servizio appaltato non venisse svolto con la qualità giusta; l'amministrazione non aveva interesse a denunciare questo fatto, ma anzi era propensa a portare fino in fondo la convenzione poiché il servizio appaltato era per lei importante. In sede sia di collaudo sia di verifica e monitoraggio dell'applicazione non si era molto rigorosi. Aveva insistito su questo aspetto Rey, prima di me, impostando il problema; noi spingemmo per l'introduzione all'interno delle convenzioni di clausole della qualità, dicendo che la qualità si pagava, che se si fosse voluto che il sistema che decadeva venisse ripristinato in cinque minuti, ci sarebbe stato un costo, che doveva essere apprezzato nella convenzione. Se, invece, si poteva tardare mezz'ora, il costo sarebbe stato anche molto inferiore, ma andava comunque apprezzato nella convenzione. Gli aspetti di qualità dovevano essere esplicitati nel capitolato tecnico, cosicché l'offerta potesse tenerne conto e i livelli di qualità potessero poi essere reclamati in sede di attuazione. In questo modo si volevano evitare fraintendimenti, la forte variabilità di offerte a cui si assisteva e la difficoltà di avere un rispetto di qualità conveniente per l'amministrazione.

  PRESIDENTE. Scusi, questa era come regolamento o come linee guida?

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. Come linee guida. Quando ci veniva presentata una convenzione per il parere, questa doveva contenere le clausole di qualità: il sistema decade ed entro cinque minuti deve essere ripristinato; entro una giornata deve essere ripristinato il collegamento con le utenze ... clausole di questa natura, valutando anche quanto queste potessero costare all'interno dell'offerta che veniva richiesta.
  L'altra cosa sulla quale cercai di portare un'attenzione forte era il problema dell'efficacia, un problema molto poco esplorato nelle amministrazioni pubbliche, non soltanto sulla digitalizzazione. In via generale, il problema dell'efficacia non viene considerato. Di un'amministrazione pubblica si esplicita spesso l’output, molto più raramente si esplicita l’outcome; che cosa succede sull'utenza finale, cittadini, imprese, altre pubbliche amministrazioni eccetera. Balzava agli occhi qualche contraddizione. Ad esempio era stato fatto un investimento formidabile nell'informatizzazione della giustizia, ma la durata media dei processi era aumentate. Se si è fatto un investimento cospicuo in informatizzazione, questo non può che comportare una riduzione dei tempi processuali, della durata dei processi. L'esempio, peraltro ancora attuale, è importante e facilmente comprensibile; in generale era così. All'efficacia si stava relativamente poco attenti.
  Noi insistemmo molto perché nelle convenzioni venissero proposti indicatori di efficacia (che cosa succede su...).

  PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, ma non riesco a capire. È molto interessante l'esempio dell'informatizzazione della giustizia. L'AIPA esisteva dal 1992 e supervisionava, appunto, gli appalti, per cui avrà supervisionato anche l'appalto di informatizzazione della giustizia.

Pag. 10

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. Dovevate chiedere al mio predecessore. L'unico contratto molto rilevante che ho avuto nella mia gestione è stato quello con Sogei di Finanze. Rey aveva già fatto un bel passo avanti in precedenza, abbattendo formidabilmente i costi, e noi abbiamo seguito.
  L'altro contratto di grande rilievo, che però non passò, fu una convenzione del Ministero della salute. Fu proprio l'ultima deliberazione del mio mandato. Penso di aver dato le dimissioni il 31 gennaio, appunto lo stesso giorno dell'ultima riunione del consiglio. La convenzione proposta dal Ministero della salute che non mi convinceva e non convinse l'intero consesso, per cui la rimandammo indietro.
  Per informazione, le dimissioni divennero operative il 4 febbraio, se non ricordo male.
  Insistemmo molto su quest'aspetto dell'efficacia. Alla fine, per quale motivo si fa l'informatizzazione? Non si fa per velocizzare. Non si deve operare soltanto sulle gambe dell'amministrazione o sul corpo. Possibilmente, si deve farlo sulla testa, in modo che si portino avanti iniziative attente alla missione che ciascuna amministrazione ha nei confronti, tipicamente, dei cittadini e delle imprese, oltre che eventualmente di altre pubbliche amministrazioni.
  Conseguentemente, verso la fine di ottobre, più o meno, varammo una regolamentazione sull'attività di monitoraggio. Si prevedeva che il monitoraggio potesse e anzi, meglio, dovesse essere affidato a un soggetto esterno, in modo che fosse indipendente rispetto alla convenzione.
  Chiaramente, la convenzione doveva produrre gli indicatori utili per svolgere l'attività di monitoraggio, preferibilmente introducendo anche indicatori di outcome e non soltanto di output o di input: non quante macchine ho comprato, non quante righe di programma ho scritto, ma anche quanto in meno dura un processo e così via. La regolamentazione sull'attività di monitoraggio fu un'altra delle cose rilevanti della breve gestione dell'AIPA.
  Infine, a novembre se non ricordo male, furono espressi i canoni di accessibilità dei siti per i disabili. Varammo una regolamentazione apposita.
  Queste furono le tre cose rilevanti di quel periodo.
  Poi ci sono state cose minori. Ne ricordo qualcuna, un paio almeno. La prima fu il tentativo di eliminare tutta la documentazione cartacea tra l'AIPA e i sistemi informativi delle amministrazioni, naufragata in qualche misura. Le amministrazioni non risposero con la prontezza e con l'estensione che avremmo voluto. Noi avremmo voluto eliminare tutto il cartaceo. Siamo informatici, dialoghiamo su base informatica, non più con le carte. Quando me ne andai, ancora non era successo, se non per qualche amministrazione più provveduta, come INPS, ISTAT.

