XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 21 di Mercoledì 11 febbraio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti della FISE, della FISE-Assoambiente e della FISE-UNIRE:
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 
Luciani Gianni , Presidente FISE ... 3 
Bratti Alessandro , Presidente ... 4 
Cerroni Monica , Presidente FISE-Assoambiente ... 4 
Bratti Alessandro , Presidente ... 5 
Cerroni Monica , Presidente FISE-Assoambiente ... 5 
Bratti Alessandro , Presidente ... 6 
Calò Anselmo , Presidente FISE-UNIRE ... 6 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Scalia Francesco  ... 11 
Arrigoni Paolo  ... 11 
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 
Calò Anselmo , Presidente FISE-UNIRE ... 11 
Nepi Maria Letizia , Direttore FISE-UNIRE ... 12 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 12 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 12 
Bratti Alessandro , Presidente ... 12 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 
Cerroni Monica , Presidente FISE-Assoambiente ... 13 
Perrotta Elisabetta , Direttore FISE-Assoambiente ... 15 
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 
Perrotta Elisabetta , Direttore FISE-Assoambiente ... 16 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 16 
Perrotta Elisabetta , Direttore FISE-Assoambiente ... 16 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 16 
Perrotta Elisabetta , Direttore FISE-Assoambiente ... 16 
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 
Perrotta Elisabetta , Direttore FISE-Assoambiente ... 17 
Calò Anselmo , Presidente FISE-UNIRE ... 17 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 17 
Calò Anselmo , Presidente FISE-UNIRE ... 17 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 17 
Calò Anselmo , Presidente FISE-UNIRE ... 17 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 17 
Calò Anselmo , Presidente FISE-UNIRE ... 17 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 17 
Calò Anselmo , Presidente FISE-UNIRE ... 17 
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 17 
Calò Anselmo , Presidente FISE-UNIRE ... 17 
Nepi Maria Letizia , Direttore FISE-UNIRE ... 19 
Bratti Alessandro , Presidente ... 19

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 8.35.
  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della FISE, della FISE-Assoambiente e della FISE-UNIRE.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti della FISE, della FISE-Assoambiente e della FISE-UNIRE.
  Sono presenti il presidente FISE, Gianni Luciani, la presidente FISE-Assoambiente, Monica Cerroni, e il presidente FISE-UNIRE, Anselmo Calò, accompagnati dalla direttrice FISE-Assoambiente, Elisabetta Perrotta, e dal direttore FISE-UNIRE, Maria Letizia Nepi, che ringrazio per la presenza.
  Voi sapete, perché siete operatori del settore, di che cosa si occupa questa Commissione in maniera specifica. L'audizione odierna rientra nell'ambito degli approfondimenti sul traffico transfrontaliero dei rifiuti. Stiamo facendo, a seguito di segnalazioni da parte di alcune capitanerie di porto, una serie di approfondimenti in diversi porti italiani. È chiaro che noi ci occupiamo delle parti meno nobili della gestione integrata dei rifiuti, cioè delle parti riguardanti illeciti.
  Ci interessa capire il vostro punto di vista perché voi siete i rappresentanti della parte privata che gestisce i rifiuti in questo Paese, una parte importante e consistente. Ci interessa, quindi, capire quale è il vostro punto di vista della situazione, conoscere le problematiche che voi ritenete particolarmente importanti e che non agevolano il trasporto extranazionale dei rifiuti.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterranno opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta. Nel caso in cui aveste cose da riferire che non ritenete debbano essere pubblicizzate, possiamo segretare.
  Procedendo in ordine, do la parola al presidente FISE, Gianni Luciani.

  GIANNI LUCIANI, Presidente FISE. Il mio vuole essere un semplice saluto. Come sapete, FISE raggruppa le imprese di servizi, che sono circa 800, le quali comportano un giro d'affari di circa 10 milioni di euro e impiegano quasi 10.000 addetti. Nello specifico risponderanno ai vostri quesiti ed esporranno i temi che lei, presidente, ha sollevato i membri competenti, ossia i presidenti di FISE-Assoambiente, dottoressa Cerroni, e di FISE-UNIRE, dottor Calò.
  Io mi fermo qui. Non avendo una competenza specifica di rifiuti e venendo da un mondo del tutto diverso, mi fermo e ascolto con molto interesse le vostre interlocuzioni. Grazie.

Pag. 4

  PRESIDENTE. Do la parola al Presidente FISE-Assoambiente, Monica Cerroni.

  MONICA CERRONI, Presidente FISE-Assoambiente. La ringrazio per l'occasione e saluto tutti gli onorevoli e i senatori della Commissione. Noi siamo Assoambiente, come ha già anticipato il presidente Bratti, e abbiamo un contratto collettivo nazionale di lavoro, che stipuliamo proprio come Assoambiente, che ricopre più di un terzo di tutti gli operatori nazionali sull'attività di raccolta, smaltimento, trattamento e bonifiche.
  Per quanto riguarda il movimento transfrontaliero, esso è sottoposto alla nostra attenzione. Già nel 2004 siamo stati tra i primi operatori a redigere un rapporto che evidenziava le criticità, le quantità, i movimenti e ciò che sarebbe capitato anche in futuro. In effetti, tutte le problematiche che avevamo evidenziato si stanno oggi avverando in tutta la loro complessità.
  Oggi la disamina dell'argomento richiede anche una valutazione in merito alle criticità dell'attuale contesto nazionale e locale della regolamentazione e della gestione dei rifiuti, non solo e non più quelli originati da attività produttive e di servizi, ma anche, purtroppo, i rifiuti urbani. Pertanto, è necessario fare un confronto anche con la legislazione e con i contesti operativi degli altri Paesi europei, che a volte si trovano in condizioni privilegiate particolari, talora addirittura uniche.
  Il trasporto transfrontaliero evidenzia e fotografa la realtà del trattamento dei rifiuti dei Paesi stessi. Se valutiamo il mercato globalizzato dei rifiuti, vediamo che ci sono delle criticità e delle evidenze da mettere oggi, in questa occasione, particolarmente in luce. Io mi occuperò del trattamento, dello smaltimento e di problematiche trasversali con quelle del presidente Calò, il quale rappresenterà, invece, tutte le criticità per quanto riguarda il riciclo.
  Nel corso degli anni proprio dai dati ISPRA abbiamo evidenziato che questo fenomeno è esponenziale. Dal 2002 al 2012 si è passati da un export di rifiuti da un milione di tonnellate l'anno a uno da circa 4 milioni di tonnellate. Anche l’import dei rifiuti è particolarmente rilevante. Importiamo soprattutto metalli ferrosi e legno.
  L'esportazione dei rifiuti speciali è legata principalmente a fattori critici che attengono allo smaltimento e gli elementi critici sono quello competitivo e quello della disponibilità impiantistica del nostro Paese.
  Sugli aspetti della competizione, se valutiamo l'omogeneo riferimento normativo del Regolamento (CE) n. 1013 del 2006, assume particolare rilievo il fatto che altri Paesi europei hanno un contesto normativo e un'efficacia amministrativa molto più agevolati del nostro. Inoltre, come avevo accennato anche prima, hanno condizioni economiche di smaltimento impensabili nel nostro Paese.
  Faccio un esempio per tutti, quello della Germania. Sappiamo che in Germania c’è la possibilità di riempire le miniere di sale con procedure di messa in sicurezza delle cavità derivanti dall'attività estrattiva, che addirittura diventa di recupero. Ovviamente, ci sono oneri di smaltimento esponenzialmente inferiori a quelli che abbiamo noi. Questo è veramente un elemento determinante perché questi rifiuti vengano poi portati all'estero.
  L'impiantistica nazionale per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti speciali è molto ridotta. Per quanto riguarda i rifiuti pericolosi stiamo parlando ad oggi di soli tre forni di trattamento e di pochissime discariche. La regolamentazione regionale si fa sempre più stringente, pertanto, se prosegue questo andamento, difficilmente potremo realizzare nuovi impianti sul territorio nazionale, con tutte le conseguenze del caso, anche di perdita di autonomia, di autosufficienza e di flussi finanziari che, andando all'estero, ci impediscono di investire in nuovi impianti sul territorio nazionale e, quindi, di fare quel salto di qualità sull'innovazione e sullo sviluppo tecnologico che dovrebbe essere essenziale.
  Non da ultimo, anche tutto quello che si perde a livello di esportazione andrebbe Pag. 5quantificato. Non vogliamo fornire dei numeri previsionali a caso, Vogliamo fare solo emergere la problematica. Anche un numero di posti di lavoro, in un momento di così grande crisi per il settore dell'occupazione, potrebbe avere un ampio spazio.
  Un altro elemento rilevante dell'esportazione è quello del CSS e del CDR. La problematica per noi è legata al ritardo accumulato nel nostro Paese nell'attuazione di un sistema pianificatorio e di programmazione che non consente, anche in questo caso, l'autosufficienza impiantistica del Paese. Abbiamo molti impianti già autorizzati con la VIA che stentano a essere realizzati e, quindi, abbiamo questi CSS e CDR che vanno all'estero, perdendo anche in termini di recupero energetico. Si pensi solo, come dato, che una tonnellata di CDR equivale a 633 chilogrammi di carbone, a 447 chilogrammi di gas naturale e a 388 chilogrammi di olio combustibile. Molto di questo materiale va all'estero e viene perduto.
  Per quanto riguarda le criticità, abbiamo criticità anche per quanto riguarda l'attività di trasporto transfrontaliero dei rifiuti. Anche alla luce dell'implementazione delle nuove disposizioni del Regolamento n. 120 del 2014, l'Albo nazionale gestori ambientali, va segnalato che anche in questo segmento gestionale ci sono condizioni operative più agevolate per gli imprenditori del Nord Europa, che rendono gli operatori più competitivi rispetto ai nostri anche dal punto di vista del trasporto.
  Vorrei evidenziare anche qualche proposta per ridurre questo fenomeno, o quanto meno per portarlo a un livello compatibile con il fatto che, in effetti, c’è la possibilità per questi rifiuti di fare questo turismo europeo e non solo.
  Si chiederebbe un'omogeneizzazione del carico burocratico attraverso una regolamentazione regionale più uniforme, da attuarsi in base alle linee-guida nazionali di riferimento, da tempo attese, ma che a tutt'oggi ancora mancano.
  Inoltre, si chiede di semplificare e omogeneizzare i provvedimenti autorizzativi, che sono sempre molto in ritardo rispetto a quelli degli altri Paesi europei, oltre che per la tempistica operativa, anche per realizzare i nuovi impianti.
  I provvedimenti autorizzativi degli impianti in sede fissa – questo è il contributo che noi vogliamo portare – dovrebbero essere oggetto di una pubblicazione in una banca dati nazionale analoga all'Albo nazionale gestori ambientali. Questo potrebbe contribuire a dare certezza...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, non ho capito. Parla di una banca dati ?

