XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 81 di Mercoledì 9 marzo 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Audizione del direttore della direzione digital della Rai, Gian Paolo Tagliavia:
Fico Roberto , Presidente ... 2 
Gasparri Maurizio  ... 2 
Fico Roberto , Presidente ... 2 
Tagliavia Gian Paolo , direttore della direzione ... 2 
Bonaccorsi Lorenza (PD)  ... 5 
Liuzzi Mirella (M5S)  ... 6 
Ruta Roberto  ... 7 
Gasparri Maurizio  ... 7 
Minzolini Augusto  ... 8 
Airola Alberto  ... 8 
Fico Roberto , Presidente ... 10 
Tagliavia Gian Paolo , direttore della direzione digital della Rai ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore della direzione digital della Rai, Gian Paolo Tagliavia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore della direzione digital della Rai, Gian Paolo Tagliavia, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Do la parola al dottor Tagliavia, con riserva per me e per i colleghi di rivolgergli, al termine del suo intervento, eventuali domande e richieste di chiarimento. Ha chiesto di intervenire il senatore Gasparri sull'ordine dei lavori.

  MAURIZIO GASPARRI. Intendo intervenire sulla possibilità di audire nuovamente il direttore e amministratore delegato della Rai; con i colleghi del mio Gruppo abbiamo presentato anche un'interrogazione, in riferimento a numerose nomine e assunzione di esterni e al rispetto dei tetti. Sappiamo come risponde la Rai sulla questione dei tetti retributivi, ma ricordo che la Commissione ha votato sulla vicenda all'unanimità un atto di indirizzo. La prego quindi di esaminare il testo dell'interrogazione che stiamo presentando, che riguarda le nomine di esterni che si aggiungono come costi di un'azienda che ha tante professionalità, vorremmo che si tornasse a parlare di questo, perché abbiamo avuto audizioni molto generiche ma adesso che c’è un certo assetto vorremmo capirne le ragioni. La richiesta è quindi di rinnovare l'audizione del dottor Campo Dall'Orto.

  PRESIDENTE. Della sua richiesta parleremo in Ufficio di presidenza. Prego, direttore.

  GIAN PAOLO TAGLIAVIA, direttore della direzione digital della Rai. Grazie, presidente, grazie dell'invito, sono ringraziamenti non di rito perché è la prima volta che parlo dell'attività che abbiamo cominciato a metà dicembre, quando sono entrato in Rai, e questo mi offre la possibilità di fare un punto, il che per me è molto utile e spero lo sia anche per voi, in questa seduta, e in futuro in quanto sono a disposizione per proseguire le riflessioni.
  Per cominciare vorrei portare alcuni dati sintetici ma indicativi, che ci aiutano a capire in che contesto si iscriva l'attività della neonata direzione digitale della Rai. Un primo elemento riguarda la platea delle televisioni generaliste. Se consideriamo la fascia tra i 15 e i 44 anni e facciamo un confronto tra il mese di gennaio 2016 e il mese di gennaio del 2013, la platea della televisione in generale, senza considerare il singolo canale, è diminuita del 15 per cento, quindi c’è una progressiva diminuzione della platea televisiva in questo segmento. Di converso, Pag. 3facendo il confronto tra il 2014 e il 2015, la platea digitale che ormai, come sapete, offre la possibilità di sommare al desktop la parte mobile, è cresciuta in un anno dell'11 per cento. A questi due elementi si aggiungono elementi qualitativi che colpiscono molto, come ad esempio un dato rispetto all'utilizzo del mobile in casa per vedere video. Abbiamo sempre considerato il mobile come una piattaforma su cui guardare i video fuori casa, in mancanza di altri strumenti a disposizione, ma i dati più recenti indicano che più del 50 per cento di chi ha uno smartphone lo utilizza per guardare i video non soltanto fuori casa, ma anche in casa, pur avendo altri schermi a disposizione.
  Se mettiamo insieme questi tre elementi, ne ricaviamo un quadro in cui possiamo senza dubbio vedere il dispiegarsi di una profonda trasformazione, che ha due linee guida. La prima è un trasferimento di ascolti e di visione dalla televisione sul televisore alla televisione sui televisori, quindi una moltiplicazione degli schermi. Complementare a questa prima tendenza abbiamo la modifica di abitudini dalla televisione lineare alla televisione non lineare.
  Questo è il contesto di riferimento, mi fermo qui perché sono elementi che conosciamo, però credo che sia importante utilizzarli per contestualizzare cosa credo debba fare la direzione digital della Rai, cioè innanzitutto prendere coscienza che il digitale non è un orpello, non è un'appendice, ma è ormai la televisione stessa, cioè non si dà un soggetto che voglia essere su questo mercato che non si viva profondamente digitale. Non si tratta quindi di fare il digitale come si faceva in passato, ma si tratta di essere digitali, laddove questo non significa semplicemente cambiare un verbo, ma significa cambiare cultura e modo con cui si interpreta il proprio lavoro in azienda a qualsiasi livello. Questa è la sintesi di quando si dice che bisogna passare dal broadcaster alla media company, che è un soggetto che si vive su tutti gli schermi, in tutti i momenti, lineare e non lineare.
