XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 108 di Mercoledì 11 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Audizione del Sottosegretario per lo Sviluppo economico, Antonello Giacomelli:
Fico Roberto , Presidente ... 2 ,
Gasparri Maurizio  ... 2 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 3 ,
Gasparri Maurizio  ... 3 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 3 ,
Fico Roberto , Presidente ... 3 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 3 ,
Fico Roberto , Presidente ... 3 ,
Giacomelli Antonello (PD) , Sottosegretario per lo Sviluppo economico ... 3 ,
Rossi Maurizio  ... 6 ,
Gasparri Maurizio  ... 8 ,
Airola Alberto  ... 9 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 10 ,
Margiotta Salvatore  ... 12 ,
Bonaccorsi Lorenza (PD)  ... 13 ,
Verducci Francesco  ... 13 ,
Ciampolillo Lello  ... 14 ,
Minzolini Augusto  ... 15 ,
Ranucci Raffaele  ... 16 ,
Fico Roberto , Presidente ... 17 ,
Giacomelli Antonello (PD) , Sottosegretario per lo Sviluppo economico ... 18 ,
Fico Roberto , Presidente ... 18 ,
Giacomelli Antonello (PD) , Sottosegretario per lo Sviluppo economico ... 18 ,
Fico Roberto , Presidente ... 18 ,
Giacomelli Antonello (PD) , Sottosegretario per lo Sviluppo economico ... 19 ,
Fico Roberto , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.50.

Sulla pubblicità dei lavori

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Sottosegretario per lo Sviluppo economico, Antonello Giacomelli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Sottosegretario per lo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Come convenuto dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, invito i colleghi a contenere il proprio intervento entro i cinque minuti.
  Prima di dare la parola al Sottosegretario Giacomelli, ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il senatore Gasparri.

  MAURIZIO GASPARRI. Presidente, come lei ovviamente sa, è stata indirizzata alla presidenza una lettera da parte di diversi Gruppi, come Forza Italia, CoR, la Lega e credo anche altri, che hanno chiesto nei giorni scorsi un'audizione, alla luce di quello che è successo, con tutto il rispetto dell'audizione del Governo che adesso svolgeremo.
  Mi riferisco alla Rai, alla vicenda del Piano sull'informazione, che da tempo si attendeva, e alle annunciate dimissioni di vari giornalisti, questioni che hanno investito anche il ruolo della Commissione di vigilanza. Voglio anche in questa occasione censurare le offese che sono state fatte da tale Francesco Merlo su un programma televisivo anche nei confronti della Commissione, a cui credo che la Commissione dovrebbe reagire, rivendicando il lavoro che svolge. Con saccenza ha usato la televisione pubblica nel programma dell'Annunziata. Lo ha fatto anche negli articoli sui giornali, che però sono più frutto di libere opinioni. Ho visto che la Rai ha perfino censurato un suo programma, che ha offeso anche tutti i giornalisti della Rai.
  Dopo questa riunione ci sarà l'Ufficio di presidenza della Commissione, adesso abbiamo quest'altra audizione. Per carità, visto che non abbiamo fatto né accordi programmatici né rinnovo della concessione né tante altre cose, sicuramente ci sono materie da discutere, perché siamo nel vuoto totale in Rai. Non si sono rispettate le richieste dell'Autorità anticorruzione, non si è rinnovata la concessione, non si è fatto nulla. Tuttavia, rispetto a questa audizione, voglio chiedere che questo atto, che avrebbe dovuto essere fatto già oggi, perché l'urgenza dei fatti poteva anche portare a un Ufficio di presidenza e a un cambio di ordine del giorno, quantomeno avvenga nel corso della prossima riunione, in cui dovrebbero venire congiuntamente il consiglio e il direttore generale. Vogliamo capire anche quali sono le valutazioni diverse, perché proprio lì è emerso il contrasto. Credo che sia urgente, anche allo scopo, che segnalo anche a lei, di difendere Pag. 3il ruolo della Commissione di vigilanza, che svolge le sue attività nell'ambito del Parlamento e, quindi, tutti gli insulti riversati sono francamente da respingere al mittente. Se anche la Rai si è risentita nei confronti di se stessa, perché ha criticato un programma Rai, credo che anche una Commissione debba rivendicare il suo ruolo. Abbiamo opinioni diverse, ma le abbiamo sempre espresse liberamente. Inoltre, sul piano dell'informazione avevamo ed abbiamo pieno titolo di parlare, perché il tema del pluralismo e altri sono centrali. Di conseguenza, mi auguro che si possa procedere nei prossimi giorni con immediatezza a questa discussione, che almeno avvenendo in Commissione vigilanza assume un carattere di trasparenza maggiore. Qui siamo in diretta, collegati, in una sede parlamentare. Non c'è niente di male che la Commissione, che è un organo democratico e rappresentativo, si confronti con i vertici della Rai nella loro complessità, consiglio e direttore.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Intervengo sull'ordine dei lavori, presidente, perché l'intervento che abbiamo appena ascoltato non era sull'ordine dei lavori. Noi abbiamo già in programmazione l'Ufficio di presidenza, che stilerà il calendario per la prossima settimana. Abbiamo ascoltato, casomai, un intervento di fine seduta, dove sono state espresse valutazioni personali. Ogni volta che c'è una riunione della Commissione all'inizio dobbiamo sentire lo sproloquio di Gasparri. È ora di dire basta. C'è un regolamento, che prevede interventi sull'ordine dei lavori, ma anche questa volta non era sull'ordine dei lavori.

  MAURIZIO GASPARRI. Intervengo sull'ordine dei lavori perché...

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Gasparri, non le è stata data la parola, quindi lei non accende il microfono e non interviene.

  PRESIDENTE. Gasparri, facciamo finire l'intervento a Peluffo.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Presidente, ho preso la parola per segnalare che non era un intervento sull'ordine dei lavori e per censurare ancora una volta la modalità di comportamento del presidente Gasparri in questa Commissione.

