XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito

Resoconto stenografico



Seduta n. 24 di Giovedì 28 aprile 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 

Audizione del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Gen. Claudio Graziano:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 ,
Graziano Claudio , Capo di Stato Maggiore della Difesa ... 3 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 ,
Duranti Donatella (SI-SEL)  ... 12 ,
Catalano Ivan (Misto)  ... 12 ,
Lacquaniti Luigi (PD)  ... 13 ,
Amato Maria (PD)  ... 14 ,
Carrozza Maria Chiara (PD)  ... 14 ,
Grillo Giulia (M5S)  ... 14 ,
Cova Paolo (PD)  ... 15 ,
Boldrini Paola (PD)  ... 16 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 16 ,
Graziano Claudio , Capo di Stato maggiore della Difesa ... 17 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIAN PIERO SCANU

  La seduta comincia alle 8.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  Non essendovi obiezioni, così resta stabilito.

Audizione del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Gen. Claudio Graziano.

  PRESIDENTE. Buongiorno a tutti. Vi prego di scusarmi per questo involontario ritardo con il quale iniziamo i nostri lavori.
  L'ordine del giorno reca l'audizione del Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano. Il generale è accompagnato da Carmine Masiello, generale di divisione, capufficio dello Stato Maggiore della Difesa, e dal generale di brigata Stefano Del Colle, vice capo di Gabinetto del Ministro della Difesa.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta. Mi chiedono un giro di tavolo per la stampa. Se lei, generale, non ha niente in contrario, li facciamo entrare velocemente.
  La Commissione è stata convocata per affrontare, in collaborazione con il generale Graziano, alcuni degli snodi fondamentali della nostra inchiesta.
  Prima di dare la parola al generale Graziano, desidero ringraziarlo anche a nome di tutti voi e rassicurarlo, per così dire, coram populo – visto che per le vie più riservate la medesima cosa è già stata fatta – che essendo questo il Parlamento (ancorché un pezzo, ma è pur sempre il Parlamento) il lavoro, la missione, peraltro assolutamente esplicitata nella delibera che ne istituisce l'esistenza, si svolgerà all'insegna della ricerca della leale collaborazione e, pertanto, mai alcunché verrà svolto in ostilità ad altri pezzi del nostro Stato.
  Dico questo non perché dubiti della intelligenza, nel senso pieno, del nostro Capo di Stato Maggiore della Difesa, che è persona che tutti conosciamo e rispettiamo, ma perché forse è arrivato il tempo di chiarire l'assoluta serenità, e allo stesso tempo severità, con la quale questa Commissione opera alla ricerca di quello che sinteticamente possiamo definire il bene comune.
  Vengo ad alcuni degli snodi fondamentali della nostra inchiesta, signor generale.
  Visto che lei ha avuto la cortesia, come mi ha detto per le vie brevi, di predisporre una relazione, se lei fosse d'accordo potremmo fare in questo modo: prima ascoltiamo lei; dopodiché, come io immagino, ci saranno delle domande che le verranno poste e lei naturalmente a queste domande, se lo vorrà, potrà rispondere seduta stante, altrimenti creeremo future occasioni perché possa farlo avendo non dico meditato – c'è poco da meditare, sono cose che le sono assolutamente note – ma avendo predisposto l'adeguata griglia delle risposte. Grazie ancora.
  A lei la parola, signor generale.

