XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 34 di Mercoledì 3 agosto 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione del professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze, Annibale Biggeri, e del dirigente dell'Arpas Sardegna, Massimo Cappai:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 
Biggeri Annibale , Professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze ... 3 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 4 
Cappai Massimo , Dirigente dell'Arpas Sardegna ... 4 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 4 
Pili Mauro (Misto)  ... 4 
Biggeri Annibale , Professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze ... 4 
Pili Mauro (Misto)  ... 5 
Biggeri Annibale , Professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze ... 5 
Cova Paolo (PD)  ... 5 
Biggeri Annibale , Professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze ... 6 
Cappai Massimo , Dirigente dell'Arpas Sardegna ... 6 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 7 
Cappai Massimo , Dirigente dell'Arpas Sardegna ... 7 
Biggeri Annibale , Professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze ... 7 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 7 
Biggeri Annibale , Professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze ... 8 
Pili Mauro (Misto)  ... 8 
Cappai Massimo , Dirigente dell'Arpas Sardegna ... 8 
Pili Mauro (Misto)  ... 9 
Cappai Massimo , Dirigente dell'Arpas Sardegna ... 9 
Pili Mauro (Misto)  ... 9 
Cappai Massimo , Dirigente dell'Arpas Sardegna ... 9 
Pili Mauro (Misto)  ... 9 
Cappai Massimo , Dirigente dell'Arpas Sardegna ... 10 
Pili Mauro (Misto)  ... 10 
Cappai Massimo , Dirigente dell'Arpas Sardegna ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Biggeri Annibale , Professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze ... 10 
Rizzo Gianluca (M5S)  ... 10 
Biggeri Annibale , Professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 

Audizione dell'Avvocato generale dello Stato, Massimo Massella Ducci Teri:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Massella Ducci Teri Massimo , Avvocato generale dello Stato ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 
Grillo Giulia (M5S)  ... 14 
Duranti Donatella (SI-SEL)  ... 15 
Zardini Diego (PD)  ... 15 
Capelli Roberto (DeS-CD)  ... 15 
Rizzo Gianluca (M5S)  ... 16 
Carrozza Maria Chiara (PD)  ... 16 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 16 
Massella Ducci Teri Massimo , Avvocato generale dello Stato ... 16 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIAN PIERO SCANU

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Seguito dell'audizione del professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze, Annibale Biggeri, e del dirigente dell'Arpas Sardegna, Massimo Cappai.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del professore di statistica medica dell'università degli studi di Firenze, professor Annibale Biggeri, e del dirigente dell'ARPAS Sardegna, dottor Massimo Cappai.
  Ricordo che l'odierna seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
  Do il benvenuto al professore Annibale Biggeri e al dottor Massimo Cappai e ringrazio entrambi per aver voluto cortesemente tornare una seconda volta al fine di permettere il completamento della trattazione di argomenti importanti.
  Durante la precedente seduta del 20 luglio 2016 il professor Biggeri e il dottor Cappai hanno svolto un'ampia relazione sui temi di rispettiva competenza.
  In particolare, il professor Annibale Biggeri, in quanto epidemiologo, ha riferito in materia di indagini ambientali sui poligoni di Salto di Quirra e di Capo Teulada, con particolare attenzione agli effetti sulle popolazioni dei comuni di Teulada e Sant'Anna Arresi.
  Il dottor Massimo Cappai, dirigente ARPAS Sardegna, ha esposto i risultati dell'indagine sui medesimi poligoni, condotta insieme all'ISPRA, soffermandosi in maniera particolare sulle caratteristiche del missile tipo MILAN.
  Nella scorsa seduta di audizione non era stato esaurito l'ordine del giorno per mancanza di tempo materiale, per questa ragione abbiamo sentito l'esigenza di convocare un'altra riunione. Chiedo, pertanto, al professor Biggeri e al dottor Cappai se desiderino aggiungere qualcosa a quanto già riferito. Successivamente, aprirò il dibattito.

  ANNIBALE BIGGERI, Professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze. Ho una brevissima nota aggiuntiva relativamente alle risultanze dello studio sulla popolazione residente in prossimità del poligono interforze di Salto di Quirra, nella area del comune di Villaputzu.
  Ho fatto parte del gruppo di lavoro, coordinato dall'Istituto superiore di sanità, nell'ambito della commissione redatta sulla base della mozione del Senato della Repubblica del 23 febbraio 2011, che è riportata sopra. Quindi, se ritenete opportuno, potete audire anche chi ha la responsabilità diretta di questo rapporto.
  A integrazione, vorrei, comunque, aggiungere una nota comparativa sulle risultanze dell'indagine di Salto di Quirra rispetto alle aree subcomunali dei comuni di Sant'Anna Arresi e Teulada perché è importante capire la complessità della questione e le differenze, che possono essere di particolare interesse non solo scientifico. Pag. 4
  Sempre in premessa, per il poligono di Salto di Quirra risulta, come documentato nella relazione dell'Istituto superiore di sanità, una presenza non conforme alle concentrazioni soglia per alcuni parametri, tra cui antimonio, arsenico, cadmio, cobalto, cromo, tallio, piombo, rame e zinco. Questa, però, è un'informazione che non posso estendere al poligono di Teulada, come ho detto nella mia relazione.
  Lo studio è simile perché è fatto nello stesso modo di quello che abbiamo visto per Teulada, quindi prevede una coorte di tutti residenti nel comune di Villaputzu, all'interno della quale viene studiato il profilo di mortalità e ricovero in particolare di residenti in sezioni censuarie che comprendono parte del territorio del poligono a mare e alcune sezioni viciniore.
  Quello che si vede è di particolare interesse. Per esempio, non c'è nessun eccesso di malattie cardiache, mentre c'è un raddoppio del tasso di tumori, ma soltanto nei maschi. Non c'è evidenza nelle donne.
  Nelle conclusioni dello studio è interessante notare che il tasso dei tumori maligni a Quirra è il doppio di quello dei residenti in altre parti del comune di Villaputzu. Sono stime incerte, quindi possiamo assumere tutte le cautele statistiche ed epidemiologiche del caso, ma ciò non toglie che è particolarmente significativa la presenza di un tumore encefalico, un tumore osseo e una leucemia. Si parla, quindi, di tre tumori in un follow-up molto breve, dal 2007 al 2013.
  La coorte, fatta con l'Istituto superiore di sanità, non aveva la potenza che ha una coorte che riusciamo a fare nell'ambito di un'inchiesta giudiziaria, là dove possiamo procedere al disclosure delle informazioni anagrafiche, quindi fare un record linkage molto più accurato, attraverso anche l'acquisizione delle anagrafi comunali. Quindi, per Teulada e per una frazione di Fogi il follow-up è molto più lungo e più completo di quanto non lo sia per Quirra.
  Quanto alle differenze, a Quirra c'è una documentata presenza di metalli; a Fogi c'è una documentata esposizione al rumore. Sulla mortalità generale a Quirra non c'è nessun eccesso; a Fogi, invece, c'è un raddoppio della mortalità soprattutto per malattie cardiocircolatorie. A Quirra abbiamo 4 casi di tumore maligno (vi ho ricordato, in particolare, encefalo, leucemia e tumore delle ossa), mentre a Fogi non c'è nessuna evidenza di eccessi rilevanti per le malattie tumorali, ma c'è 3-4 volte il rischio per malattia coronarica e scompenso.
  Insomma, la situazione è complessa e non si può fare di ogni erba un fascio. Questo è quanto mi premeva portare alla vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Dottor Cappai, intende aggiungere anche lei qualcosa?

  MASSIMO CAPPAI, Dirigente dell'Arpas Sardegna. Buongiorno a tutti. Non voglio aggiungere nulla. Sono qui per rispondere alle vostre eventuali domande, non avendo niente da includere nella documentazione che ho presentato in precedenza.

  PRESIDENTE. Grazie. Do, quindi, la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MAURO PILI. Vorrei sapere dal professor Biggeri che tipo di relazione hanno questi dati con le attività svolte nei due poligoni. Le due casistiche di raddoppio dei casi tumorali per Quirra e di quelli cardiologici per Teulada hanno una correlazione che avete analizzato e che può essere collegata con qualche implicazione militare?

