XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Giovedì 25 febbraio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 

Audizione del presidente dell'Associazione italiana di radioprotezione medica, Giorgio Trenta:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 
Trenta Giorgio , Presidente dell'Associazione italiana di radioprotezione medica ... 3 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Trenta Giorgio , Presidente dell'Associazione italiana di radioprotezione medica ... 9 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Carrozza Maria Chiara (PD)  ... 10 
Trenta Giorgio , Presidente dell'Associazione italiana di radioprotezione medica ... 10 
Carrozza Maria Chiara (PD)  ... 10 
Grillo Giulia (M5S)  ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Simonetti Roberto (LNA)  ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Simonetti Roberto (LNA)  ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Amato Maria (PD)  ... 12 
Nizzi Settimo (FI-PdL)  ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Nizzi Settimo (FI-PdL)  ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIAN PIERO SCANU

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Audizione del presidente dell'Associazione italiana di radioprotezione medica, Giorgio Trenta.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno prevede l'audizione del presidente dell'Associazione italiana di radioprotezione medica, professor Giorgio Trenta.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
  Il professor Trenta fu ascoltato nella precedente legislatura dalla Commissione d'inchiesta istituita presso il Senato nella seduta del 19 giugno 2012. In tale occasione affrontò la problematica relativa ai rischi derivanti dall'esposizione all'uranio impoverito adottando un criterio fondato sulla probabilità di causa, che egli stesso ebbe modo di definire introducendo la sua esposizione.
  Da questo presupposto nel corso dell'audizione furono esaminati profili relativi alla chemiotossicità e alla radiotossicità dell'uranio. In tale ambito il professor Trenta si soffermò anche sui ritardi delle indagini effettuate a suo tempo soprattutto da parte dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) sui militari in missione.
  Ho ritenuto necessario ricordare brevemente i temi affrontati nella scorsa legislatura in quanto in quell'occasione furono offerti elementi essenziali di conoscenza e di valutazione delle problematiche relative all'uranio impoverito che furono ampiamente ripresi nella relazione conclusiva dei lavori della Commissione. Sono certo che anche nell'odierna audizione il professor Trenta apporterà un fondamentale contributo di conoscenza ai nostri lavori.
  Ringraziandola per la presenza, caro professore, le do volentieri la parola. Prego.

