XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 79 di Mercoledì 17 febbraio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Variazione nella composizione della Commissione:
Fico Roberto , Presidente ... 2 

Seguito dell'audizione del direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall'Orto e del direttore editoriale per l'offerta informativa della Rai, Carlo Verdelli:
Fico Roberto , Presidente ... 2 
Ciampolillo Lello  ... 2 
Fico Roberto , Presidente ... 4 
Anzaldi Michele (PD)  ... 4 
Nesci Dalila (M5S)  ... 4 
Lupi Maurizio (AP)  ... 5 
Bonaccorsi Lorenza (PD)  ... 6 
Gasparri Maurizio  ... 6 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 6 
Verducci Francesco  ... 8 
Ruta Roberto  ... 9 
Bonaiuti Paolo  ... 9 
Campo Dall'Orto Antonio , direttore generale della Rai ... 10 
Ciampolillo Lello  ... 15 
Campo Dall'Orto Antonio , direttore generale della Rai ... 15 
Ciampolillo Lello  ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 15 
Campo Dall'Orto Antonio , direttore generale della Rai ... 15 
Fico Roberto , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 14.05.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Variazione nella composizione della Commissione.

  PRESIDENTE. Comunico che in data 16 febbraio 2016, facendo seguito alle intese intercorse tra i gruppi parlamentari del Partito Democratico e Alleanza Popolare (NCD-UDC) di Camera e Senato, la Presidenza della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi il deputato Maurizio Lupi in sostituzione del deputato Gennaro Migliore, entrato a far parte del governo, e il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della medesima Commissione il senatore Roberto Ruta in sostituzione del senatore Renato Schifani, dimissionario.
  Nell'esprimere il personale ringraziamento, anche a nome degli altri componenti della Commissione, ai colleghi Migliore e Schifani per il loro contributo, do il benvenuto, con l'augurio di buon lavoro, ai colleghi Lupi e Ruta.

Seguito dell'audizione del direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall'Orto, e del direttore editoriale per l'offerta informativa della Rai, Carlo Verdelli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall'Orto, e del direttore editoriale per l'offerta informativa della Rai, Carlo Verdelli, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Ricordo che nella seduta dello scorso 10 febbraio il direttore generale e il direttore editoriale per l'offerta informativa hanno svolto le proprie relazioni, al termine delle quali erano intervenuti diversi colleghi per porre domande e per fare richieste di chiarimenti.
  Ricordo che si sono iscritti a parlare i colleghi Ciampolillo, Verducci, Fornaro, Anzaldi, D'Ambrosio Lettieri, Lainati, Liuzzi, Nesci e Lupi.
  Chiedo ai colleghi di cercare di essere sintetici per procedere in modo più spedito.
  Do la parola al collega Ciampolillo, facendo presente che il dottor Campo Dall'Orto e il dottor Verdelli risponderanno alla fine dei suddetti interventi a tutte le domande formulate dai commissari.

  LELLO CIAMPOLILLO. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Sarò molto breve perché ho solo tre quesiti. Avevamo già parlato nell'audizione della presidente Pag. 3Maggioni di una questione sulla copertura dei Mux della Rai, in particolare del Mux 1. Ho già segnalato la presenza in Puglia, nel sub-appennino foggiano, di alcuni comuni, come Ascoli Satriano e Minervino Murge, dove non riescono a ricevere i principali canali (Rai 1, Rai 2 e Rai 3) e in particolare del Mux 1. Immagino che i tecnici che si occupano dell'alta frequenza locale ne siano a conoscenza, quindi mi chiedo se sia possibile fare una verifica. Tra l'altro, penso che sia un problema comune perché il digitale terrestre non è riuscito, come si sperava, a illuminare, così come la Rai è riuscita in tanti anni a farlo in analogico. Basterebbe mettere un gap filler all'interno di un comune con il sistema SFN sincronizzato per coprire ugualmente quel singolo comune, anche con 1 watt o con mezzo watt.
  Le questioni più rilevanti riguardano innanzitutto il fatto che, durante la discussione della cosiddetta «riforma della Rai», è stato approvato in Senato, praticamente all'unanimità, un emendamento che prevede l'implementazione di due nuovi LCN all'interno dei Mux della Rai, cioè di quei canali che, a oggi, sono solo satellitari e che trasmettono in diretta le sedute della Camera e del Senato. Tale emendamento presentato dal Movimento 5 Stelle e approvato, prevede che debbano essere aggiunti due LCN, quindi che da casa gli italiani abbiano diritto a poter vedere quello che accade nelle nostre Aule, semplicemente digitando il numero corrispondente sul telecomando. Certo, sono passati già diversi mesi, per cui ci auguriamo che questo avvenga presto. In particolare, la nostra richiesta è che venga implementato su Rai Mux 1 che immagino sia quello che copre meglio la popolazione. La domanda è: a che punto è l'implementazione di questi due nuovi canali, anche perché, a oggi, lo può vedere chi di fatto ha la tv satellitare a pagamento ?
  L'altra questione riguarda Radio Parlamento. Oggi gli italiani sono informati di quello che accade grazie a Radio Radicale in FM. Tuttavia, la Rai, pagata con i soldi pubblici, possiede, all'interno della banda in FM, un canale che si chiama GR Parlamento e che si presume dovrebbe trasmettere i lavori parlamentari. Tuttavia, io il venerdì, il sabato e la domenica, sui 98.2 di Bari e sui 101.7 di Cassano delle Murge, ascolto tanta buona musica. Quello che dovrebbe essere definito un servizio pubblico e che dovrebbe dare la pubblicità ai lavori parlamentari trasmette musica nel week-end, facendo di fatto concorrenza sleale ai network che già la mandano. Non credo che, per ascoltare musica, ci sia bisogno davvero di GR Parlamento. Se guardiamo la storia di GR Parlamento e come nasce, possiamo dire che è stata costruita comprando – la Rai, con i soldi pubblici – i canali dalle emittenti radiofoniche private. Questa è una cosa gravissima, anche perché, a oggi, la copertura è scarsa, tant’è vero che il Governo ha affidato i lavori parlamentari a Radio Radicale. Quali sono i costi e quanto è stato speso a oggi per acquistare questi canali con questa copertura che poi alla fine serve a poco e niente ? Quanto ci costa tutto ciò in termini di impianti, di alta frequenza, di manutenzione e di energia elettrica, tra l'altro per ascoltare musica ? La settimana scorsa, immaginavo di poter ascoltare le repliche dei lavori sulla riforma costituzionale, invece c'era John Lennon: voglio dire che questo è GR Parlamento, per cui parliamone.
  Le chiedo se il GR Parlamento serve, cioè perché questa rete in FM è in piedi, se i lavori sono già affidati a Radio Radicale, e che motivo c’è di fare concorrenza ai network nazionali mettendo musica. Chiediamoci quanto costa ai cittadini in termini di SIAE, quindi dal punto di vista dei diritti d'autore, e non solo perché, quando mandi musica, non solo si deve pagare la SIAE, ma anche la Società consortile fonografici, quindi diritti d'autore e diritti connessi.
  Siamo davanti a uno spreco di soldi pubblici per un servizio che non funziona, che non serve, che manda musica e che dovrebbe trasmettere i lavori parlamentari. Lasciatemi dire che questo, a mio avviso, è gravissimo. In merito, mi aspetto una risposta seriamente concreta per non ascoltare musica, o quantomeno, e mi Pag. 4riferisco all'impianto di Bari di 12.500 watt e che consuma una quantità enorme di energia 24 ore su 24, se decidete di non mandare nulla nel week-end sul GR Parlamento in FM, di spegnere gli impianti; tanto da remoto potete farlo.
  Tornando ai due canali LCN, per implementarli occorre mezza giornata e si può fare a costo zero perché il segnale esiste già, quindi bisogna semplicemente prendere il segnale e mandarlo sul Mux della Rai. Inoltre, il Ministero li assegna – penso – in dieci minuti, quindi non si capisce perché a oggi i cittadini non possano vedere i lavori parlamentari comodamente da casa sul tanto sbandierato digitale terrestre.

