XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 86 di Mercoledì 25 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione del Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico, Antonello Giacomelli:
Fico Roberto , Presidente ... 3 ,
Gasparri Maurizio  ... 3 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 4 ,
Airola Alberto  ... 4 ,
Fico Roberto , Presidente ... 4 ,
Giacomelli Antonello (PD) , Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico ... 4 ,
Margiotta Salvatore  ... 9 ,
Airola Alberto  ... 10 ,
Minzolini Augusto  ... 11 ,
Gasparri Maurizio  ... 12 ,
D'Ambrosio Lettieri Luigi  ... 14 ,
Fico Roberto , Presidente ... 14 ,
Ciampolillo Lello  ... 14 ,
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 15 ,
Verducci Francesco  ... 16 ,
Villari Riccardo  ... 17 ,
Fico Roberto , Presidente ... 18 ,
Giacomelli Antonello (PD) , Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico ... 18 ,
D'Ambrosio Lettieri Luigi  ... 21 ,
Giacomelli Antonello (PD) , Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico ... 21 ,
Airola Alberto  ... 22 ,
Giacomelli Antonello (PD) , Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico ... 22 ,
Fico Roberto , Presidente ... 23

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'art. 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Antonello Giacomelli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Antonello Giacomelli che, anche a nome dei colleghi, ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione. Ricordo che con tale audizione la Commissione è interessata ad acquisire elementi informativi in merito al rinnovo con la Rai della concessione per l'affidamento del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale.
  Do la parola al senatore Gasparri che ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori.

  MAURIZIO GASPARRI. Pur comprendendo che, per quanto riguarda il referendum, le normative pongono tempi di rigida e burocratica regolamentazione degli spazi di comunicazione, vorrei, a maggior ragione, reiterare la richiesta che avanzai la scorsa volta alla Commissione di vigilanza, alla luce di quanto avviene, che ha indotto il mio gruppo, tramite il presidente Brunetta, a presentare un esposto all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per aspetti che riguardano le violazioni che riteniamo siano in corso durante la campagna amministrativa. Ricordo che tale campagna è regolata dalle norme vigenti e, comunque, i princìpi generali dell'ordinamento in materia valgono sempre, ma noi riteniamo che siano stati violati ampiamente anche in riferimento alla campagna referendaria. Si voterà a ottobre, è vero, ma non si può arrivare da qui a ottobre con questa palese violazione, che ha visto anche domenica interventi multipli di esponenti di partiti con uno squilibrio vistoso. Ho chiesto la settimana scorsa – e so che l'Ufficio di presidenza ha «liquidato» la vicenda, però lei Presidente non era presente – e ho ribadito anche pubblicamente la richiesta di una riunione per una discussione. Non so se siamo in grado di fare un atto di indirizzo, comunque se si scoprirà che è legale e corretto quello che sta avvenendo, ognuno farà quello che ritiene, ma credo che la Commissione possa e debba riunirsi perché la scadenza che abbiamo di fronte – e mi fermo qui per economia di tempo – abbia un'importanza e una valenza che non devo stare qui a sottolineare. Vorrei, dunque, che ci fosse una riunione della Commissione su ciò che sta avvenendo. Dopodiché, ognuno sosterrà, in punto di diritto o in punto di politica, quello che ritiene e vedremo quello che accadrà. Siamo anche un organo politico e istituzionale, ma non possiamo privarci del dovere di affrontare la situazione. Lo dico in maniera molto pacata, poiché non è necessario in questa sede citare episodi specifici. È tutto noto e il mio è solo un intervento sull'ordine dei lavori, Pag. 4dando appunto per noto ciò che abbiamo contestato nelle varie sedi.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Intervengo sull'ordine dei lavori. La scorsa settimana, a fronte della lettera che è stata inviata dal presidente Gasparri, l'Ufficio di presidenza ha affrontato la questione, e credo lo abbia fatto anche nella maniera più corretta, nel senso che è stata ribadita la volontà che la Commissione compia fino in fondo il proprio dovere, come ha sempre fatto. Dunque, nel momento in cui verrà fissata la data del referendum, ci saranno i quesiti referendari e nei tempi previsti dalla legge approveremo il regolamento applicativo della legge sulla par condicio.
  Se non sbaglio, oggi è prevista una riunione dell'Ufficio di presidenza, successivamente all'audizione, dunque non vi è alcun problema ad affrontare nuovamente la questione, avendolo già fatto – pubblicamente, con questo meccanismo ormai consueto del dialogo attraverso i comunicati sulle agenzie – nella scorsa riunione dell'Ufficio di presidenza. Ribadiamo tuttavia il nostro punto di vista, ossia che la Commissione di vigilanza debba fare il proprio compito. Devo dire – e concludo, Presidente – che mi ha invece colpito la presa di posizione di alcuni membri del consiglio di amministrazione della Rai. Questo sì, mi sembra davvero curioso. Ci sono alcuni membri del consiglio che chiedono di essere auditi dalla Commissione per dire che dovremmo intervenire. Sono stati eletti nel consiglio di amministrazione, non sono lì per rappresentare la parte politica che li ha indicati o votati (peraltro, il voto è segreto), ma sono lì per fare gli interessi dell'azienda nell'ambito della concessione di servizio pubblico. Quello è il loro ambito. L'invito è di svolgere il proprio compito, come credo debba fare la Commissione di vigilanza, e non prestarsi a queste strumentalizzazioni politiche. Credo che anche di questo dovremmo discutere in Ufficio di presidenza, dopo l'audizione del Sottosegretario Giacomelli.

  ALBERTO AIROLA. Sempre sull'ordine dei lavori. Ero presente all'Ufficio di presidenza, ma purtroppo eravamo veramente in pochissimi, quindi la discussione è stata giustamente rimandata. Presumo che sia opportuno farla in coda all'audizione del Sottosegretario Giacomelli, in maniera da non portare via tempo, anche perché l'argomento è ampio. Abbiamo avuto recenti notizie sui giornali riguardo al caso del referendum, della correttezza e del pluralismo dell'informazione Rai sulla questione referendaria di ottobre. Per me va bene posticipare a dopo la discussione, altrimenti consumeremmo presumibilmente il tempo dedicato al sottosegretario solo per parlare di questo tema.

