XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 48 di Giovedì 21 maggio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del prof. Hansjörg Blöchliger, responsabile del network sul federalismo fiscale dell'OCSE, sull'attuazione del federalismo fiscale in prospettiva comparata (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Blöchliger Hansjörg , Responsabile del network sul federalismo fiscale dell'OCSE ... 3 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 8 
Guerra Maria Cecilia  ... 9 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 9 
Blöchliger Hansjörg , Responsabile del network sul federalismo fiscale dell'OCSE ... 9 
Guerra Maria Cecilia  ... 11 
Blöchliger Hansjörg , Responsabile del network sul federalismo fiscale dell'OCSE ... 11 
Fornaro Federico  ... 11 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 11 
Fornaro Federico  ... 11 
Blöchliger Hansjörg , Responsabile del network sul federalismo fiscale dell'OCSE ... 11 
Fornaro Federico  ... 12 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 12 
Blöchliger Hansjörg , Responsabile del network sul federalismo fiscale dell'OCSE ... 12 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 12 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal professor Hansjörg Blöchliger, responsabile del network sul federalismo fiscale dell'OCSE ... 13

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del prof. Hansjörg Blöchliger, responsabile del network sul federalismo fiscale dell'OCSE, sull'attuazione del federalismo fiscale in prospettiva comparata.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del professor Hansjörg Blöchliger, responsabile del network sul federalismo fiscale dell'OCSE.
  Ricordo che si tratta della prima di una serie di audizioni che la Commissione ha convenuto di svolgere ai fini di approfondire il tema dell'attuazione del federalismo fiscale in una prospettiva comparata.
  L'ospite di oggi è particolarmente qualificato, quindi sono certo che potrà offrire elementi utili alla Commissione.
  Ringrazio il professore Blöchliger per essere intervenuto e per aver risposto al nostro invito, cedendogli subito la parola.