  PRESIDENTE. Vorrei precisare che il senatore Ciampolillo faceva riferimento a un ordine del giorno e non a un emendamento.

  MICHELE ANZALDI. Un particolare ringraziamento va agli ospiti che per la seconda settimana di seguito sono venuti qua per ascoltarci e rispondere ai quesiti e alle curiosità che avanziamo.
  Vorrei riportare solo tre flash su argomenti che hanno avuto ampio risalto, a mio avviso, sulla stampa. Penso sia doveroso e utile dare un chiarimento agli italiani e ai lettori che hanno avuto modo di conoscere questi problemi.
  Il primo flash, in ordine di data, è costituito da due audizioni in Commissione, prima dell'arrivo del nuovo consiglio di amministrazione. La prima è del 17 dicembre 2013 e la seconda dell'8 gennaio 2014. Si tratta, se non sbaglio, delle audizioni dell'associazione Donne e media e l'altra di Donne in quota. In tutti e due i casi, ho chiesto se avevano sentore che nei talk-show venissero scelti gli ospiti non in base ai meriti, ma piuttosto alla avvenenza estetica o all'arroganza nel dibattito. In tutti e due i casi, mi è stato risposto che anche loro avevano fatto questa constatazione e che anche loro registravano questo problema. Secondo me, sarebbe utile sapere qual è l'orientamento su una questione che sta agli atti e che, se volete, vi fornisco, visto che allora non c'eravate.
  Un altro problema che ha molto interessato l'azienda Rai nonché molto spesso il Governo e qualche volta anche addirittura il Quirinale è l'invio di cinque troupe con relativi giornalisti, addirittura di sei in alcuni casi, per prezzi simili dal punto di vista della scrittura e anche delle immagini, e la cosa è stata denunciata sui giornali come un grandissimo spreco. Da lì, un grande dibattito e un grande lavoro anche di questa Commissione che è arrivata all'approvazione di quella che poteva forse essere una soluzione, cioè del piano sulle newsroom. Attualmente, quel piano è congelato. Inoltre, per quello che ne so io, si va avanti con una cosa che si chiama «rotazione Gubitosi», cioè non vanno più sei troupe, ma due o tre, scelte in base a un criterio di rotazione, quindi non giornalistico, con tutti i problemi che può avere un direttore di testata nel chiedere una cosa in più a un giornalista, anche se non di sua competenza. Mi pare di capire, anche da quello che si vede, che molte immagini vengano prese dalle agenzie del circuito internazionale, per ovviare al problema. Vorrei capire come si ritiene di risolvere questo problema che ha creato molte proteste negli anni passati.
  Un altro aspetto molto attuale, riguarda il «caso foibe» perché ho visto che la Rai, come tutte le istituzioni, aveva dato ampissimo risalto per commemorare degnamente questo che, per tanti anni, è stato eccidio dimenticato. Tuttavia mi pare che qualcosa non abbia funzionato nell'azienda pubblica.

  DALILA NESCI. Vorrei porre tre domande. Innanzitutto, ieri è stato pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica di indizione del referendum sulle trivellazioni, quindi da oggi, in teoria, deve partire la comunicazione per informare i cittadini di questo referendum. Vorremmo sapere le tempistiche – spero in tempi brevissimi – e come procederete.
  Abbiamo letto delle nuove nomine. Come sapete, abbiamo più volte proposto il metodo del job posting perché ci sembra più di garanzia rispetto a quello di nomine dirette. Non ci esprimiamo nel merito Pag. 5delle nomine perché valuteremo il loro operato durante il mandato. Le chiedo se questo metodo del job posting potrebbe essere preso in considerazione da voi per le nomine dei direttori dei TG, cosa che noi auspichiamo.
  Si è parlato prima delle troupe di giornalisti e di operatori. A riguardo, ravvisiamo ancora una volta che molto spesso gli operatori della Rai raccolgono le dichiarazioni dei politici o delle forze politiche, non sempre con la presenza dei giornalisti, quindi, per evitare che la Rai continui a essere semplicemente il megafono delle comunicazioni partitiche e politiche, sarebbe il caso che si facesse attenzione anche durante la raccolta delle interviste o comunque delle dichiarazioni politiche.

  MAURIZIO LUPI. Saluto anch'io il direttore generale e il dottor Verdelli. Chiedo scusa se, non avendo ascoltato l'audizione della volta precedente semplicemente perché non ero un membro di questa Commissione, le mie domande appariranno una ripetizione o riguarderanno argomenti che avete già trattato nelle vostre relazioni, anche se credo possano e debbano sottolineare l'interesse mio e nostro riguardo alla vostra responsabilità e, ovviamente, all'azienda Rai.
  La prima domanda è come il nuovo direttore generale, con i poteri che gli vengono affidati dallo statuto, sapendo che non è un amministratore delegato o il direttore generale di un prodotto che non coinvolge l'intero sistema Paese, intenda garantire ciò che deve essere una caratteristica fondamentale di un servizio pubblico che, prima ancora che un pluralismo politico, è un pluralismo culturale, cioè la rappresentazione effettiva di quello che l'Italia e il Paese sono. La funzione del dottor Verdelli va ovviamente anche in questa direzione. Ci sono esempi trasversali cui potremmo far riferimento in cui, raccontando i fatti o le storie, si rappresenta una sola sensibilità. Lo dico perché si sta maneggiando questo. Il Festival di Sanremo è un esempio di un prodotto certamente riuscito e popolare dove la libertà creativa e di espressione non possono essere messe in discussione, rischiando di rappresentare una sola parte perché una sensibilità culturale non deve fare questo. Spero sia stata chiara la domanda.
  La seconda domanda cui tra l'altro ha già fatto riferimento la collega che mi ha preceduto riguarda la notizia, apparsa oggi e legata al tema del pluralismo culturale, della nomina dei nuovi direttori di rete. Sappiamo quanto valore e quanta importanza hanno i direttori di rete e le reti nel servizio pubblico perché si tratta di quello che riguarda il prodotto complessivo, non solo la parte informazione. In merito, vorrei sottolineare due aspetti.
  Riguardo alle nomine che lei direttore ha fatto, la domanda è questa: la Rai è in grado al suo interno di avere risorse già formate che possano essere valorizzate per ricoprire queste cariche oppure non c’è nessuna risorsa professionale tale e bisogna andare a prendere solo dall'esterno i migliori ? Da quello che abbiamo percepito e capito, le nomine hanno un mix di queste risorse, per cui mi piacerebbe sapere, visto che lei ha già informato in un pre-consiglio di queste nomine, quali siano i criteri che l'hanno portata a proporre, domani, al consiglio di amministrazione per un loro parere, avendo lei il potere di farlo, quei direttori di reti, anche valorizzando o meno o giudicando l'effettivo andamento delle reti. Ho visto che c’è stato uno spostamento da Rai 2, una rete che, dal mio punto di vista e per i dati che ho, funzionava, a Rai 4, per cui le chiedo con quale logica manageriale si è pensato di spostare tale risorsa. A mio avviso, se non una rete non funziona, mandi il responsabile da un'altra parte, ma, se funziona, lo lasci continuare il suo lavoro. Questa non è ovviamente polemica, ma un'osservazione per capire quali siano le logiche, visto che sono state prese personalità esterne e inserite all'interno.
  Concludo la domanda dicendo che vanno bene il pluralismo culturale e politico, le risorse interne ed esterne e il prodotto è fondamentale per il sistema Paese, per cui le nomine non possono che Pag. 6garantire e rappresentare che questo pluralismo venga mantenuto. Certo, ognuno sarà giudicato in base alla propria professionalità, quindi ai propri risultati, perché innanzitutto si deve essere professionalmente validi, altrimenti non si può fare pluralismo.

