XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 44 di Giovedì 18 febbraio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 2 

Audizioni in materia di contrasto della contraffazione via web e in sede internazionale.

Audizione dell'avvocato Andrea Caristi e del professor Ferdinando Ofria:
Catania Mario , Presidente ... 2 
Ofria Ferdinando  ... 2 
Catania Mario , Presidente ... 4 
Caristi Andrea  ... 4 
Catania Mario , Presidente ... 5 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 5 
Baruffi Davide (PD)  ... 6 
Catania Mario , Presidente ... 7 
Caristi Andrea  ... 7 
Catania Mario , Presidente ... 8 
Ofria Ferdinando  ... 8 
Caristi Andrea  ... 8 
Catania Mario , Presidente ... 8 

ALLEGATI: Documentazione presentata dagli auditi ... 9

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO CATANIA

  La seduta comincia alle 14.45.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizioni in materia di contrasto della contraffazione via web e in sede internazionale.

Audizione dell'avvocato Andrea Caristi e del professor Ferdinando Ofria.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'approfondimento tematico in materia di contrasto della contraffazione via web e in sede internazionale, l'audizione dell'avvocato Andrea Caristi e del professor Ferdinando Ofria, consulenti della Commissione.
  Do la parola al professor Ofria.

  FERDINANDO OFRIA. Ringrazio il presidente Catania. Sono un economista e da diversi anni mi interesso del problema della contraffazione come un fallimento di mercato. In particolare, si intende come fallimento di mercato qualcosa che non garantisce la parità dei punti di partenza oppure la concorrenzialità.
  Nella fattispecie del bene contraffatto, si tratta di un fallimento di mercato perché, come molti sanno, esso genera un fenomeno distorsivo in riferimento alle imprese, dal momento che quelle sane e corrette si trovano ad avere di fronte una concorrenza sleale, e pone un problema grave anche per lo Stato poiché si ha una sottrazione di gettito fiscale, oltre al fatto che si utilizza personale a volte minorile o in nero.
  L'elemento fondamentale del fenomeno sta nel fatto che il bene contraffatto proviene da un'attività della criminalità organizzata o in senso lato delle mafie, che utilizzano la contraffazione perché è un'attività imprenditoriale come tante altre, dalla quale ottengono molto profitto, con un rischio minimo rispetto ad altri settori, come le droghe e quant'altro.
  Un'altra caratteristica della contraffazione, come della prostituzione e del contrabbando, è quella di offrire prestazioni a persone consenzienti. A differenza di altre realtà, in cui la criminalità utilizza l'intimidazione o l'attentato, in questo caso ottiene un consenso – questo è il punto centrale della mia nota – da parte di chi acquista i beni, quando ne è consapevole.
  L'attività della contraffazione fa parte di una criminalità non solo locale, ma anche internazionale. Vorrei soffermarmi su questo aspetto. Per esempio, dalle indagini si evidenzia che il profumo Chanel n. 5 è prodotto a Napoli da personale nordafricano, ma le boccette vengono prodotte in Olanda, le etichette in Spagna, mentre le essenze arrivano dal Messico. Considerando tutto insieme, c’è una rete a livello internazionale della criminalità. La Pag. 3contraffazione, quindi, non è da sottovalutare dal punto di vista criminale. Oltretutto, i suoi proventi vengono riciclati in altre attività, per cui alimentano ancora di più la criminalità.
  Le aggressioni al fenomeno sono state ben evidenziate. La proposta Catania, per esempio, inasprisce le pene, cosa che diventa fondamentale dal lato dell'offerta. Tuttavia, sul versante della domanda l'intervento è nei riguardi dei consumatori.
