XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Giovedì 5 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Amoddio Sofia , Presidente ... 2 

Audizione della Ministra della difesa, senatrice Roberta Pinotti:
Amoddio Sofia , Presidente ... 2 ,
Pinotti Roberta , Ministra della difesa ... 2 ,
Amoddio Sofia , Presidente ... 4 ,
Fucci Benedetto Francesco (Misto-CR)  ... 5 ,
Zappulla Giuseppe (PD)  ... 6 ,
Amoddio Sofia , Presidente ... 7 ,
Fusilli Gianluca (PD)  ... 7 ,
Baroni Massimo Enrico (M5S)  ... 8 ,
Amoddio Sofia , Presidente ... 9 ,
Fucci Benedetto Francesco (Misto-CR)  ... 9 ,
Amoddio Sofia , Presidente ... 9 ,
Pinotti Roberta , Ministro della difesa ... 9 ,
Amoddio Sofia , Presidente ... 11

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
SOFIA AMODDIO

  La seduta inizia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione della Ministra della difesa, senatrice Roberta Pinotti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della Ministra della difesa, senatrice Roberta Pinotti. Le do il benvenuto in Commissione e la ringrazio per la sensibilità dimostrata, essendo il primo ministro che interviene in Commissione d'inchiesta, anche perché è la prima Commissione di inchiesta istituita per il caso della morte del paracadutista militare Emanuele Scieri, istituita per la prima volta dopo una richiesta perorata per ben quattordici anni. In questi tre anni di legislatura siamo stati noi gli artefici dell'istituzione di questa Commissione d'inchiesta.
  Lascio subito la parola al ministro per la sua audizione, cui faranno seguito eventuali interventi e richieste di chiarimento da parte dei colleghi.

  ROBERTA PINOTTI, Ministra della difesa. Grazie, presidente, grazie onorevoli colleghi. Voglio ringraziare la Commissione d'inchiesta sulla morte di Emanuele Scieri per aver accettato la mia richiesta di audizione all'inizio dei vostri lavori, perché vorrei darvi alla fine dell'audizione un messaggio che sia chiaro per questa Commissione e per i lavori che questa Commissione deve fare.
  Come tutti voi sapete, Emanuele è scomparso il 13 agosto del 1999, quindi sono trascorsi diciassette anni, però la sua morte rimane una ferita ancora aperta. Lo è per la mamma, la signora Isabella Guarino, che credo voi abbiate già audito, per i familiari di Lele, lo è per i tanti amici che gli volevano bene, per le città di Siracusa e di Noto e lo era per il papà di Lele che è scomparso alcuni anni fa.
  Sono consapevole di quanto sia doloroso ricordare questi tragici fatti, ma non conosco altro mezzo per poter essere veramente di loro aiuto se non ricercare tenacemente la verità, assicurando a tal fine e per quanto di mia competenza la piena disponibilità del Ministero della difesa rispetto ai lavori di questa Commissione. Questo è il messaggio principale e importante che volevo venirvi a dare.
  Quella di Emanuele rimane una ferita aperta anche per le forze armate, è un vulnus inaccettabile da tutti noi e dalle istituzioni dello Stato. Sentiamo forte il dovere di rifiutare la prospettiva che la scomparsa di un giovane presenti ancora oggi diverse circostanze non chiarite.
  Emanuele Scieri aveva ventisei anni quando, nell'estate del 1999, terminati gli studi universitari con una laurea in giurisprudenza, arrivò a Pisa nella caserma del centro di addestramento dei paracadutisti. Era innamorato della vita, lo sappiamo leggendo gli atti delle inchieste, avendo sentito degli amici e la mamma, era attivo, curioso, appassionato della sua professione appena avviata, che anche durante il servizio militare avrebbe certamente messo a frutto con le sue doti umane e culturali, per il bene dei commilitoni, dei reparti dove serviva e della patria.
  La vicenda sulla quale è chiamata ad indagare questa Commissione parlamentare ebbe al momento dell'accadimento dei fatti un elevato rilievo tanto negli ambienti istituzionali quanto nella pubblica opinione, e in modo particolare nella comunità siracusana, che voglio qui ringraziare per la tenacia dimostrata in questi diciassette anni nella ricerca di una verità finora non raggiunta.
  Il Parlamento si attivò più volte, quando ancora le indagini della magistratura erano in corso, per richiedere informazioni e sollecitare provvedimenti. Già allora era evidente come quel drammatico fatto non potesse in alcun modo essere derubricato ad un tragico evento e neppure ad un mero fatto di bullismo.
  Non poteva esserlo, perché l'inaccettabile e colpevole ritardo nel rinvenimento del corpo di Emanuele Scieri chiamava in causa responsabilità diverse da quelle attribuibili a coloro che presumibilmente potevano essere stati i diretti responsabili.
  Poi sulla scia di quella vicenda si innescarono altre valutazioni, relative a comportamenti o atteggiamenti tenuti da alcuni ufficiali, non consoni con il loro stato, il loro ruolo e le loro responsabilità. Fu così ad esempio per la vicenda del cosiddetto «Zibaldone», un insieme inquietante di scritti di circa centoventi pagine, in cui si mescolavano citazioni auliche con prescrizioni su una quantomeno opinabile disciplina perfetta, materiale certamente non rispondente anche all'epoca all'etica militare, assemblato dal Generale Celentano, allora comandante della Brigata Folgore, un compendio che, letto con gli occhi di oggi, suscita perplessità e sconcerto.