  HANSJÖRG BLÖCHLIGER, Responsabile del network sul federalismo fiscale dell'OCSE. Buongiorno a tutti e grazie per l'introduzione. Vorrei fare la presentazione in italiano, ma questo tema ha un vocabolario molto tecnico, che, purtroppo, mi manca. Dunque, faccio la presentazione in inglese, ma alle domande forse posso provare a rispondere in italiano.
  Ho preparato alcune diapositive in relazione al questionario che mi avete mandato circa due settimane fa. La mia relazione, quindi, ripercorre l'ordine delle questioni affrontate dalla Commissione. Nel questionario si fissano, infatti, alcuni grandi temi che percorrerò, cercando di dare risposta alle domande che mi avete posto.
  Le prime domande hanno a che fare con le regole europee fissate dal Patto di stabilità e di crescita o dal Fiscal compact, ovvero in che misura tali regole europee si traducono in vincoli a livello nazionale.
  La prima domanda, in particolare, verte sul modo in cui queste regole sono state recepite a livello costituzionale. Se guardiamo i diversi Paesi europei, vediamo che le regole europee, nella maggior parte dei casi, sono state recepite con norme di rango costituzionale. La Costituzione definisce una serie di regole fiscali che hanno a che fare con il complesso delle pubbliche amministrazioni o con ciascun livello di governo (federale, regionale, locale) oppure soltanto con il livello federale.
  Ci sono, infatti, alcuni Paesi in cui non esistono regole fiscali per il livello territoriale. Per esempio, la Costituzione svizzera non contiene norme sui Cantoni, così come la Costituzione tedesca non contiene regole fiscali per i comuni.
  Ora, come si configura l'autonomia fiscale degli enti territoriali in una prospettiva europea, ma anche ampliata ad alcuni Paesi a ordinamento federale ?
  Se percorriamo idealmente questi Paesi, vediamo che la configurazione di Pag. 4questa autonomia è molto differenziata: abbiamo un'autonomia impositiva molto elevata in Canada, Stati Uniti e Svizzera, dove gli enti territoriali hanno forti poteri impositivi; invece, in altre Costituzioni, come quella tedesca o quella austriaca, l'autonomia fiscale dei Länder o degli enti territoriali è molto limitata. Vi sono, quindi, gradi di autonomia impositiva molto diversi.
  Cosa comporta il Patto di stabilità in relazione all'attuazione di regole di bilancio a livello centrale o subnazionale ?
  La regola più comune, oggi utilizzata dalla maggior parte dei Paesi, è quella sul pareggio di bilancio, cioè la regola che definisce in che modo i bilanci di ciascun livello di governo debbono essere in pareggio nell'arco di un esercizio finanziario ovvero in un arco temporale più ampio. Si tratta di regole sui saldi strutturali, per cui eventuali disavanzi debbono essere compensati in un determinato arco di tempo.
  Ci sono alcune Costituzioni che contengono anche norme sul livello di indebitamento. La Costituzione spagnola, a esempio, contiene una norma, dopodiché c’è un protocollo sulla legge fiscale che fissa i tetti di indebitamento per i comuni.
  Ci sono anche regole sulla spesa, che limitano, cioè, i livelli o gli aumenti di spesa. La legge tedesca limita, infatti, i livelli di spesa; anche quella spagnola contiene una norma sulla spesa, come pure quella portoghese.
  In genere, la norma più diffusa è quella sul pareggio di bilancio, che implicitamente significa che deve essere ridotto il debito. Pareggio di bilancio significa, infatti, che nel tempo bisogna ridurre il debito. In realtà, fra i due tipi di norma – sul debito e sul pareggio – c’è uno stretto collegamento.
  Come operano queste norme e quali sono le sanzioni in caso di inottemperanza ?
  Le regole fiscali, in genere, contengono esse stesse disposizioni sulle procedure in caso di inottemperanza o di sforamento. Nella maggior parte dei casi, in assenza di pareggio di bilancio nell'arco di un esercizio, bisogna adottare azioni correttive nel corso dell'anno successivo o degli anni successivi. Insomma, il disavanzo di un determinato anno deve essere compensato negli anni successivi.
  Questa è la procedura più diffusa per quanto riguarda l'applicazione del pareggio di bilancio. A quanto mi consta, all'interno dei Paesi europei non si ravvede una regola che contenga sanzioni o penalizzazioni per un governo che non ottemperi alla regola sul pareggio di bilancio. In alcuni Paesi non europei si arriva a prevedere pene detentive per i funzionari o comunque per coloro che non rispettano questa regola.
  A ogni modo, c’è un percorso correttivo previsto dalla regola, ma non ci sono sanzioni nel caso in cui non ci si attenga a questo percorso. Nella maggior parte dei Paesi europei il rispetto della regola sul pareggio dipende dalla buona volontà del governo.
  In che modo possiamo indurre i governi a seguire queste regole, con norme di bilancio armonizzate ?
  Negli ultimi anni, la maggior parte dei Paesi ha approvato dei sistemi di bilancio che valgono per tutti i livelli di governo con standard contabili armonizzati. Pertanto, ciascun livello di governo utilizza un quadro di bilancio armonizzato. Ad esempio, quello austriaco è pienamente armonizzato a tutti i livelli di governo. Credo che anche l'Italia abbia un quadro di bilancio armonizzato per tutti i livelli di governo. In Svizzera ciò non avviene; hanno un quadro comune a livello territoriale, mentre il livello federale ha il proprio sistema di bilancio. Comunque, il sistema cantonale e quello federale sono abbastanza affini.