  In particolare, ci sono stati due studi sul tema. Uno è stato quello della Direzione generale per la lotta alla contraffazione, che ha commissionato un lavoro a un'associazione di consumatori per vedere per quale motivo i consumatori acquistano questi beni.
  Nello specifico, si evidenzia che il 90 per cento dei consumatori sa che è un reato, perciò vi è una consapevolezza da parte del campione considerato; il 70 per cento non si sente in colpa; il minor prezzo diventa l'elemento base per la domanda; il 96 per cento è consapevole che il bene è dannoso; il 15 per cento del campione acquista, comunque, questi beni. Questa è l'analisi effettuata.
  Tuttavia, questo studio non considera un altro elemento che, invece, emerge in altre ricerche condotte dall'università di Messina (non ultima quella del 2010), in cui si valuta anche l'ipotesi di verificare se questo tipo di bene sia di tipo inferiore.
  Spiego meglio cosa si intende per «bene inferiore» in termini microeconomici. Si definisce «inferiore» un bene la cui domanda, al crescere del reddito, si riduce invece di aumentare. Faccio l'esempio più semplice. Nel dopoguerra i contadini acquistavano i legumi, ma non la carne perché non avevano il reddito necessario; poi, crescendo il reddito, paradossalmente, invece di aumentare, la domanda di legumi si riduce.
  Allora, per analogia possiamo riflettere su questo punto e domandarci se al crescere del reddito del consumatore la domanda del bene contraffatto si riduce e si sostituisce con quella del bene originale oppure no. Questo è il punto fondamentale perché, se dovesse essere così, ci sono degli elementi su cui ragionare.
  Uno studio fatto a Messina – non di tipo econometrico o altamente statistico perché è stato eseguito da sociologi che hanno utilizzato il metodo delle analisi di gruppo, ovvero degli attori privilegiati – ha evidenziato l'esistenza di una correlazione forte tra il reddito e la domanda di questi beni; quindi, paradossalmente, al crescere del reddito la domanda si riduce.
  Questo significa che c’è un elemento di debolezza nella «cultura» del cittadino che preferisce questo tipo di bene: mostrare ad altri un certo bene diventa un elemento di status sociale e di apparenza. Bisogna, dunque, approfondire quali sono gli stimoli che spingono gli individui a guardare la forma e non la sostanza, talvolta anche a discapito della salute perché spesso, come abbiamo detto, questi beni sono dannosi per la salute.
  Questo è – ripeto – l'elemento fondamentale. In futuro, se si dovesse fare una ricerca più generale e nazionale sul caso, si potrebbe verificare fino a che punto questo fenomeno condizioni i singoli individui che preferiscono e domandano questo tipo di bene.
  A ogni modo, l'apparire e lo status sono un elemento di debolezza, non certo di sviluppo o qualità culturale, bensì di frivolezza (volendo usare questo termine). Se dovesse essere questa la motivazione forte, come è apparso dallo studio fatto a Messina e da altri tentativi indiretti, a questo punto le politiche di contrasto dal lato della domanda dovrebbero essere volte ad aggredire questo fenomeno con un'informazione forte nelle scuole e mediante i media, ma anche con un investimento di lungo periodo, cioè con una campagna di sensibilizzazione per le giovani generazioni.
  Gli accordi di partenariato 2014-2020 – per intenderci i finanziamenti previsti per le aree deboli a sviluppo e coesione, come quella del Mezzogiorno – prevedono notevoli strumenti per l'inclusione sociale e per la crescita del capitale umano, per cui penso che in questi anni bisognerà attenzionare Pag. 4e analizzare questi fenomeni. Infatti, è giusto che il contrasto avvenga dal lato dell'offerta, inasprendo le pene, ma deve avvenire anche da quello della domanda, creando una coscienza sul tema. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Ofria. Ascoltiamo ora l'avvocato Caristi, poi faremo eventualmente delle repliche.

