XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 31 di Martedì 14 aprile 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 2 

Audizione del dottor Alberto Macchia:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 2 
Macchia Alberto  ... 3 
Buemi Enrico  ... 5 
Macchia Alberto  ... 5 
Buemi Enrico  ... 5 
Macchia Alberto  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 
Macchia Alberto  ... 5 
Buemi Enrico  ... 5 
Macchia Alberto  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 
Macchia Alberto  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 
Macchia Alberto  ... 5 
Buemi Enrico  ... 5 
Macchia Alberto  ... 5 
Buemi Enrico  ... 6 
Macchia Alberto  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Macchia Alberto  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Macchia Alberto  ... 6 
Buemi Enrico  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Macchia Alberto  ... 7 
Buemi Enrico  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Buemi Enrico  ... 7 
Macchia Alberto  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Macchia Alberto  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Macchia Alberto  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Macchia Alberto  ... 8 
Buemi Enrico  ... 8 
Macchia Alberto  ... 8 
Buemi Enrico  ... 9 
Macchia Alberto  ... 9 
Grassi Gero (PD)  ... 9 
Macchia Alberto  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Buemi Enrico  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Buemi Enrico  ... 9 
Macchia Alberto  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Macchia Alberto  ... 10 
Buemi Enrico  ... 10 
Macchia Alberto  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Buemi Enrico  ... 10 
Macchia Alberto  ... 10 
Buemi Enrico  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Macchia Alberto  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Macchia Alberto  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Macchia Alberto  ... 10 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Macchia Alberto  ... 10 
Buemi Enrico  ... 11 
Macchia Alberto  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Macchia Alberto  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Macchia Alberto  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Macchia Alberto  ... 11 
Buemi Enrico  ... 11 
Macchia Alberto  ... 11 
Buemi Enrico  ... 11 
Macchia Alberto  ... 11 
Buemi Enrico  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Macchia Alberto  ... 12 
Buemi Enrico  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Buemi Enrico  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Macchia Alberto  ... 12 
Buemi Enrico  ... 12 
Macchia Alberto  ... 12 
Buemi Enrico  ... 12 
Macchia Alberto  ... 12 
Buemi Enrico  ... 12 
Macchia Alberto  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Macchia Alberto  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Macchia Alberto  ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Macchia Alberto  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Buemi Enrico  ... 14 
Macchia Alberto  ... 14 
Buemi Enrico  ... 14 
Macchia Alberto  ... 14 
Buemi Enrico  ... 14 
Macchia Alberto  ... 14 
Buemi Enrico  ... 14 
Macchia Alberto  ... 14 
Buemi Enrico  ... 14 
Macchia Alberto  ... 14 
Buemi Enrico  ... 14 
Macchia Alberto  ... 14 
Buemi Enrico  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Macchia Alberto  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Macchia Alberto  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Macchia Alberto  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Macchia Alberto  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Macchia Alberto  ... 15 
Buemi Enrico  ... 15 
Macchia Alberto  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Macchia Alberto  ... 15 
Grassi Gero (PD)  ... 15 
Macchia Alberto  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Macchia Alberto  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Macchia Alberto  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Macchia Alberto  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Macchia Alberto  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Macchia Alberto  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Macchia Alberto  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Macchia Alberto  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Macchia Alberto  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Macchia Alberto  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Macchia Alberto  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Buemi Enrico  ... 17 
Macchia Alberto  ... 17 
Buemi Enrico  ... 17 
Macchia Alberto  ... 17 
Buemi Enrico  ... 17 
Macchia Alberto  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Buemi Enrico  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Macchia Alberto  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Macchia Alberto  ... 17 
Buemi Enrico  ... 17 
Macchia Alberto  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Macchia Alberto  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Macchia Alberto  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Macchia Alberto  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Macchia Alberto  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Macchia Alberto  ... 18 
Buemi Enrico  ... 18 
Macchia Alberto  ... 19 
Buemi Enrico  ... 19 
Macchia Alberto  ... 19 
Buemi Enrico  ... 19 
Macchia Alberto  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Macchia Alberto  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Macchia Alberto  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Macchia Alberto  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Macchia Alberto  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Macchia Alberto  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Macchia Alberto  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Macchia Alberto  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Macchia Alberto  ... 19 
Buemi Enrico  ... 20 
Macchia Alberto  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Macchia Alberto  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Macchia Alberto  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Macchia Alberto  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Macchia Alberto  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Macchia Alberto  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Macchia Alberto  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Macchia Alberto  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Macchia Alberto  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Macchia Alberto  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Macchia Alberto  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Macchia Alberto  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Macchia Alberto  ... 21 
Buemi Enrico  ... 21 
Macchia Alberto  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Macchia Alberto  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Macchia Alberto  ... 22 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22 
Grassi Gero (PD)  ... 22 
Macchia Alberto  ... 22 
Grassi Gero (PD)  ... 22 
Macchia Alberto  ... 22 
Grassi Gero (PD)  ... 22 
Macchia Alberto  ... 22 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22 
Buemi Enrico  ... 22 
Grassi Gero (PD)  ... 22 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22 
Grassi Gero (PD)  ... 22 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22 
Macchia Alberto  ... 22 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22 
Macchia Alberto  ... 22 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22 
Macchia Alberto  ... 23 
Grassi Gero (PD)  ... 23 
Macchia Alberto  ... 23 
Grassi Gero (PD)  ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 
Macchia Alberto  ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 
Macchia Alberto  ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 
Grassi Gero (PD)  ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 
Grassi Gero (PD)  ... 23 
Macchia Alberto  ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 
Macchia Alberto  ... 23 
Buemi Enrico  ... 23 
Macchia Alberto  ... 23 
Buemi Enrico  ... 23 
Macchia Alberto  ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 
Buemi Enrico  ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 
Macchia Alberto  ... 24 
Buemi Enrico  ... 24 
Macchia Alberto  ... 24 
Buemi Enrico  ... 24 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 24 
Buemi Enrico  ... 24 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 20.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione del dottor Alberto Macchia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Alberto Macchia, che ringraziamo per la cortese disponibilità con cui ha accolto il nostro invito a intervenire questa sera in Commissione.
  L'audizione di oggi fa seguito a quella del dottor Monastero svoltasi lo scorso 19 marzo, con la quale la Commissione ha avviato l'approfondimento della figura di Antonio Giuseppe (detto Toni) Chichiarelli e del suo ruolo nella redazione del falso comunicato n. 7 delle Brigate Rosse, fatto rinvenire il 18 aprile 1978.
  Come è noto, il dottor Macchia e il dottor Monastero si occuparono, in qualità di giudici istruttori, dell'omicidio di Toni Chichiarelli e della rapina di 35 miliardi ai danni della Brink's Securmark, seguita da un'anomala rivendicazione che alludeva al falso comunicato n. 7. La rapina fu infatti rivendicata il 26 marzo 1984 facendo ritrovare, dietro la statua del Belli a Trastevere, nella stessa piazza dove era stato fatto rinvenire il falso comunicato n. 7, taluni oggetti asportati nel corso della rapina, insieme ai frammenti di una fotografia simile a quelle scattate ad Aldo Moro durante il suo sequestro.
  Nel corso della sua audizione, il dottor Monastero ha già fornito molti particolari sul profilo criminale di Chichiarelli e sulla sua partecipazione alla rapina alla Brink's Securmark, esprimendo in particolare la convinzione, ancorché non suffragata da prove certe, che quest'ultima fosse una sorta di «ringraziamento» a Chichiarelli da parte di chi gli aveva commissionato certe particolari operazioni.
  Sarebbe, quindi, di grande interesse per la nostra inchiesta se, sulla base delle indagini da lui condotte, il dottor Macchia potesse fornirci qualche ulteriore elemento di valutazione sul profilo criminale di Chichiarelli e sul suo coinvolgimento nel caso Moro.
  Riservandomi di approfondire ulteriormente, al termine della sua prima esposizione, insieme con i colleghi, una serie di ulteriori questioni, le indico i quattro filoni su cui vorrei richiamare la sua attenzione: in primo luogo, se nel corso delle indagini sulla rapina alla Brink's e sull'omicidio di Chichiarelli siano mai emerse informazioni utili per l'individuazione dei mandanti che hanno commissionato il falso comunicato n. 7; inoltre, quali accertamenti furono condotti sui frammenti di fotografia fatti ritrovare in occasione delle rivendicazioni della rapina e quale ne fu l'esito; se e in che termini siano stati ricostruiti i contatti di Chichiarelli con taluni ambienti delle forze dell'ordine e dell’intelligence, con l'eversione di destra (Nar) e l'estremismo di sinistra (collettivo autonomo di via dei Volsci), con la malavita organizzata italiana («cosa nostra» e banda della Magliana) e straniera (clan dei Marsigliesi), Pag. 3con esponenti della Loggia P2; infine, se siano state condotte indagini sui contatti internazionali di Chichiarelli, tenuto conto del suo coinvolgimento in sequestri di persona ai danni di cittadini libici e dei suoi misteriosi appuntamenti a Fiumicino.
  Ai fini del più ordinato svolgimento dei lavori, propongo di terminare l'audizione entro le ore 23.30, fermo restando che, anche in considerazione della complessità delle vicende oggetto dell'audizione, ci riserviamo di richiedere al dottor Macchia eventuali approfondimenti scritti su singoli profili che potranno essere successivamente segnalati dalla Commissione.
  Do la parola al dottor Macchia.