  PRESIDENTE. Confermo che al termine dell'audizione del Sottosegretario Giacomelli si svolgerà l'Ufficio di presidenza e, come primo punto, parleremo proprio di questa questione e prenderemo una decisione.
  Do la parola al Sottosegretario Giacomelli, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, eventuali domande e richieste di chiarimento.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Vorrei iniziare ricordando brevemente il processo complessivo che stiamo compiendo insieme, ciascuno per le sue prerogative e con le sue opinioni, sulla questione che riguarda il servizio pubblico. Ne abbiamo parlato altre volte, quindi mi limito a richiamare gli elementi di questo dialogo e di questo confronto che tra noi c'è sempre stato.
  Il disegno complessivo di intervento sul servizio pubblico prevedeva sostanzialmente tre elementi, a cui poi si è aggiunta una possibilità ulteriore: la riforma del canone; la riforma della governance; il rinnovo, o meglio la nuova convenzione con Rai, identificata, insieme al conseguente contratto di servizio, come l'occasione vera per mettere a punto i temi e le questioni della nuova identità di servizio pubblico. Inoltre, si è aggiunto, nel testo della legge approvata dal Parlamento, il riordino del Testo unico sui Pag. 5servizi media audiovisivi e radiofonici. Sapete meglio di me che il punto principale è che nessun intervento di riforma ha abrogato quelli precedenti, per cui coesistono strati normativi di diverse epoche, con qualche effetto distorsivo.
  La riforma del canone è stata affrontata nella legge di stabilità; sulla legge sulla governance ovviamente non ritorno, poiché ne abbiamo parlato e discusso in molte sedi. Ora è il momento in cui si avvia il passo forse più importante del percorso complessivo. Noi l'abbiamo iniziato esattamente, come previsto dalla legge, con la consultazione pubblica sul servizio pubblico. Era previsto, era uno degli impegni che i gruppi politici avevano chiesto quando avevamo discusso la legge. È previsto dalla legge, era nelle nostre intenzioni e nei progetti che avevamo annunciato, e con la collaborazione di Istat il ministero ha avviato una consultazione pubblica aperta a tutti i cittadini. Sul sito www.cambieRai.gov.it resterà on line 45 giorni, sostanzialmente fino alla fine di giugno, un questionario di 36 domande – è ormai pubblico, quindi solo come atto di rispetto e di omaggio verso la Commissione ne deposito una copia – predisposto grazie a un importante lavoro svolto da sedici tavoli tecnici. Non è dunque il Governo che ha scelto i temi, anche se, se riprendessi i confronti che abbiamo avuto nelle sedi parlamentari e politiche, è difficile andare oltre quei temi, quelle sono le questioni centrali, e le conosciamo, del servizio pubblico.
  È un questionario aperto a tutti i cittadini ed è la prima volta che in Italia una consultazione di questo tipo viene fatta. Sono grato a tutti coloro che hanno accettato di partecipare ai tavoli tecnici il 12 aprile e che hanno prodotto un lavoro davvero di qualità sui diversi aspetti e temi che riguardano il servizio pubblico, o sui temi che dovrebbero riguardare il servizio pubblico. A questi tavoli hanno partecipato rappresentanti del mondo della cultura, del sapere, del made in Italy, del digitale, tutti i rappresentanti del sistema Paese. Ho visto che vi è stata qualche lamentazione di qualche addetto ai lavori interno a Rai o magari prossimo a questi temi, ma lo scopo di questi tavoli e della consultazione era allargare lo spettro di coloro che discutono di servizio pubblico, non creare una nuova occasione per quelli che, a torto o ragione, si ritengono addetti ai lavori. La consultazione, come detto, terminerà alla fine di giugno; entro luglio lo schema della nuova concessione – sottolineo, lo schema, perché è una parte del percorso – verrà deliberato dal Consiglio dei ministri e sarà trasmesso alla Commissione parlamentare di vigilanza per il parere.
  Penso che la nuova concessione dovrà fornire una definizione chiara e attuale del mandato di servizio pubblico che affidiamo a Rai. Non lo immagino come un adempimento burocratico o una prosecuzione dell'esistente. Al contrario, vorrei – e credo che insieme potremo raggiungere l'obiettivo – che fosse un documento innovativo e propositivo. Esso riguarderà i prossimi dieci anni, questo è il termine che immaginiamo per la concessione, quindi deve guardare a un periodo di tempo molto ampio. Spero che questo atto, se avrà le caratteristiche che dicevo e se sarà capace di poter raccogliere – penso anche dalla consultazione pubblica, dal lavoro degli esperti, anch'esso on line e visibile da tutti – le spinte innovative e di domanda di attualizzazione del servizio pubblico, potrà dare forse un maggior impulso al lavoro affidato ai nuovi vertici Rai e che è quello di procedere a una trasformazione reale del servizio pubblico.
  Dopo il parere della Commissione, lo schema tornerà arricchito dalle sue valutazioni al Consiglio dei ministri, che delibererà in modo definitivo entro il 31 ottobre. Sapete che il termine della concessione è stato spostato al 31 ottobre per non strozzare i tempi di un confronto, che invece vogliamo assolutamente aperto e ampio. Entro sei mesi dall'affidamento della concessione, ci sarà la predisposizione del nuovo schema di contratto di servizio e il percorso che conoscete, con il ruolo della Commissione e la stipula definitiva del contratto di servizio. Pag. 6
  Abbiamo dunque davanti il periodo in cui una serie di questioni, poste molte volte nei nostri confronti e che riguardano il cuore del mandato, ora non solo possono ma devono trovare cittadinanza, in un confronto che davvero vorremmo non si limitasse all'ambito politico. Peraltro, non ho dubbio che i gruppi politici, nell'assoluta libertà di iniziativa, avranno modo, attraverso gli strumenti propri della vita parlamentare, di individuare altri e diversi momenti in cui il confronto potrà essere sviluppato. Ho visto che si fa spesso riferimento – ed è inevitabile – nel paragone, quando si parla di servizi pubblici, al modello inglese, alla BBC. Anche la Gran Bretagna ha fatto un percorso analogo di consultazione pubblica e di discussione sul senso del servizio pubblico, con alcuni elementi che mi piace sottolineare. Mi pare che ci sia il superamento del modello del trust in Inghilterra. Ricordo, a proposito della governance, quante volte le discussioni tra noi hanno evocato quel modello. L'altro elemento è la modernizzazione del canone di abbonamento. Mi pare, se dovessimo tracciare un parallelo, che il dibattito non sia diverso nel nostro Paese e questi sono i termini: l'attualizzazione del mandato di servizio pubblico, una rifondazione di senso del servizio pubblico, il modello di governance e la rivisitazione del cannone di abbonamento.
  Noi, senza pretesa di farne naturalmente il testo guida della riflessione, abbiamo già espresso alcune opinioni. Quando il Consiglio dei ministri, ormai molti mesi fa, licenziò la legge sulla governance, approvò contemporaneamente delle linee guida che erano l'esplicitazione del pensiero del Governo per aprire il confronto sul servizio pubblico. Sono sei punti, essenzialmente, che ho visto avere avuto nel dibattito minor fortuna rispetto al sistema dei poteri dell'uno o dell'altro organo, ma che per noi non erano certo meno importanti.
  Esse dicevano che la linea per la Rai era la trasformazione in media company, una realtà capace di essere presente e di produrre per tutte le piattaforme lineari e non lineari; richiamavano l'attenzione all'innovazione tecnologica; indicavano la necessità di una ridefinizione della propria offerta editoriale, la mission, il numero dei canali televisivi, anche in relazione alle possibilità offerte dalla convergenza, la necessità che Rai acquisisse un più significativo profilo internazionale con la produzione di programmi in lingua inglese, ma anche la creazione di un canale culturale all'altezza dei migliori esempi europei; lo sviluppo di una capacità di relazione, in termini di collaborazione industriale, produttiva e di coproduzione con altre realtà non solo europee, in grado di corrispondere a un desiderio diffuso d'Italia che c'è nello scenario internazionale e soprattutto agli interessi vitali nel nostro Paese.
  In questo senso, per noi la Rai è il traino dell'industria audiovisiva nazionale, è il perno del sistema. Deve passare da una riflessione in termini di azienda a una sorta di bilancio sociale di un intero settore, quello della creatività, quello della produzione e quello della innovazione, superando un'impostazione che nei decenni alle nostre spalle l'ha vista come controparte, più che come perno e come motore.
  Ci aspettavamo – lo abbiamo esplicitato – da parte di Rai il completamento di un piano di riforma dell'informazione finalizzato a ridurre le testate giornalistiche e a rafforzare la produzione di reportage, di documentari, di approfondimenti. Capisco che questa possa sembrare un'indicazione non di dettaglio; è così, è volutamente così, perché, come ho detto altre volte, credo che ci sia un confine tra l'indicazione che le istituzioni e la politica devono dare e l'autonomia di traduzione di chi ha le dirette responsabilità. Infine, un ruolo meno timido di Rai nel concorrere all'azzeramento del digital divide e nell'essere un riferimento per la strategia dell'Agenda digitale, che è cruciale per il nostro Paese, non tanto per l'azione di questa o quella compagine. Su questo, tuttavia, non abbiamo ritenuto di centrare l'azione, offrendo semplicemente un punto di vista, ma abbiamo voluto che la Pag. 7consultazione pubblica e il dibattito conseguente si aprissero a una riflessione che veniva da una realtà diffusa. Quindi, 140 persone, come dicevo, in rappresentanza di 62 associazioni, di 20 enti pubblici, di 11 centri studi, hanno accettato di concorrere a una giornata di riflessione e di elaborazione il 12 aprile scorso. Devo dire che, per l'organizzazione nella giornata, Rai ha mostrato grande e piena disponibilità.
  Quali sono le indicazioni uscite dai tavoli? Il materiale, lo ripeto, è on line ed è da tutti valutabile con la discrezionalità e la libertà più assoluta. Tuttavia, oggettivamente la riflessione che è uscita dai tavoli non solo non sconfessa, ma rafforza la necessità di una nuova dimensione internazionale di Rai, di una dimensione in cui Rai sia compiutamente capace di trasmettere il ruolo del nostro Paese, i suoi interessi, la sua vocazione culturale, capace di costruire prodotti innovativi e di trainare il complesso delle aziende e della produzione italiana.
  È uscito confermato il ruolo di Rai sull'alfabetizzazione digitale, e confermata l'attesa di un ruolo di Rai come perno e aiuto di un sistema complessivo. In ordine a ciò, finisco con due annotazioni – emerse vorrei dire progressivamente – presenti nel questionario, che son ben presenti nel dibattito pubblico e fanno parte di questo nuovo ruolo che Rai deve avere.
  Il primo tema è quello delle risorse, ed è stato sollevato da più parti. Parto da una premessa: mi piace constatare che fino all'iniziativa del Governo sul canone tutto questo dibattito e attenzione su un'evasione del 30 per cento non era ritenuta degna di grandi iniziative. C'era un quieto vivere su cui mi pare tutti si fossero attestati. Perfino i più tenaci protagonisti dei programmi di approfondimento delle tv private, che non hanno mai trovato, nemmeno quando lavoravano nel servizio pubblico, particolare occasione per approfondire questo tema, al contrario li vedo ora come scopritori della complessità di questa iniziativa. Va detto tuttavia che l'iniziativa per eliminare l'evasione e recuperare risorse a me pare niente altro che la volontà, da parte del Governo, di attuazione di un'idea potrei dire bipartisan, perché è stata tentata da governi di vario segno nel passato – l'unica cosa che abbiamo fatto di diverso è realizzarla, superando tutte le questioni che sono state a vario titolo poste – e va detto che questa iniziativa ha l'obiettivo di fermare il percorso per cui si tollerava l'evasione di una parte di cittadini e si aumentava ogni anno il canone per gli altri, con il primo risultato di diminuire fin da subito il canone per tutti, con il vantaggio per chi lo paga e recuperare risorse al sistema. Detto questo, sul tema delle risorse c'è piena disponibilità a fare una riflessione più approfondita, occorre mantenere il senso della proporzione e dell'equilibrio fra i diversi tipi di risorse che riguardano Rai, quelle che derivano cioè dal canone e quelle dalla pubblicità, ed è del tutto evidente che in un momento come questo, dove la pubblicità è risorsa progressivamente scarsa per il sistema dell'informazione, una riflessione di questo tipo è tutt'altro che fuori luogo. L'ho detto anche agli editori televisivi e di carta stampata che hanno posto il tema: sono contento dell'insistenza con cui viene posto, perché si dà per scontato che l'iniziativa del Governo raggiunga gli obiettivi e magari vada anche oltre, ma credo sia giusto dire che è un dibattito che va ripreso all'indomani dell'acquisizione di un punto di verifica più concreto. Questo non mi impedisce di dire, però, che questa disponibilità alla discussione sui meccanismi delle risorse comporta anche di per sé una definizione implicita, ma non per questo meno importante, del valore delle risorse e quindi fin da ora si può dire che, in particolare per chi ha la responsabilità di svolgere il servizio pubblico, non può mettere in campo strategie che fanno perdere di valore a una risorsa che magari per Rai è accessoria rispetto al canone, ma che per il sistema delle aziende private è l'ossigeno. Il rispetto per il valore delle risorse è un punto che va affermato indipendentemente dai percorsi di modifica delle modalità di pagamento, Pag. 8ed è punto di valore a cui l'azienda che ha il mandato del servizio pubblico deve attenersi. Occorrerà trovare una modalità di discussione dell'argomento. Sappiamo le complessità nuove che si sono aggiunte su questo tema, ma confermo l'assoluta disponibilità a discutere.
  Peraltro, immagino che sia una sorta di attesa per l'esito di questo confronto e di questa discussione che ha impedito finora al consiglio di amministrazione della Rai di lavorare a un vero e proprio piano industriale, limitandosi in questa fase ad alcune indicazioni di massima, di valore più politico che industriale. Mi auguro che l'acquisizione di ulteriori elementi consenta di andare un po’ più avanti su questa strada, in modo tale che ciascuno per la propria parte si assuma la propria responsabilità.
  L'altro punto riguarda la cura e l'attenzione per un'altra risorsa scarsa, che è la questione dello spettro e delle frequenze. Sono due gli elementi di riflessione, a mio giudizio, ma sono disponibile a raccogliere altri suggerimenti. Il primo è il grado effettivo di copertura del territorio nazionale. La norma fissa una percentuale per il Mux 1 anche molto alta, ma è del tutto evidente che vi sono zone del Paese – gli amministratori lo fanno presente – dove c'è l'impossibilità di fruire dei programmi del servizio pubblico. Credo che come ci proponiamo di essere efficienti nel recupero delle risorse e nella lotta all'evasione, dobbiamo mostrare altrettanta efficienza nella volontà di garantire a tutti coloro che lo desiderino la fruizione del servizio pubblico per cui chiediamo di pagare. Per questo, anche immaginando connessioni fra le diverse azioni del Governo – penso al piano della banda ultralarga – la nuova e ritrovata capacità di presenza sul mercato di una RaiWay tonificata dalla quotazione in Borsa, credo sia uno dei temi che va affrontato.
  Quanto al secondo elemento, siamo intervenuti anche in modo pesante, e non potevamo fare diversamente, sulle frequenze interferenti che riguardano l'emittenza privata locale, un tema ineludibile che l'Italia si trascinava dietro fin dallo switch-off e che non potevamo, nell'interesse di nessuno, ulteriormente tollerare. Credo che, come abbiamo chiesto agli editori delle tv private locali di accettare una logica di attenzione e di cura nel rispetto del piano delle frequenze, anche su questo tema – mi riferisco alla banda 700 e alle trasformazioni che sono davanti a noi – dobbiamo fare una verifica dell'effettiva utilità dei Mux che sono affidati alla RAI. Immagino che un utilizzo efficiente e non dispersivo, con la cura di una risorsa in una logica di sistema, sia una questione per cui non c'è neanche bisogno di una norma che lo ribadisca: una volta si poteva dire che alcune cose devono essere amministrate «con la cura del buon padre di famiglia». È del tutto evidente che una verifica dell'effettiva necessità di tutti i Mux, del loro utilizzo e del grado di efficientamento della gestione costituiscono un'altra parte che deve essere in qualche modo inserita in questa fase di riflessione.
  C'è un altro punto, come sapete bene, che racchiude le cose dette fin qui. La legge sulla governance introduce elementi importanti, ma la legge di stabilità e la riforma del canone ne introducono altrettanti, non solo per il canone, ma per il riconoscimento all'emittenza privata locale di una funzione di interesse pubblico. Tale legge stabilisce la partecipazione alle risorse che derivano dal pagamento del canone per il fondo che riguarda l'emittenza privata. Per la verità, il Ministero dell'economia e delle finanze parla delle risorse che vengono dall'extragettito: si tratta di punti di vista. Per me, è il gettito ordinario che finora non era stato incassato, ma basta capirsi.
  Il principio giuridico, però, è importante e ha un'implicazione che dobbiamo trovare con questa declinazione del ruolo di Rai a servizio del sistema e coordinarla rispetto alla funzione giuridica riconosciuta al pluralismo delle emittenti private locali. Ci sono molti spazi su cui esplorarne le possibilità. Certamente uno di questi è quello delle risorse e certamente lo sono anche i temi della raccolta pubblicitaria Pag. 9 e della collaborazione nella gestione delle frequenze, ma anche la possibilità di valorizzazione di prodotti che fanno parte di enti e realtà che sono di acquisizione collettiva. Credo che la trasformazione di Rai in un perno del sistema abbia anche queste caratteristiche.