  PRESIDENTE. Scusi, questo perché non avevate le leve sufficienti per imporre questa procedura?

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. Non potevamo certo imporre una procedura di «decartificazione», o come si voglia chiamarla. Avevamo invitato, parlando tra informatici, a dialogare in modo informatico. La strumentazione ovviamente c'era. Era inutile che ci mandassero tutte le carte. Potevano mandarcele via informatica e noi avremmo visto come processarle. Al computer? Al computer. Volevamo stamparle? Avremmo stampato. Ma era inutile che ci mandassero una lettera cartacea, che noi rispondessimo nello stesso modo e che ci rimandassimo un'altra lettera e così via. Era possibile fare tutto per via informatica.
  Ci fu resistenza da parte delle amministrazioni, che non erano pronte a farlo. Nel 2001, non erano pronte a farlo, magari adesso lo sono.

  PRESIDENTE. Non erano pronte, nel senso che mancavano le tecnologie?

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. No, le tecnologie c'erano. Non erano pronte dal punto di vista culturale a fare questo salto di qualità, se lo vogliamo chiamare Pag. 11 così, un piccolo salto di qualità, una banalità.
  Quanto all'altra iniziativa, oggi parliamo tanto di big data, argomento che certamente avete approfondito anche voi. Io venivo dall'ISTAT, e quindi sapevo che cosa c'era lì come esigenze e competenze; mettemmo in piedi una commissione mista AIPA-ISTAT che doveva studiare proprio la problematica dei big data, che si affacciava fin da allora. I patrimoni informativi delle amministrazioni pubbliche sono cospicui. Lo sono adesso e lo erano allora, oggi un po’ più esplorati, allora assolutamente poco esplorati: valeva la pena capire quanto potessero essere utilizzabili. Per la verità, ancora oggi sono poco utilizzati. Sulla base dei patrimoni informativi esistenti, si potrebbe fare un’intelligence amministrativa incredibile. Una capacità di intelligence amministrativa, capire come vanno le cose e quindi intervenire da parte dell'amministrazione è importante. L'informatica lo consentiva, lo consentirebbe, lo consente. Alcune amministrazioni si muovono un po’ meglio – la vigilanza dell'INPS è ad esempio, anche se potrebbe fare molto di più –; altre amministrazioni un po’ meno, spesso con errori.
  Quella volta a me sembrava che la problematica fosse rilevante e misi in piedi la commissione, che poi non so che fine abbia fatto. Ripeto, infatti, che dal 4 febbraio 2001 andai via. Perché andai via? Perché mi dimisi? Anzitutto, quando c'è un dissidio tra un ministro e un grand commis, seppure presidente di una delle autorità indipendenti, per mio stile personale ho sempre ritenuto che fosse il grand commis a dover fare il passo indietro, certamente non il ministro un rappresentante del popolo, seppure mediato. Me ne andai perché ero assediato su vari fronti. Il primo fronte era quello del personale interno. Si riteneva, ovviamente, poco protetto da un presidente «in disgrazia». Lo ero dagli stessi membri dell'Autorità, che cercavano interlocuzioni dirette con il ministro, bypassandomi.
  Io avevo una storia personale e anche uno stile come persona prestata all'amministrazione pro tempore, per periodi, in varie occasioni, e non me la sentivo di andare avanti in quelle condizioni, attaccato dall'interno e attaccato dall'esterno. Non ero in grado di fare il mio dovere fino in fondo e quindi me ne andai, ma senza grande clamore, nonostante qualche quotidiano a quell'epoca disse che «Zuliani aveva sbattuto la porta». Io non sbattei nessuna porta. Mandai una lettera di dimissioni al Presidente del Consiglio, dicendole irrevocabili a partire da quel giorno, molto serenamente.

