XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 109 di Giovedì 7 luglio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione della presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani (Svolgimento e conclusione):
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 ,
Serracchiani Debora , Presidente della regione Friuli Venezia Giulia ... 4 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 ,
Orellana Luis Alberto  ... 7 ,
Serracchiani Debora , Presidente della regione Friuli Venezia Giulia ... 7 ,
Puppato Laura  ... 8 ,
Serracchiani Debora , Presidente della regione Friuli Venezia Giulia ... 9 ,
Arrigoni Paolo  ... 9 ,
Serracchiani Debora , Presidente della regione Friuli Venezia Giulia ... 10 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 10 ,
Serracchiani Debora , Presidente della regione Friuli Venezia Giulia ... 11 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 ,
Serracchiani Debora , Presidente della regione Friuli Venezia Giulia ... 12 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 ,
Serracchiani Debora , Presidente della regione Friuli Venezia Giulia ... 12 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 ,
Serracchiani Debora , Presidente della regione Friuli Venezia Giulia ... 12 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 

(La seduta, sospesa alle 9.05, è ripresa alle 14.50) ... 13 

Audizione del sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona, Francesco Rombaldoni (Svolgimento e conclusione):
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 ,
Rombaldoni Francesco , Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona ... 13 ,
Puppato Laura  ... 14 ,
Rombaldoni Francesco , Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona ... 15 ,
Puppato Laura  ... 15 ,
Rombaldoni Francesco , Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona ... 15 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 ,
Rombaldoni Francesco , Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona ... 16 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 ,
Puppato Laura  ... 16 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 ,
Rombaldoni Francesco , Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona ... 16 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 ,
Rombaldoni Francesco , Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona ... 16 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 ,
Puppato Laura  ... 17 ,
Rombaldoni Francesco , Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona ... 18 ,
Nugnes Paola  ... 19 ,
Rombaldoni Francesco , Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona ... 19 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 19 ,
Rombaldoni Francesco , Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona ... 19 ,
Puppato Laura  ... 20 ,
Rombaldoni Francesco , Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona ... 20 ,
Puppato Laura  ... 20 ,
Rombaldoni Francesco , Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona ... 20 ,
Puppato Laura  ... 20 ,
Rombaldoni Francesco , Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona ... 20 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 20 ,
Rombaldoni Francesco , Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona ... 20 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 ,
Rombaldoni Francesco , Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona ... 21 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 21 ,
Rombaldoni Francesco , Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona ... 21 ,
Nugnes Paola  ... 22 ,
Rombaldoni Francesco , Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona ... 22 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 22

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 8.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione della presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, accompagnata dal dottor Roberto Giovannetti, direttore centrale ambiente ed energia della regione, dal signor Massimiliano Crociani, responsabile ufficio di Roma della regione Friuli Venezia Giulia, dalla dottoressa Maria Marin, della direzione centrale ambiente della regione, che ringrazio tutti per la presenza.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo della depurazione delle acque.
  L'audizione odierna si inserisce nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sulle bonifiche della regione Friuli Venezia Giulia, dove una delegazione della Commissione stessa si è recata in missione la settimana scorsa, concentrandosi essenzialmente sui due siti d'interesse nazionale, Trieste e laguna di Grado e Marano, sullo stabilimento di Fincantieri di Monfalcone, e in maniera specifica sul sito Caffaro di Torviscosa, oltre che sul porto di Trieste, ma in quel caso l'approfondimento riguarda un lavoro che stiamo svolgendo sul traffico transfrontaliero dei rifiuti. Siamo stati anche a Capodistria, dove non ci hanno trattato benissimo, ma alla fine ci hanno fatto vedere qualcosa.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Presidente, abbiamo fatto questo sopralluogo sui due siti d'interesse nazionale, perché, come detto, sono oggetto di due indagini diversificate. Una riguarda lo stato dell'arte delle bonifiche dei SIN, quindi tutto il Paese, l'altra è una monografia che riguarda in maniera particolare i siti ex Caffaro, perché abbiamo individuato che hanno una loro fisionomia, e quindi c'è la possibilità di affrontare quell'argomento in maniera specifica. In alcuni casi, ovviamente coincidono. Questo è stato il motivo della nostra visita.
  Abbiamo già segnalato nella conferenza stampa che abbiamo fatto, sia per quanto riguarda Trieste e, soprattutto, per quanto riguarda Grado e Marano, le difficoltà che ci sembrano, soprattutto per quest'ultimo sito, serie e da tenere seriamente in considerazione. Abbiamo ascoltato la regione, che è un player importante, perché mi Pag. 4sembra di capire che gestisca un paio di accordi di programma, poi lei è commissario straordinario.
  Vorremmo capire dal suo punto di vista lo stato dell'arte. Può segnalarci anche quelle che secondo lei possono essere delle criticità, in modo che eventualmente possiamo anche attivarci per le nostre competenze.
  Cedo la parola al presidente Serracchiani.

