XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 36 di Mercoledì 20 maggio 2015

INDICE

Variazione nella composizione della Commissione:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 2 

Comunicazioni del presidente:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 2 

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 

Audizione dell'onorevole Valter Bielli:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 
Bielli Valter  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Bielli Valter  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Pes Caterina (PD)  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Grassi Gero (PD)  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Grassi Gero (PD)  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Bielli Valter  ... 9 
Grassi Gero (PD)  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Bielli Valter  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Bielli Valter  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Grassi Gero (PD)  ... 10 
Bielli Valter  ... 10 
Corsini Paolo  ... 12 
Bielli Valter  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Bielli Valter  ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Bielli Valter  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Bielli Valter  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Bielli Valter  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Bielli Valter  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Bielli Valter  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Bielli Valter  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Bielli Valter  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Bielli Valter  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 14.30.

Variazione nella composizione della Commissione.

  PRESIDENTE. Comunico che la Presidente della Camera dei deputati ha chiamato a far parte della Commissione, in data 7 maggio 2015, il deputato Luca Squeri, in sostituzione del deputato Roberto Occhiuto, dimissionario. Ringrazio, anche a nome degli altri componenti, l'onorevole Occhiuto e do il benvenuto all'onorevole Squeri, augurandogli buon lavoro.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che l'11 maggio il dottor Allegrini ha depositato due relazioni di libera consultazione concernenti l'attività svolta presso l'Archivio centrale dello Stato.
  A una di esse è allegata una email proveniente dallo stesso Archivio, nella quale si conferma che «il fascicolo 11001/145 “on. Moro”, che in effetti compare nell'elenco di fascicoli relativi agli anni 1976-1980, è presente con lo stesso numero anche nell'elenco relativo al quadriennio successivo, 1981-1985. Tuttavia anche lì il fascicolo non c’è e la busta 67 che dovrebbe contenerlo, come la busta 85 della serie precedente, non sembra possa mai averlo contenuto. In entrambi i casi, infatti, i faldoni sono quelli originali nei quali il Gabinetto organizzò la documentazione da versare, e non presentano vuoti. Non sono stati versati all'Archivio centrale i fascicoli correnti dell'archivio generale del Gabinetto relativi ad anni successivi al 1985 e quindi non possiamo sapere se il fascicolo sia slittato ulteriormente in avanti come del resto può accadere in generale negli archivi».
  Il fascicolo in questione è potenzialmente di notevole rilevanza per l'inchiesta parlamentare, tenuto conto dell'obiettivo interesse che la documentazione prodotta dal Gabinetto del Ministro dell'interno con riferimento al caso Moro presenta per l'attività della Commissione. Considerato che – anche alla luce di quanto previsto dalla «direttiva Prodi» dell'aprile 2008 e della «direttiva Renzi» del dicembre 2014 – l'eventuale impossibilità di individuarne il contenuto integrale costituirebbe una circostanza di particolare gravità, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione odierna ha convenuto di tornare a sottoporre la questione al Ministro dell'interno e di informare il Ministro Franceschini e il Sottosegretario Minniti.
  La relazione presentata al riguardo dal dottor Allegrini il 23 aprile scorso (doc. 123/I) è declassificata da «riservato» a «libero».
  Il 20 maggio il dottor Allegrini ha depositato un'ulteriore relazione di libera consultazione per informare che, dall'esame degli inventari acquisiti presso l'Archivio centrale dello Stato, si deduce che il fascicolo in questione è stato smembrato.
  L'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha altresì convenuto di affidare al dottor Allegrini l'incarico di effettuare alcune ricerche documentali presso l'Archivio di Stato di Roma.Pag. 3
  Come convenuto nella riunione del 22 aprile scorso, è in fase di organizzazione una missione a Genova per raccogliere le dichiarazioni del generale Nicolò Bozzo, impossibilitato ad intervenire in audizione a Roma. L'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione odierna, ha deliberato che la missione si svolga lunedì 22 giugno, con andata e ritorno in giornata, e che ad essa prenda parte una delegazione della Commissione della quale sono invitati a far parte i cinque componenti dell'Ufficio di presidenza e un rappresentante per gruppo. I rappresentanti dei gruppi potranno comunicare alla segreteria della Commissione, entro il prossimo 6 giugno, i componenti designati a far parte della delegazione.
  Nella riunione del 6 maggio l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto di promuovere, d'intesa con istituzioni nazionali ed europee, alcune iniziative per commemorare la figura di Aldo Moro.
  Nella riunione odierna, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto di interessare DIS, AISE, AISI e Comando generale dell'Arma dei Carabinieri al fine di acquisire ogni elemento conoscitivo pregresso e successivo alla comunicazione dell'11 maggio 1978 del SISMI al Comando generale dell'Arma e al SISDE, nella quale si riferisce la notizia, appresa il 9 maggio 1978, di traffici sospetti in località Tragliata di Palidoro.
  Sempre nella medesima riunione, l'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha deliberato di affidare al colonnello Pinnelli alcuni accertamenti istruttori.
  Con nota pervenuta il 18 maggio il senatore Imposimato ha richiesto informazioni circa la sua legittimazione a partecipare alle operazioni peritali in corso di esecuzione da parte del RIS di Roma. Al riguardo, lo stesso giorno, è stato fatto presente al senatore che, per poter partecipare alle citate operazioni, dovrebbe far pervenire alla Commissione copia del mandato conferitogli dalla sua assistita.
  Nel corso del mese di giugno – probabilmente mercoledì 10, a partire dalle 21, presso la Sala del Mappamondo – sarà programmata un'audizione di collaboratori della Commissione e di funzionari della Polizia, per fornire un aggiornamento sull'esito delle attività sinora svolte.