  ANNIBALE BIGGERI, Professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze. Questi dati vanno letti insieme alle risultanze delle relazioni di tipo ambientale. Gli studi sono fatti separatamente. Gli studi epidemiologici per Quirra e Teulada fanno uso di archivi correnti, delle statistiche ufficiali, del certificato di causa di morte e della scheda di dimissione ospedaliera, ma non di questionari.
  Non c'è, pertanto, un'intervista alla persona che indaga l'eventuale storia di vita, ovvero la storia professionale e quella residenziale. Infatti, quanto è desumibile dall'anagrafe non consente di seguire in modo Pag. 5efficace tutti gli spostamenti di residenza interni a un comune. Questo è il limite che avevo illustrato.
  La correlazione è, dunque, qualitativa. Abbiamo, in particolare, due relazioni. A questo fine, ci possono aiutare le conoscenze che la letteratura scientifica ha già sedimentato sulle tossicità delle varie sostanze.
  Per quello che riguarda Quirra, gli eccessi per questi particolari tumori potrebbero essere anche coerenti, soprattutto se consideriamo che l'area complessiva di tutti i comuni su cui insistono i due poligoni, sia quello a mare, sia quello a terra, vede un eccesso di malattie del sistema linfoemopoietico nei maschi. Questo farebbe pensare a sostanze tossiche specifiche di una possibile esposizione professionale. Pensiamo ai pastori che entrano nel poligono o alle donne che risiedono nelle vicinanze.
  Si richiede, quindi, una valutazione più specifica per quello che riguarda Quirra. In particolare, visti quei tumori, il sospetto epidemiologico è verso le sostanze radioattive, ma bisogna che siano documentate nelle relazioni tecniche sulle matrici ambientali. Dunque, nella conclusione del lavoro coordinato dall'Istituto superiore di sanità questi eccessi (tumore delle ossa, tumore del sistema nervoso centrale e leucemie) sono commentati come interessanti e meritevoli di approfondimento, ma non di più, proprio perché manca una documentazione solida della presenza di sostanze radioattive e dell'eventuale esposizione del pastore a esse.
  Per Teulada, invece, la questione è differente. Parliamo, infatti, di malattie cardiovascolari. Ci sono varie ipotesi per cui le patologie cardiovascolari, per quella piccola popolazione che risiede nell'aria di Fogi, possono essere aumentate. Abbiamo diverse ipotesi tra loro molto coerenti, legate alle attività militari. Quella più semplice riguarda il rumore delle esercitazioni, il rumore impulsivo relativo agli spari e quello relativo alle basse frequenze. In questo caso, l'esposizione della popolazione è documentata in casa delle persone e durante l'esercitazione. Abbiamo, pertanto, una documentazione. La letteratura scientifica, peraltro, ci supporta in questa interpretazione.
  Ci sono altri fenomeni che nel tempo si sono verificati e hanno comportato l'esposizione della popolazione a uno stress certamente legato all'aumento di rischio di patologie cardiovascolari.
  L'altra cosa, non documentata, ma chiaramente desumibile, è l'esposizione alle polveri fini. Infatti, gli autoveicoli militari comportano un'esposizione a polveri fini come il traffico, ma di entità molto maggiore. Basti vedere la cilindrata e il consumo dei carburanti dei carri armati e dei mezzi militari, nonché considerare il fatto che queste esercitazioni si svolgono un giorno su tre, come risulta dai tabulati che abbiamo ottenuto nell'ambito della perizia.
  Questi sono gli aspetti più importanti perché polveri fini e rumore sono elementi molto solidi nella letteratura sulle malattie cardiovascolari. Abbiamo l'informazione dal 1995 e il follow-up dal 2000 al 2013, che è anche coerente con i tempi di latenza. Questa è, quindi, la parte più solida. Sulle altre, invece, sarebbero necessari degli approfondimenti.

  MAURO PILI. Vorrei sapere se, su Quirra, per caso, avete incrociato i dati alla base dell'indagine della procura della Repubblica di Lanusei su oltre 150 decessi nell'area, appunto, intorno a Quirra riconducibili a pastori, a militari o ad altri soggetti. In particolare, le chiedo se c'è un aggancio tra le confessioni di qualche militare o di qualche soggetto vicino e se avete considerato questo elemento nelle vostre analisi.

  ANNIBALE BIGGERI, Professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze. Non nell'analisi su Quirra che ho condotto io. Potete, però, chiedere agli altri componenti della commissione.

  PAOLO COVA. Ringrazio gli auditi e mi scuso per il ritardo. Vorrei fare una domanda. Forse mi sbaglio, ma mi sembra che, parlando della condizione della popolazione all'esterno del poligono, accennavate anche alle condizioni economiche, alimentari e quant'altro. In particolare, si era Pag. 6fatto riferimento al fatto che i prodotti zootecnici non venivano commercializzati perché ci potevano essere dei problemi di inquinamento. Ecco, questo è reale? C'è la possibilità di commercializzare quei prodotti o meno?
  Vorrei approfondire questo aspetto perché se abbiamo delle greggi o dei prodotti che vengono da queste all'interno del poligono, ma poi l'alimento non è commercializzabile, la situazione è completamente diversa e ci possono essere altre considerazioni.

  ANNIBALE BIGGERI, Professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze. Faccio una precisazione. Nel resoconto stenografico della mia relazione del 20 luglio ripreso dai giornalisti c'è un'imprecisione. Io ho richiamato questa possibilità per spiegare che la popolazione residente a Fogi non solo ha subìto un danno, ma potrebbe subirne uno ulteriore per l'eventuale pressione mediatica legata alla paura di contaminazione dell'ambiente e dei prodotti alimentari delle greggi di loro proprietà, con un chiaro danno anche in termini economici.
  Questo è quello che ho detto. Il giornalista e il resoconto – mi rendo conto ora rivedendo le bozze, su cui verrà fatta una rettifica – hanno preso per certo che c'è la contaminazione. Su questo, peraltro, non sono competente, ma il dottor Cappai può dare delle indicazioni.

  MASSIMO CAPPAI, Dirigente dell'Arpas Sardegna. A proposito della potenziale contaminazione degli alimenti, la volta scorsa avevo risposto molto brevemente a una domanda. Infatti, nella fretta di concludere l'esposizione su un lavoro molto complesso e impegnativo che abbiamo svolto nell'area, avevo trascurato di illustrare le indagini svolte sugli alimenti prodotti negli allevamenti che insistono sulla zona di Teulada.
  Dunque, chiariamo bene questo aspetto. Nel 2014, proprio allo scopo di verificare se vi fosse un eventuale trasferimento della contaminazione eventualmente presente all'interno del poligono di Teulada all'uomo, tramite la catena alimentare, si intraprese un'indagine di dettaglio sui prodotti degli allevamenti che insistevano sull'area e di tutto il bestiame che pascolava all'interno della zona del poligono, che era stato considerato idoneo all'uso con le modalità stabilite negli anni Duemila.
  Vi era, dunque, un uso legittimo dell'area del poligono come pascolo, concordato con accordi tra la regione, il comune e gli allevatori. In pratica, ci sono delle aree definite all'interno del poligono nelle quali il bestiame (bovini, ovini e caprini) pascola abbastanza liberamente.
  Tutto il bestiame è segnato; ogni bestia ha il suo codice, quindi tramite l'ispettore veterinario della ASL di Cagliari, per quanto competeva agli allevamenti di Teulada, e dell'ASL di Carbonia-Iglesias, per quanto competeva quelli della zona di Sant'Anna, si fece un programma di campionamento finalizzato prima di tutto a verificare la contaminazione del latte. Successivamente si sarebbe dovuto fare anche il campionamento delle carni.
  Le analisi sono state svolte da noi, come agenzia, per quanto riguarda la contaminazione dei radioisotopi, fondamentalmente figli dell'uranio e del torio, e dall'Istituto zooprofilattico per quanto riguarda la contaminazione da metalli pesanti e comunque da uranio e torio considerati come inquinanti classici, in modo da avere una doppia verifica, appunto, della risultanza dell'uranio e del torio.
  I campionamenti svolti su tutti gli allevamenti che insistono in quella zona non hanno dato alcun risultato significativo, nel senso che nessun campione presentava valori rilevanti di uranio, torio o radio, né di metalli pesanti.
  Abbiamo rendicontato alla procura, quindi esistono tutti i verbali e i documenti analitici che certificano questa situazione.
  Non è stato, però, possibile campionare le carni perché, una volta classificato tutto il bestiame in base al relativo codice, si sarebbe dovuto campionare la bestia quando fosse stata macellata, il che comprendeva la necessità di concordare con i macelli o comunque con gli allevatori la comunicazione agli uffici della ASL e alla procura Pag. 7della macellazione degli animali in modo da provvedere, appunto, al campionamento.
  Non è stato possibile, tuttavia, mettere in pratica questo protocollo, quindi non abbiamo nessun campione sulle carni. Sicuramente, però, il campionamento del latte escludeva – ripeto – il trasferimento degli eventuali contaminanti all'uomo.

  PRESIDENTE. Avrei anch'io qualche breve domanda. La volta scorsa abbiamo parlato della «Penisola Delta», la cosiddetta «penisola interdetta». Vorrei chiedere se, a loro giudizio, in questo caso si potrebbe parlare di disastro ambientale.