  SALVATORE MARGIOTTA. Ringrazio il Sottosegretario Giacomelli per l'esposizione come sempre competente e attenta delle questioni, ma soprattutto lo ringrazio per il lavoro che sta compiendo al Governo, un lavoro direi coerente e peraltro condiviso dal Parlamento o almeno dalla maggioranza del Parlamento stesso. Coerente perché i tre tasselli che poc'anzi ha esplicato (legge governance, canone e concessione, rinnovo della concessione) sembrano effettivamente tasselli di un unico disegno, di cui si vedono i contorni e che inizia a diventare corposo e anche chiaro e delineato, nonostante alcune questioni di merito, su cui pure dirò e per la verità non dipendenti dal Governo, mi sembra alcune volte offuschino la linea tracciata dal Governo e dal Parlamento.
  Naturalmente ho apprezzato che l'Ufficio di presidenza abbia deliberato una sua audizione. Io stesso ebbi modo di chiedere al Presidente, tempo fa, che fosse il caso di interloquire con lei. Il ruolo di vigilante è rispettoso della totale indipendenza delle scelte gestionali del direttore generale/amministratore delegato. Questo è esattamente quello che abbiamo voluto fare con la legge e che abbiamo voluto fare tutti insieme, però su alcune questioni una sottolineatura credo sia assolutamente pertinente, altrimenti il rischio è che appunto, a un disegno importante e ben delineato, ma comunque di là dal diventare concreto, corrispondano azioni che non sembrano andare o almeno a me non sembrano andare nella direzione detta.
  Il primo tema – lo dico en passant – riguarda il fatto che mi è sembrata una sgrammaticatura vera e propria il ricorso contro il Governo sui diritti amministrativi dovuti dal Ministero dell'economia e delle finanze. Si parla di piccole cifre, ma insomma, nella precedente gestione, il Governo fece ben altro che togliere 100.000 euro o poco più. Inoltre, ricordo che pure quel consiglio d'amministrazione discusse a lungo se fare ricorso o meno contro il Governo, suo azionista e questo non accadde. Mi è sembrato strano che il nuovo corso iniziasse così, ma ancor di più mi preme il tema del piano industriale. Lei, nel suo intervento, ha prima delineato quello che a suo parere dovrà venir fuori dal rinnovo della concessione e soprattutto che inizia a venir fuori dalle consultazioni pubbliche, altra cosa assolutamente apprezzabile che il Governo sta mettendo in moto.
  A me pare che, di tutti gli obiettivi che ha elencato, uno alla volta, per adesso poco si veda nel piano industriale che abbiamo visto esporre qui e che – l'ho già detto e lo ripeto – a una ottima, a mio parere, analisi dello status quo non fa corrispondere efficaci prospettive e proposte. Si è quasi al primo capitolo, quello dello stato dell'arte, ma senza che consequenzialmente ci sia quel che si debba fare.
  Di tutte le cose che il sottosegretario ha elencato, mi soffermo sulla più banale: il canale di lingua inglese. Io stesso avevo chiesto a Campo Dall'Orto se si potesse, per esempio, pensare che su Rainews alcune edizioni fossero in lingua inglese. La risposta è stata che l'idea è ottima, ma che bisogna vedere di quante risorse aggiuntive il Governo fornisca la Rai. Adesso, qualche volta ho sentito lei, sottosegretario, con una battuta dire «anch'io, come lei, faccio parte del Vecchio Testamento». Tuttavia, il giochino per cui si dica «lo posso fare purché mi diano soldi in più» è da vecchissimo testamento, o comunque non da nuovo corso.
  Continuo ancora a non capire e lo dico perché, pur avendo avuto un'interlocuzione anche franca col direttore generale che ho molto apprezzato per aver risposto, punto per punto, alle domande che avevo posto, molte di queste risposte sono state assolutamente evasive. Il piano della razionalizzazione dell'informazione con connesse riduzioni delle testate ha visto una lunga e articolata discussione in Commissione, non semplice e con diversi punti di vista manifestati. Alla fine, la Commissione, dopo Pag. 10alcuni mesi, aveva espresso il proprio parere. Ora, è vero che in Italia ogni volta che si cambia sembra che si ricominci daccapo, ma dire che tutto quel lavoro era inutile e non appropriato e ancora, dopo otto mesi, non proporre neanche in nuce un'alternativa a quel piano mi pare è altra cosa che ritengo non sia, almeno per quanto mi riguarda, da plaudire.
  In merito al ricorso eccessivo agli esterni, ho avuto modo di dire qualche giorno fa, a seguito della nomina del direttore del personale che ancora una volta è un esterno, che forse due o tre persone brave ci sono pure in Rai, cioè non è che non ce ne sia nemmeno uno. In Italia, qualcuno bravo c'è in qualsiasi mondo, forse anche in Parlamento, e può darsi che ci siano anche in Rai. Anche in questo caso, gli si pone in Commissione un tema, non da solo per la verità: lo stesso giorno in cui dà una risposta ancora una volta evasiva su quel tema, mentre ci risponde non ci dice neanche che aveva già assunto un altro direttore del personale. Anche questa cosa mi pare un po’ da vecchissimo testamento. Mi rivolgo anche al Presidente, per il rispetto della funzione che abbiamo tutti noi, ed essendo uno degli argomenti su cui io, insieme al senatore Gasparri e altri, avevamo richiamato l'attenzione: poteva almeno dirlo, visto che c'era, e invece l'abbiamo saputo il giorno dopo.
  So bene che non sono domande che devo porre al Governo, però mi interessa la riflessione del Governo, perché non vorrei che, mentre tutti insieme si lavora a quel disegno di profonda revisione del servizio pubblico, della sua mission e anche dei suoi risultati, tutto questo appaia un bel disegno – uso un termine quasi da radiofonia – disturbato da rumori di sottofondo per cose che, invece, non sembrano proprio andare nella direzione che credo tutti insieme stiamo immaginando di determinare nel nuovo servizio pubblico e nella nuova Rai.