  GIORGIO TRENTA, Presidente dell'Associazione italiana di radioprotezione medica. Come ho già detto, esco da un breve periodo di influenza, ragion per cui la mia voce a volte sarà «chioccia».
  Come ha ricordato il presidente, ho già avuto occasione di parlare di questo argomento in due precedenti Commissioni, ma il mio discorso viene ad essere limitato principalmente agli aspetti di radiotossicità dell'uranio, anche se quelli della chemiotossicità supportano e avallano il discorso che riguarda la radiotossicità.
  Dal punto di vista della sequenza della mia esposizione parlerò prima di chemiotossicità dell'uranio e poi di radiotossicità, indicando quali sono le basi informative che riguardano l'argomento.
  Parlerò poi delle caratteristiche dell'uranio impoverito e delle valutazioni dosimetriche, ossia dell'energia che viene assorbita dall'organismo a seguito dell'emissione di particelle alfa da parte dell'uranio.Pag. 4
  Farò, quindi, considerazioni sul caso in esame e introdurrò la probabilità di causa per vedere se con questa metodologia si riescono a giustificare gli effetti che sono stati riscontrati sui militari che hanno operato nelle regioni del Kosovo e in altre zone.
  Passerò, quindi, alle conclusioni e ad una nota a margine, che mi ha riguardato a seguito di un intervento del pubblico ministero di Lanusei.
  Cominciamo a vedere la chemiotossicità. Le caratteristiche chimiche dei composti dell'uranio sono quelle che ne determinano il destino metabolico. Una volta che l'uranio è entrato nell'organismo, è la parte chimica che dice dove deve andare a finire. L'introduzione può avvenire attraverso l'apparato respiratorio, l'apparato gastroenterico, oppure una ferita, come si è verificato in molti militari, soprattutto americani, colpiti dal fuoco amico. L'introduzione per via inalatoria è indubbiamente la più critica per l'organismo.
  Il successivo destino dell'uranio è determinato, quindi, dalle caratteristiche di solubilità dell'uranio nei fluidi organici. In relazione alla composizione chimica dell'uranio, sotto forma di biossido di uranio, di esafluoruro di uranio e via di seguito, si distinguono vari tipi di assorbimento, che vengono indicati dalla letteratura come di tipo F, di tipo M e di tipo S. Si tratta di sigle che derivano dall'inglese fast, medium e slow, ossia velocemente metabolizzato, metabolizzato a velocità media oppure metabolizzato lentamente.
  A parte il periodo più o meno lungo di permanenza nei polmoni, una volta introdotto per via inalatoria, l'uranio penetra in circolo e determina l'interessamento di altri distretti anatomici, in particolare il fegato, ma soprattutto i reni. Tenete ben presente questo aspetto. I reni principalmente risentono degli effetti chemiotossici che si manifestano sui tubuli renali, comportando danni funzionali alla stregua di altri metalli pesanti, come piombo e torio.
  Il danno si riscontra all'evidenza clinica a mezzo di analisi delle urine, nelle quali si possono vedere proteine, aminoacidi o altri composti plasmatici. Si indica in 3 milligrammi di uranio per chilogrammo di tessuto renale il livello al di sopra del quale dovrebbero comparire i primi segni di chemiotossicità del rene.
  Accanto alla chemiotossicità vi è la radiotossicità, ossia la tossicità dovuta al fatto che l'uranio, anche se depleto, è radioattivo. Emette cioè delle particelle alfa di energia notevole (oltre 4 MeV, ossia milioni di elettronvolt). Queste particelle, colpendo le cellule, se l'uranio è penetrato nell'organismo, danno luogo a vari fenomeni, tra cui fenomeni acuti, se questa irradiazione avviene in tempi molto brevi e molto alti, oppure effetti di tipo cronico, se questa radiotossicità viene diluita nel tempo, a seguito del metabolismo della sostanza, che non viene eliminata prontamente dall'organismo, ma richiede del tempo per l'eliminazione.
  I riferimenti principali sui quali valuterò questa radiotossicità sono basati su alcune pubblicazioni dell'ICRP (International Commission on Radiological Protection), l'organismo di vertice della radioprotezione, che ha sede in Inghilterra, ma è apolitico. È stato istituito nel 1928 dal Congresso internazionale dei radiologi. La politica non c'entra. Questo è il riferimento principale.
  Accanto a questo l'altro riferimento è rappresentato dai National Institutes of Health, l'Istituto superiore di sanità degli Stati Uniti, dal Biological Effects of Ionizing Radiation, detto brevemente BEIR, che viene istituito dalla National Academy of Sciences degli Stati Uniti, un organismo istituito dal Congresso degli Stati Uniti negli anni 1870-80 per supportare il Governo e il Parlamento su tematiche riguardanti aspetti medici, fisici, ingegneristici e via elencando. Tutta la parte scientifica è, quindi, affidata a questo organismo, che supporta il Governo degli Stati Uniti. Tale organismo organizza periodicamente un gruppo di lavoro esperto in radioprotezione che si chiama appunto BEIR.
  Accanto a questo c’è l'UNSCEAR, un organismo delle Nazioni Unite, nel quale confluiscono 21 Paesi degli Stati Uniti, che ha il compito di mettere a fuoco periodicamente le informazioni più recenti in Pag. 5materia di effetti delle radiazioni, che io chiamo anatomiche, ma che nella realtà sono reazioni nucleari.
  Infine, c’è l'WHO, ossia l'Organizzazione mondiale della sanità, che su questo argomento si è fortemente espressa.