  MASSIMO CAPPAI, Dirigente dell'Arpas Sardegna. Per quanto riguarda i risultati attuali delle attività svolte nella penisola, abbiamo rilevato la presenza di ingentissime quantità di rifiuti o comunque di materiale risultante dalle attività militari che non è stato ufficialmente dichiarato rifiuto ai sensi della norma, ma che, di fatto, costituisce ormai un rifiuto, ovvero un oggetto di cui nessuno vuole avere l'uso, quindi è destinato alla dismissione o al recupero.
  Nella penisola – ripeto – sono presenti tantissimi rifiuti. In una superficie finora bonificata dai rifiuti sono state raccolte circa 5 tonnellate su circa 5.000 metri quadri di superficie ripulita per la realizzazione dei corridoi. Questo farebbe ipotizzare una densità di rifiuto pari a circa un chilo a metro quadro. Insomma, c'è – ripeto – una densità superficiale di rifiuti effettivamente importante, che porta a ipotizzare una quantità complessiva di rifiuti che, dai registri dell'uso dei diversi sistemi d'arma indirizzati verso la penisola, abbiamo stimato in diverse centinaia di migliaia di tonnellate. Finora, però, non ci sono state rilevanze di superamenti dei limiti di legge previsti per quanto riguarda la contaminazione dei suoli e delle acque sotterranee.
  Non sono state svolte, invece, indagini sulle modifiche dell’habitat, come prefigurato dalla recente normativa che riguarda l'ipotesi di reato ambientale, ovvero ai sensi del Codice penale sul disastro ambientale (legge n. 68 del 2015). Del resto, prefigurare un'ipotesi di disastro ambientale necessita l'approfondimento sulla sussistenza, sul superamento di limiti o comunque di valutazioni sulla compromissione importante e definitiva di certi ambienti. Questo non ricade, comunque, nell'ambito diretto del mandato della nostra agenzia, quindi, probabilmente, verrà sviluppato successivamente dal magistrato.
  Ora come ora, abbiamo rappresentato lo stato dell'ambiente come caratterizzato in maniera molto rilevante dalla presenza di rifiuti, ma non abbiamo potuto verificare la contaminazione dei suoli, se non nella parte superficiale. Un aspetto probabilmente importante da verificare potrebbe essere il fatto che tutti i proiettili, in buona parte, si conficcano nel terreno, quindi potrebbero contaminare il suolo non superficiale, ma la parte sotterranea.
  Non è stato, però, possibile verificare questo aspetto perché ci sono delle condizioni di sicurezza rilevanti per quanto riguarda la presenza di ordigni inesplosi, per cui non è possibile fare un'analisi con una sonda o scavare con una benna o con un escavatore per arrivare a una profondità di almeno 1-2 metri. Insomma, non c'erano le condizioni di sicurezza per poter fare delle verifiche di dettaglio sulla contaminazione dei suoli che non fossero, appunto, quelli superficiali.
  Da questo punto di vista, dunque, possiamo solo fare delle ipotesi, ma non abbiamo avuto la possibilità di nessun riscontro analitico.

  ANNIBALE BIGGERI, Professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze. Non aggiungo nulla sulla Penisola Delta perché misuro lo stato di salute della popolazione.

  PRESIDENTE. Se fosse possibile, vorrei conoscere anche il suo parere sulla Penisola Delta. Non le chiedo di commentare quanto ha detto il suo collega, ma avremmo necessità di capire se, al di fuori di una precisa definizione riconducibile al Codice penale, la situazione possa essere definita disastrosa sotto ogni punto di vista. Pag. 8
  Stiamo parlando di una penisola interdetta per ragioni non legate alla sicurezza dei piani della difesa, ma forse dei gabbiani, perché dalla descrizione che avete fatto gli stessi gabbiani che dovessero posarsi sulla penisola interdetta rischierebbero la loro incolumità.
  Il dottor Cappai ha appena riferito di un'incidenza per metro quadro impressionante. Sappiamo che il mare, che rende penisola quella lingua di terra un tempo meravigliosa, è pieno zeppo di proiettili, molti dei quali non esplosi.
  Ecco, visto che siete due validissimi esperti – lo dico con cognizione di causa – vi chiedo, al di là della definizione del Codice penale, quando c'è, a vostro giudizio, un disastro ambientale.

  ANNIBALE BIGGERI, Professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze. Nella mia esperienza, l'evidenza epidemiologica, oltre a cercare il nesso di causa ed effetto tra un singolo agente nocivo e il caso di tumore o di altra patologia, serve a documentare, in senso lato, un'ipotesi di disastro prima e di disastro ambientale ora.
  L'evidenza epidemiologica sul poligono di Teulada – nel suo complesso, non solo nella penisola Delta – è di un'attività che ha comportato una grave sofferenza alla salute della popolazione. Questo non è avvenuto in generale, quindi bisogna verificare dove e come. Tuttavia, è accaduto nella parte di territorio del comune di Teulada che era più ricca, il che ha comportato un impoverimento, un tasso di emigrazione e uno sviluppo demografico totalmente carente.
  Insomma, quella popolazione – per quanto piccola, ma siamo alla fine degli anni Sessanta, per cui 375 persone fanno un villaggio in Sardegna; vi ho fatto vedere la foto della scuola – è stata dispersa. I pochi che, non avendo le risorse sono rimasti, hanno subìto un danno alla loro salute e alle loro prospettive. Ebbene, questo è un contorno che interpreto nei libri con il termine tecnico di «epidemiologia delle catastrofi», quindi penso si possa spendere senz'altro la parola «disastro».

  MAURO PILI. Ho una domanda per il dottor Cappai. C'è stata confusione sulla risposta finale rispetto al numero dei missili Milan. Quando siete stati a fare i sopralluoghi, avete chiesto il bilancio dell'utilizzo dei missili Milan su Teulada. Mi pare, però, che, rispetto al riscontro di quelli sparati e di quelli rinvenuti sul terreno, ne manchi all'appello un numero abbastanza rilevante. Vorrei, pertanto, avere il dettaglio.
  Inoltre, avete riscontrato con certezza la presenza di torio sui Milan esplosi, ovvero sulle testate rinvenute già esplose?
  Sulla partita della carne e del bestiame, vorrei chiedere al professor Biggeri se è importante rilevare questo elemento anche sulla carne e non, invece, soltanto sul prodotto lattiero caseario.
  All'ARPAS, invece, vorrei chiedere se hanno mai proposto l'interdizione dell'intera area a causa delle conseguenze sulla penisola Delta. Avete, come proposta regionale, quindi come ARPAS, chiesto anche alla procura di interdire quell'area?
  L'ultima domanda è se avete riscontrato, prima della modifica delle norme sulle soglie di inquinamento, dati sopra soglia. Chiedo, in sostanza, se c'è un riscontro preventivo rispetto alla modifica parlamentare delle analisi proposte per far diventare aree industriali le zone militari e se quei riscontri erano eventualmente in linea con le disposizioni normative.

  MASSIMO CAPPAI, Dirigente dell'Arpas Sardegna. Partiamo dalle risposte certe. Abbiamo ritrovato numerosi resti di missili Milan in tutto il territorio del poligono, sia nelle aree a terra sia nella penisola. Le aree a terra sono tre. Una si chiama Seddas de Croveddu, un'altra Perda Rosa e la terza area Cogolidus.
  Seddas de Croveddu si trova all'interno del poligono Alfa. A Seddas de Croveddu e a Perda Rosa ci sono tuttora dei carri bersaglio, nel cui intorno sono stati trovati numerosi resti di missili Milan. Alcuni risultavano avere ancora una parte o tutta la lunetta di torio, quindi erano radioattivi; altri resti non presentavano più la lunetta di torio e comunque dalle misure non risultava Pag. 9 che ci fosse ancora questa presenza.
  Dalle richieste fatte al comando del poligono, anche dagli atti della procura, risulta che in tutto il poligono, dal 1999 al 2004, sono stati utilizzati – se non ricordo male – 4.200 missili Milan, di cui più di 2.000 utilizzati sulla penisola Delta.
  Ora, cosa succede a un missile Milan quando impatta su un bersaglio? Se ha carica, chiaramente esplode, quindi probabilmente anche la parte posteriore dove è alloggiata la lunetta di torio si disintegra assieme a tutto il resto del missile. Quando, invece, è utilizzato solo come un oggetto balistico, quindi non esplode sul bersaglio, la carica non è presente, allora rimbalza, si distrugge, si smonta e disperde i suoi prezzi in tutto il territorio circostante. È probabile – anche se non abbiamo la possibilità di riscontri – che tutti i missili che avessero la carica esplodente abbiano disintegrato tutta la parte del motore, mentre tutti quelli che non l'avevano abbiano disperso i pezzi nei dintorni dei bersagli.
  Dal 2009 e anche in precedenza, da tutti gli atti che ha prodotto il comando del poligono e lo Stato maggiore della difesa dell'esercito risulta che subito dopo le esercitazioni i reparti che si esercitavano dovevano ripulire le aree dal materiale utilizzato.
  La cosiddetta «bonifica» consiste essenzialmente nella pulizia dell'area di partenza del colpo, quindi vanno ritirati tutti i bossoli, i residui degli eventuali accampamenti e tutte le parti di partenza del colpo. In alcune circostanze, si va anche a pulire nella zona del bersaglio. Ovviamente, questo avviene quando è possibile, ovvero quando il bersaglio non si trova in una zona interdetta, come la penisola Delta, per cui era impossibile recuperare i residui del proiettile o del sistema d'arma.
  Presumiamo, pertanto, che una parte di questi oggetti sia stata recuperata dal personale che effettuava le operazioni di bonifica subito dopo le esercitazioni. Questo è quello che hanno dichiarato i comandanti dei poligoni, per quanto non direttamente responsabili delle attività di esercitazione, che, in realtà, sono svolte dai singoli reparti in completa autonomia all'interno delle aree.

  MAURO PILI. Vorrei sapere se è stata resa tracciabile da parte dell'esercito la rimozione o comunque l'allontanamento dalla base di questo tipo di residuo ed eventualmente come, ovvero se c'è un affidamento diretto a una società specializzata o quant'altro.