  Sono passati molti anni da quegli eventi, ma i ricordi sono ancora vivi. La Difesa si mosse affidando un'indagine interna sotto forma di inchiesta sommaria al Vice Comandante territoriale, Generale Antonelli, i cui esiti – peraltro non risolutivi – furono inviati alla magistratura ordinaria e a quella militare.
  Si accertò che il giovane militare era caduto da quella scala ed era restato per un tempo incredibilmente lungo in un angolo della caserma, senza che nessuno sentisse l'obbligo di avviare delle ricerche anche all'interno della struttura. Si trattava di un fatto grave che, a prescindere dalle cause della caduta, richiamava precisi addebiti per chi aveva la responsabilità di comando della caserma.
  In realtà, pur non disponendo ancora degli esiti delle indagini affidate alla magistratura, il Ministro Scognamiglio dispose, d'intesa con le autorità militari, la sostituzione del comandante del Centro di addestramento paracadutismo militare, Generale Calogero Cirneco, e del Vice Comandante, Colonnello Pierangelo Corradi.
  Inoltre, il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito pro tempore, Generale Cervoni, inviò copia del documento denominato «Zibaldone» alla Procura Militare della Repubblica per le valutazioni ed eventuali azioni, e ordinò al Generale Celentano di ritirare il materiale.
  Il Generale Cervoni dispose anche un'indagine interna sull'operato del comandante della Folgore, che si concluse con un giudizio critico nei confronti dello stesso. I ministri della difesa pro tempore risposero agli atti di sindacato ispettivo fornendo le informazioni richieste e comunicando i provvedimenti in corso. Quella morte – lo sappiamo – scosse non poco la pubblica opinione in un momento nel quale la Difesa era oggetto di scrutinio e di dibattito. Era stata infatti già avviata l'introduzione dei volontari, che divenne poi l'unica forma di reclutamento della truppa quando si giunse alla sospensione delle chiamate alla leva. Nel medesimo autunno del 1999 il Parlamento dava definitiva approvazione alla legge per il reclutamento delle donne, divenuto effettivo nel 2000.
  In quel delicato passaggio storico, quando si introducevano importantissime riforme in un settore rimasto per decenni uguale a se stesso, ogni sforzo doveva essere fatto per estirpare definitivamente il fenomeno del cosiddetto «nonnismo», cioè la prevaricazione degli anziani sui più giovani quale forma di gerarchia parallela e di riproposizione di riti di iniziazione, che dalla goliardia potevano scivolare facilmente nella violenza.
  L'allora Ministro Mattarella ebbe a dire successivamente in un'audizione circa i fenomeni riconducibili alla violenza nelle caserme: «A noi sta a cuore sconfiggere un fenomeno odioso, che è figlio di una sottocultura di sopraffazione e violenza. La fiducia di trovare un ambiente militare depurato da ogni vecchia concezione di prevaricazione è inoltre un elemento importante affinché i giovani possano guardare alle Forze armate come a una interessante e valida opportunità professionale».
  Ai comandanti a tutti i livelli fu data ulteriore responsabilità per procedere a un profondo rinnovamento della vita nelle caserme e dei rapporti fra i militari di ogni grado. Questo rinnovamento fu efficace e ha condotto ad una realtà sostanzialmente differente, la realtà di oggi dove volontari e professionisti sono intimamente consapevoli del loro ruolo e delle loro responsabilità come militari e come cittadini della Repubblica.
  Abbiamo voltato pagina sotto molti aspetti, non rinneghiamo affatto la nostra storia, né la validità della leva quale forma di coinvolgimento popolare della difesa della patria, in ossequio al dettato costituzionale. Rifiuto, però, di considerare fisiologiche quelle storture, quella cultura e quella carenza di professionalità che in passato non impedirono al bullismo di prendere forza nelle caserme e tramutarsi talvolta in crimine.
  Anche per questo, pur a distanza di tanti anni, io non mi rassegno e con me la Difesa non si rassegna a lasciare indefinite le responsabilità per la morte di Emanuele Scieri.
  Personalmente ho un ricordo nitido di quell'evento, il ricordo di una cittadina che ascoltava le notizie e non accettava l'idea che un giovane potesse morire in quel modo. Da Ministro della difesa ho tenuto ad incontrare la madre di Emanuele, non solo per confortarla, ma per garantirle il mio pieno sostegno per la ricerca della verità.
  Onorevoli colleghi, non troverete porte chiuse e neppure socchiuse, sono a vostra disposizione tutti gli atti, anche quelli più sensibili, in possesso dell'amministrazione necessari ai lavori, ivi inclusi quelli dell'inchiesta sommaria i cui risultati sono già stati portati a conoscenza della madre di Emanuele.
  Troverete dunque nella Difesa piena collaborazione per le vostre attività, nella consapevolezza che solo il raggiungimento della verità potrà soddisfarci pienamente.

  PRESIDENTE. Esprimo un grazie veramente sentito alla Ministra Pinotti. Permettetemi di dire che è veramente commovente ascoltare queste parole soprattutto in rappresentanza del Ministero della Difesa dopo così tanti anni. Dico sempre che ciò che conta, oltre alle parole, è la vibrazione che sta dietro le parole, perché dalla vibrazione si comprende se una persona sta parlando credendo in quello che dice, quindi ringrazio veramente la ministra di questo intervento.