  Il colonnello Pinnelli ha depositato: una nota, di libera consultazione, pervenuta il 6 maggio 2015; con nota riservata dell'11 maggio, una lettera del Comando Tutela del patrimonio culturale; il 19 maggio tre note riservate.
  Il 6 maggio le dottoresse Picardi e Giammaria, il maresciallo Pinna e il sovrintendente Marratzu hanno depositato una nota riservata e una di libera consultazione, con annessa documentazione acquisita presso gli uffici giudiziari di Roma.
  Il 14 maggio il dottor Donadio ha presentato una nota di libera consultazione concernente possibili accertamenti sui bossoli rinvenuti in via Fani e una nota riservata nella quale si prospetta l'opportunità di una missione a Genova e a Padova. L'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione odierna, ha autorizzato le due suddette missioni per la durata di un giorno ciascuna.
  Il 18 maggio il dottor Donadio ha presentato una relazione riservata, nella quale si formulano alcune proposte operative alle quali l'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione odierna, ha convenuto di dare seguito attribuendo i relativi incarichi allo SCICO e al tenente colonnello Giraudo.
  Il 14 maggio la dottoressa Tintisona ha depositato due note segrete e una relazione riservata.
  Il tenente colonnello Giraudo ha depositato due relazioni riservate, rispettivamente, il 19 maggio e il 20 maggio.
  Con nota pervenuta l'8 maggio, il Sottosegretario Minniti ha comunicato che sono state già avviate da parte dell'AISE e dell'AISI, anche con il supporto del Ministero degli affari esteri, le procedure di Pag. 4interpello per la declassifica degli atti prodotti da organismi informativi esteri con riferimento al caso Moro.
  Il 7 maggio il comandante del RIS di Roma, colonnello Ripani, ha trasmesso due relazioni concernenti l'esito degli accertamenti condotti su incarico della Commissione.
  Il comandante del ROS, generale Parente, il 19 maggio ha trasmesso due note di libera consultazione aventi ad oggetto accertamenti condotti con riferimento a via Fani e al covo di via Gradoli.
  L'audizione del Ministro Gentiloni, già prevista per il 27 maggio, è rinviata a mercoledì 24 giugno, a partire dalle ore 14.15.
  L'audizione dell'onorevole Salvo Andò – vicepresidente della Commissione P2 nell'VIII e nella IX legislatura, nonché componente della Commissione stragi nella X legislatura – è prevista per mercoledì 3 giugno, alle ore 14.15.
  Il professor Marco Clementi ha assicurato la propria disponibilità ad intervenire in audizione nella serata di martedì 9 giugno.
  Il presidente Severino Santiapichi, contattato per le vie brevi, ha comunicato che non potrà intervenire in audizione.
  Comunico infine che sono in corso di programmazione ulteriori audizioni, che saranno convocate in relazione all'andamento dei lavori parlamentari delle Assemblee di Camera e Senato.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione dell'onorevole Valter Bielli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'onorevole Valter Bielli, che ringraziamo per la cortese disponibilità con cui ha accolto l'invito a intervenire oggi in Commissione. I lavori della Commissione si svolgeranno dalle 14.30 alle 15.30.
  L'onorevole Bielli a partire dal 1999 è stato, com’è noto, attivo e autorevole componente della Commissione parlamentare d'inchiesta sui risultati della lotta al terrorismo e sulle cause che hanno impedito l'individuazione dei responsabili delle stragi istituita nel corso della XIII legislatura e presieduta dal senatore Giovanni Pellegrino. In tale veste ha, tra l'altro, presentato due elaborati di interesse per la nostra inchiesta. Il primo è dedicato a Nuovi elementi concernenti il brigatista rosso Mario Moretti e la sua latitanza, mentre nel secondo si analizza la controversa figura di Giorgio Conforto.
  Ricordo, inoltre, che l'onorevole Bielli è stato componente anche della Commissione parlamentare d'inchiesta concernente il «dossier Mitrohkin» e l'attività di intelligence italiana presieduta dal senatore Paolo Guzzanti.
  Com’è noto, la nostra Commissione ha acquisito, per la parte concernente il caso Moro, gli atti delle due suddette Commissioni. È di tutta evidenza, però, che le acquisizioni documentali sono in grado di testimoniare le attività svolte e i risultati conseguiti ma non le piste investigative che, per ragioni diverse, non si sono potute, in tutto o in parte, esplorare.
  Per questo motivo abbiamo ritenuto di ascoltare in audizione il presidente e alcuni componenti delle precedenti commissioni d'inchiesta che si sono occupate del caso Moro, così da disporre di un quadro completo di tutti gli approfondimenti che sono stati condotti e di quelli che restano ancora da effettuare.
  Prima di dare la parola all'onorevole Valter Bielli mi permetto di porgli due quesiti.
  Nel suo elaborato dal titolo Nuovi elementi concernenti il brigatista rosso Mario Moretti e la sua latitanza (Commissione stragi, 4 agosto 2000) lei esprime, in riferimento ai 55 giorni del sequestro Moro, il dubbio che non tutto sia stato posto in essere per la ricerca di Moretti (a pagina 21) e conclude le sue argomentazioni osservando Pag. 5che «la figura di Mario Moretti emerge con un alone di mistero tale da gettare un'ombra sull'intero operato delle BR, in tutto speculare – ma, purtroppo, drammaticamente convergente – all'attività delle forze dell'ordine e della magistratura».
  Aggiunge, però, subito dopo che «non è possibile trarre da queste argomentazioni ipotesi che non siano azzardate. È, forse, possibile solamente ribadire come sui 55 giorni del caso Moro gravi tuttora l'ombra dell'incredibile inefficienza degli apparati dello Stato in pressoché tutte le sue articolazioni». Questo è scritto alle pagine 23 e 24.
  A distanza di quindici anni da quando lei scrisse quell'elaborato, ritiene che vi siano elementi per accreditare l'ipotesi che nei confronti di Moretti, durante il sequestro Moro, le strutture investigative abbiano mantenuto atteggiamenti non casuali ? Può indicare alla Commissione quali eventuali indagini al riguardo potrebbero essere svolte per dissipare o confermare i dubbi allora da lei espressi ?
  Nel documento da lei redatto su Giorgio Conforto il 6 ottobre 2000 giunge alla conclusione che «Giorgio Conforto non svolse alcun ruolo a favore del KGB in occasione del sequestro Moro» e che, «al contrario, tutta un'altra serie di circostanze ci portano a ipotizzare che Giorgio Conforto abbia lavorato occultamente per quegli stessi apparati che – teoricamente – avrebbero dovuto contrastarne l'attività e che si sono sempre mostrati, in maniera sospetta, fin troppo indulgenti». Dice questo a pagina 252. Può illustrarci sinteticamente quali elementi sorreggono tali conclusioni ?