  CLAUDIO GRAZIANO, Capo di Stato Maggiore della Difesa. Signor presidente, la ringrazio sinceramente e ringrazio la Commissione per l'opportunità che mi viene offerta oggi di intervenire in audizione su Pag. 4alcune problematiche di rilievo che coinvolgono l'elemento principale delle Forze armate, un elemento di cui ho l'onore di essere il massimo responsabile tecnico-operativo, cioè l'elemento umano. Questo è sicuramente una figura essenziale e insostituibile dell'organizzazione della capacità militare, a cui deve essere attribuita l'importanza primaria e la massima attenzione in ogni fase del servizio, per garantire l'impegno nelle migliori condizioni di benessere possibile nei contesti operativi, anche di più difficile impiego, per quanto questo evidentemente debba viaggiare insieme all'impiego di questo personale in determinate aree, assicurando inoltre sostegno e cure quando, per qualunque ragione, ne venga meno l'integrità psicofisica.
  A questo riguardo, rivolgo un deferente pensiero a tutti i militari deceduti in tutte le operazioni o in addestramento sul territorio nazionale, feriti e ammalatisi nell'adempimento del servizio e per causa di esso, e unisco il mio cordoglio alle famiglie che operano di fianco ai nostri militari, donne e uomini che siano.
  In considerazione delle numerose audizioni che mi hanno preceduto, che evidentemente ho scorso e su cui ho meditato prima di venire in questa sede, tenute dai responsabili dei settori tecnici, amministrativi e medico-scientifici della Difesa competenti a vario titolo nell'ambito dell'ampio spettro d'indagine di questa Commissione, cioè dal Segretario generale, dal Direttore della Previdenza militare, dall'Ispettore della sanità militare, dal Direttore dell'Osservatorio epidemiologico della Difesa, ho predisposto questa relazione focalizzandomi sugli aspetti più propriamente attinenti all'impiego dello strumento militare.
  In particolare, credo che possa essere di utilità in questa Commissione illustrare quali procedure, misure organizzative, precauzioni adottano le Forze armate nel loro quotidiano operare sul territorio nazionale e nei teatri operativi per garantire il rispetto della normativa antinfortunistica e di sicurezza ambientale dei luoghi di lavoro e per garantire quella sicurezza, profilassi e preparazione dei militari per l'impiego operativo.
  Evidentemente nel corso della mia relazione, basata anche sulla mia esperienza operativa, sulla mia partecipazione a numerose missioni internazionali, per aver partecipato a queste attività di prevenzione e per esserne stato anche oggetto, resterò aderente alle aree oggetto di indagine di cui alla delibera istitutiva di questa Commissione, avuto riguardo delle attribuzioni che il codice e il Testo unico dell'ordinamento militare intestano al Capo di Stato Maggiore della Difesa.
  Nel contempo, cercherò di dare risposta a taluni dei quesiti che erano rimasti aperti nelle precedenti audizioni, naturalmente, come ha già detto il presidente, ferma restando la mia assoluta disponibilità per qualsiasi ulteriore approfondimento successivo che sia ritenuto necessario in qualunque sede.
  Durante l'esposizione farò riferimento a documenti e provvedimenti interni che vengono lasciati agli atti di questa Commissione, affinché possano essere visionati con maggiore disponibilità di tempo. Ciò affinché questa audizione possa essere, oltre che strumento di indagine, anche viatico di trasparente collaborazione e costruttiva interazione per individuare le soluzioni più funzionali affinché le Forze armate possano operare efficacemente nel rispetto dell'ordinamento giuridico nazionale, a cui abbiamo votato l'obbedienza insieme al nostro giuramento.
  Nello spirito di questa necessaria e auspicabile collaborazione, ritengo utile tracciare un inquadramento generale prendendo le mosse proprio dall'ordinamento giuridico nazionale. Senza dilungarmi sui testi normativi ben noti a questa Commissione, ricordo che la legislazione corrente – articolo 245 – individua taluni principi e peculiarità istituzionali per le particolari esigenze delle Forze armate, da tenere in considerazione in sede di applicazione delle pertinenti normative.
  Cito, tra gli altri, l'unicità di comando e controllo, che è un elemento assai importante, perché è in testa ai comandanti dei vari livelli la responsabilità fondamentale del benessere del proprio personale e anche la responsabilità, quindi, della tutela Pag. 5della salute, della prevenzione e della assegnazione dei rischi che le missioni o i compiti danno nell'unicità del compito militare. Ancora, sempre dall'articolo 245: la capacità e la prontezza d'impiego della forza militare e il relativo addestramento, in territorio nazionale e all'estero; le particolarità costruttive e d'impiego di equipaggiamenti, munizioni, sistemi d'arma, materiali di armamento, mezzi, unità navali, aeromobili, mezzi armati o di trasporto e relativo supporto logistico, nonché delle aree, infrastrutture e apprestamenti addestrativi quali i poligoni.
  Credo che questi principi debbano essere comunque considerati come parametri di riferimento nel considerare la specificità che caratterizza gli ambiti di impiego e le realtà operative della professione militare.
  Ciò detto, giusto per memoria e sperando di non ripetere cose che vi sono già note, dal vertice dell'area tecnico-operativa, che è il Capo dello Stato maggiore della Difesa che si avvale dello Stato Maggiore della Difesa, fino ai cinque reparti periferici delle Forze armate, su tutto il territorio nazionale è operante un sistema di governance per la sicurezza sul lavoro e la tutela ambientale.
  Per esempio, presso lo Stato Maggiore della Difesa è istituito da oltre un decennio l'Ufficio ambiente e sicurezza sul lavoro. Analogamente tutte le Forze armate dispongono di apposite strutture guidate da personale specializzato che sovraintendono agli aspetti di competenza. Per l'Esercito è responsabile la Direzione per il coordinamento centrale del servizio di vigilanza, prevenzione e protezione; per la Marina è l'Ufficio generale di coordinamento della vigilanza antinfortunistica e tutela ambientale; per l'Aeronautica militare ce ne sono due, l'Ufficio generale di coordinamento per la prevenzione antinfortunistica e tutela ambientale e l'Ufficio generale di coordinamento per la vigilanza antinfortunistica. Infine, per l'Arma dei Carabinieri le responsabilità sono ricondotte alle Sezioni antinfortunistica e ambiente e vigilanza antinfortunistica dell'ufficio logistico.
  Come detto, la funzione apicale di governance nell'area tecnico-operativa della Difesa è del IV Reparto dello Stato Maggiore, che disciplina, unifica e supervisiona l'applicazione delle direttive e dei regolamenti generali editi dal Segretariato generale della Difesa. In particolare, la pubblicazione SMD 015 politiche, programmi e direttive ambientali della Difesa, in cui sono stabiliti organizzazioni, compiti, responsabilità, articolazioni funzionali e operative, linee guide di carattere generale per la tutela dell'ambiente.
  Le singole Forze armate, poi, in considerazione delle proprie specificità e in conformità alle direttive dello Stato Maggiore della Difesa, provvedono ad emanare le direttive applicative discendenti e definiscono la propria organizzazione centrale, territoriale e periferica.
  Nell'ambito delle attività poste in essere per garantire la salubrità dei luoghi di lavoro e contestualmente assicurare la salvaguardia dell'ambiente, sono state promosse significative iniziative di collaborazione con enti dello Stato, illustrate nel prosieguo, in un'ottica di trasparenza e sforzo sinergico per il perseguimento del bene collettivo.
  Ciò detto, e riaffermando che la Difesa annette la massima priorità al miglioramento delle condizioni di sicurezza del personale militare, anche in considerazione del crescente impiego delle Forze armate sia in patria sia in missioni internazionali, tenuto conto delle lezioni apprese in ambito internazionale, per tutto questo non si può prescindere da due aspetti: l'attenzione e la sensibilità verso il personale in termini di formazione, addestramento e tutela dell'integrità psicofisica (questo è un punto fondamentale, perché la formazione e l'addestramento sono sempre un elemento centrale); il miglioramento sul territorio nazionale delle strutture, degli equipaggiamenti e dei sistemi dedicati all'addestramento dei contingenti. Parliamo di poligoni, aree addestrative e sistemi addestrativi.
  Oltre alle già citate direttive, un altro documento di natura dispositiva disciplina il settore della prevenzione e sicurezza del lavoro. Si tratta della Direttiva per l'organizzazione della vigilanza, in ambito Stato Pag. 6Maggiore di Difesa, ai sensi della normativa in materia di prevenzione, protezione e sicurezza del lavoro. Nella direttiva sono indicate le procedure e le responsabilità in capo ai datori di lavoro nell'ambito degli enti e reparti dell'area tecnico-operativa.
  Per quanto riguarda l'esercitazione delle attività presso aree ad hoc (poligoni e altri apprestamenti militari), nel recente passato è stato dato un fortissimo impulso per sensibilizzare i comandanti responsabili ai vari livelli sulla tematica ambientale e di sicurezza del lavoro. È un impulso che continuiamo a dare e che credo sia importante dare, con il quale stiamo operando.
  La maggiore attenzione da parte dell'amministrazione militare, che però non è mai abbastanza, è testimoniata da diversi atti e protocolli stipulati con le altre amministrazioni dello Stato per supportarci reciprocamente. Ne cito alcuni. Il 18 giugno 2015, su iniziativa del Ministro della difesa, è stato firmato il protocollo di intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in forza del quale è prevista la trasmissione di relazioni annuali sul monitoraggio ambientale dei siti interessati da esercitazioni militari, comprendenti anche l'individuazione, il recupero, la gestione, la tracciabilità e lo smaltimento dei rifiuti connessi alle predette esercitazioni. Questo documento viene consegnato agli atti.
  Nel dicembre 2015 l'Aeronautica militare ha firmato una convenzione con l'Istituto superiore di sanità tesa a promuovere studi congiunti relativi all'impatto ambientale e sanitario presso i poligoni militari. Anche questo documento viene consegnato agli atti.
  Infine, il 18 aprile scorso è stato siglato un accordo quadro di durata quinquennale in materia di tutela ambientale fra l'Esercito italiano e l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che prevede la collaborazione in materia di monitoraggio, sorveglianza e protezione ambientale.
  Oltre agli aspetti procedurali e di responsabilizzazione dei diversi attori coinvolti, altre numerose iniziative provano la diversa percezione e il diverso approccio del mondo militare verso le tematiche oggetto di indagine; iniziative che, lungi dall'essere definitive e risolutive di tutte le problematiche, evidenziano il diffondersi di un comune sentire tra il mondo con le stellette, le altre istituzioni dello Stato e la collettività nazionale al servizio della quale i militari operano quotidianamente.
  Mi riferisco, a titolo esemplificativo, alle attività di formazione e qualificazione del personale impiegato nei campi antinfortunistici e della tutela ambientale. Tali corsi vengono svolti sia in ambito Forze armate che a livello interforze e la Difesa eroga numerosi corsi a favore di altre amministrazioni, che riconoscono ai docenti della Difesa una grande esperienza e capacità specifica. Cito i corsi presso l'ex Civil Scuola Dife, ora inquadrata organicamente nella Scuola nazionale di amministrazione.
  Inoltre, l'acquisizione essenziale di materiali, equipaggiamenti e strumenti di protezione individuale di rilevamento, decontaminazione e bonifica. Nonostante le contrazioni di bilancio, che ci sono evidentemente – è chiaro che noi auspichiamo sempre bilanci aderenti alle esigenze –, comunque gli investimenti in questo settore non sono mancati, come non è mancato l'incremento delle esercitazioni a livello nazionale interforze e internazionale nel settore NBCR (nucleare, batteriologico, chimico e radiologico), con particolare enfasi sulle attività in ambito nazionale svolte congiuntamente e talvolta esclusivamente nell'interesse di altre amministrazioni dello Stato.
  Un elemento che sicuramente è noto ma che credo sia importante ribadire è che il potenziamento delle capacità militari sempre più sovente è sviluppato in chiave duale, talché le stesse possano essere impiegate anche da altre istituzioni. Mi riferisco, in particolare ma non esclusivamente, alle nicchie di eccellenza delle Forze armate.
  Come forse sapete, c'è un reggimento che si chiama NBC di stanza a Civitavecchia, che sempre più spesso viene chiamato per attività di bonifica o semplicemente per monitorare situazioni a rischio in supporto di agenzie centrali o di amministrazioni locali. Questo reggimento ha nuclei che Pag. 7operano praticamente per primi nelle ricognizioni delle aree di schieramento per verificare le condizioni ambientali del posto.
  Inoltre, vi è la scuola NBC, a Rieti, che nonostante le note difficoltà di bilancio mantiene un output formativo medio di ottocento frequentatori all'anno, a favore di personale militare e delle Forze di polizia e di frequentatori stranieri.
  Cito, ancora, la somministrazione di moduli addestrativi specifici a favore dei reparti destinati a operare fuori area e volti a migliorare le capacità di analisi del rischio sanitario ambientale, di cui darò esempio più avanti.
  Inoltre, vi è il Centro per l'applicazione militare dell'energia nucleare (CISAM), un'unità peculiare in materia nucleare e radiologica, nonché nei settori dell'elettromagnetismo e optoelettronica, impegnata sempre più spesso in ambito civile piuttosto che militare.
  Ancora, il Centro tecnico-logistico NBC (CETLI), chiamato anche da altre amministrazioni per attività di bonifica e di demilitarizzazione di manufatti esplosivi e cartucciame scaduti, e pertanto non più utilizzabili con sicurezza dalle Forze di polizia.
  Infine, la Rete nazionale militare di osservazione e segnalazione degli eventi NBC, con punti nodali di raccolta e smistamento a livello macro regionale e confluenti a livello centrale in un'unica sala operativa presso lo Stato Maggiore dell'Esercito e presso l'Area Control Center di Rieti, a sua volta collegato con il Ministero dell'interno.
  Oltre alle suddette unità, che come detto costituiscono eccellenze peculiari nel settore, tutte le unità e i reparti periferici delle Forze armate, almeno fino al livello reggimento, stormo ed unità equivalente, sono dotati di nuclei autonomi per operare con immediatezza in occasione di un evento di contaminazione NBC.
  Inoltre, vorrei qui ricordare, tra gli altri, uno studio conosciuto come SIGNUM, Studio sull'impatto genotossico nelle unità militari, che nell'ambito delle ricerche sviluppate in passato ha assunto particolare rilievo ed è stato sviluppato per identificare possibili fattori a rischio a carico della popolazione militare impegnata nell'operazione «Antica Babilonia» in teatro iracheno 2003-2006.
  Le conclusioni delle ricerche non supportano, come ben sapete, la presenza in teatro di particolare rischio di esposizione di natura genotossica.
  Abbiamo ulteriori progetti approvati dallo Stato Maggiore della Difesa che saranno sviluppati nel prossimo triennio in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità e con l'Università La Sapienza di Roma, incentrati prioritariamente su tematiche immunovaccinali, quindi sicurezza, immunogenicità ed efficacia delle vaccinazioni del personale militare, persistenza dell'immunizzazione contro il vaiolo ai militari con età superiore ai quaranta anni, ruolo dell'infezione tubercolare latente nel mantenimento della memoria immunologica; indagine retrospettiva del titolo anticorpale residuo della vaccinazione antimalarica nel personale militare.
  D'altra parte, come già riferito dall'Osservatorio epidemiologico della Difesa, dai dati in possesso si può evincere che la partecipazione ad operazioni militari all'estero non presenta un rischio specifico per l'insorgenza di neoplasie.
  Dalle analisi epidemiologiche e dai dati sanitari emerge, come è già stato ripetuto in precedenza, che l'incidenza globale dei tumori maligni nella popolazione militare nel periodo 1996-2013 appare inferiore rispetto a quella attesa nei confronti con la popolazione italiana, in base all'Associazione italiana registri tumori. Peraltro, tali risultati sembrano conformi a quelli riscontrabili nelle Forze armate di Paesi che hanno svolto analoghe attività.
  Ciò naturalmente non vuol dire che dall'esame della giurisprudenza, non sempre a favore della Difesa, non emergano, da applicare al presente e ancora più al futuro, margini di oggettivo miglioramento allo scopo di perseguire sempre più le misure a tutela della salute individuale e collettiva dei nostri reparti e di affermare il fine massimo della tutela dei nostri militari nell'assolvimento dei compiti istituzionali. Pag. 8
  Infine, a conferma di quanto detto dal Segretario generale, vorrei sottolineare che la Difesa ha compiuto un grande sforzo, negli scorsi anni, nel settore delle bonifiche ambientali, anche in situazione di perdurante carenza di risorse.