  PRESIDENTE. Ricordo, anche per questi interventi generali, che proprio oggi c'era il consiglio di amministrazione della Rai, dove è stato presentato il Piano per l'informazione. Questo è uno dei motivi per i quali oggi abbiamo mantenuto l'audizione del Sottosegretario Giacomelli. Oggi è stato presentato il Piano di informazione al consiglio di amministrazione e faremo successivamente, come avevamo già detto in tutti gli uffici di presidenza passati, la riunione della Commissione su questo punto, in modo molto tranquillo e chiaro e in un percorso trasparente.
  Do la parola al Sottosegretario Giacomelli, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario per lo Sviluppo economico. Se il presidente e la Commissione sono d'accordo, vorrei fare una fotografia dello stato dell'arte rispetto al tema della concessione del servizio pubblico, ma lasciando poi alle domande e agli interventi il compito di focalizzare gli aspetti che la Commissione ritiene di maggior interesse rispetto a questo tema.
  Come avete visto nel decreto Milleproroghe, abbiamo preso ancora qualche settimana di tempo, perché è sembrato inopportuno – credo che ne converremo – che fosse un Governo nella gestione solo degli affari correnti, nella fase che abbiamo alle spalle, ad avanzare il testo di un rinnovo così importante come quello della concessione di servizio pubblico. Ritengo, tuttavia, che non vi sia la necessità di utilizzare tutto il lasso di tempo che il Parlamento ha concesso con il voto e che possiamo in poco tempo avviare il percorso che prevede l'approvazione dello schema di massima da parte del Consiglio dei ministri e poi il parere di questa Commissione con gli approfondimenti Pag. 4 necessari prima dell'adozione definitiva, anche per limitare al minimo il tempo di incertezza rispetto a questo atto, che segna anche una ridefinizione del concetto di servizio pubblico. Il testo su cui stiamo lavorando e che stiamo ultimando, per ovvie considerazioni, deve essere nei suoi dettagli prima di tutto conosciuto dal Consiglio dei ministri, che deve approvarlo, però credo non inutile un approfondimento dei punti che lo caratterizzeranno con la Commissione già in questa fase. Richiamo qui alla mia e alla vostra memoria anche qualche altra occasione in cui ne abbiamo parlato. Questo innanzitutto è un atto diverso da quello del passato per la sua durata, è un atto decennale. È esperienza comune di tutti noi che in questo settore parlare di un'indicazione che ha un traguardo decennale è un'ambizione molto impegnativa, perché le trasformazioni e i cambiamenti che intervengono hanno una capacità e una velocità molto superiori a questo tempo. Tuttavia, per impostare in termini seri un ragionamento di prospettiva, è parso che la durata decennale, come già fissato dalla legge, rispetto a quella ventennale fosse adeguata. Certamente dovremmo parlare di un servizio pubblico multimediale, che già tiene conto in qualche modo delle novità intercorse, ma che, al di là delle iniziative già intraprese autonomamente dalla Rai, anche nell'affidamento da parte dello Stato tenga conto di un mutamento profondo intervenuto e di un elemento nuovo che viene a caratterizzare le forme e le modalità della comunicazione. Dobbiamo tener conto, raccogliendo le sollecitazioni di contesto, di alcuni elementi. In primo luogo, ricorderete che quando le authority sono state chiamate a dare un parere sull'introduzione del canone nella bolletta elettrica, al di là del parere su questo singolo atto, hanno introdotto un punto, a cui abbiamo il dovere di rispondere: il tema dell'idoneità del sistema cosiddetto «della contabilità separata». Per questo occorre identificare con chiarezza gli ambiti del servizio pubblico rispetto alla «normale attività di tipo commerciale». È un tema vero, su cui peraltro le istituzioni, la politica, ma anche la società italiana discutono e si interrogano da tempo. Penso che la concessione e, dunque, l'atto di convenzione con cui viene affidato il servizio pubblico siano lo strumento giusto per provare a dare una risposta soddisfacente a questa esigenza posta di identificare con chiarezza, di invitare e in qualche modo delimitare l'ambito in cui è necessario che la stessa Rai ridefinisca il meccanismo di servizio pubblico. Per questo, l'ulteriore elemento che a mio giudizio la convenzione deve contenere è una definizione del perimetro minimo, del nocciolo duro, dell'essenzialità del servizio pubblico, intendendosi con ciò, non tanto che sia inibita ogni ulteriore iniziativa, ma che, ai fini del rapporto con lo Stato, sia identificato con chiarezza quello che viene a essere l'oggetto della concessione e della convenzione di servizio pubblico. Occorre individuare anche una linea che inviti gli organi che amministrano la Rai, che sono il consiglio eletto da questa commissione e l'amministratore delegato, indicato e poi nominato dal consiglio, a tener conto nella definizione del piano industriale e del piano editoriale di un'esigenza cambiata rispetto al passato e, dunque, di una necessità di ridefinizione del perimetro di attività, in termini di reti, canali, essenzialità, relazione tra obiettivi e risorse.
  Crediamo che questo debba essere uno degli atti fondativi della riforma del servizio pubblico, rispetto a un contesto che è radicalmente cambiato e rispetto a competenze che devono concorrere e che non possono sovrapporsi. È evidentemente compito delle istituzioni indicare il senso e l'oggetto del mandato di servizio pubblico ed è evidentemente compito di chi ha la responsabilità del ruolo di amministrare l'azienda di costruire il piano industriale, il piano di attività e il piano editoriale dell'azienda in coerenza con queste indicazioni. Nel periodo alle nostre spalle, come ricorderete, abbiamo effettuato per la prima volta la consultazione pubblica on line rispetto a Rai servizio pubblico. Tra le indicazioni emerse, che non possono non essere tradotte in punti specifici della concessione, ce ne sono alcune con una maggiore indicazione di favore da parte dei Pag. 5tanti cittadini che hanno partecipato alla consultazione. La prima riguarda il sostegno alla produzione audiovisiva nazionale: questo va fatto in coerenza con la normativa europea e con quanto previsto rispetto all'indicazione di quote di produzione europea, ma non c'è dubbio che la risposta prevalente da parte degli italiani che hanno partecipato alla consultazione pubblica individui come uno dei compiti prioritari di Rai quello di rappresentare un sostegno alla produzione audiovisiva nazionale. Questo appare tanto più importante in una fase come questa, caratterizzata da un attivismo di nuovi soggetti, su nuove piattaforme e con nuove modalità, e da una competizione in termini di sistema Paese che avviene su scala globale. È quindi un'indicazione rafforzata, che penso debba trovare nella concessione un'importante precisazione. Naturalmente perché questo avvenga, non solo occorre confermare una vocazione di Rai a essere un soggetto che in termini di produzione e di realizzazione è il primo interlocutore dei produttori italiani, ma c'è bisogno anche che rileggiamo il tema dei diritti, tema sempre delicato e controverso, secondo due linee di intervento.
  La prima è armonizzare il numero e la durata d'intervento sui diritti con un regime internazionale, ma principalmente europeo, per non creare una realtà che penalizzi i produttori italiani. La seconda è una linea che vada nella direzione di rafforzare l'industria audiovisiva nazionale, non semplicemente la produzione di prodotti, ma il vero e proprio comparto industriale.
  A questo proposito mi consentirete una riflessione ulteriore. A me pare che le vicende delle settimane alle nostre spalle indichino con chiarezza come uno dei punti su cui riflettere sia la capacità di tenuta del sistema Paese rispetto a interessi del tutto legittimi, ma che evidentemente affondano altrove le loro radici. Non credo che ci sia una risposta univoca, ma credo che sia legittimo il confronto di idee diverse. A me pare difficile sostenere – lo ribadisco qui, ma l'ho detto pubblicamente in altre sedi – che non esista mai un confine oltrepassato il quale si tocchino gli interessi vitali di una comunità nazionale, di un sistema Paese, di una nazione. È evidente che quali siano le linee che compongono il cuore di questa identità nazionale o di questo centro vitale di interessi, quali siano le forme e gli strumenti più opportuni per affermare questo principio è un tema su cui il Parlamento ha indubbiamente sovranità e su cui il confronto tra i diversi soggetti deve svilupparsi. A me pare però che il settore dell'audiovisivo nazionale, intendendo con questo tutto quello che va dalla produzione di film, fiction, documentari e serie per il web a tutto ciò che attiene alla valorizzazione dei linguaggi e delle modalità espressive, sia senz'altro uno dei punti che caratterizzano l'identità nazionale. C'è dunque bisogno che l'armonizzazione degli strumenti sia tale da essere funzionale a un suo potenziamento, a un suo rafforzamento, a una sua capacità espansiva o di affermazione, in una competizione che va ben oltre la dimensione del mercato interno, a cui, a mio avviso, si continua a puntare ancora in modo troppo esclusivo. In questo senso, un ulteriore elemento è quello dell'indicazione e della valorizzazione dell'internazionalizzazione dei prodotti e delle attività da parte del soggetto che ha il mandato di servizio pubblico, perché ormai il tema dell'acquisizione di mercati e della competizione non si svolge più solo nei confini nazionali ed è difficile immaginare che il sistema Italia possa fare a meno di un ruolo attivo di Rai nell'accompagnamento alla sfida sui mercati. Dunque, l'internazionalizzazione dei prodotti va vista anche come valorizzazione di linguaggi e modalità espressive, che siano più in linea con esigenze che vanno oltre la dimensione interna. In questo senso rientra una produzione, se non un vero e proprio canale, che sia capace di affermare in lingua inglese il punto di vista, i valori, gli interessi, il modo di vedere e la cultura del nostro Paese nella dimensione internazionale.
  Credo che questi, insieme alla riaffermazione dei princìpi fondanti il servizio pubblico, cioè quelli del pluralismo, della destinazione a una vocazione universale, Pag. 6dell'attenzione alle minoranze linguistiche e a una rappresentazione complessiva della società, debbano essere i punti della concessione.
  Aggiungo solo un elemento, che però credo interessi tutti i colleghi, visto che ognuno di noi è spesso destinatario delle segnalazioni di amministratori e comunità locali. Credo che lo stato attuale delle tecnologie consenta di essere più ambiziosi rispetto ai termini della copertura del territorio con il segnale rispetto alle fasi precedenti. Penso che la nuova concessione non possa non prevedere un'universalità in termini di impegno e di obbligo, sia pure nell'arco temporale delimitato, del segnale. Dico questo perché giustamente è stato fatto osservare che, come siamo stati in grado di trovare una modalità di pagamento del canone che ha efficacemente contrastato l'evasione, altrettanta efficacia dobbiamo dimostrarla nell'individuare una modalità che consenta a tutti i cittadini che concorrono con il canone al pagamento del servizio pubblico di usufruire dei servizi. Credo che sul tema delle risorse sia necessaria una riflessione non solo in termini di corresponsione al servizio pubblico, ma più ampia. Per come vedo le cose, questo contrarsi della dimensione pubblicitaria per lo spostamento su una pluralità di soggetti diversi dai media tradizionali, questa difficoltà del mercato a sostenere complessivamente il settore informativo, sia esso legato alla carta stampata, ai broadcaster o ai media in tutte le modalità, comprese le più innovative, attengono direttamente al pluralismo e alla sua difesa e alla capacità di determinare condizioni reali perché sia possibile per ciascuno sostenere la propria attività editoriale. Credo quindi che su questo dovremmo fare complessivamente una riflessione di sistema. Naturalmente questo parte anche dal servizio pubblico a fronte di una modalità di pagamento del canone che elimina un problema storico nel nostro Paese, fin qui rimasto soltanto oggetto a turno delle interrogazioni di che si trovava al momento a essere all'opposizione nelle istituzioni. La risoluzione di questo problema comporta comunque, per come è stato identificato, un aumento di risorse per il servizio pubblico, nei termini in cui la legge di bilancio approvata dal Parlamento lo decide. Tuttavia, credo che questo sia solo il passo iniziale per una riflessione più complessiva che dobbiamo fare, senza immaginare che esista, come talvolta a me appare in alcuni interventi, una risposta facile e immediata anche rispetto a nuovi soggetti e ai protagonisti della rete, ma avendo contezza che occorre un lavoro più articolato e più approfondito. Non si tratta di affrontare in termini di sospetto che si facciano iniziative per penalizzare o favorire l'uno o l'altro dei soggetti in campo, ma di affrontare una riflessione in questa sede, ove la Commissione lo ritenga, ma anche più in generale nella dimensione delle istituzioni, della politica e della società italiana, sul rapporto corretto, sia in termini di modalità di utilizzo sia in termini di quantità e regole delle risorse, quelle del canone e quelle della pubblicità, con l'attività editoriale.

  MAURIZIO ROSSI. Ringrazio il Sottosegretario Giacomelli della sua esposizione. Mi fa piacere vedere che si parla dell'ultima proroga, anche perché siamo in presenza dell'unico caso in Europa di proroghe di concessioni televisive. Non è mai successo in nessun altro Stato. Non comprendo come sia possibile, peraltro, fare piani news o industriali senza avere preventivamente una convenzione che dica cosa ci si aspetta dal servizio pubblico per i prossimi dieci anni. Noi dal piano Gubitosi a oggi abbiamo visto piani news e piani industriali in mancanza di una convenzione che deve disegnare un nuovo futuro della Rai. Secondo me, è stato veramente tempo perso e buttato via, anche da parte nostra che li abbiamo dibattuti un sacco di volte. Intendo, ad esempio, che nella nuova convenzione probabilmente dovrà essere spiegato quali saranno il numero dei canali, il numero dei telegiornali, i costi del servizio pubblico, la definizione del servizio pubblico. Peraltro c'è stato un sondaggio su quello che dovrebbe essere. C'è poi il tema del numero di frequenze da utilizzare. Non dimentichiamo che andiamo verso una forte diminuzione – mi rivolgo al sottosegretario, che conosce molto bene la materia Pag. 7– del numero di frequenze televisive. Ricordiamoci che a livello europeo dovrà essere ridotto di quattordici il numero delle frequenze televisive entro il 2020. L'Italia è stata l'unica a chiedere una proroga al 2022 dell'utilizzo della banda a 700 Mhz e sono quattordici frequenze, quindi non è detto che poi arriverà al 2020 o al 2022. Ho visto con piacere che il piano che l'Italia comunque deve presentare su come intenderà affrontare il problema delle frequenze, che dovrebbe essere presentato nel 2017, slitterà al 2018. Rivolgo un invito al sottosegretario. Nel 2018 al massimo si andrà a votare e, secondo me, da febbraio a giugno, con il nuovo Governo che ci sarà, qualora si arrivasse a fine mandato, non sarà possibile presentare un nuovo piano. Penso che sia una cosa che sarebbe opportuno fare entro il dicembre del 2017, perché altrimenti non rispetteremmo gli impegni verso l'Europa.
  Esprimo dubbi, signor sottosegretario, sulla legittimità di dare una concessione esclusiva alla Rai, che deriva dalla convenzione, senza motivarla. La normativa comunitaria dice che, se si ritiene che un unico soggetto sia in grado di fornire quel servizio, è dovere dello Stato che dichiara questa posizione motivarla. A oggi questo non mi pare che sia stato scritto in nessuna legge. Il problema non sorgerà a livello italiano, cioè al nostro interno. Se ci saranno delle denunce da parte di soggetti che si sentono lesi da questa posizione dello Stato italiano, questo diventerà un problema reale in sede europea, che verrà analizzato dalle competenti commissioni europee. Penso quindi che sarebbe opportuno motivare da parte del Governo perché la Rai è considerato l'unico soggetto in Italia in grado di fornire il servizio pubblico.
  Vengo a delle domande. Dopo aver parlato, mi sembra giusto porre delle domande precise. Innanzitutto, mi fa piacere saperlo, ma le chiedo se questa è davvero l'ultima proroga.
  Non ritiene sbagliato aver tentato di fare piani news, da quello Gubitosi all'ultimo proposto e bruciato, e dei piani industriali in mancanza della convenzione e addirittura farli in un regime di proroga della concessione? Quanti canali e quanti programmi è previsto che debba fare la futura Rai? Tre, cinque o ancora gli attuali quindici? Il DVB-T2, che sarebbe la soluzione, se dovessimo avere meno frequenze, per garantire comunque lo spazio a tutte le reti che stanno trasmettendo, non può essere pronto, sottosegretario, in tre o quattro anni. Lo sappiamo, lo dicono i tecnici e lo dicono tutti. Di conseguenza, arriveremo alla riduzione di quattordici frequenze, che vuol dire 70 canali, prima di poter passare al DVB-T2. Questo significa che Rai dovrà diminuire enormemente il suo numero di frequenze a disposizione? Lo stesso vale anche per altre emittenti nazionali, ma qua parliamo di Rai, quindi non entro su temi che riguardano altre emittenti. Il Governo intende motivare perché Rai è l'unico soggetto in grado di assolvere al ruolo di servizio pubblico, al fine di rientrare nelle norme europee sull'assegnazione del servizio pubblico a un unico soggetto? Questo deve essere un argomento trattato nella convenzione.
  Infine, mi permetto di fare una riflessione del tutto personale, come tutte quelle che faccio, perché non appartengo ad alcun partito. Vorrei spezzare una lancia a favore di Verdelli, perché è un grandissimo professionista, una persona che nella vita ha dimostrato una capacità professionale straordinaria. Ritengo che abbia cercato di fare un lavoro innovativo in Rai, che è stato soffocato e non è stato possibile, a dimostrazione che purtroppo la Rai si richiude sempre su sé stessa, vuole uno status quo, vuole una difesa delle posizioni di rendita, vuole una difesa delle posizioni dei partiti, di tutti, oggi probabilmente anche di quella dei 5 Stelle. Devo dire che la spartizione del potere in Rai si allarga, è un nuovo manuale Cencelli. Vorrei solo ringraziare Verdelli per il tentativo che ha fatto di cambiare la Rai, che ho apprezzato enormemente. Lo apprezzo come persona e come professionista e credo che sia del tutto sbagliato tutto quello che viene detto su di lui. Personalmente gli esprimo tutta la mia gratitudine per il tentativo che ha fatto.