  Parliamo di radiotossicità. Gli effetti delle radiazioni vengono classicamente distinti in due raggruppamenti: effetti deterministici ed effetti stocastici. Gli effetti deterministici sono effetti immediati, che per verificarsi richiedono una dose almeno di un sievert. Un sievert è una grandezza relativamente alta rispetto alle dosi che noi assumiamo tutti i giorni per vivere su questa terra, che sono dell'ordine di un millesimo di questa grandezza.
  Questi effetti si manifestano entro breve tempo dall'esposizione acuta e sono caratterizzati da manifestazioni cliniche ben evidenti, che possono essere patognomoniche di questo tipo di esposizione. Questi effetti, però, non ci interessano, perché la dose che possono aver ricevuto i militari a seguito dell'introduzione di materiale radioattivo non possono rientrare in questa categoria, in quanto ci vorrebbero delle masse enormi di uranio impoverito accumulate nell'organismo.
  Gli effetti che più verosimilmente possiamo considerare sono gli effetti stocastici. Questi conseguono all'individuo (e si parla di effetti somatici) oppure alla sua progenie (e si parla di effetti ereditari) e sono caratterizzati dal fatto che compaiono a caso tra gli esposti, nel senso che si può parlare di probabilità del verificarsi di questi eventi e non di certezza.
  Se, per esempio, un sievert, o meglio qualche millisievert, viene ad interessare una persona, bisogna considerare la probabilità che si verifichi quell'effetto. È come se quella dose fosse distribuita a 100 persone e una o due di queste, a caso, potessero andare incontro a questo tipo di effetto. Compaiono, quindi, a caso fra gli esposti.
  Oltre ad avere questa caratteristica di colpire a caso, gli effetti si manifestano dopo tempi lunghi, che possono essere dell'ordine di 2-5 anni per la leucemia. Tutti gli altri tumori solidi – di questo si tratta, quando si parla di effetti stocastici – si possono manifestare a cominciare da cinque anni in maniera graduale fino a raggiungere un top dei dieci anni.
  Abbiamo detto che vi è una relazione causa/probabilità e che si suppone che non vi sia una soglia. La radioprotezione è basata sull'ipotesi cosiddetta della linearità senza soglia. Si suppone, ma non è dimostrato dai fatti, che anche per dosi piccole, quali quelle che prendiamo tutti i giorni per vivere su questa terra, come dicevo prima, si possa verificare questo tipo di effetti.
  Dal punto di vista epidemiologico questa verità è lungi dal poter essere illustrata – non dall'essere dimostrata, ma dal poter essere illustrata – perché per dimostrarla ci vorrebbe una quantità di persone da sottoporre all'indagine estremamente elevata, cosa che non è possibile effettuare, ancorché siano state considerate serie epidemiologiche come quelle di Hiroshima e Nagasaki, che hanno riguardato un numero molto alto di persone che sono state tenute in osservazione. Con le dosi in gioco nel caso specifico dei militari si può supporre solo che questi tipi di effetti si possano essere verificati.
  L'uranio ha le seguenti caratteristiche radiologiche. È un elemento radioattivo presente in natura: suolo, acqua e alimenti lo contengono in notevole quantità, in modo non uniforme su tutto il territorio planetario, ma distribuito in zone nelle quali vi può essere un accumulo maggiore di questo radioelemento. È un alfa emettitore. Come ho detto, emette particelle alfa di 4,2 milioni di elettronvolt, ma emette anche fotoni gamma che possono essere rilevati, anche se di modesta energia.
  Bisogna tenere presente che è presente nel corpo umano. L'ICRP, già citata, dice che mediamente nel corpo umano ce ne sono 90 microgrammi. Se vengono considerate, per esempio, le persone che si servono dell'acqua presa dai pozzi in talune zone, anche d'Italia, l'uranio può essere misurato addirittura sui capelli. Valori ben più alti si possono riscontrare in particolari gruppi della popolazione. Pag. 6Anche il cibo ce ne fa introdurre giornalmente per una quantità di circa 2 microgrammi.
  Il periodo di dimezzamento dell'uranio – questo è importante – è di 4,7 miliardi di anni. Quello che troviamo sulla terra è quello che praticamente si è formato quando la terra è nata dal sistema planetario in formazione.
  I tipi di esposizione che si possono determinare, come abbiamo brevemente accennato, possono essere esposizione esterna, quando la sorgente è posta all'esterno dell'organismo; contaminazione superficiale, se la sorgente è posta sulla superficie corporea; e contaminazione interna, quando la sorgente è penetrata all'interno dell'organismo. Direi che questa per l'uranio è la situazione più critica, perché, essendo principalmente un alfa emettitore e poiché le particelle alfa vengono fermate da uno strato molto sottile – da un foglio di carta, possiamo dire – anche se è distribuito sulla cute, gli effetti all'interno dell'organismo non si risentono perché la parte cornea della cute è in grado di schermare perfettamente la radiazione.
  Se l'uranio penetra all'interno dell'organismo, possiamo avere la situazione di contaminazione acuta o di contaminazione cronica. Si ha contaminazione acuta se l'uranio è penetrato nell'organismo tutto in una volta e contaminazione cronica se l'uranio penetra nell'organismo giorno dopo giorno, come avviene mangiando materiale contaminato dall'uranio.