  ALBERTO MACCHIA. C’è molta carne al fuoco e dovrò fare un po’ appello alla memoria perché sono passati trent'anni da quei fatti. L'indagine è stata molto complessa e interessante.
  Debbo subito dire che venni coinvolto nel procedimento, al di là dell'opportunità di un affiancamento, tenuto conto della estrema complessità del quadro d'assieme in cui si trovava iscritta la vicenda della rapina alla Brink's, anche in funzione di alcuni elementi che erano emersi dalle primissime indagini circa la possibile riconducibilità di un background di Chichiarelli ad ambienti vicini all'estrema destra eversiva.
  Siccome per molti anni mi ero occupato, insieme ad altri colleghi, di processi riguardanti la destra eversiva della fine degli anni Settanta e degli inizi degli anni Ottanta, il mio contributo si doveva spiegare anche in quel tipo di prospettiva.
  Quello che trasparì subito, al di là del fatto eclatante di una rapina – forse la più lucrosa delle rapine mai commesse in Italia – e della anomala rivendicazione che era stata subito fatta e che sembrava quasi ricondurre alle vicende del sequestro e dell'uccisione dell'onorevole Moro, è una sorta di spaccatura tra l'eclatanza del gesto e della rivendicazione e la personalità di Chichiarelli, per come era emersa dalle primissime indagini.
  Chichiarelli traspariva come niente di più e niente di meno che un abilissimo falsario di quadri, con vari tipi di collegamenti con ambienti malavitosi, ma non di spessore criminale – questo perlomeno emerse dalle prime indagini – tale da poter immaginare di realizzare una rapina così eclatante e di essere addirittura al centro di vicende oscure quali quelle che avevano visto quel tipo di rivendicazione così inusuale.
  Pubblico ministero del processo era Domenico Sica, che aveva seguito tutto il filone delle indagini relative all'estrema sinistra, aveva seguito anche le vicende relative al sequestro e all'omicidio dell'onorevole Moro e doveva rappresentare il trait d'union tra le indagini che riguardavano il fatto specifico – cioè la rapina alla Brink's e l'omicidio di Chichiarelli, nonché il tentato omicidio anche della sua fidanzata dell'epoca, Cristina Cirilli – e ciò che rappresentava il materiale documentale subito esibito, che riportava a chiare lettere a fatti riguardanti la vicenda Moro.
  Questo stacco, che poteva apparire estremamente forte, tra una storia «politico-delinquenziale» di Chichiarelli e l'eclatanza del gesto e di quel tipo di rivendicazione, stava a significare che qualche buco nero doveva essere necessariamente riempito. Nel corso delle indagini, piano piano, qualche cosa di più emerse. Erano emersi, se non ricordo male, collegamenti abbastanza significativi con ambienti in parte della destra eversiva, ma soprattutto della banda della Magliana, ed erano emerse anche circostanze particolari, quali, se non rammento male, il famoso rinvenimento del borsello sul taxi dove erano contenute quattro schede che riconducevano a loro volta all'omicidio Pecorelli, e non solo a quello.
  Quindi, c'era un intessersi di situazioni piuttosto singolari che facevano pensare a qualcosa di più architettato dietro la persona di Chichiarelli e, dunque, dietro la stessa rapina alla Brink's e all'emblematico messaggio lanciato dallo stesso Chichiarelli attraverso il rinvenimento di quel Pag. 4materiale; era quasi un voler segnalare come l'intera operazione della rapina alla Brink's, con la singolare rivendicazione, rappresentasse il premio per un qualche cosa di già fatto e, al tempo stesso – perlomeno così noi lo leggemmo in prima battuta – come l'addio a certi ambienti.
  È ovvio che l'omicidio rappresentava un altro piccolo mistero, in quella serie di misteri, perché era un omicidio abbastanza atipico come forma di «killeraggio». Se non ricordo male, venne usata una pistola di piccolo calibro, mi sembra una 6.35. Al di là dell'omicidio di Chichiarelli, il tentato omicidio di Cristina Cirilli (fu colpita da un proiettile al petto e da un proiettile all'occhio, che le fece perdere l'occhio, quindi era sicuramente un gesto di volontà omicida) ci sembrava potersi collegare a una pregressa conoscenza dell'autore del fatto in capo a tutte e due le persone che erano presenti, altrimenti non ci sarebbe stata ragione di tentare di uccidere anche la persona che accompagnava Chichiarelli. Se fosse stata un'operazione compiuta secondo le regole classiche della malavita, avrebbe dovuto essere realizzata in modo diverso, senza quel tentativo di uccisione, perché non ce n'era ragione.
  Tutto questo rappresentava un ulteriore parte di buco nero da riempire, perché poteva trattarsi ovviamente – e per noi era abbastanza evidente che così fosse – di un episodio, comunque sia, storicamente e funzionalmente riconducibile all'alveo in cui era maturata la rapina alla Brink's. Dunque, poteva trattarsi di un coautore del fatto che non era stato soddisfatto appieno della quota parte di pagamento del provento della rapina o di una vendetta per un mancato aiuto, ma qualcosa che ci sembrava dovesse necessariamente trovare il suo fil rouge con il fatto omicidiario.
  Si è tentato di inquadrare quella serie di elementi, quantomeno come lettura del personaggio Chichiarelli, alla luce delle dichiarazioni che noi eravamo riusciti raccogliere e che erano di diverso spessore e di diverso contributo.
  C'era un coimputato del fatto, che venne arrestato in Canada e poi trasferito in Italia, che manifestò un suo intendimento di carattere collaborativo, ma il suo livello collaborativo si limitò essenzialmente a tratteggiare qual era la figura di Chichiarelli come dominus della gestione dell'operazione della rapina alla Brink's, i rapporti piuttosto tempestosi che lo legavano a sua moglie Chiara Zossolo e i rapporti che lo legavano alla sua fidanzata. Era un ménage à trois di difficile lettura, che lasciava intravedere una personalità piuttosto ambigua e piuttosto oscura della moglie, che svolgeva quasi una funzione maieutica nei confronti di Chichiarelli, lo prendeva un po’ come il suo figlioccio, lo governava e lo conduceva dove in realtà lei voleva che andasse.
  Pochissimo fu il contributo veramente esplicativo di Chiara Zossolo, se non qualche accenno sui fatti del falso comunicato e su collegamenti strani che Chichiarelli aveva con personaggi dei servizi. C’è da dire – apro un piccolissimo inciso, ma è un problema di esperienza professionale maturata sul campo in quegli anni – che il mondo dei falsari romani, ma soprattutto quello dei contraffattori di documenti, era fortemente intessuto di elementi di correlazione con ambienti dei servizi. Noi ipotizzammo che potesse essere quello un fil rouge che avrebbe potuto collegare Chichiarelli a certi ambienti dei servizi deviati, che già erano emersi essere stati in qualche modo collegati con ambienti della banda della Magliana. La mappa della situazione globale, quantomeno come punti di riferimento e spunti per possibili indagini, era sufficientemente tracciata e tracciabile.
  Altri aspetti riguardanti profili tecnici di accertamenti, quali quello sul documento n. 7, il problema della famosa testina rotante, gli elementi di collegamento tra Chichiarelli e quel famoso borsello, sono stati in qualche misura esplorati, ma non direttamente da noi, perché noi non avevamo una delega per rievocare tutta la vicenda del sequestro Moro e delle Brigate Rosse, giacché come ho detto l'elemento di Pag. 5ricongiunzione tra queste due realtà era rappresentato dal pubblico ministero dell'epoca, Domenico Sica, che si interessò molto alla prima fase investigativa, ma seguì meno gli ulteriori sviluppi, che erano di carattere tecnico-processuale. Noi dovevamo fare le nostre attività istruttorie e soprattutto anche cercare di ricostruire il quadro di dove erano finiti i 35 miliardi, perché ci interessava anche cercare di recuperare qualcosa. E una bella cifretta è stata recuperata.

  ENRICO BUEMI. E dove erano finiti ?

  ALBERTO MACCHIA. In una serie di rivoli infiniti. Quando il coautore materiale del fatto, un certo Germano La Chioma, venne arrestato, noi facemmo ovviamente subito indagini patrimoniali e venne fuori che un paio di giorni dopo la rapina alla Brink's, La Chioma – che era di Torino, se non ricordo male – aveva effettuato un deposito in contanti, per un ammontare spropositato per le sue possidenze, in una banca piemontese.
  Noi operammo subito il sequestro di quella somma e ci stupimmo delle doglianze manifestate dalla direzione della banca per il fatto che erano stati sequestrati quei fondi come provenienti da una rapina, quando, in realtà, il nostro stupore era dovuto al fatto che, venendo meno a tutte le normative che all'epoca già esistevano in materia di antiriciclaggio, non si era avvertita la necessità di informare nessuno a fronte di un versamento in contanti, da parte di un quisque de populo, di cifre particolarmente elevate.

  ENRICO BUEMI. Può essere più preciso circa la quantità di denaro e la banca ?

  ALBERTO MACCHIA. La banca – lo ricordo perfettamente – era la Banca Sella di Torino. Non ricordo chi fosse il direttore, né l'agenzia.

  PRESIDENTE. Il senatore Buemi non aveva dubbi su quale fosse la banca.

  ALBERTO MACCHIA. Lo ricordo, perché alcune cose ti restano in testa. Io mi seccai un po’ per la lettera piuttosto pepata che ci mandò il direttore della banca, che eravamo quasi intenzionati a mettere sotto processo. Il pubblico ministero non ritenne di esercitare l'azione penale. Noi eravamo giudici istruttori.

  ENRICO BUEMI. E quanto era l'importo ?

  ALBERTO MACCHIA. Era molto consistente. Adesso, non saprei dire con esattezza, ma dell'ordine di centinaia di milioni.

  PRESIDENTE. Per un nullafacente...

  ALBERTO MACCHIA. Nullafacente e soprattutto un quisque de populo bancariamente parlando; non il semplice nullafacente che ha un conto corrente, ma la persona completamente nuova, come conoscenza di clientela.

  PRESIDENTE. Che aveva scelto ad hoc la banca.

  ALBERTO MACCHIA. Non lo so. Comunque, il buon Germano La Chioma aveva la sua...

  ENRICO BUEMI. Questo nome non mi è nuovo. Io sono vecchio e piemontese, di Torino. La Chioma...

  ALBERTO MACCHIA. Germano – scusi il nome di battesimo, ma abbiamo passato talmente tante nottate insieme negli interrogatori, che per me era ormai diventato quasi un conoscente – aveva un trascorso...
  Anche questo, e scusi la leggerissima digressione, era un elemento che a me personalmente destava qualche stupore. È mai possibile – perché così emergeva dalle carte processuali – che un falsario abilissimo, capace di effettuare opere pittoriche di contraffazione di pittura moderna in modo tale da avere expertise di chiarissima fama che attestassero invece l'autenticità, Pag. 6passi da quel settore di criminalità, salvo qualche impiccetto di altro genere, a un'azione operativamente significativa e qualificante come una rapina attuata con le modalità esecutive con cui venne attuata la rapina alla Brink's ? Parliamo di una rapina effettuata con sequestro dei familiari e con accesso al caveau per il prelievo, quindi con necessità di copertura esterna, di elementi interni che poi abbiamo cercato di individuare, con un'architettura di un programma operativo che presupponeva l'esistenza di persone particolarmente esperte.
  Ora, se l'esperto poteva immaginarsi fosse Germano La Chioma, non ne aveva lo spessore, la storia, l'esperienza, la preparazione. Ci stupì quel salto di qualità improvviso della personalità di Chichiarelli che lo aveva indotto a immaginare anche una rapina di quel genere, perché effettuare una rapina direttamente nel caveau di una società di sicurezza... Peraltro, poi sono venute fuori strane storie sulla Brink's, ma lasciamo perdere tutte queste che sono appendici successive. Comunque sia, programmare l'azione non contro il classico furgone portavalori, secondo le logiche degli assalti fatti sempre in Italia, ma come diretto accesso al caveau della banca ci stupiva non poco.
  Quel «salto di qualità» ci sembrava lasciasse presupporre una logica non dico di eterogestione, ma quantomeno di forte suggestione dall'esterno di qualche mente che aveva programmato il tutto. Questo si saldava, nella nostra mente dell'epoca, con quel tipo di rivendicazione, perché voleva essere una rivendicazione «messaggio»; rivendicazione «messaggio-ringraziamento» o rivendicazione «messaggio-intimidazione»: «Attenti che io so tutto, non sgarrate e non fatemi nessun tipo di torto». Le chiavi di lettura sono variegate. Io posso soltanto ricordare lo stupore che ci prese.