  MONICA CERRONI, Presidente FISE-Assoambiente. Noi vorremmo una banca dati nazionale degli impianti in sede fissa come avviene con l'Albo nazionale gestori ambientali, perché questo potrebbe dare certezza, omogeneità, conoscenza e trasparenza a tutti gli attori del settore e potrebbe servire per i produttori, i gestori, gli enti di pianificazione, gli organi di controllo e la polizia. Stiamo proponendo questo come fattore sia innovativo, sia di grande regolazione.
  Comunque, evidenziamo che gli oneri dei produttori dei rifiuti – non solo quelli relativi a noi, che trattiamo e smaltiamo rifiuti – sono molto spesso non competitivi con quelli degli altri Paesi europei. Si pensi ai costi gestionali diretti e indiretti, per esempio, del SISTRI rispetto a quelli dei produttori dei rifiuti negli altri Paesi.
  Un altro elemento, per quanto riguarda i bandi di gara che noi andiamo a fare, riguarda un disallineamento delle garanzie finanziarie. Escono, infatti, molti bandi di gara che richiedono una garanzia finanziaria decennale, quando tutto il sistema bancario e assicurativo nazionale, per prassi ormai consolidata – noi facciamo proprio un controllo e abbiamo istituito un comitato di monitoraggio di questo aspetto – rilasciano solo garanzie quinquennali rinnovabili per altri cinque anni.
  Questo disallineamento provoca l'impossibilità talvolta per le imprese di partecipare ad alcune gare, con esiti negativi proprio per le gare stesse. Alcune sono andate deserte. Questo disallineamento Pag. 6provoca, ovviamente, un ritardo nell'ambito dell'implementazione e della realizzazione dell'attività che ci occupa.
  Inoltre, il ricevimento delle norme europee dovrebbe essere per noi un'occasione non per introdurre appesantimenti e restrizioni di carattere tecnico-procedurale per le imprese, ma per favorire un percorso di miglioramento tecnologico-ambientale attraverso un efficientamento delle procedure di controllo e un'azione di supporto tecnico-scientifico, così come avviene in altri Paesi europei. I nostri imprenditori ci raccontano molto spesso, lavorando in Italia e anche all'estero, che hanno un supporto maggiore nell'ambito degli enti di controllo nei Paesi dell'Unione europea, ma anche a livello internazionale.
  Questo per noi è un principio fondamentale. Cerchiamo di migliorare e di ridurre gli eventuali svantaggi competitivi. Anche la legge n. 246 del 2005 ribadisce questo principio. Noi vorremmo che nel recepimento delle direttive europee ci fosse maggiore attenzione a questo tema.
  Prevediamo anche una razionalizzazione del sistema di controllo, soprattutto per le imprese che stanno nelle regole rispetto a quelle che, invece, sono fuori delle regole e che, facendo una concorrenza sleale, inquinano tutto il settore e tutto l'andamento del sistema.
  Io mi fermerei qui, per passare la parola al collega.

  PRESIDENTE. Do la parola al Presidente FISE-UNIRE, Anselmo Calò.

