XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 94 di Mercoledì 20 maggio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori.
Bindi Rosy , Presidente ... 2 

Audizione del direttore della Direzione investigativa antimafia, Nunzio Antonio Ferla.
Bindi Rosy , Presidente ... 2 
Ferla Nunzio Antonio , direttore della Direzione investigativa antimafia ... 2 
Bindi Rosy , Presidente ... 14 
Mirabelli Franco  ... 14 
Ferla Nunzio Antonio , direttore della Direzione investigativa antimafia ... 15 
Mirabelli Franco  ... 15 
Ferla Nunzio Antonio , direttore della Direzione investigativa antimafia ... 15 
D'Uva Francesco  (M5S) ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 16 
Ferla Nunzio Antonio , direttore della Direzione investigativa antimafia ... 16 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Ferla Nunzio Antonio , direttore della Direzione investigativa antimafia ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Ferla Nunzio Antonio , direttore della Direzione investigativa antimafia ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Ferla Nunzio Antonio , direttore della Direzione investigativa antimafia ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Ferla Nunzio Antonio , direttore della Direzione investigativa antimafia ... 18 
Bindi Rosy , Presidente ... 18 
Ferla Nunzio Antonio , direttore della Direzione investigativa antimafia ... 18 
D'Uva Francesco (M5S)  ... 19 
Ferla Nunzio Antonio , direttore della Direzione investigativa antimafia ... 19 
Mattiello Davide (PD)  ... 19 
Ferla Nunzio Antonio , direttore della Direzione investigativa antimafia ... 20 
Mattiello Davide (PD)  ... 20 
Ferla Nunzio Antonio , direttore della Direzione investigativa antimafia ... 20 
Mattiello Davide (PD)  ... 21 
Ferla Nunzio Antonio , direttore della Direzione investigativa antimafia ... 21 
Di Maggio Salvatore Tito  ... 21 
Bindi Rosy , Presidente ... 22 
Ferla Nunzio Antonio , direttore della Direzione investigativa antimafia ... 22 
Di Maggio Salvatore Tito  ... 22 
Ferla Nunzio Antonio , direttore della Direzione investigativa antimafia ... 22 
Bindi Rosy , Presidente ... 23

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.20.
  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del direttore della Direzione investigativa antimafia, Nunzio Antonio Ferla.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore della Direzione investigativa antimafia, Nunzio Antonio Ferla, il quale è accompagnato dal vicedirettore operativo, Adelmo Lusi.
  L'audizione ha ad oggetto un aggiornamento sull'attività della Direzione investigativa antimafia nel contrasto alla criminalità organizzata, con particolare riguardo all'azione preventiva, a un anno e mezzo dall'audizione del precedente direttore, Arturo De Felice, svoltasi il 16 dicembre scorso nella fase iniziale della Commissione, se non sbaglio a Milano.
  Nel ringraziare il direttore Ferla per la presenza, gli cedo volentieri la parola.

