XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 47 di Giovedì 14 maggio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze Pier Paolo Baretta, sull'attuazione del Fondo di solidarietà comunale (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Baretta Pier Paolo (PD) , Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze ... 3 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 7 
Fornaro Federico  ... 7 
Guerra Maria Cecilia  ... 8 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 9 
Zanoni Magda Angela  ... 10 
De Menech Roger (PD)  ... 10 
Collina Stefano  ... 11 
Molinari Francesco  ... 12 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 12 
Baretta Pier Paolo (PD) , Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze ... 12 
Fornaro Federico  ... 13 
Baretta Pier Paolo (PD) , Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze ... 13 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 14 
Baretta Pier Paolo (PD) , Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze ... 14 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze, Pier Paolo Baretta sull'attuazione del Fondo di solidarietà comunale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze, Pier Paolo Baretta, sull'attuazione del Fondo di solidarietà comunale.
  Ringrazio il Sottosegretario Baretta per la disponibilità ad intervenire ai nostri lavori e gli cedo subito la parola per lo svolgimento della relazione.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze. Grazie, presidente. Sono io che vi ringrazio dell'invito a partecipare a questa audizione che sarà volutamente stringata, anche perché per molta parte delle questioni tecniche rinvio alla precedente audizione della professoressa Lapecorella, che ha avuto modo di approfondire gli aspetti di costruzione.
  Accantonando quindi gli aspetti più specificatamente tecnici, mi soffermo sulle questioni legate alle scelte di merito che sono alla base del Fondo di solidarietà comunale.
  Il percorso è iniziato con l'attuazione – attraverso una legge delega, la legge n. 42 del 2009 – dei princìpi sanciti nell'articolo 119 della Costituzione, che prevede per gli enti autonomia finanziaria di entrata e di spesa e la disponibilità di risorse autonome (entrate proprie, compartecipazione al gettito dei tributi erariali, trasferimenti dal fondo perequativo) attraverso cui gli enti territoriali devono provvedere al finanziamento integrale delle funzioni pubbliche loro attribuite.
  Illustrerò dunque le mie argomentazioni sul Fondo di solidarietà comunale riferendomi sia alla riduzione di trasferimenti agli enti locali per esigenze legate alla revisione della spesa pubblica, sia alla necessità di autonomia di entrata e di spesa specifica degli enti e al conseguente bisogno di perequare gli eventuali squilibri.
  Il fondo – istituito con la legge di stabilità del 2013 dapprima temporaneamente, poi reso stabile dalla legge di stabilità per il 2014 – ha sostituito il Fondo sperimentale di riequilibrio e il Fondo perequativo per comuni e province (il quale rimane in vigore esclusivamente per le province) e ha la finalità di ridurre i forti squilibri tra gli enti locali, assicurando l'esercizio delle attività istituzionali e l'erogazione di servizi pubblici.
  Peculiarità del Fondo di solidarietà comunale, a differenza del soppresso fondo sperimentale di riequilibrio, è quella di essere alimentato con una quota di gettito IMU di spettanza dei comuni.
  Va puntualizzato che il fondo riguarda esclusivamente i comuni delle regioni a Pag. 4statuto ordinario e quelli della regione Sicilia e della regione Sardegna, che rientrano nell'ambito del sistema di distribuzione del fondo, in quanto dette regioni non esercitano direttamente le funzioni in materia e finanza locale, diversamente dalle altre autonomie speciali.
  Come ben noto, nel 2013, a decorrere dall'anno della sua istituzione, il fondo è stato alimentato dall'intero gettito fiscale derivante dall'imposta comunale propria (IMU), ad eccezione della quota derivante dagli immobili ad uso produttivo, classificati nel gruppo catastale D, riservato esclusivamente allo Stato.
  L'ammontare complessivo del fondo, con i vari aggiustamenti dovuti sia ai tagli previsti dalle norme sulla revisione della spesa che all'ulteriore incremento della quota IMU di spettanza dei comuni, è stato ridimensionato in 6.957.454.319,09 euro.
  Il quadro normativo per il riparto tra i comuni interessati (comuni delle regioni a statuto ordinario e delle regioni Sicilia e Sardegna) del Fondo di solidarietà comunale per l'anno 2013 è recato dai commi 380-ter e 380-quater dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012.
  Per l'anno 2014 l'applicazione delle disposizioni inerenti la composizione del fondo (gettito IMU ad aliquota standard, riduzioni ex legge di stabilità per il 2014, riduzioni ex decreto-legge n. 66 del 2014, riduzioni ex decreto-legge n. 95 del 2012) ha condotto a quantificare l'ammontare complessivo del fondo stesso in 6.339.884.208,94 euro.
  Permane anche per il 2014 la quota di gettito derivante degli immobili D in capo allo Stato. Tra i criteri di riparto del fondo si è fatto inoltre riferimento a quelli inizialmente stabiliti per il 2013, eliminando tuttavia i due criteri di natura perequativa e conservando solo quelli di natura compensativa.
  Il criterio dei fabbisogni standard viene tuttavia reintrodotto collateralmente e limitatamente a una quota pari al 10 per cento del fondo, anche se quest'ultima previsione è stata successivamente superata, considerando come criterio quello delle capacità fiscali e dei fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (Copaff) entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento.
  Relativamente ai fabbisogni standard e alla capacità fiscale degli enti utilizzati come criterio per la ripartizione, occorre precisare che l'attuazione della norma è intervenuta successivamente all'intesa sui criteri di riparto in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali e che quindi si è rinviata l'applicazione dei criteri di riparto al 2015. Per l'anno 2015, le risorse del fondo ammontano complessivamente a 4.773.745.010,47 euro, di cui 395.311.040,59 euro derivanti dall'ulteriore quota di IMU che, come è avvenuto per gli anni precedenti, i comuni devono versare a seguito della regolazione dei rapporti finanziari fra gli enti in questione.