  Gli enti territoriali, cioè regioni e comuni, come sono finanziati ?
  La prima domanda riguardava i trasferimenti non perequativi. In ogni Paese i trasferimenti non perequativi rappresentano più della metà dei trasferimenti che vanno ai livelli territoriali. La Germania, l'Austria e molti altri ordinamenti contengono una procedura di compartecipazione, ma ci sono anche trasferimenti di tipo diverso, con un obiettivo specifico, finalizzati Pag. 5all'istruzione o ai trasporti. Si tratta di trasferimenti che non hanno una finalità specificamente perequativa, ma sono mirati a finanziare determinate attività a livello territoriale (scuole, ospedali, strade, trasporto pubblico).
  Concentrandoci sul livello locale, come si configura in questa cornice costituzionale ?
  Ebbene, c’è un grado di differenziazione molto elevato da Paese a Paese. In alcune Carte costituzionali vengono disciplinati tutti e tre i livelli di Governo; in altri casi la Costituzione si limita a regolare il rapporto tra governo centrale e governo regionale, mentre il livello municipale è demandato al governo regionale.
  Per esempio, nella Costituzione canadese o quella statunitense non si parla affatto di livello locale. Per la Costituzione federale non esiste il livello locale. Ci sono gli Stati, che corrispondono alle regioni, che hanno la responsabilità per il livello inferiore.
  In Svizzera il livello locale è stato introdotto soltanto 10 anni fa. Prima non c'era un collegamento tra livello federale e livello locale. Viceversa, la Costituzione tedesca, quella spagnola e quella austriaca hanno un approccio più integrato e parlano anche di livello locale. Quindi, quando vediamo le cornici fiscali in questi Paesi – Austria o Germania – si parla molto dei rapporti tra centro e periferia con procedure di compartecipazione rispetto ad alcuni tributi e con trasferimenti che vanno dal livello federale, ovvero centrale, ai comuni.
  Un'altra domanda riguardava il funzionamento di questi meccanismi di finanziamento. In che misura gli enti territoriali hanno autonomia impositiva ovvero possono disporre di tributi propri ? In che misura funzionano i meccanismi di compartecipazione ? In che misura i livelli territoriali dipendono dai trasferimenti ?
  Anche su questo c’è una forte differenziazione da Paese a Paese.
  Nel diagramma a pagina 4 dell'allegato, l'altezza delle colonne dà un'idea della percentuale del gettito totale che viene trasferito ai livelli territoriali (regioni e comuni). Vi è, quindi, una forte variabilità, che va dall'oltre 60 per cento della Svizzera – in Canada è addirittura superiore – a meno del 5 per cento in Grecia.
  Vediamo, ora, com’è suddivisa ogni colonna tra le diverse tipologie di gettito.
  In alcuni Paesi, i tributi propri dei livelli territoriali hanno un peso molto importante. Ad esempio, in Svizzera, la maggior parte del gettito proviene dai tributi propri. Questo vale anche per gli Stati Uniti, per la Svezia e per la Spagna, anche se in quest'ultimo caso in misura minore. Ci sono sistemi di compartecipazione – senza distinguere tra ridistribuzione con meccanismo rigoroso o meno – in Austria, Australia e Germania. La compartecipazione del gettito rappresenta, comunque, il grosso delle entrate per i livelli territoriali.
  In altri casi, invece, abbiamo i trasferimenti. Nei Paesi Bassi e nel Regno Unito più dell'80 per cento delle entrate degli enti territoriali dipende da trasferimenti. In questi Paesi, gli enti territoriali non hanno, in realtà, tributi propri.
  Sempre approfondendo la questione del finanziamento degli enti territoriali, uno dei cespiti più importanti per il livello locale, anche per le regioni, in alcuni casi, è l'imposta sugli immobili.
  A livello OCSE abbiamo realizzato una comparazione di questo tipo di imposta. Una delle domande che ci siamo posti riguarda l'esenzione della prima casa.
  In alcuni Paesi, effettivamente, è applicata un'esenzione per la prima casa occupata dal proprietario. Si tratta solo di due o tre Paesi, quindi l'Italia è un'eccezione, essendo un Paese in cui c’è questa esenzione. Invece, nella maggior parte dei Paesi, la prima casa occupata dal proprietario è una delle principali fonti di gettito per il livello territoriale.
  Tornando all'autonomia impositiva a livello subnazionale, quindi parlando di distribuzione e compartecipazione del gettito, anche nei casi in cui c’è un'autonomia fiscale a livello subnazionale o territoriale, essa si esercita essenzialmente sulle aliquote. In sostanza, gli enti territoriali possono modulare le aliquote, ma non Pag. 6possono, invece, modulare la base imponibile che viene definita dal livello superiore (regione o Stato).