  Data questa enorme disponibilità e queste parole, «non troverete porte chiuse, né socchiuse», mi preme in qualità di presidente perorare ulteriormente questa grande disponibilità del Ministro della difesa e agevolare nei tempi più brevi possibili l'accesso agli archivi della caserma Gamerra, considerato che sono passati diciassette anni.
  Abbiamo bisogno di una serie di atti in maniera urgente e a titolo di esempio ne indico alcuni che sono riuscita a rilevare in questi giorni di studio. Ci sono state due ispezioni alla caserma Gamerra. Emanuele Scieri sarebbe morto il giorno 13 agosto 1999 appena arrivato in caserma (era venerdì), c'è stata un'ispezione il 15 agosto 1999 (era domenica, Ferragosto) alle 5.30 del mattino del Generale Celentano, Comandante della Brigata Folgore, insieme al Colonnello Fantini, e poi c'è stata un'altra ispezione alle 21.30 del Colonnello Pierangelo Corradi, quindi chiederemmo di avere accesso a queste ispezioni (credo proprio che ci sia un documento scritto).
  Avremmo bisogno – poi darò la parola ai colleghi che volessero intervenire – di sapere chi fosse in servizio di casermaggio il 13 agosto 1999, perché il corpo è stato scoperto da quattro paracadutisti addetti al casermaggio il 16 agosto 1999, ma non sappiamo ancora chi fosse addetto al casermaggio il 13 agosto 1999. Parlo del casermaggio perché questo è vicino alla torretta dove è stato trovato deceduto Emanuele Scieri.
  Un altro buco nero di questa inchiesta è che, nello stesso momento in cui si faceva il contrappello e che Emanuele Scieri, rientrato all'interno delle mura della caserma, non era presente al contrappello alle 22.40 circa (qualcuno dice 22.45, qualcuno alle 23.00), qualcuno dall'interno della caserma con il cellulare in uso al Generale Celentano chiamava casa del generale Celentano a Livorno. Avremmo bisogno di sapere chi avesse in uso il cellulare di Celentano dentro la caserma mentre Celentano era a casa propria a Livorno.
  Dal 1o gennaio al 13 agosto 1999, giorno in cui muore Emanuele Scieri, risulta dall'inchiesta amministrativa del Generale Antonelli a cui faceva cenno la Ministra Pinotti che vi siano stati 344 mancati rientri. Non abbiamo mai appreso chi fossero questi militari non rientrati, come siano stati trattati, se siano stati cercati, se sia stata iniziata una procedura di diserzione se andava oltre i tre giorni, se qualcuno fosse rientrato in caserma e poi uscito. Se è così, dovrebbero esserci i registri della garitta, delle porte della caserma, o si trattava di mancato rientro dalla libera uscita?
  Il caso di Emanuele Scieri è un caso particolare perché Emanuele Scieri era rientrato in caserma. Anche qui avremmo bisogno di avere copia del registro del 13 agosto 1999 perché, se un militare rientra dalla libera uscita ed esce poco prima del contrappello, un'ora prima del contrappello, un militare appena arrivato in caserma viene chiaramente registrato.
  Dall'inchiesta si evince che gli anziani potevano uscire in quell'ora vicina al contrappello, perché gli anziani chiaramente sono conosciuti, ma un militare appena arrivato è molto difficile che esca di nuovo e, se esce di nuovo, deve essere registrato o addirittura fermato.
  Si evince inoltre dagli atti che il 13 agosto 1999, oltre ad Emanuele Scieri che – ripeto – era rientrato in caserma, sembra che abbiano fatto mancato rientro due militari. Chi sono questi militari?
  Data l'enorme disponibilità della ministra, occorre che la Commissione abbia la fotocopia degli ordini di pattugliamento della sera del 13 agosto 1999. Sappiamo chi erano i militari addetti alla guardia quella sera, chi ha fatto le ronde quella sera, abbiamo i nomi, però non sappiamo quali fossero gli ordini di pattugliamento. In tutte le caserme l'Italia ci sono gli ordini e ognuno deve pattugliare una determinata zona. Chi pattugliava quella sera la zona vicino alla torretta?
  Dall'inchiesta amministrativa del Generale Giancarlo Antonelli a cui faceva riferimento la ministra, che è stato incaricato proprio dal Ministero della difesa il 17 agosto 1999, quindi pochi giorni dopo, inchiesta che è stata distribuita a tutti gli onorevoli commissari, si auspica l'apertura di un provvedimento disciplinare verso gli addetti al contrappello. Non abbiamo assolutamente contezza se questo provvedimento disciplinare è iniziato e che esito ha avuto.
  Il Generale Antonelli, molto preciso in questa inchiesta amministrativa, conclude suggerendo di nominare una Commissione inquirente, che possa fare luce sul fatto. Anche qui non abbiamo assolutamente gli esiti, ignoriamo se sia stata nominata questa Commissione inquirente, a quale conclusione sia pervenuta. Anche sotto questo profilo, per tutti motivi che ho elencato, ma che sono veramente pochi rispetto all'ampiezza delle indagini (magari ne scopriremo altri strada facendo, studiando gli atti) abbiamo bisogno nel più breve tempo possibile dell'apertura degli archivi della caserma Gamerra.