  ENRICO BUEMI. Le vostre conclusioni ?

  ALBERTO MACCHIA. Le nostre conclusioni venivano avvalorate da quella serie di elementi «apparentemente misteriosi», ma tutti eterogestiti o eterogestibili, che ruotavano attorno a Chichiarelli. Chichiarelli era stato, se non ricordo male, addirittura fermato dalla polizia uscendo dall'ospedale San Camillo... Nel processo deve esserci. Ho memoria di Chichiarelli fermato dalla polizia all'uscita di un ospedale. Mi pare che fosse il San Camillo.
  All'uscita dell'ospedale venne trovato in possesso di una testina rotante.

  PRESIDENTE. Era il commissariato di Monteverde.

  ALBERTO MACCHIA. Esatto, il commissariato di Monteverde.
  La ragione del sequestro di una testina rotante detenuta da una persona sostanzialmente sconosciuta alle forze di polizia cosa lascia presupporre ? Che fosse «filato» in qualche modo che quella testina avesse un qualche significato. Facendo uno più uno, è ovvio che si arriva a due. Quella testina rotante a che cosa poteva essere ricollegata ?
  Visto che ci è stato detto quel particolare, non poteva che essere ricollegato a qualcosa di scritto con una testina rotante. Una macchina IBM, come si usavano all'epoca, con testina rotante era stata utilizzata per tutti i comunicati durante il sequestro Moro.
  Era quella la testina rotante utilizzata per la stesura del falso comunicato della Duchessa ? Non ricordo che quella testina rotante fosse poi venuta fuori. Quello che mi sembra di ricordare, ma potrei sbagliare perché sono passati trent'anni, è che nel borsello che, secondo la Zossolo, Chichiarelli aveva fatto trovare a bella posta nel taxi, e parliamo del 1979, se non ricordo male...

  PRESIDENTE. Sì.

  ALBERTO MACCHIA. Perché era subito o poco dopo l'omicidio di Pecorelli, che avvenne nel 1979. Ebbene, in quel borsello, se non ricordo male, oltre alle quattro schede, misteriosissime una più Pag. 7dell'altra, che sembrano quasi dei giocattolini di intellighenzia, mai in realtà interpretate a fondo, ma comunque tutte e quattro profondamente suggestive, c'era proprio una testina rotante, che però sicuramente non era stata utilizzata per la stesura del volantino relativo al Lago della Duchessa.

  ENRICO BUEMI. La testina del sequestro ?

  PRESIDENTE. La testina presente nel borsello.

  ALBERTO MACCHIA. Sì, presente nel borsello.

  ENRICO BUEMI. Ma quella, invece ?

  PRESIDENTE. Quella fu acquisita dal commissariato di polizia di Monteverde. Chiesero alla DIGOS di fare accertamenti e richiesero l'autorizzazione per poterla riconsegnare, da quanto mi pare di ricordare. Dopo quindici giorni fu riconsegnata a Chichiarelli, non so con quali indagini fatte. Infatti volevo sapere se...

  ENRICO BUEMI. Qualche riscontro, qualche perizia fatta...

  ALBERTO MACCHIA. Noi no, ma noi non avremmo avuto...

  PRESIDENTE. Era Sica che doveva fare le indagini.

  ALBERTO MACCHIA. Noi non avremmo avuto delega, quindi dovevamo stare anche attenti a non... La curiosità c'era tutta; ci sarebbe piaciuto avere risposte, soprattutto sull'elemento di riconducibilità tra il contenuto delle schede...
  Tutto doveva avere una chiave di lettura unitaria. Se il rinvenimento del borsello è stato effettuato nel 1979; se Chichiarelli era «sicuramente conosciuto», altrimenti non c'era ragione di prendere quella testina rotante e farne un accertamento e poi riconsegnargliela; se c'era quell'elemento di riconducibilità tra testina rotante, volantino del Lago della Duchessa e quattro schede, una delle quali riguardante Achille Gallucci, all'epoca procuratore della Repubblica a Roma, un'altra l'avvocato Prisco di Milano (c'erano delle strane cose), un'altra riguardante proprio il problema del sequestro Moro, con un'annotazione sotto «Sereno Freato»... Insomma, era tutto estremamente suggestivo. E poi il volantino di rivendicazione dell'omicidio Pecorelli.
  Possibile che quelle quattro schede, che a noi potevano dire cinquanta e a qualcun altro avrebbero potuto dire cento, fossero del tutto scoordinate nella loro logica di collegamento, visto che – questo me lo raccontò lo stesso Domenico Sica – quando venne fuori il borsello e quando venne fuori la scheda di Achille Gallucci, lo stesso Gallucci si spaventò molto, perché sulla scheda erano appuntate utenze telefoniche strettamente riservate, che nessun altro, se non un appartenente alle forze dell'ordine, avrebbe potuto conoscere ?
  All'epoca tutti eravamo in qualche misura protetti, schermati, blindati. Nessuno di noi aveva il numero di telefono sull'elenco telefonico, per ovvie ragioni di sicurezza. Quando veniva trovata una scheda presso i covi delle BR o nostre schede presso i covi di destra, noi andavamo subito a vedere il contenuto delle schede per sapere quanto consistente fosse il loro patrimonio informativo.
  Visto che c'erano quegli elementi, possibile che nessuno all'epoca avesse tracciato un quadro d'assieme ? Possibile che nessuno avesse visto e interpretato il volantino n. 7 in chiave di lettura con la persona di Chichiarelli, che già «traspariva» proprio a seguito dell'episodio del rinvenimento del comunicato sul Lago della Duchessa ? Ancora, possibile che nessuno avesse in qualche misura fatto un perimetro attorno alla figura di Chichiarelli per vedere se e in che misura avesse qualcosa a che vedere con l'omicidio di Pecorelli ?Pag. 8
  Erano tutti quesiti a largo spettro che noi ci ponevamo, ma sui quali più di tanto non potevamo investigare.

  PRESIDENTE. Rispetto agli altri punti che ho detto prima ha altre cose da dire o posso procedere io ? Approfondiamoli.
  Quale fu – ripeto anche cose che abbiamo detto, ma provo ad approfondire un po’ – il ruolo di Chichiarelli nella rapina alla Brink's ? In particolare, furono raccolti elementi e quali in ordine a possibili mandanti o agevolatori di siffatta rapina ?
  Sul punto Monastero scrive: «Il Lai ha fatto riferimento a talune confidenze ricevute sempre dal Chichiarelli circa il fatto che l'organizzatore del crimine era stato un personaggio del tutto insospettabile, dal quale lo stesso Chichiarelli diceva di dover prendere ordini».
  Sempre Monastero più avanti aggiunge: «Proprio sulla Brink's Securmark era stata rinvenuta una scheda informativa in via Prenestina 220 in uso a militanti della destra eversiva»...

  ALBERTO MACCHIA. Sì, la feci proprio io la perquisizione a via Prenestina.

  PRESIDENTE. ...«circostanza che, anche nell'ipotesi di una semplice coincidenza, contribuiva in qualche modo ad offuscare un quadro d'insieme che già di per sé mostrava contorni a dir poco indistinti».
  In riferimento alla rapina, furono oggetto di indagini ambienti istituzionali, in altre parole soggetti appartenenti ad organismi di intelligence italiani o stranieri ?

  ALBERTO MACCHIA. Dunque, gli elementi di cui noi disponevamo era come se fossero le tracce di Pollicino, che però si fermavano a un certo punto. Nessuno ci ha dato indicazioni, perché i discorsi di Lai sono anche discorsi che ha fatto la Zossolo, sono anche mezze parole che hanno pronunciato La Chioma e tanti altri soggetti, ciascuno dei quali ha evidentemente tratto il convincimento della impossibilità dell'autonomia gestionale dell'intero quadro dell'operazione da parte di Chichiarelli.
  Chichiarelli, nei confronti dei suoi correi diretti, quelli che perlomeno noi siamo riusciti a identificare, ha sicuramente svolto un ruolo di capo, di indiscusso capo. Tutti dipendevano per l'operazione della Brink's da Chichiarelli. Le voci relative all'autogestione da parte di Chichiarelli sono però inesistenti, nel senso che tutti sapevano ed erano convinti che dietro Chichiarelli ci fosse qualcuno, personaggi insospettabili, eccetera; la stessa Zossolo ha fatto riferimento a strani collegamenti con ambienti dei servizi. Ma indicazioni specifiche di quali servizi si trattasse, di chi fossero i personaggi, se quei personaggi siano emersi da un punto di vista di consistenza fisica, ecco tutto questo non è mai venuto fuori.
  Nessuno ha descritto una persona in carne ed ossa come mentore di Chichiarelli. Tant’è che noi avevamo addirittura formulato una sorta di ipotesi di lavoro, cioè che in realtà il vero fil rouge tra Chichiarelli e certi ambienti che ci sembrava fossero evidentemente riconducibili ad apparati istituzionali o comunque collegati ad apparati istituzionali, potesse essere non direttamente lo stesso Chichiarelli, ma la Zossolo, in quanto persona sicuramente di grande intelligenza, che ha saputo gestire bene il proprio uomo e che non si è creata scrupoli nel mantenere tranquillamente un ménage à trois, perché gliene veniva anche in tasca qualche cosa di consistente. Ma che ci sia stato un personaggio, il «mister X» in carne ed ossa evocato da qualcuno come suggeritore di Chichiarelli, questo non è mai trasparito.

  ENRICO BUEMI. Si può tornare indietro nella descrizione della Zossolo, raccontando la sua storia più remota ?

  ALBERTO MACCHIA. L'origine della Zossolo ? Non me la ricordo; non mi ricordo da dove era venuta fuori. Mi pare che disse che lo aveva conosciuto come una sorta di spiantatello che faceva il Pag. 9falsario e che aveva lei stessa in qualche misura intessuto...

  ENRICO BUEMI. Ma lei ?

  ALBERTO MACCHIA. Lei non so da dove nasce.

  GERO GRASSI. Le risulta che fosse stata lei a presentare Dal Bello a Chichiarelli ?

  ALBERTO MACCHIA. Mi pare di sì. Se non ricordo male sì, perché anche Dal Bello era un personaggio...

  PRESIDENTE. Ci arriviamo a Dal Bello. Finiamo questo primo punto.

  ENRICO BUEMI. Credo che sia importante capire se il regista o perlomeno l'amministratore delegato fosse lei o lui.