  Il nuovo sistema di ripartizione costituisce il primo atto concreto per la graduale attuazione del principio di perequazione, riferito sia ai dettami della Costituzione che alla legge delega sul federalismo fiscale (legge n. 42 del 2009).
  L'articolo 119 della Costituzione fra l'altro assegna per i territori con minore capacità fiscale per abitante la funzione di perequazione a un apposito fondo, senza vincoli di destinazione, da istituirsi con legge dello Stato. La norma costituzionale collega quindi la ripartizione del fondo al parametro oggettivo della minore capacità fiscale pro capite ai fini di reperire, attraverso la leva fiscale, le risorse necessarie per l'esercizio delle funzioni e dei compiti dell'ente territoriale.
  Le disposizioni normative sulla distribuzione secondo il criterio dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali sono in linea con la legge delega n. 42 del 2009, che ha posto tra i princìpi e i criteri direttivi generali il superamento graduale per tutti i livelli di governo del criterio della spesa storica, a favore di criteri perequativi basati su fabbisogni standard e capacità fiscali per il finanziamento delle funzioni fondamentali, e sulla sola capacità fiscale per le altre funzioni.
  Il quadro normativo per il riparto tra i comuni interessati (comuni delle regioni Pag. 5a statuto ordinario e delle regioni Sicilia e Sardegna) del Fondo di solidarietà comunale per l'anno 2015 è recato dai commi 380-ter e 380-quater sempre dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012.
  Le predette disposizioni rispetto all'anno 2014 e sempre limitatamente ai comuni delle regioni a statuto ordinario prevedono l'introduzione nel riparto del Fondo di solidarietà comunale di meccanismi perequativi, finalizzati a consentire il passaggio graduale dal criterio della distribuzione delle risorse in base alla spesa storica al criterio di distribuzione basato su fabbisogni e capacità fiscali (risorse standard).
  Inoltre, la percentuale di accantonamento e di redistribuzione della dotazione del Fondo di solidarietà comunale è stata aumentata dal 10 al 20 per cento a norma dell'articolo 1, comma 459 della legge n. 190 del 2014. In particolare, con riguardo alla definizione dei fabbisogni standard degli enti locali, la prima fase dell'iter di stima si è conclusa nei tempi previsti ed è in corso la prima fase di monitoraggio e revisione.
  Con riguardo alla stima della capacità fiscale, con il decreto dell'11 marzo 2015 del Ministro dell'economia e delle finanze è stata adottata la nota metodologica, allegata al decreto, relativa alla procedura di calcolo e la stima delle capacità fiscali per singolo comune delle regioni a statuto ordinario.
  Per quanto riguarda i criteri di riparto del Fondo di solidarietà comunale per i comuni delle regioni a statuto ordinario, come ho già accennato, nella seduta del 31 marzo 2015 della Conferenza Stato Città ed autonomie locali è stato raggiunto l'accordo tra il Governo e l'ANCI sui criteri di riparto delle risorse del fondo per il 2015.
  L'accordo del 31 marzo indica che i tagli previsti dalla legge di stabilità 2015, pari a 1,2 miliardi di euro, siano ripartiti sulla base delle risorse storiche di riferimento dei comuni nel 2014, ricostruite per ogni ente come somma di IMU e TASI ad aliquota standard, e delle assegnazioni di risorse positive o negative del Fondo di solidarietà 2014.
  L'applicazione di questo criterio implica sostanzialmente che i comuni che disponevano di maggiori risorse nel 2014 sono quelli che hanno subìto nel 2015 i maggiori tagli in valore assoluto.
  Per individuare l'entità delle risorse del Fondo di solidarietà comunale che per l'anno 2015 verranno assegnate ai comuni delle regioni a statuto ordinario occorre considerare l'effetto dei seguenti fattori.
  Riduzioni di spesa previste dal decreto-legge n. 66 del 2014 e dalla legge di stabilità 2015 per complessivi 1.863 milioni di euro, di cui 1.200 milioni relativi alla legge di stabilità 2015, 563 relativi al decreto-legge n. 66 e 100 milioni relativi alla quota della spending review riferita al decreto-legge n. 95 del 2012. Considerando i soli comuni delle regioni a statuto ordinario, la riduzione complessiva di risorse per il 2015 ammonta a 1.670 milioni di euro.
  Ripartizione con finalità perequative del 20 per cento della dotazione del Fondo di solidarietà comunale 2015, pari a 747 milioni di euro, tenuto conto dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali di ciascun ente. Per i soli comuni delle regioni a statuto ordinario la dotazione del fondo rideterminata al netto dei tagli, pari a 3.737.531.615 euro è stata ripartita per l'80 per cento, pari a 2.990.025.292 euro, attraverso il criterio delle risorse storiche, e per il 20 per cento, pari a 747.506.323 euro, attraverso il criterio dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali.
  Questo criterio è stato il risultato dell'intesa con l'ANCI: inizialmente il Governo aveva proposto un'applicazione del 44 per cento dei fabbisogni standard.
  La quota dell'80 per cento è stata ripartita con lo stesso criterio utilizzato per assegnare le risorse del fondo 2014: per ciascun ente è stata calcolata la differenza tra il totale delle risorse storiche di riferimento per il 2015, quindi al netto dei tagli, e la somma delle entrate IMU e TASI valutate ad aliquota standard.
  L'effetto per alcuni enti, le cui risorse storiche sono superiori alle capacità fiscali in termini di IMU e TASI, è stato di ricevere risorse dal fondo. Se al contrario la capacità fiscale dei comuni di IMU e Pag. 6TASI supera le risorse storiche, il comune si trova a dover versare risorse al fondo.
  Alla quota del 20 per cento del fondo al netto dei tagli si applica il meccanismo perequativo basato sulla differenza fra fabbisogni standard e capacità fiscale. Anche l'effetto di tale percentuale di riparto sconta le posizioni nette dei comuni, determinate dall'applicazione dei due criteri.