  ANDREA CARISTI. Grazie, presidente. Buonasera ai signori commissari. Nel mio intervento ho cercato di focalizzare, da un punto di vista anche pratico, in base all'esperienza professionale, gli ostacoli che si incontrano con riferimento specifico all'ambito contraffattivo o di contrasto della pirateria, ma in generale agli illeciti perpetrati a mezzo di internet.
  Il primo nodo problematico che è stato posto alla vostra attenzione è quello di una apparente acefalia transnazionale della rete, che è un organismo molto complesso. Non è questa la sede per approfondire i punti critici del suo funzionamento tecnico, che si traducono in alcune normative.
  A ogni modo, la cosiddetta governance – ovvero il modello che si è imposto per la gestione normativa della rete, che è un sistema non gerarchizzato dipendente dalla normativa statale, che, però, si autoproduce in forza di accordi o protocolli orizzontali – si rivela insufficiente.
  In questo ambito si condivide e si dà conferma pratica al fatto che l’internet service provider (ISP) si colloca in uno scenario in cui tanto la produzione dei beni contraffatti quanto l'immissione sul mercato avviene in realtà che non ricadono sotto la giurisdizione interna, quindi non è l'anello della filiera aggredibile o che può dare riscontro a chi si trovi a combatterlo, siano le autorità di polizia o anche un privato.
  Un altro aspetto che si è tenuto a evidenziare è che spesso nei dibattiti pubblici o di stampa si vede con sfavore – quasi si volesse mettere un bavaglio alla rete, secondo un'espressione che è stata utilizzata – l'idea che già in prima istanza il danneggiato possa adire e avere un interlocutore al quale richiedere la cessazione della condotte illecite.
  Questo rientra nello schema generale dell'ordinamento. Non è nulla di strano. In questo mio intervento si è evidenziata – a mio avviso, ma credo possa essere riscontrabile – un'anomalia dell'attuale disciplina interna di regolamentazione dei prestatori di servizi.
  Vado subito al punto, che nel mio intervento è spiegato meglio, anche perché il tempo è poco, ma forse avrete modo di approfondirlo successivamente.
  L'anomalia è che se da un canto viene precisato che il prestatore di servizi è responsabile quando è a conoscenza dell'illiceità del fatto, dall'altro si è subordinato – concedendogli, di fatto, un privilegio – l'obbligo di interrompere la condotta illecita alla comunicazione dell'autorità giudiziaria.
  Si è messo, quindi, in evidenza che spesso, a causa di un altro buco normativo che consente una forma di anonimato diffuso nella rete, la possibilità di adire l'autorità giudiziaria non sussiste neanche. Il riferimento va a quegli illeciti (uno su tutti, la concorrenza sleale) che spesso non hanno profili penalistici, quindi non si può compulsare l'autorità di polizia al fine di svolgere le investigazioni idonee a individuare l'autore.
  Anche sotto questo profilo si è evidenziata un'altra debolezza del sistema, che è quella per cui i dati di log, in forza della normativa sulla privacy attualmente in vigore, vengono conservati solo per 12 mesi. Infatti, questa tempistica innanzitutto è diversa – non se ne comprende la ragione – dall'obbligo di conservazione dei tabulati telefonici, che è di 24 mesi, e poi è incompatibile con la durata reale delle indagini preliminari. Infatti, il termine codicistico è di 6 mesi, ma spesso le indagini vengono prorogate, quindi nell'esperienza pratica capita che i dati non siano più comunicabili all'autorità di polizia.
  Un altro punto debole sotto il profilo di un'autotutela anche in via stragiudiziale da parte del primo danneggiato è contenuta Pag. 5nell'attuale Codice della privacy. Infatti, l’internet service provider rifiuta di comunicare all'asserito danneggiato i dati identificativi che conosce, anche se potrebbero non essere veritieri, dal momento che ci si registra, ma nessuno poi controlla nei portali di fornitura di servizi. Certamente, però, il provider detiene i dati di log.
  Viene detto che ciò non sarebbe conforme all'attuale normativa sulla privacy. Dico, però, che probabilmente questa sarà presto sostituita dall'entrata in vigore del nuovo regolamento europeo sulla privacy, quindi bisognerà vedere se la mia osservazione rimarrà valida.
  A ogni modo, l'attuale normativa, all'articolo 24, prevede espressamente che i dati identificativi «possano» essere comunicati quando sono necessari per tutelare un diritto o ai fini di investigazione preventiva. Ecco, questo «possano» ingenera il muro che si incontra quando si richiede in via collaborativa che vengano comunicati i dati.
  Un altro punto che potrebbe essere migliorato sotto un profilo normativo è quello dell'inibitoria speciale, prevista dal combinato disposto fra la legge sul diritto d'autore e il decreto legislativo che regolamenta l'attività dei prestatori di servizi, inibitoria che in giurisprudenza la Corte di Cassazione ha trovato problematica perché è istituto di natura obbligatoria, mentre è preferibile un istituto di natura reale. Questo è un tecnicismo quale il sequestro preventivo, quindi incontra delle difficoltà di ordine pratico.
  Si è posto poi un problema di ordine generale nel ritenere che gli organismi interni e comunitari dovrebbero decidere se intendono dare una regolamentazione alla rete – un fenomeno naturalistico come qualunque altro – che sia coerente con l'ordinamento nel suo complesso o se si voglia continuare a seguire la strada del goodwill, cioè della buona volontà, magari stipulando protocolli con i grossi player.
  Quello che, a mio avviso, è poco chiaro nel dibattito sul tema è che spesso una regolamentazione non è l'ostacolo allo sviluppo di un fenomeno, ma una tutela per il più debole. Quello che credo stia emergendo anche nel dibattito attuale sui problemi della rete è che la mancanza di regole certe e coercibili da parte dell'autorità lascia spesso campo libero ai player più forti. Questo è il mio intervento in sintesi.