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  MAURIZIO GASPARRI. Credo che siamo in una situazione di assoluto stallo, dovuto anche all'inerzia del Governo, che si è concentrato su mini leggi incostituzionali per fare una concentrazione di potere e ha trascurato i temi di cui oggi stiamo parlando.
  Noi discutevamo tempo fa del rinnovo del contratto di servizio e anche il relatore, il senatore Margiotta, e altri avevano fatto un lavoro apprezzabile, che poi fu bloccato, perché giustamente, scadendo la concessione, che senso aveva fare il contratto di servizio? Quando avevamo iniziato la discussione, avrebbe avuto un senso, perché mancava ancora un lasso di tempo importante. Non si è fatto il contratto di servizio e la concessione è all'ennesima proroga, quindi non è che questa che è stata fatta nel Milleproroghe è la prima, ce ne sono state anche altre. C'è un'assoluta incapacità, mentre sulla leggina per dare tutti i poteri al direttore generale, che poi li ha usati male, visti gli ascolti, visti i risultati, viste le difficoltà, oltre quelle sull'informazione che hanno visto il naufragio...
  Non sono d'accordo con Rossi ovviamente, ma qui si può esprimere il pluralismo delle idee nel rispetto reciproco. Il «manuale Verdelli» era peggio del manuale Cencelli, perché francamente il manuale Verdelli ha previsto una dimensione unica: tutti quanti nominati perché in ossequio al Governo del tempo. Non so adesso con quello attuale i direttori come saranno valutati, però più o meno il Governo attuale è in sostanziale continuità. Tranne uno, gli altri sono tutti gli stessi di prima. Francamente il manuale Verdelli del pensiero unico, del provincialismo, in un'epoca di tecnologia avanzata, della media company, che è venuto con saccenza a spiegarci, come se fossimo degli analfabeti telematici, Campo Dall'Orto... Poi il telegiornale deve stare a Milano, quell'altro al sud, come se respirando l'aria il giornalista diventasse più intelligente, se invece c'è l'aria di Roma, che è inquinata... Per carità, non è che a Milano sia splendida. Lasciamo perdere, di quello discuteremo quando ci sarà – mi auguro rapidamente – questa audizione.
  Sono stati sprecati soldi e ci dobbiamo beccare, anche noi come Commissione e come Parlamento, offese e saccenza. Ieri ho visto l'articolo di Merlo, che citava quattro o cinque libri. Speriamo che ne legga anche un sesto, così ci fa anche un altro titolo la prossima volta. Noi forse abbiamo letto libri sbagliati, ma ne abbiamo letti anche più di cinque. Francamente credo che l'atteggiamento offensivo, prendendo 240.000 euro l'anno, che si aggiungono alle collaborazioni col suo giornale, dove non credo scriva gratis, e alla pensione... Avevamo discusso sul fatto che un pensionato non può collaborare in tutta la pubblica amministrazione, neanche nella Rai. Perfino i consiglieri, se sono pensionati, lo fanno a 0 euro. Per Merlo si disse che era un consulente o non so che. È un uomo che ha goduto di mille privilegi. Giorni fa – non vi sembri strana la citazione – Il Fatto ha pubblicato un articolo che ne ha dipinto le imprese e i privilegi in cui ha vissuto, perfino da corrispondente sulla politica italiana da Parigi, con appartamento pagato – beato lui – dal suo giornale dell'epoca. Questo qui ci viene a fare la lezione a noi della politica. Francamente, caro Rossi, ce lo poteva risparmiare. Verdelli almeno è stato un po’ più zitto, ma il programma era cattivo.
  Dunque, caro Giacomelli, noi adesso siamo senza la concessione, e speriamo che si faccia. Non abbiamo fatto il contratto di servizio, perché ci doveva essere la concessione. Abbiamo problemi complessi anche di budget, perché pare che la discussione di fine mese sarà complicata. Può darsi che gli incassi del canone messi in bolletta saranno cospicui, però allo stato c'è anche una difficoltà di natura finanziaria. Il pluralismo, che è un tema fondamentale che dovremmo discutere nel rinnovo della concessione, non è stato assolutamente garantito (nomine, lottizzazioni, esterni). La trasparenza non è stata garantita. Siamo ancora in attesa di sapere le risposte alle contestazioni dell'Autorità nazionale anticorruzione. Non è stato risolto nemmeno il caso più semplice, quello dell'istituto di vigilanza: vi ricordate il padre, cacciatore di teste, che selezionò il figlio? A me non Pag. 9risulta risolto neanche quello, che non è un problema di sostituire un direttore. Non so che compiti abbiano, ma di questi tempi ci sono intercettatori sul mercato da tutte le parti: potevano chiamare quei due casomai, non lo so quanto costino o chi siano, sinceramente. Non lo hanno nemmeno rimosso, da quel che mi risulta... Mi rivolgo anche al Sottosegretario Giacomelli. Capisco che il Governo deve rispettare, in teoria, l'autonomia della Rai, salvo quando si fanno le nomine, però almeno sull'istituto di vigilanza se ne può mettere un altro, per non parlare degli esterni e quant'altro.
  Sono molto preoccupato per tutte queste questioni di budget, di risorse, di pluralismo, di piano dell'informazione, che attengono alla concessione. Anche il rapporto con la politica a me fa ridere: siamo considerati degli invasori, mentre la Commissione di vigilanza è pluralista e ha un rapporto maggioranza-minoranza così come gli elettori decidono. Io rappresento una minoranza combattiva e attenta. Questo rapporto con la politica poi cambia quando si tratta di fare le prime serate flop con Veltroni ... si obietta che non è un programma politico, ma se si fosse chiamato Mario Rossi avrebbe fatto l'autore di quattro prime serate su Rai Uno del sabato al 10 per cento? Per non parlare dei programmi natalizi al 7 per cento, una delle puntate dotte, bellissime... ma sono canali appositi: la Rai ne ha quindici o sedici; anche a me piace vedere Montale o Ezra Pound, però su Rai Uno, che deve anche pagare gli stipendi della Rai, probabilmente ... Le segnalo altre cose, sottosegretario, anche sulle collaborazioni tra varie emittenti. Parlo senza dover difendere nessuno. Ho visto che giorni fa la Rai si è vantata degli ascolti e dei risultati. Sabato scorso hanno messo un remix della Cuccarini e della Parisi che su Rai 1 ha fatto l'8 per cento. Sembrava fatto da Veltroni pure quel programma. Guarda caso, chi c'era in prima serata su Canale 5? Le mie considerazioni travolgono le appartenenze. C'era la De Filippi, che ha fatto il 24 per cento contro il nulla. La De Filippi ora va a Sanremo a costo zero. Viene remunerata con l’audience maggiore che ha avuto con la desistenza della Rai? Si ricorda le desistenze ai tempi dei collegi? La Rai ha fatto la desistenza sabato sera. Una volta si faceva la Resistenza, adesso si fa la desistenza.
  Per ciò che concerne le tasse, Google e Amazon, sottosegretario: invece di assumere i capi di Amazon come consulenti di Palazzo Chigi, facciamo pagare un po’ di tasse in più a questa gente, senza aspettare che facciano i concordati come Google, perché oggi quelli che raccolgono soldi possono anche pagare, così sulla pubblicità e sul resto si respirerà di più nelle emittenti pubbliche e private, anche quelle regionali o locali.
  Dunque, ci sono tante cose da fare, che non sono state fatte. Il bilancio di questi due anni è disastroso. Bisogna difendere la Rai da queste inefficienze della politica, dell'attuale Governo e a volte anche dei vertici che sono stati scelti. Aspetto quell'audizione per parlarne.

