XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 34 di Martedì 5 maggio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Audizione del senatore Nitto Francesco Palma:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 
Palma Nitto Francesco  ... 4 
Grassi Gero (PD)  ... 5 
Palma Nitto Francesco  ... 5 
Grassi Gero (PD)  ... 5 
Palma Nitto Francesco  ... 5 
Grassi Gero (PD)  ... 6 
Palma Nitto Francesco  ... 6 
Grassi Gero (PD)  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Palma Nitto Francesco  ... 6 
Buemi Enrico  ... 7 
Palma Nitto Francesco  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Lavagno Fabio (PD)  ... 8 
Palma Nitto Francesco  ... 8 
Lavagno Fabio (PD)  ... 8 
Palma Nitto Francesco  ... 8 
Buemi Enrico  ... 8 
Lavagno Fabio (PD)  ... 8 
Buemi Enrico  ... 8 
Palma Nitto Francesco  ... 8 
Lavagno Fabio (PD)  ... 8 
Palma Nitto Francesco  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Lavagno Fabio (PD)  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Palma Nitto Francesco  ... 9 
Lavagno Fabio (PD)  ... 9 
Palma Nitto Francesco  ... 9 
Lavagno Fabio (PD)  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Buemi Enrico  ... 9 
Palma Nitto Francesco  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Grassi Gero (PD)  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Grassi Gero (PD)  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Grassi Gero (PD)  ... 9 
Palma Nitto Francesco  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Gasparri Maurizio  ... 9 
Lavagno Fabio (PD)  ... 9 
Palma Nitto Francesco  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Gasparri Maurizio  ... 9 
Lavagno Fabio (PD)  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Gasparri Maurizio  ... 10 
Caliendo Giacomo  ... 10 
Palma Nitto Francesco  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Grassi Gero (PD)  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Gasparri Maurizio  ... 10 
Buemi Enrico  ... 10 
Palma Nitto Francesco  ... 10 
Buemi Enrico  ... 10 
Palma Nitto Francesco  ... 10 
Buemi Enrico  ... 10 
Palma Nitto Francesco  ... 10 
Grassi Gero (PD)  ... 10 
Buemi Enrico  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Grassi Gero (PD)  ... 11 
Buemi Enrico  ... 11 
Palma Nitto Francesco  ... 11 
Montevecchi Michela  ... 11 
Palma Nitto Francesco  ... 11 
Buemi Enrico  ... 11 
Palma Nitto Francesco  ... 11 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Caliendo Giacomo  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Palma Nitto Francesco  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Palma Nitto Francesco  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Palma Nitto Francesco  ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Caliendo Giacomo  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Palma Nitto Francesco  ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Buemi Enrico  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Palma Nitto Francesco  ... 14 
Caliendo Giacomo  ... 15 
Grassi Gero (PD)  ... 15 
Caliendo Giacomo  ... 15 
Grassi Gero (PD)  ... 15 
Buemi Enrico  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Buemi Enrico  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Buemi Enrico  ... 15 
Palma Nitto Francesco  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Palma Nitto Francesco  ... 15 
Buemi Enrico  ... 16 
Palma Nitto Francesco  ... 16 
Buemi Enrico  ... 16 
Palma Nitto Francesco  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione del senatore Nitto Francesco Palma.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del senatore Nitto Francesco Palma, che ringraziamo per la cortese disponibilità con cui ha accolto l'invito a intervenire stasera in Commissione.
  Con l'audizione di questa sera la Commissione intende proseguire l'approfondimento avviato lo scorso mese di novembre sui risultati delle inchieste condotte dalla magistratura sul caso Moro. In tal contesto abbiamo ascoltato i magistrati ed ex magistrati Ciampoli, Lupacchini, Infelisi, Priore, Marini, Ionta, Salvi, Baglione, Monastero, De Ficchy, Imposimato e Macchia. Il senatore Palma, come è noto, ha sostenuto la pubblica accusa nel processo Moro-ter e ha seguito le indagini successive al ritrovamento di una fotocopia del cosiddetto memoriale di Aldo Moro avvenuta solo nel 1990 nell'appartamento di via Monte Nevoso a Milano, a distanza di circa dodici anni dalla scoperta del covo da parte dell'Arma dei Carabinieri.
  Sarebbe, quindi, di grande interesse se il senatore potesse illustrarci quali siano gli elementi allora accertati nel corso delle indagini e quali punti sono, invece, rimasti non chiariti, in particolare con riferimento a via Monte Nevoso.
  Chiederei, inoltre, un approfondimento su alcune osservazioni formulate dal senatore Palma nel suo intervento al Senato il 28 maggio 2014, in occasione dell'esame della proposta di legge istitutiva della Commissione. Mi riferisco a tre passaggi del suo intervento.
  Nel primo, con riferimento al memoriale Moro, il senatore ricorda che «nelle carte del 1990 vi è un piccolo passaggio che trovammo sul settimanale OP-Osservatore Politico di Mino Pecorelli ai primi di dicembre del 1978». Almeno un brano della parte del memoriale Moro ritrovata nel 1990 sarebbe stato, quindi, già noto a Pecorelli e forse ad altri nel 1978. Sarebbe utile accertare cosa emerse, se lo ricorda, nel corso delle indagini.
  Il secondo passaggio riguarda, invece, il fatto che «un agente del SIOS della Marina fece riferimento a talune confidenze avute da Licio Gelli che riguardano il sequestro Moro». Anche a questo proposito sarebbe di interesse sapere qualcosa di più, se lo rammenta, sul contenuto di quelle confidenze.
  Infine, nel terzo passaggio il senatore osserva: «Davvero ritenete che sia del tutto chiara la posizione di Senzani all'interno della struttura movimentista delle Brigate Rosse o che determinati punti dei contatti del professor Senzani non meritino, in una sede diversa da quella giudiziaria, un approfondimento almeno di tipo politico ?». Sottolineo questo terzo punto, perché è un tema su cui ci siamo anche noi tante volte interrogati. In proposito chiederei al senatore se sa dirci qualcosa di più.Pag. 4