  MASSIMO CAPPAI, Dirigente dell'Arpas Sardegna. Tutto il materiale che è stato recuperato è custodito all'interno del comando del poligono di Teulada in un'area riservata, nella quale si applicano le norme di radioprotezione.
  In quell'area è intervenuto più volte il CISAM, l'organismo tecnico interforze dell'Esercito preposto per legge a svolgere questo ruolo. Non abbiamo, però, ancora riscontri di dismissioni, ovvero di cosiddetto «smaltimento», di queste sorgenti presenti all'interno del comando.
  Abbiamo chiesto notizia dell'eventuale ritrovamento, ovvero che fine avesse fatto tutto il materiale recuperato dai vari reparti esercitativi che nel corso degli anni avessero effettuato le operazioni di bonifica dopo l'uso dei missili Milan, ma non abbiamo avuto alcuna risposta.

  MAURO PILI. Questa domanda su un elemento cardine, a cui non avete avuto risposta, è stata fatta come procura, cioè come soggetti delegati dalla procura, o come ARPAS?

  MASSIMO CAPPAI, Dirigente dell'Arpas Sardegna. Ribadisco che noi abbiamo avuto una delega di indagine da parte della procura. In sostanza, non lavoriamo come ARPAS, ovvero come organismo tecnico che svolge il suo ruolo di regione, ma siamo organi tecnici a supporto dell'indagine della procura. Di conseguenza, tutte le interlocuzioni, le domande e le richieste, vengono veicolate direttamente dalla procura.

  MAURO PILI. Quindi, non avete fatto nemmeno una verifica su quest'area riservata?

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  MASSIMO CAPPAI, Dirigente dell'Arpas Sardegna. Per precisione, non è che non abbiamo avuto risposta. La risposta è stata che tutti i reparti portavano via i propri rifiuti, quindi il comando del poligono non sapeva...

  MAURO PILI. Di quello riscontrato radioattivo non c'è una tracciabilità?

  MASSIMO CAPPAI, Dirigente dell'Arpas Sardegna. No, non abbiamo avuto nessun riscontro su questo. Per quanto riguarda, invece, la richiesta di interdizione di tutta l'area del poligono che non fosse la penisola di Teulada, non è stata mai stata avanzata una richiesta del genere.
  La procura – ripeto – non ha mai avanzato questo tipo di richiesta. Ha manifestato l'eventuale possibilità che venissero poste sotto sequestro alcune aree, ma poi il procuratore non ha deciso di mettere in atto i provvedimenti di sequestro.
  Per quanto riguarda la verifica delle contaminazioni prima della modifica del Codice dell'ambiente che includeva le aree militari all'interno delle aree industriali, non abbiamo mai fatto campionamenti precedenti all'entrata in vigore di questa normativa. Tutti i riferimenti di legge erano già vigenti nel momento in cui abbiamo fatto le analisi.

  PRESIDENTE. Professore, doveva aggiungere qualcosa...

  ANNIBALE BIGGERI, Professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze. Sì. Riguardo alla misurazione della carne, tutto dipende dal destino delle singole sostanze inquinanti dentro il nostro organismo. Questa è una prima cosa. Si fanno delle biopsie, quindi vorrei vedere, per esempio, il fegato o il rene, se andiamo a cercare certi tipi di metalli. Inoltre, dipende dall'uso. Se si mangia la carne, sarebbe opportuno fare anche una valutazione sulle carni.

  GIANLUCA RIZZO. Vorrei chiedere al professor Biggeri se c'è l'intenzione di effettuare uno studio epidemiologico sulla popolazione militare, valutando tutti i fattori espositivi e ambientali, sia sul territorio nazionale sia all'estero, nelle cosiddette «missioni fuori area», eventualmente con la collaborazione di militari malati.

  ANNIBALE BIGGERI, Professore di statistica medica dell'Università degli Studi di Firenze. Non c'è, almeno nell'ambito dell'inchiesta sul poligono di Teulada. Non sono coinvolto in iniziative di questo tipo e comunque – ripeto – non nell'ambito dell'inchiesta di Teulada.
  Abbiamo delle informazioni, sia per Quirra, sia per Teulada, su militari, ma solo in quanto hanno la residenza in quei comuni. In alcuni dei materiali che ho depositato c'è anche, perché residente nella zona di Sa Portedda, un profilo di patologia per questa popolazione. È chiaro, però, che i residenti stabili sono molto pochi, quindi non è certamente un dato esaustivo.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Biggeri e il dottor Cappai, che sono stati davvero cortesi a tornare per una seconda volta. Non escludo l'eventualità che questa commissione possa audirli anche in occasione della missione che si terrà il prossimo settembre in Sardegna.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione dell'Avvocato generale dello Stato, Massimo Massella Ducci Teri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'avvocato generale dello Stato dottor Massimo Massella Ducci Teri, che è accompagnato dal vice avvocato generale Lionello Mariani, dall'avvocato dello Stato Sergio Fiorentino e dall'avvocato dello Stato Carla Colelli. A tutti loro do il benvenuto a nome della Commissione.
  Qualcuno si è posto il dubbio riguardo all'ortodossia di un invito di questo tipo. Mi pare di poter dire ai colleghi che non se l'è posto, invece, l'avvocato generale, il quale, nel momento in cui ho ritenuto di dovergli far pervenire l'invito della nostra Commissione in esito a una decisione dell'Ufficio di Presidenza, ha immediatamente aderito alla nostra richiesta, dimostrando anche di «non Pag. 11badare a spese» perché è accompagnato da una delegazione di tutto rispetto, che voglio considerare, avendo il piacere e l'onore di conoscere il professor Massella, come un evidente atto di cordialità istituzionale, che desidero ricambiare sentitamente.
  Do quindi la parola al professor Massella, facilitato anche dal fatto che ha voluto presentarsi con una relazione che è già in distribuzione, per cui non solo ci sta, appunto, facilitando il compito, ma ci sta anche permettendo di economizzare fortemente sul tempo, in considerazione del fatto che alle 16 alla Camera si voterà.
  Nel ringraziarla nuovamente, le cedo la parola.