  ALBERTO AIROLA. Grazie sottosegretario di essere qui. Innanzitutto lamento la ripetizione della definizione del perimetro del servizio pubblico. La lamento perché mi sembra la pratica di «scava la buca, riempì la buca», nel senso che noi, come dicevano alcuni colleghi, abbiamo lavorato su questo perimetro, abbiamo definito quali erano i principali obiettivi che doveva avere il servizio pubblico e oggi, a distanza più o meno di tre anni, al secondo direttore generale, con una legge sulla governance che nel frattempo ha cambiato radicalmente la gestione e i poteri di questo direttore, ci ritroviamo a dover ridefinire il perimetro del servizio pubblico. In qualche modo è come se non fosse successo quasi nulla.
  Questo ci porta anche a un'altra valutazione, che secondo me è un po’ quella che dovrebbe fare il Governo, in quanto contraente del contratto con la Rai: dati tutti i poteri a un direttore generale, con ampio margine di operatività, ci ritroviamo con un piano che poteva essere buono o brutto – non lo so, perché non abbiamo mai visto quello di Verdelli – con continui annunci e poi smentite, con un nulla di fatto nel cambiamento, se non una quasi completa Pag. 10digitalizzazione della tecnologia Rai. Per il resto, c'è un nulla di fatto. Questo ci fa pensare che non sia questione di poter lavorare o trasformare la Rai. Non si tratta tanto di avere più potere o meno potere. È una questione di conflitti che né Campo Dall'Orto, forse per capacità, forse per incapacità, né gli altri riescono a risolvere e ad affrontare. Allora io, come eventuale committente di una concessione, mi domanderei: «Mi posso fidare della realizzazione degli obiettivi che do alla Rai?» In questi anni non è successo nulla di che, anzi abbiamo assistito a dei clamorosi fallimenti. Abbiamo visto slide, abbiamo sentito annunci, ma poi di fatto non abbiamo visto nulla, quindi ci ritroviamo al via.
  Credo che questo sia il punto vero di riflessione. Noi adesso rifaremo un altro contratto di servizio? Dovremmo rifare un altro lavoro di questo genere con i colleghi? E poi, quando sarà compiuto questo contratto, la Rai si atterrà? Ce la farà? Non ce la farà? Alla luce dei fatti, mi pare che la risposta attualmente sia: «No». Lei ha affermato che la Rai è un centro vitale di interessi. È un'altra frase che lei ha detto e su cui io rifletto, chiedendomi: «Gli interessi di chi?» Anche su questo, come dicevano alcuni colleghi, non abbiamo visto soluzioni a una serie di problematiche in Rai. Mi riferisco alle indagini per il caso Biancifiori, agli appalti, alla trasparenza, alle nomine che l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) aveva contestato. Nulla di tutto ciò è cambiato.
  La Rai è il primo interlocutore dei produttori. Si è detto spesso che è la più grande industria culturale italiana. Io vorrei che la Rai smettesse di essere la più grande industria culturale italiana. Attualmente, in realtà, è l'unica o quasi, perché è una grossa mammella a cui si attaccano tanti produttori. È il primo interlocutore dei produttori. A me sta bene che produca audiovisivi, ma mi sembra strano che l'unica cosa che è emersa dalla consultazione col pubblico sia che la Rai debba fare produzione di audiovisivi. È vero che ha fatto degli ottimi prodotti, ma bisognerebbe anche ricordarsi, parlando di fiction, di film e di valenza internazionale dei prodotti culturali italiani, che i principali prodotti culturali audiovisivi italiani premiati all'estero sono stati i documentari. A parte Fuocoammare, che fra squilli di trombe abbiamo visto in Rai, tanti altri non ne abbiamo mai visti in Rai. Anche in questo caso, è un centro vitale di interessi, è il primo interlocutore dei produttori e ha una casa di distribuzione interna – lo ribadisco – forse più per accontentare determinate clientele che per realizzare un vero servizio pubblico.
  Alla luce di tutto questo – l'ho già affermato tante volte, quindi ora lo dico un po’ rapidamente – se io fossi il committente della Rai, comincerei a mettere dei paletti ben chiari, anche sul pluralismo e sull'informazione. Abbiamo visto in questi mesi il dato che forse anche lei citava. Non ho capito esattamente il passaggio in cui lei diceva che gli ultimi avvenimenti ci hanno dato dei segnali evidenti. Non ho capito a cosa si riferisse, sottosegretario, però di fatto è un dato che ci sono state sovraesposizioni dell'ex premier e ci sono state delle violazioni, purtroppo in parte sanzionate e in parte no dall'Agcom. Anche sul pluralismo dell'informazione mi sembra che ci sia da lavorare.
  Accettiamo magari pure quest'ultima proroga, ma poi vorrei veramente vedere dei punti fissi, dei paletti, una strada chiara e le garanzie che la Rai sia in grado di adempiere al suo scopo: al lavoro di servizio pubblico.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Ringrazio anch'io il sottosegretario per la presenza e per la comunicazione. È anche l'occasione per rivolgergli un augurio di buon lavoro, visto che è stato riconfermato come sottosegretario, quindi prosegue il lavoro di interlocuzione con questa Commissione.
  Sto all'ordine del giorno dell'audizione di oggi, visto che diversi colleghi si sono avventurati in considerazioni su altro, come il presidente Gasparri, che non perde occasione per riproporre in questa Commissione i suoi tweet. Già i tweet sono abbastanza molesti. Vedo che ogni volta va fuori tema, richiamando questioni che poco c'entrano con l'ordine del giorno. Peraltro, Pag. 11 chi è stato anche ministro delle comunicazioni, dovrebbe almeno saper affrontare i dati Auditel. Dopo tanti anni in Commissione vigilanza e come ministro, dovrebbe almeno imparare a fare questo. Dai, su, almeno questo.
  Il sottosegretario ha richiamato il percorso sul rinnovo della concessione, che riguarda il ruolo e il coinvolgimento della Commissione, visto che ha fatto riferimento all'approvazione di uno schema di convenzione in Consiglio dei ministri, che verrà trasmesso a questa Commissione, che dovrà esprimere il parere, se ricordo bene, entro 30 giorni, per poi essere – al di là che venga o meno recepito – approvato in via definitiva in Consiglio dei ministri. Tutto questo deve avvenire entro il 30 aprile, almeno secondo il testo del Milleproroghe. Questo significa che in ogni caso i tempi sono stretti, quindi secondo me la prima questione per la Commissione – mi sembra che su questo ci siano state parole chiare da parte del sottosegretario – è che ci sia certezza sui tempi di trasmissione di questo schema alla Commissione stessa, in maniera tale che quest'ultima possa svolgere il lavoro ed esprimere il parere con tempi congrui. Peraltro, credo che questo attenga alla correttezza del rapporto tra la Commissione e il Governo su questo aspetto.
  Nel merito, credo che giustamente oggi il sottosegretario abbia individuato alcuni nodi aperti e richiamato alcuni elementi emersi dalla consultazione. È evidente che poi vedremo il testo nel merito e nel dettaglio. Tuttavia, mi sembra utile con questa discussione richiamare alcuni nodi aperti.
  Il primo è il tema della contabilità separata e di un'ulteriore e migliore definizione dell'ambito del servizio pubblico. Questo è un tratto di lavoro che questa Commissione nel corso degli anni ha svolto, anche perché il Viceministro Catricalà aveva dato una declinazione di questo nodo, con la proposta del «bollino blu». Ricordiamo tutte le audizioni, anche dell'organismo europeo Ebu. Da questo punto di vista, credo che sia molto delicato come si declina questo aspetto. Il secondo nodo aperto che ci ha offerto da subito come elemento di discussione il sottosegretario è quello della definizione del perimetro minimo di servizio pubblico. Così lo ha indicato. Credo che questo sia altrettanto delicato, perché è evidente che nel momento in cui le trasformazioni in questo settore e il piano industriale presentato stesso parlano della trasformazione da broadcaster a media company, il tema è innanzitutto cosa significa obiettivi di servizio pubblico per una media company e quali sono gli obiettivi di servizio pubblico. Credo che il tema ruoti intorno a questo, forse più che alla definizione di un perimetro minimo, però mi sembra una suggestione di grande rilievo. È stato evocato anche da diversi colleghi il tema della pubblicità che riguarda la Rai. Ogni volta che parliamo di pubblicità ci riferiamo al complesso del sistema televisivo nel nostro Paese. Questo tema riguarda tutti i soggetti e riguarda anche quello che è stato richiamato, ossia la trasformazione della raccolta pubblicitaria, che vede nuovi soggetti. Adesso non ho i numeri sottomano, quindi sarò più preciso nella discussione in un'altra occasione, però mi sembra che la raccolta pubblicitaria sull'offerta on line sia superiore ai 2 miliardi di euro su base annua e credo che più del 65 per cento vada a due soggetti. Pertanto, mi sembra che da questo punto di vista siano elementi di innovazione che hanno, anche in termini regolatori, dei richiami di rilievo.
  Infine, rispetto agli elementi emersi dalla consultazione voglio ricordare innanzitutto quanto sia stato un lavoro importante. Ha fatto bene il Governo a promuovere la consultazione. Chi ha avuto tempo e disponibilità di leggerla ha visto quanto sia stato interessante in termini di lavoro. Qui sono stati proposti tre aspetti che sono emersi: il sostegno della produzione audiovisiva nazionale, l'internazionalizzazione dei prodotti con il canale in inglese e la copertura del segnale sul territorio nazionale. Questa è la Commissione dove questo tema è stato sollevato più volte da diversi colleghi. Secondo me, questi sono tre elementi che ha fatto bene il sottosegretario a mettere in evidenza.

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  SALVATORE MARGIOTTA. Presidente, sarò brevissimo in questo stato della discussione. Anche a me piacerebbe entrare nel merito delle ultime vicende della Rai e delle dimissioni di Verdelli, che anche a me inizia a diventare particolarmente simpatico, a valle del tentativo di farlo apparire come il capro espiatorio di tutta la vicenda, ma di tutto questo avremo modo di parlare nella seduta che dedicheremo specificamente al tema con gli organismi della Rai. Peraltro, sarebbe molto interessante capire – lo deciderete in Ufficio di presidenza – che formazione abbiate deciso o deciderete di invitare, perché naturalmente anche la formazione non è indifferente rispetto alla discussione che faremo in quella sede. Dico soltanto, presidente, che, di fronte a un attacco alla vigilanza in generale, mi sarei aspettato una precisazione da parte sua. Se avvenisse nelle prossime ore, non mi dispiacerebbe, perché siamo un organismo, lei è il nostro presidente e la nostra immagine andrebbe tutelata di fronte ad attacchi, peraltro fatti esattamente nella Rai. Noi proviamo a fare il nostro mestiere di parlamentari della vigilanza e «stalker» è un termine che ha dell'offensivo, trattandosi peraltro di un reato penale.
  La seconda questione è quella relativa al contratto di servizio e alla concessione. Su questo sono d'accordo con il capogruppo Peluffo. Non lo dico solo perché ci sono affezionato, essendo stato relatore del provvedimento, ma credo che alcune delle cose che la vigilanza riuscì a scrivere in quel documento, poi mai approvato, come ricordava il presidente Gasparri, vadano in qualche modo recuperate anche nella discussione che faremo in seguito sulla concessione.
  Per ciò che concerne l'essenzialità del servizio pubblico, senza tornare alle polemiche a cui ho fatto riferimento in precedenza, io, forse perché sono un parlamentare di provincia, ritengo che una delle cose in cui si esplica al massimo livello l'essenzialità del servizio pubblico siano le sedi regionali, che, ben lungi da essere sedi di potere o di partito, fanno il lavoro che andrebbe fatto nel servizio pubblico, cioè il lavoro di prossimità. Questo lavoro può anche essere garantito da altri, ma a quel punto, se si indebolisce il lavoro delle sedi regionali, ha ragione Rossi a chiedere: «Perché la Rai deve essere la concessionaria del servizio pubblico?» Da questo punto di vista, sarei molto attento a polemizzare fortemente su questo tipo di struttura. Peraltro – magari la collega mia corregionale mi smentirà – mi pare che, almeno per quanto riguarda la nostra regione, ci sia un equilibrio totale di attenzione al pluralismo. Ricordo che ogni volta che nel mese più complicato c'era un servizio che riguardava il sì, seguiva immediatamente uno riguardante il no e viceversa. Potrei sbagliarmi e spero che la Liuzzi non mi smentisca, ma evidentemente mi smentirà. Ricordo che sono stato intervistato una sola volta subito dopo di te.
  Detto questo, l'altra questione che secondo me riguarda fortemente il servizio pubblico è quella dello sport. Dico al sottosegretario che credo sia necessaria un po’ di attenzione in più su come si muove la Rai anche su questa vicenda. I soldi sono sempre importanti naturalmente. Leggo in questo momento on line che c'è una lamentazione dell'azienda rispetto alla diminuzione che ci sarà nel 2017 rispetto ai fondi del 2016. Mi sarebbe piaciuto che ci fosse stato, però, anche un entusiasmo per il fatto che nel 2016 arriveranno più soldi che nel 2015. E invece ben lungi da considerare questo dato, perché l'operazione di riforma del canone ha funzionato, a onta di quelli che prevedevano il contrario, già c'è un mettere le mani avanti rispetto all'anno venturo. Peraltro, vedremo se con i soldi che il 2016 ha portato in Rai riusciranno a chiudere i bilanci in maniera positiva.
  Chiudo con una questione un po’ più delicata. Vorrei sapere se il Governo ritiene, nell'ottica di quella globalizzazione e internazionalizzazione a cui faceva riferimento e nell'ottica delle sfide ai grandi broadcaster, che una riflessione attenta sull'idea di determinare un polo nazionale delle torri, integrando Rai Way, EI e Inwit, possa essere positiva e da perseguire. Non sono in grado di dire come si possa fare Pag. 13tecnicamente, non essendo esperto di questioni di finanza così complesse.