  Ricordo, infine, che il senatore si occupò anche dell'inchiesta su Gladio. Ci interesserebbe, quindi, sapere se ha trovato collegamenti diretti con la vicenda del caso Moro.
  Ringrazio ancora il senatore Palma e gli do la parola.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Grazie. Io, però, vorrei fare una premessa, che è la seguente: non avendo mai avuto in animo di fare lo storico, né di utilizzare le conoscenze del mio lavoro per altri fini, a differenza di altri, io non ho mai portato con me le carte dell'ufficio. Conseguentemente, quello che andrò a dire è frutto esclusivamente del mio ricordo, che, per quello che riguarda il processo Moro-ter, risale a ventisette o ventotto anni fa e, per quello che riguarda, invece, il covo di via Monte Nevoso, risale a venticinque anni fa.
  Aggiungo un'ulteriore precisazione. Nel processo Moro-ter io sostenni l'accusa in dibattimento. Conseguentemente, non partecipai, salvo che per un piccolo segmento, alle indagini. Il ricordo di quel processo è, dunque, inevitabilmente meno vivo del ricordo che io ho, invece, del rinvenimento delle carte a via Monte Nevoso, perché in quel caso, invece, feci le indagini.
  Fatta questa doverosa premessa e venendo alle domande che mi sono state formulate, comincio probabilmente dalla risposta più deludente. Quando io lessi le carte del processo Moro-ter, rimasi molto colpito dalla figura di Senzani. Almeno io ricordo che questa fu la mia impressione: ritenevo che le indagini su Senzani non fossero state particolarmente approfondite. Sto parlando di una sensazione, di una valutazione. Questo, comunque, è il mio ricordo.
  Io credo, se non ricordo male, che tutto ciò fu oggetto di un mio intervento in aula, in Corte d'assise, nelle fasi iniziali del dibattimento. Pertanto, se voi avete i verbali di dibattimento del processo Moro-ter, seconda Corte d'assise (presidente Sorichilli), credo che troverete traccia di quello che io sto per dirvi.
  Cos’è che mi insospettiva all'epoca, sempre secondo il mio ricordo, della figura di Senzani ? Intanto il fatto che venisse considerato come un soggetto quasi estraneo dai brigatisti storici. In tal senso io ricordo che fu molto sprezzante la valutazione che di Senzani dette Morucci in dibattimento.
  In secondo luogo, era una figura singolare, perché aveva ricoperto ruoli all'interno delle istituzioni. Se non ricordo male, era consulente di qualche ufficio giudiziario diverso da quello di Roma. Non ricordo quale. In più, aveva una collaborazione con il Ministero di grazia e giustizia. Ricordo, non per ragioni del processo, ma per ragioni di amicizia con il compianto presidente Tartaglione, che era un collaboratore di Tartaglione, il quale poi, come tutti voi sapete, venne ucciso dalle Brigate Rosse.
  Inoltre, una cosa che, secondo il mio ricordo, mi lasciava perplesso era una serie di contatti che Senzani vantava all'estero, ma non con l'Unione Sovietica o altro. Ricordo che aveva contatti con Paesi – potrei sbagliare – come l'Irlanda, oltre che una convegnistica internazionale di livello.
  Personalmente io penso che forse, per quello che all'epoca si sapeva delle Brigate Rosse – almeno questa è la mia valutazione, anzi questo è il ricordo della mia valutazione dell'epoca – un approfondimento sarebbe stato necessario. In questi termini io ho parlato in Senato, pronunciandomi a favore dell'istituzione della Commissione d'inchiesta, perché personalmente ritenevo (e ritengo forse tuttora) che ci siano molti punti che hanno una valenza più politica che giudiziaria, e che spesso sono stati considerati come secondari, forse anche giustamente, perché il lavoro giudiziario è altro. Sono stati considerati secondari nel passato, ma probabilmente potrebbero avere una loro valenza.
  Quanto a Gladio, scusatemi se utilizzo una sede istituzionale per chiarire un punto che da diversi anni mi affatica con fastidio: io non ho mai firmato la richiesta di archiviazione del procedimento Gladio. La richiesta di archiviazione venne firmata la prima volta dal procuratore della Repubblica Pag. 5Giudiceandrea con richiesta al Tribunale dei ministri di archiviare il procedimento. La seconda richiesta di archiviazione venne firmata dai colleghi Salvi, Saviotti e Ionta. L'unico che non ha mai firmato la richiesta di archiviazione sono io, ma vengo normalmente accusato di essere, invece, quello che l'ha firmata.
  Preciso ancora – parlo della prima richiesta di archiviazione, perché all'epoca ero ancora alla procura di Roma – che io condividevo la richiesta di archiviazione. Si immaginò di farla firmare solo al procuratore della Repubblica Giudiceandrea perché vi era un problema riguardante la legittimità o meno della struttura, che era una valutazione di tipo politico, che nulla c'entrava con la liceità dell'organizzazione, che era l'unica questione affidata al nostro giudizio.
  In ordine a Gladio, poiché se ne sono dette tante, vorrei aggiungere una cosa che forse può avere una sua importanza, chiaramente calata nel periodo storico in cui la struttura Stay Behind nacque e poi continuò a vivere in maniera, per come la ricordo io, piuttosto stanca. Della struttura Gladio facevano parte persone decorate con medaglia d'oro o medaglia d'argento della Resistenza. Io vorrei che questo fosse chiaro. Della struttura friulana di Stay Behind faceva parte una medaglia d'oro della Brigata Garibaldi. Quando io, nel procedere all'escussione, chiesi «Scusi, ma come, lei, medaglia d'oro della Resistenza, Brigata Garibaldi, fa parte di Gladio ?», la risposta fu molto semplice. Egli disse: «Quando partì Gladio, noi temevamo che il confine dell'Italia retrocedesse sotto Pordenone in ragione di una spinta dall'Est e, quindi, noi difendevamo il nostro territorio». Vi erano anche delle medaglie d'oro della Resistenza, in questo caso non della Brigata Garibaldi, ma delle strutture – se possiamo semplificare – democristiane, nel Piemonte.
  Se la struttura Gladio è stata utilizzata o meno con riguardo alle vicende Moro, io, devo dire la verità, non lo ricordo. Debbo dire, però – ma prendetela come una riflessione a venticinque anni di distanza – che la struttura Gladio, che, con il passare del tempo, come ripeto, si andò un po’ annacquando rispetto alla prima fase. Mi pare che fosse nata nel 1952-53, se non ricordo male; il Presidente del Consiglio era Zoli...