  LORENZA BONACCORSI. Vorrei fare un ragionamento brevissimo rispetto a quanto detto anche nell'intervento del dottor Verdelli dell'altra volta. In questa Commissione abbiamo seguito, a suo tempo, la presentazione e anche la trasformazione del piano sulle news così come era stato presentato inizialmente e che poi anche, a seguito di un dibattito in Commissione e di confronto con l'azienda, ha avuto una dialettica.
  Mi piacerebbe capire di fatto verso quale direzione si vada. C'era un'idea di unificare in due newsroom, quindi non entro nel merito e non do un giudizio, ma sto raccontando un confronto che c'era stato e un ragionamento secondo cui quel piano era stato sostanzialmente progettato, dovendo – mi riferisco alle affermazioni dell'allora direttore generale Gubitosi – tenere conto di una serie di valutazioni e di integrazioni tecniche all'interno dell'azienda rispetto alla digitalizzazione delle redazioni. Mi piacerebbe capire un po’ meglio qual è la prospettiva e come si pensa di poterla immaginare e progettare rispetto anche all'altra direzione, cioè quella dell'innovazione del dottor Tagliavia, perché credo che di fatto la scommessa andrà in quel senso nel prossimo futuro. Anche il direttore Campo Dall'Orto ha sempre puntato molto in queste settimane sul ruolo nuovo del servizio pubblico rispetto all'innovazione tecnologica e rispetto a nuovi strumenti di comunicazione. Mi piacerebbe appunto avere qualche dettaglio in più, fermo restando che rispetto il suo periodo di studio.

  MAURIZIO GASPARRI. Mi collego all'attualità. Abbiamo una questione in prospettiva, cioè il rinnovo della concessione. In effetti, poiché uno dei problemi è l'equilibrio complessivo del mercato, la Rai nei tempi passati in materia di pubblicità è stata spesso chiamata in causa per un'azione di dumping. Mi pare che già l'attuale vertice aveva detto, in precedenti audizioni, che non riteneva di dover percorrere questa strada. Certo, se uno lo volesse fare, non è che viene a dire che farà il dumping, quindi diamo per buona quell'affermazione. Rispetto a questo, vorrei capire, visto che stava già succedendo e che questa affermazione fu fatta tempo fa, come è stata già messa in pratica. L'altra osservazione è di stretta attualità. Non capisco, avendo visto anche le nomine, perché la Rai non faccia più affidamento su sé stessa. Francamente, posso capire che si attinga all'esterno, se si debba attingere a qualità riconosciute, quando sono indiscutibili: non ci deve essere per forza la riserva interna assoluta. Tuttavia, per figure così anonime e modeste in alcuni casi, escluse da altre emittenti dai risultati scarsi, non capisco perché non guardare più all'interno dell'azienda. Anche l'onorevole Lupi ha fatto questo riferimento e purtroppo l'evidenza dei fatti dimostra che in questa fase si sceglie per partito preso l'esterno. Certo, lo so che lo dite anche a due esterni, però qualche volta sarebbe il caso di guardare anche all'interno perché nella pluralità dei pensieri e delle opinioni c'erano sicuramente qualità migliori rispetto ad alcune che ho visto annunciate poco fa.