  ALBERTO AIROLA. Lei ha dichiarato che non immagina questo come un adempimento burocratico. Io le credo, ma di fatto si trova in una situazione del genere perché, per le modalità con cui si sta effettuando, questa consultazione forse serve esclusivamente a rinnovare la concessione alla RAI. Le spiego cosa intendo. Al di là della discutibilità sulla consultazione e sui risultati, su cui lei ha pure dichiarato che aveva ricevuto – anche noi le abbiamo ricevute – lamentele dagli interni della Rai perché non sono stati, per esempio, coinvolti – anche se quest'aspetto era discutibile – la contraddizione nasce dal fatto che i tavoli sono aperti a tutti o comunque la consultazione è aperta a tutti, per cui facciamo tavoli tecnici dove vanno gli stakeholder e le associazioni interessate e poi coinvolgiamo i cittadini. Il mondo del sistema audiovisivo, cultura, Italia, viene audito e viene consultato, e i cittadini adesso li consulteremo con un questionario su un sito web.
  Ora, mi sembra che le domande siano arrivate solo dai tavoli tecnici e che questa consultazione abbia comunque un grosso vulnus, ovvero è poco pubblicizzata. Purtroppo, ci troviamo di fronte a un esempio che citiamo spesso, cioè quello della BBC che ha impiegato due anni, e abbiamo il servizio pubblico d'informazione televisivo, lo strumento attualmente più potente per raggiungere tutti in Italia, che non parla di questa cosa e non spiega ai cittadini di come siano state affrontate le tematiche anche da questi tavoli. Per esempio, sarebbe bello vedere sulla Rai le sintesi di questi lavori per capire se e come si è arrivati a fare determinate considerazioni su più o meno cultura, più o meno programmi di intrattenimento o documentari oppure quante tv, quante reti e quanti TG o se il consiglio sia o meno soddisfatto del canone, di come lo paghi, del risultato che si ha. Queste riflessioni devono essere riportate ed è ridicolo che il servizio pubblico nazionale, che appunto ha il potere di farlo ed è quello più in grado di raggiungere veramente tutti, non lo faccia e si ricorra – ben venga perché il Movimento 5 Stelle da sempre parla dell'utilizzo dei mezzi informatici – a un mezzo che oggettivamente ha dei limiti a raggiungere tutti i cittadini italiani e informarli: lo dico perché quanti non risponderanno a questa consultazione? Pag. 11
  Questa quindi è la grossa critica: non entro di più nel merito perché – lo ribadisco – si tratta di una consultazione che cade in un momento storico in cui si parla di tutt'altro. Non c'è nessun servizio pubblico in cui si siano sistemati quelli che dovevano essere gli step di un percorso che partiva prima da una consultazione pubblica e poi da una legge sulla governance, per rimettere mano a tutto quello che era servizio pubblico e che doveva essere fatto con un altro ordine. Sono stati scambiati questi step e questi momenti che dovevano essere in un certo ordine cronologico, quindi ci ritroviamo non poter chiedere adesso ai cittadini «interesserebbe pagare il canone sulla bolletta?» oppure «ritieni che tutti questi canali...» perché appunto, come faceva giustamente notare lei, ci è stato posto un piano industriale, ma, fino a quando non sapremo esattamente quante sono le risorse, difficile sarà fare qualcosa.
  Inoltre, state facendo i conti su quanti soldi usciranno dal canone pagato in questo modo? Peraltro, chiedo e veramente mi appello a lei e al Governo perché si cerchino di affrontare tutte le eventuali cause e contestazioni che ne deriveranno dalle questioni riguardanti seconde case, errori e duplicazioni di pagamento o non esenzioni. Ma il punto è: siete sicuri che ci sarà più o meno quella cifra lì? Lo chiedo perché, se ci fosse una drastica riduzione del gettito Rai, probabilmente tantissime cose di cui stiamo parlando e anche dei soldi che pensate di destinare ad altro, al di là della Rai, verrebbero messi in discussione.

  AUGUSTO MINZOLINI. Vorrei fare un discorso che molto spesso si fa, ma che – è inutile dirlo – sono costretto a fare perché ho sentito tante parole, su grandi consultazioni e via dicendo. Continuo a ripetere – e me ne rendo conto soprattutto in questi giorni – che, se non riusciamo a coniugare con la prospettiva di questa azienda la parola pluralismo, rischiamo veramente di fare un danno non indifferente e lo faremo tanto più perché siamo arrivati da una riforma in cui, al di là di quello che uno può dire, negli equilibri il potere del Governo è superiore a quello che uno immagina. Mi sembra che questo sia un dato acquisito.
  La seconda cosa riguarda il fatto che questa prospettiva deve essere coniugata con un intervento sul canone che sia giusto, ma che contemporaneamente dia grande risorsa a questa azienda, in modo che essa, negli equilibri dello scenario dell'informazione del Paese, cominci ad avere anche un ruolo un po’ più importante perché ha più risorse da spendere.
  So che ne volete parlare dopo, ma ne parlo ora qui perché voglio che ci sia anche il Governo, con molta franchezza. Mi riferisco a quanto accaduto nei giorni tra sabato e domenica, su una campagna che di fatto è aperta e su cui è inutile che facciamo dei formalismi perché è aperta e soprattutto è una campagna particolare, quella sul referendum, perché di fatto si svolgerà d'estate. La parte essenziale, se non vogliamo nasconderci dietro a un dito, sarà fino a luglio. Poi, ad agosto la gente penserà ad altro e la campagna ricomincerà a fine settembre, quindi la vera campagna è ora e non è fra un po’. Su queste cose, credo che ci sia interesse da parte del Governo, da parte della maggioranza e ovviamente da parte dell'opposizione, che il tema venga affrontato e che venga dato un minimo di regole o un minimo di indicazioni, in una situazione che è abbastanza singolare perché in passato non c'è mai stata. Gli altri referendum si sono sempre svolti in primavera e non si erano mai svolti a ottobre. Il Governo e la maggioranza dovrebbero rendersene conto perché lo dico io da una parte, ma la stessa cosa, forse anche con accenti più virulenti, è stata espressa da Freccero che chiaramente su molte cose non la pensa come me. Non uso quegli accenti, però il problema c'è e non possiamo evitare di affrontarlo. Poi, non dobbiamo meravigliarci se si crea una distanza maggiore tra l'azienda e l'opinione pubblica perché, se tu dai la sensazione che quell'azienda non è un servizio pubblico, ma è solo il servizio di una parte, la distanza aumenta. Possiamo fare tutte le consultazioni di questo mondo e possiamo sentire chi vogliamo e tutte le associazioni, ma la distanza tra il telespettatore che non Pag. 12la pensa in una certa maniera e che non si sente garantito da un certo tipo di pluralismo in quell'azienda, rimane e addirittura si allarga. Credo che, al di là dei discorsi che si fanno, o facciamo una riflessione su questo punto che è sempre stato il tallone d'Achille, sia della riforma della governance sia per quanto riguarda il canone, o altrimenti continueremo a parlarne e parlarne, ma sembrerà sempre una Rai più di una parte, quindi tra virgolette, governativa, che non una Rai da servizio pubblico come almeno l'avremmo tutti immaginata.

  MAURIZIO GASPARRI. Per risparmiare tempo non ripeto le cose che condivido e che ha detto il collega Minzolini.
  Condivido lo sforzo illustrato dal Sottosegretario Giacomelli, ma i dubbi restano appunto su alcune questioni.
  Adesso, è inutile fare un dibattito postumo sulla legge, ma essa ha squilibrato fortemente i poteri tra il Governo – lo dico in senso lato – e un vertice monocratico dell'azienda, che non so in che misura poi coincida con il Governo nel suo complesso, perché si assume tutta una serie di decisioni che rischiano di rendere vana la discussione, rispetto agli scopi istituzionali, culturali e identitari del Paese, di pluralismo, che pure la consultazione ha svolto.
  Mi pare che la consultazione si chiami «CambieRai» e non vorrei che intanto ci sia qualcuno intento in un'altra campagna, «distruggeRai», con la «R» maiuscola, che attribuisco al vertice gestionale della Rai, cioè al nuovo direttore generale e, in fieri, amministratore delegato. Il Governo ha scelto di chiamarla «CambieRai» perché tutto deve essere in movimento. C'è un'epurazione politica che in altri tempi sicuramente, si potrebbe dire, è stata fatta da altri, ma rifiuto qualsiasi paragone vista la maniera francamente sistematica. C'è il Rischiatutto e altre cose di successo, anzi a me richiamano l'età infantile, però non mi pare che ci sia questa narrazione nuova del Paese.
  Ora, per la discussione che dovremo fare, mi auguro – so che il sottosegretario a questo non è contrario – che, oltre a farla nella Commissione di vigilanza e nelle Commissioni di merito, la facciamo anche in Aula, attraverso mozioni di indirizzo e con una discussione su questo tema. In fondo, in Aula arrivano a volte mozioni anche con questioni che hanno meno rilevanza della funzione della Rai, quindi si potrebbe anche ampliare, senza disturbare più di tanto i lavori del Parlamento e la questione della Rai e del servizio pubblico è davvero importante e un tasto sensibile della vita democratica del Paese.
  Nello specifico, vediamo che l'attuale vertice non ha – parlo della direzione della Rai – una visione, in realtà, strategica, tant'è che si fanno certe cose con grande approssimazione. Non vorrei che anche sulla convenzione si faccia una discussione bella e di principio, come a volte è stato anche nel passato per il Contratto di servizio, ma intanto c'è un mutamento totale, per cui c'è tutta la gente esterna che arriva in Rai, non tutta con percorsi francamente che li evidenzino come portatori di un arricchimento, in termini di competenze.
  È ovvio che un'azienda come la Rai con 13.000 persone deve anche guardare all'esterno, ma adesso c'è quasi un'azione sistematica ed ecco perché uso il termine «distruggeRai». Questa sembra quasi una sfiducia preventiva, per cui non può esistere un esperto della finanza o un capo del personale e non può esistere un direttore di rete, salvo forse un'eccezione. Insomma, c'è stata in questi ultimi mesi una ricerca spasmodica di realtà esterne in una Rai che poi è anche abbastanza plurale. Certo, ammesso che uno cambi indirizzo politico-culturale, ci sono risorse e persone che casomai, secondo le varie fasi, hanno avuto maggiore o minore fortuna indipendentemente dalla loro capacità. Su questo richiamo l'attenzione del sottosegretario perché non vorrei che facessimo solo una bella discussione un po’ accademica, in cui, poi, la citazione della BBC non può mai mancare. La BBC ha un sacco di problemi, per cui la Rai tutto sommato ha una sua forza storica superiore a quella che a volte la discussione che facciamo in Italia da decenni gli attribuisce, quindi credo che la Rai debba essere difesa, a volte anche da sé stessa e da tutta la discussione che tutti a volte alimentiamo. Vedo che l'attuale vertice, Pag. 13 invece, non crede in questa funzione della Rai, per cui il patrimonio di risorse interne è messo all'angolo, per principio e a prescindere.
  Vorrei che scendessimo anche sul piano concreto. Non voglio ridurre la discussione sulla convenzione a cosa ha fatto domenica pomeriggio Fazio o altri perché lo faremo in altre sedi o con i ricorsi e le discussioni in Commissione, però invito anche il sottosegretario a vedere questa vicenda sotto una determinata ottica. Lui ha partecipato anche ad altre discussioni, in cui spesso ci si incrocia, non solo in Parlamento, ma nelle fondazioni e i centri studi, dove per questo tema, cioè se la legge sia conforme ai principi costituzionali e alle sentenze della Corte, anche persone, che non sono il sottoscritto che potrebbe essere accusato di un legame particolare alle norme, e che non hanno partecipato al processo legislativo della fase 2002-2004, hanno ribadito con grande autorevolezza, recentemente, che il radicamento rispetto al Parlamento, quindi anche alla vigilanza del Parlamento più ampiamente inteso, del principio di pluralismo è fondamentale.
  Lasciamo, quindi, nelle sedi opportune la discussione sull'attualità che non faccio qui perché appunto non sarebbe corretto, visto che l'audizione era prevista a prescindere e per altre questioni, però, attenzione, sotto i ragionamenti che non si faccia una discussione teorica bellissima, con termini che ognuno di noi potrà più o meno infiocchettare con la citazione e con il riferimento, e poi il mondo vada brutalmente in un'altra direzione.
  Certo, il fatto che poi ci sia una prevalenza e che ci siano equilibri non sfugge a nessuno. Mi pare, però, che ci sia un po’ di approssimazione nell'attuale gestione della Rai, rispetto anche agli obiettivi ambiziosi che qualsiasi soggetto che tenga alla Rai voglia affidare all'azienda. Qui, mi pare che abbiamo visto una superdirezione. Com'è compatibile, rispetto al pluralismo e alle funzioni della convenzione, una direzione che ha un direttore, due vicedirettori, un caporedattore e tre relatori che non si sa che devono fare? Si tratta di questioni cervellotiche anche sotto il profilo dei costi, sul rapporto tra il consiglio d'amministrazione e il vertice Rai. Lo dico perché poi il consiglio può approvare o non approvare, ma ci sono anche responsabilità rispetto ai costi. Credo che prima o poi la Corte dei conti si occuperà di alcune vicende appunto sull'assunzione degli esterni e se è stata fatta la selezione interna, quindi la concessione non può trascurare, nel suo rinnovo, un rispetto più preciso delle funzioni del servizio pubblico. Poi, il giorno che la Rai non sarà più tale e sarà sul mercato, come abbiamo detto, in teoria, tante volte, risponderà ad altre logiche, ma, finché è un servizio pubblico, dobbiamo, con il rinnovo dalla concessione, far sentire anche la forza di un atto di indirizzo importante e cogente che abbia, alla fine, un rispetto del pluralismo, di cui poi nelle altre sedi discuteremo su come viene calpestato, in maniera francamente esagerata.
  Poi, adesso c'è la storia dei telegiornali. L'attesa dei rinnovi del telegiornale sta portando a un atteggiamento filogovernativo nella speranza di rimanere a galla, per cui, se uno fa quindici minuti di Governo, un altro ne fa sedici e un altro ancora ne fa 17. Su questo, sottosegretario, cerchiamo di agganciare la discussione importante della concessione anche con un occhio all'attualità e qualche riflessione.
  Riguardo alle risorse, ho colto le sue attenzioni. Quello che dice è anche giusto perché sul canone – e concludo con questo argomento – il direttore generale è venuto a dirci cose che, secondo me, sottostimano le entrate. Ora, non discuto che lui lo voglia fare dal suo punto di vista perché non vuole far vedere un eccesso di potere della Rai, però, visto che alcune cose adesso siete riusciti ad aggiustarle con il Consiglio di Stato, come la tecnicalità che mi rendo conto è una cosa un po’ complessa, penso che l'incasso sarà cospicuo, per cui, anche alla luce di questo, sarebbe necessaria una riflessione.
  Stiamo discutendo una legge in Senato, dopo che è stata discussa alla Camera, sull'editoria, quindi non parlo delle altre televisioni, dove con fatica adesso arrivano gli emendamenti che poi spesso sono fotografia di situazioni che con poche risorse Pag. 14possono alimentare un pluralismo. A volte, le copie vendute del giornale x o y sono poche, ma tutte le voci – e ce ne sono di tutti gli orientamenti – rivendicano attenzione. Può darsi che anche una gestione delle risorse pubblicitarie un po’ più plurale possa dare più respiro a un pluralismo delle idee, visto che contemporaneamente il 30 maggio scadono al Senato gli emendamenti di quel provvedimento sull'editoria che poi si intreccia con questo. Tutto si tiene e cerchiamo di farlo tenere in modo decoroso. Sul resto, non dico nulla perché abbiamo già detto e diremo quello che dobbiamo dire.