  Pertanto, l'imposta sui beni immobili è il cespite più importante. Poi abbiamo l'imposta sul reddito delle persone fisiche. A livello locale, gli enti territoriali possono modulare in parte l'imposta sul reddito personale. Poi ci sono anche imposte sulle persone giuridiche, dirette o indirette, come la Gewerbesteuer, la tassa sulle attività economiche, in Germania, l'IRAP italiana o l'imposta professionale in Francia, su cui gli enti territoriali hanno la potestà di modulare l'aliquota.
  In realtà, il livello di coordinamento è molto limitato per il contenimento dell'onere fiscale complessivo, quindi nei regimi con autonomia fiscale diversi livelli di governo fissano le proprie aliquote senza un coordinamento formale. Si pensa, nella maggior parte dei casi, che saranno poi gli elettori a scegliere l'onere fiscale complessivo che ritengono tollerabile o accettabile.
  Quello della riscossione è un punto importante perché a volte si sostiene che l'autonomia a livello regionale o locale non sarebbe possibile in alcuni casi perché i costi della riscossione sarebbero troppo elevati per gli enti territoriali. In realtà, l'autonomia fiscale e il meccanismo di riscossione, in molti Paesi, sono totalmente separati.
  Ci sono Paesi in cui il livello subnazionale e quello territoriale hanno anche la responsabilità della riscossione, come in Germania e in Svizzera, dove l'imposta federale sul reddito è riscossa dai Cantoni.
  Tuttavia, nella maggior parte dei Paesi è vero il contrario: è il governo nazionale che provvede alla riscossione dei tributi territoriali per conto degli enti territoriali e poi trasferisce il gettito ai livelli locali o regionali, magari deducendo una percentuale per i costi della riscossione.
  In ogni caso, l'autonomia fiscale e la riscossione possono essere scissi. Questo può avere senso in due casi, o gli enti territoriali creano un'Agenzia comune per la riscossione oppure demandano la potestà di riscossione a livello centrale. Insomma, ci sono diverse possibilità.
  Un'altra domanda è se il governo centrale si avvale di incentivi per indurre gli enti territoriali a riscuotere essi stessi le imposte.
  In Turchia è previsto un aumento dei trasferimenti nel caso in cui il governo locale si occupi di riscossione, ma questo non è molto diffuso. Si ritiene, in generale, che sia un interesse proprio dell'ente territoriale provvedere alla riscossione per aumentare il gettito. Quindi, il fatto che una parte del gettito venga utilizzata a fini perequativi dipende dalla cornice finanziaria complessiva, dai meccanismi perequativi, o dai trasferimenti. Insomma, è la cornice di bilancio complessiva che informa i comportamenti degli enti territoriali, determinando o meno l'esistenza di un incentivo nel sistema affinché gli enti territoriali provvedano essi stessi alla riscossione.
  Abbiamo, poi, la domanda sui meccanismi di perequazione: cosa e come perequare ?
  Questa è una questione di grande attualità, non soltanto in Italia, ma anche in altri Paesi. Per esempio, è una delle questioni centrali nella riforma del federalismo fiscale in Germania. Debbono essere introdotti meccanismi di perequazione basati sui costi e sui fabbisogni, ovvero soltanto sulle entrate e sulla capacità fiscale ?
  Un quadro comparativo ci dà un'immagine molto differenziata. In Germania il sistema di perequazione è basato solo sulle entrate. In Svizzera, c’è un sistema quasi esclusivamente fondato sulle entrate, come anche in Canada. Invece, in Austria, il sistema di perequazione contiene molti elementi basati sui costi. Il sistema australiano, che forse è il più articolato, contiene in larga misura elementi di costo.
  L'OSCE si è occupata specificamente di questo tema e ha elaborato una raccomandazione. Il grosso del sistema perequativo deve essere basato sulle entrate, sulla base imponibile e sulla capacità fiscale. Nel caso in cui ci siano regioni con fabbisogni speciali, si possono prevedere trasferimenti specifici dal centro alla periferia, ma a livello sia orizzontale sia Pag. 7verticale i sistemi perequativi sono più funzionali, più sostenibili e meno complessi se sono basati sulla capacità fiscale, cioè sulle entrate.
  Sottolineo, però, che per il rapporto tra il livello centrale e quello locale vale quanto ho detto, mentre nel rapporto tra le regioni e i comuni la situazione è diversa. In quasi tutti i Paesi federali, i sistemi perequativi tra regione e livello municipale contengono forti elementi di costo perché le sperequazioni a livello dei costi tra i comuni sono molto più elevate rispetto al livello regionale. Quindi, le perequazioni basate sui costi tra le regioni e i comuni sono sistemi validi.
  Come possono essere misurati i fabbisogni fiscali basati sui costi e sulle entrate ?
  Abbiamo due possibilità. Da un lato, possiamo utilizzare i costi standard, quindi vedere quanto costa l'erogazione di un determinato servizio pubblico nelle diverse regioni per poi fare la media. Ovviamente, sono necessari molti dati, ma è un sistema facilmente leggibile e comprensibile per valutare i fabbisogni reali di alcuni enti territoriali.
  Un sistema più complesso è quello dei modelli econometrici. So che in Italia c’è un'agenzia che si occupa della misurazione dei fabbisogni dei comuni. L'anno scorso sono stato invitato a una conferenza che rendeva conto dei primi risultati di questo soggetto e sono rimasto molto colpito. L'Italia, infatti, è veramente molto avanzata nella valutazione dei fabbisogni reali delle municipalità.