  NUNZIO ANTONIO FERLA, direttore della Direzione investigativa antimafia. Grazie, presidente. Buonasera a tutti. Rivolgo un saluto mio personale, ma anche a nome di tutto il personale della Direzione investigativa antimafia.
  Sapete che ho assunto la direzione circa otto mesi fa, quindi questa è la mia prima audizione. Pertanto, desidero esprimere la mia più profonda gratitudine a questa Commissione e alla presidente, l'onorevole Bindi, per l'invito che è stato rivolto alla Direzione investigativa antimafia a intervenire e a illustrare in maniera sintetica l'attività e soprattutto le linee di azione e di contrasto che abbiamo sviluppato nel corso dell'anno.
  Io farei un'ulteriore precisazione. Abbiamo predisposto una relazione scritta e abbiamo anche nuovamente presentato la nostra relazione semestrale, che fa il punto della situazione riferita alla criminalità organizzata nel semestre precedente. In questi documenti, soprattutto nella relazione, avrete modo di verificare l'attuale andamento dei fenomeni che sono sotto la nostra osservazione. Mi aiuterò anche con delle slide, perché vorrei che il dialogo fosse reciproco e soprattutto visibile.
  Partiamo innanzitutto da una considerazione. Il motto della Direzione investigativa antimafia è «l'unione fa la forza». La Direzione investigativa antimafia non è una forza di polizia autonoma o diversa rispetto alle altre forze di polizia principali. La Direzione investigativa antimafia è espressione delle tre principali forze di polizia, concepita come un momento più generale, tendente a razionalizzare l'intero sistema statuale di contrasto al crimine mafioso.
  Per tale motivo, la Direzione investigativa antimafia si pone come una struttura nella quale l'integrazione delle tre forze di polizia costituisce e si risolve in un'unità Pag. 3ordinamentale in cui il tutto è maggiore delle sue parti. In effetti, il motto «l'unione fa la forza» vuole esprimere proprio questo concetto: le singole capacità delle tre forze di polizia messe a disposizione per far fronte a un mandato unitario, che è quello del contrasto alla criminalità organizzata qualificata.
  La Direzione investigativa è stata costituita nel 1991 ed è subentrata alla figura dell'Alto commissario. Oggi parte delle disposizioni contenute nel provvedimento istitutivo sono state riproposte nel Codice antimafia, in particolare negli articoli 107, 108 e 109 del medesimo decreto.
  Secondo il dettato normativo, la Direzione investigativa antimafia è un organismo investigativo con competenza mono-funzionale e ha due compiti essenziali. Il primo è assicurare lo svolgimento in forma coordinata delle attività di investigazione preventiva attinenti alle criminalità organizzate. Su questo tema dell'attività di prevenzione, mi intratterrò un po’ più a lungo, perché è il tema che mi è stato assegnato.
  Il secondo compito è effettuare delle indagini di polizia giudiziaria esclusivamente relative ai delitti di associazione mafiosa.
  In realtà, la Direzione investigativa antimafia, come sappiamo tutti, nasce da un'idea vincente di Giovanni Falcone. Attraverso la Direzione investigativa antimafia sul piano della polizia giudiziaria e attraverso la Direzione nazionale antimafia sul piano degli organismi giudiziari, si voleva centralizzare le informazioni.
  Io credo che questa sia un'intuizione ancora molto attuale, sulla quale bisogna fare certamente passi in avanti. È un modello organizzativo che mi sento senz'altro di condividere e di propugnare, perché i fenomeni criminali che noi contrastiamo devono essere contrastati in forma unitaria. Credo che il divide et impera sia un principio che va a favore della nostra controparte, non certo a nostro favore. Dobbiamo assolutamente svolgere attività collegate e coordinate.
  Il prossimo flash riguarda i reparti. A livello di direzione centrale, abbiamo tre reparti. Il primo si occupa di investigazioni preventive e il secondo di investigazioni giudiziarie. Ricordo che il reparto di investigazioni giudiziarie è la polizia giudiziaria di riferimento del Procuratore nazionale antimafia. Il terzo reparto si occupa di relazioni internazionali.
  A livello territoriale abbiamo centri o sezioni in tutte le sedi dove insiste una corte d'appello.
  L'ultima nata in ordine di tempo è la sezione operativa di Brescia. Abbiamo risolto, insieme ai vertici delle forze di polizia, questo annoso problema. In Lombardia, come voi sapete, ci sono due corti d'appello, però la Direzione investigativa antimafia non era presente nella corte d'appello di Brescia. A livello di peso giudiziario probabilmente parliamo di due corti d'appello che hanno pari carico di lavoro. Considerate anche che su Brescia insistono quasi tutte le imprese che hanno sviluppato i lavori di Expo. Abbiamo risolto questo annoso problema, aprendo la sezione operativa di Brescia.
  Svilupperò il mio intervento illustrando brevemente le linee evolutive del sistema mafioso che hanno interessato la criminalità organizzata, per poi passare a un'analisi più sintetica dei fenomeni mafiosi che interessano il nostro Paese. Successivamente, mi dedicherò a sviluppare l'attività preventiva, accennando all'attività di investigazione giudiziaria, e concluderò con le proiezioni future della Direzione investigativa antimafia.
  Tralascio di fornire un dato quantitativo sul tema della mafia e comunque del sistema criminale, perché più volte è stata sottolineata la difficoltà di giungere a delle stime quantitative aggregate. L'ISTAT, per esempio, ha teorizzato che, sommando l'apporto diretto delle attività illegali, possiamo apprezzare in 15,5 miliardi di euro l'incidenza del sistema criminale sul prodotto interno lordo, pari all'1 per cento complessivo.
  Un approccio differente della misura del fenomeno, a mio avviso, è quello volto a identificare gli effetti sull'economia legale del nostro Paese e il condizionamento economico della criminalità, che non consiste Pag. 4tanto nel valore di quanto prodotto attraverso le attività criminali, ma nel valore di quanto non è stato prodotto a causa delle distorsioni generate dalla diffusione della criminalità organizzata.
  Segnalo alla Commissione, anche se certamente è a sua conoscenza, il rapporto della Banca mondiale, che ha stabilito che tra il 2006 e il 2012, se le istituzioni italiane fossero state qualitativamente simili a quelle dell'area euro, i flussi di investimento esteri in Italia sarebbero risultati superiori del 15 per cento. Parliamo di un valore che si aggira intorno ai 16 miliardi di euro.
  Visti questi limiti oggettivi nel fornire dei dati quantitativi, passerò a indicare alla Commissione le linee evolutive della criminalità organizzata, sulla base delle nostre conoscenze investigative. Come sapete, è stabilito a livello normativo che la Direzione investigativa antimafia debba svolgere un ruolo di regia dell'attività info-investigativa dei dati di tutte le forze di polizia che operano nello specifico settore.
  Al riguardo, il potere criminale è ben lungi dall'essere sconfitto. La sua espressione continua a manifestarsi, anche attraverso forme di intimidazione, spiccate capacità imprenditoriali e abilità di penetrare e condizionare gli ambienti politico-amministrativi e istituzionali.
  Colpiscono la concretezza e la varietà crescente dei mondi sociali e dei settori economici che vengono investiti e condizionati, quando non dilatati, dagli interessi mafiosi.
  Abbiamo più volte sottolineato nelle nostre relazioni e nelle nostre diffusioni sul tema che le organizzazioni criminali adottano una strategia di sommersione, camuffando la propria presenza, al fine di affievolire l'allarme sociale, fino ad arrivare ai nostri giorni, con la crescente clandestinizzazione che ha portato la mafia ad affacciarsi alla ribalta, ostentando nuove vesti quali l'affarismo e la corruzione.
  Anche in questi giorni la mafia continua a vivere una fase di radicale trasformazione, avendo intuito i mutamenti profondi della società, sempre più dinamica, tecnologica e indirizzata all'unificazione dei mercati a livello mondiale.
  In particolare, assistiamo a un'accentuata propensione delle consorterie a espandersi in aree di maggiore sviluppo rispetto ai territori di elezione. Voglio farvi un esempio al riguardo, che deriva proprio dai provvedimenti interdittivi antimafia. Da questi provvedimenti emerge, infatti, che le imprese interdette hanno sede, nella quasi totalità dei casi, al Nord, precisamente in Lombardia, Emilia, Piemonte e Veneto. I relativi titolari sono risultati, però, legati per vincoli parentali e relazioni d'affare con persone e imprese del meridione.
  L'attenzione rivolta alle grandi opere del Nord Italia nasce, dunque, anche dalla constatazione della tendenza delle consorterie mafiose a proiettare in maniera sempre più marcata la loro presenza in regioni lontane da quelle di origine e di radicamento storico.
  Questo trend ha portato i clan, che possono disporre di capitali di origine illecita, ma comunque a costo zero e teoricamente illimitati, a travalicare i confini nazionali ed europei, distorcendo la concorrenza e alterando il funzionamento delle regole di mercato, attraverso lo sfruttamento di sistemi legislativi meno accorti e l'utilizzo di scremature societarie o di veri e propri trust.
  A questo proposito, vorrei riportare un esempio concreto. Qualche giorno fa io ho firmato una richiesta di misura di prevenzione nei confronti di una famiglia mafiosa con un ingente patrimonio. A cavallo degli anni 1970 il marito era un muratore e la moglie era una casalinga. Negli anni 2000 questi soggetti erano addirittura titolari di tre trust, di cui uno con addirittura 700 beni immobili intestati come rapporti giuridici.
  L'evoluzione che seguono le famiglie mafiose si può toccare con mano. Si tratta di un'evoluzione anche di tipo giuridico nella loro ordinarietà.
  Il fenomeno della globalizzazione ha certamente favorito la metamorfosi delle organizzazioni di tipo mafioso, che si sono Pag. 5trasformate, almeno secondo le nostre risultanze, in vere e proprie holding, in grado di controllare e gestire anche i più disparati target economici.
  È stato coniato il termine «impresa mafiosa», identificandolo con un modello efficiente e flessibile, con una spiccata vocazione imprenditoriale e improntato ad alcuni dei princìpi basilari dell'economia moderna.
  Tuttavia, oggi assistiamo anche a un altro fenomeno: le imprese a partecipazione mafiosa, nelle quali non rileviamo più il classico paradigma in cui un mafioso sfrutta un prestanome. Ora il criminale può associarsi ad altro imprenditore, attraverso l'interposizione di un prestanome o in modo diretto ma non formalizzato, costituendo, per esempio, delle società di fatto e, quindi, degli accordi verbali che rendono ancora più complicato l'accertamento della verità.
  Oltre a questa grande capacità di accumulare capitali, registriamo un'altra capacità dei mafiosi: quella di impiegare capitale sociale, ovvero di manipolare e utilizzare le relazioni sociali, combinando legami forti, che assicurano lealtà e senso di appartenenza all'organizzazione, con legami flessibili e aperti verso soggetti esterni all'organizzazione mafiosa e appartenenti al mondo politico, imprenditoriale e istituzionale. Mi riferisco alla cosiddetta «area grigia», in cui a volte sono gli stessi imprenditori a cercare il supporto dei clan e non il contrario. Assistiamo anche a questo tipo di fenomeni.
  La criminalità organizzata utilizza la corruzione, sostituendola o addirittura sommandola all'intimidazione classica, per raggiungere i propri obiettivi. Questo è un fenomeno che ha amplificato la stessa fattispecie di associazione mafiosa, che si fonda appunto sull'intimidazione e sulla violenza.
  Sempre più spesso, inoltre, si rilevano sinergie tra le organizzazioni criminali e le organizzazioni di malaffare cosiddette «autoctone», che, almeno apparentemente, non sembrano avere nulla di mafioso, ma che in realtà si muovono come vere e proprie associazioni mafiose, sfruttando la forza dell'intimidazione e il ricorso alla corruzione. L'ultimo caso è quello della nota inchiesta «Mafia Capitale».
  Per ciò che concerne i singoli fenomeni mafiosi, mi soffermerò in maniera molto sintetica sulle principali consorterie criminali, rinviando, come ho detto all'inizio, all'approfondimento che deriva dalla relazione semestrale.
  Cominciando dalla mafia siciliana, appare subito evidente che l'impianto verticistico di cosa nostra sembra tuttora proteso verso un accentramento delle funzioni di indirizzo e direzione e, quindi, verso un organo piramidale interprovinciale, sebbene l'azione di contrasto ne abbia più volte impedito la completa e concreta ricostruzione.
  La figura più carismatica continua a essere quella del noto latitante Messina Denaro, attorno al quale si coagula il forte centro di potere di cosa nostra trapanese.
  Anche le consorterie siciliane privilegiano la strategia della cosiddetta «sommersione», mentre la frangia di cosa nostra, che intrattiene rapporti con i colletti bianchi e con imprenditori compiacenti, punta sempre a interferire nella gestione dei pubblici poteri, con pratiche di vero e proprio brokeraggio criminale.
  La saldatura tra mafia, politica e imprenditoria si realizza anche attraverso una trama di relazioni occulte, che puntano ad alterare i processi decisionali.
  Tra le principali voci del bilancio mafioso permangono ancora gli introiti provenienti dal narcotraffico e dal racket delle estorsioni, una piaga ancora particolarmente virulenta in Sicilia, in quanto diretta espressione del potere criminale e della forza delle consorterie sul territorio.
  Come ho accennato all'inizio, le modalità attraverso le quali cosa nostra riesce a ripulire il denaro sporco sono sempre più sofisticate. Si fa ricorso a complesse operazioni di ingegneria contabile, interposizioni di prestanome, trasferimento di disponibilità all'estero, triangolazioni bancarie e così via.
  La ’ndrangheta, invece, a differenza di cosa nostra, non si identifica in un'organizzazione Pag. 6di tipo verticistico. Nell'ultimo periodo, però, appare protesa a ricercare anche una certa forma di aggregazione attorno a centri di comando più definiti e unitari. Per esempio, su Reggio Calabria notiamo questa sorta di accentramento.
  La consorteria calabrese oggi è considerata la manifestazione criminale autoctona più potente, perché non ha confini geografici e culturali. I suoi obiettivi sono, come sapete, l'accumulazione del denaro, ma anche l'esercizio di forme di potere sui singoli, sulle imprese, sulla collettività e sugli enti locali.
  Persistono ancora in Calabria minacce, danneggiamenti e ipotesi delittuose gravi, sintomatici dell'attività estorsiva.
  Il condizionamento criminale nella gestione della cosa pubblica trova riscontro nell'adozione di numerose misure di scioglimento per infiltrazioni mafiose, disposte nei confronti di amministrazioni locali.
  Il controllo delle iniziative amministrative locali riveste una valenza strategica ai fini dell'attuazione dei programmi delittuosi, giacché determina lo svolgimento e la perdita di credibilità delle istituzioni, che sono a diretto contatto con i cittadini e limitano la democrazia partecipata.
  Le evidenze investigative dimostrano anche l'abilità delle ’ndrine nel condizionare le gare d'appalto pubbliche, il controllo di interi settori merceologici, ma anche del gioco clandestino, come abbiamo visto di recente e come appare da risultanze investigative che la Direzione investigativa antimafia ha in corso. Quest'ultimo è un settore certamente di grande interesse per i criminali.
  Per quanto attiene alla camorra, questa si conferma, invece, come un'entità capace di esprimersi su più piani (criminale, imprenditoriale e politico), diversificando i vari settori di interesse. Essenziale per l'accrescimento del suo potere è la pressione sul territorio, attraverso il periodico prelievo di tangenti presso esercizi commerciali e imprese, illecito che contribuisce a esasperare un'economia locale ancora incrinata da una crisi strutturale.
  Permane la polverizzazione dei clan e, quindi, dei centri decisionali, con conseguente aumento dell'uso della violenza rispetto alle associazioni mafiose classiche. Il frequente costituirsi di nuove aggregazioni delinquenziali rende instabili gli equilibri ed è fonte di gravi problemi, anche di sicurezza pubblica, in quanto genera sanguinose faide, delle quali spesso sono vittime persone estranee a contesti criminali.
  Il profondo degrado sociale che connota alcune aree della regione contribuisce ad accrescere il potenziale criminale dei clan e il consenso che riscuotono nelle fasce più emarginate della popolazione, rendendo il solo intervento preventivo o repressivo insufficiente ad avviare un virtuoso meccanismo di risanamento socio-culturale.
  La parcellizzazione dei clan, tuttavia, non ha impedito alla camorra di infiltrare il tessuto economico, finanziario e anche politico con la stessa intensità delle omologhe organizzazioni mafiose più strutturate, come riscontrato dalle indagini che attestano contatti tra camorristi ed esponenti istituzionali.
  Una conferma della capacità pervasiva è data dal reiterato scioglimento di alcuni consigli comunali per condizionamento mafioso, molti dei quali in provincia di Caserta.
  Le relazioni con esponenti politici locali sono state anche utilizzate per intestare fittiziamente beni a persone il più possibile lontane dalla criminalità organizzata, al fine di impedirne la sottrazione da parte dell'autorità giudiziaria. Questi rapporti sono, inoltre, essenziali alle strutture criminali per estendere le proprie attività in alcuni settori economici, come riscontrato per il traffico dei rifiuti, ambito in cui si conferma il rilevante interesse criminale dei gruppi casertani.
  Un'altra attività di interesse della camorra certamente degna di segnalazione è il traffico dei prodotti contraffatti, con tutte le gravi conseguenze sia sul piano sanitario sia sul piano della tutela del made in Italy.
  Faccio un accenno alla realtà criminale pugliese, anch'essa caratterizzata dall'esistenza di una pluralità di gruppi che Pag. 7interagiscono in un equilibrio instabile. La struttura associativa più conosciuta è quella della sacra corona unita, localizzata nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto, anch'essa connotata da fluidità e mutevolezza.
  Un'eccezione è rappresentata dalla provincia di Foggia, che invece è caratterizzata, alla stregua del napoletano, da un proliferarsi di micro-clan in costante lotta tra loro per il predominio del territorio, con la conseguente recrudescenza di fenomeni violenti.
  Anche in questo caso, il narcotraffico costituisce la principale attività di queste organizzazioni, facilitate dalla rotta dei Balcani, attraverso cui i contrabbandieri prima e i trafficanti di stupefacenti ora continuano a trafficare soprattutto con l'Albania e il Montenegro.
  Nel panorama generale del nostro Paese, non posso non fare riferimento ai gruppi criminali stranieri. Ce ne sono diversi nelle varie regioni, soprattutto nelle aree metropolitane dell'Italia centro-settentrionale, dove la criminalità ha forse un rapporto un po’ più debole rispetto ai territori di elezione e di origine e che, quindi, sono favorite in questo processo di penetrazione.
  Tra i gruppi criminali stranieri – per un approfondimento rinvio alla relazione a cui ho fatto cenno poc'anzi – sicuramente ci sono i gruppi criminali autoctoni, come quelli di origine nigeriana, tunisina, algerina e albanese, questi ultimi interessati anche alla tratta degli esseri umani, che costituisce una lucrosa fonte di guadagno.
  A fronte di queste linee evolutive, trattate veramente in modo molto sintetico, emerge come dato principale una profonda diversità intrinseca delle caratteristiche delle principali organizzazioni criminali.
  Mentre, come abbiamo visto, cosa nostra, nonostante tutto, continua a mantenere un forte carattere unitario, palesandosi come un organismo compatto, compartimentale e rigidamente verticistico, la ’ndrangheta e soprattutto la camorra si presentano con una struttura orizzontale, ove vengono in evidenza soprattutto i rapporti familiari, che sono spesso causa di guerre tra i diversi clan.
  Le connotazioni peculiari di ogni consorteria impongono, da un punto di vista squisitamente investigativo, l'adozione di strategie differenziate.
  Per tale ragione, la Direzione investigativa antimafia, alla luce delle linee di contrasto elaborate nel tempo, ha messo in campo azioni dinamiche, mirate a individuare i punti deboli del sistema. Questa è la nostra sfida. Siamo un po’ come una moderna squadra di demolizione, che, per abbattere un manufatto, deve ricorrere con estrema perizia a individuare i precisi punti nevralgici della struttura in cui andare a puntare le proprie cariche.
  Ad esempio, un punto di forza comune delle organizzazioni criminali è certamente rappresentato dalla più marcata tendenza all'immersione. Tuttavia, un loro punto di debolezza c’è ed è il momento in cui loro devono emergere, reinvestire e venire allo scoperto.
  In poche parole, si tratta di individuare e caratterizzare linee d'azione che consentano di individuare i punti deboli della catena. Il loro punto debole è sicuramente rappresentato dal momento dell'emersione. Il loro problema non è tanto far arrivare un carico di cocaina al porto di Gioia Tauro, quanto reinvestire e riutilizzare i proventi, in parte nel commercio criminale, ma soprattutto in attività lecite. Quello è il momento debole, su cui, secondo me, bisogna sviluppare linee investigative strategiche.
  Ecco perché noi individuiamo e facciamo gravitare gran parte del nostro sforzo nell'esecuzione delle attività preventive, cioè nel contrasto delle infiltrazioni della criminalità nell'economia legale e soprattutto nell'aggressione dei patrimoni illeciti.
  Siamo fermamente convinti – questo è un dato che deriva non soltanto da una mia riflessione, ma anche da quella di chi si intendeva molto di questa materia – che il sapere investigativo deve connotarsi come risultante di un complesso di conoscenze diversificate.Pag. 8
  Noi abbiamo bisogno di conoscenze tecniche, giuridiche, economiche, bancarie e informatiche, che, da un lato richiedono un costante aggiornamento professionale e, dall'altro, presuppongono la formazione di veri e propri specialisti che si affiancano alla figura tradizionale dell'investigatore.
  Oggi la figura tradizionale dell'investigatore è importante, ma deve assolutamente affiancarsi a queste qualità professionali, che sono necessarie e indispensabili per affrontare un problema così complesso.
  Ecco perché le attività di natura preventiva assumono, a mio avviso, una veste molto importante e molto qualificante.
  Qual è la prima ? Certamente il primo tema che vede la Direzione investigativa antimafia impegnata in materia di prevenzione è l'attività di prevenzione e repressione dei tentativi di infiltrazione negli appalti pubblici.
  Sappiamo che quello delle costruzioni è da sempre considerato il settore di sviluppo per antonomasia dell'economia criminale. Al suo interno, nel ciclo della terra e del cemento le organizzazioni mafiose toccano spesso livelli di influenza oligopolistica. La rilevanza di questo settore non sta, però, solo nella posizione di privilegio che le organizzazioni mafiose vi hanno conquistato, ma anche nella fitta rete di relazioni che sono riuscite a creare, con la famosa capacità di accumulo di capitale sociale che esse stabiliscono fisiologicamente con il sistema politico e amministrativo.
  La prevenzione e repressione delle infiltrazioni criminali e più in generale la trasparenza nel settore dei lavori pubblici e degli appalti rappresentano per la Direzione investigativa antimafia un tema assolutamente alla costante attenzione.
  C’è stata una serie di provvedimenti normativi al riguardo. Cito il decreto ministeriale del 2013, che ha affidato alla Direzione investigativa antimafia attribuzioni in tema di monitoraggio sugli appalti pubblici, coniugando l'esigenza di una vigilanza centralizzata con quella di intervento mirato sul territorio.
  A queste attribuzioni va aggiunta la partecipazione della Direzione investigativa antimafia nell'ambito dei gruppi interforze, istituiti in sede di prefettura. Su questo tema ho predisposto un approfondimento per i commissari, qualora fosse di interesse.
  In questa slide che vi illustro è sintetizzata l'attività della Direzione investigativa antimafia nel contrasto alle infiltrazioni mafiose dal 1o gennaio 2014. Abbiamo svolto 232 accessi ispettivi ai cantieri, nel corso dei quali abbiamo sottoposto a controllo 6.449 persone, 3.756 mezzi e 1.766 persone giuridiche. Le imprese monitorate sono state 3.477, per un totale di 28.096 persone.
  Voglio sottolineare l'importanza dell'accesso ai cantieri, perché è uno strumento che è servito moltissimo, soprattutto nell'Expo di Milano. Soltanto attraverso l'accesso fisico nel cantiere noi riusciamo a capire se il titolare dell'appalto abbia subappaltato a terzi i lavori e chi sta eseguendo materialmente il lavoro, al di là ovviamente delle considerazioni tecniche.
  A conferma della centralità assunta dalla Direzione investigativa antimafia in tale materia, si evidenzia che relativamente alla realizzazione di Expo Milano 2015 l'autorità politica ha avvertito la necessità di predisporre una serie di misure, mirate a coniugare l'esigenza della celerità nell'effettuazione degli accertamenti con l'efficacia dell'attività di prevenzione.