  LORENZA BONACCORSI. Cercherò di essere breve, perché molte cose sono state dette. Ci tenevo, però, a sottolineare e a fare un ragionamento che mi pare sia stato un po’ tralasciato dalle parole del sottosegretario, che parte dal concetto di cui abbiamo parlato e sentito parlare molto spesso in questo periodo, soprattutto dai vertici dell'azienda, quello della trasformazione della Rai da broadcaster a media company. Se questo è, come è, l'obiettivo, credo che, nel momento in cui andiamo a ridefinire la concessione, dobbiamo ragionare sull'utilizzare una proiezione che sia più nell'era del digitale, lasciandoci alle spalle forse dei ragionamenti un po’ più analogici. Dico questo perché noi peraltro abbiamo una legislazione che è prettamente impregnata di pensiero e di riflessione e filosoficamente di meccanismi che si riflettono nel mondo dell'analogico. Sottosegretario, qualche tempo fa, in un convegno dove eravamo insieme, lei disse che è importante che la Rai colmi il ritardo nel digitale. Sicuramente questo è stato fatto in questo periodo, con l'impegno su Rai Play, ma non ci possiamo certamente fermare a quello. Credo che in una riflessione seria dobbiamo tener presente il ragionamento che si può fare rispetto al traguardo in un mondo digitale, perché ritengo che di impostazioni analogiche ne abbiamo fin troppe. Mi piacerebbe un ragionamento più approfondito su questi temi e in questo mi associo alle parole di Peluffo, quando dice: «Cerchiamo di avere una certezza dei tempi e dei tempi congrui di discussione per questa Commissione rispetto a questi temi». Credo che sia importante, perché è vero che forse di ridefinizione del perimetro del servizio pubblico abbiamo parlato fin troppo, però è anche vero che è necessario inserire questa modalità di riflessione. Dopodiché, credo che dobbiamo cominciare, avendo una certezza dei tempi del testo, con una serie di ragionamenti, come quello che è già stato ricordato da qualcuno sulla contabilità separata, uno dei temi annosi, su cui, però, non si è mai arrivati a nessun punto. È una riflessione che va fatta.
  Allo stesso modo, mi associo alle parole del senatore Margiotta su una riflessione, anche in questo caso strategica, rispetto al tema delle torri e dell'integrazione della rete di trasmissione.
  Ultimo, ma non per importanza, cito il tema dei tetti pubblicitari. Questo è un altro tema di cui abbiamo spesso discusso, ma credo che dobbiamo cominciare a entrare nel merito delle cose.
  Anch'io sottolineo le parole accalorate rispetto alla certezza dei tempi e alla necessità di entrare nella discussione il prima possibile.

  FRANCESCO VERDUCCI. Anch'io ringrazio il Sottosegretario Giacomelli per questa sua introduzione e anch'io gli faccio gli auguri migliori per il proseguimento del lavoro.
  Seguirò il suo schema e la sua introduzione, che è stata molto ricca di spunti, partendo da un punto, che il sottosegretario ha sottolineato e che a mia volta voglio rimarcare: l'importanza di aver voluto mettere dentro il percorso di rinnovo della concessione, che, come sappiamo, contiene la convenzione, che è il principale strumento del servizio pubblico, una consultazione molto ampia, CambieRai, che ha avuto anche un riscontro importante e della quale noi non possiamo non tenere conto, soprattutto laddove ha rimarcato una grande voglia di servizio pubblico che c'è nel Paese. Noi non possiamo venir meno a questa attesa.
  L'altro punto che voglio sottolineare è che questa occasione non va persa e non la perderemo se saremo molto coraggiosi nella scrittura di questa nuova concessione e della convenzione conseguente. Essere coraggiosi significa essere all'altezza di quel passaggio, che i colleghi Peluffo e Bonaccorsi adesso richiamavano, da broadcaster a media company, che significa esigere finalmente dalla concessionaria la costruzione di un vero e proprio servizio pubblico multimediale. Questo obiettivo deve racchiudere tutti gli altri. Si tratta di essere all'altezza del passaggio epocale che stiamo vivendo, segnato da grandissime innovazioni Pag. 14 tecnologiche e da un ruolo sempre più importante del web, dell'interazione e del grande archivio on demand che riempie di contenuti le varie e molteplici piattaforme.
  Detto questo, che secondo me è fondamentale, presidente e sottosegretario, c'è un punto che metto in testa a tutti gli altri. Siccome parliamo di servizio pubblico, il primo punto è quello dell'accesso. Noi sull'accesso abbiamo ancora ritardi che sono insostenibili, perché il segnale, quello televisivo e a maggior ragione quello della radio, in molti posti non è fruibile. Questa è una situazione insostenibile, che si lega a un tema che noi abbiamo, che è quello delle frequenze televisive, e anche all'esigenza di pianificare una road map per nuovi standard trasmissivi che diano una risposta alle inadempienze dell'accesso e portino a quell'universalità del servizio pubblico che altrimenti rischia di rimanere solamente parola vuota.
  C'è poi il tema di ripensare l'offerta televisiva del servizio pubblico. Penso che anche su questo dovremmo dire cose. Attualmente abbiamo tre canali generalisti e undici canali tematici. Forse dovremmo essere coraggiosi nel dire anche come immaginiamo la concessionaria su questo terreno. Potremmo dire, ad esempio, che forse è arrivato il tempo in cui può bastare un solo canale generalista, al quale si affianchi un solo canale informativo in italiano e un canale informativo in lingua inglese, che abbia l'obiettivo di sperimentare una cultura, non solo europea ma euromediterranea, con un progetto anche in lingua araba, magari insieme al Ministero degli affari esteri; un canale culturale, un canale per i bambini dove non ci sia pubblicità in nessun posto, neanche nei video on demand, e un canale sportivo, tutto questo con un obbligo molto forte di multipiattaforma.
  L'altro tema che voglio affrontare e che da lei è stato toccato è il vettore della concessionaria per l'industria creativa nazionale, con regole molto forti sulla trasparenza nei rapporti con i produttori. Penso che dobbiamo inserire in concessione l'obbligo di utilizzare una parte di risorse derivanti dal canone e ancor più una parte delle risorse commerciali per il sostegno ai produttori indipendenti, perché aprire la Rai e rompere un rischio monopolistico tra i produttori è un tema fondamentale che noi abbiamo.
  Ho citato il tema della radio, che porta con sé anche la razionalizzazione dei canali che oggi abbiamo, che forse sono di impedimento per fare in modo che la radio si senta ovunque, anche da coloro che sono in macchina e che continueranno ad ascoltarla in FM per almeno dieci anni.
  L'ultimo tema fondamentale che tocco, presidente, è quello della certezza delle risorse pubbliche su base quinquennale per l'azienda concessionaria. Se dobbiamo, come penso sia importante, porre il tema della distinzione del servizio pubblico anche in riferimento alla pubblicità, occorre fare attenzione. Sappiamo che, qualora dovessimo togliere pubblicità alla Rai, non necessariamente questa andrebbe ad altre aziende italiane, ma rischierebbe di essere presa dai grandi operatori multinazionali, soprattutto del web, che stanno all'estero. Penso che, se davvero dobbiamo essere coraggiosi sul tema di un servizio pubblico che sia multimediale, la concessionaria debba considerare la questione di un nuovo concorso pubblico per nuove figure della comunicazione, che davvero possano costruire una Rai media company multimediale. Questo nuovo concorso, a mio avviso molto urgente, potrebbe essere coperto dalla cessione di Rai Way.

  LELLO CIAMPOLILLO. Illustrissimo signor Sottosegretario Giacomelli, sono ben lieto di rivederla qui come sottosegretario anche del Governo Renzi-bis, o meglio – mi scusi – del Governo Gentiloni.
  Infatti, sono qui a ricordarle, signor sottosegretario, l'ordine del giorno, che lei ben conosce, approvato all'unanimità dal Senato durante la discussione della riforma Rai, con cui si impegnava il Governo affinché la Rai provvedesse alla trasmissione in chiaro sul digitale terrestre dei due canali, che sono già presenti sul satellite, con le dirette della Camera e del Senato, che oggi sono visibili appunto solo sulla piattaforma satellitare. Credo che sia superfluo sottolineare nuovamente l'importanza di agevolare Pag. 15 la garanzia per ogni cittadino di poter assistere in televisione, digitando comodamente magari il canale 100 per la Camera e 200 per il Senato, alle sedute del Parlamento. Oggi non si può fare. La conoscenza diretta di quello che succede in Parlamento e del comportamento delle forze politiche e dei singoli parlamentari, quindi di tutti gli interventi, specie in questo periodo delicatissimo per le nostre istituzioni politiche, costituisce una questione di tale rilevanza costituzionale da non poter non essere assicurata dal servizio televisivo pubblico. Proprio questo dice quell'ordine del giorno. L'accesso alla visione televisiva dei lavori parlamentari è un diritto di ogni cittadino e deve essere assicurato in egual misura a ciascuno. Come lei ben sa, le potenzialità e la diffusione del digitale terrestre consentono anche sul piano tecnico di poter realizzare agevolmente ciò. Il collega Rossi ricordava prima che la Rai ha cinque frequenze. Per inserire due canali, tra l'altro in bassa qualità, basta un attimo. I tecnici lo possono fare in mezza giornata. È passato davvero troppo tempo.
  Si parla tanto di trasparenza delle istituzioni e di apertura dei palazzi del potere ai cittadini. È così incomprensibile, quindi, che oggi per poter assistere ai lavori parlamentari in Italia si debba necessariamente avere una parabola satellitare. D'altra parte – mi dica se sbaglio, signor sottosegretario – ogni cittadino paga il canone per il semplice possesso di un apparecchio munito di antenna televisiva, ossia per il semplice possesso di una televisione che riceva i canali nella forma oggi normale, quindi non da satellite ma dal digitale terrestre. Per quello i cittadini pagano il canone. Dunque, cortesemente, vuole spiegare ai cittadini per quale motivo il servizio pubblico non debba garantire a tutti il diritto di poter assistere, tramite il proprio apparecchio televisivo, ai lavori del Parlamento? Non ci si venga a dire, come già fatto in passato, che non ci sono i mezzi per le redazioni giornalistiche. Tale rilievo, oltre che contraddittorio, stante la trasmissione sul satellitare, è comunque ridicolo, perché non chiediamo i commenti dei giornalisti, come lei più volte ha detto, ma, al contrario, la semplice trasmissione dei lavori del Parlamento e la possibilità per tutti i cittadini di seguirli e di farsi un'idea propria da persone libere, come è giusto che sia. Sotto questo profilo, i cittadini saranno ben lieti di non dover sopportare le censure di un Paese, che, come lei ben sa e come è noto a tutti, è collocato nel mondo al settantasettesimo posto per libertà di stampa.
  Illustrissimo Sottosegretario Giacomelli, attendiamo una risposta chiara, univoca e definitiva sull'argomento. Ci deve spiegare cortesemente perché un giovane cittadino è costretto a comprarsi una parabola satellitare. Com'è possibile venire qui in Parlamento, accomodarsi in tribuna e assistere direttamente ai lavori senza nessuna censura, così noi vogliamo consentire a tutti i cittadini di poterlo fare liberamente da casa. Il Senato si è già espresso sull'ordine del giorno da me presentato, quindi non solo il buonsenso, ma anche il rispetto dei diritti fondamentali della nostra Costituzione lo impongono.
  Le chiedo, quindi, di provvedere, nel senso di assicurare questo diritto a ogni cittadino, in modo che ognuno abbia la possibilità di potersi formare una propria opinione, consapevole di quello che succede appunto nelle istituzioni: è quello che per noi del Movimento 5 Stelle intendiamo per democrazia diretta e libera. Grazie.