  Ringrazio ancora la ministra per le sue parole e per la sua audizione. Lascio parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  BENEDETTO FRANCESCO FUCCI. Grazie, presidente. Signora ministro, sento il dovere e l'obbligo di ringraziarla, perché in poche, altre circostanze come questa mattina ho orgogliosamente ascoltato un rappresentante delle istituzioni che per me cittadino è garanzia, garanzia in quanto dalle sue parole traspare non il dovere di circostanza, ma una convinta adesione alla richiesta della ricerca della verità.
  Mi consenta, al suo ruolo istituzionale lei ha aggiunto, nella descrizione che ha fatto, una sensibilità tutta femminile. È una verità che deve essere assolutamente ricercata. Non entro nei particolari, perché la puntigliosa descrizione di quanto ci necessita per percorrere questo cammino è stata già fatta dal nostro presidente, quindi dalla risposta a questi quesiti e da altri che lungo il nostro cammino potranno venir fuori si otterranno elementi chiari e certi perché questa verità venga alla fine annunciata, una verità che ci chiede Emanuele, ci chiedono i suoi familiari, ci chiedono gli amici, ma innanzitutto ci chiede lo Stato per difendere una benemerita istituzione come le Forze armate.
  La verità potrà infatti dare giustizia e contezza dell'irrinunciabile ruolo delle Forze armate ed evidenziare con forza l'esigenza di perseguire le mele marce non come fine a se stesso, ma perché è giusto rafforzare in tutti, soprattutto nei giovani, la convinzione che stare nell'Esercito deve rappresentare una reale opportunità e non il rischio di avventurarsi in situazioni deleterie e drammatiche come queste.
  Abbiamo bisogno di conoscere la verità perché si parte da un dato certo, non da un'ipotesi: Emanuele è stato ucciso, e tali e tante incongruenze, tante anomalie che ruotano intorno a questo principio innegabile sono rimaste senza risposta.
  Diceva la presidente che, di fronte alla mancata assunzione di responsabilità dei militari che avevano il compito di evidenziare in maniera eclatante l'assenza di Emanuele, che era tornato in caserma, di fronte all'anonimato, rimasto tale, delle telefonate fatte durante la notte al Generale Celentano, solo il suo aiuto, ministro, quella bellissima frase che ha detto, «non troverete porte chiuse, né socchiuse», saranno spalancate, ci lascia la certezza che, sebbene questa Commissione d'inchiesta sia arrivata troppo tardi, dopo ben sedici anni, nonostante le sollecitazioni dei parlamentari in questi anni, non è mai troppo tardi se alla fine addiveniamo ad un punto fermo, necessario per tutelare la dignità delle nostre Forze armate.
  Grazie per quanto sta facendo e per quanto certamente continuerà a fare per la riuscita di questa Commissione.

  GIUSEPPE ZAPPULLA. Sento davvero il bisogno, il piacere e il dovere di ringraziarla per aver raccolto l'invito della Commissione, laddove era un atto doveroso e necessario ascoltare, sentire, confrontarsi con il ministro più direttamente coinvolto e interessato allo sviluppo dell'indagine della Commissione, ma mi sento di ringraziarla, al di là dei formalismi e della ritualità che in alcuni casi è quasi doverosa, soprattutto per quanto ha detto nel contenuto, ma anche nei toni, che, come giustamente il presidente richiamava, ci consegnano un suo coinvolgimento anche emotivo, non solo di natura istituzionale, pur rilevantissima.
  Senza alcuna retorica non ho difficoltà a dire che mi sono ritrovato, soprattutto in questa seconda parte, oltre che nelle parole, nel coinvolgimento emotivo, perché dopo diciassette anni questa Commissione d'indagine non si sarebbe potuta attivare e realizzare, se insieme al dovere istituzionale e al ruolo non ci fosse stata anche questa carica di emozione, di commozione e di volontà di ricercare verità e giustizia su una vicenda che richiama a tutti noi valori e princìpi irrinunciabili.
  La Presidenza farà in modo di farle pervenire in modo articolato le nostre richieste, quindi evito di fare elencazioni puntuali, ma le evidenzieremo una serie di necessità, delle quali alcune le sono già state indicate dal presidente. Mi limito pertanto ad alcune brevissime considerazioni.
  La vicenda di Emanuele Scieri è certo una vicenda siracusana, che ha inevitabilmente coinvolto l'intera comunità, perché gli amici, i conoscenti, la realtà sono stati particolarmente toccati da questo punto di vista, però lei ha giustamente evidenziato la gravità della storia, delle dinamiche.
  Il fatto che sia stato acclarato da tutte le indagini che si è trattato di un omicidio compiuto da ignoti, ma di un omicidio, ha fatto diventare la vicenda di Lele Scieri una ferita nazionale, se così la posso chiamare, e come tale a mio avviso va affrontata. La Commissione deve avere questo spirito, con l'obiettivo non di rispondere solo alla comunità di Noto o di Siracusa, ma di far sì che, per quanto possibile perché purtroppo Lele non c'è più, la verità e la giustizia possano lenire la ferita.
  La volontà di fare luce, di verità e giustizia si deve ai familiari, agli amici, all'intera comunità, ma, come veniva giustamente ricordato, c'è una ferita e un'ombra inquietante su una branca delle forze armate. Non possiamo far finta di non sapere, abbiamo correttamente detto e sottolineato che le dinamiche della morte di Lele Scieri vanno ben oltre gli atti – pur gravissimi – di bullismo, che probabilmente ci saranno stati e che sono alla radice della genesi di quello che possiamo immaginare si sia messo in campo, però Lele Scieri muore dentro il perimetro di una caserma, quella che nell'immaginario collettivo e per legge dovrebbe rappresentare il punto più alto della trasparenza, della legalità, della sicurezza, in cui omertà, silenzio, complicità non dovrebbero esistere.