  MASSIMO MASSELLA DUCCI TERI, Avvocato generale dello Stato. Grazie infinite, presidente e onorevoli deputati della Commissione che avete ritenuto di convocarmi per riferirvi sul comportamento tecnico-professionale dell'avvocatura dello Stato nella vicenda che ha riguardato la famiglia del caporalmaggiore Salvatore Vacca.
  Visti i poteri propri di questa Commissione, ho ritenuto che fosse dovere dell'avvocatura dello Stato rispondere positivamente all'invito che le veniva rivolto. Infatti, noi siamo non solo i legali dell'amministrazione, per cui, come tali, siamo legati a loro da tutti i vincoli che come professionisti legali abbiamo nei confronti dei nostri clienti, ma svolgiamo anche attività pubblica, pertanto quello che riferisco è tutta materia di pubblico dominio, essendo parte di fascicoli processuali attualmente in transito dalla Corte di appello alla Corte di Cassazione.
  Come diceva il presidente, ho ritenuto più utile e opportuno, anche perché si tratta di profili squisitamente tecnico-legali, portare un documento scritto che possiate avere tutto il tempo di esaminare, anche successivamente. Tenuto conto dei vostri impegni con l'Aula, cercherò, dunque, di sintetizzare i punti salienti della mia relazione.
  Vorrei evidenziare immediatamente che la vicenda del caporalmaggiore Vacca e dei suoi congiunti è rilevante non solo per i diretti interessati che sono stati colpiti, purtroppo, da questo tristissimo lutto, ma perché è paradigmatica di un contenzioso assai diffuso a livello nazionale e che riguarda tutte quelle situazioni in cui, pur a fronte di provvidenze di carattere che potremmo definire lato sensu assistenziale e solidaristico concesse dal legislatore a coloro che hanno subito compromissioni dell'attività psicofisica, è comunque riconosciuta anche l'azione al fine di ottenere l'integrale risarcimento, sotto qualsivoglia profilo, dei danni sia patrimoniali sia non patrimoniali derivati dall'evento.
  Trattandosi di fatti ben conosciuti alla Commissione, ritengo di poter dare per noti i dati di fatto che hanno, purtroppo, colpito il caporalmaggiore Vacca. Vorrei, però, far presente – questo rileverà per il comportamento dell'istituto che ho l'onore di dirigere – che, in conseguenza dell'evento e indipendentemente dall'accertamento di qualsivoglia responsabilità, ai genitori del caporalmaggiore Vacca sono stati riconosciuti, secondo quanto ci ha riferito sin dall'inizio l'amministrazione della Difesa, i seguenti benefici: una somma di circa 218 euro a titolo di speciale elargizione per le vittime del dovere; una somma di equo indennizzo dell'importo di 15.259 euro, nonché un assegno vitalizio complessivo a favore di entrambi i genitori, di 1.291 euro.
  Il Ministero della difesa ci ha fatto presente che i benefici erogati ai genitori del caporalmaggiore Vacca, che trovano titolo nel decesso del congiunto, sono ammontati a oltre 235.000 euro, i quali ascendono a 960.000 euro atteso che si è proceduto alla rivalutazione e alla capitalizzazione degli assegni mensili riconosciuti.
  Fatta questa premessa, ricordo a noi tutti che nel marzo 2008 i genitori e la sorella del caporalmaggiore hanno avviato davanti al tribunale di Roma un giudizio nel quale hanno chiesto la condanna di Ministero difesa e Ministero economia e finanze al pagamento di una somma fino a 5 milioni di euro a titolo di risarcimento di danni patrimoniali e non dagli stessi sofferti in conseguenza del luttuoso evento che li aveva colpiti.
  L'Avvocatura dello Stato è intervenuta a difesa delle amministrazioni, chiedendo al Pag. 12tribunale di voler accertare, innanzitutto, in maniera rigorosa l'esistenza del nesso causale – ricordo che siamo nel 2008 – tra i fatti descritti e la patologia che aveva portato alla morte del militare, tenuto conto che proprio a quell'epoca, avuto riguardo a quanto in proposito riferito dei consulenti medici dell'amministrazione, non c'erano ancora evidenze scientifiche certe e inequivocabili circa il nesso causale.
  Ricordo, infatti, che proprio nel febbraio 2008 la Commissione, come è certamente noto a tutti voi che mi state ascoltando, concludeva che, allo stato delle conoscenze scientifiche all'epoca esistenti, non era possibile affermare con certezza che vi fosse un nesso tra l'esposizione all'uranio impoverito e alle nanoparticelle di metalli pesanti e l'insorgenza delle gravi patologie oggetto dell'indagine.
  Mi sembra utile, poi, chiarire – questo è uno di quei profili tecnico-giuridici che assumono, per l'avvocato che è chiamato a tutelare il suo cliente, un particolare rilievo – che i criteri valutativi in ordine alla sussistenza del rapporto di causalità sono diversi a seconda della sede nell'ambito della quale si deve operare l'accertamento dell'esistenza del nesso di causalità.
  Infatti, ai fini della concessione dell'equo indennizzo e dei benefici, elargizioni e assegni previsti in favore delle vittime del dovere, è sufficiente, in negativo, che non sia in astratto possibile escludere una relazione tra l'insorgenza della patologia e l'esposizione a particolari fattori ambientali, anche di tipo multifattoriale.
  In sede civile, invece, ai fini del risarcimento del danno è richiesta la prova positiva, anche se in termini probabilistici. È quello che viene definito il criterio «del più probabile che non», quindi oltre il 50 per cento di probabilità della sussistenza del diretto nesso causale tra infermità o decesso e specifico e ben individuato fattore patogeno.
  Ancora più rigoroso è il criterio di valutazione in sede penale. Sappiamo, infatti, che pendono anche dei giudizi penali perché in quel campo si richiede la prova della relazione eziologica termini di certezza, o come si suol dire «al di là di ogni ragionevole dubbio».
  Quindi, tra indennizzo, risarcimento civile e responsabilità penale, l'accertamento, da parte degli organi amministrativi nella prima fase e poi dei magistrati civili e penali, ha un diverso e crescente rigore.
  Il tribunale di Roma, come è noto, ha ritenuto la sussistenza del nesso di causalità tra il servizio prestato in Bosnia e il decesso del militare, ha accolto la domanda dei familiari e ha riconosciuto somme a favore dei genitori, nonché della sorella per un totale di circa 640.000 euro. L'avvocatura dello Stato, d'intesa con le amministrazioni interessate, ha proposto appello. Questo è stato deciso con la sentenza che poi è stata da noi ricorsa per Cassazione.
  In merito alla questione del nesso causale alla quale ho fatto riferimento, quello che ha lasciato perplessi, nel caso di specie, è stato il mancato riconoscimento della necessaria compensazione degli indennizzi già attribuiti con quello che era liquidato a titolo risarcitorio e soprattutto le ragioni per le quali la corte d'appello era pervenuta a tale conclusione.
  Infatti, leggendo la sentenza, si può ricavare che i giudici d'appello hanno sostenuto, da un lato, che le speciali elargizioni erogate dallo Stato erano destinate al risarcimento del solo danno patrimoniale e, dall'altro, che il tribunale nell'accogliere la domanda aveva inteso, in realtà, liquidare il solo danno non patrimoniale. Di qui il riconoscimento della possibilità di cumulare le due voci di ristoro economico.
  Queste argomentazioni stavano a fondati rilievi. Innanzitutto, le speciali elargizioni previste dalla legge non hanno la funzione di ristorare il solo danno patrimoniale. Le stesse sono erogate indipendentemente dalla considerazione e dalla prova di pregiudizi di natura patrimoniale o non patrimoniale cagionati dall'evento. È, dunque, inesatto affermare che riguardano solo la componente patrimoniale del danno.
  In secondo luogo, dalla semplice lettura era possibile cogliere l'erroneità dell'affermazione della corte d'appello secondo la quale i 640.000 euro costituivano risarcimento del solo danno patrimoniale. Era la Pag. 13stessa corte, infatti, a dire che erano liquidati a titolo di risarcimento dei danni anche non patrimoniali.
  In sostanza, sia le speciali elargizioni, sia la condanna del tribunale si riferivano entrambe promiscuamente tanto ai danni patrimoniali quanto a quelli non patrimoniali, con la conseguenza che non vi era alcun ostacolo all'applicazione della invocata compensazione lucri cum damno.
  Questo è il punto centrale che riguarda il perché l'avvocatura dello Stato ha ritenuto di dover promuovere il ricorso per Cassazione. È nostro convincimento – come vedremo, corroborato anche dalla giurisprudenza della Corte di cassazione e delle corti di merito – che in tutti i casi in cui viene riconosciuto, giustamente, un risarcimento del danno, bisogna defalcare da quelle somme quanto già elargito a titolo di indennizzi.
  Nella valutazione compiuta dall'avvocatura circa l'opportunità di proporre il ricorso per Cassazione, oltre alle considerazioni relative al caso specifico che ho appena riassunto, sono poi state prese in considerazione le ricadute più generali dei principi affermati nella sentenza sull'intero contenzioso riguardante i danni derivanti dall'esposizione dei militari all'uranio impoverito e agli altri agenti patogeni, nonché su contenziosi analoghi massivi, come quello di ingentissimo impatto sulle finanze pubbliche in materia di emotrasfusioni, nei quali viene parimenti e costantemente invocato e applicato il richiamato principio del defalco degli indennizzi a vario titolo riconosciuti ai danneggiati, in sede amministrativa o giurisdizionale, dalle somme agli stessi riconosciuti al diverso titolo risarcitorio.
  Ammettere il cumulo integrale e generalizzato tra benefici economici riconosciuti a titolo indennitario e risarcimenti accordati a titolo di responsabilità civile condurrebbe a una parziale duplicazione di attribuzioni patrimoniali che hanno causa nel medesimo fatto lesivo, con inevitabili ricadute a carico della finanza pubblica.
  Si tratta di un risultato che appare trascendere la finalità solidaristica che giustamente ispira le norme che riconoscono le varie forme di sussidi e sostegni economici in favore delle vittime del dovere e dei loro familiari.
  Sempre ragionando in questi termini, occorre considerare che l'accettazione di un principio diverso finirebbe per ripercuotersi, per necessarie ed intuitive esigenze di uniformità di trattamento, sulle altre tipologie di contenzioso di portata anche più vasta di quella in esame, nelle quali è, appunto, centrale il tema del cumulo tra benefici indennitari e risarcimento.
  Basti pensare alle materie dei danni irreversibili prodotti dalle emotrasfusioni e dalla somministrazione di emoderivati e ora anche dai problemi delle vaccinazioni. In tutti questi casi, abbiamo sentenze delle Sezioni unite della Cassazione che riconoscono sia la possibilità dell'indennizzo che del risarcimento, ma chiariscono inequivocabilmente che le somme risarcitorie devono essere depurate da quanto già riconosciuto a titolo di indennizzo. Questo vale, naturalmente, a legislazione vigente.
  Anche in questi casi la legge attribuisce significativi indennizzi alle vittime, indipendentemente dall'accertamento di specifiche responsabilità, nell'insorgenza delle gravi patologie in conseguenza dei trattamenti sanitari.
  Va, inoltre, considerato che nella specifica materia dei danni cagionati da uranio, a oggi, non abbiamo alcuna pronuncia in sede di legittimità – la Cassazione non si è ancora pronunciata – di talché non può dirsi esistente un orientamento giurisprudenziale suscettibile di indirizzare con certezza la nostra condotta processuale e professionale.
  Come dicevo, abbiamo, invece, sentenze chiare che ci impongono di eccepire la compensazione lucri cum damno, come si dice con il latinismo abituale di noi giuristi.
  Nella descritta situazione, caratterizzata da un panorama giurisprudenziale ancora non definito e per converso assolutamente consolidato con riferimento al problema della compensazione, il passaggio in giudicato della sentenza avrebbe potuto condizionare la sorte di vertenze consimili. Pag. 14
  Vorrei, infatti, ricordare che altre corti di merito e altre corti di appello hanno sì riconosciuto il risarcimento, ma hanno, a loro volta, previsto, accogliendo la nostra eccezione, l'obbligo di defalcare da quelle somme quanto già riconosciuto a titolo di indennizzo. Si tratta, quindi, anche di un discorso di parità di trattamento, oltre che di buon andamento della pubblica amministrazione.
  In conclusione posso affermare che sono state considerazioni di carattere prudenziale a condurre l'avvocatura dello Stato a suggerire la proposizione del ricorso per Cassazione, anche tenuto conto sia delle dimensioni che il contenzioso ha raggiunto, sia di quelle che lo stesso potrà assumere in futuro.
  Tali valutazioni sono state doverosamente rappresentate all'amministrazione competente, alla quale è stato anche evidenziato che, considerata l'intervenuta notificazione della sentenza e l'imminente scadenza del termine di impugnazione, l'avvocatura non avrebbe potuto astenersi dal proporre, a titolo cautelativo, il ricorso per Cassazione, evitando così il passaggio in giudicato di una sentenza che poteva pregiudicare il restante contenzioso.
  Onorevole presidente, onorevoli deputati della Commissione, la morte di un militare impegnato in una missione di pace internazionale, che ha servito fino all'ultimo il suo Paese, è evento che non può non colpire profondamente ciascuno di noi, in particolare chi come me si onora da più di quarant'anni di essere un servitore civile dello Stato.
  Nessun risarcimento – ne sono pienamente consapevole – e nessun ristoro pecuniario potrà mai compensare l'incommensurabile dolore di chi perde una persona cara. Tuttavia, pur con questa amara consapevolezza, anche nel caso del caporalmaggiore Salvatore Vacca, scrupolo di coscienza e dovere di correttezza professionale hanno imposto all'organo legale che qui rappresento di conformare la propria condotta defensionale in una prospettiva esclusivamente tecnico-giuridica a quei principi di eguaglianza e di imparzialità nell'agire amministrativo posti a garanzia della certezza del diritto e della parità di trattamento.
  A quei principi e a quei valori si è ispirata, anche nella presente controversia, la condotta dell'avvocatura dello Stato, la quale è comunque pronta, come suo specifico dovere, ad adeguarsi a quelle che saranno le definitive determinazioni dell'autorità governativa.
  L'avvocatura dello Stato e io personalmente restiamo a disposizione della Commissione per qualsiasi approfondimento o chiarimento che fossero ritenuti necessari od opportuni. Vi ringrazio infinitamente per l'attenzione che mi avete prestato.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, professor Massella per la relazione che ha voluto offrire all'attenzione della nostra Commissione. Ovviamente, mi astengo dallo svolgere considerazioni di merito, ma non posso non rilevare che ella abbia voluto affrontare direttamente e senza indugio una questione che è diventata emblematica delle preoccupazioni di questa Commissione, ma che, come è evidente, riguarda una molteplicità di casi rispetto ai quali, senza sconfinare in ambiti che non le appartengono, la Commissione desidera concorrere perché possa essere resa giustizia.
  Non c'è stata illusione alcuna da parte sua nella trattazione di una posizione che, peraltro, nella parte conclusiva, era più che evidente. Siamo, però, convinti che ella non abbia voluto declinare senza un patema d'animo che tutti abbiamo colto. La ringrazio, quindi, anche per questo.
  Do la parola ai colleghi che hanno piacere a intervenire.