  Anche in questo caso, il Ministro dell'interno è intervenuto, con un provvedimento del 28 ottobre 2013, con cui ha indicato la Direzione investigativa antimafia come il fulcro su cui far gravitare gli accertamenti in materia di rilascio della documentazione antimafia per le imprese impegnate nella realizzazione delle opere.
  Nell'ambito di questa attività istruttoria relativa ai controlli di prevenzione, voglio citare gli accertamenti, a richiesta delle prefetture, per le cosiddette white list prefettizie, su cui gravitano l'attività e l'apporto qualificato della Direzione investigativa antimafia.Pag. 9
  In che cosa è consistito questo canale privilegiato di accertamenti ? Sostanzialmente la Direzione investigativa antimafia, una volta ricevuta dalla prefettura di Milano la richiesta di accertamenti antimafia, provvede a interessare immediatamente i propri centri operativi. Entro cinque giorni lavorativi dalla data di ricezione della richiesta da parte della prefettura di Milano, noi attiviamo una rete informatica con i nostri centri e informiamo il prefetto di Milano sull'eventuale esistenza di situazioni di interesse che possono essere controindicative al rilascio di una documentazione di liberatoria provvisoria.
  Pertanto, in cinque giorni il prefetto di Milano è messo nelle condizioni di rilasciare la documentazione provvisoria. Invece, nell'ipotesi in cui, nell'ambito del confronto e dello scambio informativo si palesino evidenti elementi di criticità, il prefetto procede ai necessari approfondimenti e a questo punto viene svolta una vera e propria attività investigativa.
  Nella slide che segue vi do atto delle istanze che sono pervenute dalla prefettura di Milano. Dal gennaio del 2014 sono pervenute 4.024 istanze, che sono state tutte evase, con uno screening di 4.056 imprese e 53.000 persone fisiche. Il prefetto di Milano ha richiesto approfondimenti su 717 casi. Gli accessi ai cantieri sono stati per Expo 111. Anche in questo caso, sono stati controllati 1.065 imprese, 3.470 persone fisiche e 1.570 mezzi.
  Tale attività ispettiva ha comportato l'emanazione di 104 misure interdittive antimafia da parte della prefettura di Milano, che hanno interessato principalmente (in 79 casi) soggetti infiltrati dalla ’ndrangheta e negli altri casi da cosa nostra, camorra e altre.
  Il 60 per cento delle imprese interdette è stato interessato al movimento terra. Pertanto, il movimento terra si conferma come settore merceologico nel quale le imprese infiltrate hanno una posizione quasi monopolistica. A seguire, i provvedimenti interdittivi hanno riguardato imprese operanti nel settore delle lavorazioni: trasporto conto terzi, smaltimento rifiuti, posa in opera, noli a caldo e a freddo.
  Estendendo l'analisi al periodo che va dal 2009 a oggi, momento in cui sono iniziati i lavori per Expo, solo in due casi abbiamo attinto imprese mafiose, nel senso che il titolare aveva specifici precedenti per reati di mafia, e in nessun caso il titolare poteva essere inquadrato nel novero delle vittime di mafia.
  I sistemi per eludere i controlli sono sempre quelli che riguardano i prestanome, che sono spendibili il più delle volte. A volte intestano le imprese a persone di sesso femminile, legate a vincoli parentali con pregiudicati di mafia.
  Tutti gli altri provvedimenti hanno colpito imprese che in qualche modo sono legate alla criminalità organizzata per rapporti, anche indiretti, di contiguità, frequentazioni parentali e affaristiche.
  L'altro tema su cui vorrei soffermare la vostra attenzione è la prevenzione dell'uso del sistema finanziario per scopi di riciclaggio, altro capitolo su cui la Direzione investigativa antimafia sviluppa l'attività di prevenzione.
  Sapete perfettamente che la disciplina prevede che la Direzione investigativa antimafia e il Nucleo speciale di polizia valutaria sono i due organismi deputati a svolgere l'approfondimento delle segnalazioni di operazioni sospette, che è un campo, a mio avviso, cruciale per una serie di considerazioni. È cruciale perché dobbiamo puntare ad avere segnalazioni sempre più qualificate in materia di riciclaggio. Questo è un tema fondamentale per migliorare la nostra performance e per il raggiungimento dei nostri obiettivi. È cruciale anche perché dobbiamo rispondere a un'esigenza di controllo da parte degli organismi sovranazionali che monitorano l'attuazione di questo tipo di dispositivo.
  Come sapete, la norma prevede, inoltre, in capo ai suddetti organismi investigativi, l'obbligo di informare il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, nel caso in cui emerga l'attinenza delle segnalazioni alla criminalità organizzata.Pag. 10
  Dal primo gennaio 2014 a oggi sono pervenute 98.780 segnalazioni, di cui 38.000 sono state analizzate. Di queste, 795 sono state trattenute: 607 sono state successivamente inviate ai centri e alle sezioni operative e 188 sono state evidenziate alla Direzione nazionale antimafia. Come vedete, questo dato è cresciuto in modo esponenziale nel corso degli anni. Siamo passati da 5.000-6.000 segnalazioni all'anno a 98.000 segnalazioni nel 2014.
  Qual è l'esigenza prioritaria degli organismi investigativi ? L'esigenza è duplice. Innanzitutto, c’è l'esigenza di analizzare tutte le segnalazioni che pervengono agli organismi investigativi e alla Direzione investigativa antimafia. La seconda è l'esigenza di celerità: dobbiamo riferire immediatamente alla Procura nazionale antimafia quelle segnalazioni che siano attinenti alla criminalità organizzata, perché devono servire ad arricchire eventuali indagini in corso, oppure devono essere la base su cui dobbiamo costruire nuove attività investigative.
  Su questo stiamo lavorando. Dal primo gennaio, come spiegherò più avanti, siamo riusciti ad adottare nuovi sistemi e abbiamo in corso dei contatti con la Procura nazionale, finalizzati a migliorare questo sistema.
  L'altro tema riguarda l'individuazione e l'aggressione dei patrimoni accumulati dalle organizzazioni mafiose. Anche questo è un tema, che attiene all'attività di prevenzione, assolutamente centrale per il lavoro della Direzione investigativa antimafia.
  L'elemento genetico primario di questa forma di contrasto è dato dalla velocità di esecuzione. Non mi soffermo a fare delle considerazioni più volte ripetute. Credo fermamente che questo sia il grimaldello che può certamente indebolire le organizzazioni criminali. Dobbiamo puntare fortemente sul terreno dell'aggressione dei patrimoni, migliorando al massimo la nostra performance su questo tema.
  Come dicevo, l'elemento genetico primario di questa azione di contrasto è dato dalla velocità di esecuzione del provvedimento. Noi elaboriamo delle misure di prevenzione, ma queste devono essere esaminate dai tribunali e dalle sezioni specializzate nel più breve tempo possibile. Non dobbiamo dare ai criminali la possibilità di sfruttare un arco temporale che va dagli accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria all'emissione del provvedimento. Dobbiamo cercare di stringere al massimo i tempi.
  Ho fatto riferimento al motto della Direzione investigativa antimafia: «l'unione fa la forza». Sono otto mesi che io mi trovo presso la Direzione investigativa antimafia e devo dire che le misure di prevenzione di carattere patrimoniale da essa elaborate sono un'eccellenza nel settore, perché uniamo le professionalità di finanzieri, poliziotti e carabinieri, e riusciamo a dare un prodotto che è sicuramente apprezzato dai tribunali delle misure di prevenzione. Noi riscontriamo questo dato dalla virtuosità e dalla bontà dei nostri provvedimenti.
  Vi riporto un esempio. Dal primo gennaio 2014 a oggi noi abbiamo presentato 94 proposte di misure di prevenzione, di cui soltanto quattro sono state respinte dai tribunali. È un dato che mi permetto di sottolineare a questa Commissione, proprio per dare il senso della specializzazione del lavoro svolto dalla Direzione investigativa antimafia.
  Noi attenzioniamo le misure di prevenzione non solo nei confronti di coloro che sono legati direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata. Poc'anzi ho fatto un accenno alla capacità di accumulo di quello che noi abbiamo definito «capitale sociale».
  Noi dobbiamo sviluppare queste misure di prevenzione soprattutto nei confronti di coloro che sono portatori di una pericolosità di tipo generico, ma che è contigua ai reati di criminalità. Spesso questi soggetti risultano comunque contigui o serventi nei confronti delle organizzazioni criminali. Pertanto, dobbiamo attaccare anche l'area grigia, che è contigua a quella criminale. I cosiddetti «pericolosi generici», che tanto pericolosi generici non sono, devono essere comunque attenzionati.Pag. 11
  Vi cito solo due dei provvedimenti di maggior rilievo che abbiamo emesso. L'ultimo è del 27 aprile: il tribunale di Palermo, su proposta del direttore della Direzione investigativa antimafia, ha disposto il sequestro nei confronti di Acanto Giuseppe. Io credo che il soggetto sia noto. Acanto, appartenente alla famiglia di Villabate, era il collettore di interessi mafiosi nella gestione di attività operanti in vari settori. Parliamo di un valore intorno ai 780 milioni di euro. Il secondo esempio è l'atto cautelare disposto dal tribunale di Trapani lo scorso ottobre nei confronti di Di Giovanni Calcedonio, un noto imprenditore di Mazara del Vallo, contiguo a Messina Denaro.
  Nella slide che segue vi ho riportato un dato – non so se sia significativo – sull'attività di prevenzione. Come vedete, i sequestri ammontano a circa 3,5 miliardi di euro e hanno interessato tutte le organizzazioni criminali.
  Passando velocemente all'attività di natura giudiziaria, la Direzione investigativa antimafia, come sapete, cura la pianificazione, la programmazione e il coordinamento delle investigazioni relative ai delitti di associazione mafiosa o comunque ricollegabili all'associazione medesima. Le indagini ovviamente sono coordinate a livello centrale dal reparto investigazioni giudiziarie, che costituisce, come ho detto, il servizio di polizia giudiziaria di cui il procuratore può avvalersi.
  La Direzione investigativa antimafia attualmente sta coordinando 309 inchieste contro la criminalità organizzata, di cui 53 di iniziativa e 256 su delega dell'autorità giudiziaria.
  Nella successiva slide vi ho riportato una sintesi dell'attività svolta. Sono state concluse 118 operazioni, che hanno portato a 205 provvedimenti restrittivi della libertà personale. Sono stati proposti provvedimenti restrittivi della libertà personale nei confronti di 350 soggetti, mentre 389 sono stati deferiti all'autorità giudiziaria. Anche il dato dei sequestri fa riferimento all'attività di polizia giudiziaria.
  Nella relazione che ho depositato, troverete anche alcune sintesi sulle principali attività di polizia giudiziaria. Per ragioni di tempo, presidente, mi consentirà di fare un rinvio su queste operazioni, per passare molto velocemente a un altro campo, quello molto importante delle relazioni internazionali.
  Perché questo campo è importante ? Lo è per le ragioni che abbiamo ricordato poc'anzi, che sono riconducibili essenzialmente a un dato: noi contrastiamo delle organizzazioni criminali che sono, per loro stessa natura, transnazionali. Pertanto, per noi è fondamentale stabilire cooperazioni bilaterali con i collaterali organismi di polizia e portare avanti, con l'ausilio del Servizio cooperazione internazionale di polizia, importanti attività di prevenzione e di contrasto.
  Abbiamo diverse collaborazioni. Mi piace citare soprattutto le collaborazioni con il Bundeskriminalamt tedesco, con la task force italo-olandese, con la National crime agency del Regno Unito e con l'FBI, con cui abbiamo contatti costanti e diretti per quanto attiene agli sviluppi investigativi.
  Voglio cogliere questa opportunità per segnalare il risultato forse più significativo per la Direzione investigativa antimafia: il 4 dicembre scorso il Consiglio dell'Unione europea in composizione GAI, presieduto dal Ministro dell'interno, ha definitivamente approvato il progetto ON (Antimafia operational network), che è stato sostenuto anche da questa Commissione.
  Ringrazio la presidente Bindi e sottolineo la lungimiranza con cui la Commissione ha inserito ON tra le progettualità meritevoli di realizzazione nel semestre di presidenza italiana dell'Unione europea.
  La progettualità è nota a tutti: consente di sviluppare una rete, non soltanto informatica o informativa, finalizzata a dialogare con persone con cui si parla la stessa lingua. Infatti, è difficile trovare un'interlocuzione sul piano del linguaggio giuridico. L'esempio classico che facciamo è che il reato di associazione mafiosa è un reato noto nel nostro ordinamento, ma certamente non in altri Paesi.
  Per noi è importante un dialogo, non solo operativo, ma anche finalizzato all'individuazione Pag. 12dei beni all'estero e magari a riversare elementi a nostra conoscenza per poter arrivare al sequestro e alla confisca.
  Un altro dato importante è che attraverso ON riusciremo a fare delle indagini comuni mediante uno scambio di funzionari.
  Illustro molto velocemente le proiezioni future, a cui ho accennato all'inizio. La Direzione investigativa antimafia deve orientare e adeguare le proprie attività investigative a seconda dell'evolversi delle tecniche messe in campo dalla nostra controparte. Dobbiamo sempre adeguare le nostre attività investigative alle esigenze che impone la realtà operativa.
  Per questo motivo, noi tenderemo sempre di più ad accentuare le nostre attività di carattere preventivo. Ripercorrendo il tema degli appalti, si potrebbe, per esempio, esportare il modello che è stato proficuamente utilizzato per Expo per la «terra dei fuochi», per cui abbiamo partecipato all'elaborazione delle linee-guida che sono state recentemente approvate dal comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza.
  È interessante l'applicazione in questo contesto del cosiddetto «progetto Capaci», che, come sapete, è in grado di monitorare in tempo reale tutti i movimenti di capitale che riguardano la costituzione di queste opere strategiche. È importante esportare modelli operativi, laddove hanno manifestato capacità di successo.
  Con riferimento alle segnalazioni operative, il dato riportato vi dà cognizione di qual è stato il flusso delle segnalazioni dal 2003 al 2014.
  Un'esigenza che abbiamo assolutamente è quella di monitorare ed esaminare tutte le segnalazioni che pervengono. Ecco perché abbiamo creato un nuovo workflow operativo, fondato principalmente sull'analisi di tutte le segnalazioni, attraverso tre distinte procedure complementari. Quando mi arrivano le segnalazioni, io le analizzo da un punto di vista storico, archivistico, fenomenologico e di rischio.
  Il dato è interessante: dal 1o gennaio 2015 noi riusciamo a processare tutte le segnalazioni che pervengono alla Direzione investigativa antimafia. I numeri sono quelli che vedete.
  Dobbiamo fare un ulteriore passo in avanti. Su questo stiamo lavorando di conserva con il Procuratore nazionale. Dobbiamo avere la capacità di riversare i dati operativi alle procure distrettuali. Pertanto, il passo successivo sarà quello di creare una sinergia tra Direzione investigativa antimafia e Procura nazionale, per ottenere questo link e trasmettere immediatamente i dati alla Procura nazionale. Penso che ci riusciremo in un arco temporale molto breve.
  Come ho detto poc'anzi, incentiveremo le misure di prevenzione volte a individuare i patrimoni illeciti e a recuperare a favore dell'economia legale grosse fette di mercato.
  Incentiveremo ulteriormente i rapporti con la Procura nazionale antimafia, perché è il nostro punto di riferimento per le indagini di polizia giudiziaria.
  Nell'avviarmi al termine, desidero sottolineare una cosa. Certamente la Direzione investigativa antimafia sul piano investigativo vede nella propria legge istitutiva una precisa e piena affermazione della sua missione prioritaria, cioè il contrasto alle mafie, e su questo tema profonde sempre il massimo impegno.
  Proprio per questo motivo, però, e avuto riguardo al richiamato profilo professionale del nuovo antagonista delle mafie, è essenziale per la Direzione investigativa antimafia continuare a ricevere dalle forze di polizia, di cui noi siamo espressione, personale sempre più qualificato. Questa è la chiave di lettura del nuovo antagonista dell'antimafia.
  Quanto appena enunciato trova motivazione anche nel ruolo della Direzione investigativa antimafia come cabina di regia, in cui deve pervenire il flusso delle informazioni in materia di antimafia. La Direzione investigativa antimafia le deve analizzare e deve ulteriormente arricchire le attività investigative, perché la DIA è servente in questo rispetto alle forze di polizia principali.Pag. 13
  Sul piano degli strumenti normativi, il nostro ordinamento nel contrasto al crimine organizzato – è una cosa nota a questa Commissione, ma lo ripetiamo in tutte le sedi – è certamente all'avanguardia rispetto al resto del mondo. Tuttavia, questo non è sufficiente. Come ogni sistema, è perfettibile.
  Soprattutto ci dobbiamo ricordare che, se emaniamo delle norme, poi dobbiamo verificarne l'effettiva e concreta applicazione. Per esempio, ci sono norme del Codice antimafia che a giusto titolo ancora aspettano un'attuazione.
  Noi vediamo certamente con favore tutte quelle iniziative legislative che consentono un miglioramento nell'azione di contrasto. Mi riferisco all'introduzione del reato di autoriciclaggio; alle linee-guida per il monitoraggio finanziario sulle infrastrutture strategiche (il cosiddetto «progetto Capaci»); alla cosiddetta «vigilanza collaborativa» introdotta dall'ANAC; e ai disegni di legge attualmente allo studio, che sono volti al contrasto della corruzione, con l'inasprimento delle pene, la confisca dei beni, la perseguibilità d'ufficio del falso in bilancio e l'allungamento dei termini di prescrizione.
  Assolutamente innovativo appare il progetto di questa Commissione di revisione organica del Codice antimafia. Di particolare apprezzamento sono sia la previsione all'interno del corpo normativo di misure patrimoniali anche per i corrotti, che facilita il lavoro dei magistrati e delle forze di polizia, sia l'aggiornamento delle ipotesi di pericolosità sociale, con cui viene reso completo, rispetto alle condotte criminali che oggi suscitano allarme sociale, l'elenco dei soggetti destinatari delle proposte di misure di prevenzione.
  Mi permetto di sottolineare ulteriormente che è di assoluto rilievo la proposta di revisione dell'intero sistema delle misure di prevenzione antimafia, in particolare per quanto riguarda la ricerca, il sequestro e la confisca dei patrimoni accumulati, nonché l'introduzione delle sezioni speciali a livello distrettuale delle misure di prevenzione.
  Questa è una richiesta che viene espressa anche a me, che alla fine sono un organismo di polizia giudiziaria. Se vado in procure come Trapani o altre, mi viene segnalata proprio la necessità di avere delle sezioni ad hoc.
  I recenti fatti di cronaca inducono anche a un'altra riflessione: la possibilità di prevedere per i più gravi reati contro la pubblica amministrazione gli stessi strumenti investigativi previsti per i reati di mafia. È ormai evidente che la corruzione fa parte a pieno titolo del metodo mafioso, quindi forse occorre un ripensamento della previsione dell'articolo 416-bis.
  Faccio un'ultima considerazione. Come dicevo, contrastiamo fenomeni che hanno una portata transnazionale. Per esempio, con riferimento alla camorra, come sappiamo, Barack Obama nel 2011 considerava la camorra tra le quattro organizzazioni criminali in grado di minacciare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. La cosiddetta «mafia napoletana» è considerata dagli Stati Uniti come un'organizzazione criminale al pari degli attentatori delle torri gemelle. Sappiamo che hanno esteso ai criminali gli stessi strumenti giuridici previsti per i terroristi.
  Un richiamo fermo su questo punto è stato esteso anche dall'Assemblea di Strasburgo, che invoca da più parti misure di contrasto e prevenzione patrimoniale che siano omogenee e reciprocamente riconosciute. Anche questo è un dato molto importante e significativo.
  Anche questo consesso, nella relazione del semestre di presidenza italiana sulla lotta alla criminalità mafiosa, ha più volte stigmatizzato la necessità di rendere più efficace la lotta al riciclaggio di capitali, cui osta l'assenza nell'Unione di adeguate forme di armonizzazione. Inoltre, ha rivolto un invito al mutuo riconoscimento di provvedimenti di confisca, affinché venga accolta in tutta Europa l'aggressione sul piano economico, partendo da una efficace e rapida confisca dei beni. Su questo il Consiglio dei Ministri si è espresso recentemente con il decreto legislativo che ha attuato la decisione-quadro del 2006.Pag. 14
  Sul piano investigativo ovviamente è ancora necessario profondere sempre maggiori sforzi sulla proficua strada degli accordi collaterali.
  Mi permetto di segnalare proposte di dubbia validità che emergono. Questi tentativi, a nostro avviso, costituiscono un vulnus al nostro ordinamento. Mi riferisco, per esempio, alla possibile introduzione della Societas unius personae, che prevede la registrazione diretta on line in ogni Paese e la separazione tra sede legale e sede amministrativa.
  Un altro esempio è la questione della residenza elettronica, proposta a livello europeo, con la quale si può accedere a tutti i servizi digitali.
  Questi elementi sicuramente vanno nella direzione opposta rispetto al nostro punto di vista.
  Addirittura in alcuni Stati si propone lo stato di residente non domiciliato. Questo consente ai non residenti di operare attraverso società domiciliate in Paesi off-shore e di movimentare capitale, senza lasciare alcuna traccia.
  In conclusione, ritengo doveroso sottolineare come le evidenze confermino che i costi diretti e indiretti dovuti al peso della criminalità risultino insostenibili per il nostro Paese. Tali evidenze richiedono risposte precise e il coinvolgimento convinto di tutti gli attori istituzionali. Alla consapevolezza della presenza, delle potenzialità e della capacità di evolversi sempre più del fenomeno mafioso occorre contrapporre una battaglia che sia politica, culturale e anche morale, e che affianchi quella giudiziaria e repressiva, condotta attraverso la collaborazione di tutte le istituzioni, nella certezza che il contrasto al crimine organizzato viene alimentato dalla coesione, dai meccanismi di cooperazione e dalle sinergie, anche tra i vari corpi di polizia, per restringere i varchi nei quali le mafie riescono a farsi spazio.
  In questa sfida la Direzione investigativa antimafia continuerà a fare la sua parte con il massimo impegno, ben consapevole della responsabilità che le è stata affidata dalla legge, ma altrettanto consapevole e conscia di poter contare sull'abnegazione e sulla professionalità del suo personale e anche sul fermo sostegno di tutte le istituzioni e di questa Commissione. Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, direttore, per la relazione completa che ci ha offerto e soprattutto per il lavoro.
  Ritengo di dover ringraziare le Direzione investigativa antimafia soprattutto per il lavoro svolto per Expo. Quando noi siamo andati a Milano l'Expo era appena all'inizio. I dati che ci ha offerto oggi sono la dimostrazione che, se l'Expo si è potuto tenere, è perché c’è stato chi ha vigilato sulla legalità, come la Direzione investigativa antimafia.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FRANCO MIRABELLI. Ringrazio tutta la Direzione investigativa antimafia per il lavoro importante che sta svolgendo. La ringrazio anche per il riconoscimento al lavoro di questa Commissione. Le scelte che sono state compiute durante il semestre europeo, rispetto alla diffusione in ambito europeo dei dati utili per fare le inchieste, riguardano una questione per cui ci siamo battuti, contenuta nel documento della Commissione presieduta da Laura Garavini. Credo che sia un risultato importante.
  Resto sulle banche dati. Vorrei sapere dal direttore della Direzione investigativa antimafia a che punto siamo rispetto alle banche dati italiane. Voi vi occupate e siete coinvolti continuamente nella definizione delle white list piuttosto che della certificazione antimafia. Abbiamo rilevato più volte in questa Commissione che c’è ancora un limite rispetto al funzionamento e all'estensione della rete e rispetto alla costruzione di un sistema informatico adatto per far rilevare in fretta questi dati. Abbiamo verificato questo limite anche rispetto alla gestione dei beni confiscati.
  In secondo luogo, vorrei capire se nei vostri modelli investigativi sono previsti anche modelli di infiltrazione all'interno delle organizzazioni criminali.Pag. 15
  In terzo luogo, oggi abbiamo visto forse per la prima volta la definizione di Direzione nazionale antimafia, nel senso che si è aggiunto all'antimafia anche l'antiterrorismo. Vorrei capire se la Direzione investigativa antimafia diventa anche lo strumento investigativo di riferimento e di coordinamento sulle operazioni dell'antiterrorismo o invece resta dedicata esclusivamente all'antimafia.