  Ovviamente le condizioni di impiego reale – qui spero che diventiamo un pochino più interessanti, magari originali – in area operativa dal punto di vista endemico ed ambientale sono profondamente diverse da quelle in esercitazione. Infatti, nonostante la possibilità di riprodurre scenari complessi, le ipotetiche criticità dovute a fattori patogeni locali non sono riproducibili in maniera integrale. Occorre, quindi, adottare predisposizioni diverse per salvaguardare il personale chiamato ad operare in aree esposte a detti fattori.
  Detto questo, è importante fare alcune premesse per contestualizzare gli scenari di impiego dei contingenti nazionali rispetto agli ambienti di indagine di questa Commissione.
  Se confrontiamo le regioni dove sono presenti i maggiori contingenti nazionali con le mappe della Organizzazione mondiale della sanità, possiamo rilevare a colpo d'occhio dove, quanto e soprattutto a cosa sono esposti i nostri militari. È particolarmente significativo il rischio di malaria, tubercolosi e dengue nel Corno d'Africa; di malaria, tubercolosi e colera, a seconda dei mesi e delle aree, in Afghanistan; mentre restano non trascurabili i rischi di tubercolosi in Iraq.
  È noto a tutti che, al di là delle operazioni che oggi vedono impegnati i contingenti italiani, esiste sempre la possibilità di essere presenti anche in regioni remote ad alto rischio sanitario.
  Solo per memoria, cito i casi di interventi in Mozambico, 1992-94, operazione Onumoz; Timor, 1999, operazione Interfet (International Force for East Timor); Haiti, 2010, operazione «White Crane». Regioni, queste, che presentavano ulteriori criticità in termini di rischi endemici.
  Personalmente ho comandato il Battaglione in Mozambico. Il Mozambico è un'area in cui il rischio della malaria endemica è elevatissimo. Questo significa che il personale che non ha fatto la profilassi antimalarica ha un'altissima probabilità di prendere questa malattia.
  Evidentemente il dovere, come dicevo precedentemente, dei comandanti è assumersi la responsabilità della protezione e della tutela del proprio personale. Quando parliamo di zona ad altissimo rischio, vuol dire che in assenza di profilassi la malaria può essere presa in centinaia di casi e questo può invalidare la funzionalità e l'efficienza dell'intero reparto.
  Inoltre, il personale che viene colpito dalla malaria non è necessariamente detto che se ne renda conto o che possa avere tutta l'attenzione del caso, nonostante l'azione morale che viene svolta, e se la malaria diventa celebrale si rischia il decesso.
  È evidente che questa è una tipologia di rischi che non può essere assunta da un comandante. I comandanti si devono assumere il rischio e poi lo sottopongono alla linea di comando, sulla base delle direttive della sanità, sentito il Ministero della salute, ma il personale deve essere protetto da queste misure. Come noi ci assumiamo la responsabilità di mandare i nostri militari in un'area di rischio, laddove evidentemente per l'assolvimento della missione può esserci il rischio fisico di uno scontro per tutelare i civili e di rimanere feriti o anche di dare la vita per quello che la nazione ha voluto, nello stesso modo i comandanti che devono proteggere questo militare e fornirgli le migliori condizioni operative, devono proteggerlo dal punto di vista sanitario e della prevenzione.
  Questo è un aspetto importante che si riporta all'unicità di comando, quindi alla responsabilità dei comandanti. Allo stesso modo, per aree che hanno un rischio minore si deve valutare se è necessario o meno adottare le profilassi. Come vediamo, le profilassi sono adottate in virtù e in visione dell'impiego specifico nel teatro, ma è assolutamente indispensabile che ci sia la possibilità di tutelare il nostro personale in una missione, in un compito e in una specificità assoluta che è quella militare.
  Infine, è evidente che, anche senza schierarsi fisicamente in zone endemiche, il rischio di trovarsi a contatto con persone Pag. 9infette è altissimo nel momento in cui si opera in soccorso di profughi e migranti provenienti da aree remote. Ecco, quindi, che anche i territori che non vedono la presenza effettiva sul terreno di personale italiano devono essere considerati con attenzione ai fini delle opportune profilassi.
  Detto questo, vediamo quali passi vengono fatti per definire la profilassi più opportuna, fermo restando, naturalmente, che vi è una profilassi generale per la massa dei reparti operativi e taluni reparti che sono a più alta e immediata prontezza di impiego vengono già sottoposti ad alcuni protocolli specifici.
  È ovvio che, in ogni caso, prima di andare in una missione si effettua una visita medica e al rientro dalla missione vi è un'altra visita medica di idoneità per controllare lo stato di salute. Inoltre, tutti gli anni i militari devono fare una visita medica di idoneità.
  Esistono unità organizzative preposte alla valutazione del rischio sanitario per ogni specifica area di interesse. Questa analisi viene preventivamente condotta per i profili ambientali, climatici, industriali, radiologici, chimici, biologici e alimentari. Per ciascun Paese viene operata una mappatura di tutti gli agenti di rischio e sono discriminate le patologie consuete e desuete non presenti in Italia, con particolare riguardo a colera, TBC, dengue e malaria. In quest'ultimo caso, il livello del risk assessment assume un dettaglio di profondità puntiforme, permettendo così agli organi sanitari di predisporre delle profilassi realmente attagliate a ciascuna realtà operativa, evitando di sottoporre il personale a misure sanitarie inutili e quindi controindicate per il caso specifico.
  Queste analisi confluiscono nel documento di pianificazione che viene redatto per ogni singola operazione, che assume il nome di Direttiva operativa nazionale, composto da allegati tematici approvati dal Capo di Stato Maggiore della Difesa. Quindi, per ogni operazione in atto all'estero esiste una Direttiva operativa nazionale per quel singolo intervento che, oltre a dare gli ordini operativi e gli ordini logistici, contiene gli ordini e le direttive sanitarie.
  Uno degli allegati di tale Direttiva è quello sulle condizioni ambientali, igieniche e sanitarie, dove sono fornite disposizioni in merito alle profilassi da adottare, nonché le norme di comportamento preventive e, se del caso, quelle necessarie a fronteggiare eventuali contagi e intossicazioni.
  Un altro allegato è quello relativo al rischio NBCR (nucleare, batteriologico, chimico e radiologico) presente nell'area.
  Successivamente all'emanazione del documento, per dare avvio alle varie fasi di un'operazione, si adotta un altro documento – si chiama pacchetto d'ordine – che ha la durata temporanea strettamente necessaria per l'esecuzione di quella fase ed è indirizzato a tutti gli elementi di organizzazione coinvolti in quella fase. Anche nel pacchetto d'ordine compare un capitolo «profilassi vaccinale» che indica le predisposizioni sanitarie da adottare obbligatoriamente da parte del personale interessato, nonché dei relativi organi sanitari preposti alla somministrazione dei vaccini e quelli responsabili dell'indottrinamento individuale prima della missione nel teatro operativo.
  Quello dell'indottrinamento, che poi sarebbe l'addestramento, è un elemento essenziale perché, oltre a dotare dell'equipaggiamento, della reticella antimalarica o della rete da mettere sopra la brandina, delle pomate da spalmare o degli indumenti da adottare, evidentemente è necessario un addestramento specifico, un indottrinamento specifico da svolgere a monte e prima dell'immissione in teatro.
  Il processo di pianificazione e preparazione del contingente, che completa l'approntamento svolto attraverso attività addestrative presso le sedi stanziali e durante le esercitazioni ai poligoni, si sviluppa anche sulla base delle informazioni che vengono acquisite da altre fonti. Tra queste informazioni vi sono anche quelle raccolte sul posto da squadre di ricognizione messe preventivamente allo schieramento del contingente per verificare le condizioni e le modalità di acquartieramento del contingente atteso successivamente. Naturalmente le ricognizioni vengono svolte dove esiste la Pag. 10possibilità pratica di svolgere queste ricognizioni a livello fisico, altrimenti devono essere svolte attraverso raccolte di altre informazioni.
  Le attività propedeutiche comprendono ricognizioni chimiche e radiologiche, nonché il campionamento chimico, biologico e radiologico.
  Inoltre, vi sono anche le verifiche igienico-sanitarie, attraverso il campionamento di aria, acqua e terra, soprattutto in prossimità di punti critici quali discariche e impianti fognari, e i rilevamenti chimico-batteriologici per verificare in particolare il potenziale rischio di utilizzo di armamento non convenzionale da parte degli opponenti. Come forse saprete, uno dei maggiori pesi logistici di un contingente all'estero è l'acqua. Nei diversi teatri – credo anche in Afghanistan – la dotazione giornaliera è di sei litri di acqua al giorno, quindi vengono portati i quantitativi di acqua minerale in contenitori di plastica, il che determina centinaia e talora migliaia di container che muovono, perché il personale deve bere soltanto questa tipologia d'acqua, nella stragrande casistica.
  Addirittura in Mozambico l'acqua dei pozzi scavati non poteva essere comunque utilizzata neanche per la cottura, perché manteneva un tasso di inquinamento elevato; pertanto, poteva essere utilizzata soltanto per lavarsi. Gli alimenti dovevano essere controllati a livello veterinario, per cui all'inizio spesso si mangia soltanto la razione di combattimento perché deve essere introdotta la catena alimentare di controllo.
  Dall'analisi dei risultati, confrontati e armonizzati con le altre informazioni disponibili, si elabora la valutazione del rischio, che confluisce nei documenti di pianificazione di cui ho parlato poc'anzi, al fine di individuare le profilassi vaccinali, le dotazioni individuali e di reparto più appropriate, nonché gli equipaggiamenti e le attrezzature logistiche più idonee per garantire l'acquartieramento di contingenti nelle condizioni di maggiore salvaguardia possibile, oltre alle dotazioni standard che già rispondono alle misure basiche di abitabilità e protezione.
  Oltre alle predisposizioni che precedono lo schieramento del contingente, la situazione ambientale nei teatri operativi è oggetto di continuo monitoraggio, al pari di qualsiasi altro fattore più tradizionalmente militare, quale ad esempio i movimenti degli opponenti, le loro dotazioni belliche, la catena di comando e di controllo degli opponenti e gli altri elementi che determinano l'azione militare. In altre parole, l'evoluzione del fattore ambientale è oggetto di periodici rapporti informativi di intelligence, sulla base dei quali si sviluppa la campagna militare nonché il continuo indottrinamento del personale.
  Questo processo preventivo, ad esempio, porta a definire la profilassi vaccinale. A questo proposito, è opportuno precisare che i vaccini usati sono quelli autorizzati dall'Agenzia italiana del farmaco e in uso nella sanità pubblica, così come lo è il protocollo di vaccinazione.
  Inoltre, accogliendo le raccomandazioni della Commissione Costa, l'Ispettorato generale della sanità militare – credo che il generale Tomao abbia già riferito a questa Commissione – ha stilato una nuova Direttiva vaccini, attualmente all'approvazione del Consiglio superiore di sanità del Ministero della salute.
  È evidente che le misure precauzionali illustrate sono frutto dell'esperienza, nonché dello stato di conoscenza e dell'attività medica sviluppata negli anni. In fondo, moltissimi elementi della medicina si sono sviluppati sulla base delle operazioni militari. Ad ogni buon conto, come riferito in altre occasioni, i presidi delle Forze armate italiane non impiegano e non dispongono di munizionamento a uranio impoverito e le procedure di impiego nei poligoni non ne consentono l'uso, come è stato più volte ribadito in numerose Commissioni.
  Per dare elementi più tangibili, vorrei portare all'attenzione della Commissione, a titolo esemplificativo, in sede di conclusione, due scenari di impiego delle Forze armate molto diversi tra loro: il primo sul territorio nazionale, dove le Forze armate, in questo caso reparti dell'Esercito, sono impiegate in concorso alle forze dell'ordine nell'operazione cosiddetta «Terra dei fuochi Pag. 11»; il secondo relativo alla missione italiana a Gibuti e allo schieramento di un contingente che attualmente opera a Gibuti.
  Per quanto riguarda l'operazione «Terra dei fuochi», prima del dispiegamento del contingente, l'Ispettorato generale per la sanità militare ha prodotto un documento per indicare in maniera perentoria le misure preventive e comportamentali per la tutela della salute (il documento è consegnato agli atti).
  Il documento, una sorta di vademecum di natura sanitaria, è stato prodotto al termine di un processo di acquisizione documentale ed empirica effettuato di concerto con le autorità civili dell'area. In particolare, sono stati preventivamente individuati: i fattori di pericolo chimico che avrebbero potuto interessare le vie di esposizione respiratoria, oculare e cutanea, rispetto ai quali è stato ritenuto necessario l'utilizzo di dispositivi di protezione individuale; i fattori di pericolo biologico riconducibili a rifiuti, presenza di roditori, artropodi, virus, batteri e funghi, che avrebbe potuto interessare le vie di esposizione respiratoria, cutanea e gastroenterica.
  Rispetto a tali rischi sono state adottate le seguenti misure: diffusa e ridondante campagna informativa a livello individuale e di reparto; individuazione e delimitazione dei controlli degli ambienti sicuri; distribuzione di dispositivi di protezione individuale, il cui utilizzo veniva di volta in volta disposto per il personale sanitario sul posto anche in modalità parziale rispetto all'equipaggiamento integrale (quindi maschera anti NBC, tuta monouso che viene eliminata dopo l'impiego, guanti e occhiali protettivi, che tra l'altro sono obbligatori in quasi tutti i teatri per la presenza di polveri che possono dare fastidio agli occhi).
  Anche in questo caso il continuo monitoraggio dell'area ha comportato l'acquisizione di segnalazioni e aggiornamenti che hanno indotto taluni adattamenti anche temporanei alle misure precauzionali adottate dal contingente dell'Esercito.
  A Gibuti opera, dal 2013, una base nazionale di supporto logistico a favore delle diverse unità militari che si alternano nel Corno d'Africa per lo svolgimento di attività addestrative a favore delle Forze armate e di polizia sia gibutina che somala.
  Prima dell'attivazione della base il 7° Reggimento NBC – l'abbiamo già citato, è stato in tutti i teatri, con me in Libano e ovunque, per fare rilevamenti – ha fatto anche ricognizione per verificare le condizioni ambientali. Durante gli spostamenti e lungo le direttrici di presumibile utilizzo del contingente italiano il team di ricognizione ha effettuato campionamenti del terreno, dell'acqua e dell'aria, per le successive analisi del CISAM e del CETLI.
  Benché i risultati escludessero rischi di natura chimica e radiologica, è stato comunque effettuato un ulteriore campionamento del terreno durante le fasi di movimentazione della terra per la costruzione del campo Italia, in modo da verificare le condizioni anche in profondità, accertando anche in questo caso l'assenza di agenti patogeni.
  A completamento di questa sintetica illustrazione, mi preme sottolineare che l'attenzione per il benessere psicofisico del personale militare è testimoniata anche dalle visite mediche alle quali viene sottoposto, come ho già detto, almeno una volta l'anno, tutto il personale militare, oltre alle visite effettuate prima e dopo l'attività in teatro operativo, particolarmente importanti per chi come me ha fatto lunghi cicli di profilassi malarica.
  Nell'avviarmi alla conclusione di questa relazione, vorrei sottolineare lo spirito che anima oggi le Forze armate rispetto ai delicati argomenti all'ordine del giorno di questa Commissione. L'imperativo di ogni comandante – l'ho detto e lo sottolineo perché è una cosa in cui credo molto – è l'efficienza psicofisica del proprio personale, il benessere psicofisico e la protezione del proprio personale, così come il coraggio morale di impiegarlo in linea con il dettato costituzionale.
  In qualità di Capo di Stato Maggiore, a me compete promuovere ogni misura utile per garantire il più alto livello di efficienza psicofisica.
  Le Forze armate, io credo, hanno compiuto significativi passi avanti negli ultimi Pag. 12anni e altri ne faranno, anche grazie al rapporto aperto con organi quale questa Commissione.
  Sono altrettanto convinto che l'amministrazione della Difesa saprà sempre meglio conciliare le indefettibili esigenze addestrative e operative con l'altrettanto innegabile diritto alla salute del personale, nonché con il cogente dovere di rispetto dell'ambiente, grazie ad un'opera sinergica con le altre istituzioni a vario titolo coinvolte.
  In questo solco ideale si incanalano anche i lavori discendenti dal Libro bianco, dove sono indicate espressamente chiare linee di guida in merito alla sicurezza nel luogo di lavoro, ai paragrafi 237 e 238. Questo è quindi un processo in itinere, che sono certo di fare in totale sinergia con l'attività di questa Commissione.
  Ringrazio per l'attenzione e sono naturalmente disponibile per qualsiasi domanda sia ritenuta opportuna.