  Parliamo qui di uranio depleto, o di uranio impoverito, più propriamente in italiano, perché l'uranio è un nuclide che si trova con un numero fisso di protoni (92) e un numero variabile di neutroni all'interno del nucleo atomico, sicché avremo l'uranio 234, l'uranio 235 e l'uranio 238. L'uranio che troviamo in natura è una miscela di questi tre isotopi, più propriamente chiamati radioisotopi, perché sono tutti e tre radioattivi. Nel caso dell'uranio depleto la percentuale di questi tre radionuclidi che costituiscono l'uranio con cui si fanno i proiettili è rappresentato, in particolare, dallo 0,001 per cento di uranio 234, il più radioattivo.
  Poiché è depleto, la deplezione riguarda l'uranio 235, che viene sottratto all'uranio naturale, in quanto questo isotopo è fissile ed è fissile in modo da mantenere una reazione a catena. È quello che viene usato per i reattori nucleari. Per questo viene sottratto dall'uranio naturale e poi immesso, insieme ad altro uranio, per arricchirlo, in uranio 235, in modo che si possa sfruttare per le reazioni nucleari e per la produzione di energia elettrica. Nel caso di uranio depleto, quindi, troviamo una percentuale più bassa di questo isotopo, che di solito è lo 0,7 per cento ma nell'uranio depleto arriva allo 0,2 per cento.
  Infine, c’è l'uranio 238, che costituisce la maggioranza dell'uranio ed è il 99,79 per cento.
  È chiaro che questa diversità di miscelazione dei vari isotopi determina una variazione dell'attività specifica dell'uranio depleto, perché l'uranio 234 è molto radioattivo – vedo che ormai avete un po’ tutti le slide – ed è dell'ordine di 200.000 becquerel per milligrammo. L'uranio 235 ha un'attività di 80 becquerel per microgrammo e l'uranio 238 un'attività di 12,4 becquerel per milligrammo. Pertanto, se si prende la miscelazione dell'uranio che abbiamo visto prima e la si considera dal punto di vista dell'attività specifica, si trova che l'uranio depleto ha un'attività di 14,8 becquerel per milligrammo.
  Dal punto di vista radiotossicologico abbiamo già visto che l'uranio, anche se impoverito, viene indicato come di tipo F, di tipo M o di tipo S (fast, medium o slow). Pertanto, per considerare il rischio connesso con l'ingestione o l'inalazione di questa sostanza, dovremo considerare il tipo di radiotossicità in quanto ne determina, come abbiamo detto, la migrazione all'interno degli organi, una volta che l'uranio è penetrato nel sistema respiratorio, per esempio.
  Succede che, una volta introdotto nei polmoni attraverso l'esterno, l'uranio dai polmoni passa al sangue e dal sangue si Pag. 7distribuisce ai vari organi e tessuti (reni, muscolo, fegato, ossa). Ritorna poi dal fegato, per esempio, al sangue e al tratto gastroenterico, dal quale viene eliminato attraverso le feci. Ci sono due vie di eliminazione dell'uranio introdotto. Una è rappresentata dalle vie fecali e l'altra dalle vie urinarie, attraverso il rene.
  La patologia che è stata riscontrata dalla Commissione Mandelli ha rilevato un'incidenza superiore alla media del linfoma di Hodgkin, con un eccesso statisticamente significativo di 2,36 e un intervallo di confidenza al 95 per cento, ossia un'attendibilità molto elevata che ci fosse effettivamente una correlazione, o quanto meno un fatto dovuto al materiale che poteva aver contaminato questi operatori nel corso della loro residenza all'estero.
  La letteratura più accreditata non riporta che il linfoma di Hodgkin sia tra quelli radioinducibili. Questo lo dice il BEIR V, che ho già citato, il quale afferma che «i dati sono ragionevolmente consistenti nel mostrare l'assenza di eccesso di rischio per detta patologia nelle popolazioni irradiate». L'UNSCEAR, l'Organismo delle Nazioni Unite, nella sua pubblicazione del 2000, asserisce che «i dati disponibili non indicano un'associazione tra il linfoma di Hodgkin e le radiazioni, sia per esposizione esterna che per esposizione interna».
  Se uno si affida soltanto a queste affermazioni, conclude che non è possibile che ci sia una correlazione causale nel caso specifico di interesse. Se, però, uno non crede a questo, si può condurre una valutazione per eccesso. Questa valutazione per eccesso si può condurre supponendo che il linfoma di Hodgkin possa essere equiparato, dal punto di vista dell'induzione oncogena da parte delle radiazioni, alla leucemia, la patologia oncologica più frequentemente associata con l'esposizione a radiazioni ionizzanti. Si tratta di una patologia che si manifesta grosso modo dopo 2-5 anni fino a un massimo di 5 anni dall'esposizione, per decrescere poi in epoca successiva.
  Possiamo partire da un'ipotesi, che sembra assurda, ma che serve in qualche maniera a farci ragionare: supponiamo che non sia Hodgkin, ma che sia leucemia. Chi ha il grafico può vedere che l'andamento della leucemia dopo l'esposizione ha un massimo che, almeno nelle popolazioni più giovani, si verifica dopo 5-6 anni. Il massimo dell'incidenza si ha dopo 5-6 anni dall'esposizione.
  Vediamo quanto questa ipotesi sia plausibile servendoci di questa metodologia, la probability of causation, ossia la valutazione numerica della verosimiglianza dell'ipotesi causale relativa al fatto che una patologia di tipo oncologico si sia manifestata in un soggetto esposto a radiazioni.
  Questa metodologia è stata sviluppata dai National Institutes of Health degli Stati Uniti, che ho già citato, su incarico proprio del Parlamento degli Stati Uniti, il quale si è trovato in forte difficoltà quando c’è stata una marea di reclami e di richieste di indennizzo da parte delle popolazioni che vivevano nelle zone del deserto del Nevada, dove gli Stati Uniti avevano testato all'incirca 212-213 ordigni nucleari. I rilasci di attività soprattutto di iodio radioattivo, di iodio 131, hanno creato il sospetto che molte patologie riscontrate soprattutto nei Navajos fossero dovute all'esposizione, al fallout, di queste esplosioni.