  DEBORA SERRACCHIANI, Presidente della regione Friuli Venezia Giulia. Partirei dalla ferriera, solo per una premessa generale, visto che credo siate informati sulle cornici giuridiche intorno alle quali ci stiamo muovendo sul sito della ferriera di Trieste.
  Ci sono più accordi di programma. Quello quadro prevede l'attuazione dell'articolo 252-bis del testo unico ambientale. È l'unico caso in Italia di attuazione dell'articolo 252-bis, che prevede appunto il risanamento ambientale, ma anche la contemporanea continuazione dell'attività industriale e il rilancio industriale.
  Quest'accordo di programma è derivato dalla dichiarazione di crisi industriale complessa dell'area industriale di Trieste. Le due crisi industriali complesse sono quella di Piombino e quella di Trieste. L'accordo di programma si divide in due assi. Uno ha a oggetto solo l'area della ferriera, sulla quale è prevista una serie di interventi su cui entrerò poi più in dettaglio. Il secondo asse, invece, è la riconversione, ristrutturazione e rilancio industriale di tutta l'area industriale. Sono due assi dello stesso accordo di programma, che hanno due dinamiche che si muovono in modo parallelo, con obiettivi in parte diversi.
  Per quanto riguarda l'asse uno, per quanto riguarda la ferriera, devo dire che il cronoprogramma sta andando avanti in modo spedito. Abbiamo dovuto fare alcuni riadattamenti in corso d'opera, ma determinati dal fatto che a mano a mano che si portava avanti sia il risanamento ambientale sia la continuazione dell'attività industriale emergevano delle esigenze, dei bisogni che inizialmente non erano stati presi in considerazione.
  Il nostro soggetto attuatore sia sull'asse 1 sia sull'asse 2 è Invitalia, con cui abbiamo già sottoscritto l'accordo di affidamento di tutta la fase progettuale e della fase esecutiva, ovviamente con una suddivisione dei compiti diversa a seconda di chi fa cosa, e anche della parte di risanamento ambientale dell'asse 1, cioè della ferriera, e della parte di rilancio di un piano e di un progetto di rilancio.
  Quest'ultimo – mi ci soffermo – ha avuto un successo inaspettato. Le manifestazioni di interesse, la call che è stata fatta per sondare l'interesse sull'area, ha determinato ben 29 manifestazioni d'interesse per circa 98 milioni di investimenti e circa 381 posti di lavoro nuovi. Ovviamente, è tutto da verificare se avrà gambe per camminare, ma le prime manifestazioni di interesse che sono arrivate sono estremamente significative e, tra l'altro, riguardano grandi e medie imprese, ma anche un paio di start up, molto interessanti sempre per quanto riguarda l'iniziativa imprenditoriale che si può fare in quel sito, attività portuale, cantieristica navale, evidentemente anche logistica e così via.
  Quanto all'asse 1, ci sono due soggetti impegnati sul risanamento ambientale: il soggetto privato, il Gruppo Arvedi, che ha acquisito la gestione della ferriera e che sta andando avanti – credo l'abbiate anche visto – con interventi che oggettivamente in quel sito, in oltre cento anni dalla sua collocazione lì, posso dire non sono mai stati fatti, per quanto riguarda sia l'area a caldo, sia l'aspirazione di tutte le emissioni dello stabilimento, sia le pavimentazioni, sia la banchina, sia infine l'attività di logistica, che si sta muovendo intorno alla continuazione dell'attività industriale, che vede un importante investimento anche nella logistica. L'attività di Trieste, infatti, fortemente legata con lo stabilimento di Cremona, sta sviluppando anche tutta la parte di logistica, soprattutto ferroviaria.
  Accanto si sta costruendo il laminatoio a freddo. All'interno del sito della ferriera avremo sia il ciclo integrato, quindi sia la produzione con area a caldo, con forno Pag. 5non elettrico, sia la parte di laminatoio a freddo.
  Una serie di impegni che sono stati chiesti all'azienda oggettivamente si è realizzata, al punto che è stata rilasciata l'AIA con alcune prescrizioni e con l'applicazione delle nuove direttive europee. È, quindi, un'AIA che sinteticamente da tecnico definisco aperta: contrariamente al passato, c'è questo costante monitoraggio che permette di riadattare la procedura e l'autorizzazione a mano a mano che si va avanti alle dinamiche che si determinano nel risanamento ambientale.
  D'altra parte, la parte pubblica, e quindi la regione – sono commissario straordinario dell'area industriale complessa della ferriera – ha il compito viceversa di intervenire sul barrieramento delle acque a mare e su una serie di interventi che riguardano sempre il risanamento ambientale dell'area che si muove intorno allo stabilimento.
  Qui, come dicevo, sta andando avanti il lavoro di Invitalia. Ho già sottoscritto l'accordo con Invitalia. Sono in attesa della progettazione delle prime caratterizzazioni di tutti gli interventi. C'è un cronoprogramma che vi ho fornito e che dovremo attuare in queste settimane, in questi mesi.
  Se posso, dico quello che secondo me in questo momento si sta determinando come un caso unico. Purtroppo, essere i primi a svolgere un'attività di articolo 252-bis ci sta aprendo un mondo che forse non pensavamo di trovarci di fronte.
  È chiaro che tutti gli interventi che si stanno svolgendo hanno determinato un controllo costante sull'attività dello stabilimento. L'acquisizione da parte di ARPA di tutte le centraline, ad esempio, è un'assoluta novità, che non solo ha creato le condizioni di un’«imparzialità» della verifica e del controllo dei risultati, ma ha determinato anche proprio una costanza e un'azione sistematica sulle attività.
  Che cosa ha comportato questo? Quello che emerge è che ci sono due questioni. Intanto, se prima, rispetto alla popolazione, il problema erano le emissioni, adesso la prova che sulle emissioni c'è stato un intervento estremamente positivo sta nel fatto che il problema è diventato il rumore, per dire che c'è un andare in un'evoluzione delle problematiche.
  Quest'impianto di aspirazione, unico al mondo – è l'unico brevetto che è stato in questo momento presentato al mondo, di proprietà del Gruppo Arvedi – oggettivamente funziona. Raccoglie le emissioni superiori ai minimi indicati per le BAT dall'Unione europea. Bisogna, però, intervenire sulle dinamiche legate al rumore, che oggettivamente mi dicono esserci. C'è una serie di prescrizioni, che sta seguendo anche la direzione ambiente della regione, a cui l'azienda deve ottemperare, come in parte ha già fatto e in parte deve fare. Deve presentarci anche un piano di abbattimento del rumore. Quando avremo quel piano, avremo anche la possibilità di mettere in campo ulteriori azioni.
  La seconda cosa che emerge estremamente interessante, ma mi permetto di dire la più complessa, è che con tutti questi controlli che stiamo effettuando, sui giardini, nell'area intorno alla ferriera, non voglio dire che si è scoperta l'acqua calda, perché non è una bella frase, ma emerge che non c'è un inquinamento diretto della ferriera, bensì un forte inquinamento diffuso. Su quest'ultimo, determinato dalle PM 10, dal traffico, dall'attività portuale, dalla ferriera e dalle altre attività industriali, mi corre l'obbligo di sottolineare che oggettivamente non c'è legislazione.
  Oggettivamente, c'è molto poco sia a livello nazionale sia, a cascata, a livello regionale rispetto alle azioni da intraprendere nel caso in cui si determini una situazione di inquinamento diffuso. Ci stiamo muovendo con l'ARPA e con la direzione ambiente in modo spontaneo, stiamo cercando di capire come fare. Abbiamo allocato già risorse per le prime caratterizzazioni, per le prime verifiche, ma vorrei dire alla Commissione che abbiamo scoperto che c'è una lacuna sull'inquinamento diffuso.
  Oggettivamente, non ci sono azioni da mettere in campo in modo sistematico nel momento in cui si verifica che in un sito c'è un inquinamento che non è soltanto di uno, ma che appunto è diffuso, con tutte le Pag. 6problematiche legate non solo all'attribuzione della responsabilità, ma soprattutto alle azioni che si devono mettere in campo per superare l'inquinamento diffuso. Questa è la prima cosa che rileverei.
  Per il resto, sulla ferriera avete visto anche voi che stiamo andando avanti. Credo che sarà veramente un successo e anche una situazione particolare. Grazie al combinato disposto della presenza di un privato che ha fatto investimenti e di un pubblico che si è assunto la responsabilità del risanamento, stiamo andando avanti in un percorso sicuramente nuovo, ma molto interessante.
  Non posso dire lo stesso sull'area Caffaro, o meglio sulla laguna di Grado e Marano, dove a prescindere dall'esistenza di una procedura giudiziaria ancora aperta, che dovrà accertare se ci saranno le condizioni ed eventuali responsabilità o dinamiche... Ogni volta che parlo della Caffaro succede.
  A parte questo, lì abbiamo una situazione che potrebbe essere la replica della ferriera, nel senso che siamo in un sito dove c'è una forte richiesta di insediamento industriale. Questo è positivo. In una situazione di crisi come quella che stiamo attraversando, hai un'area nella quale ci sono aziende che ti chiedono di potersi insediare.
  È ovvio che sono aziende che hanno una determinata natura, e quindi stiamo parlando sostanzialmente di un polo chimico. Fondamentalmente, quello era e quello continuerebbe a essere. Il problema non è solo l'assenza di risorse. Oggettivamente, su quel sito, là dove c'erano risorse, almeno per la quota parte della regione siamo andati avanti. Ad esempio, uno degli interventi urgenti era il risanamento della discarica delle peci benzoiche; su quelle erano allocati 8 milioni di euro, la regione ha assunto l'onere dell'intervento e i lavori sono in corso.
  Tutta la parte che, però, riguarda il commissario straordinario della SNIA, e quindi delle aree ex Caffaro, oggettivamente è in una situazione in cui, se oggi mi chiedete a che punto siamo, non ve lo so dire. Non c'è un'interlocuzione che mi permetta di avere un cronoprogramma, un obiettivo, un'idea di quello che si sta facendo rispetto non solo al risanamento ambientale, ma anche alla chiusura dell'amministrazione straordinaria, per poi procedere eventualmente con un altro contenitore giuridico, appunto, al risanamento e all'insediamento industriale.
  Ovviamente, mentre vanno avanti le procedure che competono alla pubblica amministrazione (le conferenze dei servizi, le valutazioni d'impatto ambientale, che sono tutte in corso, e anzi una parte è anche conclusa), abbiamo chiaro quali sono gli interventi urgenti, come per il caso della discarica della Valletta, delle misure di prevenzione in alcune discariche interne. Fondamentalmente, il sito va bonificato nella parte delle discariche in cui venivano allocati tutti i rifiuti e le sostanze utilizzati nelle operazioni di produzione delle vecchie aziende.
  La discarica della Valletta è la più urgente. Quella delle peci benzoiche, come dicevo, è un intervento in corso. C'è una serie di discariche interne su cui è chiaro il progetto, quello che bisogna fare, le iniziative, ma siamo fermi. L'altra cosa è una serie di interventi per le misure di prevenzione e messa in sicurezza delle acque di falda e anche di messa in sicurezza permanente di alcune aree all'interno del sito.
  Ripeto che si va avanti con tutta la parte «amministrativa» delle procedure. Mi permetto di dire, se posso dirlo così, che non è un problema di soldi. Quello lo sarà, nel senso che andremo a cercarci le risorse, ma mi verrebbe da dire che si riescono a trovare. Qui il problema è proprio chi fa cosa, come smuovere il commissario straordinario dell'amministrazione straordinaria della SNIA, che tipo di interlocuzione avere con lui e con il tribunale e come procedere, nel senso di quali saranno gli interlocutori a cui rivolgerci.
  Tengo a sottolineare che lì c'è un paradosso. Da una parte, hai già importanti insediamenti industriali che hanno recuperato una parte dell'area e creato posti di lavoro, che metti a rischio nel momento in cui non sai dire loro che cosa succederà domani. Se sono imprenditore che è lì e Pag. 7devo fare un investimento, ci penso settanta volte prima di farlo. Se non so quello che mi succede sull'area, se posso utilizzarla e se avrò tutte le infrastrutture necessarie, è chiaro che entro in difficoltà, figurarsi quelli che vogliono insediarsi e che non sanno se possono farlo e a quali condizioni.
  Su questo pregherei anche la Commissione, per quanto di competenza e nello svolgimento dei ruoli di ciascuno, di sottolineare che qui c'è una situazione nella quale credo sia oggettivamente richiesto un intervento forte per una situazione di quasi immobilismo che è preoccupante. Noi rispondiamo per la parte della pubblica amministrazione. Come amministrazione regionale abbiamo messo a disposizione una relazione che credo sia abbastanza puntuale, ma abbiamo un problema proprio di capire chi fa cosa e come rapportarci con i soggetti interessati a partire dalla ex Caffaro.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Serracchiani.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUIS ALBERTO ORELLANA. Purtroppo, non ho potuto partecipare al sopralluogo che è avvenuto a Trieste. Vorrei porre una domanda un po’ puntuale sulla ferriera di Trieste.
  Lei ha nominato il laminatoio in corso di fabbricazione. È stata fatta o è stata pianificata una verifica sui rifiuti che probabilmente sono interrati in quest'area. Fa un po’ preoccupare la circostanza, oggetto anche di un'interrogazione parlamentare, di una risposta del Ministro Galletti in Senato per cui l'autorizzazione al laminatoio è stata concessa in data successiva alla conferenza di servizi del 5 ottobre dell'anno scorso, ma è stato ammesso che i lavori sono iniziati un po’ prima.
  Adesso, invece, si sta lavorando sul laminatoio: è possibile che non siano state effettuate le verifiche opportune sull'eventuale presenza di rifiuti? È un'area che si utilizza a livello industriale da un centinaio di anni, forse di più, in un'epoca in cui c'era molto meno sensibilità ambientale di quella attuale. Vorrei sapere, quindi, se ci sono state queste verifiche.
  Inoltre, vorrei fare un commento su quello che ha detto, che effettivamente è molto interessante, e anche un po’ preoccupante. Quando c'è un inquinamento diffuso, siamo un po’ carenti di normativa. Ho estremamente sintetizzato. Far partire una valutazione ambientale strategica, prevista dal decreto legislativo n. 152 del 2006, potrebbe aiutare?