  GIULIA GRILLO. Grazie, avvocato. Avrei un paio di domande. Sul caso Vacca ci avete chiarito il vostro punto di vista. Se non ho capito male, la decisione di ricorrere in Cassazione è stata dovuta alla questione dei cumuli tra l'indennizzo e il risarcimento. Mi chiedo, però, come mai, in casi analoghi, si sia operato diversamente, quindi non si è deciso di promuovere il ricorso in Cassazione.
  Alla luce di questo, siccome abbiamo notizia di casi molto simili in cui talvolta si Pag. 15decide di impugnare la sentenza e talaltra no, vorremmo che ci chiarisse quali sono i criteri che utilizzate. Non so se questo è possibile nel breve tempo a disposizione, quindi può rispondere anche successivamente.
  Inoltre, vorremmo sapere se, come prassi, usate sempre richiedere un parere del Ministero della difesa. Insomma, vorremmo conoscere il rapporto che c'era tra voi e il Ministero della difesa.

  DONATELLA DURANTI. Grazie, presidente. Comincio proprio dalla seconda domanda che ha fatto la collega Grillo, a proposito dell'uso della richiesta di parere alla difesa. Voglio, infatti, ricordare le parole della Ministra Pinotti che, se non ricordo male, il 26 o 27 maggio di quest'anno è stata qui in audizione e ha fatto un'affermazione per noi importante proprio in riferimento alla vicenda processuale di Salvatore Vacca.
  La Ministra ebbe, infatti, ad affermare che, secondo lei, non andava ulteriormente prolungata. Aggiungeva, però, che la decisione era interamente nelle mani dell'avvocatura e che il suo era solo un parere, di cui l'avvocatura poteva tenere conto o meno.
  Ora, alla fine della sua relazione, lei afferma i principi e i valori a cui si è ispirata, anche nella presente controversia, la condotta dell'avvocatura dello Stato, la quale è comunque pronta, come suo dovere, ad adeguarsi alle definitive determinazioni dell'autorità governativa.
  Qui in sede pubblica di commissione di inchiesta parlamentare la Ministra Pinotti ha fatto un'affermazione precisa, ovvero di non voler andare oltre nella vicenda processuale di Salvatore Vacca, rimandando all'avvocatura dello Stato una decisione. Ora, però, mi sembra che lei, nella sua relazione, abbia ribaltato la cosa, ovvero che quelli che hanno ispirato l'avvocatura dello Stato sono criteri tecnico-giuridici, ma che quello che stabilisce il decisore politico, ovvero il governo, per voi va bene.
  Vorrei, quindi, capire se il parere del Ministero della difesa viene chiesto di volta in volta, come è stato fatto e se, in questo caso, l'avvocatura dello Stato è pronta a rispondere e ad adeguarsi alla dichiarazione e – aggiungo io – alla decisione del Ministro della difesa assunta in questa Commissione.

  DIEGO ZARDINI. Grazie, presidente. Ringrazio anche i nostri ospiti per l'accurata relazione che ci è stata fornita e che immagino dovremmo analizzare anche con i nostri consulenti per riuscire a cogliere tutti gli aspetti importanti per noi. Anch'io mi astengo, per il momento, da considerazioni di carattere politico, quindi vorrei chiarire meglio un altro aspetto.
  Mi accodo alle richieste fatte dai colleghi che mi hanno preceduto. Per comprendere meglio la ripartizione di competenze tra avvocatura e governo, vorrei capire come le scelte che vengono fatte possano incidere anche su altri organi dello Stato, come la Corte dei conti in relazione al tema del danno erariale riguardo a questioni come questa.
  In sostanza, vorrei comprendere come avviene il processo decisionale e, per la responsabilità che portiamo in quanto legislatori, eventualmente riflettere su eventuali modifiche che potessero rendersi necessarie per migliorare alcuni aspetti di carattere anche etico.

  ROBERTO CAPELLI. Grazie, professore, per la sua relazione. Attendo le sue valutazioni sulle domande che hanno fatto i colleghi, anche se mi sembra di capire che il ricorso, come lei dice, è stato posto in essere per evitare la scadenza dei termini di impugnazione. Dopodiché, nel caso, il ministero può anche chiedere che venga ritirata l'azione. Mi sembra di capire che funzioni così. Non sono, però, un giurista, quindi chiedo conferma.
  Proprio perché non sono giurista, mi sono soffermato molto sulla esaustiva e chiara rappresentazione delle diverse sedi – amministrativa, civile e penale – nelle quali si è chiamati a rispondere in modo diverso sull'onere della prova.
  Mi sembra che in questo caso siamo in sede civile, quindi la discussione è sull'equo indennizzo, sul risarcimento, sulla quantità del rimborso, lecito o non lecito, quantificato equamente o meno, cumulabilità dei Pag. 16due e così via, nei confronti dei familiari del caporalmaggiore Vacca.
  A me, al momento, non interessa il quantum, ma vorrei capire – mi corregga se sbaglio – che in quella sede, senza citare il fatto, è stato dimostrato come più che probabile, quindi maggiore del 50 per cento, il nesso di causalità.
  Questo è un fatto molto importante, sul quale, vista la sentenza, non dovremo tornare. Insomma, il nesso causale è stato provato. Questo mi interessa molto, come componente di questa Commissione, per i fini stessi e gli obiettivi che essa si pone.
  C'è, insomma, la prova dell'utilizzo di uranio impoverito o di agenti che hanno contribuito a causare la patologia, nel caso specifico, del caporalmaggiore Vacca. Ora c'è da stabilire se questi agenti patogeni – presenza di uranio e quant'altro – siano negli armamenti dell'Esercito italiano o delle controparti. Questo, probabilmente, rimane ancora aperto, anche se non più di tanto. Non possiamo, tuttavia, fare ad altre osservazioni, se non di tipo etico, sull'uso o meno di questo tipo di materiali. A ogni modo, mi conferma che c'è questo 50 per cento più uno? Ecco, è stato questo lo snodo della questione?
  La quantificazione del danno, invece, mi riguarda marginalmente.