  PRESIDENTE. Grazie, avvocato. Abbiamo ascoltato due profili molto lontani tra loro.
  Abbiamo avuto un focus sul versante del consumatore e di tutto quello che ruota intorno all'atteggiamento psicologico e alle motivazioni nell'acquisto del prodotto contraffatto. Aggiungo, a titolo personale, che sarebbe più corretto spezzettare il comportamento dei consumatori a seconda della tipologia di prodotto perché, probabilmente, l'atteggiamento psicologico che si ha nei confronti dell'acquisto di una borsa contraffatta non è lo stesso che si può avere nei confronti di altre merci presenti sul mercato. Questo ragionamento, però, ci porterebbe lontano.
  L'avvocato Caristi, che ringrazio nuovamente non solo per l'intervento di oggi, ma anche per la memoria molto dettagliata, con molti spunti, con citazioni di giurisprudenza e con varie angolazioni molto interessanti, ci ha portato sul tema della normativa vigente in materia in particolare di web e di riflessi conseguenti sulla contraffazione.
  Su questo abbiamo un relatore già operante, il collega Baruffi, quindi direi che è importante che a lui, e a noi di riflesso, venga data la possibilità di approfondire la tematica nelle forme che egli stesso riterrà opportune, non necessariamente qui e in questo momento.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FILIPPO GALLINELLA. Ringrazio gli auditi perché le relazioni che ci hanno inviato tempo fa sono state molto apprezzate.
  Relativamente al rapporto con il consumatore è interessante notare che, forse, ci si riferisce più all'oggettistica che all'alimentare.Pag. 6
  In ogni caso, dalla sua relazione si evince che il 90 per cento è appagato oppure non si fa scrupolo, anche se sa che è un reato. Ora, finché c’è la domanda, penso ci sarà sempre anche l'offerta, indipendentemente dalle norme a contrasto che possiamo inserire. Allora, bisogna lavorare sul lato dell'offerta, quindi sicuramente sull'educazione. Questo è fondamentale.
  Non so se sarà possibile, ma sarei curioso di sapere se le risposte fossero simili in caso di cibo contraffatto. Ecco, la mia ipotesi è che non lo siano.
  Riguardo, invece, alla relazione che riguarda tutto il sistema digitale, alla fine del documento il professore dà sei spunti di riflessione. Vorrei concentrarmi sul terzo in particolare che riguarda l'opportunità del sistema del provider di intervenire a seguito di una segnalazione. Ora qui bisogna capire qual è la procedura, perché è l'autorità giudiziaria che deve farla e lui la deve bloccare, anche perché se si lascia la libertà di scelta al provider e poi si fa una contestazione o un appello si apre una battaglia di giurisprudenza importante. Questo è un tema sicuramente da approfondire.
  Sulla questione dei tempi, si possono anche raddoppiare, dunque si va a 24 mesi per la tenuta dei dati per i controlli. Tuttavia, bisogna lavorare anche sul lato delle indagini perché non vorrei che, avendo ancora più tempo, le indagini si allunghino ancora di più. Insomma, è un cane che si morde la coda. Questo, però, riguarda forse il sistema della giustizia che necessita di risorse specifiche in un settore così particolare.
  Riguardo all'accesso, mi soffermerei sulla questione dei protocolli 4 e 6. In particolare, con il protocollo 4 che fa da centralino è chiaro che ci si imbatte nel problema della privacy per sapere chi ha inserito quei dati o quel servizio che vende materiale contraffatto. Invece, con un protocollo individuale come il 6 si sa direttamente chi è la persona che immette i dati. Tuttavia, anche lì si pone il problema della privacy. Ci sono sentenze della Corte di giustizia in merito. Certo, la governance di internet è fondamentale, ma come ci si mette relazione con la salvaguardia dei dati ?
  Allora, forse bisognerebbe trovare strumenti che blocchino il flusso finanziario. Visto che quasi tutti i pagamenti avvengono tramite conto paypal o carte di credito, si potrebbe bloccare il circuito digitale affinché le banche lavorino sul fatto che quel circuito viene interrotto su segnalazione. Ecco, questa, forse, è la strada di giurisprudenza più attuabile rispetto all'affrontare la questione della privacy, che, peraltro, possiamo fare in Italia e in Europa, ma non nel resto del mondo.
  Queste sono riflessioni che intendevo portare alla vostra attenzione, anche come spunto di approfondimento.

