XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 87 di Giovedì 3 novembre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze, Pier Paolo Baretta, sull'attuazione e le prospettive dell'equilibrio dei bilanci delle Regioni e degli enti locali e del concorso dei medesimi alla sostenibilità del debito pubblico (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento della Camera dei deputati) :
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 ,
Baretta Pier Paolo (PD) , Sottosegretario di Stato all'Economia e alle finanze ... 3 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 6 ,
Guerra Maria Cecilia  ... 6 ,
Zanoni Magda Angela  ... 7 ,
Lai Bachisio Silvio  ... 8 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 8 ,
Baretta Pier Paolo (PD) , Sottosegretario di Stato all'Economia e alle finanze ... 8 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 10 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze, Pier Paolo Baretta ... 11

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata oltre che dagli impianti audiovisivi a circuito chiuso, con la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze, Pier Paolo Baretta, sull'attuazione e le prospettive dell'equilibrio dei bilanci delle Regioni e degli enti locali e del concorso dei medesimi alla sostenibilità del debito pubblico.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2 del Regolamento della Camera, l'audizione del Sottosegretario di Stato all'Economia e alle finanze, Pier Paolo Baretta, sull'attuazione e le prospettive dell'equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali e del concorso dei medesimi alla sostenibilità del debito pubblico. Sapete che è materia che ha avuto rilevanti innovazioni normative e naturalmente anche qualche implicazione di carattere pratico; ringrazio, quindi, il Sottosegretario Baretta e le sue collaboratrici, tutte donne: la dottoressa Lembo, la dottoressa Del Prete e la dottoressa Teodonio, che lo accompagnano.
  Do la parola al Sottosegretario Baretta per lo svolgimento della relazione.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato all'Economia e alle finanze. Signor presidente, onorevoli deputati e senatori, ringrazio per l'invito a questa audizione che, come è stato ricordato, ha per oggetto l'attuazione e le prospettive dell'equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali e del concorso alla sostenibilità del debito pubblico.
  Premetto che per questa audizione abbiamo predisposto due testi: quello più generale e sintetico che vi sto leggendo ed un altro, più specifico, condiviso con la Ragioneria generale dello Stato, che consegno allegato, contenente riferimenti tecnico-normativi sull'argomento.
  Come sappiamo, è stata recentemente approvata, il 12 agosto scorso, la legge n. 164, che modifica la legge del 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali.
  Tale approvazione è avvenuta a maggioranza assoluta nei due rami del Parlamento, maggioranza necessaria affinché potessero essere apportate modifiche alla legge n. 243 del 2012, che – ricordo – è legge rinforzata, in quanto attuativa del principio dell'equilibrio/pareggio di bilancio, espresso dall'articolo 81 della Costituzione. Occorre ricordare il percorso che si è svolto con la riforma della legge di contabilità. L’iter legislativo è iniziato parallelamente: per la modifica della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità) alla Camera e, per la modifica della legge n. 243, al Senato. Ambedue leggi di rilievo costituzionale (anche se non leggi costituzionali), perché entrambe essenziali a rendere possibile l'attuazione dell'articolo 81 della Costituzione.
  Le ragioni che hanno reso necessaria la modifica della legge n. 243 dopo solo pochi anni dalla sua realizzazione sono motivate dall'evidenza che la legge n. 243 fu approvata in un contesto politico e congiunturale Pag. 4particolare, nel mezzo di un'emergenza finanziaria che possiamo definire drammatica e che portò il Parlamento a scelte difficili e particolarmente restrittive in molti campi.
  Basti qui ricordare il dibattito di allora sull'inserimento in Costituzione del principio del pareggio di bilancio, che comportò un serrato confronto di merito, conclusosi con una formula di modifica dell'articolo 81 della Costituzione, che potremmo definire «propositiva» rispetto ad altre proposte di tipo esclusivamente «impositivo». Infatti, il vincolo posto dal nuovo articolo 81 della Costituzione non si affida alla natura tecnica del concetto di pareggio, ma lo interpreta e lo coniuga nel principio dell'equilibrio di bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e di quelle favorevoli del ciclo economico; ovvero, se il Paese non è in recessione, il bilancio va in avanzo, finanziando le fasi in cui in situazioni recessive occorre fare disavanzo. Equilibrio, dunque, non solo nominale (entrate meno spese uguale a zero), ma equilibrio che consente anche oscillazioni intorno allo zero del saldo di bilancio. Tale è il principio fissato dalla Costituzione.
  A prova di ciò e a sostegno di un'interpretazione che resta, in termini di gestione della finanza pubblica – rigorosa nel principio, ancorché non immobilizzante per l'azione politica – l'articolo 81 della Costituzione prevede che il ricorso all'indebitamento sia consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico. Dunque, il pareggio è un esito obbligato delle scelte di gestione del bilancio, ma non può e non deve essere un impedimento per lo Stato e per le autonomie locali, né aumentare per le stesse i vincoli burocratici e, soprattutto, deve lasciarle libere nella propria discrezionalità e capacità programmatoria, in primis in relazione agli investimenti. Possiamo in definitiva dire che la Costituzione anche in questo caso si è mostrata più lungimirante della legge applicativa, che risentì particolarmente, nella sua stesura, del clima restrittivo di quel momento. La necessità di modificare la legge n. 243 dunque è dipesa dall'esigenza di consentire una maggiore flessibilità in un contesto ancora problematico, ma nel quale è possibile ragionare in un'ottica di normalità amministrativa. Si tratta cioè di conseguire il pareggio, ma anche di investire.