  LUIGI D'AMBROSIO LETTIERI. Approfitto della presenza del Sottosegretario Giacomelli per esprimere la mia adesione a molte delle osservazioni fatte dai colleghi Minzolini e Gasparri. Questo è il motivo per cui non ritornerò sugli stessi argomenti, però mi sembra corretto informare il sottosegretario, cosa che farò nella competente sede, a iniziare dalla riunione dell'Ufficio di presidenza fra qualche minuto, che si faccia carico di riportare in una condizione di equilibrio informativo l'attività che, tramite i canali della Rai, viene fatta sul versante del referendum. Ora, è di tutta evidenza la necessità che si acceleri – questo compito verrà affrontato nella competente sede – una regolamentazione in tempi brevissimi, però è bene che anche il Governo sia informato dello stato di disagio che si vive, allorquando si constata una divaricazione profonda fra la dichiarazione di principi, sui quali mi pare vi sia stata un'ampia convergenza anche nell'ambito del saluto istituzionale, formale e sostanziale che è stato dato ai nuovi vertici e alle valutazioni svolte in relazione all'attività di programma, e la concreta attuazione di quei principi che poi, sul versante della terzietà e della pluralità dell'informazione, vedono le pietre miliari e che dobbiamo cercare di garantire un po’ di più e meglio. Credo che, se di questo aspetto anche il Governo si farà carico nell'ambito di un percorso di sobrietà di comportamenti, si possa recuperare anche un più tempestivo ed efficace conseguimento dell'obiettivo di colmare questa gravissima e anche odiosa asimmetria informativa che stiamo registrando da un po’ di tempo e che non vorremmo si procrastinasse e perdurasse ancora lungo.

  PRESIDENTE. Chiedo un po’ più di brevità negli interventi.

  LELLO CIAMPOLILLO. Sarò brevissimo. Vorrei solo ricordare la questione dei due canali del digitale terrestre.
  Come lei ben sa, durante la discussione della riforma della Rai è stato approvato un ordine del giorno dal Senato che prevede l'istituzione di due canali sul digitale terrestre. Questi due canali che dovrebbero essere facilmente fruibili dai telespettatori – due LCN con un numero unico nazionale dal telecomando, uno per il Senato e uno per la Camera – dovrebbero ripetere in maniera continua quelli che già esistono sul satellite ovvero i due canali dedicati alle dirette parlamentari.
  Non ci sono servizi giornalistici. Con lei già la scorsa volta, anche se questa forse è la sede più adatta, ne abbiamo parlato in Commissione 8a e lei fece un riferimento dicendo «però non so quanto appeal possa avere poi sul pubblico un programma, per cui bisognerebbe fare al contorno un'informazione», ma non è così. Si tratta semplicemente della ripetizione integrale di quei due canali che già esistono sul satellite, quindi su uno dei Mux la Rai deve accendere due LCN che vengono gestiti dal Ministero perché ad esso assegnati, per esempio 200 o 202, e poi, comodamente da casa, chi ha interesse a seguire i lavori parlamentari digita sul tasto il numero relativo al canale e vede, né più né meno, quello che si vede già sul satellite. Non ci sono da aggiungere servizi giornalistici e non ci sono costi. Inoltre, dal punto di vista tecnico, come lei ben sa, questo è immediato, cioè, volendo, si può fare in un pomeriggio. I tecnici della Rai, una volta ricevuto il numero di LCN assegnato dal suo Ministero, devono semplicemente ripetere, quindi ricevere il canale satellitare e rilanciarlo a diffusione nazionale sul digitale terrestre. Non si capisce perché questo non sia ancora avvenuto, visto che è già passato Pag. 15parecchio tempo dall'approvazione di questo ordine del giorno.
  Vorrei porle un'altra questione. Un'associazione di categoria di radio e tv aveva inviato una mail dove si parlava di un suo quesito agli uffici del Ministero – poi, magari mi confermerà se è vero o meno – sulla possibilità di estendere la copertura totale per milioni di abitanti delle emittenti radiofoniche. Questo accade perché, secondo l'articolo, servirebbe a un'emittente nazionale che di fatto già attualmente, ha preso la concessione locale e sta acquistando canali in tutta Italia. Faccio un esempio: una concessionaria radiofonica locale di Brescia ora si sente in Puglia, in Sicilia, in Toscana, in Liguria e in Sardegna. Come lei ben sa nel 1990 è stata fatta una distinzione ben precisa. Ci sono le emittenti a carattere nazionale e le emittenti a carattere locale. Lo stesso testo della legge Gasparri prevede che chi supera il limite temporale o territoriale è addirittura punito con la reclusione da sei mesi a due anni e mi chiedo come si possa pensare a un'emittente locale che di fatto farebbe anche concorrenza, a questo punto sleale, a canali nazionali e non ultima alla Rai che possiede tre più uno canali in FM a carattere nazionale. Vorrei capire se è vero che si stava valutando da parte del Ministero addirittura l'ipotesi di estendere quel limite, che già è in contrasto con la normativa stessa e soprattutto con la definizione di carattere locale, e se effettivamente c'è stata da parte sua la richiesta di valutare la possibilità di estendere la copertura, in termini di milioni di abitanti, alle emittenti locali.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Credo che il sottosegretario abbia fatto bene a inserire il percorso del rinnovo della concessione all'interno di quello che è un percorso più complessivo di intervento di riforma del servizio pubblico, richiamando le linee guida approvate circa un anno fa in Consiglio dei Ministri e da cui poi discendono gli atti che, come Parlamento, abbiamo conosciuto con la riforma del meccanismo di governance dell'azienda e con l'intervento sulla certezza delle risorse sul canone RAI. Il percorso di rinnovo della concessione, quindi, è all'interno di questo complesso di interventi organici rispetto al servizio pubblico.
  Riguardo all'oggetto dell'audizione di oggi sul rinnovo della concessione, credo che il sottosegretario ci abbia offerto un'informazione di rilievo su come il Governo intenda impostare il percorso, anche in riferimento alle precedenti concessioni, nel 1994 e poi nel 2005-2006.
  Mi sembra di capire, da quanto esposto dal sottosegretario, che l'intenzione sia quella di inserire, in norma primaria, le procedure della concessione e poi avere l'atto della concessione e i contenuti della convenzione, all'interno di quel percorso che è stato descritto in maniera dettagliata. Mi riferisco allo schema di nuova concessione deliberato dal Consiglio dei Ministri e trasmesso alla vigilanza per il parere obbligatorio, seppure non vincolante, della Commissione, per cui sarebbe quello il livello di coinvolgimento del Parlamento rispetto ai contenuti della convenzione. Poi, ci sarebbe l'approvazione immagino con decreto Presidente del Consiglio dei ministri. Mi sembra di capire che questo sia il percorso che viene individuato. Dal punto di vista di questa Commissione, un percorso di questo tipo ne indica la centralità. Intendo dire che questo è il luogo nel quale il Parlamento è coinvolto compiutamente e pienamente rispetto ai contenuti della convenzione che sappiamo quale rilievo assumono, però credo che questo serva anche ai Gruppi nella discussione che fanno della consapevolezza del percorso.
  Poi, credo sia stato corretto richiamare anche, seppure in maniera sintetica, quell'aspetto delle linee guida. Sono anch'io d'accordo sul fatto che siano state oggetto di scarsa attenzione le linee guida deliberate in Consiglio dei ministri perché, quando il sottosegretario richiamava la necessità di una definizione chiara e attuale di cosa sia il servizio pubblico, in quelle linee guida alcuni elementi erano indicati con precisione.
  Li richiamo, come ha fatto il sottosegretario: il passaggio da broadcaster a media company dell'azienda di servizio pubblico; la centralità dell'innovazione tecnologica; Pag. 16la ridefinizione dell'offerta editoriale legata a questa e anche tutta la riflessione sul numero dei canali televisivi; un maggiore profilo internazionale, quindi passare da una programmazione per gli italiani all'estero ad una programmazione che consenta anche la promozione dell'Italia e del sistema Italia all'estero; la centralità dell'offerta culturale con la riflessione sul canale culturale; il traino dell'industria audiovisiva, che è un ruolo che dovrebbe assumere il servizio pubblico; la riduzione del digital divide. Credo che questo debba essere l'ossatura della riflessione che poi vivrà del risultato della consultazione. Ho visto che qui il riferimento è anche rispetto al piano industriale che è stato il percorso di audizioni che abbiamo appena compiuto. A me pare che, rispetto a questi obiettivi, il piano industriale presentato sia sovrapponibile, cioè le due cose si tengono. Poi, qui entriamo nel territorio delle opinioni, opinioni a confronto e opinioni anche diverse.
  Ho sentito prima il collega Margiotta richiamare le cose che aveva detto durante l'audizione del direttore Campo Dall'Orto. Non ripropongo le stesse riflessioni che ho fatto perché è chiaro, dalle cose che ho detto prima, che sono riflessioni diametralmente opposte nel giudizio rispetto a quelle del collega Margiotta, però queste sono opinioni a confronto, per cui mi sembra interessante che anche in un'audizione che ha un altro oggetto ci sia un riferimento a questo tipo di discussione.
  Infine, presidente, credo che due riferimenti fatti dal sottosegretario siano di rilievo in sé, ma anche rispetto ai lavori e ai temi sollevati nel corso dei lavori della Commissione. Il sottosegretario faceva riferimento alla questione dello spettro delle frequenze. Il collega Fornaro più volte, in riferimento alla sua regione di provenienza, è intervenuto su questo tema, cioè sulla mancanza di copertura che continua a riguardare porzioni di territorio significativo nel nostro Paese. Mi sembra di capire che su questo il sottosegretario si riferisse anche agli obiettivi di copertura. Questo potrebbe essere oggetto di approfondimento, modifica, intervento nella discussione sul rinnovo della concessione.
  Infine, c'è il tema che il sottosegretario ha citato delle tv locali e, se non ho capito male, di un percorso di ascolto sulle linee guida di un regolamento che deve essere approntato dal ministero e dal sottosegretario. Credo sia fondamentale che quanto prima questo regolamento veda la luce per completare il lavoro che si sta svolgendo da parte del Governo e del Parlamento.