  ANSELMO CALÒ, Presidente FISE-UNIRE. Vi ringrazio per l'invito e per l'occasione che ci viene offerta di sottoporvi le difficoltà operative del nostro settore. Lasciatemi soltanto fornire alcuni dati sul nostro settore.
  Noi abbiamo presentato un rapporto sul riciclo il 5 dicembre scorso, insieme alla Fondazione per lo sviluppo sostenibile. Uno studio condotto da Unioncamere ha certificato che negli ultimi cinque anni, cioè negli anni della crisi, il nostro settore ha avuto un 13 per cento di aumento dell'occupazione, attestando a 155.000 i suoi addetti. Nello stesso periodo il valore aggiunto generato da queste imprese ammonta a circa 8 miliardi l'anno ed è valutabile in oltre mezzo punto percentuale del PIL nel suo complesso. Abbiamo, quindi, una funzione economica, oltre che sociale, piuttosto rilevante.
  Io mi soffermerò su alcune filiere in particolare che hanno riscontrato problemi sull’import e sull’export. Ci sono delle situazioni in cui l’export è necessario e situazioni in cui l’export ci impoverisce, ossia impoverisce lo Stato e il Paese.
  Innanzitutto, per quanto riguarda il riciclo, la raccolta, il trattamento e la predisposizione di rifiuti come materie prime – questa è ormai una questione consolidata – un tema sono le nostre miniere. Noi non abbiamo miniere di materie prime, ma l'attività di raccolta dei rifiuti e di selezione e riciclaggio dei rifiuti produce delle materie prime per le nostre industrie.
  La raccolta differenziata, che funziona nel nostro Paese piuttosto bene, con target abbastanza elevati, ci mette anche nella condizione di essere esportatori di queste materie prime, una volta raccolte e trattate.
  Giocoforza, l'esportazione diventa un elemento che facilita la raccolta differenziata. Noi potremmo raccogliere i rifiuti e poi farli diventare materiale utile, ma, se non avessimo lo sbocco dell'esportazione, ci sarebbe un blocco della situazione. Pertanto, l'esportazione aiuta la raccolta differenziata e, se non la incrementiamo, corriamo il rischio di avere dei blocchi operativi.
  Questo sbocco dell'esportazione è vero soprattutto per alcuni materiali, per esempio la carta. Considerate che il 20 per cento della carta raccolta va all'esportazione. Se noi non riusciamo a ottenere la possibilità di esportarla, avremo quasi 2 milioni di tonnellate di carta da trattare in Italia, senza però avere le strutture industriali che la trattino. Questo metterebbe in difficoltà l'operatività.
  Naturalmente, noi siamo molto attenti al fatto che le spedizioni siano fatte in maniera lecita. Pertanto, come richiamava Pag. 7prima anche la dottoressa Cerroni, chiediamo che la parte pubblica ponga una grande attenzione a distinguere le imprese che lavorano in un sistema secondo le regole e quelle che lavorano fuori dalle regole. Queste ultime debbono essere perseguite e sanzionate, perché distorcono il mercato e fanno quello che si chiama non solo un dumping economico, ma anche un dumping ambientale.
  A questo proposito mi associo alla richiesta della presidente Cerroni per quanto riguarda la banca-dati. Si tratta di una banca dati che, come sapete, per quanto riguarda l'Albo smaltitori funziona benissimo. Chiunque vuole affidare dei rifiuti al trasportatore può collegarsi al sito dell'Albo smaltitori e verificare se un dato trasportatore sia abilitato al trasporto di determinati rifiuti.
  È vero che, una volta che il produttore di rifiuti ha affidato i rifiuti al trasportatore autorizzato, è compito poi del trasportatore portarli a un impianto che abbia la stessa autorizzazione. Tuttavia, sarebbe una tranquillità per lo stesso produttore di rifiuti, visto che sul formulario è indicato anche il luogo di destino, poter controllare se quel luogo di destino sia un impianto autorizzato a ricevere i rifiuti che sono stati consegnati.
  Io credo che anche in base al SISTRI, con tutto il lavoro che è stato fatto con il SISTRI attraverso l'iscrizione delle imprese, non soltanto di quelle che producono rifiuti, ma soprattutto di quelle che trattano rifiuti, questi dati sono ormai disponibili presso l'amministrazione. Si tratta soltanto di gestirli e di organizzarli in maniera che siano fruibili.
  Abbiamo già fatto, quindi, metà del percorso, nel senso che i dati sono stati tutti raccolti. Si tratta solo di organizzarli. Io non voglio entrare sul fatto se il SISTRI sia un sistema adatto a controllare il settore o no e se sia adeguato o no, ma sicuramente ha raccolto dei dati che potrebbero essere utilizzati.
  Da questo punto di vista un altro elemento è l'omogeneità delle autorizzazioni sul territorio nazionale. Le province, che sono normalmente gli enti che rilasciano le autorizzazioni, rilasciano autorizzazioni per determinati settori in maniera difforme sul territorio nazionale. Una provincia siciliana si distaccherà quasi sicuramente, per qualsiasi tipo di autorizzazione, da una provincia veneta o da una provincia dell'Emilia-Romagna. Quello che noi chiediamo è che il ministero emani delle linee-guida su come debbono essere rilasciate le autorizzazioni.
  Il contenuto del decreto n. 152 da questo punto di vista non è sufficiente. C’è bisogno di fornire maggiori informazioni agli enti che rilasciano le autorizzazioni su come queste debbano essere rilasciate affinché siano omogenee. È difficile pensare di poter avere un mercato organizzato in modo tale che in due province contigue, magari di regioni diverse, gli operatori siano autorizzati in maniera diversa per trattare lo stesso rifiuto.
  Questa è una distorsione del mercato che noi dobbiamo superare e che io credo sia possibile superare soltanto se il ministero riuscisse a fornire delle linee-guida su come le autorizzazioni debbono essere rilasciate dagli enti preposti.
  Se ho qualche minuto ancora, vorrei trattare i cinque filoni.
  Per quanto riguarda la carta da macero, a cui ho già fatto un riferimento, il problema fondamentale è l'applicazione del principio della MPS in base al decreto ministeriale 5 febbraio 1998. Noi ci troviamo in situazioni in cui, all'arrivo di materiali da esportare, alcune dogane richiedono semplicemente il DDT, perché ormai parliamo di materie prime seconde, mentre altre ritengono che la legge nazionale non sia sufficiente a individuarle come materie prime seconde e, quindi, chiedono che il trasporto extrafrontaliero venga fatto secondo l'allegato.
  Questa è una differenza di trattamento che non è soltanto un problema di mercato, ma è soprattutto un problema di organizzazione. L'operatore non sa mai, anche perché la spedizione può poi avvenire su una nave che parte da La Spezia o da Salerno – questo all'inizio l'operatore non lo sa, perché è compito dello spedizioniere trovare la strada più veloce per Pag. 8far arrivare il materiale, normalmente, quando parliamo di carta, verso l'Estremo Oriente – come si comporterà l'ufficio doganale di un porto o di un altro.
  Pertanto, un operatore lo manda con DDT e poi il materiale arriva all'ufficio doganale di un porto che dice che non va bene. Di conseguenza, il container rimane fermo. La nave parte e il container deve essere trasportato in un altro posto per farlo ripartire dopo che è stato controllato. Questo crea problemi di disorganizzazione che, naturalmente, pesano sull'economia dell'impresa e la mettono in condizione di non raggiungere l'obiettivo dell'esportazione, oppure di raggiungerlo a costi troppo elevati.
  Noi abbiamo chiesto anche su questo tema l'intervento del ministero, sollecitati dalla stessa Agenzia delle dogane, la quale sostiene di avere bisogno da parte del Ministero dell'ambiente di indicazioni su come comportarsi quando ci sono determinati rifiuti in esportazione.
  Noi abbiamo fatto presente questo problema anche agli uffici ministeriali, affinché sia lo stesso ministero a fornire indicazioni precise all'Agenzia delle dogane su come comportarsi. Io credo che su questo aspetto abbiamo ricevuto un'attenzione sufficiente. Forse riusciremo ad aprire un tavolo congiunto insieme all'Agenzia delle dogane e agli uffici del Ministero dell'ambiente.
  Questo per quanto riguarda la carta.
  Il secondo filone di cui vorrei trattare è il problema dei RAEE. Bisogna distinguere tra RAEE e AEE. Il RAEE è il rifiuto di apparecchiature elettriche, l'AEE è l'apparecchiatura elettrica in se stessa, che, per quanto usata, può essere ancora utilizzata.
  Dobbiamo constatare che la possibilità che l'apparecchiatura venga dichiarata funzionante e, quindi, esportabile come bene diventa un trucco per esportare dei rifiuti verso Paesi del Nord Africa, per esempio, e poi trattarli come tali.
  Quello che noi chiediamo è che il Regolamento europeo che è in emanazione affronti questo problema. Non lo chiediamo soltanto noi, lo chiedono anche gli altri operatori europei, ma noi vorremmo che il Governo italiano fosse più deciso nel sostenere questa tesi, ossia che l'impianto di ricevimento dei RAEE sia un impianto certificato. Noi vogliamo sapere dall'inizio che l'impianto in cui finiranno i RAEE all'estero è un impianto che applica le stesse nostre strutture e i nostri stessi standard. È evidente che standard più bassi diventano, di nuovo, una forma di dumping ambientale ed economico.
  Dato che questo Regolamento è in emanazione, chiediamo che il Governo italiano si faccia sentire su questo provvedimento affinché la posizione dei diversi operatori esteri e comunitari sia lo stesso, fissando anche dei requisiti per quanto riguarda l'esportazione. Occorre stabilire quali sono i requisiti per cui un RAEE può essere esportato.
  Quello dei RAEE è un caso specifico di impoverimento. Mentre per quanto riguarda la raccolta differenziata per noi l'esportazione è un arricchimento, perché materiali che altrimenti non sapremmo come trattare, quando sono esportati, producono introiti economici, con i RAEE – poi parlerò un po’ più diffusamente dei veicoli fuori uso – in cui la materia prima sostanzialmente consiste in rottami ferrosi, diventa un impoverimento.
  Noi, che siamo un Paese che importa materia prima, ci impoveriamo se non stabiliamo regole di trattamento di questi prodotti, di questi rifiuti, anche a livello di materia prima seconda. Ci impoveriamo se non mettiamo delle regole per cui quanto meno, una volta arrivato dall'altra parte, il rifiuto subisca un trattamento equivalente al nostro. C’è bisogno di maggiore attenzione per quanto riguarda questo aspetto.
  Un altro filone cui vorrei accennare è quello degli abiti e degli accessori usati. Qui siamo veramente al parossismo. Vi descrivo la situazione.