  Venendo al merito, le modifiche introdotte al capo IV della legge n. 243 del 2012 sull'equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali e sul concorso dei medesimi alla sostenibilità del debito, sono state dettate dalla necessità di rendere coerente la disciplina dei vincoli di finanza pubblica, che gli enti territoriali devono rispettare, con il nuovo quadro delle regole contabili previsto dal decreto legislativo n. 118 del 2011, sull'armonizzazione dei bilanci regionali e locali. Si tratta di modifiche strutturali molto importanti e molto attese dagli enti locali, finalizzate a semplificare il quadro normativo di riferimento, semplificare le disposizioni specifiche sulla definizione di equilibrio di bilancio ai diversi livelli, e soprattutto garantire per gli enti locali la possibilità di programmare e prevedere spese pubbliche per i territori. Le altre modifiche introdotte hanno, da un lato, la finalità di semplificare le modalità di concorso dello Stato al finanziamento delle funzioni fondamentali nelle fasi avverse del ciclo economico o al verificarsi di eventi eccezionali e, dall'altro, le modalità di concorso degli enti territoriali alla sostenibilità del debito. Il tutto comunque mirato a semplificare e a rendere possibili gli investimenti, proponendo politiche espansive per gli enti locali. Le modifiche, nello specifico, si articolano su alcune direttrici di intervento: la prima riguarda la regola dei saldi necessari a conseguire l'equilibrio degli enti locali, nel pieno superamento dei vincoli del patto di stabilità interno.
  I quattro saldi previsti dalla legge n. 243 del 2012 sono stati sostituiti da un unico saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, sia nella fase di previsione che in quella di rendiconto. Sono stati soppressi dunque tutti gli obblighi di pareggio di cassa e quelli delle spese correnti. Altra importante modifica è stata quella di considerare il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa nel saldo fra le entrate finali e le Pag. 5spese finali. Con l'inclusione del fondo pluriennale vincolato nel saldo si offre la possibilità agli enti di rilanciare gli investimenti, eliminando la gestione spesso poco trasparente dei residui attivi e passivi. Le risorse del fondo, infatti, sono destinate prevalentemente alle spese in conto capitale e possono essere immediatamente utilizzabili a seguito dell'accertamento delle entrate che lo finanziano e, dunque, è possibile l'impegno delle spese esigibili a partire dall'esercizio in corso. Attraverso l'inclusione del fondo si avvia a soluzione anche la problematica relativa all'utilizzo degli avanzi di amministrazione che si sono accumulati nel corso del tempo, anche come conseguenza del rispetto delle norme sul patto di stabilità. Come sapete, le regole contabili prevedono che gli avanzi di bilancio concorrono alla riduzione del debito, ma non al pareggio, producendo l'incongruenza che un ente indebitato è favorito rispetto ad uno «virtuoso». A ciò si rimedia con il fondo pluriennale vincolato: mediante il suo utilizzo gli avanzi di bilancio potranno essere progressivamente ridotti proprio includendo il fondo nel computo del saldo e liberando in tal modo risorse da destinare agli investimenti. Tale inclusione nel saldo è già stata possibile nel 2016 attraverso l'ultima legge di stabilità, dando impulso alla ripresa degli investimenti per circa 2 miliardi, come ha riconosciuto l'ANCI, e facilitandone la contabilizzazione in funzione programmatoria, prima bloccata dal patto.
  La legge n. 243 come modificata, per gli anni 2017-2019, stabilisce che non sia la legge annuale di bilancio, ma la legge triennale di bilancio a definire le regole attraverso cui il fondo entra nel saldo: anche questo è un aspetto positivo, in quanto è stata resa stabile nel tempo la volontà di includere tale importante strumento per il controllo della spesa di investimento degli enti locali; tanto che la modifica apportata alla legge n. 243 prevede che il fondo pluriennale vincolato sia considerato a regime a partire dall'anno 2020.
  Con il disegno di legge di bilancio per il 2017, presentato alla Camera dei deputati in prima lettura, il cui esame inizia nei prossimi giorni, operiamo un salto di qualità, rendendo di fatto strutturale la modifica legislativa sul fondo pluriennale vincolato. Nella legge di bilancio, infatti, si prevede l'inclusione del fondo per l'intero triennio 2017-2019 nel computo del saldo. Operando la saldatura tra il 2017 e il 2020 si anticipa di fatto l'utilizzo a regime del fondo, previsto per il 2020, già a partire dal 1° gennaio 2017.
  Altro punto importante della legge di modifica riguarda le operazioni di indebitamento e di investimento realizzate dagli enti locali attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti e non soddisfatti da intese regionali. Tali operazioni verranno riproposte da appositi patti di solidarietà nazionali. La norma, infatti, parla di un livello nazionale di rimodulazione dei saldi di finanza pubblica assegnati agli enti locali, facendo salvi gli effetti del saldo non negativo del complesso degli enti territoriali. Dunque, ancora flessibilità volta alla semplificazione della vita degli enti territoriali.