  PRESIDENTE. La ringrazio, signor generale.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DONATELLA DURANTI. Ringrazio il generale Graziano per la sua relazione.
  Intervengo subito perché mi pare che all'interno di questa sua relazione non sia stata trattata una questione specifica, che è comunque all'attenzione di questa Commissione d'inchiesta. Mi riferisco all'utilizzo dell'amianto negli stabilimenti della Marina militare, dell'Esercito e dell'Aeronautica, sugli aeromobili, i mezzi corazzati e le unità navali di superficie e di immersione.
  Sappiamo che sulle navi della Marina militare italiana c'era presenza massiccia di amianto e che è stata fatta una mappatura. È stata avviata una bonifica, ma da quello che ci risulta, anche dalle risposte ai numerosi atti di sindacato ispettivo, la bonifica è ancora agli inizi e credo che si parli di bonifica intorno al 20-25 per cento.
  Siccome lei, signor generale, ha fatto riferimento più volte, nella sua esposizione, ad attività di bonifica, vorrei capire, rispetto alla bonifica degli ambienti di lavoro – che per i militari sono gli stabilimenti, gli arsenali, ma anche i mezzi militari, sia quelli terrestri che di aria e di mare – se c'è, in riferimento alla presenza di amianto, una mappatura complessiva per Esercito, Marina ed Aeronautica; a che punto sono le bonifiche e se le bonifiche sono iniziate, per esempio, a bordo degli aeromobili e dei mezzi corazzati, visto che, come ripeto, da risposte ad atti di sindacato ispettivo risulta che anche quei mezzi sono interessati dalla presenza dell'amianto.
  Lei si è molto soffermato sull'impiego dei nostri militari e del personale civile della Difesa in teatri esteri. Penso, però, che vada considerato anche l'impiego del personale militare e del personale civile sul territorio italiano. La tutela ambientale e la sicurezza sul lavoro vanno garantite in ogni ambito, ma credo che ancora ci siano grosse difficoltà. Come lei saprà, risultano casi di morbilità e di mortalità tra il personale militare e civile della Difesa in relazione all'utilizzo dell'amianto.
  Vorrei sapere se ci può dare qualche informazione aggiornata in merito alla mappatura e alle bonifiche.

