XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 64 di Giovedì 15 ottobre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione di Manuela Fasolato, nella qualità di ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo.
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Fasolato Manuela , ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo ... 3 
Bratti Alessandro , Presidente ... 4 
Fasolato Manuela , ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo ... 4 
Bratti Alessandro , Presidente ... 5 
Fasolato Manuela , ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo ... 5 
Bratti Alessandro , Presidente ... 5 
Fasolato Manuela , ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo ... 5 6 
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 
Fasolato Manuela , ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo ... 6 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 7 
Fasolato Manuela , ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo ... 7 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
Fasolato Manuela , ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
Fasolato Manuela , ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo ... 8 
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 
Fasolato Manuela , ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 
Fasolato Manuela , ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo ... 9 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 9 
Fasolato Manuela , ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo ... 9 
Bratti Alessandro , Presidente ... 10 
Cominelli Miriam (PD)  ... 10 
Fasolato Manuela , ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo ... 10 
Cominelli Miriam (PD)  ... 10 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Fasolato Manuela , ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo ... 12 
Puppato Laura  ... 12 
Fasolato Manuela , ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo ... 12 
Puppato Laura  ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 13.40.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito)

Audizione di Manuela Fasolato, nella qualità di ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della dottoressa Manuela Fasolato, nella qualità di ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo, che ringrazio per la sua presenza. Oggi la dottoressa Fasolato ricopre la carica di sostituto procuratore presso la procura generale di Brescia. Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti e delle bonifiche.
  L'audizione odierna rientra nell'ambito degli approfondimenti in corso di svolgimento sul tema delle bonifiche e sul ciclo dei rifiuti nella regione Veneto e ha ad oggetto le vicende che hanno caratterizzato la centrale Enel di Porto Tolle, oltre ad eventuali, ulteriori attività di interesse della Commissione.
  Abbiamo seguito altre situazioni riguardanti illeciti amministrativi, riguardanti, per esempio, il tema delle emissioni; abbiamo fatto ciò con l'ILVA e adesso stiamo conducendo un approfondimento sulla centrale di Vado Ligure, a Savona. Fondamentalmente, però, siamo tenuti a lavorare, secondo la legge, sul tema del ciclo dei rifiuti e delle bonifiche. In particolare, la vicenda di Porto Tolle ci interessa anche per il fatto che Enel ci ha detto, in seduta formale, che quell'impianto è in fase di smantellamento, per cui stiamo cercando di capire quali procedure si stiano attivando posto che l'impianto non è piccolo. Ciò è motivo di interesse per questa Commissione, anche in considerazione del lavoro di approfondimento che stiamo portando avanti su tutta la regione Veneto in tema di rifiuti e bonifiche. Avverto la nostra ospite che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta. La dottoressa Fasolato ci ha mandato un appunto con le principali attività che lei ha fatto durante quel periodo. Le chiederemmo, quindi, di illustrarci il quadro generale; poi, eventualmente, i commissari le porranno delle domande.

  MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale Pag. 4di Rovigo. Il quadro lo faccio innanzitutto, come richiesto, sui processi della centrale o su tutti gli altri procedimenti ?

  PRESIDENTE. Su quei procedimenti che lei ha seguito e che interessano la regione Veneto, in particolare quelli che ritiene più consoni all'attività della nostra Commissione.

  MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo. Sulla regione Veneto i procedimenti ambientali che ho seguito sono stati molti: forse i più rilevanti sono stati questi tre, che hanno riguardato la centrale ENEL. Mi riferisco anche a una relazione, che è agli atti della Commissione, sui procedimenti, laddove ci sono quattordici anni di processi, iniziati nel 2000 e finiti nel 2014. Questi sono tutti procedimenti che hanno visto sentenze di condanna per danneggiamento ambientale con peggioramento di emissioni – vi è un primo processo e un secondo processo che ho archiviato – che riguardava possibili correlazioni tra emissioni – in particolare nanoparticelle – e l'insorgenza di malattie specifiche di una serie di persone che avevano presentato esposti e denunce in procura. L'archiviazione è intervenuta su ipotesi di omicidio colposo e lesioni colpose perché non era provato il nesso causale, laddove, pur essendo provata la causalità di carattere generale, non era provata la causalità individuale. Ho utilizzato gli atti del primo e del secondo processo per poi partire con il terzo processo perché, in seguito a queste denunce, era emersa un'ipotesi di reati contro la pubblica incolumità, in particolare reati di disastro, per cui è intervenuta la terza sentenza – che è recente – del 2014, una sentenza di condanna degli amministratori delegati di Enel S.p.A. ai sensi dell'articolo 434, comma 1, anche se io avevo contestato pure il comma 2 (atti diretti a commettere il disastro sotto il profilo dell'accertamento del pericolo per la pubblica incolumità). I procedimenti a carico dell'Enel iniziati nel 2000 sono cominciati quando la centrale era in servizio, dagli anni ’80 (esattamente dal 1984); fino ad allora vi erano stati dei decreti penali. Ricordo che nel 2000 ho riunito una serie di denunce varie, ho acquisito tutti i piani di ambientalizzazione presso il Ministero e ho cominciato a verificare con delle consulenze come non fosse stata fatta un'ambientalizzazione, non fossero state utilizzate le migliori tecnologie disponibili, sebbene Enel avesse a disposizione una legislazione che consentiva di emettere con dei limiti favorevoli. Tutta la normativa, che è richiamata con precisione nella relazione, aveva infatti concesso delle proroghe per cui, sino a dicembre 2002, Enel poteva emettere con dei limiti che non rispettavano ancora il DM del 1990, che per l'ossido di azoto e le polveri abbassava i limiti previsti in precedenza. Gli amministratori delegati di Enel sono stati condannati sul presupposto che, sebbene avessero una legislazione che consentiva di emettere in proroga, in virtù della normativa, anche europea, avevano l'obbligo di rispettare e di ambientalizzare secondo le migliori tecnologie disponibili e non lasciare, invece, per ultima nel loro parco energetico la centrale più grande d'Europa – 2640 megawatt – in un ambiente delicato e prezioso come quello del delta, che è la zona umida più grande d'Europa. Dopo la prima sentenza di condanna l'impianto accusatorio e le responsabilità dell'Enel sono state confermate in Cassazione con una sentenza del 2011 – la prima sentenza è del 2006 – che ha ribadito, sia pure con dichiarazione di prescrizione dei reati, la responsabilità degli amministratori delegati per una serie di inadempienze e ha rimandato per i risarcimenti a una decisione in sede civile. Nel 2014 è intervenuta anche la sentenza in sede civile della Corte d'appello, che ha ricostruito i fatti nello stesso modo. Come sapete, infatti, quando interviene una sentenza di prescrizione, se c’è uno stralcio in sede civile, il giudice civile potrebbe ricostruire diversamente i fatti, laddove invece si sono ricostruiti i fatti Pag. 5nella stessa maniera, individuando le responsabilità e avendo determinato il quantum dei risarcimenti. Nel processo che ho seguito di recente – perché ho avuto le applicazioni extradistrettuali da Brescia – avevo fatto le indagini, ho fatto le udienze preliminari e ho fatto anche il dibattimento. Nel dibattimento, che è durato parecchie udienze, erano costituite numerosissime parti civili, praticamente tutti gli enti territoriali, i quali, però, hanno concluso delle transazioni con Enel in corso di giudizio, per cui la sentenza di condanna arriva a determinare dei risarcimenti per le parti civili, ma solo quelle che sono rimaste costituite in quanto non hanno voluto fare transazioni con Enel. La cosa importante di questa sentenza è che, oltre a riconoscere una responsabilità secondo l'articolo 434, comma 1, utilizzando tutti gli atti di indagine del primo processo e quindi partendo dai pilastri del primo processo confermati in Cassazione, a un certo punto, quando deve determinare il quantum di condanna, si stabilisce una sorta di rimessione in pristino. Si prevede, quindi, una condanna il cui quantum pecuniario non è elevato, ma che però contiene un ordine di rimessione in pristino ben difficile per un territorio di quel genere, posto che la fotografia emersa a seguito delle consulenze è una fotografia degli anni in cui la centrale andava con emissioni pesanti, fino al 2005, laddove dal 2005 al 2009 è rimasta una contestazione, sono rimaste delle emissioni ma, ovviamente, in misura minore. Nel frattempo, infatti, erano intervenute delle normative che obbligavano Enel ad adeguare parzialmente i propri impianti e, soprattutto, ad abbassare il tetto delle emissioni utilizzando un combustibile che non avesse più una percentuale di zolfo pari al 3 per cento, ma che fosse sotto l'1 per cento, il famoso STZ anziché MTZ, cioè senza tenore di zolfo. Il danno sul territorio è quello del totale, pesante impoverimento della biodiversità per via del bioaccumulo. Ora c’è una ripresa, perché da quando la centrale ha cominciato ad emettere di meno, cioè dal 2005 in poi, ho fatto, insieme ai consulenti e anche utilizzando l'ARPA, una sorta di bianco: quando la centrale non emetteva più, dopo il 2009, abbiamo fatto una consulenza che potesse servire in termini di confronto con quelle fatte negli anni precedenti (avendo la possibilità di utilizzare le consulenze che avevo disposto negli anni 2000). Questa è la situazione nel processo Enel, che è ovviamente sub iudice ed impugnato sia dalle difese che dalla Procura perché è intervenuta un'assoluzione per il comma 2 del 434, cioè il disastro avvenuto sotto il profilo dell'aumento dei ricoveri, ma è intervenuta anche un'assoluzione di uno degli amministratori delegati, tale Conti, che è subentrato nel 2005 ma solo sotto il profilo dell'elemento psicologico, con la motivazione che, a giudizio della pubblica accusa, ciò contrastava con altre parti in cui si poteva avere spazio per un appello. Adesso deciderà la Corte d'appello di Venezia.

  PRESIDENTE. Al di là di altre domande che le verranno fatte dopo, il tema della rimessione in pristino su che basi poggia ?

  MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo. È tutto da vedere perché c’è una condanna – ho mandato alla Commissione la sintesi della sentenza, oltre alla sentenza integrale – per cui è previsto che nella filosofia delle norme ambientali, soprattutto dopo il Testo unico del 2006, si debba preferire...

  PRESIDENTE. Questo può andare bene se uno ha una discarica !

  MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo. Pensare come concretamente fare questa remissione in pristino è difficile, però prevedere che in un ambiente così pesantemente inquinato ci sia un obbligo di intervenire materialmente sul territorio con possibili piani di caratterizzazione, probabilmente è un segnale Pag. 6che rispetta maggiormente la filosofia ambientale. Come sia possibile farlo lo rimetto ai consulenti tecnici, che avranno delle idee concrete su come ciò sia possibile, però il territorio si è già ripreso perché ho appreso, imparando a fare ambiente in tutti questi anni, che c’è la resilienza, cioè la possibilità del territorio di rifarsi: è difficile che ci sia un degrado irreversibile. Anche per questo la nuova norma sul disastro ambientale, fortunatamente è stata cambiata e non prevede più solo i disastri irreversibili del territorio, perché altrimenti sarebbe difficile...

   PRESIDENTE. È difficile ravvisare il disastro irreversibile !

  MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo. Esatto. Se volete, posso passare al resto.

  PRESIDENTE. Sì, se ci fa un excursus, poi le porremo delle domande.

  MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo. Gli altri procedimenti di rilievo sono in scaletta. C’è stato un procedimento che ha portato anche all'inserimento della zona di Mardimago nei siti di interesse nazionale per l'accumulo di fluff inquinato con sostanze allora qualificate tossico-nocive, che andava in autocombustione. C'era stata una fuga di acroleina e, quindi, avevo contestato, oltre all'incendio e a varie contravvenzioni, un'ipotesi di disastro. Alla fine c’è stata un'impugnazione da parte mia perché la sentenza di condanna era intervenuta sull'incendio e aveva qualificato giuridicamente il fatto non come disastro, quindi ho impugnato; la Corte d'appello, giuridicamente, ha detto che era un disastro: c'era un problema dato dal ritenere che il disastro c’è anche quando c’è il pericolo dell'evento e quindi non serve l'evento. Siccome c'era stata una fuga che aveva lambito alcune abitazioni senza causare danni seri e lesioni, il giudice di primo grado aveva ritenuto questo ma, poiché la giurisprudenza va nell'altro senso, la Corte d'appello ha qualificato il disastro e la Corte di Cassazione ha confermato ciò. Un altro procedimento rilevante è stato quello riguardante i furti e i danneggiamenti di sabbia dei tre fiumi Adige, Po e Brenta, con molti reati contro la pubblica amministrazione, i quali hanno coinvolto anche figure di rilievo dell'Aipo, del Genio Civile, nonché tre province (Rovigo, Verona e Padova), ma il processo è ormai datato. Poi ho fatto quello relativo alla subsidenza delle estrazioni. Questo processo, che mi è costato molta fatica, dal 2000 al 2005, era partito perché, a un certo momento, nel nostro territorio – noi siamo davanti al delta – era stata annunciata l'estrazione da parte dell'ENI di due giacimenti che si trovavano a circa 11 miglia davanti alla costa, Naomi Pandora e Irma Carola: sul primo c'erano già le piattaforme, sul secondo no. Il problema era che questi due giacimenti lambivano il confine del Po di Goro e, secondo gli accordi intervenuti con la Regione Veneto, il Governo e anche l'ENI, era stata fatta una zona di inibizione, il cosiddetto decreto Ronchi che inibiva le estrazioni tra il Tagliamento e il Po di Goro. Questi due giacimenti erano appena oltre il limite, però dalle indagini si è evinto che gli acquiferi potevano lambire la zona vietata. Avevo utilizzato dei consulenti molto esperti in materia, il dottor Ricceri, il professore Schleffer, Zambon e Nusengo (questi ultimi due nel frattempo sono morti, così come successo anche nel processo dell'Enel, dove è morto uno dei miei consulenti, Tomatis, il direttore dello IARC, la cui buona consulenza è stata utilizzata in tutti e tre i processi). Questa vicenda dimostra che i tempi della giustizia sono lunghi, gli anni passano e le situazioni cambiano. Questi quattro consulenti avevano tracciato un quadro, laddove la subsidenza, fenomeno pacifico, collegato con le estrazioni ed irreversibile, avrebbe creato comunque dei problemi – che loro avevano identificato – alle fognature, alla Pag. 7navigazione, al ripascimento delle coste, quindi con modifiche dannose per il territorio.
  In seguito a questo, oltre che contestare dei reati ai responsabili dell'ENI, avevo anche chiesto due sequestri, che mi sono stati dati e confermati in Cassazione: per Naomi Pandora e Irma Carola. ENI poi ha rinunciato alle estrazioni in Irma Carola, quindi abbiamo revocato il sequestro perché ha dichiarato ufficialmente agli atti che rinunciava all'estrazione. Dato che l'inchiesta era molto rilevante e il materiale investigativo che avevo acquisito a San Donato Milanese, che è la sede dell'ENI, comprendeva una serie di progetti che riguardavano la nostra zona, con i consulenti abbiamo fatto delle verifiche anche per altri progetti di estrazione ed estrazioni in corso (come tutte le società energetiche l'ENI si muove dapprima con dei prospetti di ricerca e poi con delle estrazioni su quanto ha scoperto sul territorio). C'era tutta la zona del Veneto con il cosiddetto Progetto Alto Adriatico, che riguardava 19 giacimenti, che però erano oltre il limite del Ronchi e, comunque, ENI non aveva avviato (ma era solo un progetto, che però preoccupava non poco la zona di Chioggia e di Venezia); poi c'erano tutti gli altri progetti e le estrazioni in corso nella zona del ravennate; lì il professor Nosengo, geologo molto esperto di questa materia nella zona di Genova, aveva ritenuto che, così come c'erano stati dei problemi prospettati in maniera chiara dai consulenti, soprattutto Schleffer e Riccioli, per la zona di fronte al delta, zona maggiormente sensibile, gli stessi potevano esserci per il Reno, anche perché tra i giacimenti uno era molto delicato, Angela Angelina, praticamente sotto i piedi dei ravennati; poi c'era Dosso degli Angeli, nella zona delle Valli di Comacchio, senza contare tutti gli altri off-shore. Nel corso di queste indagini ho fatto anche una perquisizione a Novara per verificare un'ipotesi di lavoro, che poi è naufragata, ossia se le cartografie dell'ENI corrispondessero alla realtà. Un giacimento con tutti gli acquiferi sotterranei viene infatti fotografato da chi ha i mezzi per farlo e l'unico è l'ENI, quindi ero andata a fare una perquisizione a un server di Novara perché lì c'era una società in cui l'ENI aveva esternalizzato delle cartografie. Ci sono stati dei problemi perché sono spariti dei file di log; l'ENI ha fatto anche un audit all'interno, in cui ha ricostruito i fatti ma l'indagine è finita nel nulla per quanto riguarda quello stralcio di ignoti, cioè per verificare cosa fosse successo.