  DAVIDE BARUFFI. Grazie, presidente. Ringrazio, innanzitutto, i nostri ospiti, in particolare l'avvocato Caristi, a cui mi rivolgo. Ho letto la sua memoria molto interessante, ma anche molto tecnica, quindi ho avuto qualche difficoltà. Vorrei capire, pertanto, un aspetto, anche in riferimento a quanto diceva poc'anzi il collega Gallinella.
  Vi è un punto specifico in cui mi pare si provi a costruire uno spazio di agibilità più forte circa il problema dell'anonimato. C’è il tema della privacy, ma anche quello della tutela e dell'autotutela degli aventi diritto, che più che a costituire – mi riferisco alla sua proposta – un obbligo a corrispondere azioni da parte degli internet service provider chiamati in causa, sia un dovere a farsi carico del problema, quindi a farsi parte diligente.
  Se è così, mi pare che si centri una questione particolarmente importante, per come segnalataci dai portatori di interesse. Infatti, senza dilatare lo spazio della responsabilità astratta dei soggetti in campo, si definisce un ambito interessante di tutela anche stragiudiziale.
  Mi pare che sia questo il senso, senza sconfinare – ripeto – in attività di altro ambito, quale quella dell'autorità giudiziaria, che, tra l'altro, non sempre è nella Pag. 7disponibilità diretta, per le ragioni che indicava anche lei nella sua breve relazione verbale di oggi.
  Questo è il punto che vorrei mettesse a fuoco perché credo sia di grande interesse per la Commissione, anche per rispondere a sollecitazioni che ci stanno pervenendo in proposito.
  Come seconda questione, lei fa riferimento alla nuova legge messa in campo dalla Federazione russa, che dispiega la sua efficacia negli ultimi mesi, ovvero dal settembre 2015.
  Traducendo volgarmente non da avvocato, si tratta dell'obbligo, laddove si registrino e gestiscano i dati dei cittadini russi, di avere il database sul territorio russo. Ciò non significa che Google diventi russa, ma che deve aprire una propria sede di responsabilità in quel territorio.
  Ora, la questione, se portata all'assoluto, genererebbe un impazzimento e un irrigidimento del sistema, quindi scoraggerebbe anche lo sviluppo della rete e dell'accessibilità da parte dei cittadini e del mercato in generale. Tuttavia, se presa in carico – come capisco anche da alcune considerazioni che lei ha fatto senza dare giudizi – su sistemi di dimensione ampia può essere guardata con attenzione, anche se siamo a livello sperimentale.
  Per farmi capire dai colleghi, pensare che un obbligo di questo genere possa essere messo in carico rispetto alla comunità di Canicattì è irragionevole; pensare che possa essere messo in carico rispetto allo Stato italiano può essere problematico, ma se messo in carico alla dimensione comunitaria può assumere una valenza completamente diversa, anche perché l'interesse da parte degli operatori rimarrebbe comunque molto forte su mercati sviluppati, popolati e così via.
  Pertanto, le chiedo, anche da questo punto di vista, una sua considerazione aggiuntiva, visto che si è fermato un centimetro prima di esprimere una valutazione.
  L'ultima cosa davvero telegrafica è una richiesta di chiarimento. Avrei potuto anche documentarmi personalmente, ma non ho avuto tempo e modo. A pagina 7 della sua relazione, lei parla giustamente della possibilità di introdurre clausole di esonero e anche nella raccomandazione dice che ritiene opportuno introdurre meccanismi di cooperazione che facilitino l'attività di repressione grazie all'informazione di cui è in possesso l'ISP.
  Ecco, mi spiega tecnicamente che cosa significa ? Lo chiedo anche per riuscire a dare un senso a quello che ho letto dopo.

  PRESIDENTE. Siccome ha avuto delle domande più puntuali e complesse, direi di cominciare dall'avvocato Caristi, a cui cedo la parola per la replica.

