XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 11 di Giovedì 19 marzo 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Pelillo Michele , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2013/36/UE che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto concerne l'accesso all'attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento. Modifiche al decreto legislativo 1o settembre 1993, n.385, e al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58 (atto n.147) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Pelillo Michele , Presidente ... 3 
Pitruzzella Giovanni , Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 3 
Pelillo Michele , Presidente ... 6 
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 6 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 7 
Pitruzzella Giovanni , Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 8 
Causi Marco (PD)  ... 9 
Pitruzzella Giovanni , Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 9 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 9 
Pitruzzella Giovanni , Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 9 
Pesco Daniele (M5S)  ... 9 
Pitruzzella Giovanni , Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 9 
Pelillo Michele , Presidente ... 10 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal professor Giovanni Pitruzzella ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MICHELE PELILLO

  La seduta comincia alle 14.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2013/36/UE che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto concerne l'accesso all'attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento. Modifiche al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Atto n. 147).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2013/36/UE che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto concerne l'accesso all'attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento. Modifiche al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Atto n. 147).
  Diamo il benvenuto al professor Pitruzzella, presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, all'avvocato Arena, capo di gabinetto, e al dottor Valentini, portavoce dell'Autorità.
  Do subito la parola al presidente Pitruzzella per la sua relazione, alla quale seguiranno gli interventi da parte dei deputati.

  GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Ringrazio lei, presidente, e i componenti della Commissione. Come ho detto le altre volte che ci siamo incontrati, l'Autorità è sempre a disposizione del Parlamento. Credo, infatti, che si tratti di un rapporto importante.
  Lo schema di decreto legislativo va a modificare numerosi articoli del Testo unico bancario (TUB) e del Testo unico della finanza (TUF), nella prospettiva di un adeguamento dell'ordinamento ai principi contenuti nella direttiva comunitaria. Il contributo che, in questa sede, l'Autorità Antitrust può offrire riguarda fondamentalmente la lettura di alcune di queste norme, soprattutto quelle che prevedono sanzioni, alla luce dell'esperienza che l'Autorità ha maturato, essendo un'istituzione che opera nell’enforcement del diritto alla concorrenza, applicando le sanzioni in funzione deterrente.
  Alcune prime considerazioni da fare riguardano la riforma dei requisiti degli esponenti aziendali e dei partecipanti al capitale. Questo aspetto riguarda non soltanto il settore bancario e creditizio, ma anche gli enti operanti nel settore finanziario. I requisiti dovranno essere integrati Pag. 4con un decreto da emanare da parte del MEF.
  Certamente, nell'impostazione dello schema di decreto legislativo, completata con ulteriori previsioni, l'introduzione di più stringenti requisiti per la partecipazione al capitale e per l'assunzione di funzioni gestionali e decisionali nelle imprese che operano in questo delicato settore punta a un sistema diretto ad assicurare competenza, correttezza, trasparenza e legalità.
  Nello stesso quadro possiamo inserire il potere delle autorità di vigilanza, che viene rafforzato, per esempio, con riferimento al potere di removal di uno o più esponenti aziendali al ricorrere di gravi violazioni e irregolarità, o alla limitazione all'acquisto di partecipazioni rilevanti nelle banche per motivi reputazionali.
  Altrettanto significativa è l'introduzione dell'obbligo per le banche di dotarsi di specifiche procedure interne per la segnalazione di eventuali violazioni normative da parte del personale o, ancora, la previsione dell'obbligo di astensione dei soci amministratori nelle delibere in cui si trovino in conflitto di interessi per conto proprio o di terzi.
  A questo riguardo, nelle segnalazioni che ha inviato al Parlamento, l'Autorità Antitrust ha sempre sottolineato l'importanza delle normative in materia di conflitto di interessi. In questo specifico settore è particolarmente significativo il fatto che si sia passati dal vigente obbligo dell'amministratore di dare notizia al board alla precisa individuazione di un obbligo di astensione e alla previsione di sanzioni.
  Nella stessa direzione vanno le norme che vietano il cumulo di incarichi per gli esponenti delle banche in base a un principio, ormai, peraltro, presente nel diritto bancario, ma anche nel diritto commerciale italiano, per cui chi svolge compiti di amministratore deve dedicare del tempo a questa funzione; non si tratta, quindi, di una sine cura o di una rendita, bensì di un'attività a cui bisogna dedicare impegno.
  In questa sede, vorrei sottolineare come questa normativa non sostituisca e quindi non escluda l'applicazione di quella sul divieto di interlocking directorate, introdotto con l'articolo 36 del decreto-legge n. 201 del 2011, diretto a impedire che ci siano partecipazioni personali incrociate tra imprese concorrenti. Questa norma ha una ratio diversa, diretta a tutelare la concorrenza, mentre la ratio della disposizione contenuta nello schema di decreto legislativo in esame è quella di evitare un cumulo che impedisca di dedicare allo svolgimento delle attività il tempo dovuto.
  Si tratta di disposizioni che valutiamo positivamente. D'altra parte, esse riprendono le indicazioni date da tempo dall'Antitrust e si muovono nell'ottica di un recepimento di principi europei.
  Vorrei, invece, soffermare maggiormente la mia attenzione sulle novità introdotte al sistema di sanzioni previsto dal Testo unico bancario e dal Testo unico della finanza.
  Il primo dato significativo è il passaggio da un sistema in cui il destinatario delle sanzioni era la persona fisica a un sistema in cui il destinatario delle sanzioni è l'ente, cioè la persona giuridica alla quale è ascrivibile l'illecito. Quindi, mentre nell'attuale sistema la sanzione viene irrogata agli esponenti aziendali, attraverso l'ingiunzione di pagamento all'ente di appartenenza, sul quale poi grava l'obbligo di rivalsa nei confronti della persona fisica responsabile, con questa normativa il sistema è molto più chiaro, semplice e lineare, e prevede la possibilità di irrogare effettivamente la sanzione e, soprattutto, di ottenerne il pagamento.
  Vorrei osservare come tale sistema ponga questa normativa in linea con quella vigente in materia di repressione degli illeciti antitrust. Infatti, nel caso della repressione degli illeciti antitrust, la sanzione, almeno nell'ordinamento italiano – il quale è in linea con gran parte degli ordinamenti europei – non riguarda la persona fisica, bensì la persona giuridica che ha commesso l'illecito anticoncorrenziale.
  Tutto ciò sembra dare luogo a un forte potere deterrente, perché la sanzione nei confronti della persona giuridica si accompagna Pag. 5a un elevato livello della sanzione stessa, cosa che costituisce, appunto, un importante deterrente nei confronti della commissione di determinati illeciti.
  Vorrei, però, sottolineare come il tema centrale in questo campo sia quello della definizione della sanzione ottimale. A questo tema gli economisti, ancor più dei giuristi, hanno dedicato molti studi, giungendo anche a soluzioni difficilmente replicabili nella pratica e, talvolta, non del tutto chiare. A ogni modo, la sanzione dovrà essere almeno pari al vantaggio che il soggetto ottiene dal comportamento illecito, come già avviene nella pratica antitrust.
  In questo ambito, vorrei osservare come la crisi economica non possa inficiare la funzione della sanzione, come avviene anche nel diritto antitrust. La sanzione deve essere, dunque, «impegnativa» anche se c’è una crisi economica in atto, altrimenti verrebbe meno quella funzione deterrente che i penalisti chiamavano la funzione di prevenzione generale della pena.
  Sotto questo aspetto, è molto interessante il fatto che il sistema sanzionatorio ancori il massimo edittale della sanzione irrogabile ad una percentuale elevata, pari al 10 per cento del fatturato. Si ha, quindi, una base certa per calcolare la sanzione, e questo profilo è importante ai fini della funzione deterrente di cui parlavo.
  Vi è soltanto un aspetto che ci permettiamo di segnalare alla Commissione. Il termine «fatturato» può essere troppo generico. Pensiamo, ad esempio, ai gruppi di imprese, là dove occorre stabilire se bisognerà considerare il fatturato della singola impresa a cui è imputabile l'atto, ovvero il valore consolidato del gruppo di imprese. Ecco, per evitare i contenziosi che, a valle di questi provvedimenti, sicuramente ci saranno, il problema potrebbe essere affrontato attraverso un chiarimento.
  Dobbiamo, inoltre, osservare come sia molto importante la previsione che innova il comma 9 dell'articolo 144 del Testo unico bancario nel senso che, nell'ipotesi in cui il vantaggio ottenuto dall'autore della violazione come conseguenza della violazione stessa sia superiore ai massimali di legge, le sanzioni sono elevate fino al doppio dell'ammontare del vantaggio ottenuto, purché tale ammontare sia determinabile.
  Tutto ciò si ricollega al discorso che facevo, sia pure velocemente, sul valore ottimale della sanzione. Infatti, la sanzione ha un senso se è quantificata in termini tali da essere superiore rispetto al vantaggio che si ottiene violando la legge o, comunque, ponendo in essere degli illeciti. Altrimenti, per un'impresa può essere conveniente adottare il comportamento illecito, qualora ne abbia un vantaggio superiore all'eventuale sanzione. Quindi, ben venga una misura come questa, che prevede di aumentare le sanzioni fino al doppio dell'ammontare del vantaggio ottenuto.