  GERO GRASSI. No, Zoli era nel 1958.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Allora nel 1952-53...

  GERO GRASSI. Era Pella.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Forse era Pella. Io lessi alcuni interventi di Pella, che veniva considerato come un economista, ma non, se mi posso permettere – ero ragazzo all'epoca – come una primissima fila della Democrazia Cristiana, e ricordo che rimasi molto colpito dal livello, dalla caratura di quei suoi interventi.
  Come dicevo, la struttura si era annacquata. Se poi hanno ritenuto di utilizzarla o meno sotto il profilo informativo, io non sono in grado di dirlo, ma in quel periodo credo che la necessità primaria fosse quella di assumere il maggior numero di informazioni possibile.
  Io ricordo di aver sentito a New York, con Pignatone, Lo Forte e Ionta, in rogatoria, Marino Mannoia, proprio con riferimento al sequestro Moro. Mannoia, se non ricordo male – ma c’è il verbale, è sufficiente controllarlo – riferiva che vi era stato un contatto di tipo informativo teso non so se alla liberazione di Moro o ad avere notizie. Noi facemmo l'interrogatorio perché nelle carte che ci arrivarono da Palermo vi era un riferimento a Moro.
  Devo anche dire, per quello che riguarda la vicenda Gladio, che nella realtà la vera indagine che con Ionta conducemmo all'epoca consistette nel verificare se dietro il paravento di Gladio i servizi avessero o no immaginato una struttura più riservata. In tal senso ne aveva parlato Vinciguerra, quello che confessò la strage di Peteano a Casson.
  Nel corso delle indagini noi trovammo degli elementi attivi che riguardavano in parte il generale Inzerilli, in parte altri Pag. 6due soggetti, di cui non ricordo il nome, che erano coinvolti nell'esplosione di un traliccio in Alto Adige e in un tentativo di sequestro. Noi facemmo lo stralcio di quella posizione per procedere separatamente, ma, quando lo facemmo, l'ufficio decise che dovesse essere affidato ad altro sostituto.
  Andiamo alle domande più specifiche. Il problema è questo: nel 1990, se non ricordo male, nel corso di lavori di ristrutturazione di un appartamento, dietro un compensato – non so che cosa fosse – viene trovata una fotocopia del memoriale Moro, assieme a dei soldi e a qualcos'altro.
  Badate bene che per quel denaro i brigatisti furono condannati per calunnia, credo nel primo processo Moro, perché accusarono i Carabinieri di essersene impossessati. Il denaro effettivamente c'era, ma venne trovato nel 1990, cioè a dodici anni di distanza.
  Su quel nascondiglio – chiamiamolo così – fece una perizia la procura di Milano, con Ferdinando Pomarici, magistrato di primissimo livello, di cui noi avevamo ampia fiducia, sempre impegnato in processi o di terrorismo o di criminalità, se non ricordo male.
  Da quella perizia risultò – credo che anche questo sia agli atti – che quel pannello era stato collocato sotto la finestra nel 1978, cioè molti e molti anni prima, il che sostanzialmente escludeva la possibilità di un pannello messo successivamente e di un rinvenimento fittizio all'uopo organizzato.
  Quando noi venimmo in possesso del memoriale Moro 1990, evidentemente facemmo una comparazione con il memoriale 1978, anch'esso in fotocopia. Ciò equivale a dire che l'originale di quel memoriale non è stato mai rinvenuto o, se si vuole, che non è mai stato acquisito agli atti del processo.

  GERO GRASSI. È una cosa completamente diversa.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Se si vuole. Io sto dicendo che non venne mai rinvenuto e che comunque non venne mai acquisito agli atti del processo.

  GERO GRASSI. Sono due cose completamente diverse.

  PRESIDENTE. Mi sembra che la proprietà di linguaggio sia precisa, però. Non dobbiamo farci un telefilm.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Poiché io non ho la palla di vetro e nel 1978 facevo il giudice istruttore a Vicenza, quello che accadde non lo so. Io sto semplicemente riferendo quello che penso di dover riferire.
  Diverse parti che erano presenti nel 1990, dicevo, non erano presenti nel 1978. Questo ci indusse ad approfondire la questione e, per quello che io ricordo, questo sì in maniera molto viva, ci colpirono due questioni.
  La prima è che in un numero di OP, di Mino Pecorelli, dei primi di dicembre del 1978, a distanza di qualche mese dal primo rinvenimento delle carte a via Monte Nevoso, erano state pubblicate non ricordo se delle frasi o un concetto che emergeva dalle carte di via Monte Nevoso trovate nel 1990, ma non dalle carte di via Monte Nevoso rinvenute nel 1978. Si trattava di un concetto, o di una frase – basta andare a prendere OP e ci si renderà conto di questo – chiaramente riferito al memoriale Moro, ma che non figurava, come ho già detto prima, in quello del 1978.
  Quanto alla seconda cosa che ci lasciava perplessi, Mino Pecorelli credo facesse parte – sono certo di questo, ma dico «credo» perché sono passati gli anni – della P2. Mino Pecorelli venne assassinato nel marzo del 1979 e, secondo quelle che furono le risultanze iniziali, si ritenne che uno degli autori dell'omicidio fosse Massimo Carminati. Carminati era quello che gestiva l'arsenale di armi nascosto al Ministero della sanità, armi che venivano utilizzate dalla banda della Magliana. Una di esse, se non ricordo male – anche in questo caso chiedo scusa se sbaglio – venne utilizzata, però, per il tentato omicidio Rosone a Milano, il tentato omicidio in cui trovò la morte Danilo Abbruciati.
  Sempre dalle carte risultava che un agente del SIOS Marina... Posso sbagliare Pag. 7qui, perché, parlando, credo subito dopo il mio intervento in Senato, con il senatore Gotor, egli mi ha corretto dicendo che si trattava del SIOS Aeronautica. Io non so se fosse il SIOS Aeronautica o il SIOS Marina, ma comunque era il SIOS e, se non ricordo male, il soggetto si chiamava Nobili. Dalle carte risultava che questo Nobili, che non so se sia stato poi sentito o no da chi all'epoca faceva l'istruttoria, avesse affermato di essere entrato in contatto con Licio Gelli, P2, nel dicembre del 1978. In quell'occasione Licio Gelli gli avrebbe fatto delle confidenze che riguardavano il memoriale Moro.
  Se queste confidenze erano nel senso che il memoriale che era stato prodotto all'autorità giudiziaria era solo una parte del memoriale reale perché su una parte chissà chi – non lo so, credo che lo si dica pure, ma non me lo ricordo bene – aveva in qualche modo posto il segreto di Stato, o se queste dichiarazioni riguardavano il fatto che Licio Gelli avesse avuto conoscenza di questo memoriale Moro tramite un infiltrato di Dalla Chiesa nelle BR, non lo ricordo. Ricordo bene, però, che vi era una dichiarazione di Nobili che faceva riferimento a delle confidenze avute da Licio Gelli concernenti il memoriale Moro. Nella sostanza, se non ricordo male, l'intero memoriale Moro non era stato trasmesso all'autorità giudiziaria.
  La terza questione che riguarda il memoriale di via Monte Nevoso è un libro pubblicato diversi anni dopo il 1978, se non ricordo male, da un ufficiale dei Carabinieri che si chiamava Morelli, che all'epoca comandava la caserma Pastrengo di Milano. Morelli pubblicò un libro, qualche anno dopo il 1978, nel quale noi rinvenimmo una pagina o una pagina e mezza del memoriale del 1990, ma non presente nel memoriale del 1978.

  ENRICO BUEMI. Prima del 1990 ?