  DEBORA SERRACCHIANI, Presidente della regione Friuli Venezia Giulia. Su quest'ultima parte devo precisare che non è tanto il quadro normativo. Quello, al limite, ci sarebbe, c'è la normativa sulla qualità dell'aria. Il problema sono le azioni, nel senso di come rendere praticabile, attuabile e con quale metodo i princìpi indicati in quella cornice giuridica, che non ha mai avuto un'attuazione pratica. Su quello, onestamente, mi trovo in difficoltà.
  Lo stiamo facendo, ma un po’ a gradini, trattando le cose un po’ come le abbiamo sempre trattate e un po’ inventandoci una parte nuova. Se, però, ci fossero delle linee guida, delle indicazioni più puntuali, sarebbe utile, magari sezionando il tipo di inquinamento diffuso. È sì, infatti, inquinamento diffuso, ma poi puoi individuare le PM 10 rispetto all'industria pesante, rispetto al traffico portuale e così via. Questa è la questione che sottopongo.
  Per quanto riguarda il laminatoio a freddo, mi pare di ricordare che io sia stata nominata commissario straordinario qualche mese dopo che i lavori erano iniziati, ma non è quello il punto. Il punto è che, laddove si trova il laminatoio, a quello che mi consta, non c'era lo stoccaggio dei rifiuti. Lì era già esistente il capannone dove veniva stoccato l'acciaio, e non solo, anche materiale semplicemente buttato lì. A un certo punto, c'era un capannone che dalla base fino all'altezza era pieno di scarti, di rifiuti. Quelli sono stati tutti portati via, è stato abbattuto il capannone ed è stato iniziato il lavoro del laminatoio.
  I rifiuti, purtroppo – credo li abbiate visti – sono fuori, e sono sulle aree di Pag. 8confine, una delle quali tra l'altro è fuori dall'accordo di programma. C'è un enorme cumulo di loppa, e non solo. Siccome, appunto, sta lì da più di cento anni, e anche quel cumulo sta lì da decine e decine di anni, ci può essere diciamo di tutto. Le prime caratterizzazioni hanno individuato materiale ferroso e residuo di attività industriale.
  Tra l'altro, è sul confine al di fuori dell'accordo di programma, e quindi uno dei problemi è chi lo deve portare via, come e con quale forma. Arvedi su questo ha comunque fatto un progetto, anch'esso innovativo, ma bisogna capire quello che si vuole fare. Altro è prenderlo e portarlo via, ma dove lo metti? Pensate anche al tipo di inquinamento che si crea nel trasporto. Il progetto prevederebbe la tombatura di una parte, per evidenti motivi.
  Oltretutto, in quell'area si sta realizzando la piattaforma logistica. Si potrebbe pensare di «utilizzare» anche quel materiale, qualora non inquinante ovviamente e se non vi fossero presenze strane. Fatta la caratterizzazione come deve, si potrebbe anche pensare a un'attività del genere. I rifiuti sono in questi cumuli, una parte dei quali è stata portata via e un'altra è ancora lì nello stabilimento.
  L'altra parte importante è che dovete immaginare che laddove siete passati e avete visto pavimentazione, strade e così via, non c'era nulla prima. Tutte le polveri venivano prodotte e tutte le attività venivano fatte all'aperto, ma anche in un'area dove non c'era neppure la pavimentazione, e quindi neppure la base per qualunque attività industriale.
  Le iniziative assunte sono tante. Chi ha visto l'area a caldo, l'ha vista coperta. Quel capannone è stato chiuso. Immaginatevi che era aperto, nel senso che non era chiuso com'era l'altro. Per tanto tempo, anche perché la sensibilità ambientale era altra, è chiaro che si è lavorato in condizioni oggettivamente complicate. Oggi mi sento di dire che ci sono dei passi avanti notevoli. Certamente, c'è da fare ancora tantissimo.

  LAURA PUPPATO. Ringrazio la presidente Serracchiani anche per le ulteriori importanti informazioni che ci sta fornendo. Parlo, in particolare, anch'io come il collega, della ferriera di Trieste. Alcuni di noi del Senato non sono riusciti a partecipare all'ultima missione in Friuli. Ci riferiamo a una serie di informazioni, che avevamo raccolto e che sono state oggetto, come sicuramente saprà, di una risoluzione presentata dal Senato a seguito di una richiesta pervenuta dalle opposizioni in tal senso, che però effettivamente ci ha permesso di approfondire moltissimo e di leggere la storia dello stabilimento nonché le caratteristiche che via via stanno diventando e diventano, per fortuna nostra, anche oggetto di una possibile riqualificazione ambientale e un risanamento.
  In relazione a questo, vorrei chiederle due cose. La prima è un'informazione che ha attinenza con quanto diceva poc'anzi. Lei parlava di un inquinamento diffuso, che abbiamo letto essere tra l'altro una delle questioni che erano state sollevate anche dalla stessa ULSS triestina, che più volte aveva rappresentato la necessità per gli stessi residenti della zona di dotarsi di mascherine.
  Dubitava anche nel fatto che la quantità di inquinanti che complessivamente in quell'area erano caduti nel corso dei decenni avesse prodotto una determinazione al suolo di una serie di inquinanti diversi, con l'effettiva difficoltà anche a comprendere come liberarsene. Immagino che questo sia il tema che adesso dovrete affrontare. In effetti, è un tema tutt'altro che irrisorio e irrilevante. Non è facile capire il tema dell'accumulo a terra e come possa essere risolto.
  In relazione alle modalità con cui si è inteso procedere insieme, devo dire che avete fatto un lavoro per me davvero straordinario – è la prima volta che lo leggo – di questa portata, con tutte le istituzioni insieme, coinvolte, con tempistiche certe e così via: relativamente al dato aggiornato tra la fine di marzo e i primi di aprile 2016, riesce a darci per iscritto in Commissione, successivamente in un documento che ci fornirà, l'aggiornamento sugli obblighi di competenza dei vari enti privati, Pag. 9Arvedi in particolare, e istituzioni pubbliche?
  Inoltre, voi avete attuato il primo, in Italia sicuramente, forse anche in Europa, stress test ambientale correlato, cioè quel meccanismo per cui siete andati a studiare non la classica indagine epidemiologica, ma quella funzionale allo stato di benessere della popolazione, che si sposa con la questione relativa all'accumulo a terra degli inquinanti di cui lei diceva, ma anche con la situazione per esempio relativa ai rumori, che sono uno dei problemi che evidenziate di quel sito.
  Anche in questo caso, vorrei chiedere se esistano aggiornamenti relativamente a questo particolarissimo studio d'indagine epidemiologica locale. Per gli elementi che lo caratterizzano, credo che abbia un impatto d'interesse quanto meno nazionale, quindi vorrei conoscere i tempi per la sua definizione, come sta procedendo, se esistono aggiornamenti.

  DEBORA SERRACCHIANI, Presidente della regione Friuli Venezia Giulia. Intanto, faccio una considerazione, che è quella che rende più complicata la questione. Le aree più inquinate sono quelle più distanti dalla ferriera. Tutti pensavano, me compresa, che con le verifiche si sarebbe trovata, a mano a mano che ci si avvicinava alla ferriera, una certa situazione, e a mano a mano che ci si allontanava, un'altra.
  Quello che emerge, invece, è che l'inquinamento non c'è, sia benzopirene, sia a terra, nell'area oggetto dell'accordo di programma. L'inquinamento è molto più distante. I siti più distanti dalla ferriera sono quelli più inquinati rispetto alle verifiche effettuate. Questo è uno dei problemi di cui parlavo prima.
  Se fosse stato un inquinamento originato, determinato e circoscritto all'area della ferriera, ovviamente sarebbe rientrato nell'accordo di programma, con tutte le azioni da fare all'interno dell'accordo di programma, con i sistemi classici, tradizionali. Quello che emerge è che l'inquinamento non è là, ma molto più distante rispetto al sito. Questo significa, però, che anche le azioni saranno diverse.
  Sull'inquinamento acustico fornirò il continuo procedere della situazione, ma siamo ancora in attesa che venga prodotto – credo che scada questo mese – il piano acustico da parte della Siderurgica triestina. Quando l'avremo, se la Commissione lo desidera, ovviamente ne invieremo una copia. Lo verificheremo e con la Siderurgia triestina capiremo, insieme alla direzione ambiente e all'ARPA, con quali attività procedere e come portarlo avanti.
  Per quanto riguarda l'inquinamento diffuso, posto che sono le aree più distanti, e che quindi c'è anche un problema di chi fa cosa, perché a quel punto non sono io commissario straordinario a occuparmene, ma il comune, l'ARPA, l'azienda sanitaria e così via; abbiamo costituito un tavolo tecnico, a cui siedono la direzione ambiente, l'ARPA, il comune, l'azienda sanitaria, la regione e così via, per coordinare le azioni che ciascuno di noi nei limiti delle proprie competenze deve fare.
  Intanto, la regione in assestamento ha allocato 350.000 euro per i primi studi, perché ovviamente dobbiamo anche capire di che cosa parliamo. Sappiamo che sono inquinati, che sono i più distanti dalla ferriera: cerchiamo di capire che tipo di inquinamento c'è, a cominciare dal materiale di riporto.
  Quello che poi scopri è la storia anche della città. Alcuni dei giardini pubblici sono stati realizzati con materiale di riporto di natura industriale. L'hanno fatto cento anni fa, non cinque, ma lo scopri adesso, e verifichi che effettivamente hai delle aree inquinate. Piano piano ci muoveremo. Una volta che avremo la mappatura delle aree più a rischio, a seconda del tipo di rischio che emerge dalla caratterizzazione, sapremo anche che tipo di azione mettere in campo. Ci vorrà del tempo, credo, nel senso che non è una cosa che credo si realizzi in poco tempo.