  Dobbiamo, inoltre, osservare come sia importante il fatto che la normativa abbia evitato di dilatare la discrezionalità esercitata in sede di erogazione delle sanzioni, ancorando l'irrogazione e la determinazione del quantum della sanzione ad alcune circostanze rilevanti, tra le quali la gravità della violazione commessa, il grado di responsabilità del soggetto che l'ha commessa, la sua capacità finanziaria, l'entità del vantaggio ottenuto o delle perdite evitate, i pregiudizi cagionati a terzi, la collaborazione prestata nell'ambito del procedimento, l'eventuale recidiva, nonché le potenziali conseguenze sistemiche della violazione.
  In particolare, sottolineo come, anche alla luce dell'esperienza dell'Autorità Antitrust, sia importante aver posto l'accento sull'aspetto della collaborazione. Il fatto che, quando si svolge un'attività di indagine, ci sia un'eventuale collaborazione, può favorire l'accertamento dell'illecito, per cui, in questa evenienza, ci sarà una riduzione delle sanzioni. Nel caso di accertamento di illeciti di non facile definizione, misure di questo tipo possono essere sicuramente utili.
  Così come è utile, in un settore come quello bancario, in cui certi comportamenti possono avere ricadute che vanno al Pag. 6di là delle singole imprese, il riferimento alle conseguenze sistemiche della violazione.
  Altrettanto interessante ci sembra, anche alla luce della nostra esperienza, la possibilità di prevedere misure di carattere non pecuniario, come, ad esempio, un ordine erogato in alternativa alla sanzione pecuniaria; ciò potrà determinare, infatti, una maggior celerità del procedimento e, quindi, un uso più efficiente delle risorse che le autorità impiegano in attività di questo tipo.
  Infine, vorrei accennare ai principi che devono reggere il procedimento sanzionatorio. Tra le modifiche più importanti che lo schema di decreto legislativo apporta alla vigente disciplina, vi è il rafforzamento del contraddittorio con i soggetti destinatari della sanzione, per cui è obbligatoria la contestazione degli addebiti. A seguito della contestazione degli addebiti, c’è la possibilità che gli interessati chiedano un'audizione personale in sede di istruttoria, a cui possono partecipare anche con l'assistenza di un avvocato. Viene chiarito, dunque, che il procedimento sanzionatorio è retto dai principi del contraddittorio, della conoscenza degli atti istruttori, della verbalizzazione, nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e decisorie.
  Tutto ciò consente di adeguare il sistema ai principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte EDU, sulla base dell'articolo 6 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo sull'equo processo, che si applica a tutte le misure sanzionatorie di una certa importanza le quali, nella prospettiva della Corte EDU, sono assimilate alle sanzioni penali.
  Questa giurisprudenza, soprattutto quella recente sul caso «Grande Stevens» che riguardava la Consob, ha messo in evidenza la necessità di applicare alcuni principi, quale quello della piena parità delle armi, quindi di un contraddittorio assolutamente funzionale e paritario, nonché quello della piena conoscenza degli atti del procedimento su cui si basa l'accusa e quello – molto importante – della distinzione tra funzioni istruttorie e decisorie.
  Si tratta di principi che, nell'esperienza dell'Autorità Antitrust, sono stati attuati ben prima della pronuncia della Corte EDU sul caso «Grande Stevens». Infatti, da noi è prevista non soltanto la contestazione degli addebiti e l'impossibilità di decidere sulla base di elementi diversi da quelli contenuti nella contestazione stessa, ma anche il pieno accesso delle parti alla documentazione raccolta nel corso dell'istruttoria, salvo i documenti che per ragioni di riservatezza – pensate al segreto industriale – non possono essere divulgati.
  Dopo le risultanze istruttorie, viene svolta un'audizione in pieno contraddittorio e in una situazione di assoluta parità tra gli uffici e i soggetti ai quali viene contestata una violazione anticoncorrenziale, davanti al collegio al quale spetta la decisione. In tal modo, viene assicurata una distinzione tra le funzioni istruttorie, che spettano agli uffici, e le funzioni decisionali, che spettano al collegio dinanzi al quale gli uffici portano la loro accusa.
  Per quanto ci riguarda, la nostra esperienza è positiva. L'Autorità Antitrust dispone, infatti, di un meccanismo che consente l'assoluta trasparenza e indipendenza delle decisioni. Credo, quindi, che averlo replicato in questa normativa sia un fatto di grande importanza, che, oltretutto, evita problemi di compatibilità con quanto previsto dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
  Sono a vostra disposizione per qualsiasi domanda.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Do ora la parola si colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Grazie, professore. Mi vorrei concentrare sull'eliminazione del doppio passaggio. Oggi il collega Laffranco ha presentato un'interrogazione a risposta immediata in Commissione che mi riservavo di presentare Pag. 7anch'io nella prossima seduta utile, sulla Banca Popolare di Spoleto e sulla decisione con cui il Consiglio di Stato ha addirittura annullato la decisione di commissariarla, decisione da cui era derivato un crollo del valore delle azioni della banca stessa. Insomma, la questione riguarda anche il tema della concorrenza, non c’è stata una valutazione da parte del MEF, ovvero vi è stata una valutazione acritica. Inoltre, sebbene la sentenza non entri in dettagli tecnici, nel commissariamento sono stati rilevati anche aspetti problematici di tipo tecnico.
  Se quindi oggi eliminiamo il doppio controllo che veniva effettuato dal MEF e dal CICR (Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio), temo possano esserci problemi come quelli verificatisi nella vicenda della Banca Popolare di Spoleto. Dopo quella di Spoleto, vicende simili potrebbero coinvolgere l'istituto bancario Cassa di risparmio della Provincia di Chieti e altre banche; rischiamo che questa decisione del Consiglio di Stato abbia effetti deflagranti in tutto il Paese. Pertanto, le chiedo se reputi rischiosa la cancellazione di questo doppio passaggio, cioè del MEF e del CICR.
  In secondo luogo, vorrei soffermarmi su un aspetto che reputo altamente lesivo della concorrenza. Mi riferisco al possesso azionario di quote della Banca d'Italia da parte di banche private che operano in un mercato in cui non tutti gli operatori del mercato finanziario detengono quote del capitale della Banca.
  Spesso si afferma che queste banche non hanno potere all'interno della Banca d'Italia, ma non è così perché lo statuto della Banca prevede che il Consiglio superiore venga nominato dall'assemblea degli azionisti e che la nomina del Governatore venga sottoposta al Presidente del Consiglio dei ministri dal Consiglio superiore stesso, così come include, tra le competenze del Consiglio, le decisioni relative agli stipendi del Governatore di Banca d'Italia, del Direttore generale e dei vicedirettori generali.
  Pertanto, visto che gli esponenti delle banche decidono i vertici e gli stipendi del «vigilante» del settore bancario e che non tutti gli operatori del settore bancario e finanziario hanno quote o la possibilità di partecipare alle assemblee degli azionisti del Consiglio superiore della Banca d'Italia, vi è un conflitto di interessi. Per queste ragioni ritengo che la previsione di un secondo passaggio potrebbe limitare l'azione poco indipendente dell'autorità vigilante.
  Tengo a precisare che non sto accusando nessuno. Ho solo paura che venga lesa la concorrenza nel mercato finanziario e bancario.