  Talvolta l'effetto per il 2015 derivante dall'accantonamento/ridistribuzione del 20 per cento è stato – contrariamente a quanto si pensava – penalizzante per i comuni del nord rispetto ai comuni del sud. Ciò deriva dalla diversa capacità fiscale potenziale e potrebbe avere qualche effetto l'innalzamento della pressione fiscale locale per compensare l'effetto combinato dei tagli e della perequazione.
  L'accordo del 31 marzo 2015 prevede una prima applicazione ottenuta dal criterio di riparto utilizzato per il 20 per cento del Fondo di solidarietà comunale, in base alla quale sostanzialmente le differenze tra capacità fiscale e fabbisogni standard di ciascun comune sono perequate solo per il 45,8 per cento. Se un comune presenta una capacità fiscale inferiore ai suoi fabbisogni standard, riceverà non il cento per cento della differenza, ma solamente il 45,8.
  Tale percentuale rappresenta per il solo 2015 il target perequativo della ripartizione del fondo ed è data dal rapporto tra l'ammontare complessivo delle risorse storiche di riferimento, pari a 14.007 milioni di euro, e la capacità fiscale totale, pari a 30.589 milioni di euro.
  Tale riduzione del target perequativo si è resa necessaria per attenuare nel primo anno di applicazione gli effetti finanziari per i comuni con capacità fiscale maggiore dei fabbisogni standard e per tenere adeguatamente conto delle difficoltà finanziarie.
  Anche se non ancora previsto dalla normativa, la prospettiva che si sta ipotizzando è il progressivo innalzamento della quota del 20 per cento (per il 2016 sarebbe il 40 per cento e così via) sul presupposto che tale manovra abbia un effetto perequativo.
  Relativamente alle criticità connesse alla determinazione del Fondo di solidarietà comunale 2015, si evidenziano di seguito le più rilevanti. Taglio 2.600 milioni di euro previsto dal decreto-legge n. 95 del 2012. Negli anni 2012 e 2013 dal riparto del taglio sono stati esclusi i comuni dell'Emilia Romagna colpiti dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012. Nell'anno 2014 tale esclusione è stata prevista invece a favore dei comuni abruzzesi interessati dagli eventi sismici del 6 aprile 2009.
  Nell'anno 2015 non sono previste tali esclusioni, pertanto nel 2015 tutti i comuni colpiti da eventi sismici saranno assoggettati ai tagli del decreto-legge n. 95 del 2012. Il Ministero ha proposto una norma, inserita nell'eventuale emanando decreto-legge sugli enti locali, che di fatto escluderebbe i comuni abruzzesi del cratere dal taglio del decreto, mentre i comuni terremotati dell'Emilia Romagna resterebbero assoggettati al taglio.
  Taglio di 1.200 milioni di euro previsto dalla legge di stabilità per il 2015. Il comma 435 della legge n. 190 del 2014 dispone la riduzione del Fondo di solidarietà comunale per il complessivo importo di 1.200 milioni di euro, senza specificare il criterio di riparto del taglio stesso tra i comuni interessati.
  In sede di riparto del Fondo di solidarietà comunale 2015 è stato quindi necessario ipotizzare un criterio di riparto del predetto taglio, individuato sostanzialmente sulla base delle risorse complessive 2014, che ha di fatto penalizzato i comuni più ricchi.
  Attuazione del comma 380-quater dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013) dove si prevede per i comuni delle regioni a statuto ordinario l'accantonamento e la successiva distribuzione del 20 per cento del Fondo di solidarietà comunale tra i comuni sulla base della capacità fiscale e dei fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica paritetica, per l'attuazione del federalismo entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento.Pag. 7
  Ciò ha determinato in primo luogo la necessità di operare a priori una distinzione tra la quota di Fondo di solidarietà comunale di spettanza dei comuni delle regioni a statuto ordinario e quella da destinare ai comuni delle regioni Sicilia e Sardegna. In assenza di un criterio specifico ovvero di una quantificazione in via legislativa delle due quote, tale distinzione è stata operata sulla base dell'incidenza delle medesime quote dell'anno 2014.
  In secondo luogo, la genericità della dizione «sulla base delle capacità fiscali nonché dei fabbisogni standard» non chiarisce in quali termini effettuare il riparto della quota del 20 per cento del Fondo di solidarietà comunale e dunque la metodologia da seguire a tale scopo.
  SOSE S.p.A. e Dipartimento delle finanze hanno stabilito di prendere a riferimento la differenza tra la capacità fiscale e i fabbisogni standard, e per il solo anno 2015 stabilire che l'ammontare complessivo della capacità fiscale utile ai fini del riparto del fondo è determinato dall'ammontare delle risorse nette spettanti ai comuni a titolo di imposta municipale propria e di tributo per i servizi indivisibili ad aliquota standard, nonché a titolo di Fondo di solidarietà comunale netto per l'anno 2015 (45,8 per cento è l'ammontare complessivo della capacità fiscale approvata in luogo dall'ammontare complessivamente approvato).
  Tale criterio, assentito da ANCI, sarà normativamente previsto da disposizione legislativa proposta dal Dipartimento finanze e contenuta nell'eventuale emanando decreto-legge enti locali.
  In terzo luogo, la necessità di utilizzare gli ultimi fabbisogni standard approvati, costruiti sostanzialmente sulla base dei dati finanziari dei comuni relativi all'anno 2010, non consentendo allo stato di stabilire né la qualità della spesa effettuata dagli enti, né di correlare la stessa ai livelli essenziali delle prestazioni ancora non determinati.
  Si segnala, infine, che le ultime modifiche in corso di inclusione dell'eventuale emanando decreto-legge richiederanno presumibilmente una lieve revisione dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di riparto del Fondo di solidarietà comunale.