  Detto questo, passo a raccontarvi cosa ho fatto in questi tre mesi scarsi. Il primo elemento cui abbiamo messo mano è l'organizzazione, perché per chi deve cambiare qualcosa gli organigrammi parlano e l'organigramma della Rai ci diceva che non esisteva una funzione digitale, ma esisteva un gruppo di lavoro inserito nella direzione tecnologia. Qui è evidente l'intendimento strategico, perché l'organigramma parla e quindi si intendeva il digitale come servizio tecnico, soggetto deputato non allo sviluppo del prodotto, ma alla sua riproposizione con modalità tecniche particolari. Sappiamo che, se si vuole essere competitivi nel mondo digitale, si devono mettere insieme tre componenti, non solo la componente tecnologica, ma i contenuti e il marketing devono essere strettamente integrati, perché non esistono prodotti digitali che non prendano in considerazione queste tre competenze. Questo ci ha indotto all'inizio di gennaio a portare in consiglio di amministrazione una proposta di cambiamento organizzativo che prevedesse di togliere questo ambito dalla parte tecnologica e inserirlo a diretto riporto del direttore generale, quindi eccomi qua.
  Dopo la parte organizzativa abbiamo cercato di mettere a fuoco le tre linee evolutive che deve avere Rai e su cui stiamo lavorando dall'inizio dell'anno.
  La prima è lo sviluppo di prodotti, perché alla fine verremo giudicati dalla qualità dei nostri prodotti quindi, se i prodotti saranno migliori, bene, se non saranno migliori, avremo dei problemi. La seconda è la valorizzazione dei nostri contenuti, e il pensiero non può non andare alle teche, che sono un grandissimo fattore differenziante dell'offerta potenziale di Rai sul non lineare rispetto a tutti gli altri. La terza è dare il nostro contributo alla riduzione del digital divide, nel senso che mi occupo di una platea di persone che sono già digitali, però Rai non può non porsi il tema di far entrare chi non frequenta o frequenta poco il digitale, quindi si deve tendere la mano anche a Pag. 4coloro che vanno portati dentro questo sistema digitale, altrimenti non avremo fatto il nostro dovere.
  Per quanto riguarda i prodotti siamo impegnati in una revisione complessiva del prodotto digitale di Rai, che ha una direttrice che si declina in due modi. La direttrice è la semplificazione, che può essere considerata in due ambiti. Il primo è semplificazione delle cose che facciamo, perché Rai fa tante cose sul digitale, ci sono più di 200 siti, ci sono tantissimi profili social, tantissimi pezzi di attività digitale, ma forse dovremmo cominciare a fare meno cose e a farle meglio.
Uno dei punti per me assolutamente chiari è proprio questo: fare meno cose e farle meglio, quindi semplificare, invece di avere tante url averne poche, avere un sistema di navigazione che possa essere condiviso da tutti, avere quindi una modalità che tenda la mano a chi fruisce dei nostri contenuti, perché non dobbiamo mai dimenticare che dobbiamo essere universali, quindi la semplificazione va in questa direzione.
  Il secondo ambito è la semplificazione del prodotto, laddove si può fare un lavoro di semplificazione per consentire ai contenuti di essere raggiunti più rapidamente, perché in questo momento navigare sui nostri siti, ancorché siano pochi, non è semplice, quindi occorre farne di meno e soprattutto farli più semplici in modo che chi cerca una cosa la trovi, ancora una volta per rispondere a questa esigenza di inclusività. La semplificazione è condizione fondamentale per l'inclusività.
  Prodotti migliori e più semplici devono avere due elementi ulteriori, che sono la capacità per l'utente di personalizzare la propria esperienza, perché è vero che siamo universali, però non possiamo parlare con lo stesso linguaggio a tutti, altrimenti saremmo poco rilevanti nello specifico, quindi abbiamo bisogno di far sì che nell'universalità si possano trovare strumenti di personalizzazione per fare in modo di costruire il proprio percorso. L'altro ambito è quello della socialità. Sappiamo perfettamente che le attività digitali verticali hanno poca storia, nel senso che quello che viene condiviso ha storia digitale, quello che non viene condiviso non ha storia, cioè non esistono dei silos in ambito digitale.
  Questa è in estrema sintesi l'attività sui nuovi prodotti. Questo mi consente di fare un inciso rispetto a uno dei temi che veniva evocato anche sugli organi di informazione, ossia il nostro rapporto con le piattaforme in generale e con YouTube, perché, se si fa un ragionamento di questo tipo, essendo Rai ed essendoci una storia che tutti conosciamo, deve anche dare risposte su questo.