  Secondo gli accordi di Basilea, gli abiti usati possono essere esportati in lista bianca se si tratta solo di tessuti. Tuttavia, quando parliamo di abiti, non parliamo solo di tessuti. Parliamo anche di scarpe, Pag. 9per esempio, di cinture, di borse. Secondo la definizione del Regolamento, vanno in lista bianca solo i tessuti.
  Il nostro Ministero dell'ambiente ha deciso, giustamente, che, applicando in maniera regolare la regolamentazione, o si tratta soltanto di abiti di tessuto, oppure questi materiali viaggiano in lista ambra. Questo significa che, per effettuare l'esportazione di balle di abiti usati, c’è bisogno di fare la notifica, con tutti i tempi necessari delle notifiche. Specialmente se questi abiti viaggiano su gomma e attraversano diversi Paesi, occorrono più notifiche, con gli aggravi che si intendono.
  Fin qui va tutto bene se dall'altra parte lo stesso nostro Governo pone esigenze uguali e comportamenti uguali da chi importa agli abiti. Noi stiamo attenti a fare le notifiche se esportiamo balle di abiti contenenti anche pelle, ma in importazione nessuno controlla.
  Un altro esempio simile, che però è alternativo a quello di cui parlavo, è che eventualmente, se si volessero esportare soltanto abiti usati di tessuto in lista bianca, sarebbe necessario allo stesso modo provvedere all'igienizzazione, che è prevista del decreto ministeriale del 5 febbraio 1998.
  L'igienizzazione, peraltro, non è normata. Non si sa come va fatta, non si sa quanto costa, non si sa niente, ma la cosa peggiore è che, di nuovo, in entrata per gli abiti usati non viene richiesta l'igienizzazione. Noi garantiamo il consumatore estero igienizzando in uscita, ma non garantiamo il consumatore italiano esigendo l'igienizzazione in entrata.
  Questo crea una differenza di trattamento tra gli operatori nazionali e gli operatori esteri. Gli operatori esteri possono liberamente importare in Italia. Noi, invece, abbiamo difficoltà ad esportare non in base alle leggi di destino, ma in base alla nostra legge, che è applicata a noi, ma non all'importazione.
  Questa, secondo noi, è veramente una distorsione che è interamente nelle nostre mani di poter risolvere, semplicemente applicando le stesse norme sia in entrata, sia in uscita. Se si esce in lista ambra, si entra in lista ambra. Se è necessaria l'igienizzazione, è necessaria in uscita ed è necessaria in entrata.
  Prima di passare ai veicoli, svolgo un accenno veloce al problema degli pneumatici. Voi sapete che gli pneumatici possono essere esportati a vari livelli. Possono essere esportati come rifiuti quando si tratta di ciabattato e possono essere esportati come polverino, ossia come pneumatico trattato, come MPS. Su queste due frazioni non ci sono grandi problemi. Il problema nasce soltanto sulla parte metallica degli pneumatici.
  Gli pneumatici oggi sono tutti radiali, come sapete, e contengono delle fasce di acciaio. Dopo il trattamento queste fasce di acciaio potrebbero avere ancora delle impurità di gomma, perché la macchina non riesce a pulirli completamente, superiori al 5 per cento. In quel caso essi non hanno più la possibilità, secondo alcuni, per esempio secondo alcune dogane, di essere esportati come acciaio, ma dovrebbero essere esportati col codice di rifiuti composti. In quel caso l'impianto che deve riceverli non ha il dato codice e, quindi, noi abbiamo difficoltà poi a esportarli.
  Bisognerebbe ragionare – forse è un po’ più complicato, ma dobbiamo cercare di aiutare noi stessi – su come, da una parte, possa essere migliorato il ciclo per abbattere le impurità, ma, dall'altra, anche su come non essere draconiani sul 5 per cento.
  L'ultimo capitolo è quello dei veicoli fuori uso. I numeri oggi per quanto riguarda i veicoli che vengono ritirati dalla circolazione sono impressionanti. Fino al 2013 il 60 per cento dei veicoli che venivano ritirati dalla circolazione venivano demoliti in Italia. Il 40 per cento dei veicoli ritirati dalla circolazione venivano radiati dal pubblico registro con l'indicazione «esportazione».
  Noi abbiamo sollevato questo problema presso il Ministero della giustizia in relazione all'interpretazione che bisognava attribuire all'articolo 103 del Codice. Tale articolo stabilisce – oggi possiamo dire con certezza che è così perché il Ministero della giustizia si è espresso in questo senso Pag. 10– che la radiazione per esportazione di un veicolo può essere richiesta solo quando il veicolo è già all'estero. Invece, la pratica che era in vigore fino al luglio scorso era quella per cui uno si presentava all'ufficio del PRA e chiedeva, volendo esportare un dato veicolo, di radiarlo.
  Questo significava che il veicolo veniva radiato quando era ancora in Italia, facendo venir meno la stessa natura del Pubblico registro, che serve per individuare chi sia il proprietario di quel veicolo: pertanto io lo radio, dicendo: che lo esporterò, ma non è detto. Quel veicolo esce fuori dal registro e non c’è più, ma resta ancora in Italia. C’è proprio una distorsione della natura stessa del registro automobilistico.
  Che cosa succede con questo 40 per cento di veicoli che vengono esportati ? Parliamo di 700.000 veicoli. Non stiamo parlando di poco. Non dico che tutti i veicoli che vengono esportati finiscano alla demolizione, ma una buona parte sì. Soprattutto ci sono dei veicoli che vengono dichiarati esportati, ma che rimangono in Italia.
  A questo proposito mi ha fatto piacere vedere che lo stesso presidente Bratti ha potuto constatare e ha messo nel suo blog un caso emblematico di veicoli che venivano radiati per esportazione. Venivano demoliti in un impianto non autorizzato, sostanzialmente in una discarica, e poi i pezzi venivano esportati in Turchia attraverso un operatore siriano.
  La possibilità di radiare il veicolo quando il veicolo non è all'estero crea questa distorsione. Non so se voi sapete che il decreto legislativo n. 209, di recepimento della direttiva europea, stabilisce che sia lo stesso demolitore che ha ricevuto il veicolo per demolizione a effettuare la radiazione del veicolo dal pubblico registro. Se un cittadino vuole demolire il suo veicolo, deve passare per un impianto. Questo serve a salvaguardare il fatto che il veicolo non venga abbandonato.
  Se noi diamo la possibilità ai cittadini di dire che non hanno demolito ma esportato il veicolo quando è ancora in Italia, è chiaro che l'abbandono può capitare. Tenete presente che l'abbandono ha un costo sociale, perché il decreto ministeriale n. 460 stabilisce che siano poi i comuni a provvedere alla rimozione di questi veicoli e al loro avvio alla demolizione, con aggravi per le casse pubbliche. Tra l'altro, c’è anche questo problema, oltre a quello ambientale.
  Inoltre, c’è anche il problema di poter alimentare in questo modo delle discariche abusive. Alcuni operatori, invece di stare all'interno delle regole, possono portare le macchine a impianti non autorizzati, trattarle e poi spedirle all'estero senza difficoltà.
  Sulle spedizioni di ricambi il principio dovrebbe essere quello per cui il ricambio esce dal regime dei rifiuti in quanto è destinato al riuso e, quindi, non è un rifiuto, ma solo se proviene da un impianto autorizzato ed è stato smontato e trattato secondo le regole. Altrimenti è chiaro che un impianto che non è autorizzato e che non ha interesse ad applicare le regole, come riportato nell'articolo che era sul blog del presidente, fornirà un materiale non pulito, sgocciolante e neanche probabilmente trattato in maniera tale che possa essere utilizzato.
  Per quanto riguarda l'esportazione dei veicoli, il pericolo è rappresentato oggi da un atto della Camera presso la Commissione trasporti, l'atto C. 1412, che prevede espressamente la possibilità per il cittadino italiano di demolire il proprio veicolo all'estero.
  Questa è una contravvenzione palese. Essendo il veicolo un rifiuto pericoloso, lo si può anche demolire all'estero, ma si deve fare la notifica. Invece, per come verrà fuori questo provvedimento, corriamo il rischio che ciò non avvenga.
  Peraltro, vi devo dire con tutta franchezza che, parlando con alcuni parlamentari, ho sentito dire che i cittadini debbono essere liberi di esportare i loro veicoli all'estero se vogliono, perché, se questo offre loro la possibilità di guadagnare 200-300 euro in più in momenti di crisi come questo, noi dobbiamo cercare di aiutare i nostri cittadini.Pag. 11
  Io questo lo capisco, me ne rendo conto, ma se noi facciamo deroghe per questi motivi alle leggi, non facciamo più le leggi e mandiamo avanti tutto così, come quando qualcuno vuole aiutare se stesso. Se ci sono le leggi, bisogna applicarle. Io chiedo espressamente alla Commissione di intervenire su questo punto presso la Commissione trasporti della Camera perché questa possibilità di demolire il veicolo all'estero non venga presa in considerazione.
  Ritorno sull'impoverimento nazionale: 700.000 veicoli sono 700.000 tonnellate di rottami che vanno all'estero. Non è vero che la macchina che va all'estero lascia in Italia 2-3-400 euro, perché chi la compra lascia in Italia questa somma. Se noi trattassimo la macchina in Italia, gli stessi soldi – e forse anche di più – potremmo ricavarli esportando i ricambi e lasciando, invece, la carcassa in Italia. Questo è il peso che poi ci consente di alimentare le nostre fonderie.
  Grazie, presidente. Io ho finito.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FRANCESCO SCALIA. Io ringrazio i rappresentanti di FISE, FISE-Assoambiente e FISE-UNIRE. Voi ci avete riferito in maniera completa ed esaustiva delle ragioni e dei costi per il sistema e anche delle opportunità del traffico transfrontaliero lecito dei rifiuti.
  Come ricordava il presidente Bratti nella sua introduzione, noi ci occupiamo prevalentemente della patologia del sistema, ossia del traffico illecito. Pertanto, la mia prima domanda è questa: voi avete un sistema di monitoraggio interno del fenomeno, siete in grado di fornirci un'indicazione, anche sommaria, delle dimensioni del fenomeno, della tipologia dei rifiuti e delle destinazioni di questi rifiuti ? Parlo del traffico illecito transfrontaliero.
  La seconda domanda è in tema di costi per il sistema, di mancate opportunità, di esportazione, questa volta lecita, di rifiuti che sarebbero invece, in un Paese che continua a essere la seconda manifattura d'Europa, materie importanti per noi.
  Voi avete fatto riferimento, per esempio, al RAEE. Immagino di aver capito che le ragioni stanno in migliori condizioni e minori costi del recupero all'estero di questi rifiuti. Rispetto al RAEE abbiamo un sistema di impianti che consentirebbero l'autosufficienza nel recupero di questo materiale, o c’è anche un deficit impiantistico come ragione di esportazione all'estero di questi rifiuti ?