  FRANCESCO VERDUCCI. Ringrazio il Sottosegretario Giacomelli.
  Voglio partire in premessa da alcune considerazioni fatte dai colleghi in questo dibattito, su cui torneremo anche in Ufficio di presidenza. La premessa attiene anche al grande tema, al cuore del servizio pubblico: dobbiamo pretendere dal servizio pubblico e dalla concessionaria autonomia e pluralismo, naturalmente innanzitutto pluralismo. Non mi pare che vi siano dati che dicano, come invece alcuni colleghi reiteratamente hanno voluto dire, che vi sia violazione del pluralismo, ma dobbiamo non solo pretendere, bensì garantire noi stessi come organo parlamentare autonomia all'azienda concessionaria. Ci sono, invece, interventi reiterati di colleghi che hanno un atteggiamento che potrebbe facilmente essere definito rivendicativo, al punto da sembrare quasi, in alcuni atteggiamenti appunto, intimidatorio. A noi non tocca riempire i palinsesti della Rai, ma garantire che l'azienda goda dell'autonomia necessaria affinché ci sia il pluralismo che la Commissione parlamentare deve pretendere.
  Detto questo, sottosegretario, mi pare che nelle sue parole sia molto chiaro l'intento del Governo, che condivido, di fare del rilancio della Rai un pezzo importante del rilancio del Paese. Innanzitutto, la riforma della governance fa sì che la nuova direzione della Rai non abbia alibi, soprattutto rispetto a un punto decisivo, ossia quello di utilizzare per intero le sue potenzialità industriali, naturalmente legate all'internazionalizzazione, al fatto di conquistare i nostri prodotti manifatturieri, quote di mercato all'estero, anche attraverso il veicolo dei contenuti Pag. 17della Rai, dei prodotti della Rai, il canone, con la certezza di risorse che si diceva, e poi appunto con il percorso di rinnovo della concessione. Non meno importante, come veniva richiamato dal sottosegretario, è il percorso che avremo del nuovo contratto di servizio pubblico. La riforma del canone, il tempo del canone in bolletta, dice che è fondamentale finalmente avere un servizio pubblico in cui tutti possano riconoscersi. Per fare questo, serve un servizio pubblico fortemente riconoscibile, con una sua identità molto forte, soprattutto nei confronti delle televisioni commerciali, diversamente da quello che è successo in anni recenti. Questo significa un salto di qualità molto forte anche con una scommessa, un rilancio del servizio pubblico sotto il profilo culturale, soprattutto nel tempo della rivoluzione tecnologica del Web 2.0. È molto importante la consultazione che si sta facendo, di cui il Governo è promotore. Anch'io voglio sottolineare come questo significhi un elemento di grande qualità. Tanto più il coinvolgimento sarà ampio, non solo da parte delle associazioni, che già hanno partecipato ai tavoli, ma a questo punto attraverso questionari al numero più ampio possibile dei cittadini, tanto più avremo un riscontro per uno schema di concessione valido.
  L'altro punto che voglio sottolineare è relativo all'obiettivo che il servizio pubblico sia anche il traino del nostro sistema produttivo, che l'azienda, la Rai sia sempre più anche un vettore dell'innovazione digitale rispetto alla strategia della banda ultralarga che abbiamo, rispetto all'industria creativa, alla filiera dell'audiovisivo, e non solo. Giudico quest'obiettivo fondamentale.
  Come il collega Peluffo, penso che lo sforzo che il Sottosegretario Giacomelli ci ha raccontato trovi riscontro anche nelle linee guida che sono state presentate nel nuovo piano industriale della Rai, soprattutto nell'obiettivo della media company, che tiene insieme il rilancio del servizio pubblico in termini culturali, una maggiore legittimazione, un legame più forte con chi oggi non si sente legato al servizio pubblico, come le nuove generazioni, e l'altro fronte che ho voluto sottolineare, ossia fare del servizio pubblico un driver fondamentale per l'innovazione tecnologica digitale del nostro Paese e per la nostra produzione, quello che appunto richiamiamo con il termine di media company.

  RICCARDO VILLARI. In premessa vorrei sottolineare una considerazione che mi sembra di tutti, cioè che la Rai, indipendentemente dagli uomini che passano, da chi è chiamato a vigilare, rimane un asset fondamentale del Paese, con un suo spessore, che svolge una sua funzione, esercita le sue prerogative. Da questo punto di vista, siamo tutti tranquilli.
  Quello del rinnovo della concessione, però, è un momento in cui a mio avviso gli attori, i protagonisti in campo devono riflettere anche su prerogative e funzioni. Mi riferisco specialmente alla Commissione di vigilanza, che ha uno strano destino. Spesso si sottolinea la delicatezza dell'organismo, ma nei fatti la funzione che dovrebbe esercitare di stimolo, di dialogo istituzionale con la Rai, a mio avviso in questo periodo si sta manifestando in maniera francamente carente e insoddisfacente. Il tema è come la Rai debba diventare sempre più servizio pubblico senza appesantire la discussione rispetto alle tentazioni di sentirsi assediata l'azienda, per cui ogni sottolineatura diventa tentativo di censura, tutto diventa ingerenza, ogni riflessione diventa intimidazione. Nel rispetto dei ruoli, sinceramente sono rimasto perplesso allorquando il nuovo direttore editoriale ha secondo me esordito qui con una sgrammaticatura istituzionale, perché ha tenuto a ribadire le condizioni disastrose di Rai News 24, dimenticando che era responsabilità dell'attuale presidente. Al di là del merito, mi sembrò una caduta di stile che mi allertò rispetto a un certo garbo istituzionale, che non significa volersi ingerire. Se, però, il direttore generale viene in Commissione e, all'interno delle linee che vuole dare, da una parte parla di grande valorizzazione dell'azienda e dall'altra ci fa un'iniezione di esterni, è chiaro che viene Pag. 18da chiedersi come si debba garantire il pluralismo. In qualche modo, è come dire che bisogna rivoluzionare tutto perché la forza interna dell'azienda non è sufficiente a garantire una valorizzazione e un rilancio. E io credo che questo non sia. Non ho suggerimenti in ordine alle scelte da fare, ma è una riflessione che viene spontanea. In un'azienda di migliaia di dipendenti vedo che tutte le caselle strategiche – ripeto, non ho alternative da proporre – vanno sostituite e non viene valorizzato nessuno dall'interno. Allora, e finisco perché la mia era soltanto una valutazione, il tema è come in questo momento possiamo esercitare una funzione e un ruolo che ci vengono riconosciuti dalla Costituzione come Commissione. Il Governo dialoga con l'azienda, direttamente o indirettamente – mi sembra evidente – poi quando si dovrebbe o si potrebbe è un altro discorso. Il dialogo, però, dovrebbe avvenire qui, e qui vedo che il ruolo non è stringente. Credo che la soluzione sia quella di perseguire o stringere l'azienda – lo dico a tutti noi – affinché questo diventi il luogo del confronto, non dell'ingerenza, di cui non c'è nessuna voglia. Bisogna, però, dare senso, altrimenti torniamo a un discorso che potrà apparire qualunquistico. Ricorderete che ogni tanto riemerge carsicamente il ragionamento se questa Commissione abbia una funzione o meno: questo forse è il momento in cui a mio parere dobbiamo interrogarci e riuscire anche con i nostri comportamenti a dare una risposta.