  FEDERICO D'INCÀ. Il Presidente del Consiglio era Berlusconi, immagino...

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. Il Presidente del Consiglio era Berlusconi a quell'epoca.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Il Ministro...?

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. Il Ministro era Stanca. Erano entrati da poco, subito dopo Amato, quindi forse da aprile-maggio 2001, se non ricordo male, ma siete in grado di verificarlo facilmente.

  DIEGO DE LORENZIS. Vorrei domandare se nella mancanza di prontezza delle pubbliche amministrazioni, per esempio nelle comunicazioni di tipo informatico, non ci fosse qualche altra motivazione. È possibile che, al di là della mancanza di visione o di quello che la digitalizzazione e l'informatizzazione avrebbe portato come efficienza nella pubblica amministrazione, non ci fosse soltanto una questione di mancanza di cultura, ma anche qualche interesse da difendere?
  Sappiamo che la corruzione è anche protetta e garantita dal fatto che, appunto, alcuni tipi di comunicazione sono resi opachi: un processo di comunicazione più trasparente tra le amministrazioni avrebbe potuto intaccare delle logiche poco trasparenti, o comunque poco inclini al servizio pubblico che un'amministrazione pubblica deve erogare alla cittadinanza? C'era un qualche velo di corruzione che questo tipo di approccio poteva spazzare via e se, per Pag. 12chi è stato mantenuto, c'erano delle cause di questo tipo?

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. L'informatizzazione non produce più informazione. Per ottenere l'informazione a contrasto della corruzione non c'è mica bisogno dell'informatizzazione. È un'informazione che si può ottenere, che si può avere, se si vuole contrastare. Ho scritto recentemente una riflessione sull'informazione a contrasto della corruzione, che se volete posso mandarvi. È una cosa al di fuori dell'audizione; c'è qualche considerazione sull’intelligence amministrativa.
  L'informatizzazione di per sé non produce più informazione. La produce più in fretta, anche in dimensioni talmente grandi che poi essere perspicui all'interno di quel diluvio è difficilissimo. Quando parlavo di intelligence amministrativa, era proprio a questo che mi riferivo. Per fare intelligence amministrativa bisogna avere dei modelli di analisi dell'informazione, altrimenti si è travolti.
  Se lei, all'epoca, negli anni 2000, avesse chiesto un'informazione alla Sogei di turno – cito questa perché è venuto fuori il nome in precedenza – ma a chiunque svolgesse attività di servizio informatico per la pubblica amministrazione, le avrebbero portato una pila di tabulati alta così. Provi a entrare in una pila di tabulati. Quello che conta sono, invece, modelli di estrazione dell'informazione utile, ma sui modelli si è poco investito. Quando dicevo prima che si è investito molto sulle gambe e poco sulle teste, dicevo una cosa ancora vera oggi, ma a quell'epoca verissima. Il massimo che si riusciva a fare era velocizzare i processi, senza neppure metterli in discussione. Il procedimento definito dall'amministrazione era preso come tale, mentre sarebbe stato importante interagire tra chi produce il software e chi svolge il procedimento amministrativo. Se si facesse così, forse le cose si semplificherebbero davvero.

  PRESIDENTE. Secondo lei, perché l'AIPA non riusciva in questo ruolo?

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. Sui procedimenti non aveva bocca, non aveva possibilità di interloquire. Quelle sono competenze delle pubbliche amministrazioni. Si può solo vedere che cosa accade; e questo accadeva.

  PRESIDENTE. Non aveva la possibilità di suggerire il cambio organizzativo?

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. No, assolutamente. L'AIPA aveva competenza soltanto sulle convenzioni proposte. Poteva verificare: se erano congrue nei prezzi; se erano congrue sulla qualità e così via, ma solo per le convenzioni.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Intervengo sollecitato da quest'ultima questione. Siccome sviluppavate anche, giustamente, dei dispositivi importanti, come la firma digitale, se poi quest'applicazione concreta non poteva avere una rispondenza... Ci ha detto che non potevate imporvi. Mi veniva l'esempio, ahimè ancora oggi in discussione, della completa digitalizzazione del flusso documentale. Inizialmente, sul flusso documentale nei sub-procedimenti uno dei temi del controllo tra i vari uffici era proprio quello della firma digitale.
  Quando studiavate, implementavate uno strumento come quello, la sua applicazione non veniva vagliata, e quindi indirizzata alle pubbliche amministrazioni? Diversamente, come diceva lei, non avere minimamente la visione neanche dell’outcome – a questo punto, sinceramente, neanche dell’output...