  PAOLO ARRIGONI. Voi avete evidenziato nelle vostre relazioni diverse criticità, a fronte delle quali chiedete anche l'intervento del legislatore. Il legislatore, in particolare al Senato, sta per chiudere in seconda lettura il disegno di legge sui delitti contro l'ambiente, che era rimasto in stallo per diversi mesi. L'approvazione di questo disegno di legge, che sta per essere modificato rispetto alla versione della Camera, la vedete come un'ulteriore criticità per le imprese del settore oppure come un'opportunità ? È una domanda secca.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per rispondere alle domande.

  ANSELMO CALÒ, Presidente FISE-UNIRE. Per quanto riguarda i veicoli, ho già parlato ampiamente sui traffici illeciti. L'aspetto grave è che sono consentiti da normative non attuate in maniera puntuale. Basterebbe attuare le normative in maniera puntuale per abbattere i traffici illeciti attraverso l'esportazione sia dei veicoli, sia dei ricambi.
  Per quanto riguarda i RAEE, gli impianti che ci sono in Italia sono sufficienti a trattare i RAEE, ma, come lei ha giustamente notato, senatore, il rischio è che i nostri costi siano maggiori, perché maggiori sono gli standard rispetto ai Paesi esteri. L'esportazione ha soltanto una motivazione economica.
  Per quanto riguarda, invece, la legge sui delitti, devo confessare che non so quali siano le differenze tra il testo che è stato Pag. 12rilasciato dalla Camera e quello che è in discussione, ma di principio sono d'accordo.

  MARIA LETIZIA NEPI, Direttore FISE-UNIRE. Sui RAEE volevo aggiungere solo un'annotazione. Come sapete, il decreto n. 49, che ha previsto il recepimento della direttiva, ha riorganizzato anche in maniera piuttosto importante il sistema del trattamento dei RAEE e ha previsto addirittura un elenco presso il Centro di coordinamento di tutti gli impianti.
  La risposta alla domanda è, ovviamente, condizionata dal tipo di impianti a cui ci riferiamo. Attualmente tutti gli impianti che possono essere iscritti all'elenco sono quelli autorizzati, anche, per esempio, con le procedure semplificate, che a volte però realizzano dei trattamenti – chiamiamoli così – sub-ottimali.
  Se noi ci riferiamo a tutti gli impianti che in qualche modo hanno un'autorizzazione, allora possiamo sicuramente rispondere che gli impianti ci sono. Il problema è quello di qualificare ulteriormente il settore. È previsto anche che con un decreto il ministero stabilisca, in osservanza alle normative europee, quali sono gli standard per il trattamento. Questo decreto ancora non è uscito e noi lo stiamo chiedendo in maniera piuttosto intensa perché abbiamo bisogno che siano posti degli standard più stringenti e seri rispetto al normale livello autorizzativo.

  STEFANO VIGNAROLI. Prima, se non sbaglio, la dottoressa Cerroni parlava della necessità di avere più impianti di incenerimento. Vorrei sapere se risulta, invece, che ce ne siano già in Italia molti che sono affamati – lei diceva che bisogna spostare CDR e anche CSS fuori – e se ci siano anche impianti che magari non riescono a funzionare bene.
  Inoltre, vi chiedo come vi comportate nel caso in cui i vostri associati commettano illeciti e che comportamenti tenete per prevenire tali illeciti.
  Per quanto riguarda il mondo del riciclo, domando perché non ci siano impianti a sufficienza e cosa manchi al mercato del riciclo finalizzato al recupero di materia per essere competitivo rispetto all'incenerimento a recupero energetico, che adotta anche degli incentivi.

  ALBERTO ZOLEZZI. Per quanto riguarda i RAEE, volevo chiedere qualcosa di più specifico. Nelle ispezioni che io ho fatto a titolo personale mi è balzato all'occhio che su circa un milione di tonnellate di RAEE che viene dismesso normalmente ne recuperiamo circa il 25 per cento. Di quello che viene recuperato buona parte della fusione, che è la parte più nobile e anche più economicamente attrattiva, avviene all'estero. Vorrei sapere se voi avete qualche dato discordante con ciò che ho percepito visionando alcuni degli impianti.
  I RAEE sono davvero una risorsa di materie che l'Italia assolutamente non possiede. Sicuramente la ricerca va anche stimolata per avere il recupero di metalli critici, di cui per adesso anche all'estero c’è una carenza.
  L'esportazione della carta, purtroppo, fa parte di una progressiva smobilitazione industriale. Importiamo circa il 50 per cento della carta e vogliamo esportarla. Abbiamo una tradizione cartaria e cartiera molto importante. Probabilmente c’è qualcosa in questo tipo di attività che andrebbe migliorato da un punto di vista normativo. Chiedo se eventualmente avete dei suggerimenti anche in questo senso.