  PAOLO ARRIGONI. La ferriera è all'interno del SIN di Trieste. Questo SIN è ancora oggi adeguatamente perimetrato o avete fatto una valutazione in ordine a una riperimetrazione dello stesso SIN, stralciando alcune aree, ovviamente lasciando nel SIN quelle più critiche, come la ferriera, Pag. 10 per passarle sotto la diretta competenza della regione, e così consentire anche a imprenditori un'accelerazione degli investimenti e degli ampliamenti produttivi? Ovviamente, con una diretta gestione da parte della regione, non da parte del Ministero dell'interno, questo consente sicuramente una velocizzazione.

  DEBORA SERRACCHIANI, Presidente della regione Friuli Venezia Giulia. Il SIN è completamente perimetrato. Non pensiamo a una riperimetrazione, semplicemente perché nel frattempo è accaduta un'altra cosa, di cui non vi ho parlato, ma perché non atteneva a questi fatti.
  L'area industriale complessa coincide, per quanto riguarda sia il sito inquinato sia appunto l'area di crisi industriale complessa che è dentro l'accordo di programma, esattamente con l'area cosiddetta EZIT, l'ente istituito con legge nazionale, il consorzio industriale dell'area, un po’ diverso come natura, ma definiamolo come consorzio industriale.
  Mentre accadevano le cose che vi ho raccontato, l'abbiamo messo in liquidazione, per una serie motivi legati alle condizioni finanziarie dell'ente. Questo ha comportato l'attribuzione in capo diretto alla regione della gestione anche della parte di insediamento industriale/infrastrutture attraverso il commissario liquidatore nominato dalla regione dell'area.
  Per una serie di circostanze, quindi, alcune casuali e non cercate, in questo momento sul sito il soggetto competente è la regione, per la quota parte di commissario straordinario nella figura del presidente della regione e per la quota parte di regione in quanto amministrazione regionale per la parte di insediamento industriale e così via. Ed è la regione che sta portando avanti l'attività che prima era stata affidata all'EZIT per quanto riguardava sia le bonifiche, e quindi l'infrastrutturazione, sia gli insediamenti industriali.
  In questo momento, quindi, non abbiamo l'esigenza di una riperimetrazione, anche perché oggettivamente il sito non è stato perimetrato in modo... Non è stato fatto come a Marano e Grado. È stata fatta una perimetrazione rispetto alla quale non abbiamo motivi di interventi diversi. In questa fase, la gestione per un motivo o per un altro è in capo alla regione. Anche la parte di insediamento industriale legata alla crisi industriale complessa nel piano di Invitalia e l'attività di EZIT è, in qualche modo, gestita direttamente e indirettamente dalla regione.
  Devo dire anche che sta andando bene. La dichiarazione di crisi industriale complessa non è un patentino di «sfiga», al contrario. Ha indotto a fare una serie di investimenti là. Non solo c'è il piano con le manifestazioni interesse di cui parlavo, ma le linee di finanziamento che sono state create con fondi nazionali e con fondi regionali hanno permesso di incentivare l'insediamento industriale, anche con alcune azioni interessanti che in questo momento permettono di dire che, pur nella crisi, pur nelle difficoltà e così via, quell'area sta dando delle indicazioni positive in termini sia di occupazione sia di insediamento industriale.

  ALBERTO ZOLEZZI. Per quanto riguarda la cokeria, poi in specie un po’ tutta l'area a caldo, le risulta che, relativamente a scarichi e reflui idrici, ci sia una gestione adeguata? Un'area a caldo è, in ogni caso, particolarmente critica nelle vicinanze di un centro urbano. Peraltro, da quello che abbiamo capito, alcune misurazioni più puntuali, come il PM 2,5, non vengono eseguite, almeno di routine, e le emissioni diffuse, che da un punto di vista quantitativo sono state descritte possibilmente contenibili con i sistemi messi in campo, in realtà risulta che, almeno a distanza, proseguano in maniera non così contenuta come risulterebbe da alcune dichiarazioni dell'azienda.
  Lo stesso vale per la mappatura, che, come dice lei, è in corso. Io credo che la valutazione della coesistenza dell'area a caldo con il centro urbano sia in divenire. Non si può dire che l'unico problema è il rumore.
  Inoltre, vorrei sapere se, per quanto riguarda la gestione dei rifiuti della produzione attuale, ha riscontrato criticità. Noi abbiamo terminato da poco una relazione Pag. 11sulla regione Veneto. In divenire, mentre finivamo la relazione l'anno scorso, è cambiata poi la normativa sui rifiuti pericolosi. Proprio da colloqui all'interno dello stabilimento, mentre eravamo in ispezione, ci è stato detto che alcuni rifiuti a elevato pH, rifiuti molto basici, adesso vengono trattati appunto come non pericolosi.
  Questo non compete adesso neanche alla regione, ma uno dei problemi è questo. La gestione sia in loco sia con trasporto da altre parti potrebbe dare una serie problemi tecnici non adeguatamente affrontati dalla normativa.

  DEBORA SERRACCHIANI, Presidente della regione Friuli Venezia Giulia. Se mi permette una premessa, stiamo parlando di un'attività industriale, anzi più precisamente di un'acciaieria, quindi non di un'attività industriale di poco impatto. È e resta un'attività industriale di impatto, e lo sarà sia nel laminatoio a freddo, sia nell'area a caldo, sia con tutti gli interventi che stiamo facendo.
  Per la prima volta, però, glielo stiamo facendo fare senza inquinare, che credo sia anche per quell'area un'assoluta novità. Come è stato poi detto da me personalmente, dal Gruppo Arvedi, è chiaro che se l'area a caldo, nonostante tutti questi interventi che abbiamo detto, continuerà a inquinare, verrà presa in considerazione anche l'ipotesi di non avere l'area a caldo.
  Tutto quello di cui abbiamo parlato sono cose avvenute in pochi mesi. Non immaginate che siamo lì da anni. Abbiamo fatto l'accordo di programma in otto mesi e più o meno in otto mesi stiamo facendo le azioni pratiche. Ci vuole anche un po’ di tempo perché queste attività si facciano tutte e perché si capisca l'impatto che queste attività hanno effettivamente sulle emissioni.
  Posso, però, dirle, che tutti i numeri di tutti i monitoraggi effettuati, dalle acque al benzopirene, alle emissioni e così via, sono tutti estremamente più positivi rispetto al passato, ma estremamente più positivi, non di poco migliori. Sono decisamente più positivi. Questo è un dato di fatto, riconosciuto da tutti, dall'azienda sanitaria, passando per la procura della Repubblica, per l'amministrazione regionale, per l'ARPA.
  Si tratta di responsabilità anche personali. Posso assicurare che nessuno fa le cose né con superficialità né tanto per farle. Io per prima «tengo famiglia», quindi non penso di fare le cose tanto per farle. Credo che, però, oggettivamente si stia facendo un intervento estremamente importante.
  Sui rifiuti non abbiamo segnalazioni di criticità. Come, però, lei diceva, non è una competenza diretta quella del trattamento, ma è una competenza che ha il Gruppo Arvedi rispetto alla disciplina generale. A noi non sono state rappresentate questioni di criticità, se non quelle che segnalavo rispetto al cumulo esterno, che non è direttamente di competenza di Arvedi, ma di cui tutti abbiamo il problema di capire che fare.
  Devo dire, anche per quanto riguarda le acque, che siamo ancora in una fase in cui stiamo predisponendo tutte le attività per iniziare.
  Una cosa importante è che, dopo circa dodici anni, nell'area si sta realizzando il depuratore di Trieste, bloccato per oltre dieci anni, 50 milioni di euro, che non si faceva. I lavori sono in corso. Si sta facendo il depuratore di Trieste. È un'area in cui stanno intervenendo attività estremamente importanti, i cui effetti però oggettivamente non si possono percepire nell'arco di una settimana. C'è bisogno di tempo.
  È un impianto industriale all'interno di un sito fortemente urbanizzato. Questo è un dato di fatto, poi – scusate la battuta – le case sono arrivate dopo, ma questo è un altro discorso, sul quale forse una riflessione andrebbe fatta, ma finendo molto in là nel tempo.

  PRESIDENTE. È la storia dell'industria italiana. Probabilmente, a proposito delle considerazioni che faceva sulle centraline – fuori verbale ho verificato – relativamente alla loro acquisizione, anche di quelle del gruppo Arvedi, queste vanno a costituire il sistema ufficiale di monitoraggio. Allora, visto che oggi nel sistema ufficiale secondo la direttiva si misura anche il PM 2,5, c'è questo tipo di aggiornamento Pag. 12che deve essere verificato. Questo ci diceva l'ARPA.

  DEBORA SERRACCHIANI, Presidente della regione Friuli Venezia Giulia. Delle centraline verranno messe anche dall'Autorità portuale di Trieste in quell'area e nell'area del porto.

  PRESIDENTE. Considero, e penso che tutti i colleghi l'abbiano vista, la questione di Grado e Marano molto più problematica, se non altro perché non c'è un interlocutore. Credo che le cose più o meno velate che ci ha detto l'amministratore delegato siano pericolose anche per gli insediamenti che oggi ci sono. Se, infatti, quella messa in sicurezza, che oggi minima c'è, viene a cessare perché lui ci dice che non ha i soldi, lì inizia un inquinamento di cui qualcuno si dovrà occupare.
  Se le aree dove c'è l'inquinamento sono quelle del nuovo insediamento industriale, a doversene occupare saranno quelli del nuovo insediamento industriale. Per questo, secondo me, dovremo interloquire con l'amministratore, che a mio parere non se la può cavare dicendo che ha risolto collocando un po’ di gente qua e là. Se non si risolve quel problema, quella gente rischia di essere non più ricollocabile.
  Noi raccogliamo quest'indicazione, ma più che una domanda mi viene un warning: bisogna che anche voi come regione monitoriate questa situazione molto attentamente. Cercheremo poi di capire anche relativamente a eventuali segnalazioni da fare a livello ministeriale. Tra l'altro, sulla stampa avrete letto del commissario di Brescia della Caffaro che si è dimesso. Oltre a quello, c'è questo di sito e quello della Valle del Sacco, quando ci metteremo le mani. Lì non si capisce granché. Tra l'altro, ci sono stati messi dei soldi nella scorsa finanziaria. Bisognerebbe anche capire dove sono andati a finire quei 20-25 milioni di euro, che cosa stanno facendo.
  Credo che faremo sicuramente un approfondimento su tutte queste cose. Quello che ci viene da dire è che lì serve una grande attenzione. È vero che oggi è delimitato dalla perimetrazione, ma quell'area è fortemente problematica, che rischia di inquinare tutta la laguna.