  IVAN CATALANO. Ringrazio il generale per la sua relazione.
  Vorrei trattare un tema diverso, cioè la carta multiservizi della Difesa. La fonte più vecchia da cui partire per capire da quanto tempo se ne parli all'interno del Ministero è del settembre 2002. Con il decreto del Ministro della difesa del 27 settembre 2002 si inizia a discutere della gestione dei sistemi centrali di elaborazione dati. In un convegno del 2004 si parla, invece, di immagazzinamento dei dati sanitari all'interno della carta multiservizi della Difesa. Più recentemente DigitPA, prima, Agenzia per l'Italia digitale (AGID) e CNR, poi, hanno standardizzato i protocolli per l'immagazzinamento dei dati sanitari nel fascicolo sanitario elettronico (FSE) che opera in ambito civile.
  Con la delibera della Corte dei conti n. 15 del 10 novembre 2014, la Sezione centrale del controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato (I e II) e il Collegio sulle entrate, riunitisi nel mese di Pag. 13ottobre, sollevano alcuni rilievi in merito alla gestione delle informazioni e della carta multiservizi della Difesa. Si legge, infatti, che «tra i risultati che la Difesa intende perseguire, sono da annoverare l'implementazione del Fascicolo Sanitario Elettronico conforme alle Linee Guida del Ministero Salute e l'utilizzo di OpenInFSE del CNR, la realizzazione delle interfacce con i sistemi NATO (NATO MEDICS) e nazionali (FSE regionali) [...]».
  Inoltre, la Corte dei conti ci informa che «l'Amministrazione ha dichiarato di aver sostenuto, alla data attuale, i costi relativi al lotto n. 1 ed al lotto n. 2, pari a circa 2,4 milioni di euro + IVA, a fronte di un importo complessivo del contratto pari a euro 2,9 milioni di euro + IVA» per la realizzazione della carta multiservizi. Stando ai dati pubblicati dal Ministero ammontano a circa 300.000 le carte che il Ministero dovrebbe produrre perché tale è il numero dei dipendenti della Difesa nel suo complesso.
  Nel 2014 lo Stato Maggiore della Difesa ha approvato la direttiva SMD/009 che contiene le specifiche generali di utilizzo della carta multiservizi della Difesa e abroga la precedente direttiva.
  Vorrei chiedere al generale, dopo quasi quattordici anni che se ne parla e dopo ciò che è avvenuto dal 2002 ad oggi, qual è lo stato dell'arte della carta multiservizi della Difesa, quali dati sanitari la Difesa intende immagazzinare mediante la carta multiservizi presso gli archivi informatici gestiti dal Sistema informativo del personale dell'amministrazione Difesa (SIPAD) e come intende fare interoperare la carta con il fascicolo sanitario nazionale elaborato dalle regioni, dato che l'AGID ha terminato il lavoro di standardizzazione e si attende che tutte le regioni deliberino.
  Quanto all'interoperabilità, vorrei anche sapere come intenda il Ministero archiviare i dati sanitari riguardanti il personale della Difesa nella carta dei servizi regionali, visto che la legge dice che i dati sanitari devono stare in quel fascicolo, e come intenda interoperare con le strutture sanitarie civili per fornire informazioni riguardo alla vita sanitaria del militare durante la sua attività come dipendente del Ministero della difesa, che è un altro aspetto importante.
  Se, ad esempio, un militare deve subire, presso una struttura civile, un intervento non inerente alla sua attività militare, l'ospedale deve avere la possibilità di accedere ai dati sanitari che il militare ha immagazzinato durante la sua dipendenza presso il Ministero.
  Dato che l'FSE prevede una sezione riguardante l'anamnesi vaccinale e l'archivio delle vaccinazioni in ambito civile, intendete implementare anche questo per quanto riguarda la carta multiservizi della Difesa e come intendete renderla interoperabile con il fascicolo sanitario elettronico? L'anamnesi e la profilassi vaccinale del militare in servizio sono importanti sia nell'ambito civile sia nell'ambito militare. Sapere per cosa sia stato vaccinato in ambito civile aiuta a non commettere errori durante la profilassi vaccinale in ambito militare e viceversa.
  Nel caso in cui il generale non avesse le informazioni adesso, ho preparato un testo nello stile delle interrogazioni da lasciare agli atti se può tornare utile.