  PRESIDENTE. Sul tema del riciclo giustamente voi avete espresso un giudizio piuttosto positivo sul sistema, che tutto sommato funziona, ma io credo che ci siano anche delle possibilità di miglioramento. Uno dei filoni della nostra attività dovrebbe essere anche quello di scandagliare il mercato del riciclo, partendo dal fatto che esiste un'attività industriale efficiente, ma che ci sono anche delle situazioni critiche che meritano di essere approfondite, ivi compreso il consolidato sistema dei Consorzi obbligatori. In merito vorrei sapere se a vostro avviso non sia il caso di rivedere alcune aspetti del sistema. Finora ha funzionato bene e ci ha consentito Pag. 13di raggiungere buoni risultati, ma probabilmente, come in tutte le cose del mondo, dopo un certo numero di anni, forse ha bisogno di una robusta manutenzione o di una rivisitazione.
  Quanto alla questione dell'albo, noi abbiamo verificato che l'iscrizione all'albo non è una garanzia assoluta di essere impermeabili alla penetrazione della criminalità. Non vi è dubbio che molte segnalazioni di illeciti nel settore del trasporto dei rifiuti riguardassero trasportatori iscritti all'albo. Io non so quanti di questi trasportatori fossero iscritti all'albo, ma immagino che sia una buona percentuale, eppure si sono rivelati non in regola con la giustizia.
  Un'altra questione che vorrei approfondire riguarda l'intermediazione. Anche in quest'ambito abbiamo notato, come segnalano varie indagini, che ci sono degli illeciti diffusi e personaggi molto equivoci che girano attorno a questo mondo.
  Sull'omogeneità dell'autorizzazione voi ci avete fornito una serie di indicazioni che io vi pregherei di esporre in maniera più dettagliata. Peraltro, oggi noi avremmo dovuto vedere il ministro, ma, per motivi di organizzazione delle Camere, abbiamo rimandato. Forse è un bene, perché questo ci consente di raccogliere ulteriori sollecitazioni per chiedere un impegno sugli aspetti di criticità. Tutte le osservazioni che avete fatto voi credo siano assolutamente da considerare.
  Ci interesserebbe capire se avete un quadro delle aziende italiane che lavorano all'estero e dove lavorano, fermo restando che non c’è l'idea che chi lavora all'estero debba per forza essere visto con sospetto, il nostro è in un mercato globalizzato. Ci interessa capire quanto è grande questo mercato e quante aziende sono impegnate. Vi saremmo grati se trasmetterete questi dati alla Commissione.
  Mi associo alla domanda del collega Vignaroli, vorrei capire se avete una forma di autocontrollo interno, una sorta di audit per monitorare i vostri associati o magari non associati che sono sotto l'attenzione dell'autorità giudiziaria.
  Un altra questione riguarda il CDR. È una tecnologia molto problematica quella della produzione di CDR. Ci sembra, però, che ci sia molto più di questo materiale che viene esportato all'estero di quanto non ne venga utilizzato in Italia. Mi chiedo se questo materiale che viene esportato sia qualitativamente di buon livello, o se il fatto di esportarlo comporta che esso non corrisponda esattamente alle caratteristiche qualitative stabilite dalla norma.
  Un altro argomento che mi interessa è quello delle carcasse d'auto che sta diventando un problema serio. Penso che la Commissione dovrebbe scrivere al presidente della Commissione trasporti per avere dei chiarimenti al riguardo. Si tratta sempre di interessi, a mio parere, confliggenti. Non tutte le cose avvengono per caso. Io sono convinto che gli spedizionieri siano molto interessati a questa partita. Nel momento in cui un porto effettua maggiori controlli rischia di avere una concorrenza da chi controlla di meno. È evidente che queste situazioni devono essere normate. Credo che questo sia un tema di cui dobbiamo farci carico.
  Sempre per quanto riguarda il sistema del riciclo, del quale ci stiamo occupando nel collegato ambientale, il cosiddetto vuoto a rendere del vetro ha causato una discussione piuttosto complessa. Ci interessa capire che cosa pensate al riguardo. Mi domando se non sia il caso di rivedere il sistema tradizionale di raccolta differenziata.

  STEFANO VIGNAROLI. Mi risulta che circa l'80 per cento degli abiti usati venga mandato all'estero, in particolare nei Paesi dell'Est e in Africa. Vorrei sapere se tra le cooperative che li raccolgono ed effettuano l'invio all'estero esiste un problema di monopolio e se ci sono stati casi di infiltrazione della criminalità.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  MONICA CERRONI, Presidente FISE-Assoambiente. Sicuramente sulle domande poste faremo i compiti a casa. Alcune cose Pag. 14le abbiamo predisposte. Manderemo in tempi brevissimi alcune risposte. Per altre abbiamo bisogno di una maggiore indagine.
  Per quanto riguarda i delitti contro l'ambiente, la domanda del senatore Arrigoni, aveva già risposto il presidente Calò. Noi siamo stati tra i firmatari di questa legge sui delitti contro l'ambiente. Per quanto riguarda alcune nostre osservazioni, le manderemo proprio in dettaglio.
  In linea generale, per quanto riguarda la materia che ci occupa qui, quella degli eventuali delitti della criminalità organizzata, l'unico pericolo che c’è in tutte queste norme più restrittive e più tutelanti dell'ambiente è quello di non dare la possibilità a chi fino a oggi è fuori dal sistema di continuare a starci. Il provvedimento su questi delitti contro l'ambiente deve riuscire a intercettare questo mondo, perché, se non riesce a farlo, il pericolo è che si aggravi la parte che è già nelle regole e che non si riesca, invece, a monitorare e a regolamentare laddove sarebbe ancora più necessario.
  Noi abbiamo un giudizio molto positivo sul provvedimento sui reati e ne siamo stati sottoscrittori. Tuttavia, manderemo anche delle note proprio per evitare che quella parte grigia o nera sfugga poi nuovamente alla tutela ambientale che a tutti noi interessa particolarmente.
  Per quanto riguarda il senatore Scalia, aveva chiesto se conoscessimo situazioni particolarmente critiche dal punto di vista degli illeciti del movimento transfrontaliero, che è la materia che vi occupa. Non abbiamo allo stato attuale delle conoscenze dirette. Ci atteniamo ai dati di Legambiente. Tuttavia, possiamo fare un'indagine più approfondita, che manderemo in maniera riservata, per quanto riguarda i nostri iscritti.
  Per quanto riguarda alcune domande dell'onorevole Vignaroli, ossia se abbiamo conoscenza di illeciti e che cosa facciamo in merito nell'associazione, noi, come associazione, non possiamo entrare nell'ambito dei vari procedimenti o delle inchieste giudiziarie. Ovviamente, però, come associazione di categoria, abbiamo un Codice etico all'ingresso di queste imprese.
  Noi valutiamo le imprese, le quali devono avere dei requisiti, che Confindustria ci indica, molto dettagliati, all'ingresso. Anche durante la vita associativa le imprese devono mantenere determinate regole. Si arrivano anche all'espulsione di queste, se ci sono reati con particolari condanne.
  Quindi, esiste un Codice etico cui noi ci atteniamo sia all'ingresso, sia durante tutta la vita dell'attività dell'impresa. Infatti, molte aziende non vogliono aderire a quest'associazione di categoria perché stare all'interno di un sistema di regole è molto più oneroso e anche molto più complicato in un settore così difficile.
  Abbiamo anche sottoscritto un protocollo di legalità. Si tratta di un protocollo di Confindustria col Ministero dell'interno, al quale aderisce anche la nostra associazione, finalizzato a rendere efficaci i controlli e il monitoraggio, assicurando sempre adeguati strumenti di prevenzione in materia di appalti per lavori, servizi e forniture, al fine di contrastare l'infiltrazione della criminalità organizzata. Questo è tutto ciò che noi facciamo a livello anche confindustriale.
  Tra le iniziative autonome dell'associazione, invece, abbiamo istituito un comitato di congruità dei contratti e dei bandi di gara e avviato un'interlocuzione con l'Autorità garante della concorrenza e del mercato per segnalare le difformità comunicate dagli operatori al Codice degli appalti e ad altro, per poi rinviarle anche agli enti appaltanti.
  Sempre per rispondere alla sua domanda, noi cerchiamo di fare un'attività formativa e di sensibilizzazione verso tutto ciò che può essere non solo legalità, ma anche miglioramento della trasparenza dei dati. Abbiamo anche un impegno di carattere formativo e cerchiamo di favorire la costituzione all'interno di aziende di presìdi che garantiscano la tracciabilità e la trasparenza.
  Ultimamente – è una questione che ci ha interessato molto e in cui ci siamo Pag. 15impegnati – abbiamo favorito l'applicazione su tutte le imprese della normativa prevista dal decreto legislativo n. 231, ma ancora di più stiamo promuovendo con il Ministero di giustizia, questo è in via di ultimazione, delle linee-guida nell'ambito del decreto legislativo n. 231 adeguate al nostro settore.
  Il decreto n. 231 vale per tutti i settori merceologici. Invece, noi vogliamo cogliere le criticità per cercare di risolvere i problemi nell'ambito di questi comitati di controllo. A breve, quindi, potremo avere anche queste linee-guida, che magari vi manderemo in futuro.
  Per quanto riguarda l'intermediazione, sapevamo che questa era una vostra criticità. Forniremo un documento in un secondo momento.
  Per quanto riguarda, invece, la termovalorizzazione – lascio poi la parola per gli aspetti tecnici al direttore Perrotta – noi non siamo l'associazione degli inceneritori. Anzi, come associazione, noi abbiamo promosso fin dai primi tempi, in tempi non sospetti, la raccolta differenziata. FISE-UNIRE è una costola proprio di Assoambiente. Avevamo visto e sentito l'esigenza proprio di promuovere il recupero e il riciclo. Siamo stati tra i primi a livello nazionale. Abbiamo, infatti, delle criticità trasversali e in tutti i tavoli andiamo insieme per promuovere tutta la filiera. Alcune imprese partecipano ad Assoambiente e vi partecipano anche imprese del recupero.
  Per quanto riguarda, invece, CDR e CSS, lascio la parola alla dottoressa Perrotta per illustrare il tema anche nell'ambito nazionale.