  Un tale impianto andrà confrontato con l'ulteriore perfezionamento dei fabbisogni standard e nel contempo con il processo ormai avviato di superamento del Patto di stabilità in previsione dell'armonizzazione contabile del pareggio di bilancio e soprattutto con l'adozione della Local tax, che renderà ulteriormente autonomi i comuni, ampliandone l'intervento fiscale sugli immobili.
  Tali interventi necessitano della definizione di un percorso per il Governo, che dovrà essere definito entro e non oltre la prossima legge di stabilità. In tale ottica è necessario affrontare anche il tema di una maggiore semplificazione per rendere maggiormente chiare e definite le responsabilità dei diversi livelli di governo.
  A tale principio occorre ispirare anche il sistema di fondi, attualmente, come dimostrato anche dalla mia relazione, farraginoso e poco coerente con il quadro appena delineato.

  PRESIDENTE. Grazie. Non riuscivo a capire già nella scorsa audizione in che cosa consistesse la ridefinizione per via negoziale al 45,8 per cento della sperequazione sul 20 per cento, che apprendo ratificherete con l'emanando decreto-legge. Sembrava, infatti, evidente che si trattasse di un'applicazione diversa da quella che il Parlamento aveva approvato.
  Lascio ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FEDERICO FORNARO. Ringrazio il Sottosegretario Baretta. Avrei alcune questioni da porre, in particolare una che non ho visto citata nella relazione. Nel corso dell'audizione del Sottosegretario Bocci è emersa una situazione, che non esito a definire paradossale, su cui vorrei conoscere la sua opinione e anche valutare la possibilità di intervento, in riferimento ai cosiddetti «comuni incapienti», che il Ministero dell'interno ha quantificato in 650 e che, arrivati a zero di trasferimenti, sono Pag. 8nella fase in cui «finanziano lo Stato» per oltre 400 milioni.
  Quel Ministero segnalava che di fatto circa 340 di questi milioni non vanno al fondo perequativo, per cui i comuni più ricchi aiutano a quelli più poveri, ma vanno direttamente al bilancio dello Stato. Credo che sia un problema su cui intervenire, anche perché credo che, se qualcuno di questi comuni facesse ricorso, avrebbe anche qualche possibilità di accoglimento. Infatti, un conto è definire un fondo perequativo, un altro è decidere che a un certo punto con le risorse dei cittadini si finanzia lo Stato, tenuto conto che i cittadini finanziano lo Stato attraverso la fiscalità generale.
  Si tratta di una questione che volevo sottoporle perché credo sia una questione di equità. La ringrazio poi dell'onestà intellettuale con cui in diversi punti lei ha messo in evidenza come l'applicazione di una serie di parametri abbia finito per peggiorare le situazioni dei comuni con determinate caratteristiche che credo non avremmo difficoltà a individuare proprio come comuni incapienti, che quindi si ritrovano in questo momento in una sorta di loop, perché saranno costretti ad aumentare la tassazione ai loro cittadini per compensare i tagli e conseguentemente l'ulteriore erogazione allo Stato. Si tratta quindi di una situazione su cui chiedo di intervenire.
  Una seconda questione che volevo segnalarle – mi scuso con i colleghi perché l'ho già sollevata nel corso dell'audizione del Sottosegretario Bocci – è un problema che ci viene segnalato da diverse parti: alla fine la «trattenuta» sull'incasso IMU è stata fatta sul 2015 esattamente sui dati del 2014, senza tenere in alcun conto un fenomeno, che sta crescendo anche in zone che prima non ne erano toccate, di elusione o di evasione fiscale dei tributi. Conseguentemente i comuni si ritrovano a dovere un contributo al Fondo di solidarietà anche su cifre che non sono mai state incassate.
  Colgo, infine, l'occasione della sua presenza per segnalarle un problema che sarebbe auspicabile risolvere già nel decreto. È uscita la circolare della Cassa depositi e prestiti sulla rinegoziazione dei mutui e c’è una data entro cui i comuni devono avviare la procedura, il 22 maggio, e devono allegare il bilancio di previsione approvato.
  Ovviamente questa data era coerente con la precedente scadenza del 30 maggio, ma non è più coerente con quella del 30 luglio. Le chiederei quindi di segnalarlo alla Cassa depositi e prestiti.
  Un po’ a sorpresa, la rinegoziazione è stata fortemente limitata, perché non riguarda tutti i mutui accesi presso la Cassa depositi e prestiti, ma soltanto quelli che erano già stati oggetto di rinegoziazione, che quindi erano già stati allungati e continuiamo ad allungare.
  Francamente capisco poco questa scelta e soprattutto riduce molto l'effetto di riduzione potenziale dei costi, di interessi di rimborso dalla quota capitale per i comuni. Le chiederei su questo, a margine, un approfondimento del Ministero.
  Ultima cosa, che ho detto anche in presenza delle dottoressa Lapecorella, noi continuiamo a ricevere segnalazioni sul fatto che il Ministero tende a non rispondere formalmente alle lettere e alle segnalazioni che arrivano dai comuni, cosa che trovo inaccettabile perché, se un cittadino scrive a un'amministrazione pubblica, entro trenta giorni riceve una risposta. Quindi, che i comuni siano almeno parificati ai cittadini !

  MARIA CECILIA GUERRA. Grazie. Ciò che mi ha colpito di più nella sua audizione, di cui la ringrazio, è stata l'affermazione che «con l'adozione della Local tax, che renderà ulteriormente autonomi i comuni ampliando l'intervento fiscale sugli immobili» si dovrebbe riuscire a ridurre l'esigenza di perequazione, se ho capito bene.
  Io credo però che sia esattamente il contrario, laddove, se si punta ad ampliare l'intervento fiscale sugli immobili (ampliare, non razionalizzare), siccome gli immobili sono una base imponibile particolarmente sperequata nella loro distribuzione Pag. 9sul territorio, l'esigenza di perequazione anche solo sulla base delle capacità fiscali aumenterà.