  GIORGIO LAINATI. Rispetto alle molte cose dette nella scorsa seduta e all'inizio di questa audizione, vorrei soffermarmi essenzialmente sulla domanda che è stata posta agli auditi dal senatore Rossi, il quale sostanzialmente, con una certa veemenza, ha posto questioni di grande respiro che sono un po’ quelle che, nei miei sedici anni di presenza qui, ho sentito ripetere da molti altri parlamentari che si sono succeduti su questi banchi. Si tratta della questione delle questioni, cioè cosa debba fare la Rai come servizio pubblico. Tuttavia, credo che queste osservazioni che sono state poste debbano essere anche contestualizzate. Dal mio punto di vista e da una lunga presenza in questa sede, Pag. 7vorrei ricordare che chiedere alla Rai cosa deve essere il servizio pubblico non può non tener conto del sistema delle comunicazioni che vige in questo Paese da perlomeno trent'anni. Vi è un contesto che vede da una parte il servizio pubblico e poi il competitor privato Mediaset. Questo era il duopolio, poi c’è stata un'evoluzione con la discesa in campo di Sky e di altri soggetti, quindi il duopolio è diventato tripolio o qualcosa di simile, se non di più. Tuttavia, non sono cambiati i testi legislativi, nel senso che prima la legge Mammì dell'agosto del 1990 e poi la legge n. 112 firmata e votata dal sottoscritto nel 2004 sostanzialmente hanno entrambe sancito che il sistema è così e che vanno fatte aggiunte progressive.
  Vorrei dire che, quando parliamo di servizio pubblico e di Rai, non si può non tener conto di questa fotografia dell'esistente, in assenza, senatore Rossi, di una più completa. Mi riferisco a quello che sta succedendo nella Commissione affari costituzionali della Camera dove è all'esame un progetto di legge sul conflitto di interessi che, data la diversità della maggioranza, è molto diverso da quello che approvammo quando era Ministro alla funzione pubblica Franco Frattini. Questo annunciato disegno di legge che dovrà essere approvato dall'Aula, se non erro, già la settimana prossima e poi passare al Senato certamente stringerà molto di più le maglie per consentire a vari soggetti, magari imprenditori, di essere anche soggetti politici, in assenza di un maggiore controllo. Ora, non so se sarà come negli Stati Uniti, ma comunque ci sarà oggettivamente una contrazione delle maglie larghe che tuttora, a secondo dei punti di vista, sussistono. Dobbiamo dunque parlare di servizio pubblico, di conflitto di interessi e di tante altre cose, altrimenti rischiamo di affrontare solo una parte del ragionamento che riguarda il sistema delle comunicazioni in Italia. C’è anche tutta la questione che ben conoscete della raccolta pubblicitaria e dei margini che sono legati a ciascuna realtà imprenditoriale. Certo, si può restringere il discorso al servizio pubblico come fatto di cornice, cioè di cosa debba essere il servizio pubblico. Vorrei ricordare – credo che, pur avendo lasciato ventidue anni fa Canale 5, di non essere ricordato come un giornalista di quella emittente, ma come un cittadino libero – che il servizio pubblico ha dato tanto al Paese, senatore Rossi, non perché ha quasi sessant'anni di vita, ma perché prima dell'arrivo di altri competitori viveva in regime di monopolio e informava e formava le coscienze e la cultura dei cittadini. L'ha fatto certamente in un'ottica lottizzazione, come il mio amico Airola denuncia ogni secondo, ma è un'altra storia e non vorrei aprire questo capitolo.
  Vorrei però ricordare le tante cose importanti che ha fatto il servizio pubblico su tutti i fronti. Basta pensare a quello che ha fatto negli ultimi vent'anni e alla realizzazione di fiction storiche che hanno avuto successi straordinari. Vorrei solo ricordare a tutti voi che la Rai ha prodotto le fiction sui tre papi degli ultimi trent'anni che hanno avuto un successo di pubblico perché, quando una fiction ha 11 milioni medi di ascoltatori che corrispondono agli abitanti dell'Austria o poco più del Portogallo, vuol dire che va bene, vuol dire che è fatta bene, vuol dire che ti dà qualcosa e che ha dato qualcosa ai cittadini italiani. Voglio citare una realizzazione post guerra fredda che piace molto al senatore Gasparri. Si tratta di una bellissima fiction che ha portato nelle case degli italiani la storia delle foibe. È una storia sostanzialmente sconosciuta per motivi di politica internazionale, ma che si è potuta realizzare per un piano culturale e sociologico solo dopo la fine della guerra fredda. Ce ne sono poi tantissime altre.
  Ricordiamo le fiction per ricordare martiri della mafia o della criminalità organizzata, religiosi o magistrati caduti. Questo è il servizio pubblico, a mio avviso, e, se non lo fa la Rai, chi lo deve fare ? Non possiamo non ricordare tutte queste cose che sono come un filo conduttore di un'azione culturale continuata. Certo, è vero che ho visto succedersi in quest'Aula tanti direttori e presidenti, ma la continuità dell'azione dell'azienda nel contesto della formazione puntuale degli italiani, Pag. 8anche su queste tematiche, è una realtà incontrovertibile. Come è incontrovertibile, data la presenza del direttore Verdelli, del ruolo straordinario che la Rai ha svolto sul campo dell'informazione.
  Ho avuto l'opportunità di essere il vicepresidente nella scorsa legislatura, per il quinquennio del presidente Zavoli, e posso dire che Sergio Zavoli è un gigante della storia del giornalismo. Solo se ricordiamo La notte della Repubblica, probabilmente una delle inchieste giornalistiche memorabili nella storia del Paese, possiamo capire cos’è il servizio pubblico. Certo, sarebbero da citare tantissime altre inchieste giornalistiche contro la mafia e la criminalità organizzata. Inoltre, credo che queste siano scelte strategiche precipue del servizio pubblico. Certo, le fanno anche gli altri fortunatamente, ma la Rai è un po’ la maestra in tutto questo. Lo testimoniano tutti i programmi che si sono succeduti. Ecco perché credo che porre la questione di che cos’è il servizio pubblico, senza pensare alle leggi di sistema e alle questioni relative al peso dei competitor privati sia abbastanza complicato.
  Infine, come lei direttore ricorderà bene, in occasione dell'altra audizione, abbiamo parlato di una cosa molto importante, cioè che per la prima volta, dopo venticinque anni, la Rai ha fatto quel bel concorso per assumere 100 giornalisti che anche lei giustamente ha voluto ricordare, avendo avuto, come presidente di giuria, se lo possiamo definire così, Ferruccio De Bortoli, quindi una personalità indiscussa e prestigiosa. Ci sono stati questi 100 giovani che hanno superato il traguardo, per cui mi farebbe piacere capire da entrambi che tipo di evoluzione immaginate per utilizzare queste nuove giovani e fresche professionalità.

  FRANCESCO VERDUCCI. Penso che abbiano fatto bene i colleghi a inserire questa audizione in un contesto, sia politico sia anche dell'azienda, molto delicato, per quello che riguarda la scadenza e il rinnovo della concessione. Lo dico perché è evidente che questo contesto che, a norma di legge, richiede che ci sia anche una consultazione pubblica riguardi da vicino il tema centrale per noi, come Commissione di indirizzo e di vigilanza, ma naturalmente anche per l'azienda, che è il servizio pubblico, quindi di un suo rilancio e anche di una ridefinizione di cosa sia servizio pubblico. A maggior ragione il tema dell'informazione è non solo attinente da questo punto di vista, ma forse ha una primazia perché gran parte dei compiti e delle mansioni del servizio pubblico. L'informazione in Rai e la sua configurazione hanno a che fare tra l'altro non solo con la formazione della nostra opinione pubblica, ma appunto anche con il rafforzamento della nostra democrazia.
  Certo, se il servizio pubblico è in qualche modo la ragion d'essere della concessione, tutti i ragionamenti che entrambi voi avete fatto sull'obiettivo di una più forte credibilità dell'azienda e dell'informazione in azienda, penso siano il punto centrale, anche perché si collegano con l'obiettivo più volte rimarcato, sul quale concordo, di una riconnessione dei linguaggi dell'azienda, in modo che di nuovo non solo si rivolga, ma riesca anche a fare presa sui target delle nuove generazioni, rispetto a questi target c’è più sofferenza da parte della Rai. Penso che serva una Rai ambiziosa e anche un'informazione in Rai più ambiziosa rispetto a quella che c’è stata finora. Del resto, la riforma della governance che abbiamo approvato da poco toglie, da questo punto di vista, ogni alibi all'azienda. Inoltre, penso che questa nuova cultura del servizio pubblico e dell'informazione nell'azienda si leghi anche a una nuova cultura organizzativa e che sia fondamentale, così come immagino abbiano rimarcato alcuni colleghi, che si parta anche da una grande attenzione alle professionalità che ci sono all'interno dell'azienda perché sono molto importanti e molto spesso non vengono messe nelle condizioni di esprimersi al meglio. Questo è soprattutto il vostro compito, cioè quello di non sprecare energie e fare in modo che nessuno giri a vuoto. Inoltre, penso che ci sia bisogno, com’è stato anche detto tra le righe nell'audizione di Verdelli, di un ripensamento profondo dell'informazione in Pag. 9Rai. Noi, come Commissione di vigilanza, nei mesi precedenti, abbiamo dato il via a un piano di riordino delle news con l'obiettivo soprattutto di superare l'attuale assetto e anche l'attuale morfologia che non rispondono a quei criteri di contemporaneità che più volte avete rimarcato, se non altro perché, quando è stato pensato si era alla fine degli anni settanta e c'era un altro mondo: voi avete deciso, nel pieno delle vostre prerogative, di accantonare quel piano. Tuttavia, penso che questo non possa significare indietreggiare rispetto a un ripensamento profondo, anche dell'assetto morfologico dell'informazione in Rai, e alla volontà di ripensare il linguaggio dell'informazione in Rai. Penso che si debba, per esempio, fare molto di più per espandere e dilatare l'attuale copertura informativa in Rai, pensando a target come fasce di ascolto, come orari e come pubblico. Inoltre, su questo bisogna fare molto di più anche per aggredire appunto il tema del web.
  Oggi, ho colto un punto importante che è emerso e che voglio sottolineare. Bisogna, quando si parla di un riassetto dell'informazione in Rai, non solo fare attenzione alle professionalità che ci sono, ma anche ai lavoratori dell'informazione Rai, in modo che la riforma, quindi il ripensamento e la riorganizzazione, non vada a colpire appunto il bacino dei lavoratori. Questa era una pecca che aveva il piano precedente e sono d'accordo che su questo c’è bisogno di un punto di approfondimento e di maggiore cautela.
  Chiudo su un tema che trovo nevralgico. Sappiamo che, non da oggi, il tema dell'informazione sempre più si declina con forme nuove, ibride come quella dell’infotainment e come quella dei talk legati all'informazione e molto spesso legati all'informazione politica. Inoltre, sappiamo che queste due formule, sia quella dell’infotainment sia quella dei talk, sono molto usurate. Questo lo dice sia il riscontro degli ascolti, sia una loro autoreferenzialità e un'incapacità di essere ripensate. Penso che questo sia un punto nevralgico. Vorrei capire da voi a che punto è la vostra riflessione su infotainment e talk rispetto al ripensamento più complessivo dell'informazione.
  Inoltre, le chiedo quale cronoprogramma avete in mente per una riforma che è certamente tanta parte di quell'obiettivo, sul quale tutti siamo d'accordo, di arrivare alla Rai come media company. Si tratta di una forma che va però concretizzata riempiendola di contenuti.
  Per il resto, non vi chiederò delle nomine, tuttavia spero che, anche per quelle che sono state fatte oggi e che verranno, ognuna avvenga dopo che ci sia un progetto, in modo che non siano avulse le une dalle altre e che, quindi, gli uomini o le donne corrispondano sempre a dei progetti. A questo riguardo, le chiedo anche a che punto è la scrittura del Piano industriale dell'azienda, fondamentale anche per garantire la salvaguardia occupazionale di tutta la filiera dell'audiovisivo, il cui rilancio è necessario per il nostro Paese.