  VALTER BIELLI. Dopo la mia esperienza parlamentare, a differenza di altri, che hanno scritto libri, anche se ne sono stato tentato, io non ho seguito questo percorso. Il mio interesse è stato più di ordine intellettuale e politico. Pertanto, io non credo di avere, rispetto a quel periodo in cui sono stato impegnato in Commissione, elementi di novità, su cui invece state indagando voi.
  Rispetto alle domande che mi sono state fatte proverò a fornire qualche risposta. Parto dalla figura di Mario Moretti. Nel mio elaborato ci sono diverse questioni che meritano ancora oggi di essere oggetto di attenzione. Inizio da quella che più mi preme. Moretti, a detta di tutti, viene ancora oggi considerato sicuramente il capo militare delle Brigate Rosse. Nel rapimento e nell'omicidio Moro è il protagonista. Da dove proviene Mario Moretti ? Chi era ? Che cosa aveva fatto ? Che cosa si sapeva di lui in quel periodo ? Questo è l'interrogativo a cui io credo che vadano fornite risposte.
  Facendo riferimento alla memoria e sperando di non sbagliarmi, perché un po’ di tempo è passato, parto da un primo elemento, su cui voi avete già lavorato e che conoscete, ma che a me sembra oltremodo importante. È una data: il 1972. Perché ? Perché Mario Moretti già nel 1972 è considerato un elemento pericoloso, legato alle Brigate Rosse. E nel 1972 a Milano, a seguito della scoperta del covo brigatista in via Boiardo, si ritrovano dei documenti, degli atti, in cui figura anche Mario Moretti. Verso Moretti vengono fatte indagini e viene spiccato, credo, anche un mandato di cattura.
  Arriviamo all'episodio di Pinerolo, che conoscete benissimo, con l'infiltrazione di Silvano Girotto, detto Frate Mitra. Io mi trovai ad essere presente all'audizione di Silvano Girotto, in quanto avevo sostituito da poco il collega Paolo Corsini; infatti entrai a far parte della Commissione stragi proprio a seguito delle sue dimissioni. Immediatamente, quando si parla di Pinerolo, salta agli occhi il fatto che vengono arrestati due brigatisti ma non viene arrestato Moretti, per cui io devo fare i conti con chi sia questo Moretti, la cosiddetta «sfinge». Mi sovviene un dato, che, lo ripeto, sicuramente merita di essere oggetto di attenzione.
  Frate Mitra ha rapporti con il capitano Pignero e fornisce le indicazioni affinché gli incontri con i brigatisti vengano fotografati. In alcuni casi credo che ci sia stata anche la registrazione. Noi assistiamo successivamente al fatto che i Carabinieri Pag. 6hanno le foto dei brigatisti, incontratisi con Silvano Girotto; fra queste anche la foto di Moretti, ma l'unico brigatista di cui scompare la foto è proprio Moretti. Questa foto scompare. Aggiungo che anche il fatto che Moretti non venga arrestato è un'altra di quelle questioni che meritano una riflessione. Sembra quasi che lo si voglia lasciare fuori.
  Pertanto, siamo di fronte a un personaggio che nel 1972-1974, in ogni caso, è monitorato e conosciuto dagli apparati di sicurezza e dai servizi.
  Arriviamo al 16 marzo 1978, al rapimento e al sequestro di Moro e a tutto quello che ne consegue. Immediatamente gli apparati di sicurezza, da quel giorno, incominciano a fare segnalazioni riguardo a coloro che potrebbero essere in qualche modo legati al terrorismo. Incominciano a partire segnalazioni e in esse figura anche Moretti. Il nome di Moretti è nella lista dei pericolosi terroristi e questo lo si desume dalle cose che ho detto in precedenza.
  Che cosa succede il 16 marzo ? Partono queste segnalazioni, in cui si dice che Moretti è un soggetto assai pericoloso e si aggiunge, mi pare, un elemento in più, ossia che si tratta di uno dei maggiori esponenti di spicco delle Brigate Rosse. Gli altri brigatisti, quando vengono inviate queste segnalazioni, hanno accanto al nome anche la residenza. Si tenga presente che Moretti non abitava più a Porto San Giorgio, ma stava in tutt'altro posto. Nella segnalazione figura però ancora la sua residenza in Porto San Giorgio.
  Aggiungo che bisogna tenere presente che, dalle informazioni che sappiamo successivamente, Moretti ha rapporti anche con quella entità – chiamiamola così – che è l'Hyperion a Parigi. È un personaggio che ha rapporti, che si sposta in Italia e all'estero ed è assai conosciuto. Siamo, quindi, di fronte a un personaggio che ha queste caratteristiche.
  Aggiungo che con un documento che ci viene presentato dai servizi segreti spagnoli ci viene comunicato che Mario Moretti era andato in Spagna a un congresso del Movimento Comunista a Lejona. Gli spagnoli ce lo comunicano indicandolo con un altro nome, ma individuando il soggetto in Mario Moretti, a dimostrazione, dunque, che il personaggio non era sconosciuto. Era conosciuto anche fuori dal nostro Paese e, quindi, era un personaggio significativo, importante.
  C’è anche un'audizione del dottor Allegra che ci parlava di Moretti come già conosciuto nell'ambito di questa formazione nel 1973.
  Se pensiamo a Moretti, bisogna andare anche molto più avanti nel tempo. Noi lo ritroviamo nel rapimento Moro, con tutto quello che ne consegue, e in merito aggiungo l'ultima osservazione. Il nome di Moretti in tutta questa situazione è conosciuto, ma poi scompare sempre. Nel rapimento Moro, a un certo momento, si incominciano a fare le indagini e si verifica una serie di fatti importanti e significativi. Quando si fanno le indagini e vengono comunicati alle questure i nomi dei brigatisti, il nome di Moretti scompare ancora una volta.
  Anche se il nome di Moretti era stato dato, Infelisi dice (mi pare che lo dica Infelisi, sentito con De Matteo e con Pascalino) sostanzialmente: «Io facevo le indagini, ma non conoscevo Moretti», mentre il procuratore generale Pascalino dice che lo conosceva. È strano, però, che chi doveva fare le indagini non lo conoscesse o che non glielo avessero comunicato.
  Viene fuori che il nome di Moretti, a questo punto, è presente, ma poi scompare. C’è da chiedersi il perché. Io credo che dietro tutto questo ci sia non – permettetemi – l'idea di un'insipienza o di una difficoltà dei nostri apparati di sicurezza a fare bene le indagini. Io credo che si sia voluto coprire Moretti.
  È tanto vero questo che in una dichiarazione Infelisi, riferendosi a quando si doveva spiccare il mandato di cattura per Moretti, dice sostanzialmente: «Abbiamo rinviato la data del mandato di cattura perché mi viene detto che ci si vuole riflettere – il mandato di cattura, che era stato fatto il 20 aprile, viene spostato al 24 aprile – in quanto sembra che il procuratore capo abbia parlato con qualcuno Pag. 7che era al di fuori del circuito normale». Questo «al di fuori» io non sono in grado di sapere chi sia. Se volete, dopo esprimerò la mia opinione. Si nota comunque un dato: c’è sempre verso Moretti questo atteggiamento che è, in qualche modo, di copertura.
  Lasciatemi anche dire un'altra cosa che forse merita non poca attenzione: per esempio, è un personaggio che, anche quando viene arrestato successivamente, mai parla. È un irriducibile. Io mi sono chiesto perché un personaggio simile abbia avuto da parte dei giudici la possibilità di restare in carcere – passatemi il termine – il meno possibile. Pare che su coloro che hanno commesso i più efferati delitti si sia utilizzata un'attività, o meglio un atteggiamento quasi premiale.
  Al momento di Moretti io ricordo queste cose. Prima ho detto che avrei potuto aggiungere qualcosa di più rispetto alle responsabilità. Io non riesco a dire, a differenza di altri, che fosse un agente di una parte o dell'altra. Questo mi sembra un po’ forte. La cosa che mi sento di dire, però, è abbastanza semplice ed è che verso Moretti gli organi che erano preposti, per le loro responsabilità, da una parte la magistratura e dall'altra gli organi preposti alla sicurezza, hanno utilizzato un atteggiamento non consono rispetto a quello che si è tenuto rispetto ad altri personaggi.
  Da questo punto di vista io non sostengo, come qualcuno fa, che ci siano state insipienze o difficoltà perché tali organi erano impreparati. Io credo che si sia volutamente fatto in modo di non arrestarlo nel momento in cui lo si poteva arrestare.
  Qui mi sovviene l'ultima osservazione. Permettetemi, è una considerazione. Che cosa sarebbe accaduto se avessero arrestato Moretti ? Il vero problema di Moretti è che egli, a un certo momento, prende in mano l'organizzazione terroristica e le fa fare una torsione di un dato tipo. A quale fine, a quale pro ? Questo avviene, in particolare, sulla vicenda di Moro, su cui forse ritorneremo. Io per ora mi fermerei qui su Moretti.
  Continuo su Conforto ?