  ELISABETTA PERROTTA, Direttore FISE-Assoambiente. Per completare la risposta fornita già dal presidente, per quanto riguarda gli impianti affamati – veniva posta la domanda se fossimo a conoscenza o meno di questa situazione in ambito nazionale – sappiamo che in ambito nazionale ci sono dei deficit di gestione rispetto alle capacità autorizzate, ma la motivazione rientra nei discorsi fatti prima dai presidenti che avete ascoltato.
  Ci troviamo di fronte a un dislivello, a una disomogeneità per quanto riguarda sia i carichi burocratici amministrativi autorizzativi, sia aspetti molto più tecnici legati alla gestione rifiuti. Faccio un esempio, senza entrare nel dettaglio, a meno che poi non sia di interesse. La stessa classificazione dei rifiuti in ambito nazionale è «elemento discriminante» rispetto agli altri Paesi europei, pur essendo la norma di applicazione su tutto il territorio europeo.
  Tutti questi elementi fanno sì che tra carico burocratico amministrativo, differenti autorizzazioni e applicazioni delle norme europee in maniera diversa – non dico distorta, ma diversa – in ambito nazionale, i costi di cui disponiamo a livello nazionale per la gestione sulle stesse tipologie di impianti siano più alti. Prendiamo, per esempio, gli inceneritori, perché penso che questo sia il caso a cui si faceva riferimento. È naturale che in ambito nazionale tali costi possano essere più elevati rispetto a quelli degli impianti esteri.
  Sta di fatto che, giusto per parlare in maniera esplicita, la Germania, che non si sa sulla base di quale presupposto abbia avviato e realizzato una capacità di incenerimento maggiore rispetto alle esigenze a livello nazionale, oggi sta facendo una campagna a livello europeo molto forte per riuscire a mantenere la capacità che ha autorizzato.
  È naturale che laddove c’è una maggiore capacità di incenerimento ci sia anche una possibilità di avere prezzi più bassi, anche perché i forni tedeschi sono stati autorizzati con criteri che in ambito nazionale non troviamo, sia come capacità che come potenzialità.
  Le differenze che vi sono state illustrate nelle precedenti esposizioni sono alla base di questa fame che poi registriamo in ambito nazionale, una fame che, però, porta a profili di impoverimento, come diceva anche il presidente Calò, per quanto riguarda le nostre possibilità di sviluppo e di autonomia energetica, per quanto riguarda non solo il calore, ma anche l'elettricità.Pag. 16
  Prendiamo, per esempio, il CDR, su cui veniva posta la domanda del presidente di Commissione. Noi abbiamo una norma che sino a pochi anni fa imponeva al nostro combustibile da rifiuti – allora si parlava di CDR – requisiti ambientali e specifici di materiale molto severi. Tant’è vero che esistevano due CDR, un CDR normale e un CDR di qualità. C'era il CDR di qualità, che pochi, quasi nessuno, riuscivano a produrre, e un CDR normale, che però aveva numerosi parametri e requisiti molto importanti anche come valori riportati.
  Oggi abbiamo una norma europea, la norma CEN, che impone un'uniformazione a livello europeo. Ci si è accorti che anche su questo aspetto ogni Paese europeo aveva regole diverse. Anche la Germania ne aveva tre. Ogni Paese normava a modo suo.
  La norma CEN ha cercato di uniformare il linguaggio anche dal punto di vista della produzione del CSS, come oggi viene chiamato e comprende anche parte di quello che a casa nostra era il CDR.
  In ambito nazionale abbiamo già due decreti che hanno recepito queste indicazioni del CEN: una norma che definisce che cos’è il CSS rifiuto e una norma che definisce che cos’è il CSS non rifiuto.
  Su questa seconda tipologia il ministero ha già avviato i lavori di un Comitato CSS, che monitora in maniera puntuale sia le autorizzazioni concesse, sia la qualità del CSS che viene utilizzato sempre come combustibile non rifiuto. La norma stessa impone, sia nella fase di produzione, sia nella fase di trasporto, numerosi requisiti, non solo di qualità del CSS, ma anche di controllo e di verifica del processo.
  Per quanto riguarda le attività che si attengono alla norma, la produzione, la gestione e anche la movimentazione di questo materiale oggi dovrebbero essere assolutamente controllate, ma dovrebbero essere più in linea con l'Europa rispetto a quelle che avevamo, che comunque erano sempre molto severe in termini di requisiti ambientali e di qualità del materiale stesso rispetto al decreto ministeriale del 5 febbraio, la norma già richiamata anche dal presidente Calò.

  PRESIDENTE. Quante imprese ci sono da noi che riescono a fare questo prodotto ?

  ELISABETTA PERROTTA, Direttore FISE-Assoambiente. In base ai dati che stiamo raccogliendo con il Comitato CSS, di cui l'associazione è anche componente, al Ministero dell'ambiente – siamo in fase di finalizzazione – questo è un mercato che sta partendo a rilento. Non siamo ancora a numeri importanti, se è questo che la Commissione si aspetta. Anche perché sta avvenendo, in linea con quanto detto sinora, che ogni regione sta imponendo un approccio che era quello del CDR passato e non quello della norma CEN.
  Abbiamo delle difficoltà anche a far passare il nuovo approccio che l'Europa ci impone su questo tema rispetto a quello che avevamo a livello nazionale fino a poco tempo fa. C’è anche un problema di approccio territoriale che impedisce il reale sviluppo di questo comparto, come peraltro già ricordato precedentemente nelle illustrazioni dei presidenti.

  ALBERTO ZOLEZZI. Quanti cementifici lo stanno utilizzando in Italia ? Avete un dato ?

  ELISABETTA PERROTTA, Direttore FISE-Assoambiente. Ripeto, la Commissione sta concludendo. Spero lo faccia in tempo rapido.

  ALBERTO ZOLEZZI. Anche nel caso di impianti di produzione del CSS e poi di impianti di combustione ?

  ELISABETTA PERROTTA, Direttore FISE-Assoambiente. Sì. Penso che forse il ministero sia più indicato per questo quesito, ma assolutamente sì.

  PRESIDENTE. Dovremmo fare tutto l'elenco delle domande da rivolgere al ministro. Magari gliele inviamo prima, in modo che non venga impreparato.

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  ELISABETTA PERROTTA, Direttore FISE-Assoambiente. Peraltro, questo è un report che stiamo predisponendo e che dovrebbe essere pronto per il ministero per marzo. Non so se possiamo già anticipare qualcosa o se potete chiedere al ministero di anticiparvi qualcosa, ma il report ufficiale dovrebbe essere pronto a marzo.

  ANSELMO CALÒ, Presidente FISE-UNIRE. Per quanto riguarda il problema della carta, se ci fossero maggiori strutture industriali in grado di ricevere carta, i nostri operatori sarebbero ben felici di consegnarla in Italia e di non doverla esportare. Il problema è che le strutture industriali esistenti sono sature e, quindi, gioco forza, non l'esportiamo.