  GIOVANNI PAGLIA. Vorrei affrontare con il presidente Pitruzzella il tema del rafforzamento, se non dell'esclusività, della responsabilità delle società rispetto agli amministratori che abbiano eventualmente provocato danni o commesso illeciti. Lei afferma che questa innovazione potrebbe, tra le altre cose, rafforzare la velocità dei procedimenti. Tuttavia, per quanto mi sforzi di farlo, non riesco in alcun modo a capire la questione della separazione fra la responsabilità di chi commette un atto, che è evidentemente una persona fisica, e della ricaduta, in termini di sanzioni, su una persona giuridica, del fatto commesso da una persona fisica. Per di più, non parliamo mai di persone giuridiche in cui il rapporto fra amministratore e società è strettissimo; non si tratta infatti di società di persone.
  Peraltro, spesso si tratta di amministratori nominati che svolgono la loro attività per fini personali, dunque non necessariamente nell'interesse della società. Pensiamo, ad esempio, a un amministratore che renda artefatto un bilancio per ottenere un bonus maggiore a quello a cui avrebbe altrimenti diritto. È successo che si producano effetti elusivi o evasivi per trarne un interesse personale, o a vantaggio del consiglio d'amministrazione. In che modo, questi comportamenti dovrebbero essere impediti o resi più difficili dal fatto che le sanzioni, anziché ricadere sulle persone fisiche che hanno messo in atto tali comportamenti, ricadano sulle società ?Pag. 8
  A me sembra esattamente il contrario. Tale previsione mi sembra, infatti, costituire un grande sprone a comportamenti illeciti da parte degli amministratori della società, il che è esattamente il contrario di quello che si dovrebbe fare. Non riesco, quindi, a capire quale sia la ratio di tale disposizione, al di là della questione, strettamente formale, legata al fatto che il procedimento verrebbe reso più snello. Stiamo parlando di temi talmente delicati che credo che la snellezza del procedimento non sia il primo degli obiettivi che ci dovremmo prefissare.

  GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Entrambe le domande sono particolarmente interessanti e richiederebbero un approfondimento ulteriore, visto che ora ci stiamo occupando dello schema di decreto legislativo.
  Sull'eliminazione del doppio passaggio, dei rischi ci sono. Essendo un costituzionalista e citando il Federalist, dico che gli uomini non sono angeli e proprio per questo ci vogliono vincoli, regole e limiti, e quindi anche meccanismi di controllo incrociato, con un bilanciamento tra poteri diversi.
  Nell'ottica della normativa che stiamo esaminando, e restando quindi all'interno di quanto previsto dallo schema di decreto legislativo, questa differenziazione ci sarà attraverso l'individuazione di due soggetti diversi, uno dei quali svolgerà l'istruttoria e l'altro prenderà la decisione, con la netta separazione di cui vi ho già parlato nella mia relazione. Questo meccanismo potrebbe giovare a limitare i suddetti rischi.
  A proposito di questo aspetto, tuttavia, sarà importante non soltanto la law in the books, ma anche la law in action; occorrerà, cioè, verificare se questa separazione, al di là del fatto che sarà scritta nella norma, funzionerà effettivamente. Nell'ambito di tale verifica, il ruolo del Parlamento dovrebbe essere cruciale.
  Scusate se mi permetto di invadere le vostre competenze, ma il problema del controllo sulle modalità con cui le norme sono applicate è decisivo, altrimenti il rischio è che, mentre noi facciamo discussioni teoriche, il mondo vada in un'altra direzione. Quindi, vi dico che il problema è serio. C’è un'indicazione alternativa, ma bisognerà verificare in concreto come verrà attuata. Non basta affermare un principio.
  Detto ciò, anche l'altro tema, relativo alla responsabilità personale ovvero della persona giuridica è colossale – da sempre dibattuto da tutti coloro che si occupano di discipline quali il diritto penale dell'economia, l’antitrust e il diritto finanziario – e ha visto gli studiosi sempre divisi. Gli economisti portano avanti dibattiti, mentre i giuristi sono più «sempliciotti», quindi permettono che si vada al supermarket e si scelga l'argomento che si preferisce: un libro che porti a una soluzione ci sarà sempre.
  Se mi permettete di intervenire con l'accetta su un tema molto rilevante, esponendo il mio punto di vista personale e non quello dell'Autorità che presiedo, dico che la responsabilità della persona giuridica dà luogo sempre a una maggiore semplicità nella riscossione della sanzione pecuniaria. La nostra esperienza è in questo senso. Riscuotiamo, infatti, le sanzioni che eroghiamo in materia di antitrust, e dal punto di vista dello Stato è certamente un bene. Il problema tuttavia è, posto che la sanzione debba avere una funzione deterrente, come disegnare tale sanzione affinché abbia questa funzione ?
  Premesso che il decreto legislativo contiene queste disposizioni coerentemente con i contenuti della legge delega, le sanzioni personali hanno un forte effetto deterrente sulla persona fisica. Esse potrebbero quindi, teoricamente, determinare una «paralisi» dei comportamenti dei soggetti interessati i quali, nel timore delle sanzioni che potrebbero derivare anche da illeciti lievi, non fanno nulla. Questo è un primo aspetto. L'altro è quello di cui lei parlava. Bisogna quindi trovare un bilanciamento tra l'eccesso e l'assenza di deterrenza.
  In realtà, se correttamente applicato – metto un «se» molto grande – nel sistema potrebbe esserci equilibrio, perché, da una Pag. 9parte, si avrebbe una rapida applicazione della sanzione alla persona giudica, e dall'altra ci sarebbe la responsabilità degli amministratori, che è prevista in modo molto forte dal nostro Codice civile e dal nostro diritto commerciale. Di fronte a sanzioni così pesanti, sarà pressoché impossibile che la società non sollevi un'azione di responsabilità nei confronti della persona fisica che ha causato un ingente danno al bilancio.
  Infatti, di fronte a danni così gravi, sarà attivata l'azione di responsabilità nei confronti del soggetto responsabile in quanto vi saranno soggetti privati interessati a rivalersi del danno subito. Soprattutto in una società per azioni, è ben difficile che gli azionisti non propongano un'azione di responsabilità.
  In teoria, quindi il sistema ha una sua modalità di funzionamento. Con franchezza – come sempre quando ci incontriamo, perché di alcune cose siamo convinti, ma su altre rispondiamo in modo più problematico – devo dire che, quando si discute in termini di alternativa tra sanzione personale e sanzione alla persona giuridica, è veramente difficile trovare un punto adeguato di equilibrio, in tutti i settori dell'ordinamento.