  Prendo la questione da due punti di vista differenti. Sul primo, sul quale non entro perché è un contratto gestito molto prima che arrivassi, mi limito a dire che rispetto alla prestazione e alla controprestazione forse vale la pena di fare una riflessione, nel senso che per le dimensioni complessive del gruppo Google YouTube, che è un gigante, uno dei protagonisti non del mercato digitale italiano, ma del mercato media italiano, e la controprestazione, quindi la messa a disposizione quasi totale del patrimonio della Rai, credo che obiettivamente dal punto di vista del corrispettivo, considerando controprestazione e prestazione, sia poco. La domanda che immediatamente si innesca è cosa faremo adesso, e qui credo di aver dato una parziale risposta che cerco di completare. La prima cosa da fare è dare prodotti migliori perché, se uno esce da YouTube, deve dare la possibilità di fruire di quei contenuti in maniera facile, personalizzabile, sharabile (scusate l'inglesismo), condivisibile meglio di quanto stiamo facendo adesso, quindi bisogna dare le alternative, non basta dire «no». Il secondo aspetto su cui non ho un pregiudizio è quello del nostro rapporto rispetto alle piattaforme globali. A questo punto allargo la discussione non soltanto a YouTube, ma anche a Facebook e a Twitter, soggetti che dominano il mercato digitale, che dobbiamo ricomprendere strategicamente all'interno delle cose che vogliamo fare, non possiamo far finta che non ci siano, quindi bisogna trovare la maniera di collaborare. Per collaborare però non dobbiamo dimenticare Pag. 5chi siamo, in quanto non siamo un soggetto globale, ma abbiamo una storia e un futuro che ci impongono di richiedere a questi potenziali partner un rapporto più personalizzato, non possiamo semplicemente importare modelli che arrivano dall'estero. Non possiamo copiare, dobbiamo trovare le nostre chiavi per valorizzare i contenuti di Rai, ma, una volta trovate, non vedo perché non si possa ricominciare a lavorare con YouTube, come lavoriamo, con Facebook e con Twitter. L'importante è considerare che nelle cose c’è una misura, un metodo. Questo per quanto riguarda i prodotti.
  Sul secondo aspetto, i contenuti, è importante guardare le migliori pratiche a livello nazionale e internazionale. Non dobbiamo però dimenticarci che abbiamo uno specifico, siamo detentori di un patrimonio sterminato, abbiamo la cultura visiva del Paese e quindi dobbiamo porci come secondo obiettivo quello di rendere accessibile questa grande quantità di contenuti, questa grande ricchezza. Negli ultimi anni è stato fatto un lavoro bellissimo di conservazione, di restaurazione, di messa a disposizione. Il punto però è che ancora una volta, in mancanza di prodotti particolarmente performanti, anche questa terza fase, che è quella della messa a disposizione, non è arrivata a livello compiuto. Con prodotti migliori sicuramente le teche diventeranno un luogo più frequentato, e ancora una volta distinguo, perché una cosa è creare una grande libreria in cui trovare delle immagini, altra cosa è quella su cui stiamo lavorando, ossia creare percorsi editoriali che consentano alle persone di scoprire altre cose, perché l'inclusività passa attraverso la scoperta, e la scoperta passa attraverso la possibilità di tendere la mano al cittadino che paga il canone.
  Il terzo ambito è l'altra parte dell'inclusività, che è l'inclusività rispetto a chi non frequenta le piattaforme digitali, è il digital divide. In questo ambito la Rai può essere una grande piattaforma di comunicazione, perché parliamo con tutti ogni mese. Il punto è che vorremmo seguire la massima latina per cui prima si capisce di cosa bisogna parlare e poi le parole seguiranno, che è sempre buona cosa segnarsi.
  Possiamo essere una grande piattaforma di comunicazione, però possiamo fare anche un lavoro quasi autorale nel comprendere perché questo problema in Italia sia così rilevante, perché la forbice del digital divide sia così ampia in Italia contrariamente a quanto accade in altri Paesi. Di solito quando si ha un problema di questa magnitudine si comincia a interrogarsi sui bisogni, evidentemente come industria non siamo stati in grado di interpretare in maniera profonda i bisogni e quindi, non avendoli interpretati, non li abbiamo soddisfatti e molte persone sono rimaste fuori dal digitale. Prima di metterci a comunicare, anche se mettiamo l'azienda a disposizione della comunicazione, stiamo facendo un lavoro molto capillare, quasi autorale, come se dovessimo scrivere un grande racconto, per cercare di capire perché. Le motivazioni possono essere le più disparate: motivazioni economiche, motivazioni tecnologiche, però quelle culturali sono fondamentali, perché c’è anche timore nel dichiarare che non si sa. Dobbiamo quindi individuare le chiavi per raccontare questo perché, una volta trovate le chiavi, potremo fare un lavoro migliore dal punto vista della comunicazione. In questo momento siamo impegnati in una fase propedeutica, che dopo ci consentirà di andare molto spediti sulla parte comunicazione.
  Questi sono i quattro elementi che, a distanza di tre mesi scarsi, ritengo di portare in Commissione: la parte organizzativa, la necessità di rivedere completamente i nostri prodotti, la valorizzazione del patrimonio audiovisivo nazionale e l'inclusività. Credo che, se faremmo bene queste cose, avremo contribuito in maniera positiva allo sviluppo.

  LORENZA BONACCORSI. Grazie, presidente. La ringrazio, dottor Tagliavia, per aver affrontato il tema YouTube anche perché ho letto la risposta che Rai ha dato al collega Anzaldi e non c'era una risposta Pag. 6alle domande poste, quindi non so da che pezzo di Rai venisse quella risposta, ma sono contenta di aver sentito alcune integrazioni dalla sua stessa voce.