  Il Governo degli Stati Uniti si è trovato in forte difficoltà perché le richieste erano enormemente elevate e ha chiesto a questo Istituto superiore di sanità di tirare giù un metodo scientifico che potesse discriminare l'attendibilità o meno di una correlazione causale tra l'esposizione e le patologie riscontrate. Questa probabilità di causa si ottiene facilmente dal rapporto tra l'eccesso di rischio relativo e 1 più l'eccesso di rischio relativo, che è il rischio relativo. Il rapporto tra eccesso di rischio relativo e rischio relativo fornisce in percentuale un valore in relazione al quale, qualora esso superi il 50 per cento, viene riconosciuta – almeno dagli Stati Uniti, ma oggi anche l'INAIL si serve di questo criterio – la causa di servizio, con riferimento Pag. 8alle radiazioni ionizzanti. Se invece siamo al di sotto è un discrimine per una valutazione di tipo causale.
  Che cosa facciamo in questa nostra modellazione ? Assumiamo intanto, come abbiamo detto, la leucemia e non il linfoma di Hodgkin. Facciamo ricorso al criterio dell’exaggeratio ad excludendum, come si dice. Si fa riferimento al modello polmonare che l'ICRP ha individuato molto bene nelle sue pubblicazioni per quanto riguarda l'ingestione.
  Si considera con la PC la dose che darebbe il 50 per cento di probabilità che ci sia una correlazione causale. Tuttavia, poiché ci sono incertezze e valutazioni non esatte della dose, c’è un'incertezza nell'accettare questo valore, ragion per cui si considera un intervallo di confidenza, che qui si chiama intervallo di credibilità, che va fino al 95 per cento. Si prende, quindi, il valore corrispondente al limite superiore di credibilità, che è appunto il 95 per cento. Se al 95 per cento abbiamo il superamento del 50 per cento, allora riconosciamo la causalità.
  Si ottiene in questa maniera la quantità inalata di uranio che corrisponde a quella dose che dà il 50 per cento di probabilità, si raffrontano i valori con gli esiti clinici, radiotossicologici e radiometrici e si traggono le conclusioni: o è colpa dell'uranio, e allora l'ICRP e la radioprotezione non sono credibili, il che è arduo da dimostrare, oppure l'uranio non è responsabile.
  Per far questo si prendono i coefficienti di dose equivalente impegnata a cinquant'anni forniti dalle pubblicazioni 69 e 71 dell'ICRP, valori che, per quanto riguarda la dose efficace impegnata, sono presi anche dal nostro decreto legislativo n. 241 del 2000. Si considera la classe M, come consiglia l'ICRP, e si valuta in sievert per becquerel in particolare per il midollo osseo (leucemia), il rene, che ci interessa fortemente per la parte soprattutto tossicologica, e il polmone qual è il coefficiente di dose equivalente impegnata a cinquant'anni. Su questa slide trovate i valori forniti dall'ICRP 69 e 71.
  A noi però, più che i sievert per becquerel, interessano i sievert per milligrammo. Pertanto, se si prendono i valori che ho detto prima in merito alle caratteristiche radiologiche dei vari isotopi dell'uranio, si possono trasformare questi coefficienti di dose impegnata da sievert per becquerel a sievert per milligrammo. Facendo questo trasferimento, si ha che i millisievert per grammo di uranio che il midollo riceve in cinquant'anni vengono a essere 5,49, quelli che riceve il rene 19,3 e quelli che riceve il polmone 330.
  C’è da tenere presente, però, che questa è la dose a cinquant'anni. Nella realtà, i militari hanno ricevuto una dose che al massimo è limitata dai 5 ai 10 anni, in quanto in particolare le misurazioni sono state fatte quando i militari sono ritornati dal Kosovo e dagli altri campi di battaglia. Le misure che sono state effettuate si riferiscono, quindi, a un periodo di tempo molto più limitato che non a cinquant'anni.
  Per far questo ci si serve delle funzioni cosiddette di ritenzione, che sono indicate in questa slide evanescente. Potete vedere comunque qual è il criterio: si fa la valutazione con le funzioni di ritenzione. Se si introduce un becquerel, si vede come questo becquerel dia una dose all'organismo dopo un dato periodo di tempo. La funzione di ritenzione ci dice qual è la frazione di dose che riceve l'organismo in funzione di un becquerel di sostanza.
  Se si fa questa valutazione con queste funzioni di ritenzione fornite dalla stessa ICRP a cinquant'anni e a cinque anni, si vede qual è il rapporto tra la dose a cinquant'anni e la dose a cinque. Questo rapporto per il midollo risulta di 0,270 e per il rene di 0,77. Per il polmone questo rapporto è pari a 1, perché la radioattività, una volta penetrata nel polmone, viene eliminata, anche se in maniera graduale, nel sangue entro un tempo inferiore ai cinque anni. Grosso modo entro cinque anni tutto il contenuto polmonare di uranio depleto viene immesso nel sangue e, quindi, passa ai reni e al tratto gastroenterico e viene eliminato.
  Con le correlazioni indicate i coefficienti di dose estesi a cinque anni vengono a essere modificati. Basta fare la proporzione Pag. 9dei valori: 42,5 sta a 158 come X sta a 3,7x10-7 sievert per becquerel. Si trova che per cinque anni i coefficienti di dose sono 1x10-7 sievert per becquerel per il midollo, e a 1,01x10-6 per il rene. Per il polmone il risultato resta eguale a 1, perché dopo cinque anni abbiamo detto che l'uranio se n’è andato dal polmone.