  I modelli econometrici, effettivamente, danno risultati migliori rispetto ai costi standard. È un sistema più preciso, molto caro agli economisti. D'altro canto, è più difficile da far capire alla gente, quindi può portare a meccanismi di perequazione piuttosto instabili.
  A ogni modo, abbiamo due sistemi, un sistema semplice, ma non molto preciso, e un sistema complesso, con modelli econometrici, più preciso, ma difficile da far capire, che può portare nel tempo a risultati molto instabili.
  Per misurare la capacità fiscale in tutti i Paesi si utilizza il gettito, non le tariffe per i servizi pubblici. Il livello territoriale può, dunque, far pagare determinati servizi quanto vuole, cosa che non viene considerata nei sistemi perequativi. Ci si limita a considerare il reddito. In alcuni sistemi perequativi, a volte, non si tiene conto dell'imposta sui beni immobili nel calcolare la capacità fiscale di un livello di governo territoriale.
  Parlavamo di perequazione orizzontale e di perequazione verticale nei diversi Paesi OCSE. Anche su questo ci sono differenziazioni. Vi sono Paesi con un sistema puramente orizzontale, come l'Australia, dove le risorse vanno dagli enti più ricchi a quelli più poveri. In Canada, invece, è il contrario; il sistema è totalmente verticale, quindi è il governo federale che finanzia le province senza perequazione orizzontale. Infine, vi sono sistemi misti, come in Germania e Svizzera, che sono essenzialmente orizzontali, ma con una componente verticale, soprattutto per quanto riguarda la perequazione basata sui costi.
  Il sistema svizzero e il sistema tedesco sono basati sulle entrate, quindi sulla capacità, ma prevedono anche trasferimenti dal livello federale al livello regionale essenzialmente basati sui costi, che vanno a integrare la perequazione orizzontale.
  Le ultime domande riguardavano il coordinamento dei diversi livelli di governo e i processi decisionali, ovvero le procedure di raccordo tra Stato ed enti territoriali.
  In alcuni Paesi questi meccanismi sono ad hoc e meramente consultivi. In Canada non esiste neanche un organismo consultivo. Non c’è nessun organismo che potrebbe, anche teoricamente, su base puntuale, coordinare i diversi livelli di governo. In altri Paesi ci sono sistemi più formalizzati. In Svizzera c’è un coordinamento a livello formale fra enti appartenenti allo stesso livello di governo, per esempio le conferenze cantonali, anche Pag. 8con riunioni periodiche tra livello federale e livello cantonale. Parliamo di sistemi che, comunque, operano ad hoc.
  Ci sono anche sistemi di coordinamento che possono arrivare ad accordi vincolanti per tutti i livelli di governo coinvolti. In Australia c’è un organismo di coordinamento che comprende tutti i livelli di governo e che raggiunge accordi vincolanti per tutti i livelli coinvolti. In Germania, i primi ministri dei Länder costituiscono un organismo di coordinamento che può raggiungere accordi vincolanti per tutti i Länder. Questi enti di coordinamento, in genere, si collocano a livello esecutivo. Non sono a conoscenza di organi di coordinamento che comprendano anche i Parlamenti o comunque gli organi legislativi.
  In Europa, con i Patti di stabilità sono stati rafforzati questi organi di coordinamento. Abbiamo, infatti, un Patto di stabilità che definisce delle norme per tutti i livelli di governo, quindi è necessario un organismo di coordinamento che funga da raccordo fra i diversi livelli di governo.
  Il processo decisionale tra i diversi livelli di governo è regolato da leggi di rango costituzionale o legislativo, che fissano le potestà di spesa e le regole fiscali dei diversi livelli di governo. Si tratta, quindi, di norme legislative e non di accordi negoziati, con alcune eccezioni.
  Ci sono alcuni Patti di stabilità, come in Belgio o in Austria, che dicono esplicitamente che il disavanzo di ogni livello di governo deve essere negoziato ogni anno, cioè i diversi livelli di governo debbono riunirsi e discutere. È un sistema che a volte sembra funzionare. In ogni caso, esistono dei meccanismi negoziali. Ci sono due Paesi, in particolare la Danimarca, in cui i trasferimenti dal livello centrale al livello locale sono negoziati. L'associazione dei comuni si riunisce con il governo centrale e durante la sessione di bilancio negoziano e raggiungono un accordo sull'entità complessiva dei trasferimenti.
  Queste sono due eccezioni perché, in generale, le cornici finanziarie attuate nei diversi Paesi non sono basate su modalità negoziali, ma su norme legislative o costituzionali. Nei casi in cui la configurazione si fondi sulla procedura negoziata, raccomandiamo che il negoziato coinvolga tutto un livello di governo. In sostanza, dovrebbe riguardare tutti i governi regionali insieme; non dovrebbe esserci un negoziato individuale tra governo centrale e singole regioni perché questo introduce un elemento di aleatorietà nel quadro di bilancio e nella spesa.
  Spero di aver dato risposta alla maggior parte delle domande. Sono pronto ad ascoltare le vostre domande.