  PRESIDENTE. Su Conforto, sulle figlie e sul contesto familiare complessivo.

  VALTER BIELLI. Riguardo a Conforto, io ho notato che anche sulla stampa e forse anche in altre occasioni – io sono stato anche nella Commissione Mitrokhin – si sono dette molte cose.
  Faccio una prima considerazione. L'agente più importante del KGB in Italia non avrebbe mai potuto essere Conforto, perché il vero agente che svolge un ruolo è quello che non viene conosciuto. Altrimenti, se permettete, è un agente poco buono.
  La storia di Conforto è molto particolare, perché è un personaggio che nel 1932 viene arrestato dalla polizia fascista per attività sovversiva in ragione del fatto che si era schierato a sinistra, contro il fascismo. Viene arrestato e, quindi, va in carcere. Poi succede un fatto strano: l'anno dopo è diventato anticomunista. Passatemi una battuta: vedo che si cambia facilmente opinione anche oggi, ma allora credo che fosse un po’ più complesso.
  Aggiungo, e questa è la cosa che più fa riflettere, che due anni dopo, nel 1934, Conforto chiede a Mussolini la possibilità di essere reintegrato ed è lo stesso Mussolini che lo reintegra. E dove mettono questo agente segreto ? Dapprima al Ministero dell'agricoltura: Conforto diventa un funzionario del Ministero dell'agricoltura sotto il regime fascista. La cosa altrettanto degna di nota è che nel 1940 viene trasferito dal Ministero dell'agricoltura in quello che è, io credo, uno dei punti nevralgici di un apparato, ossia al Ministero degli affari esteri.
  Successivamente ci sono alcune questioni interessanti. Una prima di queste è che, mi pare nel 1941, il capo dell'OVRA, Leto, in una lettera fa riferimento a Conforto e ne parla come di un uomo legato all'OVRA. Tant’è vero che in passato Conforto si sarebbe attivato per avere rapporti con i fuoriusciti sovietici, con cui in quel momento faceva i conti.
  Nel 1946 – siamo nel periodo dei rapporti anche con gli Stati Uniti – quello che era considerato uno dei maggiori Pag. 8esponenti dei servizi di intelligence americani, Angleton, parlando, mi pare, con Federico Umberto D'Amato, ricorda la figura di Conforto. Questo è il Conforto che noi conosciamo fino al 1946-1948.
  Anche riguardo al successivo c’è qualcosa di particolare e di strano, perché nel dossier Mitrokhin risulta sotto il nome di Dario ed emerge come si fosse attivato a favore dell'URSS, e risulta anche che egli e la moglie si trovano a ricevere una grande onorificenza da parte dell'Unione Sovietica.
  In Italia noi cosa facciamo a Conforto ? Quando chiede, per ragioni della sua attività antifascista, che gli venga data la pensione, noi italiani gli diamo la pensione. È un personaggio di questo tipo. Questo è il Conforto che noi conosciamo.
  Conforto come può essere presente sul caso Moro ? Questo è l'interrogativo su cui il presidente rifletteva. Io ricordo due episodi. Ovviamente, si è detto che a casa di Giuliana Conforto vengono arrestati Morucci e Faranda e che c’è il padre. Questa è la notizia che nella pubblicistica è sempre presente. Faccio presente, però, che la dottoressa Vozzi, che fu successivamente una dirigente dei nostri servizi di intelligence, in quel periodo faceva parte, credo, di uno dei nostri corpi di polizia ed era fra coloro che parteciparono all'arresto di Morucci e Faranda in casa di Giuliana Conforto. E in audizione la dottoressa Vozzi ci dice che non c'era il padre in quel momento.
  Cossiga ci viene a dire che, in verità, l'arresto di Morucci e Faranda dovrebbe essere stato realizzato attraverso i rapporti che Conforto aveva con i nostri apparati di sicurezza, perché aveva paura che la figlia potesse subire conseguenze rispetto a questa vicinanza al mondo brigatista.
  Conforto, quindi, lo ritrovo su questa questione dell'arresto di Morucci e Faranda. Vorrei fare una considerazione che riguarda la figlia, che credo meriti attenzione. Sappiamo quello che si trova nella casa della figlia, ma merita attenzione un dato. La figlia di Conforto, a seguito delle indagini per l'accusa che le viene mossa, subisce ovviamente un processo, ma viene assolta. Chi è l'avvocato della figlia ? È un certo avvocato Cascone, il quale ha una provenienza dall'estremismo di sinistra. È intervenuto su alcune vicende che hanno riguardato gli estremisti di sinistra, ma successivamente risulta agli atti – poi possiamo guardarli con attenzione – avere un rapporto diretto con Federico Umberto D'Amato, ossia con l'Ufficio affari riservati del Ministero dell'interno.
  Perché dico queste cose ? Perché quello che ne viene fuori – io dico quello che penso di Conforto – è che noi siamo sicuramente di fronte a un uomo legato ai servizi, che, a mio parere, aveva rapporti con i servizi dell'Europa orientale; a un uomo sempre monitorato, ma anche che, per la storia cui ho fatto riferimento e per le conoscenze che abbiamo, era non solo monitorato, ma anche legato agli apparati del nostro Paese.
  Cosa dire di Conforto ? Esprimo un'opinione personale. Dire che fosse un agente doppio forse è esagerato. Io oserei dire che fosse un agente di influenza che, volta per volta, veniva utilizzato: un personaggio assai particolare.
  Per ora mi vengono in mente queste cose.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CATERINA PES. A proposito di Conforto, cosa pensa del fatto che qualcuno interpreta la circostanza che Faranda e Morucci furono arrestati nell'appartamento della figlia nel senso che egli in qualche modo avrebbe favorito l'eliminazione della parte trattativista delle BR ?

  PRESIDENTE. Peraltro, l'onorevole Bielli se lo ricorderà, un ex collega parlamentare dei Radicali – ora non ne ricordo il nome – ha scritto un testo, alcuni anni orsono, di cui mi hanno colpito due pagine. Vi si dice sostanzialmente: «Io dovevo andare ad abitare a casa della figlia di Conforto, dove stavano Morucci e Faranda, cosa che io non sapevo. Mi avevano individuato una stanza. Quella Pag. 9notte avrei dovuto già dormire lì, ma poi, per motivi contingenti, non sono potuto andare. In quella stanza, sotto il materasso dove io avrei dovuto dormire, si è trovata la Skorpion connessa all'omicidio Moro». Questo è scritto. È un dato pubblico. L'ex deputato radicale dice: «Io non ho congetture. Dovevo andare a dormire lì, non sapevo niente di tutto questo». Guarda caso, però, nel letto in cui avrebbe dovuto dormire avevano trovato l'arma. La mattina dopo è avvenuto l'arresto. Se si fosse trovato lì, la notizia sarebbe stata che erano stati arrestati quei due e che era stato trovato il deputato radicale con la Skorpion sotto il materasso. Questo è ciò che dice. Prima o poi mi ricorderò come si chiama, visto che ha pubblicato il libro. Non vedo Grassi preparato.

  GERO GRASSI. Non mi viene. Io ho il libro, anche con la dedica.

  PRESIDENTE. Come si chiama ?