  PRESIDENTE. Mi sembra che quello che ha detto il dottor Macchia corrisponda a quello che ci ha detto il dottor Monastero, vale a dire che la sensazione chiara riguardava non solo il ringraziamento tramite rapina, ma anche il fatto che Chichiarelli non fosse colui che l'aveva organizzata. Però la sensazione non ha avuto mai un riscontro perché le mezze frasi non hanno mai dipinto né un ambito né un luogo né una...

  ENRICO BUEMI. Scusi, presidente, ma la dimensione psicologica, intellettuale, del personaggio fa capire che non poteva essere lui, mentre l'altro personaggio, cioè la moglie...

  ALBERTO MACCHIA. Dunque – queste sono solo mie opinioni – abbiamo letto e riletto il famoso volantino, la falsa rivendicazione del Lago della Duchessa. Lo abbiamo letto essenzialmente per cercare di capire se quello che, da un punto di vista lessicale, semantico, grammaticale, aveva formato oggetto del volantino potesse essere patrimonio dello stesso Chichiarelli o fosse stato qualcosa che aveva scritto sotto dettatura.
  Ci sembrò plausibile pensare che la stesura materiale del falso volantino potesse essere stata in qualche modo suggerita come contesto, ma che potesse essere frutto della sua penna, perché – perlomeno stando a quello che ci dicevano tanto la Zossolo che la Cirilli – Chichiarelli avrebbe vantato in passato collegamenti con ambienti autonomi, per cui un certo tipo di proprietà di linguaggio, di fraseologia poteva essergli stata indotta da questo tipo di frequentazione e di esperienze.
  Era sicuramente una persona furba e attrezzata sul piano anche dei rapporti con ambienti piuttosto delicati. Quello che colpì noi – però questa è un'impressione soggettiva – è che ci parve francamente molto singolare che quel volantino di rivendicazione contenente l'indicazione del Lago della Duchessa potesse essere stato preso sul serio, cioè fosse stato accreditato all'inizio di un livello di attendibilità che a noi francamente sembrava abbastanza singolare, non per il contenuto o la fraseologia, ma per come era confezionato, leggendolo, a fronte degli altri volantini che erano stati fatti trovare.
  Lo ripeto, non era quello il tema della nostra indagine, era però un tema che rifluiva sulla necessità di capire chi fosse Chichiarelli e se effettivamente, come ritenevamo abbastanza probabile, ci fosse stato qualcuno dietro di lui, perché quel qualcuno dietro di lui che poteva esserci stato per il comunicato n. 7 non poteva che essere lo stesso individuo o quanto meno lo stesso ambiente di provenienza della rapina alla Brink's; quindi, facendo un discorso di necessaria consequenzialità logica, il verosimile mandante o possibile coautore dello stesso omicidio di Chichiarelli. Tutto si reggeva secondo uno schema di sillogismo in cui dalla premessa maggiore non potevano che scaturire determinate conseguenze.
  Il nostro stupore sull'attendibilità data dalle istituzioni al falso comunicato relativo al Lago della Duchessa ci indusse a ritenere che si trattasse effettivamente di un'operazione gestita da mente diversa. Qualsiasi lettore – non necessariamente Pag. 10esperto – della fraseologia, della documentazione prodotta dalle Brigate Rosse fino all'epoca...
  Noi avevamo i precedenti comunicati e leggendoli...

  PRESIDENTE. Era un'ulteriore conferma. Era il secondo indizio che confermava l'eterodirezione di Chichiarelli.

  ALBERTO MACCHIA. Direi di sì, perché l'eterodirezione, da questo punto di vista, non poteva che essere riconducibile ad apparati istituzionali.

  ENRICO BUEMI. Un'operazione di accreditamento del falso ?

  ALBERTO MACCHIA. Certamente, ma di finto accreditamento. Noi leggemmo quella vicenda come una vicenda particolare. Perché si spostano tutti ? Perché tutti vanno a scandagliare il Lago della Duchessa in presenza di un comunicato del quale Sica ci diceva: «Che questo sia falso lo si vede dalla prova delle cento lire» ? Perché le cento lire ? Perché in tutti i volantini delle Brigate Rosse il cerchietto veniva fatto con le cento lire. Perché questo no ?

  PRESIDENTE. Però mi pare di capire che il suo ragionamento sia questo: l'indizio, pur non avendo mai nomi, cognomi o persone da seguire, era che come il ringraziamento era stato frutto di una eterodirezione nella guida, era frutto di una eterodirezione anche il volantino, in ragione del fatto che un falso era stato ritenuto da esperti una cosa che poteva essere credibile.

  ENRICO BUEMI. Non ritenuto, accreditato.

  ALBERTO MACCHIA. Esatto. La nostra idea era esattamente...

  ENRICO BUEMI. Ritenuto falso e accreditato per buono, mi pare di capire.

  PRESIDENTE. Le due eterodirezioni...

  ALBERTO MACCHIA. La nostra opinione era quella, che fosse stato creato ad hoc. Parliamoci chiaro, questa era un'opinione totalmente disancorata dalle carte processuali, ma che nasceva dalle carte processuali.

  PRESIDENTE. Anche Sica aveva la stessa opinione, ma la domanda è questa: è vero che nessuno aveva fatto nomi, ma chi aveva il potere di fare le indagini le fece poi per capire almeno l'ambito di chi aveva accreditato e poi successivamente eterodiretto la rapina ?

  ALBERTO MACCHIA. Questo non lo so.

  PRESIDENTE. Lo chiediamo a lei perché il de cuius è defunto, quindi diventa difficile poter sapere ciò che pensa.

  ALBERTO MACCHIA. Noi non potevamo indagare...

  PAOLO BOLOGNESI. Siccome non è che si possa dire chi c’è dietro la rapina, ma sapere chi aveva accreditato come buono il volantino, quello si poteva fare.

  PRESIDENTE. Comunque sia, Sica è defunto, il dottor Macchia e il dottor Monastero hanno disquisito su tale questione, ma erano giudici istruttori e non avevano potere di indagine, e non dipendeva da loro effettuare o meno accertamenti.
  Mi sembra che sia stato molto chiaro.

  ALBERTO MACCHIA. Io ho il vaghissimo ricordo che anche di questo avessimo parlato. Mi dispiace parlare di una persona defunta, che peraltro era un caro amico, ma ricordo che noi gli dicemmo: «Guarda, Mimmo, che questo documento del Lago Duchessa, per come è scritto...» Al di là della prova delle cento lire, Sica diceva che si vedeva chiaramente che il comunicato non proveniva dalle Brigate Rosse. Io gli dicevo: «Capisci bene che prende un significato del tutto diverso, perché, se al Lago della Duchessa ci vanno Pag. 11il procuratore della Repubblica, il capo della Polizia, il capo della squadra mobile, i palombari, allora diventa...»

  ENRICO BUEMI. Palombari... Io ricordo gli incursori o altro.

  ALBERTO MACCHIA. «Il volantino del Lago della Duchessa» – mi ricordo di avergli detto questo – «è chiaramente una prova di qualcosa di diverso. È la prova generale per vedere come si reagisce in presenza del comunicato che è morto Moro, per vedere come reagisce il Paese».
  Sica condivideva sostanzialmente quest'analisi. Che poi abbia fatto un ulteriore salto di qualità nell'attività investigativa per vedere come questa messa in scena fosse stata deliberata, da chi e come, questo francamente non...

  PRESIDENTE. Per riuscire a ricostruire i fatti a distanza di trent'anni: lei ha memoria di chi fossero in quel periodo i collaboratori del dottor Sica appartenenti alle forze dell'ordine ? Per vedere se ce ne fosse qualcuno che...

  ALBERTO MACCHIA. Collaboratori ? Sica non aveva alcun tipo di particolare... Conosceva un po’ tutti.

  PRESIDENTE. Non pubblici ministeri. Mi riferisco alle forze dell'ordine. Se aveva un carabiniere, un poliziotto, un questore...

  ALBERTO MACCHIA. Sica aveva rapporti molto stretti sempre... Questi non sono misteri.

  PRESIDENTE. È utilità pratica per noi, per poter cercare qualcuno.

  ALBERTO MACCHIA. Sica è sempre stato molto amico e molto intimo di tutti i comandanti del Nucleo traduzioni e scorte dei Carabinieri presso il Palazzo di Giustizia. All'epoca le traduzioni e le scorte non venivano gestite, come oggi, dall'amministrazione penitenziaria, ma c'era il Nucleo traduzioni e scorte dei Carabinieri. C'era il comandante del Nucleo traduzioni e scorte che era anche quello che svolgeva attività di sicurezza in riferimento al Palazzo di Giustizia. Era molto amico di Varisco. Quando fu ammazzato Varisco, ovviamente, ci dispiacemmo tutti, ma lui si dispiacque in modo particolare, perché aveva rapporti stretti con lui.
  Anche qui, guarda caso, su una delle schede c'era un riferimento a Pecorelli che doveva incontrare, se non mi ricordo male, un alto ufficiale dei Carabinieri a Piazza delle Cinque Lune. Noi ci domandammo se fosse possibile che avesse voluto, in qualche misura, attraverso questa scheda, collegare anche l'omicidio di Varisco in tutto quel contesto.
  Era anche molto amico di un colonnello, di cui non ricordo il nome, che venne nominato subito dopo Varisco. Qui lo dico e qui lo nego: è ovvio, ed è quasi «fisiologico» per l'epoca, che i comandanti dei Carabinieri che lavoravano al Palazzo di Giustizia non soltanto mantenessero buoni rapporti con gli uffici giudiziari inquirenti in genere, ma, in qualche misura doverosamente, avessero anche un loro ruolo informativo all'interno del Palazzo di Giustizia.

  ENRICO BUEMI. Sì, ma già allora venivano utilizzati gli ufficiali di polizia giudiziaria delegati.

  ALBERTO MACCHIA. Se c'era un rapporto...

  ENRICO BUEMI. Scusi, dottore, ma io non credo che su una vicenda di quel genere si potesse utilizzare soltanto una collaborazione di tipo amicale. Ci dovevano essere degli ufficiali preposti alle indagini.

  ALBERTO MACCHIA. Sica andava molto intuitu personae. Sica aveva rapporti personali con ufficiali e agenti di polizia giudiziaria. Lavorava con la squadra mobile, con determinate persone della squadra mobile, lavorava con la DIGOS, con Pag. 12determinate persone della DIGOS, e aveva rapporti particolari con alcuni ufficiali dell'Arma dei Carabinieri. Ovviamente, erano rapporti istituzionali, nulla di più. Aveva anche buone conoscenze nell'ambito dei servizi.

  ENRICO BUEMI. Mi fa un po’ specie, però, che non ci fosse un qualcosa di formale e coordinato.

  PRESIDENTE. Il motivo di tutte queste domande è semplicemente per vedere se sia sopravvissuto uno dei collaboratori di Sica per appurare se e quali indagini furono fatte.