  GIANLUCA RIZZO. Grazie, presidente. Ringrazio anch'io l'avvocato. Farò una domanda breve. Quanti sono i procedimenti di ogni ordine e grado che hanno visto soccombere l'amministrazione della difesa e quali sono i costi sostenuti?
  Avendo percepito la vostra disponibilità, ci riserviamo di mandarvi delle domande via e-mail per avere ulteriori risposte, anche perché credo il tempo sia ormai poco.

  MARIA CHIARA CARROZZA. Grazie, presidente. Ho una domanda specifica. A chi spetta razionalizzare la risposta dell'amministrazione in termini di impugnare le sentenze o ricorrere, nel senso di avere un comportamento coerente in tutti i casi? Spetta al Ministero della difesa o all'avvocatura dello Stato?
  A leggere tutto quello che è avvenuto, non sembra sempre un comportamento perfettamente coerente, dal momento che ci si comporta a volte in un modo, altre in un altro.

  PRESIDENTE. Ho qualcosa da dire, ma lo faccio nella parte conclusiva. Le do parola, professore, per la replica.

  MASSIMO MASSELLA DUCCI TERI, Avvocato generale dello Stato. Ho annotato le domande che cortesemente mi avete posto. Spero di non dimenticarne alcuna. Se me ne dimentico, per favore, segnalatemelo in modo che possa essere più preciso.
  Innanzitutto, in via di estrema sintesi, vorrei chiarire qual è per legge il rapporto tra l'avvocatura dello Stato e le amministrazioni che ha l'onore di rappresentare. Noi siamo l'organo di difesa tecnica delle pubbliche amministrazioni e non solo di esse. Tuttavia, l'ultima parola spetta sicuramente al decisore politico, ovvero al vertice della singola amministrazione.
  Per legge, in caso di diversità di vedute tra l'avvocatura dello Stato e l'amministrazione che in quel caso patrociniamo, la parola finale spetta al Ministro, il quale ci dà una direttiva chiara di proporre un determinato ricorso per Cassazione o un appello al Consiglio di Stato in merito al comportamento da mantenere.
  Qual è la prassi? La fortuna è che abbiamo, con le amministrazioni che rappresentiamo, un rapporto estremamente fluido che va anche al di là della leale collaborazione. Le pubbliche amministrazioni ci ritengono i loro legali e ci considerano dei professionisti ai quali si rivolgono per consultazioni non solo formali e scritte, ma anche in via breve.
  Quando viene pubblicata una sentenza, noi la mandiamo immediatamente alla pubblica amministrazione. Nei casi più evidenti rappresentiamo se è una sentenza da accogliere, perché molte volte le sentenze sono su filoni univoci di giurisprudenza, quindi non è il caso di resistere inutilmente, conoscendo l'esito del giudizio di appello; invece, in altri casi rappresentiamo, come in questo, i profili di problematicità sui quali richiamiamo l'attenzione dell'amministrazione. Pag. 17
  Abitualmente questi rapporti si chiudono a Roma, a livello di direzione generale, con il direttore generale o il capo dipartimento competente, con il quale chiudiamo, appunto, la vicenda.
  In alcuni casi particolarmente sensibili si può arrivare a interloquire con le strutture di gabinetto e di diretta collaborazione dei ministri, ma sempre d'intesa con l'amministrazione attiva. Diventa, così, un discorso a tre, ovvero tra amministrazione attiva, avvocatura dello Stato e staff del Ministro, che deve svolgere le valutazioni politiche che poi deve riportare, in alcuni casi, al ministro per avere le determinazioni finali.
  In questo caso avevamo trasmesso la sentenza al Ministero della difesa. Poi è stata notificata, come ha ricordato correttamente l'onorevole Capelli, ma eravamo proprio nell'imminenza, quindi abbiamo rappresentato i profili di problematicità e, come ho detto nella relazione, abbiamo ritenuto di dover proporre cautelativamente il ricorso.
  Qui si arriva a una risposta anche a quello che ha chiesto, se ho compreso bene, l'onorevole Zardini. In certi casi, infatti, è indubbio che la Corte dei conti possa intervenire per sindacare se il giudizio è stato legittimamente abbandonato, ovvero se aver accettato il passaggio in giudicato di quella decisione può aver creato un danno all'erario, del quale, naturalmente, l'avvocato dello Stato competente è chiamato a rispondere di fronte alla Corte dei conti, così come l'amministrazione che eventualmente gli avesse detto di non proporre l'appello o il ricorso in quella determinata situazione.
  Il profilo del danno erariale viene sempre esaminato dalla Corte dei Conti anche in presenza di pronunce giurisdizionali non definitive, quindi il comportamento dell'amministrazione nel decidere se portare avanti o meno la controversia e quello dell'avvocato dello Stato sono soggetti a sindacato della Corte dei conti. Spero di aver risposto alla domanda.
  Per quello che riguarda il discorso del numero di contenziosi, allo stato, in materia di uranio impoverito, ci risultano promossi 24 giudizi, alcuni dei quali sono tuttora pendenti, mentre altri sono stati definiti. Mi sembra, se non sbaglio, che siano 7 quelli già definiti.
  Ecco, perché questi sono stati definiti? Su questo devo essere estremamente leale, come si deve, essendo io un servitore pubblico. In alcuni casi, non abbiamo proposto il ricorso per Cassazione perché era stata la corte di merito ad affermare che da quello che era stato liquidato a titolo di risarcimento del danno si doveva defalcare quanto già riconosciuto a titolo di indennizzo. In quei casi, pertanto, si era in linea con la giurisprudenza delle Sezioni unite della Cassazione, per cui non c'era alcun motivo di insistere nella sede giurisdizionale. In altri casi – devo dire che stiamo approfondendo questo aspetto – potrebbe essere capitato un disguido.
  Vorrei permettermi di fare presente che l'avvocatura dello Stato, ogni anno, su tutto il territorio nazionale introita oltre 150.000 affari nuovi, che gestisce con un organico, di fatto, di 320-330 avvocati e procuratori dello Stato. Facciamo del nostro meglio, ma non siamo perfetti, né pretendiamo di esserlo. A volte può capitare che qualche termine ci scada. Per questo siamo anche chiamati a rispondere alla Corte dei conti, che ci chiede i chiarimenti del caso.
  Su questa materia non mi sembra ci siano stati casi in cui, in mancanza di compensazione, non sia stato fatto il secondo o il terzo grado di giudizio, ma su questo mi riservo un approfondimento perché non abbiamo tutti i procedimenti a Roma, ma anche nelle sedi distrettuali. Alcune cause pendono davanti al tribunale di Cagliari, altre sono davanti al TAR Campania o al TAR Lombardia. Ne abbiamo un'altra in corte di appello e un'altra davanti al tribunale di Firenze e altre ancora al Consiglio di Stato, TAR Toscana e TAR Campania. Non siamo riusciti, pertanto, ad avere il quadro definitivo in questa settimana. Abbiamo avuto il grosso, ma la specifica di ogni singolo contenzioso – ripeto – non sono riuscito ad averla.
  Posso dire, però, che è capitato, specialmente in materia di emotrasfusi, ambito in cui le cause si contano a migliaia, che ci possano essere stati dei casi in cui non è Pag. 18stato proposto tempestivamente appello. Siamo, comunque, intorno allo 0,0 del 100 per cento totale. Tuttavia, finché non concordiamo con le amministrazioni una linea operativa univoca, basata su una giurisprudenza ormai consolidata, anche in quei casi, là dove non c'è stata la compensazione, proponiamo abitualmente sia l'appello che il ricorso per Cassazione, proprio per evitare esborsi a carico delle finanze dello Stato che, a legislazione vigente, non sono consentiti, vista l'impossibilità di cumulo.
  Per quello che riguarda il caso concreto – ripeto – abbiamo interloquito con il ministero della difesa; abbiamo scritto alla competente direzione generale e, se non sbaglio, abbiamo avuto contatti anche con il gabinetto del Ministero della difesa.
  Posso dire che il rapporto è estremamente fluido, ideale per noi dell'avvocatura dello Stato, perché il colloquio è continuo, come anche il confronto. In qualsiasi momento, non c'è nulla di formale, se non un continuo dialogo tra persone che sono sulla stessa barca e remano nella stessa direzione. Insomma, c'è sempre totale sintonia.
  Faccio una mia illazione personale nel dire che probabilmente il Ministro ha detto che non avrebbe insistito, rimettendosi – come spesso ci è stato detto nei colloqui che abbiamo avuto con il suo staff – alle valutazioni tecniche che vengono fatte dagli altri organi.
  Mi permetto di richiamare l'attenzione sul fatto che, in un contenzioso di questo genere, da una parte c'è il profilo tecnico-professionale legale dell'avvocatura dello Stato, dall'altra ci sono i problemi delle ricadute che possono coinvolgere anche altri rami dell'amministrazione dello Stato, con le quali il governo, nella sua unitarietà, deve comunque confrontarsi per addivenire a una posizione finale e definitiva.
  Comunque, il discorso è sempre aperto perché in ogni caso chiunque – sia il soggetto pubblico sia quello privato – può rinunciare in qualsiasi momento a un ricorso proposto, così come a una causa. Questo è successo molte volte. Mi riferisco a cause in materia tributaria e fiscale, in cui, a fronte di un orientamento e di una pronuncia delle Sezioni unite della Cassazione, l'Agenzia delle entrate e l'avvocatura dello Stato hanno deciso di rinunciare a tutti i contenziosi pendenti non solo in sede di Corte di cassazione, ma anche in sede di merito davanti alle commissioni tributarie. Questo è abituale per noi.