  ROBERTO RUTA. Sarò estremamente sintetico. Voglio dire, innanzitutto, che provvederò a lavorare nel modo migliore per contribuire al miglior risultato possibile di questa Commissione. Mi rivolgo al Presidente per indirizzarmi a tutta la Commissione. Inoltre, auguro buon lavoro a voi che avete un onere molto gravoso, almeno dalle domande che sento.
  Avrei una domanda semplice e diretta, se è possibile avere una risposta in tal senso. Vorrei chiedere al direttore se le persone che ha selezionato per gli incarichi di responsabilità sono state individuate dopo aver verificato la mancanza di altrettante professionalità tra le risorse interne. Se la risposta è no, le chiedo perché; se è sì, vorrei sapere come e perché sono state individuate le persone che ha deciso di scegliere. Nello specifico, sono state selezionate per conoscenza diretta o per aver visionato un curriculum ? Per cosa queste persone si differenziano dalle risorse interne presenti in Rai ?

  PAOLO BONAIUTI. Vorrei fare un'ultima domanda ricollegandomi all'intervento Pag. 10dell'amico Verducci. In sostanza, vorrei capire con esattezza il discorso della nuova Rai in relazione alla grande innovazione di internet. Insomma, come entrare direttamente su questo mercato ?
  Come diceva Verdelli nell'altra audizione, la cui relazione ho molto apprezzato, l'informazione si trova di fronte a una sfida e a un qualcosa di nuovo, ma ricordo che questo qualcosa di nuovo si è presentato già da qualche anno. Infatti, chi l'ha vissuta nel giornalismo sa che con l'introduzione del computer (penso, per esempio, alla possibilità di fare i titoli a distanza, quindi allo stesso articolista che manda i sunti del suo pezzo per la prima pagina) e dei telefonini è cambiato tutto. Ora c’è questo ulteriore cambiamento. Percepisco la vostra decisa volontà di cambiamento, ma mi chiedo come andrà ad attuarsi concretamente. Attraverso quali canali precisi intende la Rai riguadagnare un terreno che indubbiamente ha perduto nei confronti di questo appiglio che deve avere con la rete e con il pubblico della rete ?
  Infine, per quanto riguarda il servizio pubblico, sono d'accordo con le grandi cose che ha fatto la Rai nel campo della fiction e del giornalismo, ma bisogna anche tener presente che esiste un lato più leggero, che forse viene più visto e permette l'introduzione di temi più favorevoli al progressivo miglioramento dei contenuti.
  Faccio un esempio. Se ricordiamo – come ha fatto l'amico Lainati – i grandi servizi della notte della Repubblica di Zavoli, non possiamo dimenticare l'importanza forse ancora maggiore che ebbe il Processo alla tappa, che fu un'invenzione giornalistica di snellimento, che però non rientrava in un progetto culturale, visto che si trattava di ciclisti sudati, che arrivavano lì per parlare di cadute, colpi di vento, salite o strade. In sostanza, il tema non può essere solo e sempre di alto livello. Quando l'amico Lainati parla delle grandi fiction sui papi ha ragione, ma la fiction che ha permesso alla Rai di entrare in campo internazionale è stata Sandokan, uno sceneggiato tratto dai romanzi di Salgari, che ha permesso di sfondare nei mercati. Allora, l'accento non può essere soltanto sul bello esteticamente, ma deve andare di pari passo con un'innovazione concreta.