  Mi sfugge però un obiettivo, glielo dico francamente. Lei ha detto che quello che non viene condiviso non ha storia. Sono assolutamente d'accordo, soprattutto nel mondo in cui viviamo oggi, quindi dovete dare prodotti sempre migliori, ma da qui al momento in cui questi prodotti migliori saranno dati cosa si fa, non si fruiscono ? Non riesco a capire la strategia che state seguendo per colmare la lacuna di Rai rispetto al mondo del digitale. Lo dico francamente perché tutti noi ovviamente fruiamo di Rai.it ma vediamo anche come funzionano i competitor. Senza osannare i competitor (un nome per tutti, Netflix), è chiaro che l'impostazione di Rai.it sul digitale è tutta lineare, per cui si devono cercare i prodotti, che sicuramente dal punto di vista qualitativo sono ottimi, di livello, sono quelli del servizio pubblico, che corrispondono a una serie di aspettative, ma il confezionamento, il marketing e i prodotti sono prettamente di un linguaggio lineare. Netflix mi chiede invece cosa sto cercando, mi propone, mi propone una cosa che ho lasciato a metà esattamente dal punto in cui l'ho lasciata, possibile che non siamo neanche riusciti ad arrivare a questo livello ? Le pongo il problema che nel panorama dei siti del servizio pubblico anche una persona abbastanza fissata come me non riesce a capire niente ! Cos’è Rai.it ? Non riesco a capire che prodotto mi racconta. Se da dicembre ad oggi un lavoro c’è stato, mi piacerebbe capire come venga presentato, perché bisogna recuperare tanto tempo perduto e mettersi il prima possibile al passo con quello che c’è nel mondo tecnologico.
  Sono molto contenta che abbia affrontato il discorso sulle teche Rai, sulla valorizzazione, che ormai viene fatto da anni, è un patrimonio incredibile ma, a parte una serie di strisce, non abbiamo recepito un'idea su come utilizzare queste teche. Credo sia un ragionamento interessante da approfondire, perché il digitale è anche un linguaggio diverso e quelli sono prodotti nati per altri linguaggi, per linguaggi di anni passati, per generazioni diverse.
  Voi pensate anche di produrre delle cose ad hoc per il mondo digitale ? Un linguaggio diverso, che non è la fiction di cui posso fruire come altro schermo sul mio Ipad, ma sono previste cose prodotte ad hoc per pubblici e target che necessitano di linguaggi diversi ?
Quando è stata costituita la direzione digitale in consiglio di amministrazione ho letto della riorganizzazione e vorrei capire se in Rai ci siano professionalità pronte ad affrontare questa sfida e come pensiate di costruire una delle divisioni più importanti e più potenti nei prossimi mesi del servizio pubblico.

  MIRELLA LIUZZI. Sono interessata a quanto si diceva su YouTube perché avremmo presentato l'interrogazione citata ma poi il collega ci ha battuto sul tempo, però certamente ci ha fatto riflettere l'interruzione della collaborazione tra Rai e YouTube per una serie di ragioni. Lei ha anche detto che si potrebbe riprendere la collaborazione magari con altre modalità, quindi le vorrei chiedere, anche se è ancora in corso d'opera, appunti quali siano tali modalità.
  Credo che il problema principale sia la possibilità di usufruirne, ovvero su YouTube è molto semplice cercare video e al momento è un sito internet utilizzato soprattutto dai giovani, tanto che spesso gli under 20 dichiarano di utilizzare non Internet ma YouTube. Spesso in Italia rispetto il mobile è quello più utilizzato, anche se siamo indietro rispetto all'utilizzo di internet e alle competenze informatiche e tecnologiche, più che altro per mancanza di fiducia, come dimostrano anche i dati sull'utilizzo dell’eCommerce, quindi potrebbe essere preoccupante l'utilizzo della piattaforma di Rai così com’è per ricercare video.
  Le faccio un esempio: dovevo cercare un servizio del TG della mia regione e ho trovato addirittura tre siti internet con lo stesso servizio e ci sono arrivata in tre Pag. 7modi diversi. Credo che questo si inserisca anche nell'ambito della quantità abnorme di siti (il direttore generale parlava di 250 siti, ma ce lo diceva anche Gubitosi all'epoca), argomento che conosciamo ma che al momento non è stato risolto. Sarebbe interessante trovare una soluzione, perché sono anni che lo stiamo dicendo in Commissione.
  Un altro aspetto potrebbe riguardare le teche. È interessante la modalità non di semplice ricerca, ma di organizzazione editoriale che si vuole fare. Questo delle teche è proprio il valore aggiunto della Rai, su cui si potrebbe puntare soprattutto in relazione a Internet. Qualche tempo fa mi chiedevo perché non dare a chi paga il canone la possibilità di fare ricerche personalizzate nell'archivio storico in base a un codice per abbonato. In relazione al canone in bolletta questo è un passo ulteriore, ma ci sono già diversi problemi nell'inserire il canone in bolletta, quindi figuriamoci per un eventuale codice identificativo, però è un'idea per il futuro.
  Aspettiamo di vedere come si evolverà il suo lavoro, perché è interessante questa svolta della Rai, però dicevo anche al presidente in audizione che lo stesso Tim Berners-Lee aveva detto che la Rai ha un compito importante per l'alfabetizzazione degli italiani al digitale, quindi anche un compito divulgativo non solo nello sviluppare questi prodotti, ma anche nel creare programmi informativi per le nuove tecnologie, perché solo in questa maniera si potrà fare qualcosa per il digital divide, laddove gli italiani hanno purtroppo competenze digitali inferiori alla media europea. Questo è uno dei problemi fondamentali del nostro Paese.