  LUIGI LACQUANITI. Ringrazio il generale dell'ampia esposizione. Lo voglio rassicurare che la domanda sarà brevissima. Mi voglio anche scusare perché, laddove volesse dare risposta orale a tutte le domande questa stessa mattina, non mi sarà possibile ascoltarlo per via di un altro impegno. Apprenderò naturalmente, attraverso lo stenografico e le relazioni, la risposta data.
  Nella sua esposizione ha fatto riferimento più volte, in tema di sicurezza sul lavoro, alle riduzioni e alle difficoltà nella gestione dei bilanci, dicendo che comunque non hanno inficiato gli interventi svolti o la stessa attività formativa delle scuole chiamate a dare formazione in tema di bonifiche e di contaminazioni.
  La domanda è molto semplice. Che cosa succede laddove invece le risorse per gli interventi necessari a garantire la sicurezza sul lavoro dovessero effettivamente mancare? Alcuni interventi sono necessari, non c'è altra possibilità, ma mancano le risorse. È possibile, in questi casi, sospendere in Pag. 14tutto o in parte l'attività pericolosa? A chi tocca decidere?
  Chi ha questo potere di sospendere un'attività pericolosa in assenza di risorse?

  MARIA AMATO. Ringrazio il generale per la sua esposizione. Il parlare in modo semplice e comprensibile, in mondi che sembrano apparentemente chiusi e complessi, è già un grande segnale di apertura e di condivisione.
  Oggi in molte città d'Italia ci sono manifestazioni per la Giornata mondiale della sicurezza e salute sul lavoro. Parlando di sicurezza e salute, si parla del rapporto tra due ruoli fondamentali, quello del datore di lavoro e quello del lavoratore. Il lavoratore deve rispettare tutte le procedure e utilizzare tutti i sistemi di protezione; il datore di lavoro, però, deve essere individuabile.
  Nella pubblica amministrazione, la figura del datore di lavoro si contraddistingue per il possesso effettivo di autonomi poteri decisionali e di spesa. Questi due poteri sono attribuiti effettivamente ai soggetti individuati come datori di lavoro nell'ambito dell'organizzazione militare?
  La domanda è diretta e l'aspettativa è quella di una risposta molto semplice e molto chiara.

  MARIA CHIARA CARROZZA. Buongiorno e grazie al generale per la sua relazione.
  La mia domanda è in linea con quella della collega Amato. Il punto è la particolare realtà militare e il contesto caratterizzato dai vincoli della disciplina militare. Noi ci chiediamo, nell'ambito della disciplina militare, a chi il medico competente, che deve essere autonomo nel prendere decisioni, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e tutte le figure preposte alla sicurezza del lavoratore e alla determinazione dei rischi e delle conseguenze dell'esposizione del lavoratore si sentano funzionalmente dipendenti. Data la particolare disciplina a cui sono sottoposti, sono effettivamente terzi nel prendere le decisioni che competono loro?
  Io mi aspetto una presa di posizione sul modo in cui in futuro queste figure potranno essere organizzate e potranno lavorare per assicurare una catena decisionale effettivamente efficace.