  GERO GRASSI. Non mi viene in mente.

  PRESIDENTE. Vede ? Perde colpi.

  VALTER BIELLI. Io non sono in grado forse di fornirle la risposta che desidera. Mi permetta, però, un'osservazione. Lei mi pone una questione che esula anche da Conforto. È una questione su cui voi vi siete cimentati molto e che riguarda il problema della trattativa. Se permettete, io esprimo una mia opinione.

  GERO GRASSI. Si tratta di Alessandro Tessari.

  PRESIDENTE. Esatto, è l'onorevole Tessari.

  VALTER BIELLI. È in vita e attivissimo.
  Sul problema della trattativa le mie sono opinioni molto personali. Tuttavia, visto che siamo in Commissione e, che, come tale, chiedete degli spunti, voglio dire la mia opinione rispetto a questo tema.
  Io penso che, se c’è stata una trattativa, forse il Vaticano e la famiglia l'avranno fatta. Credo che l'abbiano tentata. Tuttavia, il tema della trattativa è molto complesso e delicato. Qui vorrei soffermarmi su una questione. Sarò estremamente radicale nelle cose che dirò.
  Oltre alle cose che ci dice l'americano Pieczenik – voi conoscete le cose che ha detto, ragion per cui io non le ripeto – io ho nella mente e, se permettete, anche nel cuore anche l'audizione di Cappelletti.

  PRESIDENTE. Quella sul martirio.

  VALTER BIELLI. Cappelletti non era mai stato audito, neanche dall'autorità giudiziaria. Ce lo troviamo in Commissione. Perché ce l'ho nel cuore ? Intanto parto da un primo dato. Cappelletti viene – si è quasi presentato spontaneamente – e ci dice due cose molto importanti.
  La prima è la seguente: «Io ero in Spagna e vengo chiamato da Cossiga per far parte del Comitato». Era in Spagna e viene chiamato. Tenete presente che Cappelletti è un uomo finissimo, era il direttore della Treccani. Aggiungo, però, che era anche legato alla chiesa del reverendo Moon, ossia a organizzazioni il cui scopo principale era l'anticomunismo generalizzato: era stato anche il capo della sezione italiana.
  Detto questo, Cappelletti dice che viene chiamato e, ci ripete, chiamato da Cossiga. Nell'audizione la cosa tremenda – ecco perché è agghiacciante; lo dico per me – è che, a un certo momento, fa riferimento con me, che non ho dimestichezza con i santi, al fatto che si doveva ricordare sant'Ireneo e che bisognava pensare al martirio, perché così avrebbero fatto i cristiani, e dice chiaramente che Moro doveva morire.
  Vorrei essere chiaro: non è solo Pieczenik che dice queste cose. Questo lo dice Cappelletti. Se l'uomo chiamato da Cossiga dice cose di questo tipo, che trattativa mai si poteva fare ? Vuol dire che la sorte di Moro era già segnata. Possiamo discutere, ma secondo me, a un certo momento, si ha il dato che la sorte di Moro è segnata.

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  PRESIDENTE. Per completezza di informazione, l'altra sera, in un dibattito, il ministro Rognoni ha raccontato un aneddoto su Cappelletti che a me sfuggiva. In una vicenda di Fiumicino fu mandato lo stesso Cappelletti come esperto per la trattativa.

  GERO GRASSI. Ovviamente, il ministro Rognoni non avrà parlato di via Montalcini e dell'appunto che ebbe.