  AUGUSTO MINZOLINI. Dico una cosa, con una certa pacatezza e anche con una certa verità. Io ho paura, tenendo conto di tutto quello che sta avvenendo in Rai, anche perché credo che ci sia una relazione anche con i discorsi che stiamo facendo adesso, anzi che stiamo facendo da tempo, perché non è la prima volta che ne parliamo, di una sorta di processo di deresponsabilizzazione.
  Abbiamo visto due piani news, che si sono susseguiti, prima il piano Gubitosi e poi il piano Verdelli, e, adesso, non so quale sarà, perché ce ne sarà un altro. Nel frattempo, andiamo avanti in un meccanismo di proroga della concessione, che è quasi sorta di automatismo, che ha un unico interlocutore, perché è richiesto dalla legge per l'editoria, perché, in quel caso, abbiamo Pag. 16 deciso. Ho paura che andiamo avanti con questi discorsi, che sono importantissimi, ma l'azienda non li recepisca. Addirittura, se per caso c'è qualcuno che parla, viene accusato di stalkeraggio e via dicendo. Mi chiedo se possiamo andare avanti in un meccanismo perverso, per cui da una parte c'è un soggetto unico, che non ha nulla, perché non c'è una gara e non deve applicarsi per fare un piano delle news efficace, e che, di fatto, ne ha fatto prima uno e poi un altro e farà un altro piano. Contemporaneamente, non abbiamo neanche una convenzione, infatti abbiamo una proroga, perché, non essendoci la convenzione, si va avanti lo stesso. Tutto questo crea un meccanismo, in cui questa azienda soffre, ma soprattutto soffre il sistema, perché andiamo avanti quasi a tentativi successivi, che sono determinati anche secondo me da questo meccanismo distorto, per cui questa concessione viene prorogata più volte, senza arrivare a un punto limite, a una fine e a un inizio.
  Riguardo a quello che sta avvenendo in Rai, per alcuni versi capisco anche Verdelli e mi unisco a chi l'ha detto prima. La situazione dà quasi l'idea che ci sia un'azienda riformabile, che lo è perché, di fatto, c'è chi non rischia nulla e perché, di fatto, è il soggetto che in ogni caso deve svolgere quel ruolo, oltretutto senza un'indicazione, non avendo neanche una convenzione. Penso che, a questo punto, anche la questione dei tempi, ossia l'idea che non si possa andare avanti continuando con questo meccanismo di proroghe, sia essenziale. Adesso, non voglio riportarvi ai discorsi che faceva Rossi e che comunque hanno una loro fondatezza, ma è evidente che, se andiamo avanti così, parleremo ancora molto di questo, forse ci saranno altri due piani sulle news – tanto per fare un esempio sulle news, ma potrei parlare d'altro – e staremo sempre al punto di partenza.

  RAFFAELE RANUCCI. Vorrei innanzitutto dire che credo che la proroga, in questo momento, possa essere uno strumento per migliorare quello che potrà essere il futuro contratto di servizio. Mi soffermo su tre punti. Quello della media company, Sottosegretario, credo sia un punto fondamentale, sul quale dovremmo porre grandissima attenzione. La media company non vuol dire soltanto avere altri strumenti per la trasmissione dei contenuti della Rai, ma vuol dire avere maggiori accessi. Abbiamo visto molto nettamente come con i vari supporti, quali Twitter e Facebook, i ragazzi e i giovani si siano avvicinati a moltissime trasmissioni, che la gente ha seguito meglio. Ugualmente devo dire che incomincia ad avere un certo successo RaiPlay. Non capisco mai perché, quando la Rai fa delle cose che secondo me sono positive e vanno nella direzione, che anche questa stessa Commissione ha dato non oggi, ma da tempo, non dobbiamo dargliene atto, quindi credo questo sia un punto fondamentale.
  Lei ha parlato giustamente dell'importanza dell'audiovisivo, però voglio condividere alcuni interventi dei miei colleghi. L'audiovisivo è molto importante per il nostro Paese, ma credo che dobbiamo pensare che debba essere anche il sostegno delle piccole e medie imprese, tornando su un discorso che molti colleghi hanno fatto, anche del Movimento 5 Stelle, con interventi fatti prima. Non possiamo pensare che una industria così importante della cultura sia in mano a pochi. Soprattutto c'è un fatto fondamentale, che noi dovremmo pensare e mettere nel prossimo contratto, cioè che è la Rai a dover avere una sua progettualità, con la quale esprimere la cultura, che vuole trasmettere nel nostro Paese tramite le fiction, e non deve accadere mai il contrario, cioè la Rai non deve subire, ma deve essere un attore della cultura e della storia, che vuole trasmettere tramite le sue trasmissioni e tramite le sue fiction. Queste poi debbono avere sicuramente anche un riscontro internazionale, perché questo è molto importante, come abbiamo già detto altre volte, anche per il nostro Paese e per il nostro turismo.
  In terzo luogo, le risorse sono molto importanti e non sono assolutamente dell'idea che debbano essere divisi i programmi prodotti con la pubblicità da quelli prodotti con il canone, però è importante che una parte rilevante degli investimenti Pag. 17venga fatta nei confronti della digitalizzazione della radio. La radio, secondo me, è uno strumento che ha la possibilità – certo, il servizio sul territorio deve essere migliorato – di essere molto penetrante su tutti quanti i territori.
  Vorrei fare due brevissime riflessioni. Abbiamo parlato della qualità di un servizio pubblico, ma penso – mi spiace che il senatore Gasparri sia andato via – che il servizio pubblico possa essere anche di intrattenimento, perché non è detto che l'intrattenimento debba avere per forza delle audience molto alte, ma può anche essere servizio di educazione. Anche dei programmi del sabato sera – mi auguro che il senatore Gasparri, quando non farà più il senatore, avrà la capacità di poter progettare dei programmi televisivi – penso che siano un plus per dare un servizio pubblico per tutti: abituare le persone alla qualità.
  Riguardo ai successi della Rai, voglio contestare alcune affermazioni fatte. Mi ricordo che – sto parlando della Rai degli anni Settanta e Ottanta – eravamo tutti abituati al fatto che il lunedì c'era un programma, il martedì un altro eccetera; la gente si era abituata. Quest'anno, tra novembre e dicembre, la Rai ha trasmesso di sera, tutti i giorni della settimana, dei programmi di successo: il lunedì c'era Rocco Schiavone e poi c'erano Mika, Rischiatutto, Gazebo Social News, i successi di Piero Angela, Chi l'ha visto. La Rai, secondo me, ha fatto servizio pubblico. Noi abbiamo un problema: quando tocchiamo la politica, visto che Politics non è andato bene, pensiamo che la Rai sia un disastro. Certo, la mia è un'opinione assolutamente personale, ma per me non è così, perché la Rai non è soltanto un dibattito politico.
  Credo che quanto fatto da Verdelli, per esempio, con l'accorpamento dei telegiornali regionali, visto che ho presentato tra l'altro, insieme al mio collega Morassut, una legge per gli accorpamenti delle regioni, possa andare esattamente in quella direzione, cioè credo che una maggiore efficienza della Rai a livello regionale possa anche passare per questo. Ho sempre detto «la linea si tirerà il 30 giugno», quando avremo finito e approvato il bilancio e sarà approvato anche il bilancio delle audience. Credo che tutto questo non faccia soltanto parte di rivendicazioni, ma – lo dico al Sottosegretario – anche di quello che dovrà essere il principio nonché la filosofia del nuovo contratto di servizio.

  PRESIDENTE. Le vorrei chiedere quando, secondo lei, arriverà qui lo schema della convenzione che dovete mandarci, visto che la legge parla del 30 aprile, ma, oltre ai trenta giorni pieni, vorremmo senza dubbio anche qualche giorno in più, per poter lavorare al meglio sul parere che dobbiamo esprimere.
  C'è un'altra cosa che le vorrei dire. La Rai spesso sembra in sé stessa impunita, come un grandissimo carrozzone pubblico, che si muove in modo elefantiaco e pachidermico, infettato dagli anni della politica, da tanti anni. C'è, quindi, una stratificazione anche di persone all'interno, che sono collegate alla politica e ad aree culturali, costituita da 13.000 dipendenti, e non si riescono mai a toccare magari i punti nevralgici, i grandi nodi. Noto che neanche con la legge nuova e attuale, che dà più poteri al direttore generale che diventa anche amministratore delegato, si riescono a toccare i nodi nevralgici. In tal senso, mi trovo d'accordo nel sentire anche interventi in cui si dice che la Rai sembra, a volte, irriformabile.
  Come idea, la concessione dovrebbe anche, secondo me, avere un mandato e, oltre i contenuti specifici delle macroaree da poter sviluppare, come media company e così via, anche quello di poter dire definitivamente «dobbiamo riassettare la Rai da un punto di vista culturale». Lo devono fare prima il Parlamento e il Governo, che dà la concessione, e poi lo deve fare l'azienda di servizio pubblico. Lo dico perché abbiamo vissuto trent'anni di politica, che è voluta entrare fin dentro i meandri della Rai. Abbiamo vissuto una Rai politicizzata con aree di riferimento, aree culturali, divisioni dei telegiornali e delle reti, ma, siccome il mondo è totalmente cambiato e anche l'idea di lottizzazione è morta e defunta, secondo me si deve affermare con Pag. 18forza questo nella concessione, appunto come visione culturale.
  Inoltre, se i 13.000 dipendenti, oggi, forse sono troppi, bisogna iniziare a svecchiare e bisogna iniziare a fare un piano di riorganizzazione generale, dove devono entrare forze giovani con idee innovative e non ci devono essere più collegamenti con la politica. Non ci deve essere nessuna persona che conosce un'altra persona, nessun giornalista che chiama il politico e nessun politico che risponde al giornalista, per avere poi magari delle attenzioni e dei favori all'interno dell'azienda, quindi si deve rinnovare la cultura del modo in cui si fanno le cose.
  Secondo me, questo nella concessione, in qualche modo, deve essere affermato fortemente. Dico che la Rai si sente sempre impunita, perché ha spesso e sempre avuto nel passato la copertura politica, quindi, anche se non raggiunge quegli obiettivi, come non ha raggiunto gli obiettivi del contratto di servizio, che non sono stati sicuramente rispettati tutti, succede che, alla fine, la Rai ha di nuovo la concessione, come l'avrà per altri dieci anni e poi altri dieci. Lo dico perché, se un'azienda non facesse bene il proprio lavoro, un altro ente direbbe «tu non hai fatto bene il lavoro, per cui cambio azienda», però è chiaro che siamo nell'impossibilità di farlo, per cui ci si sente impuniti, tanto comunque avrò la concessione e non me ne frega niente se non ho raggiunto questo o quell'altro obiettivo. Bisogna iniziare a fissare paletti un po’ più stretti ed essere un po’ più duri su queste cose, dando proprio una visione di modello culturale diverso. La media company e la contabilità separata probabilmente sono giuste e possibili. Certo, dobbiamo fare tante cose da questo punto di vista, però bisogna affermarne con forza altre, che vanno modificate e che vanno cambiate, altrimenti scriveremo la concessione, questa Commissione avrà il parere, il parere verrà forse non ascoltato o ascoltato, come per il contratto di servizio, che il Governo non ha firmato.
  Dopo che abbiamo lavorato sette mesi, Governo e Rai si sono riuniti e abbiamo dato un parere, secondo me anche buono e innovativo, ma quel parere non è stato mai ascoltato, perché il contratto di servizio non è mai stato firmato, anche se siamo in prorogatio dal 2012. Questo è uno scandalo assoluto per il lavoro di questa Commissione, se parliamo di rispetto alla Commissione. Di sette mesi e mezzo di lavoro, il Governo non ha fatto niente e non ha fatto niente neanche la Rai per firmare, anche se era una cosa importante. Adesso, siamo nel 2017 e siamo ancora in prorogatio dal 2012; questa è una vergogna. La concessione arriverà e faremo lo schema, ma probabilmente sarà anche tutto inutile, se la Rai rimane con questo tipo di modello culturale, per cui parleremo e scriveremo, ma, alla fine, rimane sempre tutto impunito. Dobbiamo andare avanti così?