  PRESIDENTE. Intervengo velocemente, sottosegretario, per porle due questioni anche rispetto a ciò che ha detto.
  Quello che più mi colpisce è che secondo lei in Commissione non sia stato presentato un vero e proprio piano industriale, ovvero che secondo il Governo quello di Campo Dall'Orto qui presentato in diretta streaming è un «non piano industriale». Questo giudizio, questa riflessione può provenire anche dal fatto che la concessione deve essere ancora data, e quindi il piano è un po’ più light perché si è in attesa appunto della concessione anche per i ritardi che il Governo ha avuto nel percorso?
  L'altro elemento che secondo me sta andando verso un fallimento è la consultazione. Credo che potesse essere davvero una grande opportunità, ma nei fatti mi sembra che lo stesso Governo non ci creda. È una consultazione più formale che sostanziale. Se non si pubblicizza al meglio, al massimo, in tutti i modi e con tutti i canali, probabilmente alla fine si arriverà a un risultato di scarso valore e un po’ scontato. Visto che manca poco più di un mese alla fine della consultazione, servirebbe un po’ più di forza: sicuramente è fondamentale pubblicizzare la consultazione anche tramite la televisione pubblica. Una consultazione senza pubblicità è uguale a zero. Mi sembra che sia stato elaborato qualcosa più per far vedere piuttosto che per avere dei contenuti e poi eseguire una parte di quei contenuti elaborati dalle persone e dai cittadini.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Partirei proprio dalle questioni che riguardano il percorso e prima di tutto da quello della consultazione. Lei ha esplicitato quello che già il collega Airola aveva sottolineato. Da venerdì partirà su Rai la campagna informativa e promozionale sulla consultazione pubblica. Partirà più complessivamente su altri organi e altri mezzi. Tutta la campagna verrà accompagnata – scusate l'assonanza dei termini – da una costante informazione. Può darsi che di per sé vi siano limiti nel modo in cui è stata pensata e realizzata. Il fatto di realizzarla per la prima volta toglie quello che in questo Paese, e a Roma in particolare, è un grandissimo riferimento, primo nella gerarchia delle fonti: il precedente. Evidentemente si sconta questo fatto. Ho anche un'altra sensazione, cioè che sia molto più facile nei dibattiti, non dico solo nella politica – penso a molti altri soggetti – rivendicare o citare: «bisognerebbe fare la consultazione, bisognerebbe aprire un dibattito»...quando poi si va nel merito, è più difficile articolare iniziative. Mi colpisce un fatto. Al di là dei ruoli istituzionali, non c'è una norma che proibisca ad associazioni, a movimenti, a centri culturali, Pag. 19a ordini professionali di mettere in campo proprie iniziative, propri seminari, propri dibattiti, propri confronti sul tema del servizio pubblico. Non abbiamo mai approvato una norma che proibisca tutto questo. Registro che, se non sono le sedi istituzionali a promuovere iniziative, non accade niente. Mi confermo allora nell'idea che è un po’ più semplice utilizzare alcune evocazioni suggestive di carattere generale – bisognerebbe aprire un dibattito, bisognerebbe fare la consultazione – e quando poi si va nel merito delle questioni vedo stemperarsi il fuoco di quella passione che aveva mosso la richiesta. Devo dire che ho la stessa sensazione qui. Tutto sommato, è lo stesso di quando abbiamo fatto le linee guida che il Governo ha approvato, che sono la proposta di una rivoluzione della Rai: perché non ha appassionato? Perché non parlavano dei poteri di nomina dell'amministratore o del consiglio di amministrazione, ma di questioni che a una parte della società dicono molto. Se si realizza un prodotto più internazionale o più per il mercato interno, per il mondo della creatività e della produzione italiana vuol dire moltissimo; la polemica può appassionare loro, molto meno il resto. Se Rai debba continuare ad acquistare tutti i format all'estero o magari stimolare la nascita di un'industria italiana con capacità di produzione interna, sono temi che anche nei giornali sollevano meno attenzioni che non se il vicedirettore di una rete può essere nominato con il parere consultivo o decisivo di un organismo, se la Vigilanza nomina o non nomina. Questa è la realtà. Ripeto che sono partito premettendo che, come ogni altra iniziativa, anche questa consultazione può avere e ha sicuramente i suoi limiti. Quanto all'aspetto sollecitato, da venerdì parte una campagna informativa pubblicitaria. Noi saremo grati a tutti coloro che, per criticare, per apprezzare, per contribuire, utilizzeranno questo strumento, che contiene alcuni degli snodi di cui stiamo discutendo e da cui sarà difficile prescindere.
  Quello delle risorse è un tema su cui è necessaria l'indicazione di una larga parte dei cittadini, ed è un tema vero, è una delle questioni centrali della consultazione. Ricordo, perché come dice Margiotta vengo dal Vecchio Testamento, diverse fasi: prima si dice che il Governo non farà mai la consultazione, poi si fa la consultazione; nella fase due si dice che è una consultazione finta, che in realtà non coinvolge; nella fase tre si dice che era già tutto scritto. Direi di provare a stare nel merito della questione. Abbiamo dato un'indicazione: per il contratto di servizio è già previsto il ruolo centrale della Commissione di vigilanza. L'onorevole Peluffo ha evidenziato una scelta istituzionale più che politica che il Governo ha fatto, individuando – c'erano diverse possibilità – nella Commissione di vigilanza la sede in cui avviene il confronto tra Parlamento e Governo anche sulla nuova concessione. Proviamo a raccogliere le occasioni come confronto di merito sulle questioni o sulle scelte. Sono comunque grato delle indicazioni dei limiti, che siamo interessati a modificare e a superare. Rimane il fatto che è la prima occasione di una consultazione pubblica. Quello di che cosa sia l'indipendenza dell'informazione, se Rai somigli o meno alle tv commerciali, non è più un tema di qualche stoccata tra i gruppi politici o tra l'Ordine dei giornalisti e chi deve fare le nomine, ma un tema che appartiene alla collettività. Non siamo registi, non lo sono nemmeno per scuola e per appartenenza. La comunità, i cittadini liberamente approfittano o meno degli strumenti di partecipazione. È giusto dire: fatevi riconoscere fino in fondo, promuovetevi, informate. Credo che Rai, al di là della campagna che parte venerdì, avrà anche su questo una capacità di fare molto altro.
  Vinicio Peluffo ha evidenziato, e precisato meglio anche in termini giuridicamente corretti, il tipo di percorso. Abbiamo già modificato con norma la scadenza e cristallizzeremo con norma la procedura, che è quella tipica di un DPCM, il che ci dà qui la sede di un confronto, normale, istituzionale, regolare, previsto dal percorso. Confermo quello che ha detto Gasparri, e non so se sia Pag. 20grave: non solo non sono contrario, ma francamente immagino che accada che ogni gruppo politico, d'intesa o meno, trovi il modo di promuovere questo dibattito in tutte le forme, anche al di là del percorso del provvedimento. Certo, sarebbe anomalo che lo promuovesse il Governo, e apprezzo ogni occasione di confronto. Fin dall'inizio, anche quando registravo le critiche di chi non credeva a questa nostra volontà, abbiamo voluto e immaginato una lunga fase di confronto sul servizio pubblico, nel merito del servizio pubblico: di questo c'è bisogno. Ogni occasione politica, istituzionale, culturale, delle università, dei centri studi, dei movimenti, delle correnti dei partiti, è benvenuta per un confronto. Certo, in questi confronti qualche volta capitano cose singolari. Ho partecipato a quello promosso da Maurizio Gasparri e ho dovuto ascoltare lì le lamentazioni di due o tre esponenti del consiglio di amministrazione, che intervenivano per dire che il consiglio di amministrazione non contava nulla.
  Vorrei ribadire qui con chiarezza un punto. Si può discutere sul tipo di effetto che la nuova legge abbia sulla governance. Un punto è però chiaro: gli atti fondamentali sono votati dal consiglio di amministrazione, giudico il piano industriale tutt'altro che un punto banale di incidenza nelle scelte dell'azienda, ed è votato dal consiglio di amministrazione, i budget sono votati dal consiglio di amministrazione. Tra qualche giorno, se ricordo bene le scadenze, dovrà essere presentato e votato il piano della trasparenza, da cui si vedranno esterni, interni, incidenza dei costi, equilibri. Il consiglio di amministrazione, se si vuole, ha tutti i poteri per intervenire. Registro solo – non c'è nessun intento malevolo nelle mie parole – che ho usato un'espressione più critica io verso il piano industriale che non tutti i consiglieri di amministrazione di maggioranza e opposizione, che l'hanno votato all'unanimità. Capisco poco, allora, quando nei convegni si va a lamentarsi del Governo che non rispetta il dissenso. Il problema è che non ce n'è. Vorrei capire di cosa si discute. Un punto, però, è chiaro: nessuno toglie le responsabilità del consiglio di amministrazione. Ci sono atti di competenza del consiglio di amministrazione, e io immagino che quegli atti votati siano condivisi.
  Anche relativamente alla sollecitazione del presidente Fico – non voglio muovere un attacco né formulare una critica – faccio un rilievo che mi pare nelle cose e che, oggettivamente, ho avuto modo di condividere anche con i vertici dell'azienda come commento alle mie parole. Ho detto che quel documento era condivisibile? Sì, secondo me è in linea con il tipo di visione di trasformazione di Rai che almeno Governo e maggioranza hanno. Ho detto che allo stato era più un'indicazione di obiettivi che non un piano industriale. Intendiamoci sulle parole, penso che un piano industriale preveda step operativi, budget, fasi, indicazione di trasformazioni, momenti di verifica, altrimenti non so di che cosa parliamo. Gli obiettivi sono condivisibili? Li firmerei tutti. Siamo partiti dall'indicazione degli obiettivi, arriveremo anche ad avere un piano industriale.
  Anche sul tema delle risorse ogni tanto vedo ricostruzioni un po’ singolari. Non ho intenzione di attaccare nessuno. Fin dall'inizio, ho detto che la nostra impostazione prevede che ciascuno si assuma le sue responsabilità. Le nostre politiche, in termini generali, sono quelle di porre regole e indicazioni di percorso, quelle degli organismi dell'azienda di gestirle e risponderne.
  Credo che le indicazioni di tutti, poi ciascuno ci mette il suo accento, fossero sulla necessità di una grande fase di trasformazione profonda, non cosmetica, di Rai e dell'idea di servizio pubblico. Il Movimento 5 Stelle può declinarle in un modo, Forza Italia in un altro, il PD in un altro, il Governo in un altro ancora. Questo fa parte del confronto, ma non ho mai ascoltato nessuno che abbia detto che l'obiettivo fosse mantenere la situazione così com'era perché perfetta. Credo di essere corretto nel sollecitare continuamente gli organismi, che hanno la responsabilità di guidare la Rai, rispetto a Pag. 21quest'indicazione che viene dall'Istituzione condivisa da tutti. Non è né un attacco né un moto di simpatia o di antipatia, né il Governo interventista o assente, no. Abbiamo dato alcune linee, e ora tocca alla responsabilità degli amministratori, che sono stati scelti per questo.
  Quanto ai tempi, capisco, le fasi di transizione non sono mai veloci, ma non è questo il punto principale. Registro solo, anzitutto, che abbiamo fatto una nomina anticipata rispetto alla legge con il vecchio sistema previsto dalla legge Gasparri, proprio per non perder tempo, perché era urgente mettere mano alla Rai. In secondo luogo, ho sentito dire che la Commissione di vigilanza non dialoga con il consiglio di amministrazione, ed essendo quella che l'ha eletto, trovo l'elemento tra l'inquietante e il preoccupante. Quando poi si arriva al punto che D'Ambrosio Lettieri, se ho compreso bene, mi dice che fa un appello al Governo perché si faccia carico di riportare un equilibrio informativo, capisco il senso, ma sinceramente non l'avrei mai fatto, se qui ci fosse stato Maurizio Gasparri, un appello di questo tipo. Avrei invitato Maurizio Gasparri o, se al mio posto ci fosse stato Vinicio Peluffo, avrei invitato il Governo ad astenersi dall'intervenire sulle questioni che riguardano il pluralismo informativo, ed è tutta l'intenzione che ho.