  Quando un ragazzo di ventisei anni rientra in caserma, quindi è acclarato ufficialmente, e lì agonizza per ore e nessuno sente il bisogno, il diritto, il dovere di dire cosa ha visto, cosa ha sentito, perché, chi ha omesso, è una zona d'ombra di una responsabilità gravissima, signor ministro, che, se mi è consentito, va oltre la stessa gravità del fatto, perché mette in discussione una delle certezze dell'intero Paese, quella di avere Forze armate di cui potersi fidare. È una delle poche certezze che gli italiani hanno. Va ben oltre la vicenda del bullismo.
  Non voglio dilungarmi, perché ho già detto di ritrovarmi nelle cose che lei ha dichiarato. Tutto è avvenuto dentro quella caserma, lei parlava di porte aperte, ed è straordinario il modo e il coinvolgimento con cui lo ha detto. Le chiedo quindi, per usare questa sua brillante metafora, che le sue porte aperte ci consentano di aprire le porte di quella caserma, di aprirle tutte, di aprire gli archivi, di aprire i documenti, le relazioni, le cose che diceva il presidente e tante altre, perché, se riusciremo ad aprire fino in fondo le porte di quella caserma, probabilmente alla fine scopriremo non solo il responsabile, ma anche i complici e le omertà. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Zappulla. Effettivamente la carica che abbiamo in Commissione proviene anche da una carica di commozione e di emozione che muove insieme alla ragione. Prego, onorevole Fusilli.

  GIANLUCA FUSILLI. Grazie, signor presidente.
  Signora ministro, quando ognuno di noi ha ricevuto la chiamata dal Presidente della Camera a far parte di questa Commissione d'inchiesta credo che ciascuno abbia assunto la consapevolezza della responsabilità particolare del ruolo che assumeva con l'accettazione di questo incarico, per la particolarità (lei lo ha ricordato nel suo intervento) della vicenda umana coinvolta, un ragazzo di ventisei anni che sceglie di prestare servizio per lo Stato e che trova la morte in condizioni così opache come quelle che abbiamo avuto modo di approfondire, anche se solo inizialmente, nei primi giorni di lavoro di questa Commissione.
  Una consapevolezza, signora ministro, che almeno personalmente si è incrementata in esito alla prima audizione che abbiamo avuto in Commissione, ascoltando le parole della madre del giovane Emanuele Scieri. Lì, come dice la presidente Amoddio, si sono sviluppate anche l'emozione e la commozione, avendo di fronte il dolore umano comprensibile e legittimo ancora più aggravato dall'impossibilità di darsi una risposta rispetto alla ricerca di giustizia.
  Ciò che però più mi ha colpito in quell'audizione sono state le parole di alcuni giovani rappresentanti (certo oggi meno giovani di allora, essendo passati diciassette anni) di associazioni spontaneamente costituite nella città di Siracusa per la ricerca della verità su questo fatto increscioso, soprattutto di un giovane avvocato, che ha sottolineato come in questi diciassette anni spesso negli ambienti degli amici di Emanuele e dei componenti delle associazioni si fosse sviluppato un senso di sfiducia rispetto alla ricerca della verità, fiducia che però loro mai avevano perso.
  La costituzione della Commissione d'inchiesta è stata quindi la risposta che c'è uno Stato che vuole fare chiarezza su quella morte e che quindi nelle istituzioni e nello Stato bisogna credere.
  È evidente, signora ministro, che, se siamo arrivati dopo diciassette anni, tre inchieste penali e un'inchiesta amministrativa alla necessità di costituire una Commissione d'inchiesta, significa che c'è ancora molto da chiarire, che durante questo tempo c'è stata superficialità, valuteremo se c'è stata negligenza.
  È però evidente che, oltre alla responsabilità di dare una risposta al dolore dei familiari, oltre, come lei ben diceva nel suo intervento che ho condiviso in toto e che mi ha molto colpito dal punto di vista sia istituzionale che umano, a quella di ricercare la verità anche per la dignità delle nostre Forze armate, credo (lo dico ai miei colleghi del gruppo del Partito Democratico che mi onoro di rappresentare, ma anche agli altri colleghi) con la nostra partecipazione a questa Commissione è in gioco la dignità dell'istituzione che rappresentiamo, la dignità del Parlamento.
  Abbiamo il diritto e il dovere di svolgere con velocità e con impegno questo nostro incarico e di provare (e credo che ci riusciremo) a dare una risposta alle esigenze che lei ha sottolineato.
  Concludo, signora ministro, ringraziandola, perché la sua presenza questa mattina, l'aver accettato ma anche sollecitato l'invito ad essere audita in questa Commissione come dato formale di inizio dei nostri lavori, perché questa è la prima audizione tecnica (abbiamo audito solo la madre del militare e i rappresentanti delle associazioni), sarebbe stato un fatto istituzionalmente importante, un sostegno formale all'inizio di attività di una Commissione d'inchiesta che certo deve indagare su fatti delicati.