  PRESIDENTE. Professore, mi permetta di interromperla. Vorrei che almeno la parte conclusiva di quest'audizione, che potrebbe essere soltanto, per quanto la riguarda, la prima, prevedesse anche delle domande. Fermo restando che tutto il materiale che ha portato l'acquisiamo immediatamente agli atti e diventerà oggetto di approfondimento e di studio, se avesse una o due pagine conclusive di sintesi, la inviterei a leggerle. Diversamente, già da ora potremmo dare la possibilità ai colleghi che lo volessero di porle le domande.
  Come preferisce fare, professore ?

  GIORGIO TRENTA, Presidente dell'Associazione italiana di radioprotezione medica. In relazione a quello che ho detto mi pare che le slide successive parlino da se stesse. Se guardate le slide, trovate anche le valutazioni di PC e vedete che, per ottenere quel 50 per cento che dicevo, ci vogliono 100 millisievert. Con 100 millisievert intervengono i primi riscontri.
  Questo significa che a distanza di un anno dovrebbe essere ancora rilevabile la presenza nell'apparato respiratorio di ciò che resta di un'iniziale introduzione acuta di 2 grammi di uranio, che sono quelli che darebbero la dose di PC 50 per cento. Due grammi di uranio di classe M, come dice l'Organizzazione mondiale della sanità, sarebbero evidenziabili molto bene dopo un anno.
  Questa tabella ci dice che l'introduzione di 2 grammi a un total-body counter, ossia a un contatore del corpo umano che conta solo la radiazione gamma, sarebbe ben evidente dopo 365 giorni. Questi non sono stati visti dal total-body counter dell'ENEA della Casaccia, dove i militari sono stati mandati a fare queste prove.
  In secondo luogo, dall'entità e dalla quantità di uranio impoverito che, inalata, irradia agli organi presi in considerazione risulta che il polmone è l'organo che riceve la dose più alta, a parità di massa contaminata, tant’è che in cinque anni il polmone riceve tutta la dose di tutto l'uranio che ci è passato sopra. Questo farebbe pensare che l'organo critico sia il polmone. Pertanto, se tumori dovevano essere riscontrati, questi avrebbero dovuto essere riscontrati a carico del polmone e non di altri organi.
  Il riscontro 3 dice che 3 milligrammi di uranio per chilogrammo di tessuto renale è il livello al di sopra del quale dovrebbero comparire i primi segni di chemiotossicità per il rene. Orbene, nel caso in cui fosse stata accumulata la massa (77 grammi) comportante la dose equivalente di 100 millisievert, la quantità di uranio per unità di peso della massa renale, che è pari a 0,29 kg, risulterebbe ben al di sopra del valore limite di 3 milligrammi. Nei militari non è stato rilevato alcun segno, all'esame delle urine, che indicasse una sofferenza renale.
  Con riferimento al riscontro 4, a distanza di 10-11 anni il metodo di misura fluorimetrico, che è stato effettuato alla Casaccia sulle urine dei militari, avrebbe dovuto essere in grado di fornire indicazioni su una possibile contaminazione acuta superiore a 45 milligrammi. Qui siamo a 67 grammi. Le analisi condotte alla Casaccia indicano valori non diversi dal bianco.
  Concludo dicendo che il confronto con i riscontri indica che né le indagini cliniche, né quelle epidemiologiche (per il polmone), né quelle radiotossicologiche, né quelle fisiche hanno mostrato una valida giustificazione per associare un nesso causale tra la quantità di uranio impoverito valutata per indurre con probabilità del 50 per cento la leucemia, che è più radiodeducibile del linfoma di Hodgkin, e i riscontri clinici e laboratoristici condotti sul personale esposto.
  Vorrei aggiungere una nota. A conclusione della mia precedente audizione mi veniva chiesto se il torio fosse più o meno pericoloso dell'uranio. La richiesta, estemporanea e non specifica, mi ha indotto a Pag. 10rispondere per i soli aspetti radiologici. Pertanto, solamente sulla base del periodo di dimezzamento e dell'energia delle particelle alfa emesse ho risposto: l'uranio. Se la domanda fosse stata rivolta in modo più preciso, indicando gli aspetti radiometabolici, avrei risposto diversamente. Tanto dovevo a chiarimento di quella mia affermazione, per la quale mi ha chiamato in causa il pretore di Lanusei.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Iniziamo a porle qualche domanda.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARIA CHIARA CARROZZA. Buongiorno, professore. Grazie per la sua esposizione, che non è facilissima da seguire per chi non è del settore. Ho provato a segmentarla per trovare degli elementi anche per far capire a tutti il metodo che è stato seguito. Pertanto, ho alcune domande che servono principalmente a chiarire a tutti la validità del lavoro che ha fatto e anche a capirne le conseguenze.
  Come prima domanda, ha certezza sul tipo di uranio che è stato utilizzato e, quindi, sulla composizione delle varie componenti che ha indicato ? Siamo sicuri che l'uranio impoverito, quello con cui sono stati in contatto questi militari, sia quello rispondente alla composizione che ha indicato ? Nel metodo di lavoro che è stato seguito c’è una precisa indicazione di quale sia il tipo di uranio e di quale ne sia la quantità. Questa è la prima domanda.
  Passo alla seconda. Fra le varie patologie riscontrate ci sono il linfoma e la leucemia. Mi sembra di aver capito dall'esposizione che vi siete concentrati sulla leucemia come tipo di patologia, non affrontando il tema del linfoma. Forse potrebbe dire due parole sul perché da un punto di vista metodologico è stata scelta questa patologia piuttosto che l'altra e su quali basi. Era più semplice fare l'analisi che è stata poi fatta o il linfoma non è riconducibile all'esposizione corrispondente a quel tipo di uranio che era fra i materiali utilizzati ? Questo non mi è chiaro.
  L'altra domanda riguarda il metodo. Sulla base di quello che lei ha esposto mi sembra di aver capito che avete ricostruito la patologia che è stata riscontrata sulla base degli effetti e che avete ricostruito quale avrebbe dovuto essere la composizione in termini di milligrammi di uranio assunto per poter causare tali effetti. Successivamente, in parte attraverso un'analisi probabilistica, in parte attraverso un'analisi degli effetti e immagino di misurazioni e analisi che sono state fatte in laboratorio e che sono acquisite nei vari data base e negli aspetti regolatori, avete ricostruito che queste percentuali di leucemia che sono state riscontrate corrispondono a questi 67 grammi di uranio impoverito. Ciò significa che i militari avrebbero dovuto assumere 67 grammi in qualche forma per poter avere poi questi esiti ? Questa è l'altra domanda.
  Rispetto a questi 67 grammi dice che avrebbero dovuto avere prima nel rene altre patologie, data la conseguenza dell'assunzione di tutti questi grammi e che, quindi, avrebbero dovuto aver subito altri effetti. È corretta questa interpretazione ?