  ROBERTO RUTA. Sarò telegrafico, riprendendo l'ultima parte dell'intervento precedente, perché era la prima questione che volevo sollevare. Intanto buon lavoro, perché sono trascorsi solo novanta giorni.
  Non più fare il digitale, ma essere digitali mi sembra l'approccio giusto per ottenere due risultati: rendere massimamente fruibile il digitale come compito e missione che per altre ragioni aveva svolto mamma Rai negli anni ’50, e tendere a condividere nella massima libertà di ognuno la possibilità di accedere al patrimonio inestimabile dell'archivio Rai. Quali percorsi si intende potenziare al massimo per perseguire l'obiettivo di crescita, di conoscenza e di fruibilità delle conoscenze storiche e di quelle di massima attualità, per svolgere fino in fondo la missione che alla Rai compete come struttura pubblica ?

  MAURIZIO GASPARRI. Credo vada ribadito anche per una riflessione sulla Rai futura che la questione dell'uscita da Youtube è stata un errore. A volte si commettono errori, e, come Mediaset ha commesso l'errore di non siglare l'accordo con la piattaforma Sky e ha perso ascolti, Rai ha fatto questo errore e dovrebbe ammetterlo. La presunzione era fare un super-sito aumentando il traffico e i contatti, quindi generando un valore economico, come sappiamo anche noi parlamentari avendo regolamentato e vissuto alcune cose, anche se spesso il direttore generale viene qui a spiegarci che esiste la Rete come se andasse tra i selvaggi.
  Il primo consiglio quindi è di ammettere di aver commesso un errore, quindi lo riveda e valuti di fare un sito unico, potenziarlo e renderlo economicamente interessante ai fini pubblicitari, perché questo ha complicato la vita rispetto a contenuti per i quali la Rai ha interesse, soprattutto adesso che aumentando le entrate del canone in bolletta la Rai non ha il problema di rendere pubblicitariamente redditizio l'eventuale super-sito, ma può essere più generosa nel dominare con i contenuti i vari strumenti, anche rispetto agli archivi e alle teche, a tutto ciò che esiste e garantisce una priorità alla Rai, l'unica a possedere storicamente una potenza di archivio e di immagini.
  Rispetto al passato cosa sta succedendo nell'ambito della riorganizzazione ? La Rai nella storia si è dotata di realtà per modernizzare questi aspetti, quindi ci vorrebbe il coraggio di ammettere gli errori fatti, in attesa di vedere cose future. Lei ha sicuramente presente cosa è riuscita a fare LA7, ossia che sul video si possono vedere Pag. 8tutte le cose dei giorni precedenti. Non capisco perché la Rai non lo faccia sul digitale terrestre, perché utilizzando un comune telecomando appare tutta una schermata senza dover avere necessariamente una televisione avanzatissima. Credo che la Rai potrebbe fare con il digitale terreste quanto fa LA7 che è meno potente, per cui si potrebbe rivedere un programma di tre giorni prima. Non credo si tratti di un brevetto esclusivo ! Sappiamo che poi c’è la media company, c’è Internet, ma non ce lo ripetete più, ci arriviamo anche noi.

  AUGUSTO MINZOLINI. La prima domanda si ricollega a quello che ha detto Gasparri, nel senso che, tenendo conto ormai dei numeri della Rai, è evidente che l'obiettivo principale come servizio pubblico è quello di influenzare altre realtà, e sarebbe uno strumento prezioso. Il problema è avere non un ritorno pubblicitario, quanto la possibilità di inserire argomenti della Rai all'interno di questa grande piattaforma globale.
  Faccio un discorso più generale anche per l'esperienza che ho avuto lì, ho sentito il discorso e non ho avuto una grande stima per questo argomento e rispetto alla precedente amministrazione, ma qui cominciamo ad avere un anno zero e ad evolvere, non so se il progetto andrà bene ma vedo che si riesce a comprendere.
  Uno dei problemi è quello di personalizzare la Rai su un grande sito Rai.it, perché il concetto centrale in questi rapporti è quello della community, che, se la fai direttamente con Rai.it, è talmente spersonalizzata che ti perdi, non esiste quella capacità di interagire con il tuo pubblico che invece sarebbe essenziale, è quello l'elemento di volano che può arricchire un meccanismo del genere. L'esperienza che ho fatto con il TG1 è esattamente questa, perché non troveremo mai il sito Rizzoli.it, ma troveremo il sito Corriere.it, Gazzetta dello Sport.it, è quello che ti dà la possibilità di interagire, invece qui c’è stato un peccato di arroganza quando si è pensato di mettere tutto insieme, in cui ti perdi e non riesci neanche ad arrivarci ! LA7 essendo più piccola e avendo un telegiornale solo non ha queste difficoltà, ma quando ne hai 7 o 8 ti perdi e quindi non hai la possibilità di comunicare. Rispetto all'aspetto divulgativo credo che, oltre al fatto che è più efficace, stiamo lavorando in un Paese in cui c’è il problema di alfabetizzare nel digitale il nostro pubblico, ed è evidente che puoi arrivare a Rai.it ma dopo una serie di passaggi, con molta difficoltà, tenendo conto che siamo un Paese anagraficamente vecchio, quindi con difficoltà, che quindi ha bisogno di un approccio elementare.