  PRESIDENTE. Grazie, professore, per questo quadro di insieme della situazione del federalismo fiscale non soltanto in Europa. Come sapete, infatti, l'OCSE lavora ben oltre la dimensione europea.
  Prima di dare la parola ai colleghi, comincio io per rompere il ghiaccio. Posso fare la domanda in italiano, sperando di farmi capire.
  Il federalismo fiscale è entrato nella politica italiana e poi nella Costituzione e nelle leggi italiane come un modello che mirava, attraverso la responsabilizzazione, a migliorare l'efficienza, quindi i risultati in termini non soltanto economici, ma anche di risposta ai bisogni dei cittadini, ovvero come modello di organizzazione della pubblica amministrazione per promuovere l'efficienza.
  La realtà o meglio la tendenza attuale è quella di attribuire a questa autonomia e a questa libertà data ai livelli subnazionali – regioni e comuni – la responsabilità per comportamenti poco virtuosi, dannosi anche per la finanza pubblica.
  Al di là del dibattito politico e delle visioni di parte, la domanda è se l'esperienza storicamente consolidata a livello mondiale, ma anche le ultime tendenze, fanno sì che il federalismo fiscale sia un modello tendenzialmente virtuoso o, invece, dannoso per quanto riguarda perlomeno gli aspetti degli equilibri di finanza pubblica.
  In Italia, 10 anni fa, l'opinione pubblica riteneva che il federalismo potesse promuovere efficienza e virtù. Oggi l'opinione pubblica è indotta a ritenere, per i casi di Pag. 9regioni o comuni che non funzionano, che sia un modello che richiede la ricentralizzazione delle leve di comando verso lo Stato. Ecco, questa è la prima questione.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARIA CECILIA GUERRA. Anch'io farò la mia domanda in italiano. In realtà, ne ho molte perché la sua presentazione, per cui la ringrazio, è stata molto stimolante.
  Una prima domanda riguarda l'autonomia fiscale. Vorrei capire se è frequente il caso in cui, parlando dei livelli di governo locale, l'autonomia sia limitata a una sola fonte di reddito, in particolare alla tassazione immobiliare.
  Sempre su questo, vorrei capire se è diffuso il caso, come quello italiano, in cui questa autonomia non riguardi solo l'aliquota (o in alcuni casi, come diceva lei, anche la base), ma si estenda a prevedere scale di aliquote e regimi agevolativi differenziati da comune a comune e da regione a regione.
  La seconda domanda riguarda il sistema perequativo. Non ho capito se, quando si parla di tax sharing redistributivo nella slide 4, si intende perequazione, cioè se si fa riferimento a un uso perequativo e se, in questo caso, la considera una perequazione verticale o orizzontale.
  La terza domanda riguarda i trasferimenti. Nel nostro Paese, la Costituzione prevede che non ci siano trasferimenti se non perequativi. Vorrei sapere se, in termini comparativi, il caso vale anche negli altri Paesi e in particolare quanto sono diffusi i trasferimenti condizionati nell'utilizzo.
  Vengo all'ultima domanda. Per quanto riguarda il controllo della spesa, all'inizio ci ricorda che esistono delle spending rules e ci ha parlato, in particolare, di spending rules che riguardano il livello o la variazione della spesa. Esistono anche – come abbiamo avuto e abbiamo nel nostro Paese; peraltro, c’è una discussione in corso – delle regole per i livelli decentrati che prevedano anche vincoli su alcune tipologie di spese, come ridurre la spesa per il personale, non dedicare spese alle consulenze o altre cose di questo tipo ?