  VALTER BIELLI. Stavo parlando della trattativa. Della trattativa si è parlato molto. Vedo che ne avete discusso molto. Io qui ho fatto riferimento al rapporto che c'era fra Cappelletti, il Comitato e Cossiga, non a caso.
  Per esempio sul fatto che Cossiga fosse tanto addolorato della morte di Moro e che, quindi, sia stato quasi vittima anch'egli di questa vicenda, se permettete, io ho più di un dubbio. Del Cossiga tanto impegnato per la liberazione di Moro, per quanto mi riguarda, io non ho menzione. Aggiungo che, se si fa riferimento agli atti veri, non al rapporto personale che qualcuno può aver avuto con Cossiga, io credo che la figura di Cossiga non ne esca con un alone di bellezza, ma in maniera diversa.
  Dico questo per arrivare anche a un'altra considerazione, che riguarda un aspetto, sempre in merito alla trattativa, che non so se sia stato considerato in altre occasioni. È il Partito Socialista che in quel periodo si presenta come il partito più impegnato attorno alla trattativa. Io credo che anche dalle audizioni e dalle conoscenze sia chiaro che da parte del Partito Socialista ci si attiva e si cerca di aprire dei canali di trattativa.
  Tuttavia, io, se permettete, pongo un problema di tipo diverso. È una riflessione sul Partito Socialista, ma è una riflessione, più in generale, su che cosa si è fatto rispetto alla trattativa. Il Partito Socialista si trova, anche attraverso Landolfi (dirigente di spicco di quel partito) che fra l'altro era legato anche all'Hyperion, ad avere rapporti anche con due soggetti, Pace e Piperno, che attorno a questa questione non sono figure secondarie.
  Pace viene in Commissione e quando gli viene chiesto: «Lei come si muoveva per Roma ?», risponde: «Avevo delle tecniche anti-pedinamento. Salivo sugli autobus e uscivo».
  Posso fare una battuta ? Credo che sarei stato in grado io di pedinarlo senza farmi scoprire. Se le tecniche di pedinamento attuate su uno che va in autobus e scende sono tali che i nostri servizi non riescono a pedinarlo, io credo che non siano servizi o che volessero occuparsi di altre cose.
  Pace e Piperno, con Morucci e Faranda, rientrano nel discorso che lei prima ha richiamato. L'osservazione mia è duplice. Come prima questione, in tecniche di sequestro di persona in cui c’è il problema di recuperare l'ostaggio o i soldi, che cosa fanno le forze di sicurezza ? Ovviamente, lasciano aperto il canale della trattativa, fanno in modo che non si chiuda, ma non stanno ferme, nell'ombra, solo ad osservare. Cercano di capire, se le cose vanno male, come si recupera l'ostaggio e il tipo di intervento che si deve fare.
  In quest'occasione, in cui c’è la trattativa, in cui si sa che Pace e Piperno si stanno muovendo, che cosa fanno i nostri servizi ? Come cercano, anche rispetto a Pace e Piperno, di farsi dire con chi hanno rapporti e dove potrebbero trovarsi i possibili sequestratori e l'ostaggio ? Che tipo di rapporto si è stabilito ? Non si andava avanti perché si aveva paura per l'ostaggio ? Si vedano i tempi e si scoprirà che non erano questi i problemi.
  L'altra osservazione è che anche lo stesso Partito Socialista avrebbe potuto aiutarci di più in questa direzione. Avrebbe potuto fornirci qualche informazione in più. Va benissimo la trattativa, ma, nello stesso tempo, io credo che qualche elemento in più potesse essere dato.
  Chiudo con l'ultima osservazione. Una delle forze, delle possibilità straordinarie che hanno avuto i terroristi è che c'era sempre attorno a loro quella che io non chiamo una zona d'ombra, ma comunque della gente contigua, non terroristi, che, se non li ha protetti, non ha fatto nulla per Pag. 11farli conoscere. Piperno ci ricorda, per esempio, che aveva incontrato Moretti in un appartamento vicino a piazza Cavour, dove c'era l'alta borghesia. Per molti di questi signori era bello avere il terrorista perché dava tono al salotto buono. C’è un'area di questo tipo.
  Io credo che si sia sconfitto il terrorismo quando si è chiuso con questo atteggiamento, quando si è fatto capire che stare «né con lo Stato, né con le Brigate Rosse» era una posizione politica sbagliata e pericolosa, e che bisognava prendere le distanze dalle Brigate Rosse. Io credo che, quando la democrazia italiana ha preso le distanze – quando dico «democrazia», faccio riferimento ai partiti e ai movimenti democratici – dal terrorismo, l'abbiamo sconfitto.
  Se permettete, io però pongo un problema di tipo diverso, relativo a che cosa siano le aree contigue. Se abbiamo capito che cosa sono le aree contigue per quanto riguarda il terrorismo, perché nel processo Moro la P2 in molte occasioni viene nominata, ma poi viene lasciata da parte ?
  Aggiungo – fatemelo dire, è una considerazione sul presente che riguarda solo me stesso – che oggi, quando si parla della P2, la si considera un residuo, come se fosse stata un incidente, come se la vicenda della P2 e il lavoro fatto da Tina Anselmi fossero stati solamente acqua fresca, e la P2 non fosse stata una pesantissima intrusione nella politica del Paese e nella nostra democrazia.
  Io la penso molto diversamente, ma tanto diversamente che credo che la P2 fosse la cassa di risonanza dell'atlantismo peggiore. Forse anch'io in passato ho avuto un atteggiamento sbagliato, quando, facendo riferimento al mondo atlantico, generalizzavo. Invece, bisogna sempre distinguere. Anche rispetto ai servizi americani noi parliamo spesso di CIA, ma la CIA non è una sola. La verità è che rispondevano a pezzi, rispondevano volta per volta a chi li dirigeva. Molte volte determinati fatti accadevano in relazione a chi dirigeva.
  Pertanto, io non voglio generalizzare, ma ho detto prima che la P2 era la cassa di risonanza dell'atlantismo peggiore. La P2 viene utilizzata per stabilizzare il nostro Paese. Quello era il mondo di Yalta, in cui l'Italia doveva essere stabilizzata. Aggiungo che all'Unione Sovietica andava bene, perché stabilizzare l'Italia stabilizzava anche l'Est. C'era una convergenza fra le due superpotenze. Intendevano lasciare che l'Italia si stabilizzasse perché, a questo punto, anche all'Est i sovietici potevano fare quello che volevano. Da questo punto di vista c'era una convergenza fra le due superpotenze.
  Tuttavia, se la P2 voleva la stabilizzazione e, per quanto mi riguarda, ha agito con tutte le cose che ho detto poco fa, il discorso è, rifacendomi a una frase che gli avvocati usano spesso: «Come poteva non sapere ?». Dico ciò in riferimento a chi era contiguo alla P2.
  Io parlavo di contiguità. La P2 che cos’è ? Ho parlato di questa cassa di risonanza atlantica, ma la P2 è anche un fatto nazionale. La P2 è la deviazione di una parte della Massoneria, è la degenerazione estrema di una parte della Massoneria. Faccio un'osservazione: poteva la Massoneria ufficiale non sapere nulla ? Abbiamo mai indagato questo anche per capire meglio ? Lo dice uno che abitava a Forlì. Tra l'altro, io ero eletto nel collegio di Predappio: lo dico, così faccio sorridere. Ravenna è uno dei luoghi della Massoneria più forti, con il gran maestro Gamberini e così via.
  Forse esprimerò un'opinione personalissima. Si è parlato di Gradoli, si è ironizzato su Prodi e sulla seduta spiritica. Tuttavia, hanno ironizzato coloro i quali, in quel periodo, inviarono un rappresentante dei nostri servizi di sicurezza nei Paesi Bassi, da un medium, per vedere se poteva dire loro qualcosa sull'omicidio Moro. Si ironizza, quindi, sulla seduta spiritica e poi si va da un medium là ? La cosa è piuttosto particolare.
  Faccio questo ragionamento per addivenire a un'altra questione. Sulla seduta spiritica abbiamo detto queste cose. Altri ci hanno detto che forse alcune informazioni su Gradoli ci vengono da altri versanti Pag. 12e che un versante è l'Autonomia bolognese. Non aggiungo altro perché conoscete alcuni fatti.
  Io vorrei buttare benzina sul fuoco. Non potrebbe essere stata, invece, una parte della Massoneria ? Perché viene scartata a priori, se c’è anche una contiguità ? Parlo di quella Massoneria che, a un certo momento, rispetto ad alcune degenerazioni, cerca di intervenire in una maniera propositiva.
  Questi sono alcuni filoni di indagine basati su opinioni personali.

  PAOLO CORSINI. Scusate, non potrebbe essere stata la Massoneria a fare che cosa ?

  VALTER BIELLI. A dare il nome di Gradoli.

  PRESIDENTE. Su chi ha dato il nome di Gradoli credo che ci sia una letteratura sterminata. A me appassiona molto sapere chi ha dato il nome di Gradoli e poi perché siano arrivati tardi al covo, ma questo lo vedremo successivamente.

  GERO GRASSI. Io vorrei ringraziare l'onorevole Bielli, ma vorrei anche integrare qualche cosa ed eventualmente confrontarmi. Lo faccio con estrema sintesi.
  Nella casa di Conforto – lo dico per la storia, perché altrimenti sembra che non ci fossero – ci sono la carta intestata dell'Istituto Pro Deo di padre Morlion, un agente segreto della CIA, e la carta intestata di via della Nocetta 4, dove abitava monsignor Marcinkus. Potrebbe darsi che Conforto fosse un «capriolista» di terzo livello, ossia che giocasse con tutti.
  Noi non dobbiamo meravigliarci di questo, anche perché – anche qui absit iniuria verbis – il rapporto tra Giuliana Conforto e Piperno non è terzo alla vicenda, soprattutto se abbinato al rapporto Piperno-Bozzi di via Gradoli e al rapporto Bozzi-Conforto. Se noi queste cose le scolleghiamo, sembrano tutte schegge impazzite, ma in realtà così non è, perché c’è un filo tra queste persone e questi fatti.
  Io non ho la certezza che Conforto fosse il capo del KGB in Italia, ma è dimostrato che Aillaud, ambasciatore italiano nell'Est europeo, fosse un agente segreto della STASI della DDR e che fosse colui che ha fatto arrivare in Italia Sergej Sokolov, il quale era apparentemente uno studente di scienze politiche dell'università di Roma, ma in realtà era un pericoloso colonnello del KGB.
  Se Aillaud faceva questi giochi, potrebbe darsi che Conforto li riproducesse nell'altra direzione. Noi dobbiamo sempre ricordare che nel 1978 c'erano sì l'Est e l'Ovest, ma c'erano anche quelli che lavoravano per l'Est e per l'Ovest insieme.
  Aggiungo un'altra brevissima considerazione. Nel 1978, sulla chiesa ubicata in via Caetani, a scendere a sinistra, c'era una strumentazione CIA rivolta verso via delle Botteghe Oscure per la captazione di quello che si diceva nella sede del PCI. Sempre nel 1978, però, sulle Botteghe Oscure c'era una strumentazione KGB rivolta verso piazza del Gesù, per captare quello che si diceva nella sede della DC. Questo era il mondo nel 1978: le spie si incrociavano e si spiavano reciprocamente. Queste cose le dico soltanto per...