  Rispetto alle decisioni che avete assunto tornerei indietro, prenderei tre o quattro testate, quelle più importanti dal punto di vista popolare, per creare quella community che può portare la gente ad avere un rapporto diverso con lo strumento e arrivare a un passaggio diverso, più maturo in futuro medio-breve. Aver fatto quest'operazione khomeinista immaginando di portare tutto il pubblico là, che è lo stesso peccato di arroganza commesso con YouTube, è stato un grave errore che ci ha riportato indietro rispetto a esperienze che erano già andate abbastanza avanti.

  ALBERTO AIROLA. Sarò rapido perché è già intervenuta la mia collega, ma vorrei sottolineare il grande compito che avete. Come già faceva notare lei, il web non è un orpello, la media company non è una trasposizione dell'attuale Rai a una versione digitale, ma è la visione di una cosa diversa da quello che è la Rai finora, una televisione figlia della radio, quindi con una fruizione del qui e ora, che diventa qualcosa in cui c’è una fruizione sia di un flusso, come può essere la radio o la televisione attualmente, del palinsesto, sia una fruizione testuale dei contenuti, per cui mi vado a cercare le cose.
  Alla Rai serve una visione per arrivare a questo, perché spesso ci siamo detti che prima definiamo cos’è il servizio pubblico e poi cerchiamo il modo di realizzarlo, ma alla Rai non è successo per varie ragioni (cambiamenti di dirigenza, progetti decaduti Pag. 9quali le newsroom), e la visione del web e della media company è un passaggio che richiede una determinazione di cosa si vuole ottenere e del budget.
  Sono stati fatti alcuni ammodernamenti per avere una gestione multipiattaforma, però con gravi momenti di fallacia. Ricordo ad esempio che pochi mesi fa i colleghi tecnici di Rai Parlamento dovevano costringere a girare anche Rai news su analogico, perché Rai News era completamente digitalizzata e gli strumenti qui alla Camera erano analogici, quindi a fronte di una modernizzazione c'erano poi degli imbuti tecnologici per cui decadeva tutto l'investimento, perché poi Rai Parlamento arrivava con la cassetta che bisognava trasferire su disco e mandare in onda. Queste sono veramente il segno di una carenza di questa visione e anche di una competenza. Sono felice che questa nuova dirigenza sembra orientarsi verso nomine fondate sulla competenza, perché questo mestiere si fa se lo si conosce, altrimenti non si può fare, i risultati saranno tremendi. Alla luce di questo, come lei ha giustamente evidenziato, il web dovrebbe essere non un orpello, ma una dimensione nuova del servizio pubblico, e i contenuti che vengono pubblicati sul web non possono essere una semplice trasposizione, ma devono essere anche l'occasione di sviluppare qualcosa che va al di là, una sintesi, una media company, quindi il web può essere l'occasione per sperimentare con prodotti non limitati a quello. Anche i prodotti della TV tout-court vanno quindi ripensati nell'ambito di una media company e viceversa il web per il tipo di fruitori molto giovani può essere l'occasione di sperimentare. Sperimentare non vuol dire investire pochi soldi in prodotti di serie B, ma significa ripensare dei prodotti e dei linguaggi pensati per un certo tipo di fruizione sia su TV che su web.
  Sul web si è più liberi, quindi invece che favorire le solite 5-6 società che fanno contenuti per la Rai e ci hanno veramente stancato, vorrei che la Rai tornasse ad essere quella che può lanciare i giovani, le nuove società che producono documentari a livello internazionale, le start-up, un lavoro culturale di cui questo Paese ha bisogno.
  Non dimentichiamo la dimensione social, si parla spesso di alfabetizzazione informatica, spesso si guarda a quella fascia che non sa usare internet come a una fascia perduta, ma non è così: mio padre a 85 anni ha un account Facebook, cerca i contenuti, li condivide e li scrive, quindi c’è una possibilità di far cambiare vita a tantissime persone che non hanno mai avuto accesso a internet facendo scoprire loro momenti che sembrano fatti per una fascia di popolazione che magari ha voglia di rivedere quella parte di vita vissuta e che attualmente non ha facile accesso. A questo proposito mi è piaciuto moltissimo quando lei ha detto che le piace l'idea di tendere la mano a chi non frequenta il web. Questa è un'idea fondamentale, perché è una sintesi fra il palinsesto nella sua forma di flusso continuo e la gestione dei contenuti come testo.
  Se ho un progetto editoriale, non potrò mai trovarmi a 70 anni su Netflix e orientarmi con facilità, perché proverei un certo disorientamento, quindi serve accompagnare chi non è abituato a questo tipo di fruizione, predisponendo un percorso editoriale che suggerisca e facilitando la possibilità di approfondire attraverso i sistemi di suggerimento che hanno Netflix e altri sistemi web. Questo anche per quanto riguarda l'informazione, premesso che tutti attendiamo una gestione unificata di questa miriade di siti web. Se cerco una notizia, il servizio pubblico è il faro in questa entropia informazionale che genera il web, le bufale che girano su varie piattaforme, il servizio pubblico è il mio riferimento, vado sul servizio pubblico, trovo quella notizia e trovo anche i link degli approfondimenti ai documentari, mentre sui siti Rai non ne vedo e sarebbe importante vederli.