  GIORGIO TRENTA, Presidente dell'Associazione italiana di radioprotezione medica. È esatto.

  MARIA CHIARA CARROZZA. Pertanto, non può essere che abbiano assunto tutti questi grammi di uranio. Questo è un metodo induttivo e poi riduttivo. Prima inducete, sulla base dell’outcome, cioè dell'insorgere della leucemia, quanto avrebbe dovuto essere assunto e poi deducete che allora i soggetti avrebbero dovuto avere anche altre patologie. È una dimostrazione, come spesso avviene in medicina, alla rovescia, con due percorsi.
  Passo a un'altra domanda. Alla fine saltano fuori i 2 grammi di uranio. Non ho capito la relazione. Prima si parla di 67 grammi e poi si tirano fuori questi 2 grammi di uranio. Non ricordo più dov'era scritto nella presentazione. In sostanza, avete fatto un'analisi su una delle patologie e avete riscontrato che, secondo voi, non si può dire da un punto di vista Pag. 11scientifico che ci sia una correlazione o che ci sia la certezza che sia stata l'assunzione di uranio durante le loro attività piuttosto che altre cause a determinare le patologie.
  Inoltre, volevo chiedere anche un'altra questione su questa storia degli effetti stocastici. Forse vale la pena di spiegarla, perché il significato di stocastico a chi non è scienziato non è chiaro. Che cosa significa che gli unici effetti possibili possono essere quelli stocastici e, nell'evidenza, che cosa significa questo ? Noi abbiamo anche il compito di cercare di trovare, per quanto possibile, la verità e, quindi, abbiamo una fortissima responsabilità. Pertanto, dobbiamo anche comprendere il significato della relazione tecnica che ci ha fornito e le conseguenze che può avere sulle decisioni che possiamo prendere.
  Al di là dell'esposizione tecnica sul metodo, che si può discutere o meno, ci interessa capire, sulla base della sua esperienza, della validità degli esperimenti che ha condotto e dell'analisi che ha svolto, quello che si sente di dirci sugli effetti di quest'uranio impoverito. Vorremmo sapere se, secondo lei, possono avere indotto la leucemia e se si può dire qualcosa anche sul linfoma e che cosa si potrebbe dire.
  Grazie. Scusate la lunghezza.