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario per lo Sviluppo economico. Partirei dall'ultima osservazione. Presidente, le sue parole mi hanno colpito molto, perché le leggo come una sorta di autoaccusa che si fa, per cui ne sono molto colpito. Lo dico perché, siccome la Commissione da lei presieduta elegge il consiglio d'amministrazione, mi colpisce molto sentirle dire che è infettata dalla politica la Rai di oggi. Per il rispetto che ho per lei e la Commissione, non ho mai pensato che le nomine del consiglio d'amministrazione fossero...

  PRESIDENTE. Non uso il mio potere da presidente per interromperla, per le cose inesatte che sta dicendo. Vada avanti...

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario per lo Sviluppo economico. Non conosco qual è il suo potere da presidente di interrompere per cose inesatte, anche se la trovo una tesi suggestiva, però, se lei vuole interrompere, non ho nessun problema. Mi interessa più chiarire che non dire altro, quindi, se lei vuole, non ho nessun problema a fermarmi e ascoltarla.

  PRESIDENTE. Il direttore generale è scelto dal Governo – questa è la verità – e ha avuto anche più poteri come amministratore delegato. Abbiamo eletto il consiglio di amministrazione in questa Commissione Pag. 19 con la vecchia legge, la Gasparri, che dà il potere, in forma proporzionale ai partiti presenti, di eleggerlo, quindi, se ogni partito di riferimento ha eletto persone collegate ai partiti politici in qualche modo, rimane una politica che infetta la Rai; non c'è dubbio. Questa è la mia precisazione.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario per lo Sviluppo economico. Lei sta presiedendo una Commissione, che lei accusa di infettare la Rai. Io non ho questa opinione né della Commissione né della Rai, però prendo atto della sua. Così come vorrei, siccome credo siamo ascoltati, anche al di là di noi stessi che conosciamo la realtà delle cose, precisare alcune cose inesatte. Non c'è nessuno scandalo sul tema del contratto di servizio e le dico qual è il problema: mentre l'atto di concessione è un atto unilaterale dello Stato, che fissa i termini di una concessione di servizio pubblico, il contratto di servizio, come dice la parola stessa (per citare un noto esponente televisivo), è esattamente un contratto che deve essere firmato e accettato dalle due parti. Ora, io ho sempre apprezzato il lavoro che ha fatto la Commissione sotto la sua guida, approfondendo molto il testo del contratto di servizio, ma è del tutto evidente che la Commissione non ha lo stesso obbligo di un parlamentare, quando presenta un emendamento, cioè non deve indicare la copertura. Il lavoro della Commissione ha individuato un'espansione degli obblighi dell'azienda, ma evidentemente, a parere dell'azienda, senza che vi siano le condizioni di copertura. Non posso obbligare l'azienda a firmare un contratto di questo tipo, se la stessa ritiene non vi siano le condizioni. Il tema quindi è concentrato nella piena condivisione da parte del Governo – le assicuro – del merito del lavoro, che la Commissione da lei presieduta ha svolto, anzi dell'apprezzamento. Nello stesso tempo, nel tema che pone l'azienda, evidentemente questo porta a una dilatazione della spesa, che per l'azienda non è sostenibile. Per tale motivo anche prima le dicevo che le questioni delle risorse, del pluralismo e della riforma sono temi che si tengono.
  Sui tempi, accolgo la sua sollecitazione e quella di molti colleghi. A mio parere, credo che saremo in grado, già nel prossimo mese di febbraio, di avere la prima approvazione del Consiglio dei ministri. Non ne faccio parte, quindi mi espongo con una previsione, e posso dire che lo schema verrà trasmesso al Consiglio dei ministri per l'approvazione, quindi, da quel momento, partiranno i trenta giorni, anche se immagino sinceramente che il tempo prima della scadenza sarà superiore, per il parere della Commissione. In ogni caso, assicuro che sarà pienamente rispettato il tempo di trenta giorni, anzi che sarà rispettato il suo auspicio di avere qualche giorno in più, in modo da preparare e utilizzare pienamente quel termine per la discussione. Lo dico anche per i diversi colleghi, che giustamente hanno posto questo come uno dei temi per poter dare un contributo approfondito sul testo.
  Nel merito delle questioni sollevate, l'onorevole Rossi in particolare ha posto una questione, che richiama il cosiddetto «tema della banda 700», cioè secondo gli accordi europei, entro un periodo indicato con una flessibilità tra il 2020 e il 2022, va liberata la banda 700 dalla trasmissione dei broadcaster e comunque delle trasmissioni televisive, per poter assegnare quella banda agli operatori telefonici. Tutto questo è funzionale all'affermazione piena del 5G, alla espansione del business della telefonia mobile e quant'altro. Non siamo in ritardo e ci tengo a ribadirlo né siamo renitenti, come spesso viene detto. Lei ha detto, senatore, che l'Italia è l'unico Paese ad aver chiesto di andare oltre il 2020 con una proroga al 2022. Tuttavia, la verità è un po’ diversa: c'è un rapporto, su cui ha lavorato la Commissione, non fatto dall'Italia, ma da Lamy, chiamato appunto «rapporto Lamy». Tale rapporto indicava esattamente il lasso di tempo tra il 2020 e il 2022 quello necessario come termine per liberare le frequenze. L'Italia ha una caratteristica molto particolare rispetto agli altri Paesi, perché c'è un uso molto intenso del digitale terrestre e uno scarso – utilizzo un eufemismo – uso della trasmissione via cavo o di altri sistemi trasmissivi. Sarebbe interessantissimo Pag. 20 ripercorrere il perché, nella storia alle nostre spalle, ma noi siamo impegnati più a cambiare questo stato di cose. Qual è l'esigenza dell'Italia? Ora, se non vogliamo gravare sui cittadini, imponendo un cambio radicale di apparecchi televisivi a spese delle famiglie, dobbiamo far coincidere il percorso di introduzione del T2, che è già partito nella commercializzazione del gennaio di quest'anno, se non dico una cosa imprecisa, per una legge finanziaria ancora precedente, con la liberazione della banda 700. Lo dico perché il sistema di trasmissione T2, comprimendo la trasmissione, assicura in un numero inferiore di frequenze la possibilità di comprendere tutte quelle che attualmente trasmettono, quindi ci troveremmo nella condizione di non dover negare la possibilità di trasmettere né a Rai né a nessun operatore nazionale né a nessun operatore locale. Il lasso di tempo ragionevole, dal 2016, ci porta almeno al 2022, per avere, secondo le indagini Istat e degli operatori, un ricambio naturale non in tutte le famiglie, ma di gran parte degli apparecchi televisivi. A quel punto, chi si troverà al Governo dovrà semplicemente intervenire – lo dico in maniera impropria – con un sussidio limitato a numero di famiglie e di persone, per poter assicurare il ricambio del televisore, senza un impiego della banda. Ora, se volessimo anticipare, potremmo farlo in qualunque momento: naturalmente questo scarica direttamente sui cittadini e sulle famiglie l'onere di un cambio dell'apparecchio televisivo, quindi il motivo sta tutto qui. Abbiamo programmato, come da accordi con l'Europa sulla base del rapporto Lamy, che entro il 2022 manterremo la roadmap per tutti gli impegni presi, anzi anticiperemo – l'ho già detto a Bruxelles – a quest'anno, individuando alcune città, la sperimentazione del 5G. In tal senso, apriremo agli operatori la possibilità di sperimentare da subito questa nuova e innovativa modalità, che cambierà in modo significativo e radicale la questione della telefonia, ricavando nuove posizioni dominanti. Questo sarà un tema su cui credo avremo modo di tornare perché di straordinario interesse.
  Certamente lei ha ragione, quando richiama l'attenzione sul numero dei mux, trattandosi di un tema su cui c'è la possibilità di un ragionevole confronto. Ricordo che noi abbiamo ancora aperta una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia, che riguarda la cosiddetta «legge Gasparri» e che potremmo chiudere, indicando in norma a cinque il tetto massimo dei mux, che possono essere posseduti da un singolo operatore. Penso che il tema – questo è il dialogo in corso a Bruxelles – sia ormai superato dalle nuove piattaforme e delle nuove tecnologie. Com'è del tutto evidente, i nuovi soggetti e i nuovi protagonisti non sono più tanto interessati al tema delle frequenze del digitale terrestre quanto a nuove modalità. Abbiamo visto tutti l'esito della gara che lo Stato ha avuto, quando ha messo a disposizione le frequenze sul mercato. Tuttavia, la questione dei mux e del loro utilizzo è un tema che, prima di tutto, riguarda il servizio pubblico, ma anche i privati. Lei sa bene che abbiamo fatto un'operazione sulle frequenze interferenti con le emittenti private e locali, molto impegnativa soprattutto per le emittenti locali, rientrando nell'ambito di una legalità internazionale, da cui eravamo usciti da molto tempo. A maggior ragione, se le emittenti private locali sono state interessate e disponibili a fare insieme questo lavoro, l'utilizzo corretto e intenso del mux vale per chi ha il servizio pubblico ed è un tema che va posto, perché si collega, come lei sa bene e come molti colleghi ormai sanno, alla questione del segnale sul territorio: non tutti i mux hanno evidentemente lo stesso obbligo o la stessa caratura. Sul numero dei mux, penso di non stupire nessuno dicendo che nel passato è stato costruito in modo speculare a quello di un altro soggetto non pubblico, che opera in questo settore nel nostro Paese, perché il numero dei mux doveva essere uguale. Penso che quel tempo sia fortunatamente ormai finito e che abbiamo la libertà di ridefinire, con il perimetro, i mux a disposizione del servizio pubblico, avendo naturalmente la possibilità per gli altri di utilizzarli, nella gestione dello spettro televisivo, ai fini delle questioni di interesse Pag. 21nazionale, che riguardino la fonia o che riguardino altre modalità trasmissive.
  Nel dire «ridefinizione del perimetro del servizio pubblico», che anche Airola ha sottolineato, più o meno lamentando che si fa nuovamente un percorso già fatto, voglio dire che la discussione che abbiamo fatto tante volte sul numero di reti e canali del servizio pubblico, non può trovare, a mio avviso, una definizione in positivo da parte della politica. Lo dico ancora più esplicitamente: penso che, se il Governo o una Commissione o il Parlamento si arrogassero il diritto di stabilire un numero x di canali o un numero x di reti, andrebbero oltre il confine delle proprie prerogative. Intendo dire semplicemente che è compito nostro, nel concorso di responsabilità, definire qual è il perimetro minimo del servizio pubblico. Oltre quel perimetro e quel tipo di interessi, che possono essere soddisfatti da un numero facilmente individuabile di canali, le iniziative sono legittime, ma sono di carattere aziendale, commerciale e di mercato, per cui entriamo in un altro ambito e anche il tema delle risorse prende un'altra connotazione. Penso che il nostro compito non sia quello di oltrepassare quel confine, che, troppe volte, la politica a mio avviso nel passato ha oltrepassato, ma di stare nel pieno esercizio delle nostre prerogative, sapendo che cos'è il servizio pubblico non soltanto in termini di principi, ma anche nella definizione di quelle attività che potremmo definire «minime» e che devono essere svolte perché il concessionario risponda al mandato ricevuto. Oltre quello – un tempo ci facevano studiare le colonne d'Ercole, oltre le quali ci sono i draghi – non dico che ci sono i draghi, ma c'è il mercato, con tutte le implicazioni che questo comporta.