  STEFANO VIGNAROLI. Io conosco bene il mercato della carta.

  ANSELMO CALÒ, Presidente FISE-UNIRE. Lei conosce il mercato della carta, ma io le riferisco che ieri, a una riunione con presenti anche i rappresentanti delle cartiere, questo è ciò che è venuto fuori. Loro non hanno alcun interesse ad acquisire altra carta nazionale.

  STEFANO VIGNAROLI. Non avere alcun interesse è diverso. Da un punto di vista economico sono d'accordo, ma che ci sia un import del 50 per cento di carta dall'estero in Italia non è negabile.

  ANSELMO CALÒ, Presidente FISE-UNIRE. Forse di prodotto finito, non di prodotto da trattare.

  STEFANO VIGNAROLI. Sì, ma, visto che si può utilizzare anche la carta da macero per fare le stesse cose...

  ANSELMO CALÒ, Presidente FISE-UNIRE. Io insisto sul fatto che sono le industrie che dovrebbero esigere il nostro materiale: Non siamo noi che ci divertiamo a mandarlo all'estero. Se noi troviamo la strada per collocarlo in Italia, ne siamo ben felici. Non è solo una questione di prezzo. È proprio una questione di richiesta del mercato.

  STEFANO VIGNAROLI. Vorrei solo chiarire, altrimenti sembra che importiamo carta fatta all'estero con carta riciclata, con carta da macero.

  ANSELMO CALÒ, Presidente FISE-UNIRE. Esatto, io sono d'accordo con lei. Quello che manca sono le strutture di riutilizzo della carta da macero. Diciamo la stessa cosa.

  STEFANO VIGNAROLI. È colpa anche delle vostre imprese che non costruiscono questo tipo di impianti o no ?

  ANSELMO CALÒ, Presidente FISE-UNIRE. No. Sono due questioni completamente diverse. Noi non costruiamo impianti che producono materia prima nuova. Noi produciamo materia prima seconda, che serve. È come se lei chiedesse a me, che faccio l'autodemolitore, di fare un'industria siderurgica. Sono due questioni diverse. Io cerco di approvvigionare l'industria siderurgica, ma l'industria siderurgica è un'altra branca dell'industria.
  Non possiamo pensare noi di fare anche l'industria. Noi prepariamo il materiale diretto all'industria. Questo vale per quanto riguarda il rottame, la carta, la plastica. Non dobbiamo essere noi gli industriali. Noi raccogliamo il materiale e lo prepariamo affinché l'industria lo utilizzi. Noi non siamo gli industriali.
  Per quanto riguarda la competitività, per esempio sui RAEE, mi pare che la dottoressa Nepi abbia già risposto sul problema. Dovremmo avere delle autorizzazioni tutte di un dato livello. Questo aumenterebbe sicuramente la competitività.
  Per quanto riguarda il miglioramento della raccolta differenziata attraverso il sistema CONAI, io credo che il sistema in se stesso funzioni, ma che potrebbe essere migliorato se ci fosse consentito di parteciparvi.Pag. 18
  Il problema qual è ? Il sistema CONAI è un sistema amministrato e guidato esclusivamente dall'industria. Noi siamo un po’, permettetemi la battuta, gli schiavi del sistema. Se noi potessimo partecipare anche alla direzione del sistema, semplicemente con i nostri rappresentanti all'interno dei Consigli d'amministrazione, da cui ci tengono rigorosamente fuori, sicuramente potremmo fornire il nostro apporto di miglioramento. Questo è ciò che io credo.
  Dopodiché, io credo che un sistema che ha dato queste performance non possa essere buttato al secchio. È un buon sistema. Ha dato delle buone performance di raccolta differenziata.
  Per quanto riguarda il problema della trasparenza, sono d'accordo con il presidente sul fatto che probabilmente i trasportatori che hanno trasportato rifiuti e li hanno smaltiti in maniera illecita fossero iscritti all'albo. Probabilmente è così. Proprio per questo motivo io credo che la sicurezza consista anche nel poter verificare qual è l'impianto di destino.
  Quello che chiediamo alla maggiore trasparenza è che, nonostante, come dicevo prima, la responsabilità del produttore finisca quando ha consegnato i rifiuti a un trasportatore autorizzato e sia poi il trasportatore autorizzato ad avere la responsabilità di consegnarli a un impianto, si possa verificare da parte del produttore dei rifiuti qual è l'impianto di destino e che l'impianto di destino sia autorizzato. Questa sarebbe una maggiore tutela per tutti. In questo senso io credo che dovrebbe essere implementato il sistema elettronico.
  Sull'intermediazione, come ha detto la presidente Cerroni, faremo avere una nota, anche perché, per quanto mi riguarda, non ho grandi conoscenze.
  Vorrei aggiungere qualcosa sul problema dei comportamenti illeciti da parte delle imprese del settore, imprese che talvolta non sono neanche registrate. Evidentemente chi fa illeciti cerca di nascondersi e, quindi, l'ultima cosa che fa è venire a iscriversi da noi.
  Io vorrei osservare, però, che le imprese che lavorano in maniera illecita sono quelle che ci danneggiano di più. È evidente che sono i nostri nemici. Chi lavora in maniera illecita non solo non viene a iscriversi da noi, perché magari non ha neanche i requisiti, ma soprattutto sa di finire sotto un controllo sociale da parte dell'associazione. Sono gli altri associati che poi, se hanno dei comportamenti scorretti, li denunciano.
  Se questa denuncia finisce in procura non posso dirlo, non lo so, forse qualche volta sì, ma normalmente no, anche perché, quando uno fa una denuncia, deve circostanziarla bene e non è detto che tutti se la sentano di farla. Il controllo sociale, però, c’è. Io ritengo che le associazioni servano anche per questo. Dopodiché, voi sapete che le imprese che si associano sono il 20-30 per cento del totale. Io ritengo che le imprese associate normalmente siano l’élite del sistema. Sono quelle che ritengono che far parte di un'associazione sia un punto di qualità. Quelle che vogliono stare nell'ombra certamente non si presentano, a meno che – qualche volta nel nostro settore è successo – non siano imprese che sono state isolate e che alla fine hanno chiuso.
  Vorrei dire un'ultima cosa sul fluff, la frazione leggera della frantumazione dei veicoli, che riallaccia al problema della combustione. La maggior parte del fluff prodotto in Italia, che viene combusto, viene combusto all'estero, perché i prezzi sono più competitivi, come diceva anche la dottoressa Perrotta.
  Il problema non è soltanto se le strutture siano esistenti. Le strutture sono anche esistenti e possono anche essere affamate, ma magari sono affamate di rifiuti che consentono di fare guadagni maggiori.
  Sul fluff, che è un materiale povero, non dal punto di vista del contenuto energetico, ma perché viene da una filiera povera, se dovesse pagare i prezzi di combustione correnti, tutta la filiera andrebbe in crisi. Smaltire il fluff a 250 euro a tonnellata significa non avere più il valore.Pag. 19
  Pertanto, o si trovano delle soluzioni a livello nazionale per calmierare i costi di combustione del fluff, oppure il fluff continuerà a essere combusto all'estero, dove ci sono impianti che sono, come diceva la dottoressa Perrotta, più stabilizzati, che hanno già fatto gli ammortamenti e che sono più affamati dei nostri.
  Tenete presente che, in relazione alla fame che hanno gli impianti di combustione che producono energia e calore nelle grandi città del Nord Europa, il loro problema non è soltanto avere per ripagare l'investimento, ma avere per rifornire l'energia per cui sono stati creati. Diventa un problema di maggiore interesse avere il materiale disponibile per vendere l'energia che producono.
  Se noi non abbiamo un sistema adeguato per produrre energia e pensiamo alla combustione solo come smaltimento e non anche come parte del sistema energetico nazionale, è chiaro che siamo in difficoltà rispetto ai Paesi che questo aspetto l'hanno già capito.

  MARIA LETIZIA NEPI, Direttore FISE-UNIRE. Le note sulla parte che è stata illustrata dal dottor Calò sono già state consegnate. Su altri argomenti specifici, come il problema delle cooperative, le donazioni e la raccolta dei RAEE, possiamo produrre poi delle note su richiesta.

  PRESIDENTE. Ringraziando i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.