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. Cercherò di rispondere a tutta la parte non strettamente legata all'informazione perché abbiamo la possibilità di avere le risposte direttamente da Carlo Verdelli. Proverò anche a unire alcune domande che avete fatto oggi a quelle che erano emerse la scorsa volta. In particolare, vorrei partire dal tema relativo al rinnovo della concessione del servizio pubblico. Qualcuno ha definito «appassionato» il discorso del senatore Rossi dell'altra volta. Provo, quindi, a entrare di più nel tema, che sappiamo tutti essere complesso e articolato, che non può non essere affrontato se non insieme a tutta l'evoluzione del quadro giuridico. In questo caso, siamo un interlocutore fondamentale, ma non siamo necessariamente il soggetto che spinge il meccanismo che porterà al rinnovo della concessione proprio perché siamo coloro che poi metteranno in pratica quello che verrà definito nell'ambito della concessione e che troverà forma in un contratto di servizio pubblico, il quale, come è stato in passato, diventerà la nostra linea guida. Difatti, rispetto ad alcune cose sollevate, mi preme sottolineare che la riforma recentemente approvata dal Parlamento definisce alcuni aspetti importanti. Infatti, delega il Governo ad adottare un decreto legislativo per la modifica del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici con l'obiettivo, tra l'altro, «di adeguare i compiti del servizio pubblico con riguardo alle diverse piattaforme tecnologiche e tenuto conto dei mutamenti intervenuti e incarica il Ministero dello sviluppo economico di avviare una consultazione pubblica sugli obblighi del servizio pubblico». In sostanza, ricollegandomi a un'altra domanda posta nello scorso incontro e rispondendo altresì alla domanda posta oggi, vorrei dire che faremo la nostra parte, organizzando il Piano industriale pensato per essere Pag. 11approvato nel consiglio di amministrazione di aprile. È chiaro che, stando ai tempi dell'uno e dell'altro, sarebbe più facile fare un Piano industriale avendo già la certezza del perimetro di ciò che viene chiesto. Tuttavia, in questo caso, avverrà una cosa che ritengo altrettanto positiva poiché l'azienda proporrà un piano industriale che diventerà anche un oggetto di interlocuzione in un percorso in cui tanti soggetti – giustamente, visto che ci sarà una consultazione pubblica – avranno modo di esprimere aspettative rispetto alla nostra azienda.
  Detto questo, credo anche che, oltre a pensare – noi daremo il nostro contributo in questo senso – a come sarà l'evoluzione del servizio pubblico nei prossimi mesi e anni, l'aspetto tecnologico, citato da molti, sia fondamentale, ma, come ripeto spesso, la tecnologia è soltanto la forma estetica di un forte cambiamento culturale in atto. Pertanto, per fare servizio pubblico dobbiamo riuscire a interpretare questo cambiamento culturale. Rimando ai temi classici che animano qualunque servizio pubblico. Intrattenere, informare, educare e proporre esperienze tendono a essere al centro del rapporto tra servizio pubblico e cittadini in qualunque parte del mondo. In questo senso, credo che – ovviamente è più difficile dirlo per me, che in questo momento guido il servizio pubblico – ci siano i segni chiari di cosa pensiamo essere oggi il servizio pubblico. Mi riferisco soprattutto agli ultimi dieci giorni. Sono d'accordo con chi ha detto che non c’è solo l'informazione, che è fondamentale, centrale e definente, ma intorno ad essa è stata riferita l'importanza delle reti. Cito alcune delle cose che abbiamo fatto negli ultimi dieci giorni, senza andare più in là nel tempo. Ce ne sono anche altre, ma queste sono più rilevanti perché assommano fiction, intrattenimento e informazione.
  Mi riferisco, innanzitutto, a Il sindaco pescatore, la storia vera di Angelo Vassallo, una nostra fiction in prima serata su Rai Uno, che ha fatto 7 milioni di ascolto medio. Come sapete, però, l'ascolto medio riferisce sempre la media matematica, anche se in realtà chi vede solo mezzo programma poi dice di averlo visto, quindi se la permanenza media fosse del 50 per cento varrebbe a dire che abbiamo contattato 14 milioni di persone. Dico questo perché per me il servizio pubblico è lasciare un segno in tutti coloro che contattiamo, non soltanto in quelli a cui si riferisce l'ascolto. Quando leggiamo l'ascolto medio troviamo un sottoinsieme delle persone che sono state contattate. Il dato è efficacissimo dal punto di vista del rapporto con la pubblicità, ma tende a sottorappresentare l'impatto sulla società.
  Abbiamo avuto poi il Festival di Sanremo, che quest'anno è riuscito a trovare, con grande efficacia, un equilibrio tra elementi leggeri ed elementi più significativi. Rispetto alla domanda concreta su come pensiamo di mettere dentro le cose che abbiamo in mente per il futuro, posso dire che a Sanremo abbiamo fatto un primo test per cercare di usare di più i contenuti e per attirare l'attenzione di coloro che hanno un rapporto più saltuario con la televisione, ma più continuo con altri media. Abbiamo avuto, infatti, 2,7 milioni di tweet in 5 sere, andando molto più in là rispetto agli altri anni (600.000 in più solo nell'ultima sera). Come sapete, Twitter dà la dimensione di quante persone lo vedono, lo scambiano o lo ritwittano. Ebbene, questi 2,7 milioni di tweet sono stati visti 230 milioni di volte. Questo ha portato non solo un risultato molto alto del Festival di Sanremo, ma anche un aumento molto forte sul pubblico più giovane.
  Tornando agli aspetti concreti, una volta la promozione dell'evento si faceva solo prima dell'evento, invece oggi, a differenza del passato, quando ci sono le condizioni – nel caso di un evento in diretta che può generare quel tipo di attività; è chiaro che non si può fare con tutto – si riesce a portare pubblico anche mentre l'evento avviene. Questo – per venire alla risposta concreta – è un modo per farlo. Ovviamente, siamo ancora nella fase in cui ci stiamo organizzando. È molto positivo che ci sia il segnale della relazione tra il ritornare a essere servizio Pag. 12universale e l'uso di questo tipo di linguaggio e di piattaforme. Infatti, riusciamo a prendere pubblici che stavano facendo altro, quindi se si riesce a intercettare quello che stanno facendo abbiamo buoni risultati. Mentre c'era il Festival di Sanremo, che è servizio pubblico, venerdì sera abbiamo aperto una finestra del TG2 per raccontare l'incontro tra il Papa e il Patriarca di Mosca. Anche quello è servizio pubblico, fatto in contemporanea. Lo stesso sabato, a Berlino, abbiamo presentato il film di Rosi Fuocoammare sul tema dell'immigrazione, che è stato ricevuto molto bene. È l'unico film italiano in concorso, coprodotto da Rai Cinema. Incrociamo le dita; sappiamo che è molto difficile vincere Berlino, ma abbiamo già avuto un impatto su un tema molto delicato, estremamente contemporaneo, attraverso il racconto delle emozioni delle persone che si trovano a incrociare quotidianamente il problema dell'immigrazione. In queste sere sicuramente qualcuno di voi avrà visto Io non mi arrendo, la fiction che ha come protagonista Beppe Fiorello, sulla figura di Roberto Mancini e del suo ruolo importante nel raccontare perché una determinata terra è poi diventata «Terra dei fuochi». Anche in queste due serate l'ascolto medio – come avete probabilmente notato – è stato molto elevato; in entrambi i casi molto più di 7 milioni di persone. Ecco, questo è servizio pubblico. Non serve cercarlo chissà dove.
  Ugualmente, è servizio pubblico andare a ripescare un elemento identitario per il Paese che è Rischiatutto. In quel momento, infatti, la televisione era molto più identità collettiva rispetto a oggi. Possiamo avere alcuni elementi di consumo collettivo, ma è difficile ricreare l'identità collettiva attraverso la televisione. Anche qui, come si fa ? Si prende un programma e si cerca di trasformarlo in un'operazione aziendale. Rischiatutto è partito qualche giorno fa su Raitre, peraltro molto bene, con una striscia che racconta coloro che vogliono essere concorrenti, per poi fare due serate su Raiuno. Questo perché Rischiatutto è un pezzo dalla nostra storia, quindi non può essere vissuto solo da un programma televisivo. Vedremo poi i risultati, che non vi so ancora dire. Cercheremo tuttavia di inserire l'elemento del racconto fuori dalla televisione per provare a portare pubblico che non è solamente quello televisivo.
  Questi sono solo alcuni esempi su come lavorare, proprio perché siamo in una fase in cui cerchiamo di dare forma concreta alle cose che vi abbiamo raccontato.
  È chiaro che ci sono operazioni più strutturali. Vi ho raccontato della piattaforma di distribuzione dei contenuti che stiamo mettendo in piedi. In quel caso però anche riguardo agli investimenti, la digitalizzazione di centinaia di migliaia di file necessita un tempo più lungo, ma ci arriveremo – è solo una questione di tempo – sempre nell'ottica di servire il pubblico, che è il nostro vero azionista di riferimento. Continueremo a fare questo. Come dico sempre anche rispetto alla piattaforma di distribuzione video, la nostra è innanzitutto un'attività che dà valore al canone, quindi gratuita. È per questo che, avendo lavorato molto anche all'estero, rispetto alle risorse – e vengo a un altro pezzo della domanda del senatore Rossi – se vedo quello che oggi forniamo come servizio pubblico e quello che chiediamo come canone, credo che sia difficile riuscire a trovare un'altra comparazione con altri servizi pubblici, almeno sulla quantità (invece sulla qualità siamo migliorabili e dobbiamo farlo ogni giorno). Veniva citato il servizio tedesco. Ebbene, cambierei domani mattina se ci venissero dati gli 8 miliardi di euro che vengono dati al servizio tedesco. Insomma, 8 miliardi di euro per finanziare il servizio pubblico sono una cosa rilevante. Ora, al di là delle battute, intendo dire che non si possono prendere a paragone solo pezzettini di altri servizi.