  Questo è un problema molto serio, che vi prego di tenere in forte considerazione, perché mi sembra che venga sottovalutato con l'idea di fare un'imposta il più possibile unica.
  Il concetto di perequazione che viene utilizzato non lo ricondurrei in alcun modo né alla legge n. 42 del 2009, né alla Costituzione perché è altro, e proprio sulla base di questo chiederei un'ulteriore riflessione al Governo. Pensare di portare questa percentuale dal 20 al 40 per cento quando ci si sta completamente allontanando da quel modello di perequazione può essere veramente pericoloso e dare un esito casuale.
  Il concetto base che c’è dietro alla perequazione dei fabbisogni standard è avere delle misure di fabbisogni standard che noi non abbiamo, in quanto li chiamiamo così ma sappiamo tutti che – c’è scritto nella stessa dichiarazione di SOSE S.p.A e nel parere di questa Commissione che ha lavorato attivamente su questo tema – non possiamo chiamarli fabbisogni standard perché non ci sono funzioni di costo, quindi sono semplicemente fotografia della spesa, migliore rispetto a criteri attaccati a niente, però molto pericolosi nella loro applicazione, che è quella che lei stesso ci sta dicendo.
  C’è il rischio che applicare questo senza agganciarlo a un valore assoluto, cioè a una vera copertura di qualche fabbisogno standard, ma usarli solo come coefficienti di riparto significa portare via a chi ha attuato i servizi e darlo ad altri. È vero che c’è anche questa esigenza di perequazione, però, siccome le risorse sono molto scarse, il tema che bisognerebbe porsi seriamente se si vuole fare una perequazione sui fabbisogni standard è (questo è il dettato costituzionale) l'adeguatezza delle risorse rispetto ai compiti, alle funzioni e ai fabbisogni.
  Se non si fa quel passaggio, è comunicativamente sbagliato parlare di fabbisogni standard. Questo anche nella comunicazione va detto, e passare dal 20 al 40 con i problemi che state incontrando nell'applicazione del 20, cioè imporre delle fortissime redistribuzioni quando non si ha il quadro di arrivo è pericoloso (lo dico in termini puramente pragmatici).
  La terza e ultima cosa però la metterei come prima e chiederei veramente una risposta su questo. Abbiamo svolto molte audizioni e abbiamo il fantasma di questo decreto, da due mesi abbiamo l'idea che deve arrivare un decreto dai contenuti misteriosi, molto atteso sui territori ovviamente perché ciascuno pensa che possa risolvere questo o un altro problema, e a un certo punto bisognerà sapere se questo decreto c’è, ci sarà, cosa c’è dentro.
  Parentesi (ma non piccola per me): ci spiegherà anche perché si preveda una deroga per i terremotati dell'Abruzzo e non per quelli dell'Emilia Romagna, perché basta fare un giro nei comuni terremotati dell'Emilia Romagna (io vengo da Modena e quindi ovviamente ci faccio dei giri) per comprendere che non siamo in una situazione tranquilla, perché è una situazione ancora devastata, nonostante l'attività meritevole che tutti gli enti pubblici e i soggetti privati stanno facendo, quindi attenzione a riflettere anche su questo.

  GIOVANNI PAGLIA. Visto che con la matematica non me la cavo molto bene e poi mi perdo, vorrei capire se è corretto dire che la parte del 20 per cento complessivamente viene quasi sterilizzata nell'interpretazione finale ?
  Non esprimo un giudizio di merito, perché a me potrebbe anche star bene che venga sterilizzata completamente, ma, di quanto ci allontaniamo dai criteri precedentemente utilizzati ?
  Su quello che diceva la senatrice Guerra, i comuni diventano ulteriormente autonomi perché si amplia l'intervento fiscale, ho compreso che, dato che avranno la possibilità di tassare molto di più, ci sarà meno bisogno di perequazione perché ognuno arriverà a coprire le proprie spese e a qualcuno rimarrà qualcosa in tasca, cioè i comuni più poveri potranno alzare sensibilmente la tassazione ai propri cittadini e Pag. 10non avranno più bisogno dell'intervento a copertura dei comuni più ricchi.
  È evidente che, se è così, non è una grandissima soluzione, anche perché non è detto che ci siano reali capacità di capienza fiscale nei comuni più poveri del Paese, che se sono più poveri un motivo deve esserci !
  Anch'io mi associo a quanto si diceva, credo che politicamente sia piuttosto difficile da spiegare – non dovrò farlo io fortunatamente – per quale motivo rispetto a una situazione di sisma non ancora risolta si intervenga in modo diverso tra Abruzzo ed Emilia Romagna.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Grazie, presidente. Devo dire che non ho neanche più voglia di intervenire perché abbiamo già ripetuto le cose venticinque volte e, oggettivamente, alcune parole fuori dalla relazione mi spaventano, come dire oggi «eventuale» decreto-legge sugli enti locali.
  Solo due osservazioni da aggiungere a quelle dei colleghi che ovviamente condivido. La prima è una considerazione non sui comuni del nord, ma in generale sui comuni virtuosi, che in questi anni hanno cercato di mantenere i servizi aumentando anche la tassazione locale, quindi rispondendo ai propri cittadini di queste scelte, e che ora si trovano ampiamente penalizzati. Non ripeto le considerazioni del senatore Fornaro sul fatto che questo va a vantaggio non solo di altri comuni disagiati o che forse non hanno avuto il coraggio di fare scelte diverse, ma va a vantaggio anche dello Stato.
  Cerchiamo di pensare in positivo al futuro, perché ormai mi sembra di dover rattoppare una tela ormai piena di buchi.