  Non parliamo poi di strutture come Rai Cinema di distribuzione, che sono vetuste, servono più per accontentare le clientele che producono per Rai che per realizzare la media company, sono strutture che oggi Pag. 10non hanno senso, va bene produrre cinema però vogliamo vedere sul servizio pubblico i film della Rai o eventualmente su media company.
  Questo è il discorso generale che attendiamo anche da voi su un piano editoriale industriale più dettagliato, che andrà a definire questi aspetti.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, vorrei sapere a che punto sia la digitalizzazione delle sedi regionali, se siano cantierate tutte le risorse per mandare a completamento il piano di digitalizzazione, se in questo piano, che è stato esposto anche alla RAI dal punto di vista finanziario molto ingente, abbia trovato qualche incongruenza, se sia carente o sia stato un piano affrontato in un buon modo. Questo non per attribuire colpe all'amministrazione passata, ma per comprendere a che punto siamo, visto che è stato un ingente investimento di risorse pubbliche.

  GIAN PAOLO TAGLIAVIA, direttore della direzione digital della Rai. Una prima considerazione: sapevo (come dicevo in apertura i ringraziamenti non erano piaggeria) di trovarmi non soltanto di fronte a una platea di deputati e di senatori, ma anche di utenti, quindi cercherò di dare delle risposte rispetto alla performance dei nostri prodotti, perché una serie di cose sommava l'aspetto istituzionale all'aspetto di fruizione dei contenuti, quindi sapevo che sarebbe stato utile.
  Rispetto alle domande dell'onorevole Bonaccorsi parto da una parola che ho utilizzato nell'esposizione e che forse è il caso di spiegare, perché ho parlato di uno degli obiettivi in cui siamo impegnati in questo momento, della revisione, ma mi rendo conto che può essere anche una due diligence, può anche guardarci dentro e poi farsi delle idee, ma quando parlo di revisione intendo il rifacimento complessivo della nostra offerta. Usciamo quindi dalla parola revisione e parliamo di rifacimento, perché in alcuni degli esempi che lei citava c'era il fatto di essere veramente liquidi. Sky in Inghilterra parla di questo fenomeno e anche le loro campagne fanno riferimento all'acqua, quindi io finisco la visione di un contenuto su uno schermo in maniera ubiqua, seamless, come dicono gli americani in mancanza di un termine italiano che renda questa fluidità. Questi sono sicuramente i modelli di riferimento nel rifacimento ed è per questo che parlavo di personalizzazione, perché poi alla fine quello che ci conquista di questi prodotti è la capacità di raccomandarci delle cose per una qualche magia, ma la magia è un algoritmo, tantissimo lavoro e una capacità di taggare contenuti, come lei sa benissimo. Una nuova frontiera è quella del finto caso, della Serendipity, perché quel meccanismo di personalizzazione spinta diventa una gabbia, dorata ma pur sempre una gabbia, quindi il fatto di dire «mi hai presentato otto cose che sapevo, ma le ultime due veramente come hai fatto ?» è un lavoro molto impegnativo, che parte dalla riproposizione dell'interfaccia, ma siamo impegnati in questo momento, per andare più sul tecnico, nella bonifica complessiva di come vengono taggati i contenuti. Lei diceva che non c’è un motore di raccomandazione o il motore di ricerca in tema di contenuti funziona male, ma il problema non è la tecnologia del motore perché quella è abbastanza solida, ma è il fatto che i contenuti non sono nominati in maniera adeguata.
  Per quanto riguarda l'esempio di Netflix, l'abbiamo inserito nel pre-piano industriale; ovviamente abbiamo grande rispetto per questi colossi americani, però è anche vero che dobbiamo guardare anche al patrimonio di Rai: non è semplicemente una trasposizione, ma si tratta di prendere gli elementi di quell'esperienza che fanno veramente il loro successo e poi applicarli a quello che invece tutti si aspettano da noi. All'interno della sua raccomandazione di non perdere tempo, per me era importante riformulare questa parola, perché mi rendo conto che si potrebbe dire che la prossima volta che ti chiamiamo magari ci dici quello che hai pensato e poi i prodotti li vediamo magari nel 2018, ma non è questa l'intenzione.Pag. 11
  Sulle produzioni ad hoc credo che in una prima fase essere veramente digitali significhi uscire nella produzione, nell'immaginazione dei contenuti dalla logica «palinsestocentrica», nel senso che il palinsesto rappresenta un grande ancoraggio nella fruizione dei contenuti, lo dobbiamo tenere sempre come elemento fondamentale, però dobbiamo anche uscire da questa logica spazio-temporale un poco angusta. La prima cosa da fare è quindi immaginare, come diceva lei, anche una maniera ab origine, perché il digitale non è una cosa che viene dopo, il digitale viene prima, anzi dovrebbe essere una cosa innata, quindi quando uno pensa a un progetto sa che poi deve andare in prime time di una rete televisiva, però c’è anche il prima e il dopo. Con questo discorso temporale pensate a quante cose si potrebbero fare con redazioni che fanno un proto televisivo e lo potrebbero espandere. Anche quella è una frontiera importante prima di decidere di fare cose solo per il web, perché già quello sarebbe un grandissimo passo avanti rispetto a come oggi sfruttiamo le nostre risorse, abbiamo tanta capacità in più che potremmo utilizzare.