  DEBORA SERRACCHIANI, Presidente della regione Friuli Venezia Giulia. Capisco che la ferriera sia più attrattiva, anche perché è stata più al centro mediatico, anche attraverso interventi in tv e altro, ma credetemi che se dovessi da presidente di regione dirvi dov'è che sono seriamente preoccupata, vi risponderei che è il sito della Caffaro.
  Sulla ferriera posso dirvi che si fa in un certo modo, e poi magari non si fa tutto bene, può darsi che si debba aggiustare il tiro, magari si scopre che le cose che si fanno non sono utili come si pensava, ma almeno c'è un progetto, una vocazione, un obiettivo. Si sa chi fa cosa. Ovviamente, ci sono anche i soldi, che non è banale.
  Quella della Caffaro è veramente una situazione nella quale oggi da presidente della regione fatico a capire chi è il soggetto con cui riesco a interloquire. Non dico che non lo si stia facendo col Ministero dell'ambiente. L'ultimo incontro c'è stato a marzo di quest'anno, e abbiamo convenuto di fare un tavolo tecnico anche locale per stabilire quali fossero gli interventi. Sull'analisi siamo tutti d'accordo, sappiamo che cosa dobbiamo fare. Il punto è come, con chi, quando e con quali risorse.
  Non so se sia vero, e magari verificatelo, ma questa dell'amministrazione straordinaria ex SNIA è una situazione sulla quale bisogna mettere un attimo gli occhi. Sono vari siti: a me suona strano, ad esempio, che mi dicano essere state allocate le risorse sul sito di Brescia e non esserlo state sul sito di Torviscosa, dove invece l'insediamento industriale c'è...
  Qui navighiamo a vista. Non si capisce come...

  PRESIDENTE. È presente una collega di Brescia...

  DEBORA SERRACCHIANI, Presidente della regione Friuli Venezia Giulia. Sinceramente, se non si chiarisce la posizione dell'amministrazione straordinaria, diventa complicato stabilire le cose da fare.

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  PRESIDENTE. Non essendoci altre domande, vi ringraziamo e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta, sospesa alle 9.05, è ripresa alle 14.50.

Audizione del sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona, Francesco Rombaldoni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona Francesco Rombaldoni, che ringrazio per la presenza.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti e alle bonifiche al ciclo depurazione delle acque.
  L'audizione odierna si inserisce nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sulla regione Veneto, con particolare riferimento alle situazioni di criticità che stanno interessando larghe fasce di popolazione residente, con riferimento all'inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche.
  Avverto il nostro ospite che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata all'ultima parte della seduta.
  Noi stiamo svolgendo un ulteriore approfondimento sulla questione delle sostanze perfluoroalchiliche e della loro presenza così diffusa in larga porzione del territorio veneto. Abbiamo audito praticamente quasi tutti i soggetti che a vario titolo se ne sono occupati sia tecnicamente sia scientificamente sia da un punto di vista amministrativo. Ci manca qualche audizione. Abbiamo acquisito documentazione, ma tenevamo a sentire anche il punto di vista della procura di Verona.
  Scusandomi di nuovo per il ritardo, le darei la parola per uno stato dell'arte della situazione dal vostro punto di vista.

  FRANCESCO ROMBALDONI, Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona. Sapevo già quello che mi avete detto, il problema è stato esaminato anche molto approfonditamente già in precedenza. Vi fornisco alcune informazioni che riguardano, in particolare, Verona sotto l'aspetto del procedimento penale. Cercherò di non dire cose che possano essere suscettibili di errata divulgazione, ma cose abbastanza generiche. Eventualmente, se ci saranno domande un po’ più particolari, vedrò se sia il caso di chiedere la segretazione o meno.
  Giusto per introdurre l'argomento, per quanto mi riguarda, il procedimento ha preso avvio nel 2015, in seguito a una segnalazione del comune di Cologna Veneta in relazione alla qualità delle acque che era stata constatata sul fiume Fratta, in corrispondenza del collettore dell'Arica. La situazione nel comune di Cologna Veneta a sua volta era stata segnalata da una ONLUS, il gruppo di intervento giuridico che si occupa anche di problematiche ambientali.
  Ho subito interessato la sezione di polizia giudiziaria della procura per una prima informativa, dopodiché la cosa si è sviluppata anche con il coinvolgimento, naturalmente oltre che dell'ARPA Verona, anche del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri. Spontaneamente si sono fatti avanti come memorie e produzioni documentali sia Legambiente sia Acque Veronesi, il gestore del consorzio idrico integrato che si occupa della distribuzione d'acqua potabile e non nella totalità o della totalità della provincia di Verona.
  Non so se lo sarà per molto, ma il procedimento è ancora allo stato un procedimento iscritto a carico di ignoti, anche perché sono in attesa di avere ulteriori comunicazioni, soprattutto per quanto riguarda i risultati di analisi, per poi fare il punto della situazione.
  In via generale, dalle analisi effettuate e dagli elementi raccolti, possiamo dire che il fenomeno di inquinamento da PFAS, per Pag. 14certi aspetti con valori abbastanza analoghi a quelli già constatati a Vicenza, riguarda 14 comuni dell'est veronese, che si trovano al confine della provincia di Vicenza, con una lingua di inquinamento, o comunque di presenza di queste sostanze, che si estende abbastanza verso sud, fino ad arrivare al comune di Villa Bartolomea, ai limiti della province di Rovigo, che lambisce nelle vicinanze anche Padova.
  Dagli accertamenti che sono stati compiuti dall'ARPAV, che ha ribadito anche tutte le informazioni acquisite da Vicenza, nonostante la zona in cui si presupponeva originarsi questa diffusione di PFAS sia estremamente urbanizzata, quindi con insediamenti sia civili sia produttivi notevoli, anche variegati – abbiamo anche concerie, industrie tessili, un aspetto di agricoltura con problematiche eventualmente anche di presenza di fertilizzanti molto forte – risalendo nella catena ipotizzata dell'inquinamento, anche per quanto riguarda noi è stato stabilito con certezza, come già registrato in passato, che la fonte dell'inquinamento da questi PFAS è proprio la Miteni di Trissino, stimata come la responsabile della presenza di queste sostanze tra l'85 e il 95 per cento di quello che si trova.
  Esaminando i depuratori gestiti da Arica installati nella provincia di Vicenza, che confluiscono nel condotto dell'Arica che sfocia in Cologna Veneta, quindi in territorio veronese, si è visto che quello di Trissino, proprio dove scarica la Miteni, aveva la stragrande maggioranza di PFAS, non l'esclusività. Si ritiene che sia così un po’ per le caratteristiche delle industrie nelle immediate vicinanze, che possono utilizzare queste sostanze nell'attività produttiva – il caso tipico sono le concerie – poi anche perché, come contribuzione indiretta da parte di queste sostanze, il pescaggio che viene fatto di acque sotterranee da parte di queste industrie al fine di utilizzarle nell'attività produttiva anche solo come acque di raffreddamento, è che dopo vengono reimmesse nel ciclo, in fognatura.
  Se le acque sotterranee, a loro volta, sono inquinate da PFAS proprio a causa dell'adiacenza della località con la produzione della Miteni, anche questo pescaggio di acque sotterranee che vengono reimmesse in circolo in questo modo contribuiscono alla presenza di queste sostanze inquinanti. Possiamo ritenere che anche questa percentuale, che non direttamente viene da Trissino, ma una buona percentuale possa essere attribuibile comunque ad attività della Miteni.
  Dicevo che la zona della provincia di Verona interessata da questo fenomeno comprende quattordici comuni, tutti nell'est veronese. Nell'informativa della sezione di polizia giudiziaria, quella preliminare che abbiamo fatto dopo che era arrivata la prima notizia di reato, veniva adombrata la possibilità che ci fosse un pericolo di diffusione degli PFAS anche molto più esteso in ragione dell'utilizzo e della diffusione del compost.
  L'ufficiale dell'ARPA, ancora in forza alla nostra sezione di polizia giudiziaria della procura, aveva segnalato anche la possibilità che, se venivano immesse nel circolo naturale dell'acqua anche tutte queste sostanze, che peraltro fino a poco tempo fa non venivano neanche cercate né controllate, e quindi finivano nelle acque reflue che poi confluivano nel depuratore, c'era una buona possibilità che finissero nei fanghi utilizzati per la depurazione, questi prelevati, trattati e trasformati in compost per la fertilizzazione di aree molto più ampie, non solo quelle delle adiacenze del depuratore stesso, e questo avrebbe potuto provocare anche un inquinamento più vasto, proprio a causa di questo trasporto involontario.
  Avevo allora demandato al Nucleo operativo ecologico di fare anche degli accertamenti di questo genere. Preannuncio che non sono stati cercati appositamente ancora degli PFAS ulteriori nella provincia di Verona. È stato fatto uno screening sui dati già disponibili in precedenza in relazione a queste sostanze. È arrivato un dato abbastanza tranquillizzante, ma non sappiamo ancora se lo è perché la situazione è veramente questa o perché nessuno ha ancora cercato effettivamente.