  Penso che chi ha la responsabilità e il potere di amministrare l'azienda avrà anche dalla politica e dalle istituzioni l'indicazione esatta dei livelli su cui deve riperimetrare le attività, i dipendenti, i costi, gli impegni e il numero di reti, nonché l'identità stessa di reti e canali, che troppo spesso appare in un numero francamente spropositato, anzi mi limito nel dire un tantino «indefinita». Tuttavia, non credo che questo debba essere oggetto né di una iniziativa del Governo, perché sarebbe improprio, né di una discussione parlamentare, mentre è compito del Parlamento e del Governo, nel concorso delle responsabilità, a mio avviso indicarne il confine; questa è l'idea che mi sono fatto.
  Così come trovo che il tema delle risorse debba essere affrontato complessivamente, come dicevo, qualche giorno fa, quando abbiamo avuto uno scambio, con il collega Anzaldi, in merito al tema del gettito del canone in bolletta e del rapporto rispetto allo storico Rai. Il Ministero dell'economia e delle finanze ha definito, nell'anno di applicazione del canone in bolletta, il gettito standard quello del 2015, per un valore di 1,5 o 1,6 miliardi. Tutto quanto oltre questo viene definito dal Ministero dell'economia e delle finanze come extragettito, quale definizione che trovate in tutti gli atti. Trovo – lo dico simpaticamente nei confronti dei colleghi del Governo – la definizione singolare, perché, in realtà, si tratta del gettito recuperato. Comunque, ammettiamo che si tratti di extragettito e diciamo che c'eravamo ormai abituati al fatto che il gettito normale comprendeva il 30 per cento di evasione. Per quell'extragettito, la legge di bilancio che abbiamo approvato lo scorso anno prevede che, per l'anno scorso e per l'anno in corso, vi sia una ripartizione, se non erro, al 50 per cento, tra l'extragettito destinato alla Rai, quindi in aggiunta al gettito 2015, e quello che va agli obiettivi di finanza pubblica generale, per l'abbassamento delle tasse e quant'altro. Dall'anno successivo, poiché è in un triennio la previsione, i due terzi vanno all'interesse di tipo generale di finanza pubblica e un terzo alla Rai. Questo è il motivo delle doglianze, che ogni tanto mi pare vengano fatte filtrare dall'azienda. Ora, io mi limito a considerare il fatto che intanto parliamo sempre di extragettito, rispetto al gettito 2015, quindi di un gettito in più e non di una parte di gettito in meno. Inoltre, quella del canone, che è la risorsa principale, non è l'unico fattore a incidere sui costi. Perché? Prendiamo il tema della pubblicità, approfittando del fatto che alcuni colleghi hanno chiesto – mi pare Pag. 22anche Lorenza Bonaccorsi e poi Verducci, che l'ha ripreso – dei tetti pubblicitari.
  Com'è noto a tutti voi, i tetti pubblicitari sono fissati da una norma, quindi l'atto di concessione in nessun modo può intervenire a modificare quanto regolato dalla legge dello Stato, perché rimane pienamente nella sovranità del Parlamento. Tuttavia, quella della pubblicità è un'altra risorsa, sia pure accessoria rispetto al canone, che la Rai ha. Ora, io non conosco esattamente la situazione e magari lo approfondiremo, quando parleremo di concessione, quindi immagino sia sfruttata al massimo e ipotizzo che, se un'azienda si lamentasse di un problema di risorse e nello stesso tempo – faccio per dire – praticasse uno sconto del 40, del 50 o, volendo limitarmi, del 60 per cento sul listino della pubblicità, immagino che, oltre a provocare un danno complessivo al mercato, risulterebbe poco coerente nella sua preoccupazione, quindi voglio immaginare che non sia così.
  Inoltre, c'è un problema di razionalizzazione e di gestione dei costi, che non è andato in pensione con Gubitosi, conservando in pieno tutta la sua validità. Voglio tranquillizzare il mio amico senatore Margiotta: il tema non è relativo all'attività delle redazioni che in ogni regione si svolgono, secondo un mandato ricevuto dalle istituzioni, per cui il servizio di informazione è regione per regione, ma, al contrario, quello è un punto su cui credo ci sia la convinzione di tutti che debba essere mantenuto. Ora, non credo che per assicurare la corretta informazione regionale sia necessario mantenere l'attuale impianto immobiliare, limitandomi, anche in questo caso, nelle esemplificazioni che potrebbero essere fatte, o vari altri tipi di gestione, che caratterizzano l'azienda. In altri termini, sono convinto, pur apprezzando il lavoro di risanamento anche delle sacche di mal gestione o di inefficienza di quanto fatto fin qui, che non siano esauriti i margini per poter, anche da qui, recuperare in termini di costi.
  Infine, ho presente bene nel benchmark a livello europeo quant'è il ricavo che arriva ad altri broadcaster europei dall'internazionalizzazione della commercializzazione dei prodotti. Ora, non ho presente le cifre del bilancio Rai, quindi non voglio dire una cosa imprecisa, ma, anche in questo caso, penso vi siano ampi margini di miglioramento. Sono d'accordo nell'affrontare il tema delle risorse e dover garantire al servizio pubblico i soldi per le risorse necessarie non soltanto per la gestione attuale, ma anche a finanziare la riforma del servizio, che tutti noi auspichiamo e che evidentemente ha un costo. Questa è una richiesta giusta, purché nella determinazione delle risorse si mettano tutte le voci; perché, se l'atteggiamento fosse quello di dire «tutto il resto (gestione pubblicità, sconti, sedi immobiliari) è problema nostro, ma voi aumentate il gettito del canone!», sarebbe qualcosa di già visto, per cui avrebbe ragione il presidente Fico. Si tratta di qualcosa che abbiamo già visto e che non intendiamo rivedere. La trasformazione della idea di Rai, soprattutto nella dimensione industriale e aziendale, ha alcuni vantaggi, ma anche alcuni oneri più precisi, e noi immaginiamo che questi debbano essere adempiuti. Con ciò, spero di aver soddisfatto la questione che l'onorevole Peluffo aveva posto, rispetto agli obiettivi del servizio pubblico o al perimetro del servizio pubblico. Credo che ci sia il modo e il tempo davvero di affrontarlo nei termini, se ho ben compreso l'intervento dell'onorevole Peluffo, in cui lui l'ha posto.
  A Margiotta, sui soldi e sulle sedi regionali, ho risposto. Sulle torri, il Governo ha già detto e io sono dell'idea che ciascuno debba fare il suo. L'operazione, se deve essere fatta, ha un senso industriale, dunque deve essere valutata da chi amministra un'azienda e chi ne amministra un'altra. Noi abbiamo già detto, non con interviste, ma con un atto del Governo, qual è il presupposto: se ci fosse una fusione riguardante anche le torri Rai, questa deve avvenire assicurando la maggioranza, cioè il controllo pubblico. Questa è la condizione, oltre la quale è materia degli amministratori. Personalmente Pag. 23non ho nemmeno timore a dire che auspico che vi sia la creazione, nel settore degli impianti di trasmissione e delle infrastrutture di comunicazione, di campioni con controllo pubblico nazionali. Ho già detto e lo ripeto anche qui che ho deprecato tante volte la scelta fatta dalla mia parte politica di privatizzare la rete Telecom, per cui figuriamoci se non sono d'accordo su altre questioni. Penso che le infrastrutture strategiche debbano essere a controllo pubblico, però, se vi sia la convenienza industriale, le esigenze del mercato, la razionalità e le condizioni, questo è un tema che appartiene, a mio avviso, alla valutazione libera degli amministratori.
  Infine, vorrei dire, a meno che non abbia saltato altri elementi, qualcosa sull'idea, ripresa da Minzolini, ma introdotta da Gasparri, riguardo al fatto che una sorta di ulteriore proroga significhi deresponsabilizzazione, se ho ben compreso il senso. Sinceramente non credo sia così e mi sarebbe stato difficile evitarla, perché l'immagine di un Governo dimissionario, che presenta, nella gestione degli affari correnti, lo schema di concessione e di rinnovo decennale del servizio pubblico mi pareva un po’ forte, quindi, volendo salvaguardare anche i trenta giorni pieni della Commissione, era difficile evitarla. Noi tutti sappiamo che oggettivamente la concessione ribadisce principi e strategie di carattere generale, ma non ha un'influenza così diretta sulla vita di tutti i giorni.
  Riguardo alla riforma dell'informazione, credo che la Rai non solo possa, ma debba farla, anche indipendentemente dai tempi dell'approvazione della riforma. Parlavamo già, da quando c'era il direttore generale precedente, di questa esigenza di riformare. Io, al contrario, spero e penso che questa si concluda rapidamente.
  Anch'io mi associo alle espressioni di stima nei confronti di Carlo Verdelli e non entro nel merito delle questioni, perché non conosco le motivazioni, che lo hanno portato a questa scelta. Mi limito a rilevare però una sola precisazione, anche in questo caso, su oneri e onori. C'è un direttore generale, che oggi è molto vicino, come figura, all'idea di amministratore delegato e che ha la responsabilità delle scelte. Per quello che mi riguarda, come ho detto già pubblicamente, non esiste un piano Verdelli, ma esiste sempre un piano Campo Dall'Orto, se il direttore generale lo condivide e lo porta all'attenzione del consiglio d'amministrazione, che è competente a decidere e approvare. Verdelli è un consulente o possiamo dire «il primo consulente» o quello che vogliamo, ma le responsabilità ci sono sempre. In quel caso, ci sarebbe – e avrebbe ragione Minzolini – deresponsabilizzazione. Tant'è vero che, in presenza, se ho ben compreso, delle dimissioni di Verdelli, giustamente il consiglio d'amministrazione, in maniera unanime, ha affidato rapidamente a Campo Dall'Orto il mandato, per concludere quel lavoro di definizione del progetto per portarlo ad approvazione; la trovo una procedura corretta. Mi pare, stamani, vi sia stata la riunione del consiglio d'amministrazione, per cui, se, per le informazioni in mio possesso, che credo siano quelle che abbiamo tutti, il percorso di affinamento di questo nuovo progetto ha conosciuto un momento positivo e di condivisione, spero che rapidamente si possa arrivare alla definizione di una riforma del sistema di informazione del servizio pubblico, di cui mi pare tutti sentiamo la necessità. Poi, magari ciascuno di noi può avere la sua preferenza per il modello ideale, ma sul fatto che il sistema attuale debba essere riformato mi pare siamo d'accordo.
  Passando all'ultima sollecitazione di Ciampolillo, che mi pare sia condivisa dal Presidente Fico, in ordine ai canali istituzionali, ho già assunto l'iniziativa di promuovere l'incontro tra le due presidenze o i questori delle due presidenze e gli amministratori di Rai e lo farò nuovamente, magari valutando la presenza anche del presidente della Commissione di vigilanza. Quella dei canali istituzionali è una richiesta trasversale: come opinione personale la ritengo un errore che non favorirà la comprensione della politica da parte dei cittadini. Tuttavia, Pag. 24al netto della mia opinione, avendo il Governo assunto un impegno che gli è stato dato dal Parlamento, alcuni mesi fa ho promosso un incontro tra la Rai e i responsabili di Camera e Senato per procedere lungo questa strada. Lo farò nuovamente, proponendo, se non vi sono ostacoli di tipo procedurale, che il presidente della Commissione partecipi a questo incontro, così da definire modalità, tempi e obblighi di ciascuno, rispetto a quanto è parte di un impegno sollecitato dal voto di un ordine del giorno, di cui Ciampolillo era primo firmatario, come veniva ricordato, e da posizioni più volte espresse e ribadite da tutti i gruppi politici.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Giacomelli e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.45.