  NUNZIO ANTONIO FERLA, direttore della Direzione investigativa antimafia. La ringrazio, senatore, anche per l'attestazione di stima rivolta alla Direzione investigativa antimafia.
  Sulle banche dati, come ha visto, io ho fatto una premessa. Io credo che rispetto a questi temi dobbiamo essere d'accordo su un punto. Questa Commissione ha insistito, sicuramente più di ogni altra, sulla centralità dei flussi di informazione e dell'informazione. È un insegnamento che ci deriva da magistrati che hanno perso la vita per questo. Quello della centralità delle informazioni è stato un modello di riferimento per Falcone e portò alla costruzione di strutture organizzative quali la Direzione investigativa antimafia, la Procura nazionale e la Direzione nazionale antimafia.
  Noi certamente privilegiamo il sistema delle banche dati, perché queste ultime ci consentono un notevole risparmio di tempo.
  Ho citato l'esempio di Expo. Noi abbiamo dovuto costruire una piattaforma informatica per arrivare al risultato, che ho potuto illustrare qui, di conferire un esito in tempi molto brevi al prefetto di Milano. Abbiamo costruito una nostra banca dati e un nostro sistema informatico. Solo in questo modo noi siamo riusciti a dare delle risposte in tempo reale, altrimenti non saremmo riusciti a fornire, nei tempi molti ristretti di esecuzione delle opere, degli elementi immediati che consentissero al prefetto di dare delle informazioni.