  NITTO FRANCESCO PALMA. Prima del 1990. Io credo che il libro sia del 1981 o del 1982.
  Sulla base di questi elementi, con Ionta noi ritenemmo che quello acquisito dall'autorità giudiziaria fosse diverso da ciò che stava circolando. Se voi ricordate, era anche l'epoca in cui si parlava del «grande vecchio», della «manina», della «manona» e così via. Evidentemente, cercammo di capirci qualche cosa.
  Aggiungo che nel memoriale del 1990 c'erano due elementi di grandissimo interesse politico. Il primo è che in uno dei suoi interrogatori Moro faceva chiaro riferimento ai fondi CIA alla Democrazia Cristiana e, se non ricordo male, anche ai fondi del KGB al Partito Comunista. Tanto ciò è vero che noi dalla fotocopia dell'interrogatorio di Moro, quella che avevamo, aprimmo un fascicolo che riguardava, per l'appunto, i fondi CIA alla Democrazia Cristiana e i fondi del KGB al PCI.
  Facemmo anche una rogatoria a Mosca, invero all'epoca molto criticata dalla stampa, ma quello era normale. Nella rogatoria a Mosca uscì fuori che una delle modalità di pagamento all'epoca, oltre che l'avvio dei fondi direttamente al PCI, era l'utilizzo delle cooperative «rosse». Questo lo ricordo bene perché, al ritorno dall'Unione Sovietica, come spesso accade, vi fu un articolo sul giornale in ragione del quale la Procura di Ravenna aprì un fascicolo e chiese gli atti, affermando di procedere per falso in bilancio. Noi dovemmo trasmettere gli atti, perché il reato era più grave. Ci restava il finanziamento illecito ai partiti, che però era coperto dall'amnistia del 1989. Per il resto non c'era la possibilità, di rubricare altra ipotesi di reato. Questa era la prima parte.
  La seconda parte, che ci lasciò ancora più perplessi, era il chiaro riferimento di Moro, in uno dei suoi verbali, alla struttura Stay Behind, cioè a Gladio. Il ragionamento che noi facemmo all'epoca fu il seguente: non ci riuscivamo a spiegare la ragione per cui le Brigate Rosse, che con il sequestro Moro avevano raggiunto probabilmente la punta più alta di lotta armata, ma che prima del sequestro Moro non avevano la dovuta impopolarità – diciamo in questo modo – non avessero mai utilizzato quei due argomenti, cioè il finanziamento estero ai due più grandi partiti all'epoca esistenti in Italia, entrambi Pag. 8combattuti dalle Brigate Rosse, e il riferimento alla struttura Stay Behind, che, come tutti voi sapete, era una struttura riservata, tutta in funzione anti-Patto di Varsavia. Questa era la vera ragione di Stay Behind.
  Non lo riuscimmo mai a capire. Interrogammo sul punto Franceschini, il quale rimase molto perplesso nel leggere quelle carte di Moro. L'unica risposta che ci dette Franceschini fu di andare a chiedere a Moretti, l'unico che avrebbe potuto fornire una spiegazione, in quanto tutti i rapporti esteri erano in qualche modo gestiti da lui.
  Noi andammo da Moretti e facemmo l'interrogatorio. Ci sembrò che, in un dato momento, forse si stesse aprendo una strada, ma ci sembrò soltanto, perché quella strada non si aprì mai.
  Io ricordo che, quando noi chiudemmo quel fascicolo, o quando io venni trasferito alla Procura nazionale antimafia, scrivemmo tutto questo nella requisitoria che inviammo in copia al collega De Ficchy, il quale trattava la «Gladio rossa» e, per il più da praticarsi, scrivemmo questo, manifestando tutte le nostre perplessità in ordine alla vicenda.
  Aggiungo che nel corso delle indagini sul covo di via Monte Nevoso noi sentimmo sicuramente Freato. Io ricordo che ascoltammo anche un altro soggetto – un diplomatico o un politico, una figura istituzionale di un mondo dell'Est – il quale, per quello che poteva servire, disse che il sequestro e l'omicidio Moro era un fatto, per il 1978, sintonico al mantenimento della divisione del mondo, sostanzialmente con la NATO da una parte e il Patto di Varsavia dall'altra.
  Io non ricordo se fu quel signore che lo disse oppure se uscì fuori da qualche altra emergenza processuale, ma noi allargammo l'indagine anche all'attentato che Berlinguer subì in Bulgaria. Ricordo che sentimmo la moglie di Berlinguer e che ci sembrava che questo attentato avesse più o meno, sul piano politico, ragioni non dissimili da quelle che ci erano state riferite da quel signore dell'Est, di cui non ricordo l'identità. I verbali, però, ci sono.
  Credo di avere detto tutto. Ho dimenticato qualcosa ?

  PRESIDENTE. Di quello che ho chiesto io no.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FABIO LAVAGNO. Torno anch'io alla dichiarazione che ha fatto al Senato il 28 maggio 2014, partendo dall'ultimo aspetto, in cui lei ci suggerisce o ci suggestiona con la correlazione all'attentato a Berlinguer.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Io non suggerisco e non suggestiono.

  FABIO LAVAGNO. Voglio capire se, invece, questa sua dichiarazione ci vuole suggerire l'effettiva e reale pista di servizi dei Paesi dell'Europa dell'Est. Faccio notare che, se si riferisce a quell'attentato, stiamo parlando di cinque anni prima: è del 1973.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Io lo ricordo successivo.

  ENRICO BUEMI. Era successivo.

  FABIO LAVAGNO. Siete sicuri ?

  ENRICO BUEMI. Era già segretario del partito.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Io lo ricordo successivo.

  FABIO LAVAGNO. Lo verifichiamo.
  All'altra domanda lei ha in qualche modo risposto dicendo che probabilmente l'autore del libro, l'ufficiale dei Carabinieri in servizio alla Pastrengo, era Morelli.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Io ricordo così.

  PRESIDENTE. Il senatore Gasparri ci ha comunicato che era il generale Morelli, autore di Anni di piombo, edito nel 1988.

Pag. 9

  FABIO LAVAGNO. Il quale però viene «imboccato» dal generale Bozzo, secondo quanto riferito da quest'ultimo.

  PRESIDENTE. Generale Morelli, Anni di piombo, 1988.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Era una pagina, per essere chiari, identica, copiata.

  FABIO LAVAGNO. Perfetto.
  Quanto all'ultimo aspetto e al fatto che Moretti non abbia mai parlato, l'autobiografia l'ha scritta e qualche intervista giornalistica l'ha rilasciata, ma questo lo dico tra parentesi. Lo dico tra parentesi senza voler aggiungere altro su questo.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Chiedo scusa: io non voglio suggerire nulla. Poiché devo riferire dei fatti, io ricordo che facemmo anche un approfondimento su questa parte, che poi venne proseguito dal collega De Ficchy nell'ambito del processo sulla «Gladio rossa».

  FABIO LAVAGNO. Mi confermate che l'incidente stradale di Berlinguer in Bulgaria avvenne nel 1973 ?

  PRESIDENTE. Era il 1973, quindi prima.

  ENRICO BUEMI. Io sono convinto che sia dopo.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Io credo che sia dopo, nel 1980 o 1981. Chiedo scusa, tutto può essere, ma io non ricordo che il Partito Comunista nel 1973 avesse assunto delle responsabilità di Governo insieme con la Democrazia Cristiana, ovvero che nel 1973 avesse delle forme di cedimento rispetto alla politica dei blocchi. Sarà il 1973, ma io personalmente penserei di no.
  Tenete presente che questo attentato non venne mai pubblicato sulla stampa. Se non ricordo male, la vicenda...

  PRESIDENTE. Ne abbiamo già parlato l'altra volta.

  GERO GRASSI. Se state parlando di quello a Berlinguer, il 1973 non esiste proprio.