  MARCO CAUSI. Mi pare di poter dire che la questione riguardi il tema del sistema dei controlli interni.
  Sono d'accordo con il professor Pitruzzella sul fatto che parliamo di meccanismi teorici, mentre l'implementazione e l'operatività delle norme vanno giudicate nel concreto farsi delle cose.
  In questo impianto, che deriva dalla normativa dell'Unione europea, si prevede che la sanzione sia a carico della persona giuridica, ma, contemporaneamente, si prevede anche la valutazione del sistema, interno alla persona giuridica stessa, delle regole e dei meccanismi di monitoraggio dei comportamenti delle persone fisiche. Infatti, se c’è qualcuno che sbaglia e l'impresa non se n’è accorta, c’è qualcosa che non funziona nel sistema dei controlli interni. Mi pare, quindi, che stiamo acquisendo questa filosofia.

  GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Questa è la filosofia adottata in Europa da un po’ di tempo. L'idea è che dobbiamo costringere le imprese a organizzarsi in modo tale da avere meccanismi interni di compliance con tutte le norme. Dopodiché, va accertato il funzionamento di tali meccanismi. Secondo me, si crea un incentivo a farli funzionare, anche perché in sede di valutazione della sanzione, l'adozione o meno di meccanismi di compliance adeguata ha il suo peso, almeno secondo la nostra esperienza.
  Insomma, l'idea è che sia meglio prevenire con bilanciamenti e controlli interni piuttosto che irrogare una tantum la sanzione. Se funzionerà o meno, lo sapremo solo con l'esperienza.

  GIOVANNI PAGLIA. Però a me pare vero anche il contrario... (fuori microfono).

  GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. È l'eterno tema se è nato prima l'uovo o la gallina. Voi dite prima l'uovo. Abbiamo risolto un problema che ci portavamo dietro da tempo.

  DANIELE PESCO. Sul tema della responsabilità, visto che a volte succede, in sede giudiziaria, che sia difficile capire quale sia la persona, interna a un istituto bancario, responsabile di certi atti a danno del risparmiatore, come nel caso del reato di anatocismo, non sarebbe utile – lo dico a livello di discussione – individuare un responsabile unico, come avviene nella pubblica amministrazione ?

  GIOVANNI PITRUZZELLA, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Su questo rispondo «no». Il responsabile di un procedimento è un punto di riferimento che tiene le fila; un'altra cosa è, invece, la responsabilità penale che, dal punto di vista della CEDU, è di carattere personale. Infatti, in base all'ordinamento della CEDU, sanzioni tanto afflittive sono così gravi da Pag. 10essere sanzioni penali e, quindi, devono avere carattere personale. In sostanza, dobbiamo accertare la responsabilità personale di Tizio o di Caio. Se adottassimo un sistema diverso, confliggeremmo con tali principi.
  Il problema che lei pone è, tuttavia, reale. Infatti, a volte risulta difficile accertare chi è il responsabile di determinati comportamenti. Il problema, tuttavia, va risolto attraverso meccanismi di organizzazione interna e di controllo diretti ad assicurare la compliance, i quali consentano di individuare chi effettivamente ha il potere e la responsabilità di compiere gli atti e assumere le decisioni. Occorre, dunque, passare a strutture in cui le linee decisionali, i processi e i bilanciamenti interni siano più intellegibili.

  PRESIDENTE. Presidente, la ringraziamo non solo per la relazione che ci aiuterà moltissimo, ma anche per il suo contributo personale.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal professor Giovanni Pitruzzella (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.

Pag. 11

ALLEGATO

Audizione del Presidente dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Prof. Giovanni Pitruzzella

  Schema di decreto legislativo recante «Recepimento della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, per quanto concerne l'accesso all'attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento. Modifiche al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385 e al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58».

  Roma, 19 marzo 2015.