  FRANCO MIRABELLI. Accedendo a tutte le banche dati possibili (prefetture, procure eccetera) oppure no ?

  NUNZIO ANTONIO FERLA, direttore della Direzione investigativa antimafia. L'ideale è far dialogare tutti i sistemi. Io auspico che, per esempio, le banche dati concernenti gli appalti vengano attuate, perché in realtà oggi noi abbiamo ancora necessità di interrogare banche dati diverse o di andare fisicamente nelle varie prefetture, per capire se è stata emessa un'interdittiva o meno.
  Abbiamo questa necessità di centralità, che probabilmente nel 1980-1982 era un'ipotesi assurda, ma oggi è un'ipotesi a portata di mano. Occorre sicuramente insistere sulla centralità delle informazioni.
  Noi, nell'ambito della Direzione investigativa antimafia, come lei sa, abbiamo istituito l'osservatorio centrale (il cosiddetto «OCAP»), ma anche in questo caso gestiamo una banca dati sulla base delle nostre risultanze di tipo investigativo.
  Dunque, la mia risposta è affermativa. Le banche dati italiane sicuramente miglioreranno. Attuiamo le norme esistenti, che prevedono appunto la creazione di questo tipo di banche dati.
  Se ho capito bene lo spirito della domanda, mi ha chiesto se usiamo modelli investigativi anche di tipo investigativo-occulto. Sicuramente è un sistema che noi dobbiamo utilizzare e utilizziamo, perché ci sono delle norme che ci consentono di impiegare la figura dell'agente-procuratore anche in materia di riciclaggio. Utilizziamo anche queste forme e questi modelli investigativi.
  Per quanto attiene, invece, all'ultimo quesito, noi ci poniamo di fronte alla Procura nazionale antimafia come l'elemento investigativo di polizia giudiziaria per quanto attiene esclusivamente all'attività riferita alla criminalità organizzata, ovviamente qualificata.
  Non mi risulta che allo stato ci siamo occupati di operazioni antiterrorismo, anche perché avremmo dovuto ottenere un certo coinvolgimento sia in termini normativi che, soprattutto, in termini di risorse per affrontare un settore così delicato e importante.
  Voglio sottolineare che anche in tema di segnalazioni sospette, quindi di prevenzione Pag. 16dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio, la Direzione investigativa antimafia non si occupa delle segnalazioni che derivano o che sono indicative di un'ipotesi di finanziamento a gruppi terroristici, perché di questo si occupa il Nucleo speciale di polizia valutaria, che è il nostro organismo pendant in materia di approfondimenti.