  PRESIDENTE. L'ha appena detto.

  GERO GRASSI. Presidente, io non sono il contraltare del senatore. Gli stavo dando ragione. Non esiste proprio il 1973, perché il caso di Berlinguer è successivo al caso Moro. È successivo.

  PRESIDENTE. Volevamo capire se lei ricordava la data, approssimativamente.

  GERO GRASSI. La data si riferisce a quando Presidente del Consiglio è Andreotti e Presidente della Repubblica è Pertini. Berlinguer si fa venire a prendere da lì da un aereo della Repubblica italiana messo a disposizione da Andreotti. Siamo, secondo la mia memoria, intorno al 1981-84. Quello è il periodo.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Se fosse accaduto nel 1973, noi non avremmo fatto l'indagine. È pacifico questo, perché non ci interessava.

  PRESIDENTE. Comunque, faremo un accertamento.

  MAURIZIO GASPARRI. Nella rete tutto dice il 1973.

  FABIO LAVAGNO. L'intervista è del 1981, quella in cui lo dice.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Ci sono gli atti. C’è la deposizione della signora Berlinguer.

  PRESIDENTE. Poiché quando avvenne non fu pubblicizzato ed è stato detto dopo, troveremo gli atti e risolveremo questo problema.

  MAURIZIO GASPARRI. Si seppe nel 1981, ma la vicenda, secondo tutte le ricostruzioni, è del 1973.

Pag. 10

  FABIO LAVAGNO. Presidente, io credo che il principio stia lì: l'accadimento è del 1973 e la dichiarazione è in un'intervista del 1981. È questo il bisticcio sul quale stiamo discutendo.

  PRESIDENTE. Va bene. Lavagno e Gasparri sono d'accordo sul 1973, Buemi e Grassi no.

  MAURIZIO GASPARRI. Guardate che nella rete c’è l'intervista di Berlinguer, che è del 28 luglio 1981. Lo dice lui nel 1981.

  GIACOMO CALIENDO. Quando, nel 1981-82, si viene a sapere dell'attentato a Berlinguer, si inizia l'indagine. Forse poteva essere avvenuto anche nel 1973.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Sicuramente avete ragione voi. Io, però, dico che noi sentimmo la signora Berlinguer nel 1990 o nel 1991. Quando la sentimmo su quell'attentato, lei mi chiese – lo ricordo bene – «Voi come lo sapete ?». Io risposi: «Credo che l'abbiamo letto sui giornali». «Non è mai uscito sui giornali». Se l'attentato di cui parlo io fosse l'attentato del 1973, rivelato da Berlinguer nel 1981, la signora l'avrebbe dovuto sapere, mentre io ricordo questa reazione piuttosto stizzita della signora.
  In secondo luogo, poiché nessuno leggeva gli articoli del 1981, evidentemente, se questa notizia fosse nata da un rapporto di polizia giudiziaria, ci sarebbe stato scritto: «Nel 1981 Berlinguer dichiara di avere subìto un attentato nel 1973». Noi, però, non avremmo avuto interesse, ai fini della vicenda Moro, a sentirlo. Cosa diversa è avere interesse a fare l'indagine sull'attentato del 1973.

  PRESIDENTE. Mi convince la tesi sostenuta dal senatore Caliendo.

  GERO GRASSI. Chi lo sa precisamente è Macaluso, che lo seppe direttamente da Berlinguer. Poiché Macaluso è vivente...

  PRESIDENTE. Adesso, però, non andiamo oltre. La cosa che ha detto il senatore Caliendo mi convince. Si è saputo nel 1981-82.

  MAURIZIO GASPARRI. Ci sono dei libri sulla rete. Se fate come me, è facile da verificare.

  ENRICO BUEMI. Io ricordo che Berlinguer fece quel famoso articolo sul compromesso storico intorno al 1973. O era ancora vicesegretario del Partito Comunista ? È diventato segretario nel 1972. L'articolo sul compromesso storico uscì durante la crisi del Governo cileno e della Presidenza della Repubblica di Salvador Allende. Conseguentemente a quella vicenda, fece quella riflessione sull'esigenza del 51 per cento e via discorrendo.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Se mi sono sbagliato, chiedo scusa.

  ENRICO BUEMI. A parte questo, pongo due questioni, presidente Palma.
  In primo luogo, desidererei sapere se è stata fatta una verifica sulla provenienza dei soldi trovati a via Monte Nevoso.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Era la stessa identica somma di denaro che i brigatisti avevano dichiarato essere stata trafugata dai Carabinieri. Non ricordo se la fonte fu un autofinanziamento, come all'epoca...

  ENRICO BUEMI. Ma la provenienza...

  NITTO FRANCESCO PALMA. Noi eravamo nel 1990.

  GERO GRASSI. Era dal sequestro Costa la provenienza, 60 milioni. Ci sono anche i tagli.

  ENRICO BUEMI. La seconda questione, invece, è relativa al fatto che lei ha detto che, dopo l'interrogatorio a Moretti, si sarebbe potuta aprire una strada...

  PRESIDENTE. Quello che ci ha ricordato Nitto Palma è che i brigatisti sono stati condannati per calunnia perché hanno sostenuto che le forze dell'ordine se Pag. 11li erano portati via nel 1978, mentre i soldi erano dietro il pannello, dove li avevano lasciati.

  GERO GRASSI. I brigatisti dissero al senatore Flamigni che non tutto il materiale di via Monte Nevoso era stato trovato e accusarono i Carabinieri di aver fatto scomparire i soldi, in quanto loro non sapevano del nascondiglio.

  ENRICO BUEMI. La domanda, però, è disgiunta dall'argomento precedente. Lei ha detto che dopo l'interrogatorio di Moretti da parte vostra aveste la sensazione che si potesse aprire un filone di indagine, cosa che invece poi non avvenne. Lei ha detto questo.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Io non ho detto questo. Ho detto un'altra cosa, ossia che, mentre interrogavamo Moretti e gli contestavamo il fatto, avemmo la sensazione – forse si fermò a riflettere, ebbe un momento di riflessione – che forse stesse pensando a dire qualcosa, ma poi non disse assolutamente nulla, ragion per cui la vicenda si chiuse là. Magari avesse parlato !

  MICHELA MONTEVECCHI. Io le vorrei chiedere, perché forse mi sono persa un passaggio, riguardo ai fondi CIA destinati alla DC: mi pare che lei abbia detto che fu fatta una rogatoria a Mosca per quanto riguardava quelli del KGB, ma per quanto riguarda i fondi CIA alla DC ?