  Onorevole Presidente, Onorevoli Deputati, desidero innanzitutto ringraziarVi per aver offerto all'Autorità che presiedo la possibilità di esprimere le proprie considerazioni e valutazioni su un tema di centrale rilevanza, quale è il recepimento in Italia della direttiva 2013/36/UE, che costituisce un tassello del nuovo corpus normativo in materia di regolazione, supervisione e risoluzione delle banche e della creazione dell'Unione bancaria.
  Lo schema di decreto va a modificare e integrare numerosi articoli del Testo Unico Bancario (decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385) e del Testo Unico della Finanza (decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58), adeguando in tal modo la legge italiana alle norme europee, che mirano al rafforzamento della disciplina prudenziale e all'accrescimento del livello di armonizzazione delle regole applicabili agli intermediari che operano nel mercato unico europeo.
  Il contributo che l'Antitrust può offrire, in questo contesto, non può che essere focalizzato su alcuni aspetti dello schema di decreto legislativo che presentano profili di «affinità» con la disciplina che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato è chiamata ad applicare, e sui quali l'Autorità può tentare di fornire qualche utile indicazione alla luce dell'esperienza maturata.
  Un primo aspetto su cui, in questa sede, si possono formulare alcune considerazioni riguarda la complessiva riforma dei requisiti degli esponenti aziendali e dei partecipanti al capitale, valida non solo per il settore bancario e creditizio, ma che si estende anche agli enti operanti nel settore finanziario (ovvero i soggetti disciplinati dal TUF).
  Le linee guida della riforma prevedono, infatti, l'integrazione dei vigenti requisiti con criteri di competenza e correttezza, la cui individuazione concreta viene demandata all'emanazione di specifiche disposizioni da parte del MEF.
  L'introduzione di più stringenti requisiti per la partecipazione al capitale e per l'assunzione di funzioni gestionali e decisionali nelle imprese che operano nel settore del credito risulta affiancata – nell'impostazione dello schema di decreto legislativo – da ulteriori previsioni che appaiono tutte tese ad assicurare un miglior enforcement di regole finalizzate a garantire competenza, correttezza, trasparenza e legalità nel settore del credito.
  In questo quadro, infatti, sembrerebbero potersi leggersi il rafforzamento dei poteri delle autorità di vigilanza – con riferimento, ad esempio, al potere di removal di uno o più esponenti aziendali al ricorrere di gravi violazioni o irregolarità, e alle limitazioni all'acquisto di partecipazioni rilevanti nelle banche per motivi Pag. 12reputazionali –; l'introduzione dell'obbligo per le banche di dotarsi di specifiche procedure interne per la segnalazione, da parte del personale, di eventuali violazioni normative (cosiddetto whistleblowing); o, ancora, la previsione dell'obbligo di astensione di soci e amministratori nelle delibere in cui presentino un conflitto di interesse, per conto proprio o di terzi – in luogo del vigente obbligo dell'amministratore di dare notizie al board – assistito da una sanzione in caso di violazione.
  Nella stessa direzione appaiono andare anche i limiti al cumulo degli incarichi per gli esponenti delle banche, in applicazione del principio in base al quale questi devono dedicare un tempo adeguato all'espletamento delle proprie funzioni. Con riferimento a tale aspetto, appare evidente che la limitazione al cumulo degli incarichi – la cui ratio è indubbiamente diversa – lascia impregiudicato il divieto di interlocking directorates di cui all'articolo 36 del decreto-legge n. 201/2011, finalizzato ad arginare il fenomeno delle partecipazioni personali incrociate fra imprese concorrenti nei mercati del credito e finanziari, a tutela del pieno e corretto esplicarsi delle dinamiche concorrenziali in questi mercati.
  Tali previsioni non possono che essere valutate positivamente, soprattutto nell'attuale contesto di crisi finanziaria e reputazionale dei soggetti che operano nel settore del credito. L'introduzione di una puntuale disciplina tesa, nel suo complesso, a garantire competenza e correttezza nella gestione degli istituti finanziari nonché a favorire l'emersione di violazioni, irregolarità o di situazioni conflittuali – con compiti incisivi e poteri anche penetranti attribuiti alle autorità di sorveglianza – va nella direzione di apprestare efficaci garanzie per il sano e corretto funzionamento dei mercati finanziari.
  Ulteriore aspetto rilevante dello schema di decreto legislativo riguarda la complessiva riforma del sistema delle sanzioni previste dal Testo unico bancario e dal Testo unico della finanza.
  In questo contesto, un primo profilo che emerge è relativo al passaggio ad un sistema in cui il destinatario delle sanzioni è in primo luogo l'ente cui è ascrivibile l'illecito e, solo eventualmente, anche l'esponente aziendale o la persona fisica responsabile della violazione. Si tratta di una modifica suscettibile di positivo apprezzamento, in quanto – rispetto all'attuale sistema che prevede l'irrogazione della sanzione agli esponenti aziendali attraverso l'ingiunzione di pagamento all'ente di appartenenza, sul quale grava successivamente l'obbligo di rivalsa nei confronti della persona fisica responsabile – comporta una maggiore linearità dell’enforcement sanzionatorio, con ricadute positive in termini di minore appesantimento procedurale e di tempi più rapidi dell'attività istruttoria condotta dalle autorità di vigilanza.
  Sotto questo profilo, quindi, non può che essere condivisa la scelta operata nello schema di decreto legislativo, che – in linea con i principi espressi dalla direttiva – individua il soggetto destinatario della sanzione direttamente nell'ente, limitando la responsabilità diretta degli esponenti aziendali a specifiche violazioni e solo nei casi in cui ricorrano i presupposti indicati dagli articoli 144-ter del TUB e 190-bis del TUF, come novellati, connessi essenzialmente alla gravità delle condotte poste in essere.
  A tale proposito, alla luce dell'esperienza maturata in sede di applicazione della normativa antitrust – nell'ambito della quale, come noto, destinatarie della sanzione sono le sole imprese responsabili della violazione della concorrenza, e non anche le persone fisiche che per esse hanno agito – può rilevarsi come tale sistema consenta di conferire alle ammende irrogate una decisa efficacia deterrente, essendo l'impresa a dover rispondere delle violazioni accertate, senza che l'Autorità debba procedere alla – spesso non agevole – individuazione dei soggetti che, all'interno della struttura aziendale, abbiano contribuito a porre in essere l'illecito o che non abbiano impedito la sua realizzazione.Pag. 13
  Sul piano della deterrenza, inoltre, va sicuramente apprezzato il generale inasprimento dell'ammontare delle sanzioni irrogabili sia alle persone fisiche (esponenti aziendali), sia, soprattutto, alle imprese.
  Anche su tale aspetto, l'apporto che in questa sede può fornire l'Autorità garante della concorrenza e del mercato è essenzialmente legato alla propria esperienza applicativa nell'irrogazione e nella quantificazione delle sanzioni antitrust.
  Il ricorso allo strumento sanzionatorio nell’enforcement della disciplina della concorrenza ha assunto nel corso degli anni una rilevanza crescente, in quanto si è affermata la convinzione che attraverso un'adeguata efficacia deterrente delle sanzioni sia possibile garantire un'effettiva ed efficace applicazione della normativa. A livello sia europeo che nazionale, è infatti emersa una grande sensibilità verso la ricerca di una «sanzione ottimale», così come emerge dagli Orientamenti comunitari in materia di quantificazione delle sanzioni antitrust attualmente in vigore, che ne hanno evidenziato e rafforzato in maniera significativa il carattere deterrente. Nell'impostare le loro strategie, i soggetti economici devono avere ben chiaro che, ove adottino comportamenti anticoncorrenziali, vanno incontro al serio e concreto rischio di incorrere in sanzioni pecuniarie di rilevante entità. Né la gravità della crisi economica può inficiare l'utilità deterrente della sanzione, a pena di creare incentivi all'adozione di pratiche anticoncorrenziali, con pregiudizio per l'economia e per i consumatori.
  Se queste sono le coordinate entro le quali si è iscritto l'esercizio del potere sanzionatorio da parte dell'Autorità antitrust, non può che essere apprezzata l'introduzione di un sistema di sanzioni maggiormente severe per le violazioni della disciplina contenuta nel Tub e nel Tuf.
  In questo contesto meritevole di apprezzamento è inoltre la circostanza che il sistema sanzionatorio novellato ancori il massimo edittale della sanzione irrogabile ad una percentuale (10 per cento) del fatturato, consentendo così di individuare una correlazione tra la sanzione irrogata e la specifica efficacia che ad essa deve essere garantita, in quanto la sanzione amministrativa, affinché essa possa esplicare un reale effetto dissuasivo, deve essere necessariamente correlata alle dimensioni economiche dell'impresa.
  A tale riguardo può forse rilevarsi come la nozione di «fatturato», che nello schema di decreto legislativo non viene ulteriormente qualificata, possa portare a talune incertezze in sede applicativa, in quanto la sua entità – rilevante in quanto rappresenta il parametro per il calcolo del massimo edittale della sanzione – è suscettibile di variare considerevolmente, ad esempio, se riferita alla singola impresa ovvero al valore consolidato di un gruppo di imprese. Potrebbe quindi essere valutata l'opportunità di definire più puntualmente la nozione di fatturato cui si intende fare riferimento, anche al fine di evitare, sul punto, l'insorgere di eventuali contestazioni in sede di contenzioso.