  GIULIA GRILLO. Ringrazio il generale per essere qui oggi e per la relazione che ha illustrato. Non posso non evidenziare che sono rimasta colpita dal fatto che nella sua relazione non abbia citato l'oggetto della Commissione d'inchiesta e cioè le vittime dell'uranio impoverito.
  Questa Commissione nasce per questo motivo e nasce dal fatto che diversi militari hanno avviato cause contro la vostra amministrazione e le hanno vinte. In più di quaranta processi è stato riconosciuto il nesso causale tra l'esposizione alle nanoparticelle prodotte dall'esplosione di armi ad uranio impoverito e le patologie riscontrate dai militari, alcuni dei quali sono addirittura venuti a mancare. Essendo questo l'oggetto della nostra inchiesta, mi aspettavo che avrebbe detto qualcosa nella relazione e invece non è stato così. Se mi è sfuggito, chiedo scusa e mi potrà correggere.
  Un'altra cosa che tengo a dire è che, in relazione ai tumori, lei ha utilizzato parole come incidenza e prevalenza, se non ricordo male, termini che vengono utilizzati in epidemiologia per studiare l'esposizione ai fattori di rischio di una popolazione di studio, e ha riportato quanto aveva già detto l'Ispettorato generale della sanità militare.
  Su questo, le comunico che abbiamo chiesto un approfondimento da parte dell'Istituto superiore di sanità perché gli studi sull'incidenza e sulla prevalenza dei tumori si fanno su popolazioni a rischio. Non ha senso, da un punto di vista scientifico, paragonare la popolazione civile e la popolazione dei militari, che, come è noto, è composta da soggetti che hanno requisiti psico-fisici diversi da quelli della popolazione civile e sono esposti a rischi diversi da quelli della popolazione civile. Tanto meno ha senso paragonare i militari che frequentano teatri di guerra ai militari che non li frequentano. Pag. 15
  Siccome l'epidemiologia è una scienza molto precisa e si può risalire in maniera statisticamente significativa all'incidenza delle patologie e al collegamento di queste con l'esposizione a fattori di rischio, le voglio dire che, dal punto di vista scientifico, questa Commissione sta facendo i propri approfondimenti. La sua frase, buttata lì, di per sé non ha supporto scientifico ed è quindi giusto che questa Commissione, anche attraverso l'ausilio dell'Istituto superiore di sanità, approfondisca.
  Vengo alle domande che avevo preparato. Abbiamo raccolto in tutte le audizioni diversi elementi che ci hanno portato a ritenere che i protocolli di sicurezza e in particolare di protezione individuale dei lavoratori non siano adeguati. Lei ha parlato soprattutto della malaria, ma qui ci occupiamo dell'esposizione alle nanoparticelle prodotte nella combustione dalle armi arricchite con uranio impoverito e le testimonianze sia di militari sia di altri soggetti riferiscono che le protezioni non sono state adeguatamente utilizzate.
  Ci sono state portate fotografie che mostravano i militari americani con la bombola d'ossigeno che non respiravano l'aria del territorio di guerra, mentre i nostri militari avevano la mascherina leggera da pochi euro che si usa per evitare le polveri più grossolane. Ci sembra acclarata l'inattuazione di tutte le misure previste dai vostri protocolli, che sono ben scritti ma devono essere applicati.
  Questo vale in parte anche per le vaccinazioni. Anche quei protocolli sono molto stringenti, ma diversi militari ci hanno riferito che i vaccini sono stati somministrati senza rispettare le tempistiche e le quantità, in violazione dei vostri protocolli. Queste testimonianze, come ripeto, vengono confermate dalle cause vinte in tribunale. Vorrei capire quale sia la vostra visione, come abbiate valutato questi aspetti e se siano state individuate delle responsabilità a carico di chi non avrebbe rispettato le vostre regole.
  Le pongo una domanda più specifica. Da una nota tecnica del dicembre 2012, rilasciata dal Dipartimento tecnico del Comando logistico dell'esercito, Ufficio antinfortunistica, medicina del lavoro, tutela ambientale e infrastrutture (A.Me.L.T.A.L), si fa riferimento a munizionamenti che raggiungono i 3.000-4.000 gradi centigradi. Ci sa dire quali sarebbero i munizionamenti che raggiungono queste temperature? Noi pensiamo di conoscere la risposta, ma vogliamo sentire la vostra. Sono tra quelli attualmente utilizzati dalle nostre Forze armate nei poligoni o sono stati utilizzati in territori dove è stata svolta la bonifica?
  Un'altra domanda specifica è la seguente. Esiste un protocollo tra Ispra e Ministero della difesa per il monitoraggio dello smaltimento di eventuali – chiamiamoli così – rifiuti radioattivi?
  L'ultima domanda è altrettanto specifica e non so se potrà rispondere oggi. Un reportage trasmesso da Report nel 2002 ha evidenziato che una nota azienda svizzera che produce armi avrebbe utilizzato munizionamento all'uranio nel poligono di Salto di Quirra.
  Vorremmo sapere se avete riscontro di quanto evidenziato dalla trasmissione Report nel 2002.

  PAOLO COVA. Ringrazio il generale e vorrei porre, come hanno fatto le colleghe Amato e Carrozza, ancora una questione in tema di protocollo per la sicurezza sul lavoro.
  Faccio questa osservazione. I protocolli vengono sviluppati in un contesto normale o conosciuto, dove si tiene conto di alcune difficoltà. Quanto avvenuto negli anni scorsi ha dimostrato a posteriori i problemi che si sono creati. In alcuni teatri di missione all'estero o in alcuni poligoni sono emersi problemi come quello dell'uranio impoverito.
  Vorrei capire questa situazione. Dovendo attuare un protocollo di sicurezza, chi conosce il contesto o sa esattamente cosa avviene? Mi sono fatto l'idea – magari sbaglio – che qualcuno non sapesse quali proiettili fossero in uso in un determinato contesto. Può essere che non tutta la filiera di comando sapesse. Il comandante avrebbe dovuto adottare il protocollo di sicurezza dei lavoratori, ma poteva non essere a conoscenza di quello che stava avvenendo. Pag. 16
  Per evitare che succeda anche in futuro o per capire come mettere mano a questa situazione ed evitare problemi, le chiedo quale sia la catena di comando. Devo immaginare che non tutti debbano sapere tutto ma, in termini di sicurezza, chi ha la responsabilità ultima di prendere le decisioni, se a valle non si è a conoscenza del materiale che si sta usando?
  Faccio un esempio ipotetico. Se si usano armamenti o si fanno prove in un poligono di cui sono a conoscenza solo gli alti vertici, chi mette in atto le norme di sicurezza? Quali protocolli vengono messi in atto? E sono stati preparati?

  PAOLA BOLDRINI. Sarò breve. Anch'io ringrazio il Capo di Stato Maggiore della Difesa per essere stato con noi oggi in audizione. Siccome tante domande sono già state fatte, mi soffermerei sulla frase che il generale ha detto e cioè «massima priorità al miglioramento». Penso che possa essere questa l'intenzione.
  Ho notato anch'io, visto che noi non siamo addetti ai lavori, le parole semplici con cui ci ha relazionato. Il fatto che siano stati sottoscritti protocolli nel giugno e nel dicembre 2015 con il Ministero dell'ambiente, l'Istituto superiore di sanità, l'Università La Sapienza eccetera mi fa ben sperare nel miglioramento da lei evocato, alla luce di questa condivisione e collaborazione con altri organismi dello Stato.
  Torno anch'io al tema della sorveglianza sanitaria perché è un tema fondamentale, che si riflette nella sicurezza sul lavoro e nella sicurezza di quei civili che, in varia misura, supportano le Forze armate nelle missioni e nelle normali attività lavorative. Visto e considerato che si è data molta importanza alla sorveglianza sanitaria e che i comandanti sentono il carico di questa responsabilità, vorrei sapere come sono ripartite le funzioni tra la sanità militare e il medico competente, dal momento che la sorveglianza sanitaria è mirata alla prevenzione dei rischi e a fornire precauzioni a ciascun militare in base alle attività che svolge di volta in volta e alle necessità che si presentano, non ultima la richiesta di partire per i diversi luoghi di missione.
  Come sappiamo, la sanità militare ha un proprio organigramma.