  NITTO FRANCESCO PALMA. Praticamente Freato confessò tranquillamente che c'erano quei fondi CIA alla DC. La differenza sostanziale è che non ci fu una voluta omissione di approfondimento investigativo. Vi era semplicemente la necessità di economizzare le energie investigative.
  Per quello che è il mio ricordo, i fondi CIA alla Democrazia Cristiana cessano alla fine degli anni Settanta, mentre i fondi del KGB, anche per altre fonti informative, proseguono fino al limite del 1989. Se fosse prima o dopo l'amnistia era difficile da stabilire, ma proseguono fino al 1989.
  Qui siamo in una sede politica e a me non interessa creare elementi di polemica. Tuttavia, sui fondi neri del KGB al Partito Comunista è noto che ci fosse un terminale preferenziale, chi fosse questo terminale e che ci fossero stati alcuni problemi all'interno del Partito Comunista. Per quello che è il mio ricordo, però, la storia si concluse nel 1989.

  ENRICO BUEMI. C'erano due strutture economiche, che si occupavano una dell’export e l'altra dell’import, che servivano all'uopo.

  NITTO FRANCESCO PALMA. I finanziamenti della CIA alla DC, come ho già detto prima, si conclusero alla fine degli anni Settanta. Conseguentemente, noi non avevamo alcuna ragione, a parte il fatto che Freato ne parlò tranquillamente in sede di interrogatorio, di fare un approfondimento che avesse una valenza giudiziaria. Devo dire che noi con Ionta non abbiamo mai ceduto alla tentazione di diventare storici o esperti di fenomeni sociali. Limitavamo il nostro lavoro a cercare di acquisire le prove.
  Le faccio un esempio. Dopo la scoperta di via Monte Nevoso a Milano nel 1990, L'Europeo, se non ricordo male, fece una serie di interviste in cui apparivano come funghi persone che erano state a via Monte Nevoso e che dichiaravano quello che avevano visto a via Monte Nevoso. Noi, con Ionta, indagammo su tutti, perché non volevamo lasciare zone d'ombra in un processo per noi delicatissimo, in ragione della differenza del memoriale del 1990 rispetto al memoriale del 1978.
  Se non ricordo male, c'era un carabiniere, che credo sia stato condannato per diffusione di notizie false e tendenziose, e c'era una signora, che si chiamava Carlizzi, che credo sia stata condannata per calunnia. Questa Carlizzi era collegata a Pugliese e Bazzanella, due soggetti molto vicini ai servizi, che poi vennero processati insieme a un magistrato militare, di cui erano in parte i terminali giornalistici.

Pag. 12

  GERO GRASSI. Senatore, lei ricorda chi è stato il magistrato che ha seguito l'indagine su via Monte Nevoso nei cinque giorni della perquisizione dell'appartamento, nel 1978 ? Se non lo ricorda, glielo dico io: Pomarici.

  GIACOMO CALIENDO. L'ha detto.

  GERO GRASSI. No, ha detto un'altra cosa. Quando il senatore Nitto Palma ha citato Pomarici, si riferiva al 1990. La domanda è: come mai Monte Nevoso nel 1990 è gestita dal magistrato che ha trattato Monte Nevoso nel 1978, con tutto quello che consegue da lì ?

  NITTO FRANCESCO PALMA. Se non ricordo male, il procuratore della Repubblica dell'epoca di Milano era Borrelli, quindi questo è un problema di Borrelli.
  Per quello che riguarda noi, non avevamo alcuna ragione al mondo di dubitare, oltre che della capacità, dell'onestà intellettuale di Fernando Pomarici. Ignoravamo, peraltro la questione che lei riporta.
  Qui dobbiamo essere anche molto chiari e molto franchi. Quando partì l'inchiesta su via Monte Nevoso nel 1990, a Milano, se voi andate a vedere gli articoli pubblicati all'epoca, notate che la stampa voleva che quel processo restasse a Milano e non venisse a Roma. Quella era l'epoca in cui – scusatemi, questo fatemelo dire, avendolo vissuto sulla mia pelle – qualcuno si alzava (lasciamo perdere via Monte Nevoso) e, se iniziava un processo che era chiaramente di competenza romana, se lo teneva e la stampa dava contro la Procura di Roma.
  Vi faccio una serie di esempi. Il procedimento Gladio parte a Venezia sulle dichiarazioni di Vinciguerra e viene mandato a Roma come «C», ossia come atti relativi, da Siclari. Io ricordo che firmammo a Siclari la ritrasmissione degli atti a Venezia, dicendogli che, dato che lo trasmetteva per competenza territoriale, ci doveva precisare i reati e le ragioni della competenza territoriale.
  Mi faccia citare un'altra vicenda. Le cose vanno inquadrate nel clima del tempo. Che il processo relativo a via Monte Nevoso lo dovessimo fare a Roma era pacifico.

  PRESIDENTE. «Il porto delle nebbie».

  NITTO FRANCESCO PALMA. Cito un altro caso. Quando partì il processo sulla manipolazione delle bobine SIFAR sulla base delle dichiarazioni di Labruna, quando il processo venne a Roma... Il processo cosa riguardava ? Labruna aveva detto che una volta, insieme con un tecnico – non so chi – aveva tagliato o manipolato le bobine, che credo fossero della Commissione d'inchiesta sul SIFAR, quella che era presieduta dal vecchio onorevole Alessi. Quando le carte vennero a Roma, come era giusto, noi ci limitammo semplicemente a chiedere alla Camera, se non ricordo male, o al Senato – comunque, a uno dei due rami del Parlamento – le carte della Commissione d'inchiesta. La risposta fu: «Quali volete: quelle vero o quelle “omissate” ?». Quelle «omissate» erano chiaramente quelle che aveva fatto Labruna. La manipolazione era il mantenimento del segreto sulle parti che la Commissione dell'epoca aveva dichiarato segrete. Quello era il clima.
  L'inchiesta su via Monte Nevoso, quindi, doveva venire a Roma.

  GERO GRASSI. Detto questo, io le faccio la controstoria sullo stesso problema.
  Pomarici, che acquisisce gli atti relativi a via Monte Nevoso nel 1990, è lo stesso che nei dodici anni dal 1978 al 1990, in primo luogo, dice testualmente che «i Carabinieri di Dalla Chiesa hanno scarnificato, mattonella per mattonella, tutto l'appartamento di via Monte Nevoso». In secondo luogo, è arrivato quasi alle mani con il senatore Flamigni. Avendo Flamigni recepito in carcere dai brigatisti che lì a via Monte Nevoso c'era del materiale che non era venuto fuori, Pomarici la settima volta lo cacciò in malo modo dalla Procura della Repubblica di Milano.Pag. 13
  Senatore, lei consente che io agli atti debba lasciare anche una versione leggermente diversa dalla sua, per la storia.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Ci mancherebbe altro.