  PRESIDENTE. Per favorire la confusione.

  GERO GRASSI. No, per aggiungere qualche particolare alla relazione dell'onorevole Bielli.
  Aggiungo un'ultima cosa: Cossiga aveva un interlocutore, lo scrive lui. Non era un interlocutore secondario. L'interlocutore di Cossiga si chiamava Pecchioli. Non è un fatto secondario che Cossiga dica che concordava e parlava con Pecchioli. Non è un fatto secondario che il decreto-legge del 21 marzo 1978, quello che portava alla subordinazione della magistratura capitolina al Ministero degli interni, l'abbia concordato con Ugo Pecchioli. Evidentemente c'era una sponda che andava al di là dello stretto perimetro.
  Peraltro, Cossiga dice di essersi ammalato per la vicenda Moro. Non lo so. Secondo me, sono più quelli che ha fatto Pag. 13ammalare e morire che la malattia che ha avuto lui. Tuttavia, aveva un'interlocuzione e, quando io dico che aveva un'interlocuzione, poiché lo dichiara lui...

  PRESIDENTE. Ha acquisito anche la laurea in medicina e chirurgia, vedo. Bene. L'esercizio abusivo della professione, però, è proibito in questo Paese.

  GERO GRASSI. Lo dichiara Cossiga che aveva l'interlocuzione con Pecchioli.

  PRESIDENTE. Non mi riferisco a Pecchioli. Mi riferisco alle cause di decesso prodotte o indotte. Volevo evitarle l'esercizio abusivo della professione. Per il resto, la parola è libera.

  GERO GRASSI. Era una captatio malevolentiae, che di questi tempi non guasta, su un argomento del genere.
  Svolgo l'ultima considerazione sulle osservazioni fatte dall'onorevole Bielli. Agli atti dei procedimenti è dimostrato che le Brigate Rosse non avessero deciso di uccidere Moro all'inizio del rapimento. Lo dicono tutti. Questo non vuol dire che la trattativa fosse più larga o più stretta. Io non lo so, ma l'esecuzione di Moro è stata decisa in corso d'opera.
  L'ultimissima questione riguarda Moretti. Nel settembre del 1974, prima dell'episodio del casolare, di Mara Cagol per capirci, Moretti sfugge a un altro arrivo dei Carabinieri a Parma. Ci sono sei o sette episodi di Moretti che sfugge ai Carabinieri il giorno prima dell'arresto di altri brigatisti.
  C’è poi agli atti una dichiarazione di Morucci che afferma: «Fatevi dire da Moretti chi è l'irregolare delle Brigate Rosse che nella casa di Firenze preparava le domande che Moretti materialmente porgeva a Moro». Moretti viene definito da chi l'ha conosciuto, dai magistrati e dagli stessi brigatisti, perito industriale con basso livello culturale, incapace di reggere il confronto con uno come Moro.
  Cosa voglio dire, onorevole Bielli ? Voglio dire che Moretti poteva essere il capo militare delle Brigate Rosse, ma non il capo ideologico e culturale. Nello stesso tempo, però, nel percorso di indagine su Moretti restano tantissimi buchi che perlomeno ce lo possono far individuare come personaggio molto ondivago tra due pendoli, lo Stato e l'Antistato.

  VALTER BIELLI. Riprendo per un attimo le cose dette dall'onorevole Grassi. Io sono d'accordo con le cose che ha detto, in particolare sulla figura di Moretti. Ho detto prima che vengo da Forlì e voi sapete che Forlì è legata all'omicidio di Ruffilli, ma anche a Senzani.
  Aggiungo una nota sola su Senzani. Ho parlato prima dell'episodio di Cappelletti, il quale, per alcuni versi, mi ha fatto stare male dal punto di vista anche personale per le cose che ha detto su Moro. Ho presente anche, però, l'audizione di Tindari Baglione, in cui, quando noi gli ponemmo domande su come agissero gli apparati di sicurezza e la magistratura, a un certo punto rispose: «Come volete che agissimo ? Avevamo lo stesso consulente». Si tratta di Senzani.
  Permettete una battuta. Nella cronaca locale a Forlì è uscita una dichiarazione di Senzani.

  GERO GRASSI. No, una minaccia. L'ho letta.

  VALTER BIELLI. Il senso è: «Non parlate di me, perché io non c'entro niente con l'affare Moro». Io credo che Senzani...

  PRESIDENTE. Ce l'ha notificato per paura che non leggessimo la stampa locale.