  È opportuno in questa sede evidenziare gli importanti elementi di cambiamento rispetto al passato, raggiunti con il superamento definitivo del patto di stabilità interno come strumento di controllo della spesa e la sua sostituzione con il nuovo saldo di competenza.
  Il percorso che il Governo ha avviato con la legge di stabilità per il 2015, anticipando l'applicazione dalla normativa sul pareggio per le regioni a statuto ordinario e la Sardegna, si è poi consolidato con la legge di stabilità per il 2016 che, attraverso il definitivo superamento del patto di stabilità interno, ha individuato per gli enti territoriali un unico saldo non negativo in termini di competenza tra entrate e spese finali, permettendo loro una maggiore capacità di previsione e gestione.
  Come ho già rilevato, credo che il vero salto di qualità consista nell'inclusione a regime del fondo pluriennale vincolato, al netto della quota relativa all'indebitamento. Ciò a dimostrazione che la volontà del Governo è quella di proseguire il percorso iniziato, offrendo sempre maggiore possibilità agli enti di utilizzare gli avanzi Pag. 6in modo efficiente. Le nuove regole mantengono fermo il sistema sanzionatorio, che resta sostanzialmente invariato, salvo piccole revisioni volte ad assicurare gli obiettivi di finanza pubblica, le modalità di correzione e recupero nel triennio successivo, nel caso di disequilibri da parte degli enti. Anche in questo caso il disegno di legge di bilancio 2017 ha dato piena attuazione alle disposizioni previste dalla novellata legge n. 243, prevedendo un trattamento differenziato per gli enti che non hanno rispettato il saldo di finanza pubblica in misura eguale, superiore o inferiore al 3 per cento delle entrate finali (pari accertamenti). Parimenti il meccanismo premiale affronta anche il tema del pieno utilizzo delle risorse disponibili per ciascun anno di programmazione. Ciò permetterà nel medio-lungo periodo di premiare gli enti che programmano e avviano gli investimenti pubblici, riducendo contestualmente la formazione degli avanzi di amministrazione. Gli stessi patti di solidarietà fra gli enti costituiscono strumenti di redistribuzione e sono un elemento fondamentale per l'efficienza del sistema dei vincoli e per la piena attuazione del disegno che ha portato da quest'anno all'effettivo superamento del patto di stabilità.
  Per concludere, credo che le recenti modifiche apportate alla legge n. 243 del 2012 mirino a semplificare il quadro di riferimento per la gestione economico-finanziaria delle regioni e degli enti locali, attraverso la previsione di un unico saldo. Inoltre mirano a favorire gli investimenti pubblici, consentendo il graduale utilizzo degli avanzi di amministrazione e il ricorso al debito. Le modifiche al Capo IV della legge n. 243 sono infatti finalizzate a fornire un quadro chiaro, semplice e stabile agli enti territoriali, utile per la programmazione di medio periodo degli investimenti pubblici, nonché per prevedere strumenti di redistribuzione territoriale degli spazi finanziari, per permettere operazioni di investimento finanziate con mutui. Il quadro di riferimento di medio periodo è stato poi affinato con alcuni interventi previsti nel disegno di legge di bilancio, con le finalità di consentire il graduale utilizzo degli avanzi di amministrazione per il finanziamento degli investimenti. Come detto in precedenza, a partire dal 2016 è stato definitivamente superato il patto di stabilità interno e avviato il nuovo regime.
  I risultati emergenti dal monitoraggio alla data del 30 giugno 2016 sulla base dei bilanci di previsione 2016 degli enti locali sono incoraggianti e sembrano confermare che le regole di finanza pubblica non possono più essere considerate un freno degli investimenti, se non in limitati casi da gestire nell'ambito delle intese regionali.
  Dopo il superamento del patto di stabilità interno, attraverso le nuove regole di finanza pubblica occorrerà individuare e superare i rimanenti ostacoli alla realizzazione degli investimenti pubblici, quali possono essere derivanti dalla complessità delle procedure di avvio e di realizzazione degli investimenti stessi. La semplificazione delle procedure per l'esercizio della capacità fiscale locale, la definitiva introduzione dei fabbisogni standard e l'implementazione dei processi di unificazione, unione e fusione dei Comuni in una migliore ottica territoriale sono il necessario corollario a questo importante percorso avviato con la riforma della legge n. 243.
  Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Come ha detto prima il sottosegretario, l'allegato tecnico dettaglia alcuni degli aspetti innovativi che sono stati introdotti con la riforma. Lascio quindi la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARIA CECILIA GUERRA. Intanto volevo ringraziare per questa relazione molto utile e anche incoraggiante. Credo, infatti, che il quadro che ne emerge – sia in ragione della legge, sia di queste considerazioni sulla legge di bilancio – fa capire che si sta andando verso un quadro più strutturato per la finanza degli enti decentrati, e questa sicuramente è una cosa importante. L'inclusione del fondo pluriennale vincolato già a partire dal 2017 mi sembra una notizia che aspettavamo con grande interesse, quindi sono molti gli Pag. 7aspetti positivi. Vorrei però porre un problema più di medio periodo.
  Il problema contingente che, come Commissione, ci troviamo spesso ad esaminare è quello del finanziamento delle funzioni fondamentali e dei livelli essenziali delle prestazioni, che in assenza di adeguate definizioni si trovano sottofinanziate: problema che non è mai stato risolto. Anche i criteri di ripartizione del fondo perequativo, ispirati a un criterio di coefficienti piuttosto che di livelli assoluti, indica che non c'è alcuna garanzia che si arrivi a un finanziamento integrale, come quello previsto dalla Costituzione. Le modifiche introdotte con questa legge intervengono su una precedente formulazione, in cui il tema del finanziamento dei LEP e delle funzioni fondamentali, in maniera anche molto ambiziosa, era affrontato anche nelle fasi cicliche, con la costituzione di un fondo che realtà non è mai stato costituito.