  Anche la previsione di cui al nuovo comma 9 dell'articolo 144 del Tub – in base al quale, nell'ipotesi in cui il vantaggio ottenuto dall'autore della violazione come conseguenza della violazione stessa sia superiore ai massimali di legge, le sanzioni sono elevate «fino al doppio dell'ammontare del vantaggio ottenuto, purché tale ammontare sia determinabile» – va nella direzione di garantire un sistema sanzionatorio efficace e dotato di forza deterrente.
  È principio ormai consolidato, nelle analisi economiche in ordine alla definizione dell’ottimalità delle sanzioni amministrative pecuniarie, quello in base al quale, nonostante il livello delle ammende irrogabili possa arrivare ad attestarsi su valori di tutto rilievo, le violazioni possono non risultare seriamente scoraggiate dal public enforcement, laddove la penalizzazione derivante dal pagamento della sanzione rimanga ampiamente inferiore rispetto all'entità dei guadagni illeciti. Poter quindi tenere in considerazione, nella quantificazione dell'ammenda, il concreto vantaggio ottenuto mediante la violazione, Pag. 14laddove determinabile, consente una maggiore tensione verso l’ottimalità della sanzione in termini di deterrenza.
  Non pare infine che, in sede di quantificazione delle sanzioni, vi possano essere rischi legati alla discrezionalità che gli organi di vigilanza possono esercitare nella definizione delle ammende, posto che, tra le modifiche previste dallo schema del decreto legislativo, vi è la previsione delle circostanze rilevanti di cui deve tenersi conto nella determinazione delle sanzioni amministrative, tra le quali la gravità della violazione, il grado di responsabilità del soggetto che ha commesso la violazione, la sua capacità finanziaria, l'entità del vantaggio ottenuto o delle perdite evitate, i pregiudizi cagionati a terzi, la collaborazione prestata nell'ambito del procedimento, l'eventuale «recidiva», nonché le «potenziali conseguenze sistemiche della violazione», che proprio nel sistema finanziario possono essere di non poco momento.
  Ancora con riferimento al sistema sanzionatorio, a fronte dell'inasprimento delle sanzioni pecuniarie, merita di essere evidenziata la previsione di misure di carattere non pecuniario, quali l'ordine di porre termine alle violazioni – cosiddetto «cease and desist order» – irrogabile in alternativa alla sanzione pecuniaria per violazioni di scarsa offensività o pericolosità, anche indicando le misure da adottare e il termine per l'adempimento.
  Si tratta di una previsione con effetto indubbiamente deflattivo del contenzioso e di semplificazione del procedimento, che si presta, per le violazioni connotate da minore gravità, a far pervenire al risultato della cessazione della violazione e della eliminazione delle sue conseguenze attraverso uno strumento più flessibile e snello rispetto alla conclusione di un procedimento sanzionatorio.
  Anche nell'esperienza maturata dall'Autorità, se, da un lato, l'applicazione di una severa e rigorosa politica sanzionatoria risulta imprescindibile in quanto le ammende comminate assolvono ad una specifica e fondamentale funzione deterrente, soprattutto quando ad essere accertate sono infrazioni antitrust particolarmente gravi e dannose per la collettività. Dall'altro, il ricorso, nei casi connotati da minore offensività, a forme di chiusura del procedimento che non sfocino nell'irrogazione della sanzione, quali la mera diffida a eliminare le infrazioni accertate o l'utilizzo dell'istituto della decisione con impegni, può costituire un importante strumento per un rapido ed efficiente ripristino del corretto equilibrio concorrenziale del mercato, attraverso l'individuazione di efficaci misure idonee a modificare la situazione che ha suscitato dubbi concorrenziali.
  Anche sotto tale profilo, quindi, lo schema del decreto legislativo risulta condivisibile, in quanto l’«ordine di porre fine alle violazioni» e i provvedimenti sanzionatori di accertamento di un'infrazione possono essere «dosati» affinché l'esito complessivo finale dell'intervento dell'autorità di vigilanza sia teso a garantire, con efficienza ed efficacia di risultati, il perseguimento degli obiettivi voluti dal legislatore.
  Qualche ultima considerazione, infine, sui principi che devono reggere il procedimento sanzionatorio. Tra le modifiche che lo schema di decreto legislativo intende apportare alla vigente disciplina vi è il rafforzamento del contraddittorio con i soggetti destinatari della sanzione, attraverso la previsione della «contestazione degli addebiti», a fronte della quale gli interessati possono chiedere una «audizione personale in sede di istruttoria, cui possono partecipare anche con l'assistenza di un avvocato». Viene inoltre chiarito che «il procedimento sanzionatorio è retto dai principi del contraddittorio, della conoscenza degli atti istruttori, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie».
  Non è difficile leggere in queste modifiche l'intento di rendere la disciplina procedurale più in linea con le indicazioni formulate, anche recentemente, dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, in materia di procedimenti amministrativi che possono portare all'irrogazione di sanzioni anche di importo elevato.
  Come noto, il rispetto del principio dell’«equo processo», di cui all'articolo 6 Pag. 15CEDU, richiede che, nel caso delle sanzioni amministrative, le relative garanzie debbano essere assicurate – almeno in prima approssimazione e di regola – innanzitutto nel procedimento amministrativo, visto che le stesse vengono irrogate con pienezza di conseguenze e di esecutività all'esito di questa fase.
  Lo schema di decreto legislativo, con riferimento al rafforzamento delle garanzie procedurali nei procedimenti sanzionatori, va indubbiamente in questa direzione, introducendo previsioni che, per la loro formulazione letterale, richiamano quelle contenute nella legge istitutiva dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (legge n. 287/90), il cui articolo 10, comma 5, prevede che siano «stabilite procedure istruttorie che garantiscono agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione».
  Nell'esperienza dell'Autorità, l'approccio seguito è sempre stato connotato da grande severità e rigore. Il rispetto del principio della «parità delle armi» rappresenta un presupposto imprescindibile per la legittimità del procedimento: la garanzia di accesso a tutta la documentazione probatoria raccolta del procedimento – salva naturalmente la tutela dell'eventuale riservatezza di taluni atti acquisiti al fascicolo –, la tassatività dell'obbligo di verbalizzazione di ogni dichiarazione resa dalle parti e dagli intervenienti in corso di istruttoria, la «immutabilità» della contestazione delle risultanze istruttorie su cui le imprese possono esercitare pienamente il loro diritto di difesa, costituiscono tutti elementi che presiedono al corretto svolgimento dell'istruttoria antitrust e sui quali, nel corso degli anni, i giudici amministrativi hanno mostrato di esercitare un penetrante controllo, arrivando anche ad annullare i provvedimenti sanzionatori dell'Autorità laddove hanno ritenuto che tali garanzie procedimentali non fossero state rigorosamente rispettate.
  Nel procedimento avanti l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, peraltro, il contraddittorio assume la peculiare caratteristica della «oralità», che si esplica non solo nel diritto delle parti di essere sentite dagli Uffici nel corso dell'istruttoria, ma anche nella previsione del diritto delle parti del procedimento di essere sentite davanti al Collegio, in contraddittorio con gli Uffici istruttori che sostengono la contestazione dell'illecito antitrust.
  Anche con riguardo, infine, al delicato aspetto della separazione tra uffici competenti a svolgere l'istruttoria e organi competenti ad assumere le decisioni – su cui la Corte europea dei diritti dell'uomo si è, recentemente, soffermata proprio con riferimento all'attività della Consob – il contributo che in questa sede può essere fornito dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato attiene alla sua esperienza ed alle modalità attraverso le quali essa ha organizzato la propria attività, al fine di dare piena applicazione al principio della separazione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie.
  La struttura dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato è improntata ad una netta distinzione tra le due funzioni; distinzione che, peraltro, incide sull’iter che porta all'accertamento degli illeciti ed alla irrogazione delle sanzioni. Gli Uffici istruttori effettuano le indagini, i cui risultati sono illustrati nella Comunicazione delle risultanze istruttorie, atto degli uffici notificato alle parti del procedimento, sul quale le parti possono difendersi sia in forma scritta, attraverso la presentazione di memorie, sia nel corso dell'audizione orale davanti al Collegio, in contraddittorio con gli Uffici istruttori stessi. È poi il Collegio a decidere sull'esistenza di un illecito e sull'irrogazione delle eventuali sanzioni; decisione che, quindi, il Collegio assume senza essere «vincolato « alla proposta degli Uffici, dopo aver sentito le difese delle parti, avendo a disposizione tutti gli elementi documentali agli atti del procedimento, cui le parti hanno avuto accesso.
  Quello adottato dall'Autorità rappresenta, naturalmente, uno fra i diversi modelli organizzativi che possono essere adottati al fine di apprestare garanzie di separazione tra le funzioni istruttorie e quelle decisorie, che potrebbe risultare un utile punto di riferimento, soprattutto in Pag. 16sede di implementazione e di concreta attuazione dei principi richiamati nello schema di decreto legislativo.
  Alla luce di quanto detto, quindi, la previsione di un deciso rafforzamento delle garanzie procedurali apprestate per le parti del procedimento sanzionatorio – a fronte, peraltro, di un deciso inasprimento delle sanzioni irrogabili – non può che essere valutata positivamente.