  FRANCESCO D'UVA. Ringrazio il direttore per essere qui e per la relazione che ci ha illustrato. Ho un po’ di domande, presidente. Cercherò di non rubare troppo tempo.
  La prima concerne la situazione nel Sud pontino. I cittadini da quelle parti sono un po’ preoccupati. Alcuni si sentono come se non si muovesse foglia – mi passi il termine – cioè come se nessuno stesse indagando su nulla. Sono un po’ preoccupati, perché sentono la criminalità organizzata abbastanza presente.
  Rispetto alla Direzione investigativa antimafia di Malpensa, qual è la situazione ? Si parlava della chiusura. Sappiamo che i costi sarebbero sostenuti soltanto dalla regione Lombardia. Che novità ci sono al riguardo ?
  Poco fa si parlava di tratta di essere umani per mano di organizzazioni criminali straniere. Qual è la relazione tra criminalità organizzate nostrane e sbarchi ? Vorrei sapere se ci sono interessi e qual è la situazione attuale. Non parlo soltanto dell'accoglienza, su cui sappiamo già qualcosa. Vorrei sapere se c’è qualcosa più in generale.
  Giacché si parla di accoglienza, qual è la situazione a Roma dopo «Mafia capitale» ? C’è qualcuno che ha preso il posto di chi adesso è in carcere ? Mi scusi se faccio questa carrellata di domande.
  Per ciò che concerne le elezioni regionali, qual è la situazione ? Nell'ufficio di presidenza la Commissione ha deciso di fare una sorta di screening sui candidati. La Direzione investigativa antimafia sta monitorando i candidati e la situazione politica che comportano queste elezioni regionali ?
  Passo alle ultime due domande. Direttore, mi scusi. Eventualmente, se lo ritiene necessario, possiamo rimandare a una nota scritta. Come vi trovate nel lavoro con le prefetture ? Riuscite a lavorare bene ? Siete coordinati ?
  Riguardo alle banche dati, mi riallaccio alla domanda di Mirabelli. Sono condivise quelle delle capitanerie di porto ? Si tiene in considerazione il fatto che le capitanerie di porto possono avere delle banche dati interessanti, ad esempio, per quanto riguarda il traffico di rifiuti o di stupefacenti ?

  PRESIDENTE. Direttore, siccome c’è una serie di domande molto circoscritte, se ritiene ad alcune può rispondere anche per iscritto. Magari possiamo uscire dal circuito aperto e segretare.

  NUNZIO ANTONIO FERLA, direttore della Direzione investigativa antimafia. Questa è la prima audizione. Credo che ce ne saranno altre. Comunque, noi siamo a disposizione della Commissione per qualunque tipo di attività conoscitiva. Il rapporto è costante e va al di là delle audizioni formali.
  Sulla situazione del Sud pontino, voglio rassicurare l'onorevole. Certamente è una situazione che, come lei sa, anche nel recente passato è stata all'attenzione della Direzione investigativa antimafia, perché lì si concentra un interesse addirittura poliedrico di cartelli diversi. Forse si può prendere come esempio di patto di non belligeranza tra organizzazioni criminali diverse. Le posso assicurare che la situazione nel Sud pontino è sotto la nostra attenzione. Sono in corso anche attività di tipo investigativo.
  L'idea che ho io della Direzione investigativa antimafia, come ho detto all'inizio, è molto flessibile. La Direzione investigativa antimafia, come ripeto anche al mio personale, non è un'organizzazione statica. Ho riportato un esempio di come siamo dislocati, ma in realtà quella è una promanazione della Direzione sul territorio, ma non è detto che, se ho bisogno di uomini a Latina, non ce li metta.Pag. 17
  La caratteristica della Direzione investigativa antimafia è proprio la flessibilità: fare fronte laddove c’è una necessità e gravitare nei territori dove abbiamo segnali importanti di attenzione anche da parte della popolazione, a cui lei giustamente accennava.
  Quello è sicuramente un territorio che è sotto la nostra attenzione. Su questo mi sento di fornirle delle rassicurazioni. Ci sono stati dei risultati, anche di recente. Come lei sa, ci sono state delle operazioni importanti da parte sia della Direzione distrettuale antimafia di Roma sia della Direzione distrettuale antimafia di Napoli.
  Infatti, questa è una zona di confine. Noi dobbiamo attenzionare tutte le zone di confine. Io l'altro giorno mi trovavo a Trapani e sentivo anche questo tipo di considerazione: molte aziende e molti soggetti si collocano al confine tra le province. Questo è un dato che certamente ci deve portare a riflettere.
  È una riflessione che certamente noi dobbiamo sviluppare, come Direzione investigativa antimafia, utilizzando la flessibilità che noi abbiamo. Io non ho bisogno di chiedere l'autorizzazione ad autorità superiori per spostare degli uomini sul territorio laddove c’è la necessità. Lo abbiamo fatto su Milano, lo stiamo facendo su Reggio Calabria e lo abbiamo fatto su Caltanissetta, dove abbiamo esigenze investigative importanti. Pertanto, da questo punto di vista mi sento di rassicurarla.
  Proseguo velocemente. Casomai, se vuole, fornirò anche delle risposte scritte. La situazione a Malpensa è un dato che io, come direttore, ho trovato già acquisito, nel senso che quando sono arrivato a ottobre, come lei sa, la sezione di Malpensa era già stata chiusa.
  La sezione di Malpensa era costituita da due unità, che in pratica – le riferisco sinteticamente il dato, così come l'ho appreso – svolgevano il controllo soprattutto per quanto attiene agli arrivi o a richieste particolari da parte di altri centri.
  Credo che non sia un problema di costi, ma soprattutto un problema di ragioni operative. Ciò che ha determinato, non la chiusura della sezione, bensì il mancato invio di queste due unità a Malpensa, è stata la riflessione fatta. Noi abbiamo una promanazione su Fiumicino, dove possiamo acquisire gli stessi elementi che possiamo acquisire a Malpensa. Se io ho bisogno di interfacciarmi con delle compagnie aeree, queste sono tutte su Roma. Pertanto, posso ottenere a Roma le informazioni che ottengo da Malpensa. Questo ha comportato il mancato invio di queste due unità su Malpensa.
  Per ciò che concerne le organizzazioni criminali e gli immigrati, se vuole, faremo un punto della situazione, perché credo che sia un argomento abbastanza importante e significativo.
  In realtà, almeno dalle risultanze investigative della Direzione investigativa antimafia, noi non abbiamo evidenze investigative che ci dimostrino che c’è una cointeressenza o comunque una compartecipazione nel traffico da parte delle organizzazioni qualificate italiane. Probabilmente questo rientra in quel quadro di accordi che vengono assunti tra organizzazioni criminali. Ricordo che quando stavo a Palermo leggevo le dichiarazioni di Totò Riina. Nel 1972 era compare d'anello di un ’ndranghetista e aveva amicizie con il clan Nuvoletta. Ci sono accordi tra organizzazioni criminali che sono stratificati nel tempo e anche nelle prassi. Pertanto, non è escluso che ci sia anche questa sorta di contiguità.
  Come giustamente osservava lei, sappiamo che sul tema dell'accoglienza ci sono interessi criminali, soprattutto nel settore degli appalti. Su questo tema sicuramente c’è un interesse delle organizzazioni locali.
  Qual è la situazione su Roma ? Come Direzione investigativa antimafia – io credo che anche la Commissione è a conoscenza di questo – stiamo collaborando con la commissione straordinaria per l'accesso al comune e stiamo ricostruendo una sorta di rete di cointeressenze. Cerchiamo di avere la mappa più completa possibile.
  Stanno emergendo delle cose interessanti, che ovviamente noi riferiremo al prefetto Magno. Certamente questo è un Pag. 18lavoro in itinere, sul quale mi riservo di fornire ulteriori approfondimenti utili per il lavoro di questa Commissione.
  Mi scusi se proseguo velocemente. Sulle elezioni regionali noi non svolgiamo attività di iniziativa. Ricordo l'attività che abbiamo svolto su Reggio Calabria, a richiesta del prefetto, per quanto ha riguardato le elezioni comunali, se non vado errato, del 2014. Abbiamo fornito al prefetto di Reggio Calabria degli elementi conoscitivi sulla lista dei candidati – credo che fossero 900 – che ovviamente sono stati esaminati dal prefetto per le sue valutazioni autonome, insieme a quelle delle altre forze di polizia.
  Vengo ora al lavoro con le prefetture. Noi ci interfacciamo con le prefetture su diversi tavoli. Uno di questi, che ho già citato, è quello sugli appalti, per cui siamo l'organismo di riferimento e di raccordo per quanto riguarda le informazioni in materia di interdittive antimafia e soprattutto di white list. Lei sa che sono delle cosiddette «liste bianche» che danno un percorso agevolativo.