  GERO GRASSI. A me sembra strano – lo sottolineo – che nella seconda Monte Nevoso chi gestisce la vicenda giudiziaria sia uno dei protagonisti della prima, anche perché sulla prima a tutt'oggi non abbiamo alcuna certezza: Bonaventura è morto, il capitano Arlati, che ha fatto l'operazione, ha fornito una versione, Dalla Chiesa è stato ucciso. Il dubbio è legittimo.
  Non è un particolare secondario, perché non è che i magistrati abbiano ragione a prescindere. I magistrati hanno ragione se dimostrano determinate tesi, non perché sono magistrati. C’è un vizio di forma su Pomarici, che non avrebbe dovuto avere il «secondo giro», in quanto era protagonista, perlomeno omissivo, del «primo giro».
  Vorrei ricordare che l'appartamento di via Monte Nevoso non è lo stadio San Siro. Sono 46 metri quadrati. Addirittura c’è una perizia di abbattimento parziale di un muro divisorio per vedere se ci sono documenti che non vengono trovati nel muro divisorio e c’è la dichiarazione di Pomarici sulla scarnificazione di cinque giorni.
  È vero anche che in quei cinque giorni a Milano ci fu una guerra che non è stata ancora pubblicizzata come dovrebbe essere, ossia la guerra, all'interno dei Carabinieri, tra quelli che la presidente della Commissione P2 chiama «i carabinieri buoni» e quelli che la stessa presidente della Commissione P2 chiama «i carabinieri cattivi». Non dimentichiamo che il generale dei Carabinieri di Milano era iscritto alla P2 in quel periodo.
  Chiudo questo argomento.

  PRESIDENTE. Posso fare un inciso, perché resti, solo per onestà ? Noi abbiamo chiesto al senatore Nitto Palma ciò di cui lui è competente. Lo dico perché resti per memoria nostra. Perché la Procura di Milano abbia deciso, dopo un tot numero di anni, di ridare a Pomarici l'indagine su via Monte Nevoso nel 1990...

  GIACOMO CALIENDO. Non c'era alcun vizio di forma.

  PRESIDENTE. Io ho detto, per chiarirci, che stiamo parlando della Procura di Milano e che qualcuno l'ha fatto.

  GERO GRASSI. Io mi sarei accontentato della risposta del senatore...

  PRESIDENTE. Il senatore l'ha detto. Ha detto che questo non lo dobbiamo chiedere a lui, ma al procuratore capo di Milano.

  GERO GRASSI. Poiché il senatore ha detto altro, io ho dovuto allargare un po’ il discorso per completare il quadro. Soltanto questo.
  Il senatore ha detto anche, e io condivido perfettamente, che il giornale OP nel dicembre del 1978 fa riferimento, molto probabilmente, a vicende di via Monte Nevoso 1990 che non c'erano in via Monte Nevoso 1978. È giusto ?

  PRESIDENTE. Ha detto testualmente che OP nel dicembre 1978 ha riportato alcuni passaggi che erano nelle carte rinvenute in via Monte Nevoso nel 1990, ma non in quelle del 1978.

  GERO GRASSI. Perfetto.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Come è scritto nella richiesta firmata da me e Ionta.

  GERO GRASSI. Questa vicenda del dicembre 1978 combacia, come tempo, con la visita di Pecorelli e Dalla Chiesa al carcere di Cuneo al capo ispettore Incandela. Io non c'ero, ma nel processo di Palermo contro Giulio Andreotti è stato certificato che Pecorelli e Dalla Chiesa, nel dicembre del 1978, sono andati al carcere di Cuneo a cercare il capo ispettore Incandela, Pag. 14il quale ha testimoniato. C’è una sentenza, il processo è chiuso. Non stiamo parlando di ipotesi.
  Che vanno a fare ? Vanno a dire a Incandela che nel carcere di Cuneo, tramite il parlatorio, è stato fatto entrare uno finto salame, nel quale ci sono le carte di Moro contro Andreotti. Questo finto salame, dopo un'ispezione di Incandela, viene trovato.
  Incandela al processo dice, per rinfrescarci la memoria, che, mentre parlavano Dalla Chiesa e Pecorelli, Pecorelli ordinava a Dalla Chiesa il da farsi. Dalla Chiesa dice a Incandela: «Lei non deve leggere le carte del “salame”. Appena le trova, me le porta». Questa vicenda combacia storicamente con quello che lei, giustamente, ha detto relativamente a OP del dicembre del 1978.
  Io poi non le parlo, anche per brevità di seduta, della seconda andata di Pecorelli e Dalla Chiesa al carcere di Cuneo. Perché io ricordo questo argomento ? Perché storicamente, poiché l'andata al carcere e l'uscita di OP nella quale c’è questa dichiarazione avvengono a distanza di pochi giorni, non è difficile ipotizzare – questa è la domanda – che la consecutio sia logica: Monte Nevoso, alcune carte scompaiono, Evangelisti dice che Dalla Chiesa le ha date ad Andreotti, Andreotti nega, ma Dalla Chiesa comunque le ha avute, Dalla Chiesa ne passa alcune a Pecorelli e Pecorelli pubblica delle carte che non sono mai arrivate ai destinatari, carcere di Cuneo.
  Stasera lei dice una cosa giustissima e verissima – lei l'ha espressa come supposizione, ma è una cosa che storicamente è nella documentazione – ossia che alcune carte del 1990 di via Monte Nevoso qualcuno le aveva già pubblicate nel 1978.
  Mi fermo qui.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, ringraziando il presidente Nitto Palma, ricordo che il punto che emerge stasera era un argomento che noi avevamo già trattato, con riferimento a Monte Nevoso 1978 e Monte Nevoso 1990. Al di là di carabinieri buoni e carabinieri cattivi, o di magistrati buoni e magistrati cattivi, sta di fatto che noi abbiamo avuto alcuni passaggi, anche con le recenti dichiarazioni del generale Bozzo, che possiamo acquisire interamente. Noi dobbiamo fare un punto, però, non sulle recenti dichiarazioni del generale Bozzo, ma su chi è intervenuto e su come sia intervenuto nel primo Monte Nevoso e su come siamo arrivati al secondo Monte Nevoso. Vediamo se riusciamo a tirare fuori qualcosa.

  ENRICO BUEMI. A meno che non ci sia sempre quel potere divinatorio...

  PRESIDENTE. Se sia potere divinatorio io non lo so, ma di fatto c’è una prima grande verità, che è quella che ha detto il senatore: non è stato mai acquisito l'originale non solo di ciò che è stato registrato, ma neanche di ciò che è stato scritto da Moro o che è stato scritto da Moro e dattiloscritto da altri. Abbiamo avuto solo e soltanto fotocopie, che qualcuno ha divinato prima e di cui ha scritto un pezzetto su OP e un pezzetto in un libro. Qualcun altro se le ricordava a memoria.
  Diciamo che, in questo contesto generale, questo è uno dei filoni su cui ritorneremo, sapendo che nel primo Monte Nevoso non c'era ancora l'idea di Gladio e P2, mentre nel secondo Monte Nevoso Gladio e P2 erano già abbastanza conosciute e presenti, e che ciò che non si è trovato la prima volta va letto alla luce di quello che nel 1990 era già noto, almeno in parte, e che nel 1978 quella notorietà magari creava molta preoccupazione.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Posso dire solo una cosa ? Nessuno ha mai fatto indagini – credo – sull'omicidio Pecorelli con riferimento a questo aspetto. Credo che le indagini riguardanti Pecorelli trovassero in altre questioni la loro origine.
  Con riferimento alla perquisizione di via Monte Nevoso, io non so come siano andate le cose. Tuttavia, in tutti gli anni di procura che ho fatto io credo di non avere mai partecipato a una perquisizione. Che Pag. 15io sappia, l'unico che ha partecipato a una perquisizione, secondo il mio ricordo, fu Sica, proprio con riferimento all'omicidio Pecorelli. Come voi ricorderete, tale perquisizione portò poi al rinvenimento del dossier Mi.Fo.Biali, che venne rinvenuto nelle carte sequestrate due o tre anni dopo.
  Come dicevo prima al presidente, forse vi sarebbe utile – io non ne ho ricordo – vedere il verbale di interrogatorio di Bozzo a via Monte Nevoso.
  Ci sarebbe un'altra cosa, ma, poiché non ho elementi, è meglio essere prudenti.