  Abbiamo la convinzione che davanti a noi c’è una strada in cui dobbiamo dimostrare di valere ciò che chiediamo. Su questo verremo giudicati. Credo, comunque, che questi siano alcuni buoni esempi.
  Un tema che era stato sollevato era quello dei canali tematici e in particolare del rapporto costo-risultato. Ho chiesto di fornirmi alcuni dati: in questo momento le Pag. 13nostre reti specializzate – quindi tutto quello che non è Raiuno, Raidue e Raitre – incidono, dal punto di vista del volume complessivo di ascolto, per il 6,9 per cento sul totale del 37,2 per cento di ascolti che abbiamo fatto nel 2015. Rispetto alla proporzione dei costi, però, abbiamo una quota molto inferiore. Questo vuol dire che in alcuni casi è più conveniente prendere l'ascolto marginale frammentando la proposizione editoriale, il che è anche un modo per servire meglio i diversi pubblici. Dopodiché, è chiaro che ci deve essere un'interlocuzione formale con le istituzioni che, nel momento in cui viene fatta la concessione, possono dirci cosa fare e cosa no. Questo è giustissimo perché per chi guida il servizio pubblico è importante avere un mandato che abbia ambizioni e limiti. Per questo, per qualunque servizio pubblico il percorso di definizione della missione è necessariamente dialettico e interattivo.
  Gli onorevoli Pisicchio, Peluffo e altri sono intervenuti in merito al Piano di informazione, che lascio a Carlo. Mi preme dire soltanto – visto che la questione è emersa anche oggi – che il tema non è arretrare, bensì avanzare. La ragione per cui mi sono preso la responsabilità di dirvi che quella non è la strada giusta e che va ripensata, per cui chiesi al board di istituire la direzione editoriale (a questo riguardo, sono contento che Carlo Verdelli abbia accettato la sfida) è perché oggi siamo in un momento di forte trasformazione. Il tema è affermare il nostro ruolo di servizio pubblico attraverso l'informazione, pensando al futuro. A questo proposito, citavo l'efficienza e l'efficacia. È chiaro, infatti, che l'efficienza è importante in un servizio pubblico, ma se l'efficacia viene persa l'efficienza non serve più. Quindi, dobbiamo riuscire a essere centrali nell'informazione oggi e domani. Ovviamente, questo deve portare anche efficienza. Lascio il tema a Carlo.
  Passo alla domanda dell'onorevole Anzaldi rispetto alle troupe. Abbiamo già fatto uno sforzo, e con i direttori di testata abbiamo trovato un modo per evitare le duplicazioni, quantomeno, appunto, a livello delle troupe e sul piano giornalistico, con un meccanismo di rotazione che abbiamo continuato a praticare, ma che abbiamo definito essere di transizione per passare poi a un modello in cui, agendo sulla definizione delle missioni delle diverse testate, diventi più automatico capire chi fa che cosa. Credo che sia un'indicazione giusta, ma è una soluzione a breve termine, che non vuole essere di lungo periodo, quindi troverà altre forme nel tempo.
  Passo alla domanda del senatore Airola rispetto all'autonomia dalla politica. Anche oggi è emerso questo punto, anche riguardo alla questione delle nomine. Ecco, siccome al centro ci sono i cittadini, credo che il tema principale per noi sia quello di servirli bene. Sotto questo aspetto, c’è la nuova legge. Come sapete, il potere è responsabilità, soprattutto quando si deve raccontare e rappresentare la comunicazione di un servizio pubblico. Come nel caso della proposta di Verdelli, anche oggi – in realtà è domani perché oggi c'era un pre-consiglio – mi sono assunto la responsabilità di chiedere al consiglio la nomina di alcune persone sulla base di un principio di pluralismo culturale (ho gradito questo aspetto a cui faceva riferimento l'onorevole Lupi). Si tratta, infatti, di un rinnovamento basato sulle competenze. La vera cesura rispetto al legame con la politica e ai partiti, di cui parlava il senatore Airola, che avviene in questo momento, è legata al fatto che stiamo prendendo persone competenti in modo tale che il rinnovamento sia basato su questo, che deve riguardare ogni singolo pezzo del nostro universo, che è molto ricco (radio, TV, internet, ecc.) affinché ciascuno possa rappresentare una parte di questo ragionamento editoriale, al punto che tutti si sentano rappresentati. La rappresentazione non deve essere però una spartizione tra coloro che guidano questi pezzi, bensì la loro somma, gestita da persone che sappiano fare quel mestiere, in modo che ognuno si senta, appunto, rappresentato, senza che vi sia una relazione diretta. Ecco, credo che sentiamo questa responsabilità positiva e che sia Pag. 14proprio questo il momento che stiamo vivendo. È chiaro che starà a noi riuscire a esserne all'altezza. Saremo giudicati per questo, ma va bene così perché è esattamente quello che la legge che avete approvato ci chiede.
  Dunque, rispetto a interni ed esterni, è stato fatto un ragionamento partito dal posizionamento della Rai e dalla valutazione dei progetti su ogni singola rete. Questo spiega perché alcune persone sono state spostate: perché sanno fare bene determinati mestieri. Sotto questo aspetto, sono molto ottimista rispetto al fatto che riusciremo a fare bene. Abbiamo cercato di prendere persone – è sufficiente vedere i curricula che saranno pubblicati domani – che potranno interpretare la missione dei vari pezzi, cosa che, tra l'altro, va a calarsi nel Piano industriale e che, quindi, condivideremo con voi entro qualche settimana. È anche vero che, essendo ancora in costruzione e avendo noi una natura duplice di servizio pubblico con un'anima commerciale, questa diventa un'informazione sensibile, per cui arriveremo qui nel momento in cui abbiamo completato il processo di costruzione. Insisto, però, sul fatto che facciamo bene il nostro mestiere quando riusciamo a far sì che ogni pezzo del nostro universo abbia una missione chiara, significativa, definita e non sovrapposta alle altre. A quel punto vuol dire che non stiamo buttando via le risorse, cosa che accadrebbe nel momento in cui facessimo in due pezzi diversi due cose uguali.
  Un'altra domanda dell'onorevole Anzaldi riguardava la rappresentazione del mondo femminile, in generale nei talk show. Avendo lavorato molto anche in passato su questo, credo che sia un tema e che uno dei modi per risolverlo sia introdurre sensibilità. A me ha stupito apprendere in questi giorni – a memoria non lo ricordavo per cui pensavo che in passato ci fossero stati – che domani porteremo la nomina di due direttori donna in un'azienda che non ne ha mai avuti.
  A proposito di risorse interne, domani proporremo a capo della rete ammiraglia, che è l'architrave che tiene tutto, una persona che ha un bellissimo percorso interno, che ha 16 anni di esperienza in Rai e ha meno di 40 anni, cosa che non era mai successa prima.
  Ecco, voglio dire che questi nomi sono la chiara forma della nostra ambizione di rinnovamento attraverso le competenze. Poi, il tempo giudicherà le nostre capacità, ma credo che le intenzioni che sono dietro a queste azioni siano evidenti.
  Il senatore Ranucci chiedeva delle società di produzione e del rapporto con il territorio rispetto alla fiction. Qui, il tema riguarda in generale l'audiovisivo italiano ed è molto importante. Se ne avrete voglia, credo che meriti una sessione ad hoc perché è uno dei pezzi centrali di questo discorso. Siamo il più grosso produttore di immaginario italiano attraverso la fiction. Questa è una delle cose che ci sta definendo. Oltre a questo, c’è anche un tema legato a un disegno di legge di cui ho letto sui giornali, ma che prima o poi prenderà forma e che riguarda il fatto che ci saranno ancora più risorse dedicate a questo. Ora, queste due cose necessitano un ragionamento sull'industria che c’è dietro. Questo compito – che è vostro, perché noi siamo utilizzatori dell'industria – deve essere animato dalla volontà di riuscire a capire quale sia l'obiettivo finale, cioè se il nostro racconto debba essere fatto in modo che possa anche valicare i confini e quindi debba avere società che abbiano le spalle abbastanza robuste da poterlo fare. Credo che questo sia importante perché è centrale nel sistema del racconto. Infatti, il racconto della fiction ha tantissimi vantaggi (come la ripetitività o il fatto di poter viaggiare), mentre il modo dell'intrattenimento ha un valore che tendenzialmente finisce con la messa in onda e non è esportabile, se non per i format, ma noi siamo un grande importatore di format, quindi non abbiamo questa possibilità.
  Sugli sport invernali – domanda del senatore Crosio – provo a dire velocemente quali eventi trasmettiamo come Rai (peraltro, anch'io ricordavo che avevamo molto sci): coppa del mondo, mondiali e coppa Europa di sci alpino, coppa del mondo e mondiali di sci nordico; coppa Pag. 15del mondo di freestyle, coppa del mondo di snowboard, coppa del mondo di biathlon, coppa del mondo e mondiali di bob a due, bob a quattro e molto altro. È una lista lunga, quindi credo che lo stiamo coprendo molto bene. Non so se la domanda fosse su quella specifica gara, ma, tornando al ragionamento del rapporto sport, Rai e canone, se facessimo un'analisi comparativa dei servizi pubblici rispetto a quanto facciamo in tema di sport, credo che troverete delle sorprese molto positive rispetto alla quantità. Sul trattamento dello sport stiamo in ogni caso lavorando.
  Passo al senatore Ciampolillo rispetto al tema del GR Parlamento, che nasce nel 1998 – leggo perché anch'io ho trovato interessante la sua domanda – «sulla base delle specifiche disposizioni dell'articolo 14 del contratto di servizio 1997-1999 che, sul tema, richiamava le previsioni dell'articolo 24 della legge Mammì del 1990. Sul tema è poi intervenuta la legge 11 luglio 1998, che all'articolo 1, comma 2, prevede che la rete radiofonica dedicata ai lavori parlamentari non può essere ampliata». Stiamo offrendo un servizio che, dal punto di vista della distribuzione del segnale, non può essere ampliato. Riguardo al fatto del sabato e della domenica, in assenza di sedute parlamentari usiamo la musica con l'obbiettivo di non perdere la consuetudine del pubblico: la continuità di ascolto aiuta !