  GIULIA GRILLO. Farei un intervento sull'ordine dei lavori, brevissimamente. Poiché noi non abbiamo avuto la possibilità di esaminare prima questa relazione, che è molto tecnica, reputo che, ai fini di una comprensione di tutti, sarebbe il caso che il professore avesse la disponibilità di tornare, in modo tale che se ne possa esaminare con più attenzione il contenuto.
  Chiedo velocemente, invece, come altro dato, al professore, anche per conoscere la platea dei pazienti che avete studiato, se esiste un riferimento, un dossier, un documento per sapere quanti pazienti avete studiato, le caratteristiche cliniche dei pazienti, il periodo di esposizione e via elencando. Non voglio mettere in dubbio ciò che ha detto, ma vorremmo capire meglio qual è la base dalla quale siete partiti, a parte il metodo, come abbiamo già detto.

  PRESIDENTE. Riguardo l'intervento della collega Grillo sull'ordine dei lavori personalmente sono assolutamente d'accordo. Era, in verità, anche mia intenzione formulare la medesima proposta. Ringrazio la collega per averlo fatto, anche in considerazione della portata dei quesiti che sono stati già posti dalla collega Carrozza e che altri colleghi si accingevano a porre.
  Per adesso, volendo fare le cose con estremo rigore, ci limitiamo a utilizzare, se siete d'accordo, i prossimi dieci minuti per sentire una prima risposta da parte del professore. Mercoledì prossimo alle 15 vi propongo di fare un Ufficio di presidenza, in contemporanea con il question time. In occasione di questo Ufficio di presidenza stabiliamo quando pregare il professore di tornare. Non escludo che questo argomento possa richiedere non solo un'altra riunione, ma addirittura anche due riunioni, perché fare l'approfondimento, per definizione, vuol dire non lasciare niente in una zona d'ombra.

  ROBERTO SIMONETTI. Volevo chiedere se, oltre al professore, che ringrazio, ci sono altri professori che hanno delle tesi diametralmente opposte alle sue.

  PRESIDENTE. Consideriamo questa una domanda per il professore.

  ROBERTO SIMONETTI. Ad oggi, con questa relazione, se non ho capito male, il professore ci dice che non c’è un nesso tra l'esposizione alle armi e la malattia. Questa relazione mina di fatto – scusate il termine – la sussistenza stessa della Commissione.

  PRESIDENTE. Questo comporterebbe anche una mia risposta, ma la facciamo nella prossima riunione.
  A parte il fatto che non ci dobbiamo occupare solo di uranio impoverito, con Pag. 12tutto il rispetto per il professore, stiamo ascoltando. Le decisioni poi si prenderanno dopo.

  MARIA AMATO. Poiché si parla frequentemente del rapporto dell'uranio come concausa, ci sono degli studi in cui non si mettono in relazione la quantità di uranio e la quota di esposizione con il tumore sviluppato, ma semplicemente con l'effetto sul sistema immunitario ?
  Mi spiego meglio. Un effetto di calo delle difese immunitarie è concausa di maggiore esposizione a rischio oncogenico di qualsiasi altra cosa. Penso ai depositi di armi saltate e alla possibilità di contaminazioni con qualsiasi altra cosa. Questa è una osservazione.
  Passo all'altra riflessione. Io penso ai militari come a lavoratori. Come radiologo, se penso che non entro più in sala esposizione raggi, che prendo tutti i mesi un'aggiunta sullo stipendio, che ho diritto a trenta giorni di riposo biologico e che le mie malattie professionali comprendono anche il linfoma, mi viene da pensare che questi siano lavoratori non tutelati.
  Grazie.

  SETTIMO NIZZI. Sarò velocissimo.

  PRESIDENTE. Non mettiamoci troppa fretta, altrimenti non lavoriamo bene. Collega, parli. Se qualcun altro intende intervenire, lo farà e poi il professore risponderà la prossima volta.
  Prego, collega Nizzi.

  SETTIMO NIZZI. Professore, la ringrazio per l'esposizione. Al riscontro 1, quando parla di introduzione acuta di 2 grammi di uranio 238 di classe media, questa introduzione come avviene ? Per inalazione ? Avviene in un ambiente saturo di polvere di uranio, oppure come avviene l'introduzione di quei 2 grammi ? È importante.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il professore per essere intervenuto e acquisiamo agli atti, come ho già detto, i testi relativi alle slide che ci ha portato. Mercoledì prossimo nell'Ufficio di presidenza decideremo quando calendarizzare la prossima riunione. Invito i colleghi capigruppo a volersi fare parte diligente per far sì che alla prossima audizione ci possa essere una batteria – possiamo dire così – di domande adeguata non alle conclusioni (non le vorrei chiamare conclusioni), ma alle interpretazioni che il professore ha offerto alla nostra attenzione.
  Grazie e buona giornata. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.35.