  Riguardo alla Local tax sarebbe importante cominciare ad avere qualche notizia sul funzionamento dei tavoli tecnici e sulle prime linee di tendenza, perché ricordo al Sottosegretario che purtroppo siamo a maggio. L'anno scorso, a novembre, intervenendo sulla legge di stabilità avevo suggerito di non applicare la Local tax dal 2015, perché dobbiamo avere il tempo di pensarla, condividerla e farla arrivare in tempo perché i bilanci dell'anno siano in grado di utilizzare delle regole chiare e certe.
  Siamo a maggio, bisognerebbe avere una prima bozza entro giugno per poter fare una trattativa a luglio e a settembre dare indicazioni definitive ai comuni, in modo che chi lo desidera possa utilizzare il proprio diritto di fare il bilancio di previsione 2016 entro il dicembre del 2015.
  Credo che questa possa essere un'ottima occasione che dobbiamo sfruttare per un ripensamento sul federalismo e sul federalismo fiscale, la legge n. 42 del 2009. Diceva giustamente la senatrice Guerra che proprio le modalità con cui stiamo definendo perequazione e utilizzando i fabbisogni standard forse non rispecchia più le linee di pensiero. Sicuramente è necessario andare ad una semplificazione del sistema.
  Mi fa molto piacere che sia individuato dalla relazione del Sottosegretario Baretta come una delle criticità, però cominciamo a fare un passo avanti su questa semplificazione.
  Non mi soffermo nuovamente sul contributo di SOSE S.p.A. e sulla capacità fiscale e i fabbisogni standard. Ricordiamo che abbiamo basi dati enormi sui conti consuntivi e che probabilmente con un po’ di buona volontà l'individuazione di alcuni indicatori finanziari già molto utilizzati nei comuni laddove un po’ di benchmarking comunque si fa, con pochi dati certi e chiari noi non riusciamo più a sostenere i comuni.
  Ho molti contatti con gli enti locali per il tipo di attività che facevo prima, ma ho veramente difficoltà perché il sistema nebuloso non aiuta a mantenere un rapporto positivo, chiaro e di corretta trasparenza fra enti e soprattutto di rispetto istituzionale fra i diversi livelli istituzionali.

  ROGER DE MENECH. Grazie, Sottosegretario. Io parto dalle ultime dieci righe della relazione perché dobbiamo velocemente arrivare all'adozione della famosa Pag. 11tassa locale mettendoci tutti d'accordo sugli obiettivi che questa dovrà avere sul territorio.
  Perfezionamento dei fabbisogni standard: dobbiamo definire i livelli di servizio che i comuni devono erogare e quanto costano. Fatto questo, se il comune introita cento, ma non ha quei servizi da mantenere ai cittadini, gli basta ottanta, dobbiamo perequare e dare il restante venti a qualcuno che, ad esempio, ha la scuola.
  Dentro questo criterio dobbiamo costruire la Local tax. Come ho detto più volte, se questa perequazione la facciamo territoriale, cioè tagliamo maglie più strette rispetto allo Stato, probabilmente l'effetto di trasparenza è molto più efficace. Se facciamo questa perequazione sull'ambito ottimale del servizio, non so se sia la provincia, la regione o le aree vaste, se su cinque comuni due hanno più risorse rispetto alle scuole che hanno, saranno ben disponibili a cedere un piccolo pezzo della loro Local tax per venire incontro a quei comuni che non hanno tutte le risorse per la loro scuola.
  Qui dentro ci sono tutte le contraddizioni del fondo di perequazione, che non perequa da questo punto di vista, lo fa solo in maniera teorica e non effettiva sul territorio.
  Siccome scriviamo «perfezionamento dei fabbisogni standard» possiamo andare verso questa strada di superamento del Patto di stabilità perché andiamo a un bilancio sempre più armonizzato, più aderente alla reale situazione delle casse dei singoli comuni e sfociamo nella nuova Local tax.
  Questo significa che un pezzo delle entrate deve avere un valore che esula dal confine comunale, perché deve essere a disposizione non del confine territoriale, ma del servizio che bisogna rendere ai cittadini. Se facciamo passare questo messaggio, tenendolo in una scala sufficientemente stretta, probabilmente la tassa locale può avere un'efficacia di perequazione effettiva.
  Anch'io mi associo alla richiesta di un cronoprogramma rispetto al decreto sugli enti locali, perché credo che dentro questo ci siano alcune delle cose che ci chiedono tutti i comuni, dai 600 milioni in giù, tutti i giorni, che ci chiedono le aree vaste.
  Proprio dall'applicazione della «Delrio» delle aree vaste, in cui abbiamo ridefinito le funzioni, ci rendiamo conto quanto quelle aree vaste debbano avere a monte la capacità di sapere quanti chilometri di strade devono mantenere e quante strade devono mantenere, e in rapporto a questo dobbiamo trasferirgli le risorse che abbiamo detto di dover ridistribuire.
  Credo che questo sia il centro della riforma del rapporto fra lo Stato e gli enti locali, quindi mi auguro di andare a costruire velocemente un tavolo (a questo punto il tempo è un fattore determinante) per la tassa locale e, se teniamo le maglie nei confini regionali più strette rispetto allo Stato, i comuni capiranno meglio.
  Sulle emergenze sono d'accordo che è sempre fuorviante decidere che Abruzzo sì ed Emilia no. Quindi, perché non stabilire dei criteri oggettivi per cui si affidino ai territori procedure di emergenza ? Non ci sarà il terremotato o l'alluvionato che si sentirà meno importante di quello del comune limitrofo, se riusciamo a costruire una griglia che non è più dipendente dal decreto ad hoc che costruisce il Governo, ma diventa quasi in automatico rispetto all'effettiva difficoltà del territorio.
  All'interno dello stesso Abruzzo e della stessa Emilia possono esserci comuni che hanno già risolto l'emergenza e, invece, comuni a fianco ancora in condizioni di difficoltà.