  Capisco che quel tipo di approccio doveva essere superato perché non vi è stato dato seguito, però, adesso, il tutto è rimandato a una legge dello Stato che dovrà disciplinare come intervenire nel caso di grave recessione o grave calamità, per garantire che anche in queste situazioni di ciclo avverso venga comunque garantito il finanziamento integrale delle funzioni fondamentali e dei livelli essenziali delle prestazioni.
  So di porre un problema di medio periodo, visto che non abbiamo ancora affrontato quello del finanziamento stabile e sicuro di queste stesse cose in una situazione non avversa; però mi chiedevo se esista già una riflessione su questo tema, visto che, essendo passata a legge ordinaria, è diventato possibile agire con maggiore celerità.
  Pongo anche un problema non di medio, ma di lunghissimo periodo (ne sono consapevole) che riguarda la gerarchia, tema molto discusso, fra il finanziamento dei livelli essenziali e quindi dei diritti di cittadinanza e le esigenze di finanza pubblica. Questo tema è oggetto di pronunce della Corte Costituzionale non solo nel nostro, ma anche in altri Paesi, e i passaggi inseriti in questa legge sembrano propendere per una gerarchia rovesciata, in cui le esigenze di finanza pubblica vengono prima del finanziamento delle funzioni fondamentali e dei livelli essenziali, anche perché è sempre richiamata la possibilità di prevedere nuovi obblighi con legge dello Stato e vengono sempre richiamati i vincoli al quadro di finanza pubblica. Ecco perché si tratta di una questione importante, ma di lungo periodo.
  Una questione di breve periodo riguarda invece la possibilità di avere una sede di coordinamento per la finanza pubblica, anche nell'ottica che stavo dicendo. Sappiamo che il coordinamento della finanza pubblica a Costituzione vigente è materia concorrente e, a seguito dell'eventuale approvazione della riforma costituzionale, diventerebbe materia esclusiva dello Stato, però è necessario avere un punto di coordinamento. Finora questo coordinamento è stato effettuato in maniera molto approssimativa in sede di Conferenza, quindi mi interrogo sulla possibilità di avere, tra enti di pari livello a Costituzione sia vigente che eventualmente riformata, un momento in cui questo coordinamento possa avvenire.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Grazie, presidente, ringrazio anch'io per la relazione e soprattutto per gli allegati che leggerò con molta attenzione. Mi permetto di sottolineare un aspetto di positività, che non è stato rilevato perché è una ricaduta del percorso. Negli anni passati avevamo insistito molto sulla tempestività dell'uscita dei documenti nazionali per consentire ai comuni e agli enti locali di redigere i loro bilanci in tempi utili. Devo dire, con una certa soddisfazione, che le nostre sollecitazioni sono state raccolte. Ciò consente finalmente di far lavorare meglio gli uffici e di poter programmare. Si tratta di un aspetto che sta tra le righe, perché non esplicitato, ma costituisce un obiettivo estremamente importante, e quest'anno l'aver reso noti i dati sui fabbisogni e sui costi standard in tempo utile pur con tutte le difficoltà (abbiamo sottolineato la fase di sperimentazione, la necessità ancora di proseguire) costituisce un importante passo avanti. Pag. 8
  L'inclusione del fondo pluriennale vincolato era stata definita con le modifiche alla legge n. 243: aspetto molto importante che avevamo già sottolineato a luglio e che mi pare sia stato ben recepito nella proposta della legge di bilancio che stiamo per esaminare: l'ipotesi del triennio 2017-2019 era stata pensata per smaltire i 2 miliardi di fondo pluriennale che si sono accumulati per effetto del lavoro sulla revisione straordinaria dei residui, quindi la necessità di arrivare al 2010 per partire con fondi pluriennali vincolati che non fossero più così ingenti.
  Mi permetto di sottolineare un aspetto importante sulle premialità: se vogliamo davvero che le unioni dei comuni decollino, dobbiamo premiarle e fortemente.
  Un ultimo aspetto su cui mi piacerebbe avere qualche indicazione, e che non è stato toccato, è una particolarità all'interno degli enti locali e delle regioni, il problema delle province e città metropolitane. Mentre sui comuni stiamo andando in una direzione positiva (ci sono singoli comuni che hanno ancora dei problemi, però la direzione presa è quella buona), va affrontato con coraggio il problema delle regioni a statuto speciale, almeno in termini di conoscenza, utilizzando i dati per fare i confronti, se non cominciare a ripensare al tema delle specialità. Resta il problema dei due livelli, città metropolitane – previste nella Costituzione come pari livello con grandi problemi finanziari, quale quello della redazione dei bilanci annuali che crea problemi anche dal punto di vista metodologico – e province, trasformate in enti di area vasta, che hanno questa incertezza sul risultato del quesito referendario: è evidente che lì bisognerà imboccare due strade.
  In ogni caso, però, al di là della strada che verrà intrapresa, mantenere le province o trasformarle in enti di area vasta, resta il problema del finanziamento e, come diceva la senatrice Guerra, di definire i livelli di prestazioni da erogare e il loro finanziamento: in ogni caso, in qualunque forma istituzionale rimangano, resta il problema dell'erogazione del livello delle prestazioni. Grazie.