  PRESIDENTE. Signor generale, ci dobbiamo necessariamente avviare alla conclusione. Le sarà già chiaro che, anche grazie alla sua dichiarata disponibilità, avremo il piacere di averla ospite ancora nel mese di maggio, visto che attendiamo che la nostra Ministra ci dia la propria disponibilità per chiudere il ciclo di audizioni.
  Ho preparato anch'io qualche domanda e poi vorrei azzardare un minimo di valutazione conclusiva. Vorrei pregarla, signor generale, di far pervenire a questa Commissione, per il tramite dei suoi collaboratori, l'elenco dei poligoni militari presenti nel nostro territorio, con la lista nominativa dei comandanti responsabili, per consentire alla Commissione di procedere alla predisposizione di un programma di visite e sopralluoghi diretto ad approfondire, fra l'altro, la tematica dell'impatto dei poligoni sull'ambiente e sulle popolazioni circostanti. Le chiederei anche la disponibilità a far pervenire a sua scelta, signor generale, il documento di valutazione dei rischi di due poligoni fra i tanti. Ne individui due o ne faccia individuare due e ce li faccia gentilmente pervenire.
  Vorrei fare una considerazione conclusiva. Avrà visto – ma sono sicuro che per lei ciò non abbia costituito una novità, non solo per la solerzia con la quale lei segue i lavori afferenti al suo ufficio, ma anche per la curiosità intellettuale che la contraddistingue – quanto questa Commissione, con l'atteggiamento più consono al proprio ruolo, abbia sete di conoscenza e bisogno di apprendere intorno ad ambiti che ancora – e non credo esclusivamente per nostre eventuali negligenze – non sono adeguatamente chiari.
  Noi non siamo più in un ambito interpretativo. I lavori della Commissione Costa, che peraltro sono citati come elemento di partenza sia nel resoconto del dibattito sia nella deliberazione conseguente all'istituzione di questa Commissione, acclarano, superando una errata impostazione fondata esclusivamente sulla dimostrazione del nesso di causalità e facendo ricorso al concetto di rischio e alla multifattorialità, Pag. 17l'esistenza di patologie e di morti – la collega Grillo ricordava le sentenze passate in giudicato – avvenute a seguito di determinate condizioni, le stesse peraltro previste anche nel Testo unico.
  Non debbo essere proprio io a ricordare ai presenti che nel Testo unico militare esistono degli articoli specifici, laddove viene disciplinata la materia e laddove esplicitamente si parla di uranio impoverito. Non lo dico per lei, ma per tentare di arricchire il dibattito. Non ci stiamo inventando categorie nuove. Stiamo, ahinoi, lavorando su un terreno già scandagliato e già noto.
  Voglio prendere la parte della relazione che considero più promettente, senza naturalmente azzardare giudizi di sorta, che peraltro non mi competono né intendo sviluppare. La parte più promettente della relazione odierna consiste nella frase: «esistono margini di oggettivo miglioramento», relativamente alla tutela della salute e alla sicurezza dei militari.
  Noi le chiediamo di disporsi in maniera tale che, quando tornerà, questi margini ci possano essere rappresentati e che siano, come noi ci auguriamo, il più possibile ampi, tali da raccogliere le preoccupazioni del Parlamento e fare in modo che un nuovo impianto normativo, esplicitamente previsto nella deliberazione istitutiva di questa Commissione per volontà del Parlamento, possa essere votato prossimamente.
  Ho piacere di ricordarle, signor generale, che, nella delicatezza del ruolo, abbiamo aggiunto anche un altro elemento. Ci siamo assunti la responsabilità di dire che questa dovrà essere l'ultima Commissione d'inchiesta. Un Paese civile non può andare avanti con infinite catene e anelli che fanno catene di commissioni di inchiesta perché questo vorrebbe dire che c'è qualcosa che non funziona.
  Quando le inchieste non arrivano a destinazione vuol dire che c'è una anomalia e noi riteniamo di dovere riporre, con assoluta fiducia, le migliori aspettative nelle Forze armate e, per esse, nella sua persona affinché ci vengano fornite tutte le forme di collaborazione necessarie a pervenire ad acclarare la verità relativamente agli aspetti sottoposti a inchiesta e, da questi, far discendere, come dicevo prima, un progetto di tipo normativo che restituisca all'intero impianto quella ampiezza e modernizzazione di cui ha bisogno.
  Immagino che, conoscendola, lei abbia piacere di salutarci. Prima di darle la parola, desidero ancora una volta ringraziarla e caricarle sulle spalle – mi verrebbe da dire, facendo il verso a un poeta, che sorreggono un corpo abituato a salire le antiche scale – la responsabilità di tornare con un'apertura di tipo anche operativo, che ci consenta di arrivare alla soluzione del problema.
  La ringrazio a nome dell'intera Commissione e ringrazio coloro che le hanno fatto corona. Ringrazio gli esperti, i magistrati, i tecnici che sono presenti e gli uffici.
  Do la parola al generale Graziano per la replica.

  CLAUDIO GRAZIANO, Capo di Stato maggiore della Difesa. Grazie di cuore, presidente. Ringrazio per le domande. Evidenti ragioni di tempo e di dettaglio fanno sì che io non possa rispondere oggi, ma preparerò risposte specifiche. Su alcuni argomenti avevo sorvolato perché erano parte delle relazioni precedenti, ma, sulla base delle domande puntuali che sono state fatte, risponderemo sugli specifici argomenti, che richiedono tempo.
  A livello generale voglio dire che la disciplina militare è funzionale all'efficienza, ma presuppone sempre il rispetto delle leggi. Nessun ordine o disposizione può essere impartito a un inferiore quando questo ordine è contrario alle leggi dello Stato. L'obbedienza attualmente è leale e consapevole, ma ha un limite nell'obbedienza alle leggi dello Stato. I responsabili di determinati settori non possono ricevere ordini contrari alle leggi dello Stato e rispondono delle direttive generali o delle leggi che sono applicate, così come l'ufficiale di polizia giudiziaria militare risponde, per l'attività giudiziaria, a un magistrato.
  Questa è l'espressione di una struttura che è aperta e soggetta a controlli e che si basa sul controllo e sulla verifica. L'azione di comando, infatti, si basa sull'emanazione di ordini, ma anche sulla verifica Pag. 18della correttezza degli ordini. Un comandante è quindi sempre responsabile dei livelli inferiori e, al meglio delle sue conoscenze, non potrebbe certo nascondere l'esistenza di pericoli. È un dovere verso i propri militari, verso i propri dipendenti, verso lo Stato, verso i superiori e verso il popolo italiano.
  Sono certo delle finalità di questa Commissione, della sua utilità e del fatto che dobbiamo parlare con trasparenza. Non vi è nulla da nascondere. Ho citato alcuni esempi personali per spiegare che sono cose che ho vissuto operando per oltre quattro anni in molti teatri di operazioni. Avete quindi acquisito esperienza sia di come operiamo noi sia di come operano le altre Forze armate. Devo dire che in questo settore specifico, come in molti altri, le Forze armate italiane si sono presentate in modo esemplare e attento.
  Come è stato detto, esistono margini di miglioramento che devono essere perseguiti e non ci devono mai permettere di dire che abbiamo raggiunto lo scopo. Appena diciamo di aver raggiunto lo scopo, sicuramente si presenta qualcosa di nuovo che ci renderà necessario adottare nuovi criteri e nuovi parametri. Bisogna essere pronti e dare una sufficiente flessibilità allo strumento militare per assorbire anche nuovi eventi, per operare costantemente al meglio delle possibilità e per tutelare la sicurezza del nostro personale nell'interesse del Paese.
  Sono naturalmente a disposizione per tornare in qualunque momento. Grazie a tutti per l'attenzione e per le domande.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Generale Graziano e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.

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