  STEFANO COLLINA. Intervengo anch'io per rafforzare questo ragionamento, perché qui emerge un altro aspetto, ossia che ci sono comuni che non hanno più un senso dal punto di vista amministrativo e gestionale. Questo, però, chiaramente sarebbe un ragionamento molto più vasto e il ragionamento del collega De Menech cerca di sopperire anche a questi aspetti.
  Rilevo solamente che il 31 maggio c’è l’election day, quindi credo che dal primo Pag. 12o da metà giugno bisognerà cominciare a dare degli elementi concreti a tutti questi discorsi.
  La Local tax, che è stata rinviata l'anno scorso, presupponeva un passaggio di invarianza. Nel frattempo si è voluto implementare il tema della perequazione creando ulteriori punti interrogativi in un quadro che ne aveva già a sufficienza. Ricalcolare l'applicazione di quella perequazione significa tornare indietro e mi sembra che siamo in una situazione che non merita questo tipo di incertezze.
  Il Fondo perequativo era definito: abbiamo aspettato un anno per l'applicazione della Local tax; andava riapplicato nello stesso modo anche perché a questo punto i comuni hanno fatto i loro bilanci e le cifre non sono diverse da quelle dell'anno scorso. Credo che questo sia un aspetto da tenere in considerazione, per cercare di attenuare l'impatto fuori tempo massimo di questi aspetti.

  FRANCESCO MOLINARI. Grazie per l'esposizione del Sottosegretario, che ha messo in evidenza quelle criticità che abbiamo affrontato in tanti passaggi in questa Commissione.
  Non riporto le argomentazioni di tanti colleghi, ribadisco che sono più che naturali le preoccupazioni esposte da tanti di loro in merito alle necessità di tanti comuni, ma credo sia un mandato essenziale dei rappresentanti di uno Stato garantire che siano assicurati i servizi essenziali in tutte le parti dello Stato.
  Credo che questo sia un mandato forte dell'amministrazione statale e vorrei sapere a che punto siamo con l'analisi di questo punto di vista, perché da alcune audizioni è emerso come non in tutte le parti della nostra nazione siano assicurati i servizi essenziali. Soltanto quando questo è assicurato è possibile quindi ragionare complessivamente su una migliore ridefinizione del fondo di perequazione.
  Spero che ragionare su una tassa locale sia occasione per ridiscutere l'impianto complessivo dei tributi locali.

  PRESIDENTE. Auspicherei che il dibattito sulla Local tax, che divampa ormai da mesi, non si concretizzi con un emendamento all'ultimo momento che metta il Parlamento di fronte al fatto compiuto. In merito ai tavoli tecnici qualcuno ha chiesto a che punto sia il lavoro, perché se ne parla spesso, però non se ne sa nulla.
  Ricordo a tutti che c’è una riforma costituzionale in itinere che modifica gli ambiti e gli spazi dell'autonomia anche fiscale dei comuni, quindi probabilmente la Local tax dovrà essere coerente con questo tipo di impostazione e alcune questioni di cui stiamo parlando oggi non saranno più attuali, mentre continuerà a essere attuale, perché c’è anche il richiamo in Costituzione, il concetto dei costi e fabbisogni standard, che a questo punto assurgono a dettato costituzionale e non si può più «scherzare», perché non ce lo dirà più una legge delega approvata dal Parlamento, ma, se tutto andrà a buon fine e sarà approvato, verrà inserito nella Costituzione della Repubblica italiana.
  Lascio la parola al Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze, Pier Paolo Baretta.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze. Grazie, presidente. Innanzitutto prendo atto dell'osservazione del senatore Fornaro con riferimento alla relazione del collega Bocci e ci attiveremo insieme.
  Per quanto riguarda la questione relativa ai mutui con la Cassa depositi e prestiti effettivamente entrambe le questioni – sia quella della data che risulta oggettivamente modificata, sia quella della rinegoziazione complessiva dei mutui – rappresentano un tema che il Ministero ha aperto al dialogo e al confronto con la Cassa depositi e prestiti, proprio perché ci sono state segnalate molte situazioni di incongruenza della data e di impraticabilità di accesso.
  Lo spirito è: tutti i mutui, quindi si tratta di chiarire le motivazioni e le ragioni. Prendo atto delle sue osservazioni metodologiche sul funzionamento del Ministero. Non sono in grado di rispondere per l'intero palazzo; sono soggetto quotidiano insieme ai colleghi di segnalazioni di Pag. 13sindaci e siamo in grado di rispondere e cerchiamo di farlo anche quando dobbiamo dare risposte non necessariamente positive.
  Non ho detto, senatrice Guerra, e non intendo dire, né credo si possa evincere dalla mia affermazione finale che la perequazione va superata, io parlo di semplificazione e di sistema attualmente farraginoso.
  L'attuale impostazione dei rapporti tra centro e periferia è per ragioni storicamente consolidatesi non totalmente coerente con l'impostazione del federalismo così come era stata concepita e progressivamente attuata. In questo senso, se noi potessimo immaginare un percorso progressivo nel quale sono sempre più chiare le distinzioni, le responsabilità e i ruoli tra lo Stato centrale e le amministrazioni locali in termini sia di responsabilità di funzioni, sia di potestà di imposizione fiscale e di capacità fiscale complessiva, saremmo in grado probabilmente di avere un quadro più certo di quello attuale delle sovrapposizioni e dei problemi.
  Sulla Local tax, argomento che un po’ tutti i colleghi hanno affrontato, faccio un esempio ma dichiaro subito al presidente la disponibilità anche informale del Governo a condividere il percorso tecnico con delle riflessioni con la Commissione in fieri, come credo sia conveniente.
  L'impostazione su cui sto insistendo con il nostro Ministero ma anche con Palazzo Chigi prevede infatti che entro luglio abbiamo una bozza di lavoro, perché avendo la legge di stabilità come luogo decisionale, l'anno scorso non siamo riusciti a completare perché abbiamo cominciato a ragionarci tardi e l'unica possibilità sarebbe stata presentare un emendamento durante la seconda lettura del Senato che non avrebbe avuto la possibilità e il tempo dell'approfondimento.