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro audito per una breve replica.

  HANSJÖRG BLÖCHLIGER, Responsabile del network sul federalismo fiscale dell'OCSE. Mi dispiace, ma devo ancora rispondere in inglese.
  Il primo quesito è fondamentale. In altre parole, la domanda è se il federalismo fiscale sia o meno in grado di assicurare efficienza e soddisfare le effettive esigenze dei cittadini. Questo è un aspetto fondamentale, che è oggetto di una serie di studi.
  Noi stiamo esaminando le Costituzioni dei Paesi federali, in particolare per quanto riguarda i sistemi fiscali, e abbiamo visto che vi sono delle tipologie diversificate di federalismo fiscale, da sistemi decentrati a sistemi integrati.
  Sono tutti meccanismi che possono garantire l'efficienza, che è l'obiettivo dell'intero sistema. Possono, quindi, funzionare tutti bene, ma è fondamentale sottolineare che i diversi elementi di questi meccanismi di federalismo fiscale devono essere perfettamente integrati.
  In assenza di una perfetta integrazione, non solo il federalismo fiscale non funziona, ma può addirittura generare delle disfunzioni peggiori rispetto a quelle di un sistema non federale.
  Per esempio, quando parliamo di federalismo, l'autonomia impositiva, per quanto riguarda eventuali disavanzi, e i poteri di spesa attribuiti alle regioni e agli enti territoriali dovrebbero più o meno equivalersi. In altre parole, sistemi dove gli enti territoriali o le regioni possono spendere più autonomamente, ma hanno un limitato potere per quanto riguarda l'imposizione, alla fine portano a un disavanzo e a un superamento dei vincoli.
  Inoltre, dobbiamo fare riferimento alla disciplina in vigore e alle autonomie. Se, cioè, vi è una forte autonomia, ma limitate regole per quanto riguarda l'imposizione e il sistema fiscale, c’è il rischio di una spesa eccessiva.Pag. 10
  Lo abbiamo visto in Germania, dove le regioni hanno forti poteri di decisione sul fronte della spesa, ma hanno, di contro, regole molto deboli dal punto di vista fiscale. Ecco perché tre anni fa è stata introdotta una legge costituzionale per contenere la spesa delle regioni che non avevano un obbligo di gettito nelle quali, non essendovi regole precise e vincolanti, si superava il tetto della spesa.
  Dobbiamo anche pensare a come vengono prese decisioni in materia di bilancio. Tutto ciò che compone il quadro fiscale deve essere perfettamente bilanciato e integrato. Se ci si occupa solo di un aspetto senza tener conto degli altri, la situazione può addirittura peggiorare.
  Prendiamo, per esempio, il caso del sistema di decentramento italiano. Dobbiamo prendere in considerazione i diversi elementi e come si attribuiscono le responsabilità di spesa alle regioni.
  Si tratta di una politica che ha garantito un decentramento nei settori giusti ? In altre parole, la sanità e l'istruzione devono essere di competenza delle regioni ? Pensiamo di sì, ma questo deve avvenire nella maniera adeguata.
  Qual è il ruolo normativo e il potere impositivo che viene attribuito agli enti regionali ? Vi è un allineamento fra i poteri decisionali e i poteri di spesa ? Quali sono i vincoli che vengono previsti per quanto riguarda le regioni e gli enti territoriali ? Ecco, questi sono tutti aspetti da tenere in conto.
  Ovviamente, se il processo di decentramento ha portato a squilibri e disomogeneità, allora possono discenderne delle inefficienze, delle quali, appunto, si faceva menzione.
  Per quanto riguarda la seconda domanda sull'autonomia relativa ad aliquote e base imponibile, a livello delle autonomie territoriali l'imposta più importante è quella sui beni immobili.
  In tutti i Paesi, è il livello regionale o addirittura centrale che definisce la base imponibile. Dopodiché, gli enti locali hanno il diritto di decidere le aliquote. Per quanto riguarda le imposte sui beni immobili, vi possono essere delle aliquote diversificate, a seconda che si parli della prima o della seconda casa, di terreni e così via dicendo. Questo avviene abbastanza di frequente.
  Noi pensiamo che sia giusto applicare aliquote diverse per quanto riguarda edifici e terreni, ma non pensiamo che sia auspicabile avere aliquote diverse a seconda della tipologia dei diversi immobili.
  Per quanto riguarda i meccanismi, se redistributivi o meno, quando si parla di compartecipazioni, anche se si tratta di compartecipazioni orizzontali, si ha comunque un sistema di perequazione. Il sistema tedesco, per esempio, prevede un meccanismo orizzontale, con una redistribuzione attraverso tutti i Länder sulla base di un calcolo pro capite per assicurare una perequazione omogenea. Quello tedesco è il primo esempio che mi viene in mente.
  Esistono dei sistemi di compartecipazione orizzontale che comportano una perequazione. L'unico sistema non caratterizzato da una perequazione è quello spagnolo. La Spagna prevede una ripartizione del gettito dell'IVA tra livello federale e livello regionale. A livello regionale la distribuzione avviene a seconda del PIL della regione, che equivale più o meno a una distribuzione che corrisponde alla fonte del gettito. A eccezione della Spagna, la maggior parte dei sistemi, invece, prevedono una perequazione.
  A tal proposito, c’è da dire che c’è un'eccezione. La maggior parte delle Costituzioni prevedono delle norme a seconda delle quali il livello federale o centrale deve finanziare determinate attività a livello territoriale per il tramite di trasferimenti.
  Nella Costituzione svizzera vi sono 120 articoli che prevedono un meccanismo del genere. Lo stesso vale in Germania. Quindi, i sistemi non perequativi figurano in molte Costituzioni. In un mondo ideale, si dovrebbe avere esclusivamente un meccanismo di trasferimenti perequativi. In altre parole, le regioni dovrebbero essere responsabili del proprio gettito, quindi non sarebbe necessario un ulteriore meccanismo Pag. 11di trasferimento, eccezion fatta per la distribuzione, all'interno della regione, tra livelli di reddito diversi.
  Anche in quei settori, però, in cui i governi regionali hanno una responsabilità per quanto riguarda l'istruzione e la sanità, che sono le aree politiche più importanti, ma anche infrastrutture e trasporti, vi sono moltissime interazioni intraregionali e tra livello centrale e degli enti locali, tali da richiedere un livello di coordinamento fiscale, ovvero trasferimenti.
  La Costituzione italiana prevede un ideale, ma ho l'impressione che non sarà possibile abolire del tutto tutti i trasferimenti non caratterizzati da un'azione di perequazione. Da un punto di vista dell'efficientamento e a livello economico, c’è da chiedersi se questa strada sia perseguibile o meno.
  Per quanto riguarda le regole sulla spesa, le devo chiedere di ripetere la domanda che mi ha posto.