  ALBERTO ZOLEZZI. A Novara ?

  MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo. A Novara. Ricordo che sono andata a Novara con i carabinieri del NOE di Venezia per questa perquisizione con sequestro di un server e ho affidato le verifiche a un consulente informatico, dove appunto c’è stato questo problema di cancellazione di file di log. Se le cartografie corrispondevano o meno è rimasto un punto di domanda, ma non ho assolutamente la prova che ci sia stata un'alterazione delle cartografie, anzi l'ENI ha depositato un audit in cui ha ricostruito i fatti di questa cancellazione da parte di hacker dei file di log in un'altra maniera. Tornando alla questione principale dei consulenti, che stabilivano e che dicevano che questa subsidenza aveva degli effetti gravi sul territorio, avevo chiesto, allora, i sequestri – e li ho ottenuti dal giudice, poi confermati in Cassazione – di Dosso degli Angeli. Per Angela Angelina il GIP me lo aveva dato in primo grado ma il tribunale di Rovigo, in sede di riesame, non ha confermato il sequestro preventivo emesso dal GIP. Siamo arrivati all'udienza preliminare con delle contestazioni che riguardavano reati vari, il cui succo era che la subsidenza causava danni al territorio; abbiamo superato – la procura di Rovigo e la sottoscritta come pubblico ministero – più di un'udienza con tutti gli avvocati di ENI; c'erano parecchi amministratori e funzionari imputati e gli avvocati hanno Pag. 8chiesto un'incompetenza territoriale, invocando la competenza di Ravenna. Il GUP, allora, l'ha respinta, ritenendo che la competenza fosse della procura di Rovigo sulla base delle regole del codice di procedura, che prevede di assegnare l'incarico al primo che indaga e poi tutta una serie di altri dati e questioni tecniche. Siamo arrivati al dibattimento e i legali dell'ENI hanno riproposto questa eccezione di incompetenza territoriale per portare il processo a Ravenna; questa volta il tribunale ha accolto l'eccezione e quindi tutto il processo è andato a Ravenna; come prevede il nostro codice, questo non va, ovviamente, al tribunale, anche se eravamo in fase di dibattimento, ma ritorna al PM in fase di indagine e il PM ha chiesto l'archiviazione. Il GIP ha dato quindi l'archiviazione e io ho mandato alla Commissione, come chiesto, sia i miei atti, cioè l'avviso del 415 bis (data la delicatezza avevo fatto un avviso motivato), sia il decreto di archiviazione del GIP di Ravenna che archivia, restituendo all'ENI gli impianti sequestrati. Il succo della sua motivazione è che la subsidenza è sicuramente un fenomeno che esiste, è irreversibile ma, secondo quello che risultava dalla Commissione Boschi, una Commissione di esperti nominata dall'ENI, era di poco conto anche se irreversibile e non aveva il potere di intaccare problematiche serie per il territorio. L'altra argomentazione dell'ordinanza è che, di fronte ai massimi esperti interpellati dalla difesa e dall'accusa, il dibattimento non avrebbe sortito alcun esito. Quello si è chiuso quindi in questa maniera. Ho avuto altri procedimenti che riguardavano una serie di terre e rocce da scavo in sede, laddove il campionamento con la diossina è stato trovato in sede, cioè nelle terre mantovane, nella sede di Enipower, ma erano state portate nella zona del Polesine, circa 5.000 metri quadri, in una zona golenale.

   PRESIDENTE. Queste sono sostanze terrose che sono state trasferite quando hanno fatto gli scavi per fare la centrale dentro il petrolchimico di Mantova ?

  MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo. Non so se fosse la zona del petrolchimico, ma erano dei lotti.

  PRESIDENTE. Ho letto che nel testo che ci ha mandato si parla della centrale Enipower di Mantova.

  MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo. Però non so se era tutta la zona del petrolchimico, perché solo alcuni lotti erano...

  PRESIDENTE. Probabilmente era nella zona di escavazione, dove hanno fatto le fondamenta per fare la centrale e quella terra che vi è stata portata era probabilmente contaminata.

  MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo. Sì, lì ci sono state delle consulenze tecniche che avevano qualificato queste terre e rocce da scavo, ma anche dei campionamenti fatti in sede; mi preme dire, per correttezza di ricostruzione, al di là del fatto che potete comunque chiedere le carte processuali, che i conferitori nel territorio polesano non erano solo le terre che venivano da lì; nel capo d'imputazione, quando ho mandato avanti tutte le varie contravvenzioni, ho messo la quantità di chili che spettava a ciascun conferitore e c'erano anche altri che avevano conferito terre e rocce da scavo provenienti da altri settori. Il processo è andato sostanzialmente male perché tutte le contravvenzioni sono state prescritte; erano parecchi e avevo fatto anche un'imputazione che riguardava un funzionario del settore ambiente per una sorta di revoca di atti, su cui avevo ipotizzato l'abuso d'ufficio, ma è stato assolto.

  PRESIDENTE. Questi del Veneto sono i principali, però noi siamo stati anche a Brescia, dove, mentre guardavamo il tema del sito di interesse nazionale, abbiamo Pag. 9anche guardato se ci fossero altre situazioni che interessavano la nostra Commissione.

  MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo. A Brescia, ovviamente, non li ho seguiti; sono a Brescia in procura generale dal 2 agosto 2012, quindi me ne sono occupata solo in secondo grado, nel senso che ho vistato le sentenze di primo grado per i futuri appelli: uno è relativo al sito dell'ex Montedison. L'indagine originaria ipotizzava una serie di omicidi colposi dovuti a emissioni di benzene e all'esposizione di lavoratori anche a fibre di amianto, che non erano lavorate nella ex Montedison ma facevano parte degli stabilimenti, quindi con problematiche relative alle strutture degli stabilimenti che non erano manutenzionate o conservate.

  PRESIDENTE. Questo è un processo a Brescia ma che riguarda il processo Montedison di Mantova ?

  MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo. Sì, in quel caso la procura di primo grado di Mantova. Si tratta di un processo che era iniziato con un esposto ma che è durato una decina d'anni in primo grado; la contestazione era stata fatta per una serie di omicidi colposi di vari lavoratori per malattie che si ritenevano collegate all'esposizione al benzene e all'esposizione ad amianto utilizzato nelle strutture, non nella lavorazione. Avevano contestato il 437, commi 1 e 2, l'omissione di cautele atte a prevenire il disastro con disastro avvenuto, con i cosiddetti «infortuni» collegati a malattie professionali. Le persone offese erano 74, in gran parte decedute (alcune avevano lesioni). La sentenza intervenuta è una sentenza ben motivata, però l'ho impugnata perché, a giudizio di questo ufficio (il processo è in corso e a novembre sono previste sei udienze), si era condannato non per il 437, ritenendo che c'era stata sicuramente una pesante omissione di cautele (la sentenza descrive in 700 pagine tutta la situazione di questi reparti), ma ritenendo che, siccome per questa ipotesi ci vuole il dolo, non ci fosse la prova dell'elemento psicologico del dolo in capo ai responsabili bensì solo della colpa. La condanna è stata per 11 omicidi colposi, uno per le emissioni di benzene di un lavoratore, tale Negri, il quale era morto per leucemia mieloide acuta, ritenendo che nella fase d'indagine fosse emersa la prova della causalità generale e individuale sulla base di una serie di consulenze, mentre gli altri dieci erano lavoratori morti per mesotelioma o carcinoma polmonare in conseguenza dell'esposizione all'amianto. Ho quindi impugnato la sentenza per il 437 e per gli omicidi colposi rimasti perché il giudice, sulla base di una serie di ragionamenti giuridici, ha ritenuto che non ci fosse la colpa con previsione – che è una colpa aggravata – e, in seguito a quello, ne ha dichiarati prescritti alcuni perché, qualora fosse stata riconosciuta la colpa con previsione, c'era tutto un meccanismo diverso nel calcolo della prescrizione. Questo processo adesso si dovrà tenere e su questo inciderà molto, da un punto di vista giuridico, l'impostazione che è stata data dalla Cassazione nella recente sentenza che riguarda...

  ALBERTO ZOLEZZI. Lei quindi sta parlando dell'appello ?

  MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo. Sì, dell'appello che ci sarà a novembre. L'altro, che riguarda il territorio di competenza della procura generale di Brescia, è Cremona, con la questione di avvelenamento di acque e disastro per la raffineria Tamoil, con sversamento di idrocarburi nella falda. Nella sentenza vengono ricostruiti i fatti; è una sentenza in abbreviato e il giudice riconosce, sulla base di tutte queste ricostruzioni, non solo consulenze ma anche atti ufficiali dell'ARPA e dei vari enti coinvolti, tra cui la provincia di Cremona, come la quantità di idrocarburi fosse talmente elevata Pag. 10che non era semplicemente disciolta nella falda ma galleggiava; tuttavia, egli non ha riconosciuto l'avvelenamento, cioè un'ipotesi di 439, sulla base di un'impostazione giuridica; ha però riconosciuto il disastro e ha riqualificato i fatti come disastro ambientale doloso; le udienze dell'appello si terranno a dicembre o a gennaio. Questi sono i processi ambientali che ho seguito e seguirò nel prossimo futuro a Brescia.

  PRESIDENTE. Grazie dottoressa.

  MIRIAM COMINELLI. Io ho due domande, la prima è sulla questione Porto Tolle, su cui ha detto che c’è stata una transazione di alcuni enti e quindi vorrei sapere quali siano.

  MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo. Ho tenuto tutte le transazioni e le ho prodotte in primo grado perché volevo che il tribunale sapesse. Ovviamente lo sapeva perché siamo partiti con un processo con tanti comuni, ma invece, man mano che questo si svolgeva, questi ultimi si sfilavano; tuttavia, io ho acquisito, con la polizia giudiziaria, tutte le transazioni per dimostrare che costoro si sono sfilati solo perché sono stati pagati (la stampa parlava del famoso «piatto di lenticchie»). Mi pare che siano rimasti costituiti, ovviamente, la provincia di Rovigo, l'Ente parco, il Ministero dell'ambiente e della salute, fortunatamente, perché conta molto che rimanga una parte civile fino alla fine per affiancare il pubblico ministero quando ha delle pretese non solamente per una questione di facciata; poi è rimasto il comune di Rosolina, che è quello che ha subìto il danno maggiore in termini di turismo dalle possibili emissioni della centrale. In questo processo è emersa la problematica della riconversione a carbone dell'impianto, laddove ho contestato anche un ritardo, sostenendo che la legge regionale del Veneto nel 1997, con una modifica del 1999, aveva previsto che tutti gli impianti – c'era solo quello, ma comunque si parlava in generale – termoelettrici all'interno del parco, o che comunque lambivano il territorio del parco, avrebbero dovuto essere riconvertiti a gas metano o con altre fonti «di pari o minore impatto ambientale». Questa formula è frutto di una modifica della legge originaria che, nel 1997, diceva «o con fonti meno inquinanti»; poi c’è stata la volontà politica di attenuare questa portata e si è parlato di «pari o minore impatto ambientale», dovendo fare una verifica completa di tutti i punti inquinanti che poteva avere una centrale. L'Enel aveva quindi presentato dapprima un progetto di riconversione ad Orimulsion, che è un bitume del Venezuela, riconversione che, come già risultato nella prima sentenza – mi ero occupata di questo – non poteva garantire le prestazioni del gas metano. Essa ha poi presentato, nel 2005, il progetto di riconversione a carbone, che però ha ottenuto un parere negativo dalla Commissione VIA sotto il Ministro nell'ambiente Pecoraro Scanio, con un parere negativo cosiddetto interlocutorio, evidenziando una serie di criticità. Ho iniziato l'inchiesta nel 2007, quindi abbiamo acquisito gli atti di questo progetto a carbone e delle eventuali, successive integrazioni dell'Enel; sulla base delle conclusioni del primo processo, confermate in Cassazione, c'era una scelta da parte di Enel di non ambientalizzare, di non scegliere le migliori tecnologie, quindi, anche in una situazione già compromessa, con problematiche sul territorio e sulla salute, di scegliere un impianto e una riconversione che, qualora fossero andati a regime, avrebbero maggiormente compromesso la situazione. Per questo ho chiesto una serie di atti e ho mandato anche al Ministero le risultanze dei consulenti, che nel progetto a carbone avevano evidenziato delle pesanti sottostime dei dati, che non corrispondevano.

  MIRIAM COMINELLI. L'altra domanda era sulla questione del procedimento disciplinare riferito a Enel, che comunque si è concluso.

   MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale Pag. 11di Rovigo. Dopo cinque anni ! Il procedimento disciplinare è iniziato con un'ispezione straordinaria dell'allora Ministro della giustizia Alfano, dopo che un libro, Magistrati, scritto da Luciano Violante ed edito da Einaudi nel 2009 aveva parlato di un eccesso di intervento di alcune procure, che aveva definito «Protettorati della Repubblica», perché facevano controlli di legalità che non spettava a loro fare (questa era la tesi). Si menzionava la procura di Rovigo, richiamando due passaggi di due lettere che avevo mandato – controfirmate peraltro dal capo ufficio e che ha avuto anche lui il disciplinare perché le aveva controfirmate – al Ministero dell'ambiente, pur potendo fare perquisizioni perché è nel potere del pubblico ministero in fase di indagine. Avevo fatto alcuni ordini di esibizione e poi si era stabilito un carteggio; il Ministero mi aveva mandato il parere negativo della Commissione VIA del 2005, quindi, invece di mandare un ordine esibizione, ho chiesto con delle lettere – mi pareva una cortesia istituzionale – di mandare delle carte dell'iter e, per comodità, per evitare di inviarne una al mese, avevo chiesto che mi mandassero tutto l'iter. Violante, che poi ha anche tenuto una conferenza a Cortina – mi hanno riferito a posteriori – in cui diceva che questa era una sorta di sequestro di atto futuro, ha invitato a mandare gli ispettori, tanto che la delega del Ministro con cui attivava l'ispezione conteneva proprio gli articoli di giornale che riportavano questo invito di Violante (fra l'altro non erano articoli a favore di Violante ma erano anche critici); è quindi partita l'ispezione. L'ispezione è durata quasi un anno; io ho messo a disposizione tutti gli atti e non mi sono avvalsa del segreto istruttorio perché, fra l'altro, erano atti tecnici. A seguito però di questa ispezione, c’è stata la contestazione disciplinare, nel dicembre del 2010, a me e al capo ufficio con cui si contestavano tre cose: la prima era di avere lavorato finché ero in Commissione esami magistratura, posto che in teoria avevo l'esonero dalle funzioni giudiziarie; avevo però lavorato perché avevo questo e altri tre grossi processi, fra cui Eurobic, contro la pubblica amministrazione, con 17 imputati, un processo per frodi e truffe di contributi comunitari; lavoravo il sabato, la domenica e le settimane bianche; comunque, c’è stata questa contestazione. Le altre due contestazioni erano di avere rallentato la riconversione a carbone e di avere fatto atti di indagine in prevenzione anziché per reprimere reati, con la violazione del segreto istruttorio, che però è un reato ma che nessuno mi aveva mai contestato. C’è stata una prima richiesta di archiviazione della procura generale, accolta per la questione di avere lavorato mentre ero in Commissione, mentre le altre due contestazioni sono state annullate con una decisione del CSM di una sezione disciplinare, che invitava a riformularle meglio invece di archiviare. La procura generale le ha riformulate meglio proprio perché erano molto generiche, in quanto per i magistrati il procedimento disciplinare deve essere tipico e non si può contestare un disciplinare a casa: questo deve essere tipizzato. Si parlava di grave violazione di norme ma non si capiva bene quali norme fossero, quindi mi hanno ricontestato altri interrogatori e altri atti depositati. Io ero difesa da Armando Spataro e ho personalmente scritto molte memorie; nel frattempo, comunque, ero delegata a fare questo processo perché sono stata applicata extradistrettualmente, quindi c’è stata questa anomalia che mi ha visto con un disciplinare in corso essere contemporaneamente applicata per il processo su cui c'era il disciplinare. Per queste altre contestazioni la procura generale ha chiesto un'altra archiviazione; hanno quindi accolto la richiesta per quanto riguarda l'avere ritardato la riconversione, ma la sezione disciplinare ha respinto la richiesta di archiviazione sull'incolpazione di avere creato un condizionante contraddittorio nei confronti della Ministero invadendo il campo della pubblica amministrazione. Io avevo sostenuto che c'era una legge, la quale prevedeva l'obbligo dell'informazione ambientale – una legge del 2005 – sulla base delle normative europee, che c'era il cosiddetto Pag. 12principio di precauzione e l'obbligo di collaborare tra istituzioni e che al Ministero avevo chiesto gli atti per ragioni d'indagine e li avevo dati, in particolare le consulenze che parlavano di dati non reali. I consulenti al dibattimento hanno qualificato i progetti di Enel «irricevibili» perché contenevano delle sottostime pesantissime dell'impatto: io questi li ho dati al Ministero, non li ho dati al giornalaio; li ho dati al Ministro dell'ambiente perché aveva in piedi la VIA. Comunque, non ho voluto che fosse dichiarata l'estinzione perché il procedimento disciplinare non può durare più di due anni e ho preteso che entrassero nel merito. Così è stato: sono entrati nel merito con un'ottima sentenza – ho dovuto aspettare cinque anni, ma alla fine è arrivata – con cui hanno detto che così bisognava fare per tutelare l'ambiente e la salute. Nel frattempo era cambiata la composizione del CSM; nella precedente composizione avevo dovuto ricusare Zanon, che era componente della sezione disciplinare; all'udienza dell'11 luglio 2014 abbiamo fatto una ricusazione perché Zanon, insieme a Violante, era componente di Italia Decide, di cui Enel era socio finanziatore e aveva fatto il cosiddetto rapporto sul caso Porto Tolle. Avendo fatto un rapporto sul caso Porto Tolle, dove aveva scritto dell'eccesso di giurisdizione che fermava le infrastrutture, costui non poteva fare il componente della sezione disciplinare, quindi l'ho ricusato e lui si è astenuto. Con il nuovo CSM, con altra composizione, in novembre, finalmente, mi hanno dato ragione.

  PRESIDENTE. Il trasferimento a Brescia non c'entra nulla ?

  MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo. Sono stata 8 anni giudice, 21 in primo grado e nessuno mi ha mandato via, però è ovvio che mi sono amareggiata ! Mi hanno sospeso la valutazione professionale e gli scatti di stipendio, come accade quando uno ha un disciplinare, quindi, se avessi voluto fare una domanda per un direttivo o un semidirettivo, la mia domanda non sarebbe stata accettata. Il disciplinare mi ha portato cinque anni di stasi, però, tutto sommato, io ho continuato a fare le cose che mi piacciono, cioè a fare il pubblico ministero.

  LAURA PUPPATO. Intanto grazie per la mole di lavoro che si è sobbarcata nel corso di questi anni. Ho letto tutta la sua relazione.

  MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo. Quale relazione, quella sull'Enel ?

  LAURA PUPPATO. Sì, tutta la parte relativa all'Enel. Non ho ben compreso alcune cose che vorrei lei mi precisasse oggi. La prima è questa: mi sembra che più volte sia stato ribadito che il nesso eziologico tra le emissioni e broncopneumi ostruttivi e malattie tumorali è certificato. In particolare, se non ho letto male, c’è stato un periodo in cui hanno utilizzato – e questo doveva prevedere il dolo, perché non riesco a capire come avrebbero potuto giustificarlo dal punto di vista giuridico – un olio di peggiore qualità, che aveva costi inferiori in relazione a maggiori emissioni in atmosfera, quindi maggiori oneri per il territorio e la popolazione. L'altra questione che non ho ben compreso perché le sentenze sono state diverse ma poi ricusate, è la relazione di responsabilità, cioè Tatò piuttosto che Zanatta, che erano stati calcolati al 70, al 30, al 5 e al 15: in conclusione, ad oggi, cosa abbiamo effettivamente ? Il quadro, dal punto di vista delle responsabilità individuali e del dolo relativo, quantomeno all'utilizzo di combustibile di peggiore qualità voluta, a cosa è arrivato ?