  Rispetto alle domande dell'onorevole Liuzzi torno a esprimere la mia idea sul rapporto con YouTube. Lei ha toccato la prima area, quella del rapporto con i giovani, che è esattamente quella a cui facevo riferimento. Non posso raccontare esattamente come siamo messi con i rapporti con YouTube, perché c’è una serie di cose ancora da consolidare, però non c’è dubbio che, se guardo a queste grandi piattaforme, il nostro primo interesse è ricominciare ad avere un dialogo continuativo con alcune fasce della popolazione che con noi hanno una relazione più lasca. Allora nel tendere la mano non c’è soltanto fare dei prodotti nostri che tendano la mano a chi arriva, ma è anche noi andare dove sono le persone, quindi è la prima area a cui facevamo riferimento. Come dicevo prima, le due cose per me non si escludono e sono complementari, abbiamo il dovere di non rivisitare, ma rifare i nostri prodotti, però dobbiamo anche porci nelle condizioni di competere con questi giganti, perché hanno una chiave di accesso a dei pubblici che per noi sono complicati, quindi dobbiamo andarci dentro.
  Un aspetto che l'onorevole Ruta evidenziava era quello di condividere, che mi sembra molto interessante in merito alle teche. Non è esattamente il mio mestiere, nel senso che abbiamo persone deputate a quello, ma credo molto nella potenzialità di dare una storicizzazione alle cose, perché la televisione di flusso è molto legata a quello che succede nell'immediato, ma una comprensione di quello che succede grazie al nostro patrimonio potrebbe essere una chiave di scoperta anche per pubblici diversi, per pubblici giovani.
  Si tratta del discorso degli anniversari o dei grandi avvenimenti, di quando succede qualcosa, muore Scola e attraverso le teche sei in grado di portare anche un pubblico che conosce meno la sua cinematografia, quindi credo sempre in questo rimbalzo, perché senza un'opportuna operazione avanti/indietro nella storia è più complicato creare questi meccanismi.
  Oltre a quella su YouTube, onorevole Gasparri, c'era anche la domanda su LA7. Sono colleghi, sono sicuramente un estimatore di LA7, nel 2005-2006 fummo noi a impostare la politica non lineare di LA7, quindi li conosco. È chiaro che Rai ha dimensioni maggiori, quindi noi guardiamo tutti, vediamo tutti, cerchiamo di carpire, però è chiaro che le dimensioni di LA7 sono diverse.
  Rispetto alla domanda del senatore Minzolini, uno degli aspetti su cui mi vorrei soffermare è proprio il tema delle communities, perché è un tema centrale che lei evidentemente, conoscendo l'azienda, ha ben presente, cioè come conciliare la vocazione universale della Rai, che deve parlare con tutti, con la cifra dell'attuale. In questo la risposta univoca non c’è, perché è uno dei grandissimi temi, ma credo che i social abbiano un grandissimo ruolo, ed è una delle cose che stiamo cambiando, perché una delle domande poste era se abbiamo sufficienti risorse interne e sufficienti competenze. Credo che in ambito produttivo, editoriale, Pag. 12tecnologico abbiamo le competenze, tanto che le persone che stanno lavorando con me sono confermatissime, non confermate, sono le persone che erano già in azienda. Possiamo fare un piccolo passo avanti nell'organizzazione strategica del social, perché quando uno guarda i social non deve fare confusione con i siti. Il social può essere marketing, relazione, distribuzione di prodotto. Bisogna secondo me ragionare su quattro ambiti, nel senso che il social e gli account possono essere a livello azienda, a livello Rete, a livello programma, a livello personaggio. In questo momento noi siamo a macchia di leopardo su tutto, ma è lì che si costruiscono le communities, poi si possono anche avere lo stesso video nello stesso posto, ma ci si arriva da percorsi diversi, molto spesso ai video si arriva attraverso i social o attraverso YouTube, quindi attraverso le grandi piattaforme. Credo che questo possa essere un ambito in cui coniugare le due cose.
  L'altro ambito attraverso cui coniugare le due cose è la personalizzazione. Uno degli elementi delle piattaforme americane che si sono evocate è che la mia esperienza di visione, la mia home page non è mai uguale alla sua, perché «apprendono», io magari fornisco tre o quattro elementi di personalizzazione molto basici e poi il motore apprende, quindi l'universalità è un'universalità di partenza, ma progressivamente la piattaforma «impara».
  Siamo in una fase di redazione del piano industriale, senatore Airola, quindi su risorse, impegni, mix di competenze esterne o interne, ma sto lavorando con le persone che già c'erano.
  Il tema di sociale e social: una cosa è la missione di essere inclusivi sul digital divide, altra cosa è i social che ti consentono di raggiungere più persone possibili.
  Rispondo al presidente: non sono perfettamente addentro al processo di digitalizzazione delle sedi regionali, ma ne sono un beneficiario, nel senso che in questo processo di rivisitazione della nostra offerta la nostra presenza regionale è uno dei punti di forza irreplicabile, quindi la mia impressione è che il lavoro sia stato fatto bene e che sia un fattore abilitante in quel processo di personalizzazione che per me è fondamentale. Non dimentichiamo che la dinamica locale è fondamentale: quindi se abito a Roma mi aspetto che una parte del mio percorso informativo sia legata al luogo in cui abito. Aver fatto tutto quel lavoro preparatorio è un viatico importante per prodotti che siano migliori rispetto al passato.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Tagliavia e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.