  Immaginando che entro luglio il Governo abbia una bozza a disposizione o comunque per favorire anche questo esito, dichiaro subito la disponibilità quando il presidente o la Commissione ritenesse, anche in via informale, a ragionare sugli step successivi.
  Anticipo questo facendo un esempio. È evidente che, se noi pensiamo che la Local tax sia l'assegnazione ai comuni dell'intero gettito degli immobili, dobbiamo porci il problema degli immobili D, che oggi sono totalmente gestiti in termini di introito dallo Stato.
  Ci fermiamo semplicemente all'assegnazione degli immobili D o a quel punto le addizionali comunali vanno in capo allo Stato ? È una discussione molto complicata perché, nel caso in cui scegliessimo questa seconda strada, la sovrapposizione fra l'assegnazione ai comuni degli immobili D e il recepimento da parte dello Stato delle addizionali comunali, che sono molto differenziate, non ci sarebbe coincidenza, ma ci sarebbe paradossalmente in termini di valore assoluto, perché a livello generale c’è uno scarto di 200 milioni di euro tra l'entrata complessiva degli immobili D e le entrate complessive per i comuni delle addizionali comunali.
  Si tratta di uno scarto gestibile a livello di quadro generale, ma non fa sovrapposizione obiettiva, per cui avremmo situazioni nelle quali (faccio i due esempi più clamorosi) nel comune di Firenze, dove l'intervento dell'addizionale comunale è stato molto basso, i cittadini in quel caso, dovendo stabilire un'aliquota media nazionale, finirebbero per pagare di più, mentre i cittadini di Milano, che hanno un'addizionale comunale molto alta, finirebbero per pagare un po’ di meno, ma questo scarto sui cittadini si rovescia poi nel caso dei comuni, quindi a quel punto sarà necessaria una perequazione.
  Quella perequazione però non coincide con l'attuale sistema di perequazione.

  FEDERICO FORNARO. Tra l'altro, aggiungo per i piccoli comuni che gli incapienti sono diventati tali proprio nel passaggio IMU/TASI, nel passaggio IMU/seconda casa e D, per cui gli incapienti sono quasi tutti quelli con seconde case. Adesso se si fa la restituzione dei D, ricevono pochissimo D e viceversa sarebbero a quel punto seppelliti.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze. Pag. 14Comunque il tema evidentemente presenta queste complicazioni, ma poiché, almeno secondo l'opinione del Governo, la Local tax è un passo in avanti in termini generali e teorici nella definizione dei rapporti tra centro e periferia, il problema è come la realizziamo.
  Da questo punto di vista aggiungo un ulteriore elemento, e lo voglio dire con molta chiarezza in questa sede anche rispetto alle ragioni per le quali, come si evince anche dal mio testo, c’è una sovrapposizione (qui rispondo indirettamente anche all'osservazione del collega Paglia), quindi effettivamente c’è un forte abbattimento (il 20 del 47 moltiplicato per due e diviso per quattro), ma attenzione perché tutto questo è il risultato di un'intesa tra il Governo e l'ANCI.
  Il problema è che nella discussione è evidente che noi abbiamo almeno quattro istanze presenti, perché i comuni non sono tutti uguali: il comune piccolo presenta istanze diverse da quello grande; dentro i grandi adesso abbiamo le città metropolitane che assumono un'identità propria e chiedono spazi particolari; il comune virtuoso è diverso dal comune non virtuoso e peraltro il concetto di fabbisogni è un concetto da approfondire, senatrice Guerra, perché (qui prendo a riferimento le osservazioni dell'onorevole De Menech) non c’è alcun criterio obiettivo per cui il comune che spende di più garantisca più servizi o viceversa.
  È un terreno che però non possiamo eludere, l'opinione del Governo è che non possiamo eluderlo. Ecco perché, come ho detto in maniera molto soft a conclusione della relazione, ribadisco in modo ancora più chiaro che dobbiamo tenere insieme il superamento del Patto di stabilità, perché il prossimo anno entra in vigore il pareggio di bilancio nei comuni e pareggio di bilancio e Patto di stabilità fanno a pugni.
  Il superamento del Patto di stabilità, l'adozione dei fabbisogni e la Local tax devono costituire un tentativo di riorganizzazione e di riforma dei rapporti centro/periferia, che oggi sono ancora bloccati. In questo senso si affronta anche la questione dei servizi essenziali e del quadro di riferimento che abbiamo. Queste mi sembrano le questioni di fondo e sulla base di questa impostazione dichiaro la mia disponibilità.
  Per quanto riguarda il decreto-legge è ovvio che in questa sede io usi il termine «eventuale», perché è una sede ufficiale e non spetta a me assumere decisioni che deve prendere il Presidente del Consiglio in termini di tempi di emanazione.
  Posso dire però che in queste settimane abbiamo lavorato e abbiamo definito un quadro che presenterà allo stato attuale della riflessione un percorso sufficientemente snello nell'eventuale decreto-legge che nei prossimi giorni potrebbe essere varato, anche perché poi c’è ovviamente tutto l’iter di conversione che sarà fatto subito dopo.
  Poiché immaginiamo che su un tema come questo ci sia un iter di conversione sufficientemente irrobustito...

  PRESIDENTE. Ha fiducia...

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze. Ho fiducia nel Parlamento, quindi partiamo con un'impostazione piuttosto snella.
  Non ho ragione di nascondervi che i problemi imprevisti che sono subentrati in questi ultimi dieci giorni su una materia ben più complessa hanno spostato l'attenzione, ma presumo che nel prossimo Consiglio dei Ministri dovremmo essere in grado di varare il decreto-legge.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Baretta per il suo intervento e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.10.