  LAURA PUPPATO. Tecnicamente, su questa sua comunicazione, è importante capire questo: lei dice, in buona sostanza, Pag. 15se non ho mal compreso, che dalle attuali valutazioni portate avanti da ARPAV relativamente all’humus, al terreno, al compost, non sono stati rilevati PFAS da questi screening, ma quello di cui non siamo certi è che siano stati cercati.

  FRANCESCO ROMBALDONI, Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona. È una delle cose che sarà oggetto di approfondimento.

  LAURA PUPPATO. Mi scusi, a quando risalgono questi screening?

  FRANCESCO ROMBALDONI, Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona. Gli screening risalgono anche al passato. Negli ultimi sei-sette anni, ho incaricato il NOE di effettuare un'analisi documentale delle varie segnalazioni pervenute nell'ambito della provincia di Verona, al fine di vedere se anche altre aree erano interessate da fenomeni di questo genere, se in passato fosse stata rilevata la presenza di PFAS in aree diverse da quelle della famosa striscia dell'est veronese presso la quale la situazione è abbastanza conclamata. Si parla, quindi, di un accertamento di natura preliminare effettuato sulle carte, sulla documentazione a disposizione.
  A metà giugno, mi è stato risposto che quest'analisi è stata dal punto vista ambientale abbastanza positiva. Sono state rinvenute solo due segnalazioni di presenza di PFAS in aree diverse da quelle interessate dall'emergenza di cui ci stiamo occupando, una in località Cadidavid, alla periferia di Verona, presso delle cartiere. È stata rilevata presenza di PFAS in due piezometri, ma di entità estremamente modesta, assolutamente non preoccupante.
  Nel 2011, era stata rilevata una presenza di PFAS abbastanza importante e preoccupante presso l'area di servizio Scaligera sud, area di servizio dell'autostrada A4 posta nelle vicinanze dell'uscita del casello di Soave. Proprio per la concentrazione solo in quel sito, gli operanti stessi ipotizzavano che quella situazione di inquinamento non fosse dovuta a un fenomeno naturale o pseudo-naturale, come quello di cui ci stiamo occupando, ma forse a una cisterna che si era fermata nel parcheggio e di notte ha scaricato. Questa è stata una delle spiegazioni che mi hanno dato, perché nelle vicinanze pare non siano stati trovate ulteriori sostanze di questo tipo, né ci fosse una ragione particolare di una particolare attività produttiva.
  A parte questi episodi isolati, quindi, che avevo fatto accertare per il discorso dell'allarme compost che mi era stato indicato dalla sezione di polizia giudiziaria, la situazione nel veronese è concentrata in quella striscia dei quattordici comuni di cui vi ho detto e che penso conosciate.
  Vorrei segnalare un discorso di inquinamento un po’ peculiare rispetto a quello di Vicenza come origine, almeno per quello che è emerso dai nostri primi accertamenti.
  Sappiamo dal corso delle indagini che la fonte di inquinamento, di immissione nel territorio, nelle acque, di questi PFAS, è triplice. Una sono le acque di raffreddamento ancora utilizzate dalla Miteni, che vengono scaricate nel torrente Poscola, per cui da qualche anno a questa parte vige un limite delle concentrazioni, dei limiti di performance indicati e adottati nell'autorizzazione integrata ambientale che la regione Veneto ha concesso.
  Un'altra, che penso sia più preoccupante e più difficile da eliminare, è quella della penetrazione di materiale, forse interrato, forse no, risalente a patire da 45-50 anni fa, nel sottosuolo della ditta. Piano piano, attraverso il terreno granuloso e ghiaioso, è sceso e ha raggiungendo la falda sotterranea, da dove si estende con una certa lentezza.
  Poi c'è la situazione che riguarda soprattutto il veronese, l'immissione di queste sostanze attraverso gli scarichi della Miteni nel depuratore di Trissino, che vengono convogliate nel condotto dell'Arica, dove peraltro sono convogliati anche gli scarichi di altri depuratori sempre della zona, che alla fine sfociano nel fiume Fratta, nel territorio di Cologna Veneta.
  Mi faceva notare l'ARPAV che probabilmente, per quanto riguarda il veronese, è questa la fonte di inquinamento principale, Pag. 16non solo proprio per ragioni topografiche. Nel vicentino la diffusione è stata molto lenta. Mi si dice che una striscia di terreno interessato dall'inquinamento si sta muovendo forse verso proprio Vicenza, a 14-15 chilometri di distanza dalla Miteni. Hanno calcolato una velocità molto lenta di diffusione, proprio perché si diffonde attraverso la falda, il terreno e il ghiaino.
  Nel veronese questa situazione è più estesa, perché tracce di queste sostanze sono state trovate, come vi dicevo, anche a Villa Bartolomea, che dista oltre 30 chilometri dalla Miteni. Questo significa che la diffusione è più veloce, che si spiega solo con il fatto che essa avviene tramite il condotto consortile dell'Arica.
  Si tenga presente che, una volta che sfocia nel fiume Fratta, subisce altre diluizioni in relazione anche alle necessità di irrigazione e poi quest'acqua viene utilizzata per molteplici scopi. Per l'irrigazione c'è il rischio che penetri nelle piante, negli animali e così via. Una parte di acqua può andare nel sottosuolo e può essere anche oggetto di captazione dai pozzi, anche perché ci sono nella zona molti pozzi privati, parecchi non censiti.
  Come mi è stato poi riferito in seguito alla delega d'indagine, le amministrazioni comunali praticamente di tutti i comuni interessati hanno emesso delle ordinanze, cercando di calibrare un po’ la situazione. La maggior parte di queste sono volte a obbligare i privati a dichiarare l'esistenza dei pozzi e a effettuare delle analisi. In alcuni casi, mi pare si tratti addirittura del divieto di utilizzo per potabilità di acqua prelevata da questi pozzi privati, con l'obbligo invece di avvalersi dell'acquedotto comunale, che dovrebbe essere più garantito.
  Se, da un lato, almeno dal punto di vista del veronese, per quello che ritengo, l'origine dell'inquinamento ha provocato un'estensione maggiore, dall'altro, avendo la sua fonte principale in questo canale, nel momento in cui le immissioni nel depuratore di Trissino, quindi il funzionamento del depuratore di Trissino, e le conseguenti immissioni nel canale Arica e poi nei bacini in cui questa acqua va a finire, dovessero trovare una regolamentazione e un controllo abbastanza puntuali e rigorosi, si spera che la situazione, seppure in tempi non brevi, possa vedere un miglioramento.

  PRESIDENTE. Mi scusi questa domanda, ma a vostra conoscenza si è sicuri che la fonte attiva che ha provocato l'inquinamento oggi non ci sia più? Il focolaio che avete individuato, mi sembra di capire, voi come altri, dell'80 per cento di questa azienda, mi pare che lasci un 20 per cento...
  97...

  FRANCESCO ROMBALDONI, Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona. Mi hanno fornito poi anche dei dati che abbassavano un po’...

  PRESIDENTE. Tra le tante cose, oltre all'inquinamento storico, già presente e si deve cercare di capire come risolvere, credo che la prima cosa da vedere è che non ci sia ancora una fonte di inquinamento in atto.

  LAURA PUPPATO. Non è chiaro.

  PRESIDENTE. Presumo, anche da un punto di vista di approccio giuridico e alla luce della nuova normativa, che l'approccio sarebbe molto diverso, o sbaglio?

  FRANCESCO ROMBALDONI, Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona. Assolutamente. Oltretutto, lei sa che la nuova normativa su inquinamento e disastro ambientale entrata in vigore l'anno scorso trova applicazione per i comportamenti tenuti a partire da maggio in poi...

  PRESIDENTE. Esatto. La domanda è esplicitamente questa. La domanda successiva è se avete indagini anche basandovi su questa situazione.