  Avendo però ascoltato il contenuto del suo intervento e la decisione con cui ha voluto trasmetterci alcuni concetti, il più importante dei quali è quello delle porte aperte rispetto alla nostra volontà di trovare la verità, le esprimo il mio ringraziamento personale e anche quello politico a nome del gruppo del Partito Democratico, perché ci conforta sulla circostanza che nei prossimi mesi l'avremo al nostro fianco nello svolgimento di questo compito. La ringrazio molto.

  MASSIMO ENRICO BARONI. Chiedo scusa alla presidenza e all'onorevole ministra per il grave ritardo con cui purtroppo sono arrivato, per cui non sono riuscito ad ascoltare la relazione. Siamo tuttavia all'interno di un solco di lavoro e più volte, sia in qualità di psicologo e psicoterapeuta, sia in qualità di persona che ha subìto bullismo, gentile ministra, ho espresso dispiacere per il fatto che sia stata circoscritta la proposta di legge sulla Commissione d'inchiesta Scieri, perché non doveva estendersi anche alla situazione attuale degli atti di bullismo.
  A volte si parla a suocera affinché nuora intenda, io so (probabilmente è un occhio allenato, non serve un occhio clinico) come sono cambiate le Forze armate da quando non c'è più la leva obbligatoria e sono entrate le donne. Se qualcuno mi chiede se ho fatto il servizio militare, a parte che l'ho fatto, di solito rispondo: «sì, l'ho fatto per ventotto anni di fila», perché mio padre era un militare elicotterista dello Stato Maggiore, quindi so cosa significhi la disciplina e so cosa significhi stare sotto una persona che si aspetta delle risposte militari anche da anime che non sono mature.
  Ho fatto questa lunga premessa, perché la preoccupazione, la mia volontà di aderire al lavoro che stiamo facendo in maniera integrata e armonica all'interno di questa Commissione è perché indirettamente questo possa risuonare come un diapason relativamente a tutte le situazioni di abuso, di bullismo, di nonnismo grazie al lavoro di questa Commissione e grazie anche al suo interessamento, che avrà un'eco e creerà delle situazioni.
  Andiamo quindi a colpire un evento archetipico nella storia delle Forze armate rispetto a qualcosa che in questo momento lo Stato italiano sta istituendo come un vero e proprio tabù positivo, in quanto questa cosa non dovrà mai più accadere.
  Vorrei che potessimo estendere questo tabù culturale anche relativamente al fatto che, quando per motivi legati alla mia personale esperienza e rete di relazioni informali rientro in un contesto militare in cui stanno servendo delle donne sotto le stellette insieme a degli uomini, ancora vedo, grazie all'occhio clinico e alla mia particolare esperienza, l'occhio rapace, da un punto di vista culturale, e come le donne troppo spesso guardino in basso, in maniera statisticamente troppo significativa rispetto a un commilitone con lo stesso grado di anzianità nella stessa situazione.
  Questi sono dati significativi perché, se stiamo lavorando archetipicamente per fare in modo che questa cosa non avvenga mai più, attraverso la ricerca della verità, contemporaneamente c'è tutto un lavoro di tipo indiretto, che allo stesso momento faremo e che verrà fatto indipendentemente dalla nostra volontà, perché crea effetti positivi. E noi creeremo quegli effetti positivi.
  Allo stesso momento, lei sa bene quanto sia importante, in quei contesti, fare le ispezioni, arrivare senza essere dichiarati, perché solo in quel momento si percepiscono le atmosfere che portano ad abusi, che portano a situazioni di bullismo, di nonnismo, di violenza, di violenza culturale e di violenza sessuale. E in questo caso si è arrivati fino alla morte.
  Mi fermo qui perché il mio era un auspicio e voleva essere un contorno rispetto alle ragioni per cui noi siamo qui. Anche chi, come me, è il decano dei deputati del MoVimento 5 Stelle, ha visto entrare nel 2013 deputati che vanno da 25 anni fino a 39. Questo è molto importante, perché noi, in un certo senso, «scavalliamo» l'epoca storica in cui è successo questo evento. Se qualcuno l'ha saputo, l'ha saputo perché era lì, ma noi deputati del MoVimento 5 Stelle, in quella data della morte di Scieri, non eravamo perfettamente «adulti», perfettamente maturi, per capire le implicazioni di quello che è successo in quella data.
  Quindi, è con grande umiltà e con grande serenità che le rivolgo l'auspicio di buon lavoro, nella collaborazione con la Commissione, perché credo che lei si farà carico di questa tematica e la sua presa in carico sarà molto seria e molto interessata, con tutte le implicazioni di questo lavoro. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Baroni. La sua premessa che suo padre è stato elicotterista presso lo Stato Maggiore sta anche a indicare la mente sgombra, quindi una mancanza di pregiudizi e un plauso anche per le Forze armate che lavorano onestamente nel nostro territorio e che svolgono un ruolo rilevante.

  BENEDETTO FRANCESCO FUCCI. Sento il bisogno di chiarire. Prendo atto di quanto detto dal collega precedentemente e ritengo estremamente interessante quanto riferito. Tuttavia, ci tengo a precisare – chiariamocelo tra di noi – che non stiamo, qui, in una Commissione d'inchiesta che affronta il problema del bullismo e che, sia pure in maniera non diretta ma marginale, vuole giudicare comportamenti delle Forze armate e quant'altro. Laddove dovessero esserci degli episodi ben circoscritti, è giusto che di questi episodi si parli, ma non deve sfiorare minimamente la mente di qualcuno l'idea che stiamo qui a giudicare e a prendere decisioni su comportamenti delle Forze armate.