  ALBERTO MACCHIA. Io non credo che ci fosse nessuno che sapesse quello che sapeva Sica, che avesse il panorama completo delle conoscenze di Mimmo Sica, che era un ottimo pubblico ministero ed era una persona «professionalmente curiosa», che voleva capire.

  ENRICO BUEMI. Presidente, questo però è un passaggio che, secondo me, rappresenta una chiave di accesso alla questione più complessiva. È evidente che in quelle occasioni ci fu un depistaggio voluto. Qui c’è qualche traccia di un filo logico che potrebbe essere ricostruito. Quindi, è fondamentale capire se fosse tutta farina del sacco di Sica, oppure se ci sia stata qualche «manina» che l'ha aiutato in quella direzione.

  PRESIDENTE. Noi possiamo vedere se nelle carte che stanno a Perugia risultano collaboratori stabili che hanno seguito questo.
  Tuttavia, se la nostra domanda è se Sica abbia approfondito l'ipotesi di un'eterodirezione di Chichiarelli, diventa anche difficile capire quale sia il fascicolo dal quale desumere chi ha fatto l'indagine.

  ENRICO BUEMI. È per quello che bisogna andare all'uomo e non al fascicolo.

  PRESIDENTE. Ho capito, però questi sono i ricordi.

  ALBERTO MACCHIA. Sica non ci comunicò mai nulla di specifico su sviluppi che fossero potuti, in qualche misura, emergere da questo punto di vista. Era molto incuriosito da quella rapina e da ciò che c'era dietro, per ovvie ragioni, ma non ci comunicò mai alcun tipo di...

  ENRICO BUEMI. Mi scusi, però, poiché mi pare di capire che Sica avesse chiaro che quello era un falso...

  ALBERTO MACCHIA. Direi di sì.

  ENRICO BUEMI. ...e invece c’è stato un accreditamento dell'informazione che è arrivata attraverso quel volantino, le ipotesi sono due: o c’è stata volutamente una scelta...

  ALBERTO MACCHIA. Sica rimase molto «abbottonato» da questo punto di vista.

  ENRICO BUEMI. ...oppure ci fu qualcuno che indusse il magistrato a orientarsi in quella direzione.

  ALBERTO MACCHIA. Con noi si sbilanciò solo con qualche piccola battutina a proposito della non particolare perspicuità investigativa e professionale di un pubblico ministero, ma più di tanto non...

  GERO GRASSI. Quale ?

  ALBERTO MACCHIA. Mi pare Infelisi, ma non vorrei dire una inesattezza. Così mi sembra di ricordare.

  GERO GRASSI. Al Lago della Duchessa ? No, guardi, Infelisi non ci andò. Andò Giovanni De Matteo, il procuratore capo della Repubblica. Infelisi dichiarò al giudice che non andò perché sapeva che il comunicato era falso.

Pag. 13

  ALBERTO MACCHIA. Non mi ricordo chi andò lì, ma Sica si espresse dicendo che...

  GERO GRASSI. Andarono Santillo, l'ingegner Elveno Pastorelli e De Matteo.

  ALBERTO MACCHIA. Di magistrati del pubblico ministero non so, tranne di De Matteo. Ce lo disse Sica che De Matteo era andato. Di altri magistrati non so. Sica disse che erano state fatte indagini non pregnanti e che emergeva la falsità del documento.

  PRESIDENTE. Il dottor Macchia ci sta dicendo che Sica affermò che gli accertamenti fatti tra il rinvenimento del volantino e il decollo dell'elicottero erano accertamenti superficiali. Chi ha fatto quegli accertamenti superficiali ? Stando alla ricostruzione che mi ricordo e di cui parla Grassi, Infelisi disse: «Questo comunicato non è autentico», ma De Matteo partì lo stesso.
  Ricordo bene ?

  GERO GRASSI. Mi permetto di correggerla un poco. Non è che Infelisi lo disse a De Matteo. Infelisi lo sapeva, ma non lo disse e, quando gli chiesero perché non lo disse a De Matteo, rispose che lui e il Procuratore De Matteo per 55 giorni non si erano mai parlati. Pertanto, De Matteo, invitato da Cossiga, andò al Lago della Duchessa.

  PRESIDENTE. Io ricordo che Infelisi, nel corso della sua audizione, ha rievocato la vicenda in modo diverso. Forse è meglio verificare rileggendo il resoconto stenografico.

  GERO GRASSI. Per la storia, nel 2004 Cossiga e Andreotti dichiareranno che avevano saputo che Moro non era morto e che il comunicato n. 7 delle Brigate Rosse era falso.

  PRESIDENTE. Questo è quello che hanno saputo poi. Siamo tutti contenti. Però, noi vorremmo conoscere chi lo sapeva allora. Infelisi l'avrà detto a Sica. Sta di fatto che Sica era convinto che le indagini fossero state fatte male. Qualcuno le avrà fatte, e non credo che sia stato De Matteo. Se non è Infelisi, troveremo chi le ha fatte.

  PAOLO BOLOGNESI. Potremmo sempre chiedere a Infelisi perché riteneva che il volantino fosse falso.

  PRESIDENTE. Credo che questo gliel'abbiamo chiesto.

  GERO GRASSI. È agli atti delle precedenti Commissioni di inchiesta. Infelisi riferisce alle precedenti Commissioni che lui sapeva che il comunicato era falso perché gliene aveva parlato chi aveva ideato l'operazione Lago della Duchessa, ossia Claudio Vitalone, il quale, interrogato anche lui, dice: «Sì, questa operazione l'ho studiata io finalizzandola a...».
  Dopodiché, sempre agli atti risulta chi ha realizzato il comunicato n. 7, ossia Chichiarelli, e, secondo gli atti della precedente Commissione, chi presumibilmente ha aiutato Chichiarelli a fare il comunicato n. 7, che è il colonnello Varisco. Amen ! In questa storia non so se entri o meno. Non lo so. Ho detto «amen» nel senso di «così sia», non come soprannome di un protagonista del caso Moro.

  PRESIDENTE. Solo per memoria, noi parliamo delle indagini fatte dal giudice istruttore, dal pubblico ministero, vent'anni prima di quando – con il senno di poi, o con le necessità del poi – taluni in Commissione stragi hanno dichiarato, al netto dei morti, degli scomparsi e degli «omicidiati» o «suicidati»...
  Questo per dirci le cose come stanno. Altrimenti sembra che qualche verità giudiziaria sia stata scritta. La Commissione stragi, a vent'anni da quando Sica e il giudice istruttore si occuparono di questa vicenda, acquisì una serie di dichiarazioni. Questo per precisione.

  GERO GRASSI. Presidente, lei ha perfettamente ragione, ma il mio «amen» era Pag. 14di un altro tipo. Non era «e così sia». Il mio «amen» era un esplicito, o implicito, riferimento al generale Dalla Chiesa, che era soprannominato «Amen».

  PRESIDENTE. Bene. Adesso, però, al netto di tutte le cose belle che conosciamo, ritorniamo ai fatti, altrimenti non ne usciamo. Queste sono le risposte che sono state fornite in Commissione stragi rispetto ai dubbi che voi avevate. Tuttavia, se Vitalone l'ha pensato e Varisco l'ha aiutato, resta sempre la domanda: perché, per conto di chi e per quali motivi ?
  Poiché sembra che ci sia una relazione, dalle parole che lei ha detto, tra il falso comunicato «accreditato» e il «ringraziamento» della rapina, occorre sempre sapere chi ha ideato e chi ha ringraziato. Diciamo che gli aggiustamenti in corso d'opera sono aggiustamenti più complicati.
  Io direi di fare qualche passo in avanti.

  ENRICO BUEMI. Vorrei fare una domanda sui soldi, perché sono importanti. Lei parla di circa 100 milioni depositati alla Banca Sella.

  ALBERTO MACCHIA. Ho detto qualche centinaio.

  ENRICO BUEMI. Rispetto ai 36 miliardi, però, c’è un po’ di differenza. Dove sono finiti gli altri ?

  ALBERTO MACCHIA. Alcuni li abbiamo recuperati.

  ENRICO BUEMI. Quanti ?

  ALBERTO MACCHIA. Non me lo ricordo.

  ENRICO BUEMI. Qual è l'ordine di grandezza ?

  ALBERTO MACCHIA. Non lo so. Qualche miliardo. Abbiamo recuperato qualche miliardo, tra conti correnti...

  ENRICO BUEMI. Dove ? In capo a chi ?

  ALBERTO MACCHIA. Chi se lo ricorda più ? Seguivamo filo filo i...

  ENRICO BUEMI. Se questa rapina è stata il pagamento di qualcosa, allora c’è una parte che sfugge.

  ALBERTO MACCHIA. Una parte consistente sfugge.

  ENRICO BUEMI. Se, invece, doveva servire per fare altro, o per fare quella cosa più altre...

  PRESIDENTE. Mi sembra di capire che ne abbiano recuperata solo una parte. Una parte consistente chi la doveva avere l'ha avuta.

  ALBERTO MACCHIA. Ricordo che La Chioma descrisse l'ammontare del bottino come qualche cosa di fisicamente imponente. Descrisse un tavolo gigantesco, ricoperto di banconote, titoli e varie cose. Quindi, la quantità monetaria era veramente notevole. Questa quantità monetaria poi ha preso tutta una serie di strade. Noi siamo andati appresso...

  PRESIDENTE. Una parte era destinata a essere ritrovata e una parte era destinata a...
  Io direi di andare avanti, altrimenti ci soffermiamo solo su questo. Fu apprezzata e comprovata la circostanza della presenza di Chichiarelli a Fiumicino in strutture del comprensorio aeroportuale ? In particolare, risultarono in tali occasioni incontri di Chichiarelli con agenti dei servizi ? Risultò che a Fiumicino in quel periodo operava un ufficiale del SISMI forse di nome Fattorini ?

  ALBERTO MACCHIA. No, non ricordo niente di questo genere.

  PRESIDENTE. E, quindi, tanto meno che questo signore potesse aver avuto rapporti con Chichiarelli. In generale, le dichiarazioni e i racconti secondo i quali Pag. 15Chichiarelli andava a Fiumicino a parlare con qualcuno che gli doveva dare ordini non hanno trovato alcun riscontro ?

  ALBERTO MACCHIA. Direi di no. Non mi pare che sia venuto fuori niente, ma, ripeto, con il beneficio dell'inventario, perché a mia memoria non... Mi sarebbe rimasto impresso qualcosa di questo genere.

  PRESIDENTE. L'autopsia sul cadavere di Chichiarelli venne effettuata ?

  ALBERTO MACCHIA. Direi sicuramente di sì. Nella fase delle indagini preliminari di Sica sicuramente. Penso proprio di sì. C'erano un omicidio e un tentato omicidio.

  PRESIDENTE. Se glielo chiedo è perché è un elemento...