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. L'AIPA faceva le regole, non metteva in pratica la firma elettronica. Erano i soggetti a mettere in pratica la firma elettronica: Poste Italiane, Infocamere e così via.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Un'idea dell'utilizzo della firma digitale c'era?

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. Certo, c'era il regolamento di come questa doveva essere realizzata. Questo l'AIPA ha fatto. D'altronde, il regolamento è stato fatto a luglio, io me ne sono andato Pag. 13a gennaio: era impossibile, per me, vedere gli effetti. Poi l'AIPA è stata sciolta, è stato fatto prima il CNIPA, poi altro, poi altro ancora e altro ancora.
  Sarebbe bene chiedere che cosa è avvenuto della firma digitale. Sarebbe bene chiedere al soggetto attuale. Per me, sarebbe stato veramente impossibile verificarlo. Credo che sia stato fatto pochissimo sulla firma digitale anche dai soggetti chiamati a implementarla.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. La domanda era: quando avete studiato questo strumento...

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. Non l'ho studiato io. Io l'ho regolamentato.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Quando l'avete implementato, chiaramente c'era anche una visione applicativa di questo strumento.

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. Certo, altroché.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Quello che mi chiedo è: se c'era una visione di questo strumento, a prescindere dal fatto che sia stato applicato o meno, in qualche modo avevate individuato a cosa potesse servire, a quali passaggi? Non avevate nessuna visione macro degli effetti...

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. Chiunque fosse dotato di firma digitale, chiunque avesse richiesto, e quindi fosse stato abilitato a porla, e quindi fosse stato certificato da qualcuno che ne garantiva l'identità – il procedimento era di questo tipo – poteva sottoscrivere qualsiasi documento in questo modo. Non c'era un repertorio di documenti da firmare in questo modo. Si poteva firmare qualsiasi cosa, come oggi si può fare con la PEC. Chiunque sia dotato di PEC, manda un messaggio di posta elettronica certificata, e quello vale. Può farlo su qualsiasi argomento, qualche volta richiesto, qualche volta non richiesto.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Il tema importante. Lei ha esordito in quest'audizione secondo me toccando un tema importante della pubblica amministrazione, perché l’input che si coglie sempre è quello del protocollo informatico. Da lì si può partire. Da come si sviluppa poi questo strumento, si capisce se si vuole andare verso una vera digitalizzazione o verso una digitalizzazione formale, che poco interessa. Sappiamo tutti che, con la digitalizzazione, un documento – uso forse un termine un po’ improprio – viene trattato dai vari uffici, nei vari sub-procedimenti, per arrivare poi al provvedimento finale, rimanendo ai temi più prossimi alla legge n. 241 del 1990 e alle sue evoluzioni.
  Io mi aspettavo che in una rivoluzione importante, ma lei mi ha detto che non è così, come uno strumento di controllo e di verifica, di assunzione di responsabilità...

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. Sono due cose differenti, il protocollo informatico e la firma elettronica.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Il protocollo informatico diventa il momento di inizio, l'alba della digitalizzazione del documento, che poi chiaramente viene trattato, passa tra più uffici, si implementa, diventa un documento più grande, e arriva a diventare un provvedimento con la sua valenza esterna. Nei suoi vari passaggi, se non è solo una prassi quella di apporre un timbro, chiaramente ha una sua evoluzione. Io pensavo, quindi, che la firma fosse studiata anche specificamente su quei vari passaggi nell'obbligare e individuare i soggetti e le responsabilità che devono essere ricondotti a una firma.

  ALBERTO ZULIANI, ex presidente dell'AIPA. Non è obbligatorio. Non si devono collegare le due cose. La firma digitale è la sottoscrizione di un documento che certifica che sono stato io che ho firmato. Non è necessariamente apposta su una lettera di un procedimento amministrativo che va avanti.
  Il protocollo informatico è tutt'altra cosa; può essere utilizzato in modo importante, Pag. 14come lei sta facendo intravedere, da parte di una pubblica amministrazione. Entra una richiesta – facciamo un procedimento banale – viene protocollata in ingresso; se si è fatta bene la costruzione, va a tutti i soggetti interessati al procedimento, ciascuno dei quali è così in grado di portare avanti il suo segmento tempestivamente e in modo parallelo. Ci sono poi i tempi; il protocollo informatico marca i tempi secondo i quali vengono fatti i vari adempimenti. È uno strumento formidabile, se si vuole utilizzarlo bene. Non è scontato.
  Purtroppo, potevo dirvi poco.

  PRESIDENTE. La ringraziamo per la relazione e per la disponibilità.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.20.