  VALTER BIELLI. Dico questo perché fra le cose che avevamo appurato in quel periodo c'era sicuramente il fatto che nella questione di Firenze potesse essere Senzani il personaggio coinvolto. Quando parliamo di Senzani, dobbiamo parlare anche di suo cognato, Fenzi, un personaggio di cui si parla sempre un po’ troppo poco, acculturato, professore universitario. Peraltro, c’è un suo libro.Pag. 14
  A proposto di Moretti e delle tecniche, aggiungo anche che sono molto d'accordo sul fatto che ci sia stata, durante il rapimento Moro, una torsione dalla prima fase in cui le Brigate Rosse dicevano: «Renderemo pubblico tutto», e poi una fase successiva in cui questo non accade.
  Voglio fare un'osservazione sulle Brigate Rosse che forse è importante. Io non dirò che le Brigate Rosse sono state eterodirette. Le Brigate Rosse sono un fenomeno essenzialmente nazionale e avevano una loro logica. Dico, però, un'altra cosa, ossia che le Brigate Rosse sono state infiltrate, osservate, orientate, coperte.
  La verità attorno alle Brigate Rosse è che, a seconda di quello che facevano, i servizi e gli apparati stranieri le hanno utilizzate, in ragione del fatto che c'era un fine loro autonomo. Dire che le Brigate Rosse a un certo punto non abbiano subìto influenze da parte di altri è una sciocchezza, anzi, sono state in molti casi anche influenzate, orientate.
  Affermo questo per arrivare anche a dire che lo stesso Senzani – in proposito non ho capito perché si siano dette cose diverse – è un altro di questi personaggi ambigui. Ho già detto che era un consulente. Era stato anch'egli in America. Qualcuno dice che avesse anche rapporti con la CIA.
  Io non so se Senzani voglia più essere audito. Moretti non l'ha voluto. Anche Senzani è fuori dal carcere. Io dirò ora una cosa che bisognerebbe forse verificare, a proposito di Senzani: quando lavoravamo in Commissione, credo che il materiale della Commissione venisse poi versato immediatamente a una società o a un qualcosa del genere che doveva trascrivere il tutto. Io credo che i primi ad avere queste informazioni fossero quelli della cooperativa in cui c'era Senzani. Rispetto a Senzani, per quanto mi riguarda, se devo esprimere un'opinione personale, è legato all'omicidio Moro perché era già nelle Brigate Rosse da prima e a Firenze si riuniva il comitato esecutivo. Quindi, da questo punto di vista merita attenzione.
  Passo all'ultima questione. Io non ho parlato di via Monte Nevoso, ma ho bisogno di dire una cosa perché mi preme anche dal punto di vista personale. Su via Monte Nevoso sono io che pongo la domanda sulle carte al colonnello Bonaventura. Bonaventura dice: «Sì, le carte c'erano e io le ho immediatamente portate via». È lì che, giustamente, il presidente Pellegrino interviene e fa parlare Bonaventura. Il discorso del memoriale viene fuori a seguito di quell'audizione di Bonaventura. Con Bonaventura c’è un dialogo, che poi potrete leggere, perché risulta agli atti. Una delle domande che io pongo a Bonaventura è la seguente: «Scusi, ma lei porta via le carte e afferma che le ha riportate. Chi mi dice che lei le ha riportate tutte ?». Egli risponde: «Io, che sono un uomo dello Stato». È un uomo dello Stato che, però, non ha aspettato che venissero i magistrati per fare il loro mestiere.
  Perché intendevo dire una cosa personale ? Perché in quel periodo c’è un episodio, l'episodio dell'audizione di Spataro e Pomarici, che merita attenzione. Io sono di Forlì, ma è di Forlì anche Sergio Flamigni, e Gualtieri era di Cesena. La mia attenzione ai problemi del terrorismo nasce anche dalla circostanza di essere vissuto in una realtà in cui sono stato influenzato dal punto di vista politico da questi personaggi.
  Nei rapporti che avevo con il senatore Flamigni avevo avuto modo anche di appurare che a più riprese Flamigni, dopo il 1978, aveva chiesto che si andasse a verificare che cosa c'era in via Monte Nevoso. In quel periodo le risposte di Spataro e Pomarici furono: «Abbiamo già fatto tutto. Abbiamo scarnificato il muro. Non c’è niente». Nel 1990 arriva poi il muratore e dietro una parete di cartongesso vengono fuori le cose che sappiamo.
  Alla domanda sul perché di queste cose, Spataro non risponde. Io insisto molto, dicendo: «Perché da parte vostra non ci si è attivati prima ?». La cosa che mi ha sorpreso, per la quale ho voluto fare questa considerazione, è che Spataro successivamente, rispetto al fatto che noi gli avevamo chiesto perché si fosse comportato in questo modo, in un suo libro cita Pag. 15soprattutto me e Pellegrino come se noi avessimo attentato a qualcosa. Noi non facevamo altro che chiedere a Spataro se avesse fatto o no il suo dovere.
  Riguardo a questo problema di Spataro – permettetemi anche l'ultima osservazione – avviene un episodio: qualcuno cerca di insinuare il fatto che noi avessimo quasi voluto mettere in cattiva luce Dalla Chiesa. Non era questo il punto. Dalla Chiesa è stato uno degli uomini... Tra l'altro, ha sacrificato la propria vita.

  PRESIDENTE. Hanno fatto un'interpellanza con un centinaio di firme.

  VALTER BIELLI. Hanno fatto un'interpellanza con un centinaio di firme rispetto a questa questione. Nessuno di noi voleva mettere in ombra il ruolo di Dalla Chiesa.

  PRESIDENTE. Il magistrato interpellato ha poi risposto o no ?

  VALTER BIELLI. Cosa ha risposto ? Attaccando noi, la Commissione.
  In quell'occasione si crea un fatto strano: si cerca di metterci contro Dalla Chiesa, compreso il figlio. Peraltro, io sono amico anche di Nando Dalla Chiesa.
  Perché ricordo questo episodio ? Anche per onore di Dalla Chiesa; noi non volevamo mettere un'ombra su di lui, anche perché avevamo consapevolezza che, dotato di poteri speciali, cercasse di utilizzarli in modo appropriato. Una cosa, però, è certa, e con questa vorrei concludere: noi non abbiamo mai avuto l'originale del memoriale di Moro.

  PRESIDENTE. Neanche le bobine.

  VALTER BIELLI. Neanche le bobine. Abbiamo delle fotocopie, non tutte. Non sappiamo quali siano. Se permettete, qui qualche responsabilità c’è.
  Ho detto prima quello che penso sulle Brigate Rosse, ma vorrei concludere con una considerazione. Io spero che attraverso le nuove tecnologie, che oggi ci sono, attraverso le audizioni e attraverso la declassificazione dei documenti voi possiate pervenire a conclusioni che vadano oltre quella cui eravamo pervenuti noi. Me lo auguro sinceramente, perché la verità va ricercata.
  Io, però, non credo alla verità condivisa. La verità è un'altra cosa. La verità è appurare dei fatti. La verità condivisa è quella in cui qualcuno ricercava e diceva: «Io do un pezzettino di verità a te, tu dai un pezzettino di verità a me e questa è la verità».

  PRESIDENTE. Questa fase l'abbiamo superata ormai, nel momento in cui viviamo.

  VALTER BIELLI. Certo, ma sa quanto su questa verità condivisa alcuni hanno lavorato e hanno continuato ?

  PRESIDENTE. Noi vorremmo condividere i fatti.

  VALTER BIELLI. Allora, rispetto agli spunti investigativi, io ho detto le cose che si possono prendere in considerazione. Io credo che la verità, quella dei fatti, oltre che con il lavoro che voi state facendo e alle conclusioni cui perverrete attraverso la nuova documentazione, si potrebbe ritrovare – uso il condizionale – solamente se parlassero i brigatisti.
  I brigatisti che hanno compiuto i delitti più efferati sono quelli che hanno avuto tutta un'attività premiale. Sembra quasi che l'indicibile sia la norma e che, poiché non va detto, da parte di tutti in qualche modo...

  PRESIDENTE. Mi scusi, sta dicendo, in pratica, che è come se la prima trattativa – non sappiamo tra chi – fosse avvenuta lì tra chi «tombava» una cosa e chi ne «tombava» un'altra.

  VALTER BIELLI. Lei ha esplicitato la mia opinione. Io oggi mi auguro che, per esempio, attorno a personaggi come Moretti e Senzani si possa riavviare una discussione. Qualora risultassero elementi Pag. 16nuovi per il processo nei loro confronti, io credo che questa potrebbe essere l'occasione per appurare la verità.
  Peraltro – lo dico tranquillamente – permettete che io, che provengo da un'altra storia politica, che non è quella della Democrazia Cristiana, dica una cosa: la verità è che l'uccisione di Moro, con tutto quello che ha significato, ha interrotto un processo democratico che non era il compromesso storico. Il processo democratico consisteva nel riportare il nostro Paese nell'alveo della Costituzione. Fino a quel momento, infatti, un partito, ossia il Partito Comunista veniva comunque escluso.
  Moro cosa aveva fatto con la sua grande operazione ? Moro pensava all'alternanza e stava creando le condizioni per avere veramente la democrazia. Io credo che l'altro personaggio che lo seguiva e che aveva capito tutto fosse Enrico Berlinguer.

  PRESIDENTE. Grazie. Ci aggiorniamo alla prossima seduta.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.