  MARIA CECILIA GUERRA. Le regole sulla spesa riguardano solo il livello e la variazione negli anni o sono anche condizionanti riguardo al tipo di spesa, per esempio ridurre la spesa per il personale o non spendere in un certo settore ?

  HANSJÖRG BLÖCHLIGER, Responsabile del network sul federalismo fiscale dell'OCSE. Nella maggior parte dei Paesi vi sono regole che riguardano la spesa generale. Vi sono altri Paesi non federali in cui vengono previste restrizioni su determinate categorie di spesa. È il caso del Portogallo, dove vi è un limite percentuale per determinate categorie di spesa, ma questa è un'eccezione perché con questi meccanismi si limita o si presume si restringa troppo l'autonomia fiscale.

  FEDERICO FORNARO. Ho solo una curiosità. Le chiedo se esistono, in altri Paesi, sistemi in cui si può arrivare al paradosso che il gettito generato da un tributo locale non si fermi sul territorio, ma finisca a finanziare lo Stato centrale.

  PRESIDENTE. Proviamo a spiegare meglio.

  FEDERICO FORNARO. In Italia, il fondo chiamato «Fondo di solidarietà comunale» è alimentato da un prelievo del 38,23 per cento della principale tassazione sugli immobili, chiamata IMU.
  La somma di questo fondo viene distribuita successivamente per l'80 per cento in maniera standard e per il 20 per cento sulla base delle capacità. Può esserci, però, un caso in cui un comune non riceve nessun trasferimento dallo Stato da questo fondo e sia chiamato, invece, a contribuire e ad alimentare con ulteriori prelievi dal suo tributo locale IMU.
  In sostanza, in Italia, ci sono 650 comuni che vengono definiti «incapienti», cioè che hanno trasferimenti dallo Stato pari a zero in forma sia diretta sia indiretta e, viceversa, finanziano lo Stato centrale.

  HANSJÖRG BLÖCHLIGER, Responsabile del network sul federalismo fiscale dell'OCSE. Se ho ben capito, l'IMU finanzia un fondo di perequazione municipale, cioè il 38 per cento del gettito dell'IMU va al fondo, dal quale ci sono delle formule di ripartizione che redistribuiscono le risorse ai comuni che hanno un gettito dell'IMU inferiore.
  Questa è una configurazione molto diffusa, anche in altri Paesi, con una perequazione orizzontale a livello regionale tra comuni ricchi e poveri. Una parte del gettito va ad alimentare un fondo e con quel fondo si cerca di perequare. È un sistema molto diffuso.
  Rimane, quindi, un tributo municipale perché il gettito non va a livello centrale, ma le regole sono fissate a livello centrale. Deve essere un livello di governo superiore a definire le regole per la perequazione e quindi per la ridistribuzione delle risorse.
  Questo fondo, con questo tipo di modalità, è – ripeto – un sistema diffuso, ma il Governo centrale mi sembra si limiti a fissare le regole; non va a riscuotere e incassare una parte del gettito dell'IMU.

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  FEDERICO FORNARO. Il paradosso è un altro. Ci può essere una situazione in cui il comune – 650 comuni sono in queste condizioni – non riceve più nessun trasferimento dallo Stato, ma è a sua volta finanziatore dello Stato, cioè è costretto ad aumentare le tasse locali per dare soldi allo Stato.

  PRESIDENTE. La perequazione non è semplicemente orizzontale per gli altri comuni, ma in questo caso genera un surplus di 370 milioni di euro che va allo Stato.

  HANSJÖRG BLÖCHLIGER, Responsabile del network sul federalismo fiscale dell'OCSE. Questa è una cosa diversa. Se una componente netta del gettito ritorna al livello centrale, direi che è un caso unico. Infatti, in tutti i sistemi perequativi che riscontriamo tra Paesi europei, ma anche non europei, i sistemi perequativi orizzontali in genere ridistribuiscono in toto gli importi riscossi dai ricchi, trasferendoli ai poveri. Non rimane nulla; non c’è un residuo che va al governo centrale. Se questo avviene in Italia, questa disposizione deve essere ben valutata. È una situazione molto interessante.

  PRESIDENTE. Forse è l'unico caso al mondo in cui non è lo Stato che perequa, ma sono i comuni che perequano sullo Stato.
  Ringrazio il professor Hansjörg Blöchliger per il suo intervento e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.10.

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ALLEGATO

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