  ALBERTO MACCHIA. Io ho fatto per tanti anni il pubblico ministero. È impossibile che in un omicidio non si faccia un'autopsia.

  ENRICO BUEMI. In quei tempi succedevano cose strane.

  ALBERTO MACCHIA. No, direi che è impossibile che per un omicidio non sia stata fatta un'autopsia. Sarei il primo a stupirmene.

  PRESIDENTE. Proveremo a rintracciarla.

  ALBERTO MACCHIA. Sicuramente c’è.

  GERO GRASSI. Lei ha detto: «Sarei il primo a stupirmi». Guardi, io sto qui da sei mesi e c’è da stupirsi di tutto e di più. Non c’è da stupirsi di niente.
  Lei sa, per esempio, di quel magistrato che riceve un'informativa dal capo della DIGOS e dal questore di Roma, nella quale gli dicono che un certo numero di proiettili di via Fani provengono da un deposito dell'Italia settentrionale le cui chiavi sono a disposizione di sei persone, e il magistrato non chiede né qual è il comune, né chi siano le sei persone ? Io non mi meraviglio più di niente.
  Chiederemo che il presidente verifichi l'esistenza dell'autopsia.

  ALBERTO MACCHIA. Mi pare molto strano che possa non essere stata fatta l'autopsia, sulla base di quello che avveniva sempre e comunque, anche perché, se c’è un omicidio realizzato con colpi di arma da fuoco, dev'essere necessariamente vista la compatibilità tra i bossoli – mi sembra che si trattasse di una semiautomatica – che possono essere stati trovati e i proiettili. Mi sembra impossibile che non sia stata eseguita l'autopsia.

  PRESIDENTE. Andiamo avanti. Quali esiti ebbero le investigazioni relative alle vicende del sequestro dell'imprenditore Rodrigo Betti e alla preparazione del sequestro di persona di Mohamed Treki ? Quali furono gli uffici di polizia che condussero quelle indagini ? I relativi esiti confluirono o furono comunque esaminati nell'ambito delle indagini che avete seguito lei e il dottor Monastero ?

  ALBERTO MACCHIA. Direi di no. Non furono acquisiti.

  PRESIDENTE. Quindi, non furono acquisiti né il sequestro, né la vicenda del libico.
  Come commenta il dottor Macchia la circostanza del ritrovamento, il 21 marzo 1979, di un borsello a bordo di un taxi nel quale vennero rinvenuti 9 proiettili calibro 7,65 NATO in dotazione alle forze dell'ordine, una pistola Beretta calibro 9...

  ALBERTO MACCHIA. 7,65 perché in dotazione alle forze dell'ordine ?

  PRESIDENTE. Calibro 7,65 NATO in dotazione alle forze dell'ordine.

  ALBERTO MACCHIA. 7,65 non è NATO. Sarà 7,62 NATO. 7,62 è il calibro NATO. 7,65 è la Beretta normale. Pag. 16
  Le armi di calibro 7,62 NATO non sono in dotazione alle forze dell'ordine. Sono militari.

  PRESIDENTE. Quindi, delle forze armate.

  ALBERTO MACCHIA. Non le hanno né Polizia, né Carabinieri.

  PRESIDENTE. ...una pistola Beretta calibro 9 con la matricola abrasa – Moro viene ucciso con 11 colpi, 10 della calibro 7,65 e uno di calibro 9 – fazzoletti di carta Paloma – che vennero usati per tamponare le ferite durante il trasporto nella Renault 4 del cadavere di Moro – alcuni messaggi in codice e indirizzi sottolineati, false schede segnaletiche brigatiste per la raccolta dati su personaggi politici, tra i quali Pietro Ingrao, medicinali e pacchetto di sigarette dello stesso tipo fumato da Moro.
  Siffatto episodio venne preso in considerazione durante le istruttorie, ma quale collegamento fu ipotizzato tra questa serie di circostanze ? Che idee vi siete fatti ? Di un ricatto palese, di un tentativo di ricatto ?

  ALBERTO MACCHIA. Di un ricatto palese.

  PRESIDENTE. Siete riusciti a ricollegare le cose o no ? Lei ha parlato di un ricatto palese, però...

  ALBERTO MACCHIA. No, perché ci mancavano i fondamentali. Noi non avevamo un patrimonio delle conoscenze sul caso Moro che fosse analiticamente ricomponibile alla luce di quel materiale. Anche il materiale che fu fatto trovare da Chichiarelli dopo la rapina richiamava il sequestro Moro. C'era la fotografia di Moro...

  PRESIDENTE. Ci arriviamo. Sulla vicenda del borsello voi aveste chiara l'idea che si trattasse di un ricatto, ma c’è qualcuno che poi ha approfondito i fatti per capire perché quelle cose, a voi ignote, fossero espressione di un ricatto, oppure no ?

  ALBERTO MACCHIA. Dovevano studiarlo le forze dell'ordine. Noi non potevamo studiarlo.

  PRESIDENTE. A voi almeno era venuto il dubbio. Noi vorremmo cercare di trovare qualcuno, delle forze dell'ordine che dicesse: «L'abbiamo studiato e avevamo pensato questo».

  ALBERTO MACCHIA. La chiave di lettura che uno può desumere da tutta quella serie di indizi è una serie di messaggi che provengono da una persona che dichiaratamente non ha niente a che vedere con le Brigate Rosse.
  Nessuna di quelle schede poteva essere plausibilmente riconducibile a un militante delle Brigate Rosse, anche di infimo livello, di infimo grado. Era troppo chiara e denotativa la distanza tra la scheda fatta trovare, che si vuole far trovare perché c’è scritto qualche cosa per cui chi la legge lo capisce, e la scheda informativa che predisponevano le Brigate Rosse sull'obiettivo preso di mira.

  PRESIDENTE. Sì, ma che cosa c'entravano i personaggi con gli oggetti ? Abbiamo capito che il sospetto a voi – a lei e a Monastero – è venuto, ma Sica, o chi per lui, si è applicato per capire perché ci mettevano i proiettili, i fazzoletti, le schede false, le schede vere ?

  ALBERTO MACCHIA. Sica sembrava particolarmente informato, come se avesse capito tutto, come se sapesse tutto. A noi non ha detto niente, ovviamente, ma sembrava lanciarci qualche tipo di messaggio.
  Per esempio, ci lanciò il messaggio che Gallucci si era particolarmente spaventato quando era venuta fuori la storia del borsello, con una serie di elementi palpabilmente «intimidatori». La finalità dell'intimidazione, il nesso di correlazione tra i singoli fatti intimidatori e la riconducibilità Pag. 17in capo a una persona o a un ambiente, però, ovviamente, ci sfuggivano. Che c'entra Ingrao con Pecorelli ? Che c'entra Pecorelli col fatto che deve andare a incontrare – me lo ricorderò sempre – a Piazza delle Cinque Lune un alto ufficiale dei Carabinieri, quando era da poco...

  PRESIDENTE. Questo noi l'abbiamo sviscerato e la pensiamo esattamente come lei, nei dubbi.
  Noi vorremmo cercare di capire a chi possiamo chiedere quali indagini siano state fatte. Dal marzo del 1979 in poi a qualcuno sarà venuto in mente di studiare quel borsello, per capire che cosa volesse dire.

  ALBERTO MACCHIA. Il borsello era patrimonio comune di tutte le forze di polizia e delle forze investigative di qualsiasi livello.

  PRESIDENTE. Non c’è dubbio. Noi volevamo capire perché...

  ENRICO BUEMI. A qualcuno di tutti coloro che si sono occupati della vicenda sarà venuta la curiosità.

  ALBERTO MACCHIA. Vuole la mia impressione ?

  ENRICO BUEMI. Sì.

  ALBERTO MACCHIA. La mia impressione è che sapessero tutti.

  ENRICO BUEMI. Cioè sapevano tutto quello che voleva dire quel borsello, con quelle concomitanze ?

  ALBERTO MACCHIA. Ma certo, è ovvio. L'aspetto intimidatorio è stato chiaro.

  PRESIDENTE. È stato raggiunto. L'intimidazione è stata raggiunta. Gli intimiditi...

  ENRICO BUEMI. I destinatari bisogna ancora trovarli.

  PRESIDENTE. No, gli intimiditi sono trapassati.

  ALBERTO MACCHIA. Noi ci siamo incaponiti. Con il buon Francesco Monastero io mi sono incaponito, da pubblico ministero, con interrogatori fiume, cercando di arrivare a ricostruire la realtà che ha preceduto, accompagnato e seguito l'omicidio Pecorelli. La mia idea personalissima era che, trovata la chiave di lettura dell'omicidio Pecorelli...

  PRESIDENTE. ...si sarebbe saputo anche chi l'aveva ammazzato.

  ALBERTO MACCHIA. È ovvio, ma di chi l'aveva ammazzato materialmente non mi importava niente, perché chi l'aveva ammazzato fisicamente, secondo me, apparteneva ad ambienti di estrema destra riconducibili alla banda della Magliana, nonostante siano stati tutti assolti. La matrice è quella.

  ENRICO BUEMI. Persino Piazza delle Cinque Lune ha qualche collegamento.

  ALBERTO MACCHIA. Comunque, l'ambiente era quello. Chiarito Pecorelli, si chiariva il borsello e si chiarivano...

  PRESIDENTE. La nostra domanda, su cui lei non ci può aiutare, perché non lo rammenta, ma forse non lo sa neanche, è un'altra. Quando un borsello è patrimonio di tutte le forze dell'ordine e l'unico magistrato che aveva la competenza è deceduto, se è patrimonio delle forze dell'ordine, è patrimonio di tutti e di nessuno. A noi interesserebbe scoprire... L'indagine l'ha fatta sicuramente il colonnello Varisco. A me, più che altro, sembra che il colonnello Varisco sia stato oggetto di attenzioni, se gli aggiustamenti successivi...
  Sarebbe utile sapere se della questione si è occupato il tal ufficiale. Se fosse vivo, parleremmo con lui. L'idea è che voi avete avuto i dubbi, avete provato a ricostruire, Pag. 18tutti sapevano, ma quelli che sapevano si sono ben guardati dal trasferire ciò che sapevano in atti giudiziari.

  ALBERTO MACCHIA. Assolutamente sì. Purtroppo è così, ma ripeto...

  PRESIDENTE. È la stessa cosa che sostanzialmente ha detto il dottor Monastero. Possiamo andare avanti.
  Quale orientamento ebbero le indagini – ripeto la stessa domanda, con qualche informazione in più – su una busta contenente un messaggio con gli originali di quattro schede riguardanti Ingrao e altri personaggi e le relative azioni che erano state programmate e previste, nonché una foto Polaroid dell'onorevole Moro, apparentemente scattata durante il sequestro ?
  È stato accertato che proprio Chichiarelli, dopo l'esame del borsello, fece ritrovare, le schede originali riguardanti Pietro Ingrao, Achille Gallucci e il giornalista Mino Pecorelli, che sarà ucciso.
  In un'altra scheda riguardante l'avvocato Prisco – l'originale non fu mai consegnato da Chichiarelli – si parlava di un gruppo Mauro. Venne mai valutato da voi, nel corso delle indagini, questo gruppo Mauro ?.
  Aggiungo qualche altro dato: l'onorevole Cipriani...