  GIACOMO CALIENDO. È meglio che ci fermiamo qui, altrimenti, se dovessimo seguire tutta la sua teoria, che è apprezzabile, basata su elementi di fatto, dovremmo indagare sull'omicidio Dalla Chiesa.

  GERO GRASSI. Presidente, non si tratta di indagare sull'omicidio Dalla Chiesa.

  GIACOMO CALIENDO. Non è stato ucciso dalla mafia ?

  GERO GRASSI. No. Non lo dico io. A me sembra strano che voi, che avete peraltro praticato quel campo... Non lo dico io. Dalla Chiesa è stato ucciso come manovalanza dalla mafia, ma non è stato ucciso per motivi di mafia. Tra l'altro, questa affermazione non è attribuibile a me. Voi cercate sempre di sminuire questi particolari. Andiamo avanti e tra quarant'anni staremo ancora a discutere di queste cose.

  ENRICO BUEMI. Faccio una piccola domanda al presidente Nitto Palma. Con riguardo alla procedura dei sostituti e dei procuratori di Roma all'epoca e nel periodo successivo al sequestro Moro, in particolare negli anni Ottanta – quando lei era procuratore a Roma – l'utilizzo della polizia giudiziaria era codificato, oppure veniva gestito in libera interpretazione ?

  PRESIDENTE. Ognuno si sceglieva chi voleva o prendeva chi gli veniva dato ? Questo è un tema ricorrente. Ho capito bene ?

  ENRICO BUEMI. Gli operatori della polizia giudiziaria chi li sceglieva, il sostituto, il procuratore incaricato, oppure vi venivano messi a disposizione ? Lo dico in questo modo, così ci capiamo meglio.

  PRESIDENTE. Ci siamo capiti col senatore Palma.

  ENRICO BUEMI. Noi abbiamo avuto l'impressione, nell'audizione di alcuni suoi ex colleghi, che le scelte venissero fatte dai suoi ex colleghi in base a un principio fiduciario, diciamo così.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Io sono arrivato alla Procura di Roma nel settembre del 1979 e, dopo il naturale inizio – peraltro, ero giovanissimo, perché avevo appena un anno e mezzo di funzioni – iniziai a interessarmi di criminalità organizzata. Non mi interessavo di terrorismo, salvo che per un breve segmento a cavallo dell'arresto di Petrella e Di Rocco. Un paio di mesi prima io e il collega De Siervo venimmo assegnati anche all'ufficio terrorismo e, subito dopo l'arresto di Petrella e Di Rocco, venimmo alleggeriti di quell'incarico.
  Le inchieste sul terrorismo facevano tutte capo, nella fase delle indagini preliminari, a Domenico Sica, come è abbastanza noto a tutti. Successivamente c'era un pool – chiamiamolo così – all'ufficio istruzione, che era composto da Claudio D'Angelo, Ciccio Amato, Rosario Priore, all'inizio in una posizione subalterna, Ferdinando Imposimato e poi ce n'era un quinto.

  PRESIDENTE. E la polizia giudiziaria ?

  NITTO FRANCESCO PALMA. Come i colleghi si comportavano io non glielo so dire. Quello che le posso dire, però, è che la regola era la seguente: le indagini andavano a chi arrivava per primo sul posto.Pag. 16
  Se per un determinato omicidio fosse arrivata prima la squadra mobile della Polizia e la perquisizione fosse stata effettuata con i Carabinieri – faccio un'ipotesi – questa sarebbe stata un'anomalia. Dopodiché, evidentemente, una volta che partivano le indagini, ognuno di noi, senza mortificare il Corpo che era arrivato per primo, utilizzava le strutture investigative che riteneva di maggiore competenza.
  Per essere chiari, con tutto il rispetto per tutti – è una valutazione sicuramente sbagliata, ero molto giovane all'epoca – all'epoca sicuramente, con riferimento alle indagini sul terrorismo, i Carabinieri erano molto più ferrati rispetto alla Polizia, non per un'incapacità della Polizia, ma perché le strutture antiterrorismo di Dalla Chiesa si appoggiavano sulle strutture territoriali.
  Viceversa, per esempio, proprio per la criminalità organizzata noi lavoravamo prevalentemente con la Polizia e con la Guardia di finanza e raramente con i Carabinieri.

  ENRICO BUEMI. Chiedo scusa, presidente, ma il punto non è questo. Volevo capire proprio fisicamente chi sceglieva chi.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Nessuno poteva affidare al maresciallo Nitto Palma un'indagine.

  ENRICO BUEMI. Richiamo l'audizione del dottor Macchia.

  NITTO FRANCESCO PALMA. Non so che cosa abbia detto Macchia, ma noi, ed è quello che ho fatto io, affidavamo le indagini al reparto operativo, alla squadra mobile, alla sezione narcotici. Non dicevamo che la dovessero fare Tizio o Caio.
  Devo dire che io, che ho avuto la responsabilità del coordinamento dell'ufficio criminalità organizzata dal 1980 al 1983-84, imponevo letteralmente ai tre Corpi di polizia di lavorare insieme. Come lo imponevo ? Nel modo più semplice possibile, ossia dicendo loro: «È meglio che andate d'accordo, tanto gli arresti li delego a tutti e tre».
  In quel periodo si creò una sinergia, supportata anche da un rapporto personale tra De Gennaro, Tellino, se non ricordo male, Gruner e Luciano Rossi, molto utile, che ci consentì all'epoca di fare, in infilata, i processi relativi a Frank Coppola, Pizza Connection, Nitto Santapaola, Pippo Calò, tutti processi che partivano da Roma e che poi andavano a Palermo per competenza territoriale.

  PRESIDENTE. Comunque su una cosa questa sera possiamo riflettere: abbiamo chiarito, grosso modo, che non c'erano carabinieri o poliziotti di fiducia, normalmente. Con riferimento alle perquisizioni, sappiamo che generalmente i magistrati non le effettuavano personalmente, eccetto almeno una volta Sica. Potrebbe, pertanto, essere utile vedere chi abbia fatto le perquisizioni a via Monte Nevoso. Questa potrebbe essere una cosa di indubbio interesse.
  Ringrazio il senatore Palma e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 21.15.