  BACHISIO SILVIO LAI. Vorrei chiedere un aggiornamento sulla situazione del pareggio di bilancio per le regioni. Quando nel 2015 si è partiti con le regioni a statuto ordinario e la Sardegna, la prima di quelle a statuto speciale, c'erano alcuni elementi che dovevano essere messi sotto controllo: in particolare, la previsione di forme di flessibilità per le regioni che avevano entrate da compartecipazioni, al fine di evitare che le entrate normalmente verificate generassero successivamente meccanismi di difficoltà nella definizione del pareggio di bilancio.
  Poiché all'interno della sua relazione viene espresso un giudizio positivo sul primo anno di sperimentazione per gli enti locali, essendo già nel corso del secondo anno, mi interesserebbe conoscere il giudizio del Governo sul pareggio di bilancio nelle regioni. Grazie.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande o riflessioni, lascio la parola al Sottosegretario Baretta per la replica.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato all'Economia e alle finanze. Grazie, presidente. Sulla questione di medio periodo penso che ci siano due aspetti, uno di carattere più generale, che prescinde dai contenuti tecnici della riforma delle regole di bilancio. Esso può rispondere ad una parte del ragionamento della senatrice Guerra relativamente alla scelta del finanziamento integrale anche nelle situazioni di ciclo, che implica una scelta politica esplicita, alla quale conseguono delle riserve a ciò finalizzate. È chiaro infatti che tra il ciclo positivo e il ciclo negativo se lo saldo di pareggio, nel momento in cui si facesse la scelta che lei presuppone, bisogna immaginare dei fondi a ciò destinati, preservati dalla normale gestione di amministrazione, però questo implica una scelta che non è di contabilità o di regola. Se invece lo volessimo affrontare dal punto di vista tecnico, la mia opinione è che ci avvicineremmo molto a questo processo e ad offrire maggiori elementi a chi deve prendere le decisioni, andando presto ai fabbisogni standard integralmente definiti: il salto Pag. 9dalla spesa storica ai fabbisogni che stiamo facendo, pur con qualche complessità (sappiamo le resistenze che ci sono da parte di alcune amministrazioni locali che si trovano esposte, mentre altre sono assolutamente convinte), consente la definizione di un quadro organico e definitivo di fabbisogni come misura delle esigenze delle singole comunità locali, che potrebbe anche consentire di immettere alcune delle modalità qui elencate tra le fonti primarie di finanziamento.
  Per quanto riguarda la questione strategica di lungo periodo, ho detto chiaramente nella relazione che, in un arco di tempo tutto sommato breve, siamo passati da una visione tutta congiunturale, che era quella del Governo Monti, ad una visione più normale. Si tratta di un salto notevole e il consolidamento può portarci a un diverso riequilibrio tra le gerarchie ricordate: è un percorso fortemente collegato alla dimensione della crescita, in quanto uno dei problemi che abbiamo è la lenta crescita, al di sotto delle aspettative, e la lenta crescita condiziona il progressivo assestamento delle gerarchie in funzione paritaria. Per quanto riguarda il coordinamento, non vorrei abusare della cortesia della senatrice Guerra, ma una risposta viene dalla riforma costituzionale, cioè dal nuovo equilibrio tra Senato e Camera, nel senso che la dialettica che si potrebbe realizzare o che si realizzerà, qualora la riforma costituzionale fosse approvata, tra la rappresentanza della Camera e la rappresentanza del Senato in quanto Senato delle Autonomie, va in parte a sostituirsi alla sede della Conferenza, che oggi – ammetto, avendola praticata – rischia in molti casi di essere burocratica e farraginosa, e può entrare invece in una dialettica sia di competenza e sia politica, che può dare una risposta politica. Dal punto di vista tecnico il problema esiste, e penso che sarà opportuno riflettere, indipendentemente dall'esito, su come una normale gestione di coordinamento si realizza.
  Per quanto riguarda le osservazioni della senatrice Zanoni, penso che vada fatta una distinzione nei destini tra città metropolitana e provincia. Oggi non abbiamo ancora operato questa distinzione, ma le due realtà hanno destini diversi: le città metropolitane (queste o altre che si decidesse di instaurare) hanno un destino paritario rispetto alle altre strutture dello Stato, e non a caso sono state anche privilegiate lo scorso anno nella redistribuzione degli investimenti; mentre le province, indipendentemente dall'esito elettorale, sono destinate ad essere al massimo un soggetto di area vasta. Il problema è delicato perché oggi, dal punto di vista pratico, le province sono le più esposte in termini di sostenibilità finanziaria. Le città metropolitane hanno dei problemi, per i quali si sta intravedendo la via d'uscita, anche perché sono fonte privilegiata di accesso ai finanziamenti europei; con le regioni stiamo trovando un punto di equilibrio e in questo senso (rispondo anche all'onorevole Lai) la nostra opinione sul risultato è sostanzialmente positiva.
  Quello che oggi ci rallenta nella definizione conclusiva è il contributo che le regioni, come le province e gli enti locali, devono ancora dare allo Stato per le precedenti scelte relativamente ad esempio al 2017: si tratta di uno degli oggetti che troverete nella legge di bilancio in forma indistinta, cioè in un fondo generale di finanziamento per gli enti locali che poi dovrà essere articolato in quanto riduciamo il contributo delle regioni e quello delle province previsti per il 2017. Per quanto riguarda le province c'è però anche un altro problema in relazione alle funzioni: abbiamo assistito ad una faticosa dialettica tra le province e le regioni, nel senso che quando si è operato il passaggio delle funzioni abbiamo constatato che le regioni riassegnavano di fatto, anche se non formalmente, le funzioni, ma non riassegnavano le risorse. C'è stata quindi una lunga discussione l'anno scorso sulla «teoria dello zainetto», che alcuni di voi ricorderanno, che ha portato a una definizione di intese. Tuttavia, il nodo è ancora aperto e, su alcune funzioni, più o meno fondamentali a seconda dei casi, l'equilibrio tra province e regioni è ancora precario. Su tale aspetto dovremo ulteriormente lavorare, però è chiaro che i destini Pag. 10sono diversi; pertanto, in quest'ottica, «vanno anche riviste le fonti di finanziamento.

  PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario per il suo intervento – ho molto apprezzato che abbia ricordato la genesi del pareggio di bilancio in Costituzione che sarà materia degli storici per chi vorrà approfondirla – e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 8.45.

ALLEGATO

  Equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali: nuovo quadro di riferimento a seguito della legge n. 164 del 2016.

  Il nuovo saldo

  Il novellato articolo 9, ai commi 1 ed 1-bis, della legge 24 dicembre 2012, n. 243 ha superato i previgenti quattro saldi di riferimento dei bilanci delle regioni e degli enti locali (un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali; un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti), prevedendo un unico saldo non negativo in termini di competenza tra le entrate finali (titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118) e le spese finali (titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema di bilancio), sia nella fase di previsione che di rendiconto.
  La soppressione degli obblighi di un saldo non negativo in termini di cassa (corrente e finale) e di competenza (corrente) è la diretta conseguenza dell'entrata in vigore della riforma contabile degli enti territoriali prevista dal decreto legislativo n. 118 del 2011, che a decorrere dal 1° gennaio 2015 garantisce:
  - la composizione della spesa, attraverso la definizione di equilibri di bilancio per tutte le amministrazioni territoriali;
  - una corretta rilevazione degli investimenti, attraverso la competenza finanziaria potenziata, che rende meno rilevanti i dati di cassa per le analisi di finanza pubblica.

  L'inclusione nel saldo del Fondo pluriennale vincolato

  Il novellato articolo 9, ai commi 1 ed 1-bis, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, prevede, inoltre, per gli anni 2017-2019, con legge di bilancio, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica e su base triennale, l'introduzione del Fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa. A decorrere dall'esercizio 2020, tra le entrate e le spese finali è incluso il Fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa, finanziato dalle entrate finali.
  Tale previsione ha trovato disciplina attuativa nell'articolo 65 del recente disegno di legge di bilancio per l'anno 2017.

  Il nuovo sistema sanzionatorio

  Sono state mantenute invariate, salvo piccole revisioni volte ad assicurare gli obiettivi di finanza pubblica, le modalità di correzione e recupero (triennio successivo) nel caso di disequilibri da parte degli enti. La legge n. 164 del 2016, inoltre, ha previsto che, con legge dello Stato, siano definiti i premi e le sanzioni da applicare ai richiamati enti in base ai seguenti principi:
  1) proporzionalità tra premi e sanzioni;
  2) proporzionalità tra sanzioni e violazioni; Pag. 12
  3) destinazioni dei proventi delle sanzioni a favore dei premi agli enti del medesimo comparto che hanno rispettato i propri obiettivi che possono rappresentare delle buone pratiche per la finanza territoriale.
  Tale previsione punta a migliorare non solo gli equilibri di finanza pubblica, ma anche la qualità della spesa sostenuta dagli enti territoriali.