  LUIGI D'AMBROSIO LETTIERI. Il Governo per la verità ha una maggiore sobrietà, dovrebbe...

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. È previsto che replichi io, poi magari la prossima volta...
  Credo che la Commissione di vigilanza abbia proprio questa tra le sue prerogative, per primo il consiglio di amministrazione eletto dalla Commissione, l'Authority, fuorché il Governo... Non vorrei che alla fine dire che uno decide tutto diventi, per chi ha altri ruoli nella governance di Rai, l'alibi su cui scaricare le proprie responsabilità, perché non è così. Ci sono atti, competenze e poteri.
  Sulla questione degli esterni, su cui sono stato sollecitato dal collega Margiotta, ripresa da Gasparri, non voglio valicare il confine delle mie attribuzioni: penso che ci siano gli strumenti perché tutti abbiano la possibilità di valutare se le competenze prese dall'esterno sono così straordinarie da giustificare il ricorso all'esterno e il valore del loro emolumento o meno. Il piano trasparenza, che tra poco il consiglio di amministrazione approverà come da legge, ci darà quelle specifiche che consentiranno a ciascuno di fare la propria valutazione. Immagino, per la stima che ho di chi guida la Rai, che il ricorso all'esterno sia limitato a professionalità o acquisizione di competenze di un livello tale da non essere reperibili all'interno di un'azienda come Rai rispetto agli obiettivi che l'amministratore ha.
  Voglio continuare sulle risorse. Sento parlare solo di canone e pubblicità. È vero, sono i due principali elementi, ma insisto su un punto. Il percorso di razionalizzazione e di efficientamento delle risorse non riguardava solo Luigi Gubitosi, non è andato in prescrizione ora che Gubitosi non è più in carica. Per noi, è un punto di sobrietà che mantiene tutto il suo valore, che può dare grandi risorse da spostare sulla produzione. Penso a tutto il percorso sul patrimonio immobiliare, sui sistemi di produzione, su tutto ciò che riguarda gli organismi di gestione su cui non voglio entrare. Il potenziamento della capacità di commercializzazione di Rai, se è vero come è vero e come sono convinto che abbiamo un servizio pubblico di valore internazionale, credo che i margini di miglioramento degli introiti da potenziamento dell'attività commerciale siano rilevanti. Attenzione alle risorse, che però non vuol dire solo discussione. Lo dico perché vedo già partire una polemica sui giornali, per cui si dice che il Governo si appresta a diminuire la pubblicità in Rai, e quindi colpirà la Rai perché per il patto del Nazareno consentirà... oppure altri dicono che il Governo ora ha tutto il potere e dà più risorse alla Rai perché la controlla, e quindi il potere è contro la libertà dei mezzi privati. Penso che, rispetto alle risorse, occorra mantenere Pag. 22 prima di tutto il rispetto di quello che sono. Relativamente al canone, era ingiusto tollerare l'evasione, il che significava non avere rispetto del valore della risorsa canone, e siamo intervenuti. Quanto alla pubblicità – lo ridico – penso che chi fa servizio pubblico, se la utilizza anche in modo accessorio, debba avere rispetto del valore di quello strumento, che per il mercato è ossigeno. Quanto al sistema di gestione delle risorse, occorre, come in ogni altra realtà, un processo di razionalizzazione della gestione e del patrimonio che porti a non disperderle. Questo non vale solo per la gestione precedente, ma anche per quella attuale. C'è poi la valorizzazione del prodotto del sistema che Rai è in grado di mettere in campo sul piano commerciale.
  Credo che tutte queste siano linee su cui muoversi, quindi non c'è l'intento di colpire o polemizzare con il direttore generale, non c'è motivo. Ho stima di Antonio Campo Dall'Orto. Sono convinto che svolgerà un lavoro importante su Rai. Le indicazioni che ho letto negli obiettivi che ha presentato al consiglio di amministrazione sono condivisibili. Se occorre il tempo per capire risorse e processi, vedremo a settembre quali saranno. Quello che ci aspettiamo è che valorizzi la potenzialità del servizio pubblico.
  La piattaforma è un tema di cui abbiamo parlato qui molte volte. Non c'è una grande discussione. Ormai, che il servizio pubblico debba essere anche capace di stare su tutte le piattaforme, valorizzando i propri contenuti, mi pare tema assolutamente certo.
  Relativamente ai meccanismi dell'informazione, rispetto tutte le opinioni, ma trovo francamente difficile articolare un pensiero che dica che siamo all'epurazione. Siamo semplicemente alla trasformazione dei meccanismi. Che i talk show riescano a raggiungere una parte limitatissima di ascoltatori, mi pare un dato che si può leggere, non c'è bisogno che lo dica nessuno e che, dunque, tutti i broadcaster, privati e pubblici, siano alla ricerca di un nuovo modello che faccia approfondimento, mi pare stia nelle cose.

  ALBERTO AIROLA. Non intrattenimento, ma approfondimento, bravo!

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Mi pare che stia nelle cose. Che ci sia bisogno di capire come l'informazione possa nel tempo presente essere pensata per un pubblico e una comunità diversi, mi pare importante; che sia assolutamente fondamentale l'esistenza di un canale, di programmi capaci di tradurre gli interessi e la cultura italiana dentro lo scenario internazionale, altrettanto. Queste sono le questioni più di concretezza.
  Non credo che vi sia quello scollamento tra la visione del Governo, ma devo dire delle istituzioni, e l'attività concreta dei vertici Rai a cui faceva riferimento Salvatore Margiotta. Probabilmente, occorre che vi sia il tempo perché le cose complesse acquistino forma e velocità. Continuiamo a sollecitare attraverso un dibattito e un confronto questo percorso di trasformazione.
  Penso che Rai abbia, grazie ai suoi organi dirigenti, un capitale umano e professionale straordinario al proprio interno. Credo che una parte vera del successo dei nostri obiettivi di trasformazione di Rai e del servizio pubblico stia nel saper saldare competenze ed esperienze che vengono anche, come è sempre stato, da esperienze e profili diversi, con la ricchezza che c'è all'interno dell'azienda. Credo si sia spostato oggettivamente il confine di discussione. Oggi, la partita del servizio pubblico si gioca, a mio avviso, dentro un sistema cambiato sulla sua capacità di essere interprete del servizio dell'intero Paese. Sono convinto che i vertici che abbiamo nominato, ciascuno per la sua parte, abbiano competenze, capacità, passione, intelligenza e volontà di procedere lungo questa strada, il che però – lo dico solo per evitare polemiche – non ci esime dall'assumerci la nostra responsabilità, che è di stimolo verso gli obiettivi di riforma vera, strutturale. Pensiamo sia quello che occorre.
  Ho tenuto per ultima una battuta, che devo a Ciampolillo, perché mi ha colpito la domanda. Il collega Ciampolillo è interessato a capire se è vero che ho chiesto approfondimenti per valutare la possibilità... Pag. 23 Siamo addirittura all'interesse agli approfondimenti che chiedo. Devo dire che mi lusinga moltissimo questo tipo di interesse, ma non è così. È vero che, mentre abbiamo fatto un percorso importante sulla questione delle televisioni private locali, l'accelerazione deve ancora venire su quella della radiofonia, sul tema vero della trasformazione tecnologica e sul tema di mercato. Non ci sono intenzioni tanto meno volontà di partire su punti spot. Semmai, c'è tutta la volontà, con Rai, con i consorzi DAB, con i protagonisti del mondo della radiofonia, di trovare il modo di accelerare anche il processo di rinnovamento tecnologico e di potenziamento di un settore, che però ha già alcune coordinate importanti.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Giacomelli e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15.