   MANUELA FASOLATO, ex sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Rovigo. Premetto che io ho contestato sempre, sia nel primo processo, che è arrivato in Cassazione, sia nel terzo, Pag. 13reati dolosi e non colposi. Il danneggiamento nel nostro codice è punito solo a titolo di dolo. Nel primo processo, che prevedeva il danneggiamento all'ambiente, se avessi contestato la colpa, non avrei potuto contestare il danneggiamento e il dolo stava proprio in questo, cioè nel fatto che l'Enel, sebbene avesse avuto una legislazione a suo favore, non avesse scelto le migliori tecnologie, pur rispettando formalmente la legislazione, che ha sempre rispettato. Quando la legislazione ha detto che doveva essere utilizzato un combustibile con un tenore di zolfo inferiore all'1 per cento, Enel ha utilizzato il combustibile con tenore inferiore all'1 per cento ma, nel periodo in cui aveva ambientalizzato il gruppo 4 e non aveva ambientalizzato gli altri tre, poteva utilizzare l'STZ sul gruppo 4 mentre sugli altri, invece, poteva utilizzare il combustibile peggiore; Enel ha preferito, secondo l'accusa che poi è stata confermata nel processo, utilizzare maggiormente i gruppi che sfruttavano un combustibile più costoso, quindi ad Enel si contestava che, pur avendo una legislazione di favore, aveva l'obbligo, come previsto dalla normativa ambientale italiana ed europea, di scegliere le migliori tecnologie. Non è che se posso usare il 3 per cento di combustibile fino a una certa data, devo utilizzare solo il combustibile peggiore. Io posso dimostrare che hai comunque peggiorato il trend delle emissioni – e così abbiamo dimostrato – e che avevi comunque l'obbligo di utilizzare un combustibile che avrebbe fatto meno danno, perché per il principio del neminem laedere avrebbe comunque dovuto rispettare delle norme a tutela del territorio. Il dolo, quindi, è stato confermato dalla Cassazione, che pur dichiarando la prescrizione, ha ritenuto che sussistesse il danneggiamento. La sentenza della Cassazione è stata molto pesante e molto importante perché, nel 2011, la Corte poteva uscire anche con una sentenza di prescrizione di due righe, mentre ha voluto redigere una motivazione consapevole – relatore Marini, presidente Teresi – dell'importanza di questo processo e iscrivere le responsabilità di Enel in questa vicenda. Questa sentenza è servita moltissimo per il terzo processo, quello di disastro. Sull'altra questione – cosa rimane – resta una sentenza civile della Corte che stabilisce il quantum. Questa si basa sul primo processo che, per quanto importante da un punto di vista di fissazione dei princìpi, è un processo che comunque era partito solamente con contestazioni di contravvenzioni, ai sensi dell'articolo 674. La norma prevista dall'articolo 674 era una norma del codice che è stata utilizzata da chi fa ambiente perché non c'era una norma migliore ed è una contravvenzione.
  A questa si aggiunge la norma del danneggiamento, che pur essendo un reato grave, è pur sempre solo un danneggiamento, quindi i risarcimenti non sono elevatissimi, pur essendo cospicui. Si è quantificata una responsabilità maggiore a Tatò, che era il primo amministratore delegato, al quale le sentenze hanno riconosciuto la responsabilità di non aver dato questo imprinting di ambientalizzazione; si è riconosciuta la responsabilità anche di Scaroni, che però era stato assolto dal giudice di primo grado dal reato di danneggiamento, in quanto aveva proseguito la strada di Tatò (tra l'altro Scaroni è quello che ha avuto l'idea del carbone), però non sono grandi risarcimenti. Zanatta e Busatto sono solo i direttori di centrale, allora, feci una scelta – anche perché gli atti non mi consentivano di fare diversamente, essendo un processo mastodontico – di contestare le imputazioni solo ai vertici amministratori di Enel S.p.A., che era la controllante di tutte le società del gruppo e ai due direttori della centrale. La Corte d'appello, che ha assolto per l'elemento psicologico Tatò e Scaroni (la procura generale di Venezia ha impugnato e la Cassazione ne ha riconosciuto di nuovo la responsabilità), aveva criticato, come anche il giudice di primo grado, che la procura di Rovigo avesse contestato solo ai vertici e ai direttori di centrale e non ai quadri intermedi. Nel terzo processo ho quindi preso anche tutti i quadri intermedi ma li hanno assolti: hanno condannato solo gli amministratori delegati e hanno assolto anche i direttori di centrale, Pag. 14dicendo che solo i vertici hanno la responsabilità delle scelte strategiche. Nel terzo processo sono infatti imputati anche gli amministratori delegati di Enel Produzione S.p.A. e altri quadri dirigenziali. Io ho fatto questa scelta perché ho preso per buone le critiche che ho letto nella sentenza della Corte d'appello ma ciò non ha portato a nulla: cosa rimane ? Rimane comunque un percorso giudiziario con tre sentenze che si sono occupate di un territorio, esaminando i fatti, facendo il quadro di una situazione, che da un punto di vista storico è importante; rimane una sentenza per l'articolo 434, comma 1; vedremo se la Corte d'appello la confermerà.

  PRESIDENTE. La ringrazio per le precisazioni e le notizie che ci ha dato, che ci saranno sicuramente utili nell'approfondimento che faremo. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.35.