  L'articolo 65 del disegno di legge di bilancio 2017 ha dato piena attuazione alle disposizioni previste dal novellato articolo 9 prevedendo un trattamento differenziato per gli enti che:

   A) non hanno rispettato il saldo di finanza pubblica in misura uguale o superiore al 3 per cento delle entrate finali (accertamenti);

   B) non hanno rispettato il saldo di finanza pubblica in misura inferiore al 3 per cento delle entrate finali (accertamenti);

  In caso di mancato conseguimento del saldo in misura uguale o superiore al 3 per cento delle entrate finali (lettera A), si applicano le seguenti sanzioni:

   a) sanzione economica: per gli enti locali, è prevista la riduzione del Fondo sperimentale riequilibrio e del Fondo di solidarietà comunale in misura pari all'importo corrispondente allo scostamento registrato. Tale riduzione è applicata nel triennio successivo a quello di inadempienza in quote costanti; la regione o la provincia autonoma, invece, nel triennio successivo, è tenuta ad effettuare un versamento all'entrata del bilancio dello Stato, di importo corrispondente a un terzo dello scostamento registrato;

   b) limite alle spese correnti: nell'anno successivo a quello dell'inadempienza, l'ente non può impegnare spese correnti, per le regioni al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all'importo dei corrispondenti impegni dell'anno precedente ridotti dell'1 per cento. La sanzione si applica con riferimento agli impegni riguardanti le funzioni esercitate in entrambi gli esercizi. A tal fine, l'importo degli impegni correnti dell'anno precedente e quello dell'anno in cui si applica la sanzione sono determinati al netto di quelli connessi a funzioni non esercitate in entrambi gli esercizi, nonché al netto degli impegni relativi ai versamenti al bilancio dello Stato effettuati come contributo alla finanza pubblica;

   c) blocco del ricorso al debito: nell'anno successivo a quello dell'inadempienza, l'ente non può ricorrere all'indebitamento per gli investimenti. Per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, restano esclusi i mutui autorizzati con legge regionale e non ancora contratti. I mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti o le aperture di linee di credito devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il rispetto del saldo;

   d) blocco delle assunzioni: nell'anno successivo a quello di inadempienza, l'ente non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È Pag. 13fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione. Le regioni, le città metropolitane e i comuni possono comunque procedere ad assunzioni di personale a tempo determinato, con contratti di durata massima fino al 31 dicembre del medesimo esercizio, necessari a garantire l'esercizio delle funzioni di protezione civile, di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale;

   e) sanzione agli amministratori: nell'anno successivo a quello di inadempienza, il presidente, il sindaco e i componenti della giunta in carica nell'esercizio in cui è avvenuta la violazione sono tenuti a versare al bilancio dell'ente il 30 per cento delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza spettanti nell'esercizio della violazione.

  In caso di mancato conseguimento del saldo in misura inferiore al 3 per cento delle entrate finali (lettera B), si applicano le seguenti sanzioni:

   a) sanzione economica: identica alla sanzione applicata agli enti di cui alla precedente lettera A);

   b) limite alle spese correnti: è applicata imponendo agli impegni di parte corrente, per le regioni al netto della sanità, un limite pari all'importo dei corrispondenti impegni dell'anno precedente e non già ridotta dell'1 per cento (come diversamente previsto per l'ipotesi A);

   c) blocco del ricorso al debito: identica alla sanzione applicata agli enti di cui alla precedente lettera A);

   d) blocco assunzioni: riguarda il solo personale a tempo indeterminato e non anche il personale a tempo determinato (come diversamente previsto per l'ipotesi A);

   e) sanzione agli amministratori: versamento al bilancio dell'ente del 10 per cento (e non già al 30 per cento come diversamente previsto per l'ipotesi A) delle indennità di funzione e dei gettoni percepiti nell'anno in cui è avvenuta la violazione; la disposizione si applica a presidente, sindaco e componenti della giunta.

  Il sistema premiale

  Sempre l'articolo 65 del disegno di legge di bilancio 2017 introduce, altresì, il meccanismo premiale che prevede:

   1) per le regioni che rispettano il saldo e che conseguono un saldo finale di cassa non negativo tra entrate finali e spese finali, l'assegnazione delle eventuali risorse incassate dal bilancio dello Stato derivanti dalla sanzione economica; le risorse in parola sono vincolate alla realizzazione di investimenti. L'ammontare delle risorse per ciascuna regione è determinato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano;

   2) per le città metropolitane, le province e i comuni che rispettano il saldo e che conseguono un saldo finale di cassa non negativo fra le entrate finali e le spese finali, l'assegnazione delle eventuali risorse derivanti dalla riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del Pag. 14fondo di solidarietà comunale e dai versamenti e recuperi effettivamente incassati; le risorse in parola sono vincolate alla realizzazione di investimenti. L'ammontare delle risorse per ciascuna città metropolitana, provincia e comune è determinato d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali;

   3) per le regioni e città metropolitane che rispettano il saldo lasciando spazi finanziari inutilizzati inferiori all'1 per cento degli accertamenti delle entrate finali, è previsto inoltre che la spesa per rapporti di lavoro flessibile possa essere innalzata del 10 per cento;

   4) per i comuni che rispettano il saldo, lasciando spazi finanziari inutilizzati inferiori all'1 per cento degli accertamenti delle entrate finali il turn over è innalzato al 75 per cento, qualora il rapporto dipendenti-popolazione dell'anno precedente sia inferiore al rapporto medio dipendenti-popolazione per classe demografica.