  FRANCESCO ROMBALDONI, Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona. Do immediatamente la risposta. Questa è la situazione: non possiamo dire che le fonti di inquinamento Pag. 17siano cessate. È stata notata con analisi nel corso del tempo una diminuzione dei carichi di PFAS, e per certi aspetti, soprattutto per quanto riguarda la fonte, il depuratore di Trissino, un rispetto dei limiti, peraltro molto elevati, mi pare 700.000 nanogrammi per litro, imposti alla Miteni.
  Allo stesso modo, è stato rilevato un cambiamento nelle sostanze che sono state rinvenute nel corso delle analisi eseguite periodicamente nei corpi ricettori. In passato, ma questo dipende dalla tipologia di produzione della Miteni, si trovavano PFAS con la catena a 8, che mi pare dal 2011 non dovrebbero essere più prodotti, mentre adesso si trovano quelli A4. Quelli A4 ci sono. L'ARPAV indicava che dovrebbero essere meno tossici, ma è una cosa che non si rinviene, per la quale comunque non sono stati dati riferimenti scientifici o letteratura. Anche per il discorso del principio di precauzione, quindi, dobbiamo ritenere che la vicenda sia sempre sotto attenzione.
  In ogni caso, anche in relazione a questi aspetti, mi pare non tanto per quanto riguarda le acque che finiscono nel canale consortile, quindi nel fiume Fratta, ma per le acque del torrente Poscola e per le acque prelevate con la barriera realizzata dalla Miteni nel sottosuolo della fabbrica stessa, a seconda anche delle precipitazioni, del livello della falda freatica, ci sono dei picchi che vanno anche al di là dei limiti posti.
  Venendo alla seconda osservazione, qui abbiamo anche un discorso giuridico, che chiaramente come procura della Repubblica dobbiamo tener presente. Per quanto riguarda l'aspetto dello scarico, come sapete queste sostanze non sono previste dalle varie tabelle dell'articolo 137 del testo unico sull'ambiente, che disciplina lo scarico e i limiti che devono avere le sostanze dello scarico, per cui non è perseguibile sotto quest'aspetto del 137. Peraltro, essendo uno scarico che viene a Trissino, la vicenda sarebbe di competenza comunque della procura della Repubblica di Vicenza.
  Abbiamo, invece, altre due norme che direi vengono in considerazione anche sotto l'aspetto del diritto intertemporale: una è la possibilità di ravvisare, per tutte le condotte antecedenti al maggio del 2015, il 434, il disastro innominato, così elaborato dalla giurisprudenza e su cui non mi soffermo. Adesso l'ipotesi può essere il 452-bis, –quater o –quinquies, a seconda che ci sia il disastro da inquinamento o che si possa qualificare come doloso o colposo. Chiaramente, può venire in considerazione solo a partire dalla fine di maggio del 2015.
  Sotto quest'aspetto si pone un problema delicato di tempistica, di modalità e tempi di inquinamento un po’ quello che vi ho detto. Per Vicenza, pare che proprio per le caratteristiche particolari dell'inquinamento la situazione che si constata adesso sia frutto di condotte molto antecedenti, forse risalenti fino a quarant'anni fa.
  Per quanto riguarda Verona, bisogna vedere se l'accelerazione che ahimè subisce la diffusione di queste sostanze in seguito al canale dell'Arica possa far ritenere che quello che ci troviamo adesso sia stato scaricato dalla ditta dopo il maggio del 2015. In questo caso, si tratterebbe di verificare se la fattispecie applicabile non sia solo il disastro innominato precedente, ma una delle forme di inquinamento o di disastro ambientale.
  Chiaramente, almeno per quanto mi riguarda, una volta acquisiti tutti gli atti, poi dovrà essere oggetto di indagini mirate più approfondite, probabilmente anche attraverso una consulenza. Adesso, però, la fase è ancora quella della raccolta del maggior numero di dati possibile, come avete visto non solo nella striscia che appare interessata, ma in quella un po’ più estesa della provincia.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LAURA PUPPATO. Procuratore, vorrei porle una domanda e fare un'osservazione.
  La richiesta nasce dal fatto che lei proviene dalla provincia di Verona, si occupa, come ha già detto, di una parte dei comuni, 14 sui 27 che però mi risulta siano gestite da Acque Veronesi con problematiche di questa natura. Magari mi spiegherà anche Pag. 18perché solo 14 su quei 27. La denuncia, lei dice, è partita non a caso da Cologna Veneta, il terminale finale di questo tubone Arica, da cui probabilmente per quel territorio nascono in larga parte i problemi che si sono evidenziati.
  Ora, rileggendo a freddo, risulta rimarchevole il fatto che le due audizioni che abbiamo avuto, quella relativa alle componenti amministrative e dell'ingegnere di Acque Veronesi, differiscano rispetto a quelle del consorzio Arica, che pure abbiamo audito.
  Le cito esattamente un tema sollevato da Acque Veronesi con motivazioni di grande preoccupazione. Diceva che i PFAS sono una famiglia di composti che si comportano in modo diverso, che le catene a lungo vengono trattenute dal carbone, quindi con 250 giorni di vita media e sostituzione, mentre non riescono a gestire quelle corte, nel senso che non possiamo di fatto trattare più nulla non riuscendone a spezzare le catene, in quanto risultano maggiormente stabili. Il consorzio Arica, invece, in qualche modo garantisce che gli impianti di depurazione siano tutelati e che la garanzia esista per quanto riguarda sia i fanghi sia le acque a prodotto finale.
  Rispetto a queste due diverse visioni della situazione in essere, vorrei capire se lei ha elementi che possano farci comprendere meglio quale sia effettivamente la situazione attuale. Sono due posizioni distanti, per quanto siamo riusciti a cogliere, da quelle di queste due istituzioni locali.
  Vengo a un'altra questione, e arrivo alla domanda. Il tema, come lei ha ben detto, riguarda più territori nel Veneto. Immagino sentiate il procuratore di Vicenza. Ci sono delle valutazioni che fate assieme rispetto a una tematica che ha la stessa origine e in qualche modo anche gli stessi effetti sul terreno, sulle acque, sulla popolazione.
  Da questa sinergia presunta siete giunti o non siete ancora giunti alla conclusione di decidere di lavorare insieme, di portare all'evidenza della procura generale di Venezia, per esempio, il caso? Qual è il vostro intendimento sul tema? Lavorare separati e staccati non credo convenga vista la complessità della materia e anche le diverse posizioni da parte dei singoli sindaci dei comuni o degli stessi gestori degli acquedotti. Anche qui, infatti, c'è una diversa posizione. Mi sembrava di ascoltare figure che avessero da trattare materie diverse, e invece trattavano la stessa materia, chi molto più fiducioso, chi molto più preoccupato, chi più sicuro, chi meno garantito.
  Può farci anche una sintesi delle volontà operative relativamente agli aspetti sia penali sia civili che sicuramente siete costretti a trattare come procura di Verona?

  FRANCESCO ROMBALDONI, Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona. Per quanto riguarda il contrasto tra Acque Veronesi e Arica, si tratta di una valutazione scientifica. Né con gli elementi che ho e tantomeno per conoscenza personale sono in grado di dire dove sia la ragione. Per conoscenza personale, so che Acque Veronesi si è impegnata molto ed è molto preoccupata. Ha cominciato a fare delle sperimentazioni anche per quanto riguarda la possibilità di eliminazione del PFAS, che per natura di Acque Veronesi ha parametrato a una installazione presso i depuratori, ma chiaramente, non può dire nulla su attrezzature, materiali e accorgimenti da adottare nello scarico della ditta.
  Sono state fatte delle sperimentazioni, individuando una particolare categoria di filtri a carboni attivi granulari, che darebbe risultati migliori rispetto ad altre tecniche che sono state comunque sperimentate. Facevano riferimento al PFAS in generale. È una comunicazione che mi è arrivata mi pare il mese scorso, dicendomi anche che la sperimentazione stava andando avanti, avevano anche investito fondi e risorse economiche, con un piccolo riscontro positivo in relazione all'utilizzo di questi filtri a carbone attivo granulari.
  Indicavano, però, anche che, se posizionati in un depuratore che tratta una massa d'acqua notevolissima, questi carboni attivi, che hanno un costo notevole, comporterebbero un innalzamento del costo del servizio, misurato a litro d'acqua trattata, di circa il 40 per cento, quindi un costo molto notevole. Pag. 19
  Per quanto riguarda l'aspetto del prosieguo delle indagini, non vorrei dire troppo, anche perché forse ci vorrebbe qui anche il procuratore di Vicenza. Comunque, ho le informative che ha anche lui. Ho tenuto delle riunioni sia col Nucleo operativo ecologico sia con l'ARPAV, venuti a presentarmi le risultanze delle loro indagini e dei loro accertamenti. Il giorno stesso o il giorno successivo sarebbero andati a Vicenza a depositare gli stessi atti. Non c'è, quindi, una duplicazione inutile dell'indagine, per cui Vicenza non sa cosa fa Verona e viceversa.
  Proprio perché Verona ha delle peculiarità sotto l'aspetto sia dei comuni interessati sia delle modalità di inquinamento e di origine dell'inquinamento, per il momento mi sto concentrando proprio nel curare esclusivamente quest'aspetto. Una volta acquisito un maggior numero di atti, vedremo che cosa sarà. Potrebbe anche essere che venga tutto unificato o no.
  I quattordici comuni mi sono stati segnalati dall'ARPAV in un loro elenco espresso nelle ultime comunicazioni che mi hanno inviato.

  PAOLA NUGNES. Mi perdoni se forse le mie domande le potranno sembrare un po’ ingenue. Probabilmente, mi manca qualche informazione, che invece è all'evidenza di tutti.
  Come mai, se è stato accertato che l'85-95 per cento della fonte è a carico della Miteni, il procedimento è iscritto a carico di ignoti?
  Visto che dal 2011 la produzione è cambiata in tipologia e ci sono assicurazioni da parte della Miteni, come mai non si è andati alla fonte a fare una verifica? Stiamo valutando sempre a valle di quello che ci arriva per valutare se ancora ci sia questa produzione di inquinanti e in che misura, e non si va alla fonte.
  Inoltre, se questi costi per i carboni attivi sono così notevoli, ed è chiaro dove c'è la fonte di inquinamento, l'attribuzione della spesa è anche di chiara determinazione. Perché non si arriva a una determinazione in relazione a questo?

  FRANCESCO ROMBALDONI, Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona. Non vorrei dire qualcosa di riservato.

  PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio video.

  (La Commissione prosegue in seduta segreta, indi riprende in seduta pubblica)

  FRANCESCO ROMBALDONI, Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona. Mi pare che gli accertamenti non siano solo a valle, ma siano stati anche alla fonte, con numerosi controlli all'interno della Miteni, del ciclo produttivo, con l'imposizione anche della costruzione di piezometri e di una barriera idraulica vera e propria nel sottosuolo della Miteni, al fine di emungere le acque inquinate che erano percolate nel sottosuolo e rischiamo di arrivare in falda.
  Adesso queste acque, tramite questi piezometri, questi pozzi di emungimento, vengono raccolte dalla Miteni stessa, trattate, si spera in modo adeguato, e utilizzate di nuovo nel ciclo produttivo, per finire nel torrente che ho indicato prima come acque di raffreddamento. Come tali devono rispettare i limiti posti dall'autorizzazione integrata ambientale. Non c'è, quindi, solo un controllo a valle, ma c'è stato un intervento a monte, pretendendo anche che la Miteni si attivasse, mi pare realizzando 17-18 piezometri.
  Quanto al costo, è sicuramente giusto quello che dice lei, anche perché rispetta il principio generale di chi inquina paga, per cui il costo dovrà essere alla fine attribuito alla società che ha inquinato. Tenga presente, però, che stiamo parlando ancora di un aspetto teorico. È solo uno studio di fattibilità e di costo. Ancora questi filtri a carboni non sono stati effettivamente installati nei depuratori.
  È, almeno per quello che mi risulta, una delle ricerche che sta facendo Acque Veronesi per individuare il sistema migliore per abbattere la presenza di questi PFAS nelle acque di scarico. Nel momento in cui verrà individuata la migliore tecnologia, verranno Pag. 20 poi installati, ma ancora l'aspetto del costo non è concretato, perché ancora non sono attivi. È uno studio di costo, almeno per quello che so io, per quello che mi è stato riferito.