  È giusto quanto sollecitato dal collega, ma noi stiamo qui per ricercare la verità sul caso Scieri. Grazie.

  PRESIDENTE. Mi sembra che questo filone sia stato affrontato in tutti gli interventi e che anche l'intento dell'onorevole Fucci fosse questo.
  Do la parola al Ministro Pinotti per la replica.

  ROBERTA PINOTTI, Ministro della difesa. Ho preso nota – però sicuramente meglio di me l'hanno fatto le persone del mio staff che mi hanno accompagnato – dei documenti ai quali lei, presidente, ha fatto riferimento: le ispezioni in caserma, le successive ispezioni, i mancati rientri, il registro degli appelli, le copie dei registri, gli elementi sui quali lei ritornava. Emanuele, cioè, poteva essere uscito di nuovo, come era stato ipotizzato, oppure no? Sono tutti aspetti che, come vi ho detto nella mia relazione, tra quelli segnalati cercheremo immediatamente e vi daremo tutto quello che avete richiesto, se esiste. Immagino che gli atti a cui lei ha fatto riferimento siano tutti atti che possono essere ritrovati negli archivi e, in ogni caso, li cercheremo immediatamente e risponderemo a tutte le sue domande.
  Vorrei ridirvi che c'è, da parte nostra e da parte mia, il desiderio di dare massima collaborazione e sostegno al fatto che questa Commissione sia nata, seppur dopo tanti anni, ma, come avete detto, per una ferita che è ancora aperta: credo lo sia non soltanto – come ha detto lei, onorevole Zappulla – per la comunità di Siracusa, per la comunità di Noto, per la famiglia o gli amici, ma anche per il Paese e per le Forze armate.
  Credo che il vostro lavoro sia importante, certamente per un caso specifico, ma per un caso che è stato così terribile e così emblematico da diventare una questione nazionale, una questione dove lo Stato si misura sulla propria capacità di andare a cercare la verità. Penso che il vostro sia un compito molto importante. Avete colto un coinvolgimento anche emotivo che esiste, perché io la vicenda la ricordo e l'avevo vissuta con molto coinvolgimento emotivo. Quello che è riemerso è in realtà un vissuto che, da cittadina, in tutt'altro ruolo, io avevo comunque avuto rispetto alla storia, che avevo seguito perché mi sembrava incredibile e inaccettabile.
  Se volete, dunque, c'è un di più di partecipazione personale a quello che è un doveroso rispetto istituzionale e dovere legato al ruolo.
  A ulteriore dimostrazione, ho chiesto che questa mia audizione fosse trasmessa in diretta web sul sito della Difesa, perché volevo che fosse ascoltata anche da tutto il personale della Difesa che poteva essere interessato a seguire, affinché il messaggio arrivasse non soltanto alla Commissione ma anche al mio Ministero.
  Sarà mia cura anche seguire personalmente che le richieste che fate abbiano riscontri completi e rapidi, proprio perché è una questione a cui tengo. È vero che il lavoro di questa Commissione di inchiesta – il lavoro lo fate voi, io posso collaborare – può essere utile per togliere delle ombre. C'è stato un tempo, forse – ho citato questo insieme di pensieri, il cosiddetto «Zibaldone» – in cui sembrava che, magari in alcuni corpi, in particolare nella Folgore, il tema del coraggio, del saper affrontare il pericolo, che un militare deve inserire nel proprio curriculum, nel senso che è chiamato a dover gestire situazioni dove può anche mettere a rischio la propria vita, però venisse declinato nell'idea di un'esibizione muscolare, anche di prepotenza, che nulla ha a che vedere con il coraggio e con la capacità di svolgere al meglio il proprio lavoro.
  Il coraggio è quello del capitano che frappone il proprio corpo davanti a quello dei propri commilitoni e muore in Afghanistan per questo. Il coraggio è quando difendi i più deboli e per fare questo metti a repentaglio la tua vita. Il coraggio non è fare prepotenza su qualcuno che non si può difendere. È una distorsione. Questa idea dell'esibizione della forza fisica come elemento di sopraffazione non ha nulla a che vedere con quello che deve essere un valore militare, dove l'esaltazione del coraggio certamente c'è.
  L'altro ieri abbiamo premiato con medaglie ufficiali e sottufficiali dell'Esercito che si sono distinti in azioni di grande coraggio.
  Stiamo parlando di una visione distorta, da questo punto di vista assolutamente da combattere. Credo che non solo il passaggio al professionale, ma l'inserimento delle donne sia stato un elemento che ha aiutato molto anche l'evoluzione interna. Io sono molto attenta, le donne sono ancora un numero limitato e prima di arrivare a una donna al vertice dovranno passare ancora molti anni. Come sapete, la carriera militare è ritmata da una serie di passaggi che si devono compiere prima di arrivare al livello apicale. Certamente, però, è mia estrema cura fare attenzione che, pure in un ambiente prettamente maschile – lo ripeto, le donne sono entrate, sono importanti, possono svolgere tutti i ruoli, ma sono ancora circa il 5 per cento, quindi sono numeri ridotti – si tratti di un ambiente accogliente. Ci stiamo attenti.