  Il meccanismo premiale (punti 3 e 4) affronta anche il tema del pieno utilizzo delle risorse disponibili, per ciascun anno di programmazione. Ciò permetterà, nel medio-lungo periodo, di premiare gli enti che programmano e avviano gli investimenti pubblici, riducendo contestualmente la formazione degli avanzi di amministrazione.
  Da ultimo, è stata mantenuta ferma la possibilità di prevedere ulteriori obblighi a carico degli enti, in materia di concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, al fine di assicurare il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea.

  Investimenti: ricorso al debito e utilizzo avanzi di amministrazione

  L'articolo 10 della legge n. 243 del 2012, come novellato dalla richiamata legge n. 164 del 2016, disciplina le operazioni di investimento realizzate attraverso il debito e l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti.

  In un'ottica di sostenibilità di medio-lungo periodo e di finalizzazione del ricorso al debito, sono stati mantenuti fermi i principi generali dell'articolo 10, in particolare:

   - il ricorso all'indebitamento da parte degli enti territoriali è consentito esclusivamente per spese di investimento, nei limiti previsti dalla legge dello Stato (per gli enti locali, dall'articolo 202 e successivi del decreto legislativo n. 267 del 2000, per le regioni e le Province autonome dall'articolo 62, comma 6, del decreto legislativo n. 118 del 2011);

   - le operazioni di indebitamento devono essere accompagnate da piani di ammortamento di durata non superiore alla vita utile dell'investimento, dove sono evidenziati gli oneri da sostenere e le fonti di copertura. Ciò al fine di assicurare la sostenibilità dell'investimento nel medio-lungo periodo.

  L'innovazione, introdotta con le modifiche apportate al comma 3 dell'articolo 10, è la previsione di demandare ad apposite intese regionali non solo le operazioni di indebitamento sul rispettivo territorio, ma anche la possibilità di utilizzare gli avanzi pregressi per Pag. 15operazioni di investimento. Le intese dovranno, comunque, assicurare il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica per il complesso degli enti territoriali della regione interessata, compresa la regione stessa.
  I punti principali della nuova disciplina, pertanto, sono i seguenti:

   a) le operazioni di investimento realizzate attraverso il ricorso al debito e l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti sono effettuate sulla base di apposite intese regionali che garantiscano, per l'anno di riferimento, il rispetto del saldo non negativo, del complesso degli enti territoriali della regione interessata, compresa la medesima regione;

   b) viene previsto il potere sostitutivo dello Stato nelle ipotesi di mancata attuazione delle intese regionali;

   c) le operazioni di investimento realizzate attraverso il ricorso al debito e l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti non soddisfatte dalle predette intese concluse in ambito regionale sono effettuate sulla base dei patti di solidarietà nazionali. Rimane fermo il rispetto del saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, del complesso degli enti territoriali.

  Viene, altresì, previsto che con apposito DPCM, da adottare d'intesa con la Conferenza unificata, siano disciplinati criteri e modalità di attuazione delle disposizioni riguardanti le operazioni di investimento realizzate attraverso il ricorso al debito e l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti (intese regionali e patti di solidarietà nazionale), ivi incluse le modalità attuative del potere sostitutivo dello Stato, in caso di inerzia o ritardo da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Lo schema del decreto deve essere trasmesso alle Camere per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario. I pareri sono espressi entro quindici giorni dalla trasmissione, decorsi i quali il decreto può essere comunque adottato.

  I principali contenuti del DPCM saranno, pertanto, volti a:

  - assicurare l'attuazione delle intese regionali in tempo utile per la programmazione degli investimenti degli enti territoriali nel breve periodo;
  - assicurare una programmazione di medio-lungo periodo delle opere pubbliche, non focalizzandosi pertanto esclusivamente alla programmazione degli investimenti nell'anno oggetto dell'intesa;
  - definire criteri prioritari di assegnazione degli spazi disponibili, ponendo particolare attenzione agli enti che dispongono da un lato dei progetti esecutivi e consistenti avanzi di amministrazione e dall'altro di limitati spazi di saldo per il loro utilizzo;
  - disciplinare il potere sostitutivo dello Stato al fine di permettere un tempestivo intervento, indispensabile per la programmazione degli investimenti;
  - coordinare la tempistica delle intese regionali con i patti di solidarietà nazionale.
  Da ultimo, sarebbe opportuno prevedere modalità di monitoraggio dell'attuazione delle Intese e dei patti di solidarietà nazionale, nonché degli investimenti avviati grazie agli strumenti in parola.

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  Le relazioni finanziarie tra lo Stato e gli enti territoriali in base alle fasi del ciclo economico

  Di minor rilievo risultano, infine, le modifiche apportate agli articoli 11 e 12 (Concorso dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali e delle funzioni fondamentali nelle fasi avverse del ciclo o al verificarsi di eventi eccezionali e Concorso delle regioni e degli enti locali alla sostenibilità del debito pubblico), considerato che le stesse mirano a semplificare il processo, attraverso il rinvio alla legislazione ordinaria delle relative modalità attuative, che non saranno di facile definizione.
  Infatti, l'attuazione dei predetti articoli presuppone la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e la valutazione degli effetti delle fasi del ciclo economico sul gettito tributario di ciascun ente (comune, provincia, città metropolitane, regione).