  LAURA PUPPATO. Ho una domanda integrativa di quelle che ho già posto.
  Giustamente, procuratore, mi ha detto che insieme a Vicenza vi state scambiando, state analizzando gli stessi dati: si è creato un coordinamento tra le due procure o tutto avviene ancora in modo informale?

  FRANCESCO ROMBALDONI, Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona. Avviene in modo informale. Io so perfettamente che gli atti che arrivano a me poi arrivano anche dall'altra parte. C'è uno scambio di informazioni.

  LAURA PUPPATO. La procura generale è informata di questa situazione che riguarda le due procure, per cui è opportuno che ci sia magari anche un perno, un coordinamento?

  FRANCESCO ROMBALDONI, Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona. Penso che la procura generale sia informata della situazione. Non è mai intervenuta sul discorso...

  LAURA PUPPATO. Ma non è mai intervenuta ufficialmente. Non avete inviato comunicazione...

  FRANCESCO ROMBALDONI, Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona. No.

  ALBERTO ZOLEZZI. Ci sono altre inchieste importanti sulla qualità delle acque nella provincia di sua competenza?
  Inoltre, lei ha citato l'esempio del compost o quello che può essere tutto quello che viene sparso sui campi, i fanghi e simili. Mi pare di capire che non siano stati fatti dosaggi su questi materiali, fertilizzanti, fanghi, compost. Lei ha detto che da quest'analisi documentale sono risultati solamente questi due superamenti, apparentemente non dovuti a inquinamento primario di questo stabilimento: questa mancanza di superamento è una concentrazione zero o un valore non particolarmente significativo?
  C'era anche una direttiva europea che stabiliva, appunto, un valore di performance di mezzo nanogrammo su litro relativamente allo sconsigliare di portare nell'ambiente questi materiali. Se dosando i perfluoroalchili sui fanghi o sul compost trovo delle concentrazioni elevate, teoricamente dovrei iniziare a pormi il problema forse che in quella zona, finché rimane la contaminazione delle falde, se capto acqua a scopo civile o industriale, posso avere dei fanghi o dei reflui che poi possono essere contaminati.
  Vorrei anche sapere se ci siano già esposti di cittadini per danni alla personale salute, se avete pensato di valutare o se siete a conoscenza di valutazioni della filiera agroalimentare. Sono stati fatti riferimenti a prospettive di analisi, per esempio, della filiera vitivinicola.
  Per quanto riguarda le sostanze a catena corta, avete un'idea di come potrete porvi? È acclarata la maggiore solubilità di queste sostanze e anche la maggiore velocità di diffusione: avete già qualche idea, secondo il principio di precauzione, in attesa di qualche incidente probatorio? Forse quel tipo di produzione andrebbe stoppato.

  FRANCESCO ROMBALDONI, Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona. Per quanto riguarda i fanghi, come le ho detto, era un'ipotesi, un allarme che aveva sollevato la sezione di polizia giudiziaria della procura della Repubblica di Verona. Gli accertamenti compiuti, come le avevo accennato, hanno dato esito negativo in relazione alle analisi effettuate anni orsono, fino a recentissime, tranne per quei due episodi.
  Ho citato quello della cartiera di Cadidavid, in cui erano stati rilevati i PFAS, ma in concentrazioni estremamente ridotte, al di sotto della soglia di rischio. Al di là di questi due, non è stato rilevato nulla per il momento nel territorio veronese. Pag. 21
  Quanto agli esposti per la salute, tra i vari atti ho acquisito anche una memoria con nomina difensore da parte di Legambiente, ma esposti per la salute da parte di cittadini non ne sono arrivati, o almeno nel mio fascicolo ancora non ce ne sono.
  La filiera alimentare è oggetto di estrema attenzione anche da parte delle deleghe di indagine che abbiamo dato. In questo momento, sono stati acquisiti anche i risultati disponibili dal punto di vista scientifico in relazione alle conseguenze che possono avere questi prodotti sulla salute umana, in modo particolare uno studio effettuato a partire da una situazione di inquinamento che risaliva agli anni Cinquanta e che è emersa qualche decennio dopo negli Stati Uniti, in Ohio, per gli scarichi della società DuPont nel fiume Ohio.
  Per quello che ho potuto vedere dalle comunicazioni che mi sono state inviate, la preoccupazione di eventuali problemi alla salute dei cittadini è legata più che altro all'assunzione di acqua e meno all'assunzione di sostanze alimentari, di cibi. Sono state individuate anche particolari tipologie di alimenti, come le uova delle galline allevate a terra o particolari tipologie di pesci d'acqua dolce, che potrebbero essere più soggetti di altri come veicolo di introduzione nel corpo umano di queste sostanze.
  Per quanto riguarda il principio di precauzione, come vi ho detto, adesso la procura della Repubblica agisce in prima persona intervenendo, ma deve anche avvalersi delle conoscenze scientifiche a disposizione. Sotto quest'aspetto, mentre è acclarata la particolare nocività di questi PFAS a catena a otto, per quanto riguarda il PFAS a catena a quattro c'è ancora, come abbiamo sentito prima, una certa incertezza, una certa discussione in relazione alla nocività.
  Dobbiamo anche tenere presente che la Miteni opera dietro autorizzazione integrata ambientale da parte della regione, che ha autorizzato la produzione di determinate sostanze, che sottopone a determinati limiti massimi entro i quali possono essere prodotte. Di conseguenza, abbiamo anche questo riferimento da tenere presente nella valutazione dell'eventuale pericolosità anche sotto il profilo, che si vedrà, dell'elemento soggettivo del reato, specialmente nel momento in cui si arriverà a una contestazione di natura dolosa.
  L'avverbio «abusivamente» nelle fattispecie sia del disastro sia dell'inquinamento ambientale significa... Questa, chiaramente, è una valutazione successiva.

  PRESIDENTE. Le chiedo anche un'altra cosa: secondo lei, se dovesse, pur in presenza di un'autorizzazione ambientale amministrativa – di questo si tratta – essere cagionato un inquinamento ambientale, quell'autorizzazione...

  FRANCESCO ROMBALDONI, Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona. No, lei sa meglio di me che si è abbastanza discusso sul punto, ma per come la vedo io l'autorizzazione è un dato formale che ha un suo valore, ma stiamo parlando di reati di evento: l'evento supera tutte le formalità amministrative.

  PRESIDENTE. Stiamo facendo un ragionamento teorico, ma anche nei confronti di chi rilascia un'autorizzazione che cagiona un inquinamento misurabile, non si va a verificare...

  FRANCESCO ROMBALDONI, Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona. In via del tutto teorica – parliamo in generale dell'applicazione della nuova normativa sul disastro e l'inquinamento ambientale – ci mancherebbe altro, non sarebbe neanche una novità. È nozione comune di tutti i giorni che si procede per costruzioni abusive, per violazione della normativa urbanistica, anche a fronte di immobili realizzati con il permesso di costruire formalmente regolare, quindi con piena disapplicazione, come può fare tranquillamente il giudice penale, dell'atto amministrativo, ancora con la legge del 1865.
  Se l'atto amministrativo che viene in concreto disapplicato nella valutazione della situazione addirittura risulta essere il frutto di un accordo illecito tra le parti, Pag. 22allora ci sono anche tutti gli ulteriori profili di abuso d'ufficio, di corruzione. Si vedrà.
  L'aspetto particolare della normativa ambientale è che abbiamo la possibilità, eventualmente, anche di procedere sotto l'aspetto colposo. Anche se l'autorizzazione a monte che ha posto le condizioni perché l'azienda producesse e inquinasse è stata fatta non in seguito a un accordo, ma anche solo con la previsione, il dolo eventuale, di quello che sarebbe potuto succedere, se è stata rilasciata anche solo con leggerezza, con negligenza per aver trascurato o per non aver guardato le evidenze scientifiche disponibili al momento, si potrà procedere senz'altro.
  Il possesso di autorizzazioni o meno va tenuto in considerazione, ma se tutto fosse formalmente regolare questo non cambia nulla a fronte di una situazione di inquinamento. Questo è assolutamente pacifico, almeno per quanto mi riguarda, ma penso per tutti.

  PAOLA NUGNES. Ha esplicitato tutto il mio pensiero nell'esposizione.
  Da un punto di vista procedurale, se non si ravvisa un dolo, un'intenzione, e poiché non è una licenza edilizia che ha già creato un danno, ma è un'autorizzazione che permette che sia in corso una produzione, la procura fa un atto di richiesta di sospensione dell'autorizzazione o deve aprire un procedimento?

  FRANCESCO ROMBALDONI, Sostituto procuratore presso il tribunale della Repubblica di Verona. No. Si può intervenire pesantemente sull'autorizzazione concessa, e quindi sull'attività formalmente lecita da parte di una ditta, sempre in linea generale, emettendo provvedimenti anche di natura cautelare, come il sequestro preventivo, che di fatto riconosce che l'autorizzazione esistente o non è legittima o comunque non risponde agli interessi del bene giuridico tutelato, per cui si impone la sospensione, senza la necessità di chiedere all'autorità emittente di revocare il suo provvedimento.

  PRESIDENTE. La ringraziamo anche per l'appendice finale, che è sempre utile per chiarirci le idee. Se avremo bisogno di qualche notizia o approfondimento, la ricontatteremo.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50.

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