  ALBERTO MACCHIA. Quel tipo di investigazione non poteva che...

  PRESIDENTE. ...essere fatto da Sica.

  ALBERTO MACCHIA. Per forza.

  PRESIDENTE. Io non discuto di questo. Ampliando i filoni, pensavo che le venisse in mente qualcun altro.

  ALBERTO MACCHIA. Io mi incaponii su un termine che non avevo mai sentito prima. In una delle schede si diceva: «Bisogna utilizzare il “Daiser”», o una cosa di questo genere. All'epoca non c'erano neanche internet e Google, figuriamoci. Era un termine che non voleva dire niente.
  Io sono sicuro che anche questa fraseologia del gruppo Mauro, o della colonna Mauro sia tutta inventata di sana pianta da Chichiarelli, avendo sempre la stessa funzione, ossia di far capire la non autenticità del documento. Nessun brigatista farebbe una cosa di questo genere, né un brigatista rosso, né un brigatista nero.
  Quanto alla perquisizione, quello era un aspetto che in qualche misura all'inizio ci turbò un po’. Noi cercavamo anche di capire, ma se l'operazione...

  PRESIDENTE. Che c'entrava l'estrema destra con la vicenda della Brink's e con quella di via Prenestina 220 ?

  ALBERTO MACCHIA. Stavo arrivando a questo. Noi avevamo maturato il convincimento che la rapina non potesse essere tutta farina del sacco di Chichiarelli. Questo era abbastanza evidente, non dico sin dalle prime battute, ma abbastanza presto. Se si trattava di un'operazione eterogestita, lasciamo perdere da chi, in quale contesto e con quali finalità, è difficile immaginare che anche l'obiettivo potesse essere frutto di una casualità.
  In qualche misura, quindi, ci sentimmo autorizzati a chiederci: perché la Brink's ? Perché era il deposito più facile ? Perché c'erano un sacco di soldi ? Oppure la Brink's aveva un suo significato ? Veniva in discorso quella scheda informativa che era stata trovata in via Prenestina.
  A cosa mi riferisco menzionando via Prenestina ? Immagino che l'abbiate già accertato. È una realtà particolarissima. In via Prenestina fu trovato un garage, gestito da un certo Egidio Giuliani – diventato molto famoso recentemente – che è l'autore di un omicidio commesso poco tempo fa in collegamento con la vicenda di Carminati e di Mokbel.
  Lasciamo perdere che cos'era la destra eversiva di quegli anni e che cosa sono diventati.
  Egidio Giuliani era...

  ENRICO BUEMI. Mi faccia fare questa domanda, presidente: La Chioma è lo Pag. 19stesso della destra eversiva torinese di quegli anni ?

  ALBERTO MACCHIA. Direi di no.

  ENRICO BUEMI. C’è un La Chioma.

  ALBERTO MACCHIA. Sì, ma non è niente di significativo. Dal Piemonte di estrema destra sono venuti un certo Stroppiana e un altro, che ruotavano attorno...

  ENRICO BUEMI. Stroppiana è l'armaiolo ?

  ALBERTO MACCHIA. Sì. È proprio lui, lo interrogai io. Poi è diventato l'armaiolo ed è accusato anche dell'omicidio....

  PRESIDENTE. Noi possiamo inviare un quesito scritto al dottor Macchia, se lei indaga bene il La Chioma dell'eversione.

  ALBERTO MACCHIA. Quello che era importante del garage gestito da Egidio Giuliani, dove trovammo una grande quantità di armi e di documentazione, è che, facendo come al solito eravamo abituati a fare, ciliegina per ciliegina, venne fuori il primo – e storicamente unico in Italia – momento di collegamento effettivo, funzionale e operativo fra elementi dell'estrema destra e gruppi non soltanto dell'Autonomia, ma addirittura anche elementi direttamente riconducibili alle Brigate Rosse, tant’è che nel corso delle indagini...

  PRESIDENTE. Come accadde questo ?

  ALBERTO MACCHIA. Tutto nacque dalla storia delle spartizioni di armi. Noi trovammo moltissime armi lì. Trovammo anche tutte armi che erano riconducibili ad ambienti vecchi della destra, addirittura dei gruppi signorelliani di Tivoli, di Aleandri, del Movimento rivoluzionario popolare. C'era un vecchissimo mitra, particolarissimo, una specie di tubo, siglato OSS, con riferimento ai servizi segreti dell'ultima guerra mondiale. Era un residuato bellico, ma era significativo.

  PRESIDENTE. Come avete tirato fuori la connessione con le BR ?

  ALBERTO MACCHIA. La connessione con le BR venne fuori in modo estremamente piano, attraverso lo scambio delle armi e la partecipazione a rapine.

  PRESIDENTE. Le facevano in società.

  ALBERTO MACCHIA. Le facevano in società. Poi si spartivano il tutto. Si spartivano le armi e cogestivano le varie operazioni, tant’è che, ricostruendo la catena delle varie rapine fatte e dei nuovi sopravvenuti, perché qualcuno si pentiva e chiamava in correità, a un certo punto noi ci siamo fermati e abbiamo coinvolto Sica e Priore, perché ci eravamo proprio imbattuti direttamente nelle Brigate Rosse.

  PRESIDENTE. Perché io, per esempio, non ho memoria di questo prosieguo di indagine ?

  ALBERTO MACCHIA. Questo è un filone a parte.

  PRESIDENTE. Che fine ha fatto, però ?

  ALBERTO MACCHIA. È rimasto sempre separato ed è stato gestito da Priore e Imposimato.

  PRESIDENTE. Com’è finito ?

  ALBERTO MACCHIA. È finito con le condanne per le rapine fatte come Brigate Rosse. È finito nei filoni processuali delle Brigate Rosse, con riferimento a questa tranche, non alla tranche di quelli neri, che sono stati giudicati e condannati.

  PRESIDENTE. Quindi, non le è venuto in mente di fare le cose insieme, di cercare di capire su cosa si basasse la trasversalità ?

  ALBERTO MACCHIA. La trasversalità la verificammo come una strategia tipica del gruppo di Giuliani e del gruppo «Costruiamo l'azione».

Pag. 20

  ENRICO BUEMI. Venne fuori, a livello di cronaca, un interesse comune ?

  ALBERTO MACCHIA. Era il Movimento del ’77. Questo c'entra poco con la Brink's, se non nei limiti in cui c'era questo strano documento che riguardava la Brink's nel covo di via Prenestina.
  Il gruppo di Giuliani era collegato con l'MRP, fondato da Calore, ormai morto, e da Aleandri. Per incidens, Aleandri è quello che incontrava Gelli da ragazzino, insieme a De Felice, all'Hotel Excelsior. Vennero fuori strane commistioni, strane realtà.
  Fu deciso nel mondo ribellistico dell'estrema destra e dell'estrema sinistra del 1977 di evitare di spararsi in faccia continuamente. All'epoca le uccisioni a Roma tra destra e sinistra erano più o meno all'ordine del giorno.

  PRESIDENTE. Trovarono una sintesi sui soldi.

  ALBERTO MACCHIA. No, trovarono una sintesi in quella logica di movimentismo, che doveva evitare qualsiasi tipo di etichettatura. Tuttavia, il progetto al quale Giuliani partecipava, anche a livello operativo...

  PRESIDENTE. Giuliani era del MRP ?

  ALBERTO MACCHIA. Diciamo che era vicino all'area del cosiddetto Movimento rivoluzionario popolare.
  Il progetto abortì nello stesso anno, per logiche interne e dissidi, perché non si voleva mai andare più in là di qualche azione in comune. Il mito della destra e il mito della sinistra restavano terreni incomunicabili.

  PRESIDENTE. Che ci stava a fare quella scheda della banca lì ?

  ALBERTO MACCHIA. Non lo so. È un dato che non siamo riusciti a capire. Era un elemento suggestivo.

  PRESIDENTE. Era due anni prima...

  ALBERTO MACCHIA. Certo. Era una realtà strana. Al limite, poteva essere un obiettivo già all'epoca immaginare di fare qualche azione di rapina per autofinanziamento.

  PRESIDENTE. Il giro della Magliana torna spesso. Tra Giuliani e il giro della Magliana la distanza era pressoché inesistente.

  ALBERTO MACCHIA. Giuliani non era proprio un elemento coeso con la banda della Magliana. Da questo punto di vista era un po’ etereo, come specificità di riferimento. La banda della Magliana era penetrata dai vari Carminati e anche dai Fioravanti, più da Cristiano Fioravanti che da Valerio Fioravanti.

  PRESIDENTE. Andiamo avanti. Continuo a parlare del gruppo Mauro perché l'onorevole Cipriani in Commissione stragi nel 1992 dice testualmente: «Anche nel documento della registrazione che il SISDE ha fatto avere ai magistrati si parla del gruppo Mauro, che operava nella zona di Fiumicino. In sostanza, emerge il famoso elemento di cui si è sempre parlato, ossia come la gestione del rapimento Moro abbia avuto due fasi». È sempre Cipriani che parla, portando a fondamento, secondo lui, quel documento del SISDE. «La seconda fase è confluita nel ruolo giocato dalla banda della Magliana, all'interno della quale conosciamo la parte che hanno sempre svolto i servizi segreti e la mafia», dice Cipriani.
  Il documento del SISDE richiamato dal parlamentare voi non l'avete mai visto ?

  ALBERTO MACCHIA. Mai.

  PRESIDENTE. Quindi, quelli che sapevano del borsello avranno saputo anche del documento del SISDE e non c’è stato alcun seguito, né stralcio di indagine. Cercheremo di acquisire quel documento del SISDE, se lo troviamo.
  Nel saggio intitolato «Pierluigi Ravasio» – è sempre Cipriani che ha scritto e ha domandato tanto – come ricompensa Pag. 21per il rapimento e la gestione del caso Moro, raccontò Ravasio, il SISMI consentì alla banda della Magliana di compiere alcune rapine impunemente, e ne fa l'elenco. «Una avvenne nell'81 all'aeroporto di Ciampino, quando i malavitosi, travestiti da personale dell'aeroporto, sottrassero da un aereo una valigetta contenente diamanti provenienti dal Sud Africa». Sembra che qui Cipriani teorizzi che fossero d'accordo a farsi rubare i diamanti, come gli altri furono d'accordo a farsi rubare 35 miliardi.
  «Una seconda avvenne» – la terza, ovviamente, è quella della Brink's Securmark – «nei pressi di Montecitorio dove furono aperte molte cassette di sicurezza e da alcune, appartenenti a parlamentari, furono sottratti i documenti che interessavano il SISMI».