  LELLO CIAMPOLILLO. Non si possono fare delle repliche ? La musica invece va bene ?

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. Non sto dicendo che non sia migliorabile: il confronto serve proprio a questo. Per ciò che concerne il Mux 1 e i luoghi dove non si arriva, abbiamo il 99,7 per cento di copertura, uno dei valori più alti in azienda. Siamo probabilmente nell'ambito dello 0,3 per cento in meno. È vero che il digitale terrestre in alcuni casi non è riuscito a coprire tutto, ma il nostro Mux 1, anche per quantità di investimenti, è uno dei fiori all'occhiello della Rai. Sugli altri Mux sappiamo che non è semplice per nessuno coprire dappertutto, ma il Mux 1 è il sistema di distribuzione più capillare che c’è oggi in Italia.

  LELLO CIAMPOLILLO. Quanto costa ai cittadini GR Parlamento per ascoltare la musica.

  PRESIDENTE. La domanda è legittima. Se non arriva la risposta, può proporre un'interrogazione.

  ANTONIO CAMPO DALL'ORTO, direttore generale della Rai. Dovremmo contestualizzare e capire, quando faremo i servizi, i limiti posti alla possibilità di ampliare la copertura.
  L'onorevole Anzaldi chiedeva dei talk show. Spero di aver risposto, almeno dal punto di vista strutturale.
  Sulle foibe risponderà Carlo Verdelli, visto che se n’è occupato.
  Sui referendum sulle trivellazioni, c’è una norma che stabilisce che dobbiate essere voi a dirci come si fa la comunicazione sui referendum, quindi la stiamo aspettando; appena ci arriva la applichiamo. È un meccanismo che ci consente di non incorrere in errori quando si tratta, appunto, di referendum. Le altre cose sono già disciplinate, ma su questo punto specifico aspettiamo ben volentieri le vostre indicazioni.
  Riguardo al meccanismo di nomina, usiamo il job posting ogni qual volta sia possibile. È uno strumento molto bello e molto trasparente, se si vogliono prendere persone interne. In questo momento stiamo ultimando il job posting per le redazioni di Palermo e di Firenze. Per scegliere il capo delle redazioni giornalistiche di queste due sedi è stato fatto job posting, sono state fatte selezioni e adesso Carlo sta vedendo le persone. Tuttavia, nel momento in cui si accede al mercato esterno è importante sapere che non è uno strumento altrettanto efficace perché la trasparenza viene garantita o da selezioni che includano molti soggetti, con un soggetto terzo che fa le selezioni, o, nel caso di posizioni apicali, dalla visibilità. Le due nomine di esterni che porterò domani Pag. 16sono visibili a tutti. Chiunque potrà dire se sono adeguati o meno, ma non si potrà affermare che non è stato detto come si è fatto.
  Dunque una combinazione tra job posting e selezioni accurate e trasparenti per dare accesso a persone che il job posting non utilizzerebbero, perché impegnate in altri lavori e in altre aziende, e che si troverebbero in difficoltà a dichiarare di partecipare a una selezione per un'azienda terza.

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa, ma ci sono le comunicazioni del Presidente del Consiglio prima al Senato e poi alla Camera. Devo quindi sospendere i lavori della Commissione. La prossima volta proseguiremo con le risposte, soprattutto con l'esposizione relativa alla parte editoriale.
  Ringrazio i nostri ospiti e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.25.