  È capitato spesso in relazione a diverso contenzioso seriale. Ne abbiamo, infatti, molto nelle più svariate materie. Allora, appena abbiamo l'orientamento del Corte di cassazione, cerchiamo di evitare di ingolfare la nostra magistratura con cause ripetitive che hanno un esito ormai certo.
  Direi che con la Suprema Corte di cassazione, ma anche con la magistratura ordinaria amministrativa, questa è diventata una prassi. Proprio per arrivare alla deflazione del contenzioso, stiamo cercando di portare casi pilota in Cassazione, così da avere una decisione che possa essere accettata dalle amministrazioni, specialmente in casi in cui vediamo che il contenzioso assume dimensioni notevoli.
  Per esempio, nella materia tributaria ogni anno in Cassazione, tra ricorsi e controricorsi, abbiamo circa 12.000 affari nuovi. La Cassazione ha 12.000 ricorsi o dell'Agenzia delle entrate o dei contribuenti privati. Siamo all'incirca a un 50 per cento: 6.000 nostri e 6.000 delle nostre controparti. Quindi, l'esigenza della deflazione è totale. In casi come questi, cerchiamo, laddove c'è la compensazione, di abbandonare le liti. Finora, le amministrazioni ci stanno seguendo su questo.
  Spero di aver risposto a tutte le domande. Resto, però, ancora a disposizione per qualsivoglia chiarimento la Commissione dovesse richiedere.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Credo che nella prossima riunione dell'Ufficio di presidenza, che ormai si terrà nei primi giorni di settembre, proporrò ai colleghi il testo di una lettera da inviare al professor Massella, con le considerazioni interlocutorie che avete svolto e con altre che dovessero essere manifestate, in maniera tale da cercare di portare a conclusione la nostra ansia di conoscenza relativamente a un argomento così delicato. Pag. 19
  Quindi, caro professore e illustri ospiti, fin da ora mi permetto di chiedervi la disponibilità a un prossimo incontro che, orientativamente, dovrebbe tenersi alla fine di settembre o ai primi di ottobre, all'indomani di una lunga missione che faremo in terra di Sardegna per trattare la questione dei poligoni.
  Oltre a questo aspetto di tipo organizzativo, che impatta nel merito dei problemi, giocherellando con un'espressione che ormai qui è di casa, ovvero «giurisdizione domestica», credo di poter dire che questa Commissione non ha vissuto un dualismo o un'alterità rispetto alla volontà di perseguire gli obiettivi che il Parlamento le ha assegnato e che ha assegnato all'avvocatura.
  Mi spiego meglio. Non ho letto nelle parole del presidente, nella sua relazione introduttiva e men che meno nelle risposte che ha dato l'atteggiamento di chi volesse portare avanti una difesa d'ufficio, così come ritengo che lui e i graditi ospiti non abbiano letto la volontà, da parte della Commissione, di fare un'accusa d'ufficio. Nondimeno, c'era e rimane la necessità di chiarire definitivamente la questione.
  Allora, fuori da ogni formalismo – l'avvocato professor Massella sa che mi riescono male i formalismi – credo che ci sia bisogno di pervenire a delle conclusioni dirimenti. Una di queste, caro professore, è quella che riguarda l'approccio che, a nostro giudizio, anche l'avvocatura – come fa la magistratura ordinaria – dovrebbe tenere nei confronti di quello che il collega Capelli ha ripetutamente sottolineato come «nesso di causalità».
  Il nesso di causalità va declinato, quindi interpretato e realizzato («inverato», mi verrebbe da dire), sulla base del principio della probabilità qualificata e non più della certezza scientifica, anche perché questo sarebbe pericoloso per i nostri interlocutori istituzionali, che non sono altri da noi, ma sono parte del medesimo corpo che è la nazione, lo Stato. In altri termini, sarebbe pericoloso se si tentasse di trascinare la Commissione su un terreno di confronto-scontro in nome di un estremo tentativo di mettere in dubbio il nesso di causalità, il quale ormai non ha più una dimensione univoca, ma si declina in un ambito di cui lo stesso Istituto nazionale per gli infortuni sul lavoro è pienamente e perfettamente consapevole e attivo, ovvero quello della probabilità qualificata.
  Nel caso specifico di questa Commissione, questo si acclara non più con il riferimento esclusivo all'uranio impoverito, che è diventato un distintivo, ma a una molteplicità di agenti e fattori patogeni talmente importanti da aver costituito la denominazione di questa Commissione, che è lunga mezzo chilometro.
  Oggi stiamo parlando – ha fatto bene, professore, a definire temporalmente la differenza di atteggiamenti – di una cosa che è notevolmente diversa rispetto a qualche anno fa. Non vorremmo che si sentisse più discutere intorno a cose che ormai sono sacrosante. Questo non significa che vogliamo accogliere, in linea di principio, determinate istanze con superficialità, leggerezza e animo buono a spese dell'erario, ma che non vogliamo correre il rischio di fare il contrario.
  Siccome lei ci ha dato la conferma di essere un oggetto-soggetto (mi viene da dire così, anche se metterei prima il soggetto e poi l'oggetto) di una leale collaborazione, ci permettiamo di affidarle questo messaggio, perché vorremmo evitare il disagio di dover interloquire, talvolta anche in termini di conflittualità, con certe amministrazioni del nostro Paese che hanno difficoltà a entrare in una dimensione fatta di legalità, che non può avere come limite il presunto tentativo di limitare le spese per l'erario, anche perché se ci mettessimo ad analizzare le spese dell'erario non potremmo non considerare tutti gli oneri aggiuntivi che i maldestri tentativi di opporsi all'evidenza della realtà oggettiva hanno determinato.
  Mi permetto, dunque, di chiederle, a nome dei colleghi, di svolgere un ruolo attivo in questa direzione, tenendo conto del fatto che questa è una Commissione d'inchiesta che vorrebbe poter non esercitare i poteri della magistratura, ma che è pronta a farlo nell'eventualità dovesse trovarsi di fronte a resistenze che non possono trovare luogo e ospitalità in un sistema Pag. 20democratico quale quello che il nostro Paese rappresenta.
  Infine, per il nostro prossimo incontro avanzeremo la richiesta di un resoconto del lavoro che è stato fatto. Le chiederemmo di poter spiegare, grazie all'occhio del giurista e al cervello di chi lo utilizza, che cosa significa la proposta di legge che è stata presentata da questa Commissione e che, in un contesto ormai di normale schizofrenia, in certi ambienti viene salutata con entusiasmo e in altri viene vista come se fosse foriera di chissà quali volontà punitive nei confronti di non si sa chi.
  Ecco, pur svolgendo una funzione ben specificamente incardinata in un ambito fisiologico dell'attività istituzionale, le chiediamo di assumere – la sua autorevolezza glielo consente – una funzione di esplicitazione, una moral suasion, non perché ci sia qualcosa su cui lavorare per convincere chissà chi, ma per spiegare che in un Paese civile la giurisdizione domestica non può esistere e che non ci può essere commistione fra controllori e controllati.
  La terzietà, come l'astrattezza nella formazione delle leggi, è un elemento costitutivo che non può essere sostituito, quindi chi avesse difficoltà a mettersi l'anima in pace trovi le modalità perché questo accada.
  Questa Commissione ha presentato una propria proposta di legge. Noi ci auguriamo che tramite anche la sua azione, che definirei «seriamente maieutica», lei possa spiegare agli altri ambiti del nostro Paese che, come è giusto che sia, questa Commissione sta facendo un lavoro serio per l'Italia e contro nessuno. Non abbiamo la volontà di farsi trascinare in derive di tipo giustizialistico, ma nemmeno vogliamo fare la fine di altre Commissioni che non hanno fatto altro che inanellare la lunga serie.
  Questa dovrà essere l'ultima Commissione d'inchiesta. Non intendiamo essere responsabili, né tantomeno collusi con situazioni che non sono quelle proprie di un Paese civile. Non lasceremo, dunque, i nostri scranni senza aver prima fatto tutto ciò che è umanamente possibile per convincere il Parlamento, per volontà del quale siamo qui, che esiste la soluzione a questo problema e che, dandoci tutti un assetto di civiltà, è possibile raggiungere anche le cosiddette «utopie», che altro non sono che invenzioni della razza padrona per far fallire le battaglie di riforma e di moralità che il popolo si propone di fare.
  Grazie, caro professore, per la sua partecipazione. Contiamo molto sul suo aiuto e la ringrazio per la grande testimonianza, oltre che di competenza, anche di onestà intellettuale che ha voluto offrire a questa Commissione. A nome di tutti i colleghi, desidero ringraziare anche il vice avvocato generale Leonello Mariani, l'avvocato dello Stato Sergio Fiorentino e l'avvocato dello Stato Carla Codelli.
  Ai colleghi che hanno avuto l'amabilità di restare fino a quest'ora il ringraziamento e l'augurio di buone vacanze. Non riposatevi troppo perché di lavoro da fare ne abbiamo tanto.
  La seduta è tolta.

  La seduta termina alle 16.25.