  Ci sono state Commissioni che hanno valutato come avvenisse l'inserimento delle donne. Il mio è un giudizio estremamente positivo; certamente, c'è da fare attenzione perché nessun segnale, nessun caso che può essere registrato come sopraffazione o anche come clima negativo deve essere accettato. Devo dirvi, però, per l'osservatorio di cui dispongo e per l'abitudine che ho di andare, a volte inattesa, e non solo attesa, che ho un'impressione positiva di come questa evoluzione ci sia stata. Certo, non bisogna mai abbassare la guardia, ci mancherebbe altro.
  Volevo dirvi, infine, che una delle prime richieste che ho ricevuto appena diventata ministro mi era arrivata da un regista teatrale che aveva messo in scena la vicenda di Emanuele Scieri e mi aveva cercato per capire se potessi assistere. In quella serata non ero a Roma, quindi non sono andata. L'episodio però mi aveva colpito perché avevo ragionato sul fatto che se dopo tanti anni comunque si metteva in scena uno spettacolo teatrale su questa vicenda evidentemente la stessa era nel cuore non soltanto di chi aveva conosciuto Emanuele, ma del nostro Paese.
  Penso che questa sia l'occasione per fare un ottimo lavoro e spero davvero – su questo do tutta la mia disponibilità – che il vostro lavoro possa arrivare a quella verità a cui non si è arrivati. Sul perché non vi si sia arrivati, riprendo, oltre l'intervento dell'onorevole Fucci, quello dell'onorevole Zappulla che parlava di omertà, del nascondere la verità, del silenzio. Come può tutto questo essere maturato in un ambiente dove invece si deve essere educati al valore, al confronto aperto, alla lealtà? Ecco, penso che questi elementi siano molto importanti.
  L'onorevole Fusilli parlava di credibilità dello Stato. Qui davvero si può giocare un ruolo, laddove dei passi in avanti fanno crescere la credibilità dello Stato e la fiducia nelle istituzioni. Credo che questo possa essere un servizio complessivo alla nostra comunità, quindi vi auguro di cuore buon lavoro e vi manifesto ulteriormente la mia disponibilità.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli onorevoli commissari della presenza e dei loro interventi qualificati e naturalmente ringrazio ancora la ministra.
  Voglio ricordare che la ministra, in tempi «non sospetti», cioè ancor prima che si istituisse questa Commissione, di sua spontanea volontà ha chiamato la madre di Emanuele, la signora Guarino Isabella, e l'ha incontrata. Anche questo conferma la grande sensibilità, come è stato detto tipicamente femminile, ma comunque una sensibilità che muove le cose, anche nel compito molto delicato che la ministra svolge come esponente massimo della Difesa di questo Paese.
  Voglio ricordare che lo Stato Maggiore dell'Esercito, nell'aprile 1998, incaricò una Commissione di esperti di valutare i fenomeni di nonnismo nelle caserme, quindi ancor prima della morte di Emanuele Scieri, ed emise una circolare nel 1999 prescrivendo la diffusione di un questionario a tutti i militari delle caserme – il questionario fu firmato anche da Emanuele Scieri, quel giorno – quindi c'era un'attenzione del Ministero della difesa verso questi fenomeni e verso la loro eliminazione, poiché evidentemente in quel periodo si verificavano in maniera molto forte. La ministra lo ha ricordato.
  Il clima poi è cambiato, ed è cambiato, purtroppo, anche in seguito alla morte di Emanuele Scieri. Dopo quell'episodio, come tutti sapete, il servizio militare da obbligatorio è diventato facoltativo. Molto spesso anche gli eventi negativi incidono, volenti o nolenti, sulla vita di milioni di cittadini, quindi si è passati al servizio di leva non più obbligatorio.
  La Commissione istituita dal Ministero della difesa nel 1998 dichiarò unanimemente che il fenomeno del nonnismo era conosciuto in tutte le caserme ed era un fenomeno di estrema gravità perché minacciava i valori umani ed etici di una società civile. Volevo chiudere con queste parole, perché nessuno di questa Commissione ha mai pensato un solo istante di denigrare le Forze dell'ordine, le Forze del Ministero della difesa, tutti coloro che, come ha detto la ministra, vivono questo altissimo valore del coraggio, che è un valore enorme, a difesa delle istituzioni e dei cittadini.
  Noi vogliamo solo trovare la verità perché, come ha detto in audizione anche una componente del Comitato «Verità e giustizia per Emanuele Scieri», Emanuele Scieri tiene ancora molto legate migliaia di persone, non solo a Siracusa, ma in tutta Italia, e tiene molto legati anche i componenti di questa Commissione, che io auspico che da questo momento, anche con le parole del ministro, abbiano una marcia in più per continuare con tanta dedizione e studio degli atti l'attività di questa Commissione, che sarà anche molto pesante, per certi versi.
  Mi sento di concludere dando la disponibilità, credo, a nome di tutti: terremo senz'altro aggiornato il ministro, nelle forme che riterrà opportune, anche tramite suoi collaboratori, sui lavori e sui progressi di questa Commissione. Comunico che noi inizieremo con l'audizione di Stefano Vigneri, un militare presente in caserma, che aveva fatto il CAR insieme a Emanuele Scieri e che insieme a lui era arrivato quel giorno in caserma.
  Cominceremo dunque il giorno 12, alle ore 8.30, con l'audizione di Vigneri.
  Ringrazio ancora il Ministro Pinotti della disponibilità.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.35.