  PRESIDENTE. Posso inserirmi ? Direttore, cosa ci dice sull'interfaccia con la prefettura per le interdittive e sui rapporti con i TAR ?

  NUNZIO ANTONIO FERLA, direttore della Direzione investigativa antimafia. Questa è un'interessante domanda, presidente. Su questo, sarei portato a citarvi una statistica delle interdittive che abbiamo visto. Magari su questo punto mi riservo di fornire un approfondimento scritto. Abbiamo visto che sono circa cento le interdittive.
  Quasi tutte quelle interdittive che avete visto non sono state dichiarate dal TAR. È il Consiglio di Stato che ha dichiarato la bontà delle interdittive e, quindi, delle risultanze investigative a sostegno delle stesse. Il problema che pongo è una riflessione che forse bisognerebbe fare...

  PRESIDENTE. Se siamo arrivati al Consiglio di Stato è perché c'era stata spesso una bocciatura del TAR.

  NUNZIO ANTONIO FERLA, direttore della Direzione investigativa antimafia. Esattamente. C'erano state delle bocciatura dei TAR, ma su cosa erano basate ? Erano basate sul fatto che si sta affermando una posizione giurisprudenziale, a mio avviso abbastanza a rischio: non è sufficiente dimostrare che ci sia un legame parentale tra il mafioso e l'imprenditore. Secondo il TAR, non solo dobbiamo dimostrare l'attualità – attualità significa ad horas – ma dobbiamo dimostrare anche che il mafioso è in grado di orientare le scelte strategiche ed economiche della ditta.
  Questo è un ulteriore passaggio, che a mio avviso probabilmente pone qualche problema in termini operativi. Se Totò Riina è socio di una società, a mio avviso quello è già un elemento più che lampante per dire che la società è infiltrata. Non devo certo dimostrare che il boss sta condizionando le scelte societarie piuttosto che altre questioni.

  PRESIDENTE. Avete l'archivio di queste decisioni ?

  NUNZIO ANTONIO FERLA, direttore della Direzione investigativa antimafia. Sì.

  PRESIDENTE. Ce lo fornisce ?

  NUNZIO ANTONIO FERLA, direttore della Direzione investigativa antimafia. Certamente.

  PRESIDENTE. Siccome c’è stato segnalato da più parti questo aspetto, vorremmo quantomeno avere un'interlocuzione con la giustizia amministrativa su questo.

  NUNZIO ANTONIO FERLA, direttore della Direzione investigativa antimafia. Certamente. Sul lavoro delle prefetture, se vuole, onorevole, possiamo essere ancora più approfonditi.
  A proposito delle banche dati delle capitanerie di porto inerenti i rifiuti, informo – forse non l'ho accennato nella mia relazione – che la Direzione investigativa antimafia si avvarrà anche del Pag. 19Corpo forestale dello Stato e della polizia penitenziaria. È un provvedimento molto recente, che vedrà tra le file della Direzione investigativa antimafia anche un'aliquota di personale della forestale e della penitenziaria. Se non vado errato, è un'aliquota di ventidue unità (undici e undici).
  Io voglio mandare e manderò queste unità – l'abbiamo definito insieme ai responsabili – nei luoghi in cui mi servono. La forestale mi serve a Napoli e a Brescia. Sappiamo che c’è il tema «terra dei fuochi» anche a Brescia, che è molto importante. La polizia penitenziaria mi serve nei luoghi dove ci sono le carceri, per stabilire eventualmente rapporti con i boss che sono attualmente in carcere. Li impiegherò in questi territori.
  Più banche dati abbiamo, a più banche dati attingiamo, e più forza diamo alla Direzione investigativa antimafia.

  FRANCESCO D'UVA. La mia domanda era in merito alla collaborazione con le capitanerie di porto sull'utilizzo delle banche dati.

  NUNZIO ANTONIO FERLA, direttore della Direzione investigativa antimafia. Le capitanerie di porto, come lei sa, alimentano lo SDI, ma probabilmente l'onorevole si riferiva alle risultanze dei traffici navali. Forse quello potrebbe essere uno strumento utile. Grazie del suggerimento.
  Comunque, sono dati a cui noi attingiamo indirettamente, perché non c’è una connessione. Dobbiamo andare fisicamente presso le capitanerie, per acquisire elementi in ordine a un movimento di un natante piuttosto che a qualcos'altro.

  DAVIDE MATTIELLO. Grazie, generale. Ho tre questioni sintetiche. Sulle banche dati, come ha già detto il collega Mirabelli, credo che dovremmo davvero fare un approfondimento. Lo sottolineo a mia volta per invitare alla riflessione la Commissione e l'ufficio di presidenza.
  Infatti, gli elementi che man mano emergono su queste banche dati sono inquietanti, anche in considerazione del modificato approccio di rilascio delle interdittive, che va verso una sostanziale digitalizzazione. Se le banche dati non funzionano, diventa problematico far operare il sistema delle interdittive. A ottobre il Governo ha ulteriormente modificato il meccanismo, presupponendo il funzionamento della banca dati digitale, lasciando alla procedura originale investigativa e a quella della prefettura un ruolo residuale.
  Se le banche dati non funzionano o non sono in sintonia tra di loro, oppure se i soggetti dotati di facoltà di proposta non possono allo stesso modo accedere a tutte le banche dati, evidentemente c’è un problema di sistema, che credo vada affrontato in maniera altrettanto sistematica.
  Pongo in maniera sintetica la seconda questione. Il generale mi scuserà se è un po’ «tagliata con l'accetta». Secondo voi, la Direzione investigativa antimafia fa quel che deve o fa quel che può ? Il progetto originario di una Direzione investigativa antimafia capace di fare in particolare polizia giudiziaria, a fianco delle Direzioni distrettuali antimafia e della Direzione nazionale antimafia, nelle indagini di criminalità organizzata di stampo mafioso è stato realizzato o meno ?
  Capita che in inchieste importanti che hanno a che fare con la criminalità organizzata di stampo mafioso la procura deleghi per le indagini non la Direzione investigativa antimafia, ma i ROS piuttosto che altri reparti.
  Passo all'ultima questione, che in parte ha illuminato con l'ultima cosa che ha detto. Anche stavolta la titolo in maniera sintetica: il rapporto tra Direzione investigativa antimafia e collaboratori di giustizia. All'interno della Commissione, il V Comitato sta per iniziare un'inchiesta sui collaboratori di giustizia. Intanto ci potete dire qualcosa per istruire la pratica. Vi chiedo eventualmente di farci una relazione scritta su questo.
  Mi ha colpito l'ultima frase che lei ha detto, dando la precedente risposta: avrete presto una quota di agenti che arrivano dalla penitenziaria e voi, come Direzione investigativa antimafia, intendete adoperare questa quota là dove ci sono le carceri.

Pag. 20

  NUNZIO ANTONIO FERLA, direttore della Direzione investigativa antimafia. Le supercarceri.

  DAVIDE MATTIELLO. Vuoi nel lavoro di prevenzione, vuoi nel lavoro di polizia giudiziaria, immagino che nel rapporto con delinquenti che potrebbero diventare collaboratori – bisogna che qualcuno li vada a incontrare per capire che intenzioni hanno – o con collaboratori conclamati, le cui affermazioni vanno puntualmente riscontrate, ci stia il lavoro della Direzione investigativa antimafia.

  NUNZIO ANTONIO FERLA, direttore della Direzione investigativa antimafia. La ringrazio, onorevole, per queste precisazioni e per queste domande.
  Sulle banche dati, mi sento di condividere quello che lei afferma: sostanzialmente abbiamo la necessità di far funzionare le banche dati e soprattutto di farle dialogare, ovvero parlare un linguaggio comune. Ovviamente intendo un linguaggio digitale, perché è necessario creare dei link adeguati.
  La banca dati certamente non esaurisce l'informazione. La banca dati è fondamentale in quei famosi cinque giorni entro cui noi diamo un flash al prefetto sulle questioni fredde, attinenti ai precedenti, alle risultanze e a quello che risulta dai nostri atti e da quelli delle forze di polizia che coinvolgono la Direzione investigativa antimafia con un flusso di informazioni. In seguito, nel caso in cui emerga un elemento sintomatico, facciamo gli approfondimenti.
  Pertanto, la banca dati è un primo step, che ci dà un warning, per poi approfondire in maniera più completa, a quel punto certamente non più nei cinque giorni. Daremo un quadro molto più completo. A quel punto, interviene il tema investigativo, degli approfondimenti, delle analisi e così via.
  Certamente sono fondamentali le banche dati e il dialogo tra le stesse, ma la banca dati non può esaurire la questione. Altrimenti ha ragione lei quando dice che si tratta soltanto di fare un clic. Bisogna fare il clic, per avere un primo warning e poi approfondire il ragionamento, perché noi dobbiamo andare in sede giurisdizionale. Infatti l'interdittiva ovviamente va al TAR e al Consiglio di Stato e occorre avere degli elementi.
  La Direzione investigativa antimafia fa quel che deve o fa quel che può ? Io credo che la Direzione investigativa antimafia sia una ricchezza e un patrimonio di questo Paese. La Direzione investigativa antimafia, come dicevo poc'anzi, è figlia di un'intuizione di uno che se ne intendeva. Chi è stato in servizio a Palermo lo sa. Io ci sono stato per diversi anni. È una ricchezza per il Paese, perché chi ha creato questo organismo ha pensato che aveva di fronte un fenomeno che non poteva che essere affrontato in questo modo.
  Recentemente ho riletto il libro di Falcone a proposito dell'idea della centralizzazione delle informazioni. Riportava l'esempio di Boris Giuliano, che era un grandissimo investigatore. L'indagine che veniva svolta all'epoca, negli anni 1970 e 1980, era settoriale. La forza della mafia è divide et impera: se io non so quello che stai facendo tu, loro sono in vantaggio.
  Mi ricordo che ci fu un grosso sequestro di una valigia piena di dollari a Palermo, precisamente a Punta Raisi (allora si chiamava così). Credo che questo sequestro venne effettuato proprio dalla Guardia di finanza. A indagare fu Boris Giuliano, un grande investigatore.
  Nell'indagine emerge che Boris Giuliano si accorge che c’è un assegno di 300.000 dollari versati alla Banca commerciale, a nome di un certo signor Giglio. Va all'agenzia e si rivolge a Lo Coco, che ne era il direttore. Gli chiese chi fosse questo Giglio che aveva versato l'assegno di 300.000 dollari. Lo Coco gli rispose che non sapeva niente di questa cosa. Allora Boris Giuliano gli disse: «Quando vede questo Giglio, mi chiami immediatamente». Non si era reso conto che Lo Coco era il cugino di Bontate e che Giglio era lui. Era un prestanome. Praticamente, si è consegnato ai suoi assassini.
  Questo significa che in un'indagine antimafia ogni particolare è importante, anche Pag. 21il più insignificante. È importante fare le analisi e pensare alla grande, cioè fare un'indagine a 360 gradi, in cui poi allocare tutti i puzzle. Non è importante il singolo episodio, ma il flusso delle informazioni.
  Da qui ha origine la creazione della Direzione investigativa antimafia. Questo è ciò che deve fare la Direzione investigativa antimafia. Non deve svolgere tutte le indagini antimafia, altrimenti non saremmo 1.500. La legge non dice assolutamente che la Direzione investigativa antimafia è l'unico organismo che svolge attività antimafia, ma deve svolgere il suo ruolo di cabina di regia. A me non interessa che venga delegato il ROS, piuttosto che il GICO, piuttosto che la squadra mobile. L'importante è che la Direzione investigativa antimafia – questo è l'impegno, anche politico – mantenga il suo ruolo di centralità, perché assicura in questo modo il flusso delle comunicazioni e le arricchisce verso chi sta investigando.
  Questa è l'intuizione della creazione della Direzione investigativa antimafia sul piano investigativo. Sul piano giudiziario ovviamente c’è la Procura nazionale.
  Quando qualcuno dice che la Direzione investigativa antimafia è superflua, io mi sento offeso, non tanto perché ne faccio parte da otto mesi, ma perché si rinnega, a mio avviso, un modello organizzativo che è costato la vita a parecchia gente.
  Questo modello organizzativo deve essere valutato e ulteriormente perfezionato, se vogliamo sconfiggere le organizzazioni criminali. Infatti, oggi le organizzazioni criminali non stanno solo a Palermo, a Trapani o a Caltanissetta, ma stanno dappertutto. Abbiamo citato Obama, che considera la camorra come un'organizzazione criminale addirittura in grado di mettere a repentaglio il suo sistema. Questi sono i fenomeni che contrastiamo.
  Andare nella direzione di dividerci su questo fronte probabilmente significa seguire una strada che ci porta indietro anziché in avanti.
  La Direzione investigativa antimafia fa quello che deve fare, non quello che può. Ovviamente le norme esistono, ma bisogna farle rispettare. Questa è una competenza che involge tutti noi.