  ANDREA CARISTI. Cerco di rispondere sul primo punto, che se ben ricordo, è comune alle domande dei due onorevoli, ovvero sulla questione della normativa sulla prestazione dei servizi.
  A questo riguardo ho cercato di evidenziare che, allo stato, il prestatore di servizi, qualora venga messo a conoscenza da un privato di fatti che, in una delle ipotesi, presume illeciti, è già responsabile. Non viene esonerato, ma tecnicamente ha un privilegio, cioè un'esclusione rispetto a un obbligo di facere, ovvero di provvedere a quanto dovrebbe in base alla normativa generale dell'ordinamento.
  Il riferimento va all'articolo 40 capoverso del Codice penale che impone di attivarsi per impedire un evento giuridico che si ha l'obbligo giuridico di impedire e all'articolo 2043 del Codice civile, ovvero alla responsabilità aquiliana. Quindi, il soggetto è già in posizione di responsabilità.
  Allo stato, c’è un inciso che va oltre la delega originaria conferita al Governo perché il nostro decreto legislativo origina dal recepimento della direttiva comunitaria. Tuttavia, con questo inciso si è andati – ripeto – oltre la stessa delega perché l'operatore viene fatto salvo dall'obbligo normale che incombe.
  Questo è un punto importante che differisce rispetto a qualunque altra attività espletata. Se a imprenditore che compie un'attività si segnala un illecito, egli – come qualunque altro cittadino – ha questo Pag. 8obbligo. Dunque, il criterio non è quello che viene detto sulla stampa. Giuridicamente sarebbe un diritto potestativo (con una dichiarazione influisco nella sfera giuridica altrui), ma non è così perché c’è comunque la barriera dell'ordinaria diligenza.
  Peraltro, riguardo al Codice della privacy viene da ritenere che la norma faccia riferimento alle investigazioni difensive anche preventive, per le quali la parte deve dare uno specifico mandato, quindi è un'attività che ha già un fumus di sussistenza. Insomma, non è una telefonata, quindi non è un diritto potestativo, cioè non si attribuisce a un soggetto, con una mera dichiarazione, la facoltà di incidere nella sfera giuridica altrui.
  Si assoggetterebbero, quindi, i prestatori di servizi e le attività internet al normale regime di responsabilità del resto dell'ordinamento senza, a mio personale giudizio, ostacolarne lo sviluppo, anzi favorendo la normalizzazione di uno sviluppo coerente con i valori dell'ordinamento.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'avvocato Caristi. Penso di interpretare lo spirito di molti qui presenti raccomandando al collega Baruffi – lui l'avrebbe fatto ugualmente – di fare in modo che la Commissione ne parli anche per capire dove si va a parare, stante la estrema sensibilità di questa materia e gli spaventosi interessi in campo tra il mondo di internet e dei provider e tutte quelle scuole di pensiero e di interessi che, invece, vorrebbero (secondo lo spirito dell'avvocato Caristi) un intervento. Chiedo scusa al collega perché forse la mia raccomandazione è pleonastica.
  Cedo ora la parola al professor Ofria per la sua replica.

  FERDINANDO OFRIA. Rispondo all'onorevole Gallinella. Ovviamente, ci deve essere consapevolezza nell'acquisto di questi beni. Forse non l'ho specificato nella mia esposizione, ma lo dico nella mia nota. Addirittura, qui spiego il falso come possesso: il compratore sa di acquistare un falso e desidera farlo per identificarsi con esso. Il motivo principale che caratterizza quest'ultimo punto è l'apparire, ovvero raggiungere, attraverso il falso, lo status sociale di chi si può permettere di acquistare l'originale.
  Questo è il punto fondamentale. È ovvio, però, che per gli alimenti è diverso. Ci vuole educazione anche per capire che mangiare alimenti diversi da quelli originali potrebbe essere nocivo. Tuttavia, questo è un altro campo.

  ANDREA CARISTI. Intervengo brevemente sulla questione posta dall'onorevole, che immagino si riferisse al richiamo alla legge federale russa. Certamente, il mio invito era in chiave comunitaria. Altrimenti, non sarebbe né realistico, né possibile, anche per le condivisibili ragioni di mercato. Peraltro, io stesso evidenziavo che, a fronte di un mercato vasto, il player difficilmente lo abbandona nel suo stesso interesse.

  PRESIDENTE. Ringrazio ancora gli auditi del loro contributo, dichiaro conclusa l'audizione e dispongo che la documentazione presentata sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna.

  La seduta termina alle 15.25.

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