  ALBERTO MACCHIA. Qui si è ipotizzato anche che alla Brink's ci potessero essere... ma non è venuto fuori niente.

  PRESIDENTE. Fatemi finire la domanda.
  Due rapine pro Magliana e una rapina pro non si sa bene chi: lei ha mai sentito parlare di questi episodi ? Sa se sono mai state effettuate indagini al riguardo ?

  ALBERTO MACCHIA. Ricordo notizie di stampa che riguardavano la rapina ai danni dei parlamentari. Ne ho un vago ricordo, ma di stampa.

  PRESIDENTE. Sarà stato sempre Sica, anche qui.

  ALBERTO MACCHIA. Non glielo so dire. Non ci sono stati morti, vero ?

  PRESIDENTE. Se erano consenzienti, credo che al massimo si sdraiassero per terra.

  ALBERTO MACCHIA. Si è sempre molto favoleggiato di rapine pilotate dai servizi, come quella a Piazzale Clodio.

  PRESIDENTE. Andiamo avanti. Quali accertamenti vennero svolti nei confronti di Luciano Dal Bello nel corso delle varie istruttorie ?

  ALBERTO MACCHIA. Questa istruttoria fu l'unica, che io sappia, sul Dal Bello. Dal Bello è emerso come un elemento di contorno della vicenda.

  PRESIDENTE. Questo ce lo chiarisca bene, perché ci interessa molto.

  ALBERTO MACCHIA. È un personaggio al quale Sica dedicò molta attenzione. Sica manifestava l'opinione che avesse dei collegamenti qualificati con determinati ambienti. Non so da dove desumesse queste...

  ENRICO BUEMI. Quali ambienti ?

  ALBERTO MACCHIA. Che fosse vicino ad ambienti dei servizi. Da dove lo desumesse...

  PRESIDENTE. ...non è dato saperlo.

  ALBERTO MACCHIA. Non è dato saperlo.
  Dal Bello è stato molto sfuggente, molto poco collaborativo, molto abbottonato su determinati tipi di schemi di difesa e facilitato anche dal fatto che non è che emergesse come un possibile coautore. Emergeva come persona che aveva utilizzato quella rapina per ottenere parecchi soldi.
  Aveva sicuramente avuto per le mani anche della documentazione, perché, se non ricordo male, aveva fatto una specie di tramezzo nel quale aveva nascosto dei documenti che poi aveva eliminato. Non si era mai chiarito bene di che tipo di documenti si trattasse. Tuttavia, non era emerso come possibile mentore, come il signor X.

  PRESIDENTE. Come vi era venuta l'idea che la Zossolo potesse essere la persona che aveva i contatti con i servizi ? A voi non era venuta l'idea, mentre a Sica Pag. 22sì, che Dal Bello potesse avere gli stessi contatti. Sica, quindi, escludeva la Zossolo e pensava al Dal Bello ?

  ALBERTO MACCHIA. Sì.

  PRESIDENTE. Voi, invece, pensavate che la Zossolo fosse più intelligente rispetto al Dal Bello.
  Onorevole Grassi, aveva domande sul Dal Bello ?

  GERO GRASSI. Mi ha risposto. Avevo chiesto se Dal Bello fosse stato presentato a Chichiarelli dalla Zossolo e il dottor Macchia ha detto di sì.

  ALBERTO MACCHIA. Mi pare di ricordare di sì. Mi pare di ricordare che l'origine dei rapporti fosse quella. Che ci fosse una sorta di storia tra la Zossolo e il Dal Bello, questo sì. Non una storia di legame affettivo, ma una storia di rapporti tra di loro.

  GERO GRASSI. Diciamola tutta: entrambi venivano dalla destra eversiva.

  ALBERTO MACCHIA. Questo non lo so.

  GERO GRASSI. Non le risulta ?

  ALBERTO MACCHIA. Direi di no. Non mi ricordo. Perlomeno non ho memoria di una cosa di questo genere.

  PRESIDENTE. Lei ne ha memoria, collega Grassi ? Ci risolve un problema. Se lei ha memoria che la Zossolo apparteneva all'MRP, ci risolve un problema.

  ENRICO BUEMI. Bisogna capire gli antefatti.

  GERO GRASSI. Frequentavano ambienti dell'estrema destra a Roma.

  PRESIDENTE. Da che cosa lo desume ?

  GERO GRASSI. Non lo desumo. È scritto nella documentazione. Da dove dovrei desumerlo io ? È difficile che io possa desumere una cosa del genere.

  PRESIDENTE. Avete mai avuto la sensazione di una partecipazione di Chichiarelli all'omicidio Pecorelli, o si trattava di una speculazione ?

  ALBERTO MACCHIA. Non c'era assolutamente niente che riconducesse a Chichiarelli come killer. Nulla. Io non ho mai registrato voci, tranne quelle forme di millanterie o di chiacchiere che giravano su Chichiarelli.
  Chichiarelli, proprio perché era morto e non poteva smentire né accreditare niente, veniva indicato come possibile autore di omicidi. Aveva fatto sparire qualcuno in una fantomatica città morta che andammo a cercare con i Carabinieri, perquisendo dappertutto. Non c'era traccia di niente. Che possa essere stato autore di qualche omicidio è possibile.

  PRESIDENTE. Con riferimento agli esiti degli accertamenti nell'abitazione di Chichiarelli dopo l'omicidio e, in particolare, alla repertazione di frammenti di foto Polaroid riferibili alla prigionia di Moro, sa che indagini furono svolte e se furono fatti confronti o raffronti ?

  ALBERTO MACCHIA. Che io sappia, Sica non ne fece. Peraltro, se sono fotografie Polaroid, è difficile fare...
  È un po’ come per i processi di fusione a cera persa. Ogni fotografia è a sé stante.

  PRESIDENTE. Come ultima cosa, da Biondo e Veneziani, Il falsario di Stato, leggo una parte per capire se ve ne sia traccia nelle inchieste o se si tratti di un'intuizione di Biondo e Veneziani: «C’è una persona che in quelle ore drammatiche conserva la sua proverbiale freddezza. Il giorno prima ha ricevuto un'informazione precisa su quanto stava per accadere: “Un brigatista ci informò telefonicamente e ci disse che il giorno seguente sarebbe uscito un comunicato e che non ci Pag. 23saremmo dovuti spaventare”. Questa persona è il Presidente del Consiglio in carica, Giulio Andreotti».
  Agli atti dell'inchiesta su Chichiarelli è riportata questa circostanza, o anche questa è – come le dichiarazioni precedenti – ex post, scritte, ma mai...

  ALBERTO MACCHIA. No, assolutamente.

  GERO GRASSI. È nel processo Pecorelli.

  ALBERTO MACCHIA. Nel processo Pecorelli di Perugia ?

  GERO GRASSI. Sì.

  PRESIDENTE. Ci sono tre elementi. C’è un brigatista – non sappiamo chi sia – e non sappiamo chi riferisce. Con tutto il rispetto per il fatto che è agli atti del processo Pecorelli...

  ALBERTO MACCHIA. Come quadro d'assieme, per quello che ha riguardato il nostro processo e la nostra indagine, in termini di contribuzioni di chiarificazione che siano venute dall'esterno noi non abbiamo avuto niente, proprio nulla di nulla. Che questo sia dipeso dalle nostre carenze investigative o da carenze di impulso da parte del pubblico ministero non lo posso né affermare, né smentire.

  PRESIDENTE. Lasciamo il giudizio alla storia e a noi, se ci verrà offerta, l'opportunità di poterlo verificare.

  ALBERTO MACCHIA. Noi abbiamo cercato di mantenerci in un alveo di tipo squisitamente processuale.

  PRESIDENTE. Bene. Io ho finito. Ci sono altre domande ?

  GERO GRASSI. Io ho una domanda. Lei ricorda il ruolo del capitano Corsini in quell'indagine ?

  PRESIDENTE. Corsetti.

  GERO GRASSI. Corsetti, chiedo scusa.

  ALBERTO MACCHIA. Sì. È stata una persona molto attenta. Ci è venuta dietro pezzetto per pezzetto e ha portato un validissimo contributo. Più di tanto non poteva neanche lui, credo, arrivare ad accertare. Il capitano Corsetti partì, se ne andò in Canada, riportò Germano La Chioma in Italia ed era sempre presente ai nostri interrogatori. Tutti gli interrogatori significativi noi li abbiamo fatti proprio a Via in Selci, negli uffici dei Carabinieri, perché c'era Germano La Chioma che era detenuto e, quindi, i primi interrogatori li abbiamo fatti tutti là.

  PRESIDENTE. Corsetti era collaboratore vostro e non di Sica.

  ALBERTO MACCHIA. Era nostro.

  ENRICO BUEMI. Signor presidente, io tornerei sui collaboratori di Sica. Voi avevate il vostro collaboratore, uno o più di uno. Il dottor Sica, invece ?

  ALBERTO MACCHIA. Io non ho mai saputo di collaboratori di Sica.

  ENRICO BUEMI. Con riferimento a uno dei più importanti pubblici ministeri di quel periodo non si riesce ad avere notizia dei suoi collaboratori, di quelli permanenti ?

  ALBERTO MACCHIA. Sica aveva rapporti con tutti. Non aveva un collaboratore specifico. Le sue indagini le faceva un po’ con tutte le forze di polizia.

  PRESIDENTE. Ha una sua logica questa modalità.

  ENRICO BUEMI. Sì, ma quale ?

  PRESIDENTE. Io faccio il presidente della Commissione. In senso astratto, però, credo che abbia una sua logica, perché, se loro avevano il capitano Corsetti...

Pag. 24

  ALBERTO MACCHIA. Era la sua personalità. Era il suo modo di condurre le cose.

  ENRICO BUEMI. Io non dovrei parlare male dei morti, ma il sospetto mi viene.

  ALBERTO MACCHIA. È un metodo.

  ENRICO BUEMI. Può essere un metodo per ottenere due risultati diversi: uno di essere l'accentratore di...

  PRESIDENTE. Mi sembra che anche su questo il dottor Macchia prima abbia detto che rispetto all'ufficio del pubblico ministero non ha elementi né per pensar male, né per pensar bene.

  ENRICO BUEMI. Non ha avuto neanche contributi.

  PRESIDENTE. Ha detto che contributi esterni non ci sono stati. Più chiaro di così....
  Se non c’è altro, ringrazio il dottor Macchia e dichiaro conclusa l'audizione (*).

  La seduta termina alle 22.15.

(*) Con nota del 10 settembre 2015, il dottor Alberto Macchia, in risposta ai quesiti trasmessigli per iscritto successivamente all'audizione, ha comunicato: «Non dispongo di ulteriori elementi per fornire adeguata risposta ai quesiti che mi sono stati formulati».