  DAVIDE MATTIELLO. Dunque, a proposito dei collaboratori attendiamo un documento ?

  NUNZIO ANTONIO FERLA, direttore della Direzione investigativa antimafia. Sui collaboratori redigeremo un documento. Come lei sa, soprattutto negli anni successivi alle stragi, la Direzione investigativa antimafia ha avuto un ruolo importante nella gestione dei collaboratori.
  In seguito, il fenomeno della collaborazione, come è a conoscenza di questa Commissione, ha subìto vicende di altro tipo, nel senso che non abbiamo più di fronte grandi collaboratori, ma abbiamo collaboratori che danno informazioni non di sistema. Questo è un altro problema.
  Sulla tematica della collaborazione casomai forniremo un documento scritto, in modo da farvi un punto della situazione.

  SALVATORE TITO DI MAGGIO. Grazie, direttore, per l'esaustiva relazione che ha illustrato. C’è stato un punto che mi ha felicemente sorpreso: non capita spesso nel mondo della pubblica amministrazione vedere che, ad esempio – non ricordo il dato preciso – avete ricevuto 23.000 segnalazioni e avete istruito e lavorato su tutte.
  Vorrei chiederle alcune informazioni che a noi risulta un po’ difficile avere. Alcune volte noi proponiamo delle interrogazioni parlamentari al Governo, e avere la risposta è un po’ come fare un terno al lotto.
  Su una questione in particolare io ho chiesto ai Ministeri competenti di avere qualche notizia. Approfitto della sua presenza qui per chiedere se avete svolto indagini investigative sul CARA di Mineo.
  L'altra cosa che mi interessa sapere è se, anche dal punto di vista delle attività investigative, vi state occupando delle questioni che coinvolgono l'area del metapontino, quest'area che nell'Italia che ci avete rappresentato è una zona bianca, quasi Pag. 22che non ci fosse nulla. Invece, sappiamo perfettamente che è una zona un po’ delicata.
  L'ultima domanda riguarda un'altra vicenda della quale si hanno pochissime notizie. Dati i vostri rapporti internazionali, le chiedo se ci può dire qualcosa rispetto all'estradizione di Matacena.

  PRESIDENTE. Devo porre due domande abbastanza puntuali. Può rispondere per iscritto. Toglierei il circuito pubblico. Non andrei in segreta, ma non vorrei che si sentisse in sala stampa.
  Le domande sono due. In primo luogo, vorrei sapere se, soprattutto attraverso il sequestro dei beni, state restringendo il cerchio intorno a Matteo Messina Denaro.
  Lei ha citato Caltanissetta come una delle zone nelle quali state rafforzando la vostra presenza. Io vorrei rivolgerle una domanda che riguarda in maniera particolare il responsabile della Direzione investigativa antimafia di quella provincia. C’è fondamento nelle notizie che sono state pubblicate sui giornali, secondo cui la figlia del responsabile della Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta lavorerebbe, se non sbaglio, presso la Confidi, la finanziaria della Confindustria di Caltanissetta ?
  Se ci sono altre domande più circostanziate, le facciamo in questa fase, in modo che il direttore possa rispondere.

  NUNZIO ANTONIO FERLA, direttore della Direzione investigativa antimafia. Inizio dalle domande dell'onorevole Di Maggio. Non mi risulta che abbiamo attività investigative in corso sul CARA di Mineo. Ovviamente io non posso essere a conoscenza di tutto. Ne sono a conoscenza, ma evidentemente devo verificarlo sul piano concreto. Non mi risulta che abbiamo attività investigative in corso, anche perché questo, se non vado errato, riguarda le modalità di assegnazione dell'appalto.

  SALVATORE TITO DI MAGGIO. Questione che è entrata in «Mafia Capitale».

  NUNZIO ANTONIO FERLA, direttore della Direzione investigativa antimafia. Esattamente. Su «Mafia Capitale», come ho detto prima, noi stiamo svolgendo un'attività a tutto tondo su tutte le aziende che sono state coinvolte. Faremo una mappatura complessiva di tutti i collegamenti, anche societari, che ci consentirà di aprire altri orizzonti investigativi. Noi ce lo auguriamo.
  Sul tema del Metapontino, io ho incaricato il capocentro di Bari di svolgere questo tipo di attività, per avere un contatto più diretto col procuratore Gay, che tra l'altro è arrivato lì di recente. Recentemente c’è stata anche un'operazione, come mi dice il nostro collega. Come dicevo per l'area del basso Lazio, consideriamo il Metapontino una zona di «confine», ma è sicuramente una zona che stiamo attenzionando.
  Sull'area del Metapontino mi auguro che a stretto giro riusciremo a dare dei risultati. Comprenderete che sono aree e attività investigative che non si riescono a risolvere nel giro di una settimana. Occorrono indagini tecniche e una serie di attività.
  Quello dell'estradizione di Matacena è un tema attuale. Su questo punto, mi riservo di farle avere una scheda in cui lei possa eventualmente avere cognizione anche sulle date e sullo sviluppo della questione Matacena. Come sapete, è un'attività investigativa che ha in corso il centro operativo di Reggio Calabria.
  Passo alle domande poste dalla signora presidente, iniziando dal sequestro dei beni nei confronti di Messina Denaro. Certo è che quella di fare terra bruciata sulla figura di Messina Denaro è una scelta che noi stiamo condividendo con l'autorità giudiziaria. Certamente asciugare tutti flussi finanziari può consentire di arrivare all'obiettivo. Questa è una strada che stiamo perseguendo. Anche recentemente, abbiamo effettuato l'operazione Eden. Peraltro, in questo contesto è stata arrestata anche la sorella di Messina Denaro. Stiamo agendo sotto questo profilo.
  Sotto il profilo della ricerca del latitante, invece, occorre distinguere. Ci sono delle squadre comuni, tra polizia e carabinieri, che sono indirizzate proprio alla Pag. 23ricerca fisica del latitante. Noi, sempre sotto l'egida della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, abbiamo un'attività investigativa in corso, che riguarda altri aspetti, comunque riconducibili alla figura e all'individuazione del latitante.
  Per quanto riguarda, invece, la posizione del capocentro della Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta, vorrei fare alcune precisazioni. Il capocentro della Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta è stato assegnato alla direzione del centro operativo di Caltanissetta il 16 giugno del 2014. In precedenza, dal 27 maggio 2011 è stato capocentro a Reggio Calabria. Ancora prima, fino al 26 maggio 2011, era stato comandante provinciale della Guardia di finanza di Caltanissetta. C’è stato poi un breve intervallo di tempo a Reggio Calabria come capocentro operativo della Direzione investigativa antimafia, prima di passare a Caltanissetta come capocentro operativo. Pertanto, è a Caltanissetta da poco meno di un anno.
  Nell'articolo di stampa apparso – mi pare – su La Repubblica, nell'ambito della nota vicenda Montante, veniva riportato testualmente che c'erano degli investigatori che avevano fatto assumere parenti e amiche da questa cordata. Questo è ciò che diceva testualmente il giornalista, facendo riferimento al caso di un ufficiale della Direzione investigativa antimafia e di un maggiore della Guardia di finanza.
  A questo punto, come direttore, ho immediatamente chiamato il capocentro della Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta per avere degli elementi di delucidazione. Al telefono mi fa informato che nel 2008 sua figlia era stata assunta dalla Confidi e, quindi, aveva un rapporto di lavoro presso di loro. La Confidi, come sapete, è una società partecipata da Confindustria.
  A quel punto, ho fatto mettere per iscritto questa circostanza, stigmatizzandola, perché in effetti sono stato io a chiedere informazioni al capocentro e non viceversa. È il capocentro che deve informare il direttore e non il direttore che deve chiedere informazioni al capocentro.
  Preferirei che venisse segretata questa parte.

  PRESIDENTE. Propongo di passare in seduta segreta.
  (Così rimane stabilito La Commissione procede in seduta segreta indi riprende in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Data la disponibilità, che del resto ho avuto modo di verificare anche in altre circostanze, magari ci permetteremo di disturbarvi quando faremo una missione, per chiedervi dei dati e delle conoscenze precedenti di cui voi disponete.
  Ringrazio il direttore Ferla e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.10.